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La concorrenza perfetta è un modello ideale e teorico, nella pratica non esiste. Consiste nel fatto
che esistono numerose imprese in competizione tra loro, che non ci sia alcun condizionamento sui
prezzi, si presuppone una piena domanda dei consumator, l’assenza di ostacoli all’ingresso di
nuovi operatori e di accordi che possano avere un impatto negativo che possa falsare la libera
competizione tra le parti. Quando sussistono tutte queste caratteristiche si ha concorrenza
perfetta, ma la realtà in cui operano le imprese è tutt’altro che simile a tale regime: le imprese
sono tra loro in concorrenza, la quale non è negativa, potrebbe ad esempio determinare una
riduzione dei costi di produzione ma anche dei prezzi di vendita. Inoltre, la concorrenza elimina in
maniera naturale quelle imprese che non sono tante competitive, permette alle imprese può
virtuose di restare nel mercato e di migliorare l’offerta per il consumatore; stimola il progresso
tecnologico e il miglioramento dell’offerta al fine di reggere la concorrenza. Nel concreto, le
imprese possono operare in condizioni di:
1. Oligopolio le imprese dedite alla produzione industriale sono poche, queste controllano
l’offerta del settore attraverso le cosiddette intese. Le intese sono accordi con i quali le
poche imprese si dividono il mercato di riferimento e si accordano tra di loro per fissare un
range di prezzo per i propri prodotti, in modo che i consumatori non percepiscano
differenze tra le offerte. Le imprese sono capaci di dividere il quantitativo da produrre, non
hanno sprechi e hanno una sorta di quantità venduta garantita.
2. Monopolio tutta l’offerta è regolata e determinata da un unico soggetto, il quale può
stabilire liberamente il prezzo dei suoi prodotti; il consumatore è costretto ad acquistare
quel prodotto al prezzo fissato dal monopolista.
Queste due situazioni non sono del tutto vietate ma il legislatore cerca di trovare un equilibrio al
fine di tutelare la concorrenza.
Il principio della libertà di concorrenza è un principio costituzionale, sancito dall’articolo 41 della
Costituzione e consente di imporre alla concorrenza delle limitazioni legali (monopoli legali) e
limitazioni negoziali (accordi tra privati), entrambe devono avere determinate caratteristiche in
mancanza delle quali le limitazioni saranno considerate nulle. Il principio di libertà di concorrenza
assicura l’ordinato e corretto svolgimento della concorrenza: le modalità di esercizio della
concorrenza devono essere corrette e ordinate. Di conseguenza, il nostro ordinamento vieta atti di
concorrenza sleale, regolata dagli articoli 2598-2601 del Codice civile, e vieta quei comportamenti
che pregiudicano in modo rilevante e duraturo la struttura concorrenziale del mercato (i pregiudizi
devono avere effetti che durano nel tempo). questi comportamenti repressi dalla libertà di
concorrenza sono tutelati dalle norme dette antimonopolistiche e rientrano nella cosiddetta
disciplina antitrust.
