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Capitolo I

LA NECESSITA’ DI UNA DISCIPLINA SPECIALE PER LE “SOCIETA CHE FANNO RICORSO AL MERCATO DEL
CAPITALE DI RISCHIO.

1. Società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio e appello al pubblico risparmio, necessaria
specialità della disciplina: ragioni di una scelta.

 Il problema dello “scalino” tra società per azioni aperte e chiuse e tra società per azioni quotate e non
quotate è stato tema di un significativo dibattito.

D. lg 17 gennaio 2003, n. 6, la riforma del diritto societario comune, in perfetta sintonia con la riforma del
diritto societario penale (d. lg. 11 aprile 2002, n.61) si è accentuata la differenza tra:
- società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio
- società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio
In più, alle categorie di società a disciplina speciale si sono aggiunte le “società diffuse”.

 Questo scalino sarebbe almeno da smussare poiché è un palese disincentivo alla quotazione.

È risaputo che il mercato mobiliare italiano sia poco efficiente, “imperfetto e rozzo” (anche oer n. limitato di
società quotate).

× È per tale motivo che c’è anche chi si chiede se sia giusto, al fine di incentivare mercati inefficienti,
che questo “scalino” vada livellato.

Le conseguenze di una deregulation in tema di società aperte, potrebbe portare ad una “race to the
bottom” e non verso l’alto (il che va evitato fin quando permane la situazione arretratezza).

 Non sembra molto più ragionevole, un’altra differenziazione: società con azioni quotate e società che
fanno appello al pubblico risparmio (o “società con azioni diffuse tra il pubblico” con la riforma del
diritto societario).

 In una nota audizione parlamentare del 10 dicembre 1997 per la presentazione del TUF si evidenzia che
si potrebbe realizzare un rischio di disincentivazione all’investimento laddove si verifichi un’eccessiva
asimmetria nella disciplina dei controlli riguardanti:

1. Società con titoli negoziati sui mercati regolamentati


2. Società che sistematicamente fanno appello al pubblico risparmio.
Tuttavia, lo scalino tra queste società e le società per “azioni normali” sembra un aspetto eliminabile.
 Ebbene, circa un cinquantennio fa una lungimirante dottrina evidenziava che: è assolutamente
prioritaria la necessità di procedere ad una distinzione ben precisa delle società con azioni diffuse
ampiamente tra il pubblico e negoziate in appositi mercati regolamentati dalle altre società per
azioni, dovuta dal fatto che è proprio diversa la logica ispiratrice tra le due.

Le società con azioni quotate (punta più elevata tra le categorie delle s. che fanno ricorso al mercato del
capitale di rischio; che nel mercato inefficiente italiano sono ancora molte le società quotate ma a base
familiare) dovrebbero caratterizzarsi per una netta distinzione tra “potere e rischio…e con il fenomeno del
controllo minoritario”.

Ciò significa che in una società, controllata da un socio con una bassissima percentuale di capitale sociale, si
perde quel legame tra rischio e auto responsabilità.
In più la stessa dottrina specifica come la scarsa reattività dei soci di minoranza di autotutelarsi, ma tali
soggetti vanno comunque salvaguardati attraverso una tutela pubblicistica sostitutiva.

Tale tutela pubblicistica però, non deve consentire di ipotizzare l’eliminazione integrale della possibilità di
una reazione del singolo.

× Tutto ciò induce a ritenere doverosa la conservazione di tale scalino: la regolamentazione delle
società che fanno ricorso al capitale di rischio (in tal modo le società quotate) deve mantenere la
propria peculiarità per:
3. tutelare i diversi interessi coinvolti,
4. dare ai soci risparmiatori mezzi di tutela che rispondono ai loro rispettivi interessi
5. maggiore rigidità
6. maggiore controllo pubblicistico

Questi benefici di cui non vi è partecipazione da parte delle società per azioni. Eliminare questi benefici-
differenze sarebbe forse incentivante nel breve periodo, ma non nel lungo.

2. La particolare considerazione del legislatore relativamente alle società con azioni quotate.

Come è noto la prima grande riforma in tema di società che fanno ricorso ala capitale di rischio ha
riguardato le società quotate.
I caratteri di urgenza della riforma si ritrovavano nella necessità di restituire all’investimento azionario la
fiducia dei risparmiatori, al fine di riattivare gli investimenti nei settori produttivi.
 Tale legge ( 7 giugno 1974, n.216) ebbe moltissime critiche sia di metodo , sia di merito.
Seppur con numerose e fondate critiche, tale riforma ha segnato un’epoca per le rilevanti novità introdotte
sia per le società di capitali in generale:
7. disciplina conto dei profitti e delle perdite
8. relazione degli amministratori
9. obbligazioni convertibili
10. primi cenni di società controllate e collegate;
sia per le società quotate, con miglioramenti della governance e soprattutto introduzione della
COMMISISONE NAZIONALE PER LE SOCIETA’ E LA BORSA (cosob, attuata successiv con d.p.r 1975).
 Non meno importante fu il d.p.r 31 marzo 1975, n. 136, la riforma sul controllo contabile e la
certificazione dei bilanci delle società con azioni quotate in borsa, con la quale veniva imposto un
controllo NON soltanto interno su queste società. Si affianca una presenza esterna al collegio
sindacale, anche se non sono mancate perplessità circa l’onestà delle società di revisione.

 Il sistema così delineato rimase in vigore fino al 1998, quando vi fu l’introduzione del TESTO UNICO
DELLA FINANZA, che ha riformato completamente il mercato finanziario (d. lg. 24 febbraio 1998, n.
58), meglio noto come Legge-DRAGHI.

I criteri che avrebbero dovuto guidare il redattore del testo unico erano esplicitati:
1. tutela del risparmio
2. tutela degli azionisti di minoranza

Il TUF, però non sembra aver dato rilevanza a questi obiettivi.


In particolare, per la disciplina delle società con azioni quotate ha preferito l’obiettivo di stabilità degli
assetti proprietari invece che la posizione delle minoranze, agevolando la posizione dei soci di riferimento
di tali società e in più non può negarsi il rafforzamento che questa riforma determina in relazione ai poteri
delle banche nelle società con azioni quotate (partecipazione diretta, rastrellamento deleghe di voto).

Era stata anche dedicata un’intera sezione <<a tutela delle minoranze>> ma il risultato del decreto delegato
fu esattamente l’opposto.

Molto poco significativa è la considerazione che il TUF attribuisce alla società che emette azioni o altri
strumenti finanziari diffusi tra il pubblico; poi successivamente la Consob ha notevolmente ridotto quel
piccolo ambito che il legislatore aveva provveduto a creare nel TUF.

Inoltre, va evidenziato evidenziato che alcune disposizioni contenute in tema di società con azioni quotate
in materia di mercati finanziari che poi sono confluite nel TUF, sono di derivazione comunitari.

 LA DIRETTIVA 2001/34/CE del 28 maggio 2001, che vuole essere il testo unico della disciplina
comunitaria in materia della quotazione.
La disciplina comunitaria assume una significativa rilevanza ai nostri fini

3. L’introduzione delle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio nella riforma del diritto
societario.

Lo “scalino” si re realizza nel 2003.


Con il d. lg. 17 gennaio 2003, n.6 sono state appositamente qualificate le “ società che fanno ricorso al
mercato del capitale di rischio” , differenziandole da quelle quotate in mercati regolamentati.

Le società quotate nei mercati regolamentati, in realtà sono una categoria delle prima e per la generalità
di tali società ha dettato diverse norme che riguardano anche le società con azioni quotate.
È vero, però, che pur introducendosi una particolare disciplina quanto alle società che fanno ricorso al
mercato del capitale di rischio, molte differenze sono state mantenute tra queste società e quelle con
azioni quotate.
4. Le prescrizioni della legge delega 3 ottobre 2001 n. 366

In tale legge delega era stabilita in maniera netta la necessità di configurare una disciplina più rigorosa in
considerazione al “ricorso al mercato del capitale di rischio”.
Ciò non è stato poi seguito dal legislatore delegato.

Sarebbe stato opportuno, così come è avvenuto nell’ambito del t.u.f, con riferimento alle società con azioni
quotate, anche nell’introdurre le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, si fosse
dedicata una apposita sezione che disciplinasse la categoria, invece di trovarla disseminata all’interno della
disciplina delle società per azioni.
L’apertura al mercato deve avere un maggiore rigore disciplinare in modo da rassicurare gli investitori.

Va inoltre fatto cenno sui profili di legittimità costituzionale circa il concetto assai ristretto di società che
fanno ricorso al mercato del capitale di rischio (art. 2325- bis).
Tale articolo si fa riferimento alle sole società con azioni quotate o particolarmente diffuse, il che non
sembra compatibile con quanto disposto dalla legge delega, la quale prevedeva di ridurre l’asimmetria tra
società emittenti titoli sui mercati regolamentati e società che fanno ricorso al pubblico risparmio con titoli
non quotati (disincentivazione della quotazione).
La critica è sul differente trattamento tra l’ipotesi di diffusione delle azioni e ipotesi di diffusione di altri
strumenti finanziari mediante i quali pur si determina un ricorso al mercato del capitale di rischio.

5. Abolizione della quotazione d’ufficio, ampliamento delle possibilità di un ricorso al mercato del
capitale di rischio e conseguente necessità di una disciplina unitaria per le pubblic (limited) companies
italiane.

Le società italiane sono carenti di un presupposto che invece è frequente nelle pubblic companies degli
ordinamenti di common low, ovvero: l’assenza di una dispersione di azioni tra il pubblico tale da non
consentire l’agevole riconduzione del controllo delle società ad uno o più soggetti (cioè mancanza di una
reale dissociazione tra proprietà e gestione).

Un’altra considerazione rilevante riguarda l’indispensabilità di una disciplina identica tra s. diffuse e s.
quotate.
DISCIPLINA ANTERIORE AL TUF: una società con azioni (titoli o strumenti finanziari) ampiamente diffuse e
negoziate tra il pubblico, senza essere quotate nei mercati regolamentati, poteva venire quotata d’ufficio
dalla Consob.
Si può tuttavia, fuggire da questa disciplina anche se vi sono i presupposti per la quotazione. Questa fuga è
legittimata dal fatto che anche senza essere quotata, una società può ricorrere al mercato del capitale di
rischio (rinunciando alle opportunità che sono esclusive delle società con azioni quotate e beneficiando di
una disciplina più benevola).
Questo rischio di fuga veniva attutito solo in parte con la previsione che imponeva alla Consob di disporre la
quotazione d’ufficio per le società con titoli largamente e abitualmente diffusi nel caso in cui la società era
inattiva nel potere-dovere della quotazione.

Il tuf ha disposto l’eliminazione ti tale potere-dovere


6. Cenni introduttivi sulla qualificazione delle società con azioni quotate e delle società con azioni diffuse.

L’articolo 2325-bis c.cc, introduce tra le categorie delle società che fanno ricorso al mercato del capitale di
rischio: società quotate e società diffuse.

SOCIETA’ CON AZIONI QUOTATE: l’accenno più significativo proviene dall’articolo 119 del tuf, che nel
definire la disciplina speciale degli articoli 120 ss, fa riferimento alle società italiane con azioni quotate nei
mercati regolamentati italiani o dell’UE. Ed è qui che si rifanno tutte le disposizioni civilistiche riferite alle
società con azioni quotate in borsa secondo quanto disposto dall’art 206 del tuf.

L’articolo 2325 bis, però, rinvia genericamente “quotazione in mercati regolamentati”, non specifica la
nazionalità a differenza del 119.
Il punto problematico è se far riferimento alle disposizioni del tuf ( mercati italiani o altri paesi UE) oppure
se secondo il codice, secondo il quale, come detto, questa distinzione non ha ragione di esistere (quindi
assumerebbe significato anche la quotazione di azioni extra- UE)

In tale considerazione bisogna tener conto del concetto di “società con azioni quotate” c.c, e testo unico
della finanza, che si caratterizzano per la sostituzione della parola “emittenti azioni quotate” in “con azioni
quotate”.

SOCIETA’ CON AZIONI DIFFUSE: il richiamo è esplicitamente fatto dall’articolo 116 del tuf, in tema di
emittenti strumenti finanziari diffusi tra il pubblico. Tale articolo è anche richiamato dal l.lg n 6 del 2003 al
fine di riempire la previsione generale dell’articolo 2325 bis c.c.

7. L’interpretazione della limitazione dell’applicazione dell’art. 2325 bis c.c. alle società per azioni: il caso
della società in accomandita per azioni ed una notazione sulla qualificazione come “tipo” a se stante
della società che fa ricorso al mercato del capitale di rischio.

Le previsioni contenute nell’art 2325 bis c.c sono esplicitamente destinate alle società per azioni.
DUBBIO: ogni eventuale accenno alle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, si ritiene
che sia riferito solo alle società disciplinate da questo articolo?
DUBBIO 2: nell’ambito delle società che fanno ricorso al mercato di capitale del rischio, rientrano anche le
società in accomandita per azioni?

Non vi è dubbio che, sia la disciplina speciale del tuf, sia quella del 1974 n. 216 , si applicava e si applica
alle società con azioni quotate sia per azioni sia in accomandita per azioni.
L’interprete non si trova al cospetto di riferimenti chiari, ma in ogni caso, si ritiene di dover riconoscere la
possibilità di qualificare anche le accomandite per azioni ( con relativi pressupposti) come società che fanno
ricorso al mercato del capitale di rischio in base a due considerazioni:

1. di carattere formale: con la legge delega 3 ottobre 2001 n 366 , si qualifica ancora una volta
l’accomandita per azioni come una variante della s. per azioni.
2. sostanziale: si creerebbe una disparità priva di qualsiasi giustificazione se si elimina l’accomandita per
azioni dall’articolo 2325 bis.

CAPITOLO II
LA DIFFUSIONE DELLE AZIONI COME ELEMENTO CHE CARATTERIZZA LE SOCIETA’ CHE FANNO RICORSO AL
MERCATO DEL CAPITALE DI RISCHIO

8. Il rilievo della volontarietà dell’emittente nella quotazione e nella diffusione delle azioni.

Ciò che permette ad una società di fare parte o no della categoria delle “società che fanno ricorso al
mercato del capitale di rischio” (disciplina speciale) è l’evento della quotazione o della diffusione delle
azioni.
Ciò che caratterizza queste due ipotesi è la volontarietà dell’emittente che dà luogo alla quotazione o
diffusione.
Però l’ingresso o la fuoriuscita da tali società ha procedimenti completamente diversi e non accumunati tra
le due categorie, a parte il fatto che in buona sostanza si verifica un appello al “pubblico risparmio”.

9. Cenni sul significato della quotazione delle azioni.

SIGNIFICIATO QUOTAZIONE: ammissione e permanenza delle azioni alle negoziazioni in un mercato


regolamentato.
N.B . La nozione quotazione o ammissione alle
negoziazioni, verranno usati come sinonimi. Tra i due
concetti non ci sono significative differenze.

ART. 61 del TUF: riguarda l’organizzazione e gestione dei mercati regolamentati, le quali appartengono alle
“società di gestione” sotto il controllo della Consob.
La Consob ha emanato un proprio regolamento di attuazione del tuf relativo alla disciplina degli emittenti,
in cui sono anche fornite indicazioni rilevanti per l’ammissione alla quotazione in u mercato regolamentato.

BORSA ITALIANA s.p.a è la società che gestisce quattro distinti mercati:


1. Mercato di borsa
2. Mercato di Expandi
3. Mercato di borsa per la negoziazione degli strumenti finanziari (previsti dal’art. q, co 2, lettere f, i del tuf)
4. Nuovo mercato
Tale società ha emanato due distinti regolamenti:
1. per i primi tre
2. per l’ultimo.
In questi regolamenti sono dettate le condizioni e gli elementi necessari al fine dell’ammissione e della
permanenza alla quotazione.

Qualunque sia il mercato al quale si voglia richiedere l’ammissione devono sussistere precisi requisiti,
come:
 EMITTENTE DELLE AZIONI, il quale deve essere regolarmente costituito ed avere uno statuto che sia
conforme alle leggi e regolamenti per esso applicabili;
 AZIONI OGETTO DI QUOTAZIONE, devono essere emesse nel rispetto delle leggi, dei regolamenti e
ogni altra disposizione e idonee ad essere oggetto di liquidazione e liberamente trasferibili.
 DISPOSIZIONI PER EMITTENTI ESTERI O PER I TITOLI ASSOGGETTATI A LEGGI/REGOL. STRANIERI.

Inoltre, la quotazione riguarda società già costituite perché il legislatore ha escluso che la quotazione possa
realizzarsi contemporaneamente alla costituzione della società.

10. I requisiti di ammissione alla quotazione.

Laddove sia rispettate le condizioni e i regolamenti Consob e Borsa Italiana spa, la società che chiede
l’ammissione alla quotazione delle proprie azioni acquista un vero e proprio diritto.

10.1 Ai fini dell’ammissione alla quotazione di azioni nel mercato di borsa, la società richiedente deve
avere determinati requisiti:
 Di carattere generale, riferiti alla società emittente in quanto tale.
Articolo 2.2.1 della deliberazione Borsa Italiana spa (Requisiti degli emittenti di azioni) , i requisiti di
carattere generale, riguardano:
5. Corretta e adeguata informazione contabile: regolare pubblicazione dei bilanci di esercizio e
consolidati relativi agli ultimi tre anni (previsioni particolari per le società di nuova costituzione o
che hanno subito modifiche sostanziali nella loro struttura patrimoniale, giudizio della società di
revisione ecc).
6. Deve essere una società che esercita, direttamente o indirettamente, un’attività in grado di
generare ricavi (escluse le società che non perseguono lucro).

 Di carattere più specificatamente relativo alle azioni di cui si tratta.


Articolo 2.2.2 della deliberazione della Borsa Italiana spa (Requisiti delle azioni):
7. capitalizzazione di mercato prevedibile pari almeno a 40 milioni di euro; Borsa Italiana può
ammettere azioni con una capitalizzazione inferiore qualora ritenga che per tali azioni si formerà un
mercato sufficiente;
8. sufficiente diffusione dei titoli, che si presume realizzata quando le azioni siano ripartite presso gli
investitori professionali oltre che presso gli investitori non professionali per almeno il 25% del
capitale rappresentato dalla categoria di appartenenza.
Nel computo della percentuale:
1) non si tiene conto delle partecipazioni azionarie di controllo, di quelle vincolate da patti
parasociali e di quelle soggette a vincoli alla trasferibilità delle azioni (lock-up) di durata superiore ai
6 mesi;
2) non si tiene conto delle partecipazioni azionarie superiori al 3%, salvo che Borsa Italiana, su
istanza motivata dell’emittente, valutate la tipologia dell’investitore e le finalità del possesso, non
accordi una deroga al riguardo.
3) nel caso di PMI, non si tiene conto delle partecipazioni azionarie pari o superiori al 5%;

La prima ammissione alla quotazione di una società è possibile in riferimento a categorie di azioni alle quali
è attribuito il diritto di voto nelle assemblee ordinarie.
10.2 I requisiti per l’ammissione alla negoziazione nel mercato Expendi, sono diversi rispetto alle
precedenti, perché qui accedono normalmente azioni che non sono ancora pronte per l quotazione in borsa
e soprattutto vi accedono le azioni ordinarie tout court e cioè non quelle che necessitano del diritto al voto
nelle assemblee ordinarie.

10.3 Per quanto riguarda gli altri due mercati:


 il mercato di borsa per la negoziazione di strumenti finanziari dell’articolo 1, comma 1 lettere i,f
tuf dove si trattano strumenti finanziari diversi dalle azioni.
 il Nuovo Mercato è destinato alla negoziazione dei titoli di quelle società emittenti che sono ad
alto potenziale di sviluppo. Titoli con azioni ordinarie come si è detto per il mercato Expandi ma
caratterizzate da un maggior dinamismo. Per queste società Borsa italiana ha configurato dei
precisi profili di governance, cioè avere e mantenere: 1. i membri del Consigli di amministrazione
non esecutivi e indipendenti; 2. Comitato per il controllo interno composto da amministratori non
esecutivi e maggioranza indipendenti; 3. un comitato per la remunerazione.

11. Il procedimento di ammissione.

A seguito dell’abolizione della quotazione di ufficio (come detto in precedenza), la domanda di ammissione
dei titoli alla quotazione è indispensabile ai fini della quotazione.

PROCEDIMENTO:
 si attiva con una deliberazione in tal senso dell’organo amministrativo (consiglio di amministrazione
o gestione, a seconda del modello scelto dalla società), che approva il progetto di quotazione e lo
sottopone all’assemblea dei soci.
 Dopo avere raggiunto la decisone
 La domanda, sottoscritta dal legale rappresentante della società ( o altro soggetto con relativi
poteri), va inoltrata a Borsa Italiana spa, unitamente ai documenti prescritti dalle istruzioni
emanate da B.I spa
 Contestualmente, sarà trasmessa alla Consob una domanda di autorizzazione alla pubblicazione del
prospetto di quotazione.

Vi sono due passaggi distinti che devono essere seguiti dall’emittente che aspira alla quotazione: 1. Esame a
cura della Consob del prospetto di quotazione; 2. Ammissione da parte di BI spa della domanda presentata
dall’emittente stesso. Sono due fasi correlate che condizionano la possibilità di procedere ai successivi
adempimenti.

 BORSA ITALIANA spa, esami domanda e documentazione e in massimo due mesi (da quando ha
ricevuto tutta la documentazione) comunica all’emittente e alla Consob l’esito.
 Stesso termine è concesso alla Consob per terminare la sua istruttoria per concedere
l’autorizzazione alla pubblicazione del prospetto di quotazione.
Alla CONSOB compete il potere-dovere di esercitare preventivo e successivo controllo sulla completezza e s
veridicità delle informazioni essenziali.
 BORSA ITALIANA qualora ravvisi che non ci sono i presupposti rigetta la domanda e comunica
l’esito all’emittente e alla CONSOB. Inoltre borsa italiana può sempre revocare la propria
ammissione se si verifica un fatto nuovo che possa incidere sulla tutela degli investitori.
 In caso di esito positivo, deve essere data un’adeguata pubblicità mediante avvio di borsa. In tale
decisione sarà contenuto: comparto e segmento di mercato nel quale verrà negoziato lo strumento
finanziario, quantitativo minimo di negoziazione.
 Ovviamente il titolo non può essere negoziato prima della pubblicazione del prospetto di
quotazione rilasciato dalla CONSOB.
Questo prospetto deve contenere tutte le informazioni necessarie al fine di consentire agli
investitori la formulazione di un fondato giudizio sulla situazione patrimoniale, economica e
finanziaria dell’emittente. Si impone una maggiore chiarezza ed analiticità rispetto ai dati di bilancio
per consentire al lettore del prospetto di formare il suo adeguato giudizio.
 Il prospetto di quotazione definitivo e i suoi allegati devono essere depositati presso la Consob e
messo a disposizione del pubblico sia presso Borsa Italiana sia presso la sede dell’emittente con
obbligo di consegnare una copia a chi ne faccia richiesta.
 TALE DEPOSITO è condizione di efficacia del PROVVEDIMENTO DI AMMISSIONE: entro sei mesi da
questo provvedimento, Bi spa, deve accertare la messa a disposizione del pubblico del prospetto
informativo e all’esito deve stabilire la data di inizio delle negoziazioni informando il pubblico e
dando avviso ad almeno due agenzie di stampa. Decorsi sei mesi, il provvedimento diviene
inefficace.

 IL COLLOCAMENTO DELLE AZIONI, poi si realizza mediante un’offerta pubblica di vendita e/o
sottoscrizione ATTRAVERSO L’ASSEGNAZIONE DELLE AZIONI ai membri del consorzio di
collocamento, i quali poi si occupano dell’offerta al pubblico.

12. Sospensione e revoca della quotazione. Conseguenze del delisting. In particolare, il problema
dell’individuazione delle ipotesi di delisting volontario: ovvero, se l’assemblea possa liberamente
deliberare l’esclusione della quotazione.

La disciplina della sospensione e revoca dei titoli e delle azioni dalla quotazione, la ritroviamo nei
regolamenti di B.I spa.

12.1 La sospensione può essere disposta se per un periodo di tempo limitato, la regolarità del mercato
del titolo non è (sia concretamente o anche potenzialmente) garantita; inoltre, è prevista la possibilità
di sospensione laddove lo richieda la tutela degli investitori.

I regolamenti di borsa italiana spa (articolo 2.5.1 co. 2,) esemplificano le ipotesi nelle quali può darsi
corso alla sospensione dalla quotazione.
La sospensione della quotazione non può avere durata superiore a 18 mesi (presupposto che alteral la
regolarità è temporaneo).
Se i motivi che hanno dato luogo alla sospensione si protraggono oltre 18 mesi si dovrà fare ricorso alla
REVOCA dalla quotazione del titolo.
NB: durante la sospesnsione all’emittente si applicano comunque le previsioni societarie stabilite per le
società con azioni quotate con i dovuti aduaguamenti. Con la a revoca invece viene meno quella
disciplina

12.2 La revoca è disposta qualora vengano meno i preupposti essenziali all’ammissione alla
quotazione. Costituiscono causa di revoca: lo leggiamo in altro art2.5.1 co 1, b. Inoltre a questo si
aggiunge il prolungarsi dei 18 mesi accennato prima.

Il provvedimento di revoca, come quello di sospensione, deve essere tempestivamente comunicato al


pubblico mediante avviso a cura di Borsa Italiana spa, oltre che all’emittente e alla Consob.
Edovviamente è proponiobile il ricorso davanti al giudice amministrativo.

12.3 Vi sono due casi particolari di revoca o esclusione dalle negoziazioni:


- esclusione su richiesta (art. 133)
- revoca in caso di OPA TOTALITARIA relativa alle azioni con diritto di voto dell’emittente.

12.3.1 L’articolo 133 TUF disciplina l’esclusione delle azioni dalla negoziazione su richiesta
dell’emittente stesso. Egli può formulare una istanza (nel rispetto di quanto stabilito dal regolamento
BI SPA), previa deliberazione dell’assemblea straordinaria ( il che si collega con l’aritoclo 2437-quinques
c.c: in caso di esclusione dalla quotazione delle azioni, il socio che non ha concorso alla deliberazione
assembleare ha il diritto di recedere dalla società), ma solo laddove abbia ottenuto l’ammissione alla
negoziazione su altro mercato regolamentato italiano o di altro paese dell’UE.

Ogni altro caso che può condurre alla revoca delle negoziazioni esaminati in precedenza, pur dovuti a
comportamenti “volontari” dell’emitente (es: riduzione dl flottante) non rientrano in queste ipotesi, ma
in quelle esaminate precedentemente.

 INTERPRETAZIONE DI QUESTA IPOTESI DI “DELISTING VOLONTARIO”:


si discute se sia l’unico caso consentito di esclusione su richiesta dalle negoziazioni o se l’emittente
possa chiedere il delisting semplicemente senza che vi sia una prospettiva concreta di quotazione dei
titoli altrove.

× OPINIONE NEGATIVA: tale previsione è inserita tra quelle volte alla tutela delle minoranze
equalificherebbe un diritto individuale dell’azionista, teso a mantenere la quotazione dei titoli, per
cui dopo averli quotati non potrebbe più autonomamente deciderne l’esclusione.

PARTE AUTOREVOLE DELLA DOTTRINA, evidenzia che un tale divieto potrebbe essere superato e potrebbe
portare le società ad allontanarsi dalla quotazione. Il tutto tenendo conto che è vero che non vi è nessuna
previsione che consenta il delisting puro, ma non c’è neanche una che lo vieti.
……
….

13. Il significato della diffusione delle azioni tra il pubblico in maniera rilevante.
Il concetto di strumenti finanziari diffusi tra il pubblico in maniera rilevante lo troviamo già nel tuf , in
particolare nell’articolo 116 dove si prescrive che, alcune disposzione del tuf relativi a obbligi di
comunicazione al pubblico e alla Consob, si applicano oltre alle società con azioni quotate, anche agli
emittenti di strumenti finanziari così diffusi.

Nel 2003, con atto Consob è stato modificato il regolamento n. 11971 che si sostanzaia nell’adozione di una
peculiare normativa finalizzata proprio alla definizione di questo concetto di “emittenti di strumenti
finanziari diffusi tra il pubblico in maniera rilevante”, determinante ai fini dell’applicazione della nuova
disciplina societaria.

CAPITOLO III
L’OGGETTO DELLA QUOTAZIONE E DELLA DIFFUSIONE:
LE AZIONI ED I RELATIVI PROFILI SPECIALI.

15. La disciplina delle azioni delle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio.
Le azioni costituiscono lo strumento attraverso il quale si determina l’ingresso in società del capitale di
rischio vero e proprio (partecipazione sociale).
La circostanza che queste siano quotate in mercati regolamentati o siano diffuse tra il pubblico fa si che le
relative società facciano parte delle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio.

La riforma societaria del 2003 ha completamente riconfigurato le azioni di società, ampliando al massimo
l’autonomia statutaria e prevedendo soltanto alcune limitazioni si a di carattere generale che speciale.

Inoltre, il legislatore ha deciso di non intervenire riguardo alle azioni di risparmio riservate solo per le
società quotate, che non possono essere emesse da società con azioni diffuse.

Sempre con tale riforma sono stati introdotti nuovi strumenti finanziari, ovvero quei documenti che
possono attribuire sia il diritto al voto, sia diritti patrimoniali, con partecipazione anche al rischio d’impresa.

16. Le azioni speciali “classiche”: le azioni di risparmio e la possibilità di emettere queste azioni soltanto
per le società con azioni quotate. L’esclusione delle società con azioni diffuse come una scelta ormai
ingiustificata.

In tema di azioni speciali, con riferimento alle azioni speciali in riferimento alle società aperte, le prime da
considerare sono le azioni di risparmio.

 IN PASSATO, le azioni di risparmio erano ammesse di diritto alla quotazione, il che si correlava con
la quotazione di azioni ordinarie e presupponeva il fatto che l’emittente fosse una società con
azioni quotate.
 OGGI, viceversa, in coerenza con la natura privatistica dei mercati regolamentati di strumenti
finanziari, la quotazione “di diritto” di azioni di risparmio non è più prevista.

Le azioni di risparmio sono state introdotte con la L. 7 giugno 1974 n. 216, ma fino ad oggi ha trovato un
modesto riscontro pratico. C’è chi dice che il loto insuccesso dipenderebbe non dalla loro natura di azioni
prive di voto, bensì dalla rigidità della disciplina.
Oggi, la materia risulta regolamentata da tuf che ha operato significative innovazioni alla normativa
esistente.
Il legislatore nel 2003 è nuovamente intervenuto al fine di coordinare la riforma delle società di capitale con
le disposizioni del tuf.

ART 145 co. 1 TUF: Le società italiane con azioni ordinarie quotate in mercati regolamentati italiani o di altri
paesi dell'Unione Europea possono emettere azioni prive del diritto di voto, dotate di particolari privilegi
di natura patrimoniale. (prive di voto ma con particolari privilegi patrimoniali).
Con l’introduzione delle azioni di risparmio prive del diritto di voto, si è perfezionata la “dissociazione tra
potere e rischio”. Il che ha impostato una diversa interpretazione del concetto di “esercizio in comune di
un’attività economica” (art. 2247 c.c), passando così da “potere comune” a “rischio comune di perdere il
capitale conferito” .
Con l’introduzione degli articoli 2346 co.6 e 2349 co.2 c.c , la riforma societaria ha rimescolato le carte sul
tema degli “ strumenti finanziari” che possono configurare diritti patrimoniali, la possibilità di parametrare
il rimborso dei soli interessi all’andamento economico della società e la possibilità di emettere obbligazioni
postergate (art. 2411 co 1,2) .
Per cui non vi sarebbe più alcun motivo per non includere le società con azioni diffuse tra quelle società che
emettono azioni di risparmio.

17. Il requisito della previa quotazione delle azioni ordinarie e la sua ratio: in primo indice di uno statuto
differenziato per la società con azioni quotate rispetto alla società con azioni diffuse.

ART 145 co. 1 TUF: è chiaramente stabilito da tale articolo che le azioni di risparmio possono essere
emesse esclusivamente da società con azioni ordinarie quotate in mercati regolamentati italiani o di altri
paesi dell’UE ( quindi non è possibile considerare a questi fini le società pur italiane le cui azioni sono
quotate in mercati extra UE).
 Da questo si desume che vi è la legittimazione di emettere queste azioni in qualsivoglia mercato (es.
expandi ecc.); si supera così una problematica del 1974 laddove il riferimento era a “società le cui
azioni ordinarie sono quotate in borsa”.
 Il requisito della previa quotazione delle azioni ordinarie della medesima società è decisivo al
momento dell’emissione del titolo, mentre ci sono varie conseguenze degli eventi che incidono
sulla quotazione delle azioni ordinarie dopo che quelle di risparmio siano state emesse.
RATIO: tutelare l’azionista di risparmio, in quanto privo del diritto di voto non ha la possibilità di
contribuire alle decisioni assembleari e al quale sono riservati strumenti di tutela ridotti rispetto a
quelli dell’azionista ordinario.
L’imposizione di questo requisito assicura all’azionista di risparmio la facoltà di acquistare un
quantitativo minimo ordinarie così da intervenire nelle assemblee della società.
Inoltre, l’intervenuta quotazione delle azioni ordinarie garantisce:
- L’avvio delle attività di vigilanza su quella specifica società a cura di un organo pubblico
- applicabilità di più stringenti norme in tema di attività di controllo esterno e tutela delle
minoranze

In passato, veniva assicurata all’azionista di risparmio una possibilità di exit dallo stesso mercato di
negoziazione, ciò che manca qualora le azioni non siano quotate.

Laddove si fosse voluta equiparare la disciplina delle società con azioni diffuse alle quotate si sarebbe
potuto consentire anche alle prime l’emissione delle azioni di risparmio, atteso che, in tal caso il su indicato
ostacolo della quotazione di diritto delle azioni di risparmio è stato eliminato. D’altronde, specie alla luce
della riforma del 2003, che ha generalizzato la possibilità di emissione di azioni prive del diritto di voto, il
principio della previa quotazione delle azioni ordinarie risulta ormai sostanzialmente superato.
Residua certo, la maggiore difficoltà per l’azionista di società diffusa nel reperire azioni ordinarie di questa:
questo aspetto, però, appare poco drammatico, trattandosi appunto di azioni pur non quotate, ma,
comunque in tesi diffuse.
18. Emissione delle azioni di risparmio e rapporto con le altre categorie di azioni.

Con la riforma del diritto societario, L’articolo 145 c. 4 del tuf, è stato abrogato con l’art. 9.72 co. lettera b
del d. lg. N.37 del 2004 di coordinamento del tuf ; il quale stabiliva che il valore nominale complessivo delle
azioni di risparmio, unitamente a quello di ogni altra azione a voto limitato non potesse superare la metà
del capitale sociale.
Questa eliminazione ha solo una funzione di miglioramento lessicale senza variazioni dispositive vere e
proprie.
Pertanto, per ritenere quel vincolo pienamente vigente ed applicabile quanto alle azioni di risparmio basta
l’art. 2352 co.2 il quale impone già che il valore delle azioni a voto limitato non superi la metà del capitale
sociale, al fine di evitare che si realizzi un’eccessiva concentrazione di potere nelle mani degli azionisti a
voto pieno.

Resta invece pienamente in vigore il comma 5 dello stesso articolo, il quale prevede che questa limitazione
quantitativa abbia il seguente corollario:
- qualora il rapporto tra azioni a voto limitato ed azioni ordinarie divenga sbilanciato a favore
delle prime, il superamento della proporzione costituisce causa di scioglimento della società.
Norma, questa, che non avrebbe alcun significato se non considerando esistente, a monte, un preciso
vincolo quanto al rapporto ad azioni a voto limitato (incluse quelle di risparmio) e azioni ordinarie appunto,
la limitazione stabilita in linea generale dal art. 2351 co.2 c.c.
Su questa previsione un unico rilievo si impone: è evidentemente impreciso il richiamo della norma ad
azioni ordinarie, in quanto potrebbero esservi delle azioni a voto pieno dotate di particolari privilegi, cioè
azioni comunque non qualificabili come ordinarie.

19. I profili cartolari ed il problema della dematerializzazione delle azioni delle società che fanno ricorso
al mercato del capitale di rischio.

Sul piano cartolare l’azione di risparmio ha lo stesso contenuto dell’azione della società, alle quali si
aggiunge l’accezione di risparmio e l’indicazione dei privilegi.

Secondo quanto dispone l’art. 145, co.2, è nell’atto costitutivo che dovranno essere determinati il
contenuto del privilegio, ivi inclusi le condizioni, i limiti, le modalità e i termini per il suo esercizio e le
conseguenze dell’ipotesi di esclusione dalla negoziazione delle azioni ordinarie e di risparmio.

 CIRCOLAZIONE: le azioni di risparmio sono le uniche che (insieme alle Sicav) possono essere anche
emesse al portatore.
Con l’introduzione del d. lg 24 giugno 1998, n. 213 ha disposto la dematerializzazione obbligatoria
di tutti gli strumenti finanziari negoziati o destinati alla negoziazione di tutti gli strumenti finanziarie
negoziati o destinati alla negoziazione nei mercati regolamentati italiani, secondo quanto disposto
dalla Consob.
Ciò configura certamente il “superamento della fisicità del titolo, consentendone forme di
consegna e trasferimento virtuale”, e determina da questo punto di vista una equiparazione tra
società quotate e società diffuse.

Dubbio: a seguito della dematerializzazione si è venuta a creare una figura giuridica autonoma che
ha solo alcune analogie con quella tradizionale, senza identificarsi con essa né tipologicamente né
normativamente.

Il titolo dematerializzato, sia esso normativo o al portatore:


- deve essere registrato in un conto aperto dall’intermediario a nome del cliente
- e all’atto del trasferimento del titolo non vi è più la possibilità di anonimato,posto che deve
essere individuato il cliente alienante e l’acquirente
CIO’ COMPORTEREBBE L’ESISTENZA DI UNA SOLA LEGGE DI CIRCOLAZIONE E QUINDI
L’IRRILEVANZA PER I TITOLI DEMATERIALIZZATI DELLA DISTINZIONE TRA TITOLI NOMINATIVI E
AL PORTATORE.

× LA DOTTRINA contesta la precedente ricostruzione e ribadisce che vi sia la presenza di tale


differenza, perché c’è per le azioni nominative: al fine di poter esercitare i diritti sociali, si rende
necessaria la previa iscrizione nell’albo dei soci.

Proprio su questo aspetto, nel 2003 il legislatore ha previsto che nel caso di azioni dematerializzate,
il trasferimento si opera “mediante scritturazione sui conti destinati a registrare movimenti degli
strumenti finanziari”; introducendo così nel codice civile la disciplina oggi vigente per tali azioni.

20. Le modalità di emissione ed i profili problematici della delibera di aumento di capitale: in particolare,
il tema della conversione delle azioni.

Le azioni di risparmio, ai sensi dell’art 145 co.7 possono essere emesse:


- In occasione di aumento di capitale sociale
- In sede di conversione di azioni già emesse.
- NON IN OCCASIONE DI COSTITUZIONE DI SOCIETA’, ciò non toglie che, pure in sede di
costituzione e di aumento di capitale, siano emesse delle azioni di una qual si voglia categoria
con riferimento alle quali sia già prevista la possibilità di conversione in azioni di risparmio, una
volta realizzatesi la quotazione delle azioni ordinarie.

L’articolo 145 co. 7, il quale introduce la possibilità di emissione di azioni di risparmio in sede di
conversione di azioni di altra categoria e stabilisce che il diritto di conversione è attribuito ai soci con
deliberazione dell’assemblea straordinaria.
L’unica sostanziale differenza è che l’articolo 145 co 2. 2 riservava all’assemblea medesima anche la
determinazione di condizioni, periodo e modalità di esercizio di questo diritto di conversione.
OGGI, invece è possibile attribuire tali competenze agli amministratori.

 Non può pertanto disporsi la conversione forzata di una categoria di azioni o di una percentuale
di azioni detenute da tutti i soci in azioni di risparmio.
Questa ipotesi dovrebbe caratterizzarsi per una deliberazione dell’assemblea straordinaria che
imponesse una tale conversione, eventualmente approvata anche dall’assemblea speciale.
Il problema, però, è che in tal caso non si andrebbero a modificare singoli aspetti relativi alla
categoria di azioni che il socio aveva scelto nel momento in cui aveva acquistato le proprie
azioni: si tratterebbe di una vera e propria variazione della categoria stessa di azioni in possesso
del socio.
In senso contrario a ciò sembrerebbe porsi la variazione all’art. 72 proposta dalla Consob nel
2004 nel distinguere le ipotesi di conversione facoltative da quelle obbligatorie, nelle quali
l’obbligo per gli emittenti si sostanzierebbe nella notizia del giorno nel quale avrà luogo la
conversazione; però non si precisano i casi nei quali tale conversione “forzata” sarebbe
ammissibile. Ciò che evidentemente determina di ritenere che il vincolo della conversione
possa ravvisarsi nella sola situazione già illustrata: ovvero il caso in cui fino dal sorgere del
rapporto era stata esplicitamente convenuta la possibilità di una conversione.

È diversa, invece, l’opinione di chi ritiene che il diritto di conversione possa essere attribuito
con riferimento alle azioni già appartenenti ad una sola categoria e non anche a tutti gli
azionisti.
Ciò, purché la relativa deliberazione dell’assemblea straordinaria sia approvata anche dalle
assemblee speciali di tutte le categorie di azioni eventualmente emesse e non solo da quella
interessata dalla convenzione, in quanto evidentemente la creazione di azioni di risparmio può
determinare un pregiudizio patrimoniale a carico delle azioni ai quali non fosse concesso il
diritto di conversione.
Ed è sempre la qualificazione delle conversioni in azioni di risparmio quale facoltà che viene
concessa all’azionista, che consente di condividere la possibilità di stabile che tale conversione
sia subordinata al pagamento di una somma di denaro.

RECENTEMENTE SI è AGGIUNTO IL PROBLEMA OPPOSTO: legittimità della conversione delle azioni di


risparmio in azioni ordinarie, in particolare di azioni di risparmio sorte espressamente come “non
convertibili” .
Per il caso di aumento di capitale a pagamento, in presenza di azioni di risparmio già emesse, qualora le
azioni di nuova emissione non fossero state di risparmio.

L’art 14 co. 6, del L. n. 216 del 1974 era ambiguo in quanto, facendo riferimento alle sole azioni ordinarie
come titoli alternativi sui quali gli azionisti di risparmio vantavano il diritto di OPZIONE.
Poteva sembrare, da una parte, non consentire l’emissione esclusiva di azioni di altre categorie (ovvero
privilegiate) e dall’altra, lasciare comunque scoperto questo caso.

In proposito, seguendo le soluzioni prospettate dalla dottrina, l’art. 145 co. 8 stabilisce chiaramente che,
salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo o della deliberazione di aumento di capitale, agli azionisti di
risparmio compete il diritto di opzione sulle nuove azioni della stessa categoria.

In caso contrario, laddove non siano affatto emesse azioni di risparmio di stessa categoria o comunque
residui una differenza aritmetica nel computo di tale diritto di opzione, agli azionisti di risparmio spetterà
tale diritto nell’ordine su:
1. azioni di risparmio di categoria diversa 2. Azioni privilegiate 3. Azioni ordinarie.

21. L’individuazione del privilegio tra azioni di risparmio ed altre azioni senza diritto di voto.

Per quanto riguarda le azioni di risparmio, la maggiore innovazione riferibile al tuf riguarda il fatto che non
è più previsto un contenuto legale minimo ed eliminabile del relativo privilegio attribuito.
La legge Draghi elide ogni vantaggio minimo pre-costituito, rinviando all’atto costitutivo per la
determinazione dei diritti patrimoniali che costituiscono il privilegio che si contrappone alla esclusione
del diritto di voto.
La modifica riguarda anche le azioni di risparmio già emesse alla data di entrata in vigore del decreto.

NOTEVOLI PERPLESSITA’ IN PROPOSITO: atteso che l’eliminazione dei privilegi imposti avrebbe potuto
ricondurre le azioni di risparmio alle normali azioni con voto limitato.
Atteso che il nuovo articolo 2351 co. 2 c.c. consente liberamente l’emissione di azioni senza diritto di voto a
tutte le società per azioni, siano esse quotate o no, IL PROBLEMA CHE SORGE Il problema di compatibilità
tra queste due categorie di azioni.

Questa completa apertura all’autonomia statutaria nella determinazione dei privilegi, come è stato detto è
figlia di una concezione liberistica dell’economia da parte del legislatore che abbandona la concezione del L.
n 216 1974, e affida al mercato l’individuazione di questi, stante anche l’insuccesso della delimitazione
legale dei benefici dell’azione di risparmio.

Viene così rimesso al dei risparmiatori il giudizio sull’appetibilità dell’investimento: ciò che da adito a
notevoli perplessità, posto che l’affidamento totale al mercato della tutela dei soggetti che vi operano
sarebbe possibile, reputando consistente ed efficacie il controllo delle autorità di vigilanza, il che non
sempre risponde al vero.

 L’autonomia concessa al gruppo di comando della società con azioni quotate nella
“delimitazione del contenuto del privilegio” rende impossibile un’esemplificazione di questo.
 Ci sono due limiti:
1. Necessità che sia attribuito un privilegio congruo, inteso nel senso di effettivo e non
formale (cioè si deve trattare di un privilegio che corrisponda ad un trattamento
sostanzialmente e non solo ipnoticamente preferenziale, senza che però occorra
necessariamente che il privilegio si traduca poi in un beneficio certo per l’azionista di
risparmio”.
2. La necessità che il privilegio non sia tale da determinare una violazione del divieto del
patto leonino (previsione troppo benevola con gli azionisti di risparmio, a danno degli
azionisti di altre categorie.
Questa libertà nella definizione dei diritti patrimoniali, trova come limite la stessa qualificazione giuridica
dell’azionista di risparmio: cioè fermo restando la più ampia autonomia nel definire i privilegi che possono
venire attribuiti, questi non devono essere tali da escludere la concreta partecipazione di questo azionista
dal capitale di rischio.

 ART. 145 co. 1 e 2, in merito all’individuazione materiale del tipo di privilegio prescrive che si deve
trattare di privilegi di natura patrimoniale.
 Non si ravvisano invece limiti per quanto riguarda la determinazione dei privilegi patrimoniali che
possono riguardare la partecipazione agli utili e/o al rischio di impresa.
Non vi è più alcun tipo di problema dio coordinamento con l’art. 2351 co. 2 che prima imponeva
che il privilegio delle azioni a voto limitato riguardasse:
- Sia il momento della distribuzione degli utili
- Sia il momento del rimborso del capitale allo scioglimento della società.
Nella sua nuova versione, tale articolo non stabilisce proprio più alcun tipo di privilegio in favore di
questi soggetti.

22. Delisting e posizione dell’azionista di risparmio.

L’art 145 co.2 affida all’autonomia statutaria la regolamentazione dei diritti spettanti all’azionista di
risparmio, con formula aperta,
il punto è: posto che queste azioni possono essere emesse qualora quelle ordinarie siano quitate; la logica
conseguente deve essere che, nel momento in cui, il presupposto della quotazione viene meno, è
impossibile che nessun diritto particolare venga attribuito a questi azionisti.
È questa la ratio ispiratrice della norma in esame, che nell’imporre che siano stabiliti i diritti spettanti , non
consente di considerare sufficiente sul punto di mantenimento della situazione quo ante, anche dopo
l’eventuale delisting. Ciò in quanto i diritti già stabilititi, avrebbero dovuto essere mantenuti.

In tal caso, le previsioni potrebbero riguardare l’attribuzione dei diritti amministrativi, maggiori e diversi
rispetto a quelli soliti spettanti agli azionisti di risparmio, senza snaturare la categoria azione di risparmio.

 Infine, resta il dubbio se tra queste azioni sia possibile includere la facoltà di recesso dell’azionista
di risparmio.
 Le ipotesi dell’articolo2437 c.c, quanto alle società aperte e nella maggior parte dei casi di delisting,
la mancanza di una deliberazione assembleare alla quale possa farsi risalire la facoltà di recedere, il
che rende preferibile la tesi secondo la quale debba escludersi questa possibilità.

23. L’organizzazione delle categorie speciali di azioni quotate.

A fronte della mancanza di diritto di voto, è confermata la costituzione di un’organizzazione di gruppo degli
azionisti di risparmio che si articola nell’assemblea speciale e nel rappresentante comune (art. 146, 147-
Legge Draghi sulla line di quanto già previsto per gli obbligazionisti).

Con la riforma del diritto societario, è stato introdotto nel Tuf l’articolo 147 – bis ai sensi del quale
l’organizzazione di gruppo si applica alle assemblee speciali previste dall’articolo 2376 c.c 1 c.c qualora
siano azioni quotate in mercati regolamentati italiani o altri paesi UE.

 Questa organizzazione di gruppo, or riguarda tutte le categorie di azioni quotate diverse dalle
ordinarie (nonché le azioni di risparmio, a prescindere che siano quotate o meno).

In più, nonostante l’articolo 147 bis sembra riferirsi alle sole “assemblee speciali”, la disciplina
risulta essere estesa anche per il rappresentante comune, ciò è reso esplicito dal fatto che
unitamente all’articolo 146 (assemblea) è stato richiamato l’art. 147 (rappresentante comune)-
23.1. RIFLESSIONE DI COSTITUZIONE DI UN FONDO PER LE SPESE NECESSARIE ALLA TUTELA DEI
COMUNI INTERESSI E AL RENDICONTO, PER QUANTO RIGUARDA LE DELIBERAZIONI TIPICHE
dell’assemblea speciale.
Al tal, proposito è utile precisare la sussistenza di un chiaro obbligo a carico della società di
anticipare tale fondo, potendosi poi rivalere sugli utili degli azionisti di tale categoria.
In tal modo, infatti si evita il rischio costituito dal fatto che, per inadempimento di taluni azionisti
all’obbligo di provvedere alla costituzione del fondo comune.

Con il sistema introdotto con il tuf invece la società anticipa semplicemente questi fondi dei quali
potrà ottenere la restituzione condizionatamente al fatto che:
1. la società realizzi degli utili
2. quanto agli utili di competenza degli azionisti interessati, questi siano superiori al minimo
eventualmente garantito e sulla parte che eccede questi utili, la società potrà rivalersi.

Due aspetti necessitano un chiarimento:

1. Laddove non sia stabilito un minimo garantito in favore di questi azionisti, la società possa
rivalersi sugli utili di loro competenza. Quanto al diverso problema costituito dall’interpretazione di
quel “può”, sembra debba preferirsi l’interpretazione nel senso che la società possa anche decidere
di assumersi in toto tali costi, senza farli gravare sugli azionisti.

2.Altra novità di rilievo riguarda la previsione di una deliberazione sulla transazione delle
controversie con la società: non pare del tutto sicuro che l’innovazione sia tale soltanto nel senso
che sarebbe stata tipizzata una delibera che già doveva farsi rientrare, nella previgente disciplina,
tra quelle di interesse comune.
In caso di controversie tra azionista e società, la transazione andasse conclusa con ciascun singolo
azionista, non rilevando l’organizzazione comune.

Immutata è la disposizione relativa all’approvazione delle deliberazioni dell’assemblea della società


che pregiudicano i diritti della categoria, già contenuta nella legge 216 del ’74.

 Punto procedimentale: la deliberazione che pregiudica i diritti della categoria, qualifica una
DELIBERAZIONE COMPLESSA , nel senso che questa si intenderà validamente assunta solo con la
compresenza delle delibere dei due organi sociali – assemblea generale e assemblea degli azionisti
di categoria; in mancanza di una delibera favorevole di quest’ultimi, la volontà sociale si intenderà
come mai formatasi.
 Piano dei quorum: le modifche poste dal tuf, rispetto alla è previgente legge 216, del ’74, più che
tutelare i portatori di azioni speciali quotate, sembrano tenere in considerazione gli interessi della
società emittente ; caratterizzandosi per una deliberazione di quello deliberatuvo che ora per gli
argomenti di maggior rilevanza è fissato al 20 %.
 Ai sensi dell’articolo 146 co. 3, l’assemblea speciale delibera in PRIMA e SECONDA convocazione
con il voto favorevole di tante azioni che rappresentino rispettivamente almeno il 20 e il 10
percento del numero complessivo di azioni della stessa categoria; tale quorum si riduce per
l’assemblea di terza convocazione, dove si giunge a prevedere che la delibera sia assunta a
maggioranza semplice degli intervenuti, quale che sia la parte di capitale di capitale che questi
rappresentino.
 Quanto alla CONVOCAZIONE, infine il soggetto che la effettuarla è il rappresentante comune degli
azionisti, ogni qual volta lo ritenga necessario. Stessa competenza hanno gli amministratori, i quali
devono provvedervi entro 60 gg dall’emissione o dalla conversione delle azioni di risparmio o
dall’ammissione alle negoziazioni della categoria di azioni speciali, per consentire la nomina del
rappresentante comune.
VI è poi una fattispecie vincolata di convocazione su richiesta della minoranza: amministratori e
rappresentante comune devono provvedervi quando ne è FATTA RICHIESTA da tanti possessori di azioni
di categoria che assommino almeno l’un percento della stessa.

Qualora gli amministratori e il rappresentante comune non diano alla convocazione, l’assemblea sarà
convocata dal 1) collegio sindacale , 2) consiglio di sorveglianza o 3) dal comitato per il controllo sulla
gestione, a seconda del modello di amministrazione adottato.

Solo nei primi due casi, l’obbligo per l’organo di controllo di convocare l’assemblea speciale sorge
automaticamente, semplicemente per l’omissione degli amministratori o perché non vi è stato alcuno
stimolo specifico da parte degli azionisti.

Invece in presenza di modello di C.D MONISTICO è necessario l’ulteriore presupposto dl esistenza di


un’apposita richiesta della minoranza rimasta: ciò, per tale modello, in tema di convocazione
dell’assemblea generale parimenti dove manchi un potere/dove al comitato per il controllo della gestione
in proposito.

22.3 La disciplina del rappresentante comune si desume da quella dettata per il rappresentante comune
degli obbligazionisti.
Il rappresentante comune viene nominato dall’assemblea speciale e può essere scelto anche al di fuori degli
azionisti stessi, con le eccezioni previste dall’articolo 2417 co. 1 c.c. in mancanza, provvede il tribunale su
domanda di uno o più azionisti della categoria o degli amministratori. In ogni caso, il rappresentante
comune deve richiedere l’iscrizione nel registro delle imprese.

 DOVERE/POTERE DEL RAPPRESENTANTE COMUNE: tutelare gli azionisti di risparmio o della


categoria speciale di azioni quotate di cui si tratta, nei rapporti con la società.
L’art 147 co. 3 tuf prevede che I POTERI/OBBLIGHI stabiliti per il rappresentante comune sono stabiliti
dall’art. 2418 c.c :
- Provvedere all’esecuzione delle deliberazioni dell’assemblea di categoria
- Assicurare in via autonoma la tutela degli interessi comuni degli azionisti
- Ha rappresentanza processuale (sia attiva sia passiva) degli azionisti speciali
- Altri diritti/doveri che possono essere introdotti con lo statuto.

 RESPONSABILITA’ DEL RAPPRESENTANTE COMUNE DEGLI AIZONISTI SPECIALI: va sempre esaminato


sulla base di quanto previsto per il rappresentante comune degli obbligazionisti.
 PRECEDENTEMENTE ALLA RIFORMA SOCIETARIA 2003, si riteneva che egli dovesse
adempiere gli obblighi ad esso imposti con la diligenza del mandatario.
 La modifica della disciplina della responsabilità degli amministratori di SPA, intervenuta con
la riforma, determina però la possibilità di ritenere che si è passati alla diligenza “RICHIESTA
DALLA NATURA DELL’INCARICO E DELLE SUE SPECIFICHE COMPETENZE”.

24. I diritti amministrativi degli azionisti al voto limitato alla luce della riforma del 2003.

L’esclusione del diritto di voto per gli azionisti di risparmio determina significative conseguenze anche a
riguardo di altri diritti amministrativi.
Prima con la disciplina del tuf e poi con la riforma societaria 2003, l’azionista non era legittimato neanche
ad esercitare il diritto di recesso (art. 2437).
Prima dell’introduzione della riforma del 2003 si discuteva persino se dovessero ritenersi esclusi i diritti
correlati con quello di voto, quali:
- Diritto di impugnativa delle deliberazioni assembleari
- Diritto di intervenire nelle assemblee sociali e di richiederne la convocazione

 DUBBIO: il diritto di interne venire in assemblea veniva conferito dalla dottrina commercialistica
classica in maniera indissolubile a tutti i soci.
 Quando sono state introdotte le azioni di risparmio, l’art. 14 co. 5 del tuf , ha modificato il diritto di
intervento. Il quale prevede che i portatori di tali azioni erano privi del diritto di intervenire nelle
assemblee della società.
 Con la riforma Draghi, la esplicita esclusione di tale diritto al voto non era riportata e si riapriva un
discorso che sembrava fortemente chiuso.
 D. lg n. 6 del 2003, ha introdotto una norma di applicazione generale: art. 2370 co. 1 che stabilisce che
in tutti i cani nei quali l’azionista non ha il diritto al voto, non ha neppure la possibilità di intervenire in
assemblea.
 Sempre con questa riforma con l’articolo 2377 c.c, il quale specifica che l’impugnativa può essere
proposta dai soci assenti, dissenzienti ed astenuti nel verbale delle deliberazioni. Per cui anche qui è
chiuso ogni spazio relativo alla possibilità dell’azionista dir risparmio di procedere all’impugnativa delle
deliberazioni; per i quali è esclusa.
 In merito alla sottrazione del diritto di impugnativa è previsto però per tali azionisti il diritto di
richiedere il risarcimento del danno.

 DIRITTI AMMINISTRATIVI SICURAMENTE ESCLUSI: art. 145 co. 6


- Non si tiene conto delle azioni di risparmio ai fini della sostituzione dell’assemblea e della
validità delle deliberazioni
- La parte di capitale rappresentata da azioni di risparmio non va computata per il calcolo delle
aliquote per la convocazione dell’assemblea generale su richiesta di soci, l’azione sociale di
responsabilità, l’azione sociale di responsabilità esercitata dai singoli soci, denunzia al collegio
sindacale e denunzia al tribunale.
25. Le nuove azioni a voto limitato diverse dalle azioni di risparmio INTRODOTTE CON IL D. LG 17
GENNAIO 2003 N.6 tra società con azioni diffuse e società con azioni quotate.

Con riferimento alle altre categorie di azioni (diverse dalle ordinarie e di risparmio) con la riforma societaria
2003, l’articolo 2351 è stato novellato stabilendo che, salvo diversa disposizione, è attribuita la possibilità di
prevedere nello statuto la creazione di azioni con diritto di voto limitato a particolari argomenti o
subordinato al verificarsi di determinate condizioni, o addirittura del tutto prive di voto.
 Inoltre, sono ammissibili le azioni a voto quantitativamente LIMITATO E SCALARE, che si
caratterizzano Per limitare il diritto di voto che può esprimere ciascun socio ad una percentuale
massima di azioni e per prevedere che il peso percentuale di ciascuno azionista cresca in misura
meno che proporzionale rispetto al numero di azioni possedute. In tal modo viene messo al riparo
l'assetto di comando della società da scalate di terzi sia laddove si tratta di gruppi familiari e si vuole
attribuire un più significativo rilievo a ciascun componente. in tal modo si realizza una sorta di
democrazia assembleare sminuendosi l'importanza del quantitativo di azioni di titolarità di ciascun
singolo socio e così conferendo maggior valore all'elemento personale.
L’art. 2351: “le clausole che prevedono il voto scalare sono per le società chiuse”, quindi sono escluse le
società che fanno ricordo al mercato del capitale di rischio.
Inoltre, per tali società è escluso anche la limitazione di voto.

26. L’introduzione delle limitazioni al diritto di voto nella società che fa ricorso al mercato del capitale di
rischio.

Va a questo punto verificata l'ammissibilità per le società che fanno ricorso al Merc. del capitale di rischio
delle altre limitazioni al diritto di voto che sono state ora introdotte dall’articolo 2351. E senz'altro
ragionevole la preoccupazione di chi ha ritenuto di escludere questa possibilità poiché si potrebbero
verificare asimmetria informative.
 Pur condividendosi questa preoccupazione, però vi è più di un argomento che milita in senso
contrario.
 Innanzitutto l’articolo 2351 co. 3, a proposito del voto quantitativamente limitato a scalare elide
tali possibilità per le società che fanno ricorso al Mercato del capitale di rischio.
 Invece il co. 2 nulla prevede in proposito: Non vi è alcun vincolo quanto all'emissione di azioni a
voto limitato.
In tal caso bisogna valutare se nelle leggi speciali e nel tuf è possibile rinvenire qualche previsione
che pure indirettamente sia contraria a tale limitazione.

nel tuf, in via diretta non si ritrova alcun divieto, ma l'articolo 147- bis introdotto con decreto legge
n. 37 del 2004 estende l'ambito di applicazione della disciplina e l'organizzazione comune degli
azionisti di risparmio (art 146-147) a tutte le categorie di azioni speciali quotate con l’unico vincolo:
necessità di provvedere varie comunicazioni alla Consob.

 Quanto alle azioni con voto limitato a determinati argomenti sembra difficile un dubbio circa la loro
ammissibilità ; visto che già le azioni privilegiate a 20 voto limitato alle assemblee straordinarie
sono già legittimate anche per le società con azioni quotate ù
 quanto alle azioni a voto subordinato la loro ammissibilità nelle società quotate viene ora
implicitamente affermata dall’articolo 9.62 del d. lg n 37 del 2004, Che ha aggiunto un comma (1-
bis) all'articolo 104, in materia di opa, il quale prevede che queste società possono emettere azioni
con voto subordinato all'effettuazione di un'offerta soltanto se, per il verificarsi della condizione ,
sia necessaria un'autorizzazione assembleare ai sensi del comma precedente.

× l'unico profilo che induce qualche dubbio riguarda la possibilità di emettere azioni totalmente
prive del diritto di voto diversi dalle azioni di risparmio riguarda le società con azioni quotate.

CAPITOLO IV
L’ACQUISTO E LA DETENZIONE DELLE AZIONI TRA TRASPARENZA E PARITA’ DI TRATTAMENTO

27. Trasparenza e parità di trattamento nella regolamentazione speciale dell’acquisto e detenzione


delle azioni: irragionevolezza della mancata estensione alla società con azioni diffuse della disciplina
dettata per la società con azioni quotate.

la disciplina delle azioni si caratterizza anche per le previsioni relative al loro acquisto e alla loro
detenzione.
I temi maggiormente rilevanti a questi fini sono l'acquisto delle azioni proprie e la disciplina delle
partecipazioni rilevanti reciproche; tali Previsioni rispondono a 2 principi:
- trasparenza
- parità di trattamento tra portatori di strumenti finanziari che si trovano in condizioni identiche.

 La trasparenza come scopo della vigilanza unitamente alla correttezza è rilevante soprattutto nel
determinare l'emersione dei reali assetti proprietari della società emittente e dei soggetti a questa
collegati.
 Quale società quotate vi è un altro di principio : la parità di trattamento tra portatori di strumenti
finanziari che si trovano in condizioni identiche.
il senso di questa previsione può e dive sostanziarsi in una precisazione finalizzata ad eliminare
qualsiasi dubbio o malizia d'interpretazione in un settore delicato quale quello delle società quotate
.

28. Trasferimento delle azioni di società aperta ed esecuzione dei conferimenti: la liberazione delle azioni
e la responsabilità del terzo acquirente.
In tema di azioni di società aperte, oltre alla loro dematerializzazione bisogna far cenno a regolamento
Consob del 98 in materia di mercati.

 l'articolo 28 di tale regolamento stabilisce che possono essere immessi nel sistema di gestione
accentrata solo gli strumenti finanziari interamente liberati (co. 1).
 il comma 2 prevede che però d si possono immettere anche gli strumenti non liberati purché con
separata e specifica evidenza rispetto agli altri. Significa che la società di gestione accentrata e
tenuta a rendere noto all'acquirente dei titoli che questi sono sì inseriti nel sistema ma che hanno
una particolare connotazione.
La situazione di mancata integrale esecuzione dei conferimenti e così opponibile ai successivi portatori
dell’azione non liberata.
- Potrà accadere che sia la società di gestione ad avere taciuto questa circostanza: in tal caso la
conseguenza dovrebbe essere la responsabilità della società e non la inopponibilità al terzo
acquirente della mancata liberazione delle azioni .
- a tal proposito va segnalata anche l'opinione che (riferita alle società quotate ma ma che può
interessare tutte le società per azioni aperte ), in virtù della spersonalizzazione del venditore e
dell'acquirente, nell'ambito delle operazioni di trasferimento delle azioni, si renderebbe
impossibile addossare il rischio della mancata attuazione all'acquirente di azioni nominative
quotate nei mercati regolamentati.
Tale conclusione e riferibile a qualsiasi fattispecie di società, aperta o chiusa , posta l'esigenza di tutela del
terzo acquirente in buona fede.

29. La libera trasferibilità delle azioni , tra società quotate e società diffuse . le previsioni statutarie delle
società aperte che stabiliscono limiti al possesso individuale di azioni.

Riguarda la libera trasferibilità delle azioni non debbano esser vi nello statuto dell'emittente:
1. CLUSOLE DI MERO GRADIMENTO: clausole che subordinino Il trasferimento delle azioni al gradimento di
un organo sociale
2. CLAUSOLE DI GRADIMENTO OGGETTIVO: Possesso da parte dell'acquirente delle azioni di particolari
requisiti.

Accanto alle clausole di gradimento, possono intaccare la libera trasferibilità delle azioni anche le clausole
di prelazione: non si possono ritenere liberamente trasferibili le azioni di una società il cui statuto contenga
clausole per effetto delle quali l'azionista che intenda alienare le sue azioni debba offrirle agli altri soci e
posso venderle ad altri soltanto in mancanza di tempestivo esercizio del diritto di preferenza a quello
attribuito.

Per la qualificazione del concetto di libera trasferibilità delle azioni assumono particolare rilevanza anche le
comunicazioni Consob con le quali è riconosciuta la legittimità di previsioni statutarie che ponessero dei
limiti massimi all'ammontare delle azioni che possono essere possedute da un medesimo soggetto.
Da ciò si era poi determinato, nelle applicazioni pratiche, il riconoscimento dell’ammissibilità anche di
quelle clausole che, pur non incidendo sul quantitativo di azioni che possono essere detenute da un
medesimo soggetto, limitavano i soli diritti di voto da qui si esprimibili ad una percentuale massima.
Con la conseguenza che, superata questa percentuale, per l’eccedenza le azioni, perdevano i diritti di voto.
 Ogni dubbio in proposito era stato in fine superato con l’art 117 co. 2 del regolamento consob del
1999 di attuazione del decreto legislativo ‘98, ai sensi del quale l’autorità di vigilanza poteva
prevedere che gli organi di comunicazione del superamento di determinate percentuali di possesso
di azioni (co.1) fossero collegati ad aliquote diverse da quelle indicate per la generalità delle società
proprio con riferimento a quelle società i cui statuti prevedono limiti al possesso azionario
(legittimando tali clausole statutarie anche per la loro presenza in molte delle società privatizzate).
 OGGI TALE PREVISIONE è posta in discussione a secondo della modificazione dell’articolo 2351 c.c.,
con la riforma del 2003. Il comma 3 di tale articolo stabilisce che lo statuto delle società che fanno
ricorso al mercato del capitale di rischio non può prevedere una limitazione massima a uno
scaglionamento di un diritto di voto in correlazione alla quantità di azioni possedute da uno stesso
soggetto.
 Tali clausole statutarie che limitano il diritto di voto correlate ai quantitativi di azioni possedute
sono illegittime.

× PROBLEMA: relativo alla possibilità che si determini così anche l’invalidità di quelle clausole
statutarie ai sensi delle quali il possesso di azioni di una società quotata sia limitato ad un
quantitativo massimo prefissato.
Quanto alle società aperte, ivi incluse quelle quotate, l’esclusione della possibilità di porre
limitazioni quantitative o scaglionamenti al diritto di voto di un singolo socio, risiede
NELL’ESIGENZA DI CONSENTIRE MAGGIORI APERTURE ALLA CONTESA DEL CONTROLLO.

 Le clausole statutarie che prescrivono la possibilità per ciascun socio di possedere un quantitativo
max di opzioni prefissato hanno sicuro una valenza reale, ovvero opponibile a qualsiasi terzo.
Il PRBOLEMA attiene alle conseguenze della loro violazione:
- Se tali clausole operino alla limitazione Circolazione delle azioni, la violazione della clausola
avrebbe ripercussioni sulla stessa possibilità che l’acquisto delle azioni in sovra numero sia
validamente opponibile alla società
- Se tali clausole operino alla limitazione del possesso delle azioni, nel senso che la
partecipazione eccedente rileva solo come entità economica non anche come strumento
partecipativo allo strumento della società. Insomma, con riferimento al quantitativo che il socio
dovesse acquistare in eccedenza rispetto all’ammontare max consentito dallo statuto, la
sanzione riguarderebbe soltanto i diritti amministrativi e in particolare il diritto di voto, senza
pregiudizio ai diritti patrimoniali.
Questa prospettazione trova conferma nella disciplina dell’omesso adempimento dell’obbligo
di comunicazione dell’intervenuto superamento delle percentuali di possesso di azioni con
diritto di voto in società con azioni quotate.  Art. 120 co. 5 tuf: determina una limitazione
del diritto di voto riferita alle azioni per le quali le comunicazioni dovute non sono state
effettuate.

D’altronde questo è del tutto evidente anche dal regolamento di BORSA ITALIANA SPA relativo
alla libera trasferibilità delle azioni; il solo limite riguarda il possesso e non la circolazione delle
azioni.
30.Società aperte e gruppi di società: tra vuoti normativi e difformità tra società quotate e società
diffuse.

Laddove la legge delega del 3 ottobre 2001 n. 366 ha dettato tra gli obiettivi della riforma delle società per
azioni quello consistente nel disciplinare i gruppi di società secondo principi di trasparenza e
contemperamento degli interessi coinvolti.
Sono state introdotte con gli articoli 2497 e successivi c.c. delle previsioni che riguardano questo argomento
ma in maniera parziale e insoddisfacente.

Il legislatore si è preoccupato di garantire la trasparenza. Proprio sul piano definitorio del controllo, il
legislatore sia nel Codice civile sia nel tuf ha dettato delle previsioni tutte relative esclusivamente alle
società con azioni quotate e senza alcun riferimento a quelle diffuse, ciò determina un’ulteriore disparità
priva di giustificazione.

 ART 2359 co. 3, è un primo riferimento in materia di controllo, qualifica la situazione di influenza
notevole dove il legislatore riduce al 10 percento per le società con azioni quotate la soglia che fa
scattare la presunzione relativa in tal senso, rispetto al 20 percento per le altre società.

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