Disciplina antitrust
In Italia, abbiamo avuto per molto tempo una carenza normativa in merito a questo tema. La
disciplina antitrust nasce negli USA nel 1830 con lo Sherman Act; fino alla metà degli anni ’50, la
lacuna normativa presente nel nostro ordinamento era colmata con la disciplina antitrust dei
Trattati della CEE. La creazione della CEE, infatti, permetteva ai Paesi membri l’applicabilità della
disciplina all’interno degli Stati, ove la controversia riguardasse il regime concorrenziale del
mercato comunitario (non applicabile a livello nazionale). Solo nel 1990, il nostro legislatore
promulga la legge n. 287/90 che tratta la disciplina antimonopolistica. Questa sancisce che la
libertà di iniziativa economica e la competizione tra imprese non deve tradursi in atti o
comportamenti che pregiudicano in modo rilevante e duraturo (che abbia effetti nel tempo) la
struttura concorrenziale del mercato. Questo principio secondo cui le imprese non devono
compiere questi atti si ritrova sia negli articoli 101-102 del trattato europeo, trattato che regola le
norme antimonopolistiche a livello dell’UE, è volto a preservare il regime concorrenziale nel
mercato comunitario sia nella legge n. 287/90, legge italiana che regola la disciplina dell’antitrust,
è volta a preservare il regime concorrenziale del mercato nazionale, si occupa esclusivamente del
mercato italiano, di carattere residuale e locale rispetto al mercato comunitario: se il
comportamento posto in essere da una società italiana ha effetti anche sul mercato comunitario,
non sarà applicare la legge n. 287/90, ma la controversia sarà regolata dal trattato dell’UE la quale
sarà competente a gestire la questione; i soggetti deputati a vigilare sul rispetto della normativa
antimonopolistica sono da una parte la Commissione Europea, autorità che si occupa della
violazione degli articoli 101-102 e dall’altro l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato,
autorità garante del rispetto della disciplina della legge 287/90, si occupa di tutte le imprese
compreso il settore bancario, l’IVASS si occupa del settore assicurativo. In Italia, si ha una specifica
disciplina per quanto riguarda il mercato dell’editoria e radiotelevisivo, entrambi caratterizzati dal
pluralismo dell’informazione (particolare attenzione che ci sia libera concorrenza per evitare che
informazioni siano precluse).
Sia a livello nazionale che a livello comunitario vengono considerato tre fenomeni rilevanti,
ciascuno distinto dall’altro:
1. Intese restrittive della concorrenza comportamenti concordati tra le imprese volte a
limitare la propria libertà di azione sul mercato, in maniera consistente. Sono vietate le
imprese che hanno per oggetto o per effetto impedire, restringere o falsare in maniera
sostanziale il gioco della concorrenza sia sul mercato nazionale che comunitario: ad
esempio, due imprenditori si accordano sul determinare dei prezzi uniformi che abbiano un
effetto consistente nel falsare la concorrenza. Questi accordi sono nulli, chiunque può
richiederne la nullità, far in modo che vengano rimossi gli effetti conseguenti agli accordi e
che vengano irrogate delle sanzioni. È possibile che vengano concesse temporaneamente
delle esenzioni a questo principio quando abbiamo delle imprese che in un determinato
periodo, attraverso tali accordi, possono migliorare le condizioni dell’offerta di un dato
prodotto: in nome del beneficio del consumatore, è permessa la temporanea esistenza di
tali accordi tra imprese. Gli atteggiamenti assunti devono avere un effetto sostanziale,
consistente: le intese minori sono ammesse perché non incidono in maniera rilevante sul
mercato, hanno un effetto minore rispetto al gioco della concorrenza.
2. Abuso di posizione dominante sfruttamento abusivo di tale posizione che pregiudica la
concorrenza effettiva: sfrutto in maniera abusiva la mia posizione di rilievo, tale abuso
pregiudica la concorrenza, ad esempio scelgo di imporre prezzi o condizioni contrattuali
ingiustificatamente onerosi oppure limito gli sbocchi sul mercato. Non esistono eccezioni (a
differenza delle imprese). Si richiede la rimozione degli effetti e che ci siano delle sanzioni
particolarmente gravose verso la società che ha posto in essere tali atteggiamenti, si può
arrivare alla sospensione di attività per 30 giorni. Nell’ambito dell’abuso di posizione
dominante rientra anche l’abuso di dipendenza economica: un’impresa è in grado di
determinare, nei rapporti commerciali, un eccessivo squilibrio di diritti e di obblighi a
sfavore del contraente più debole; è un atto vietato, il patto che regola l’abuso di
dipendenza economica è nullo. È possibile richiedere il risarcimento del danno e che
vengano irrogate le sanzioni che vengono applicate all’abuso di posizione dominante.
3. Concentrazioni gravi alterazioni del regime concorrenziale del mercato con effetti
distorsivi per la concorrenza stabili e duraturi. Le concentrazioni rientrano nella disciplina
antimonopolistica perché il numero di imprese si riduce e questo può ledere la
concorrenza. Esistono differenti tipi di concentrazioni:
Concentrazioni giuridica fusione tra due società, unica entità giudica di due società
prima separate.
Concentrazione economica le imprese non diventano un’unica entità giuridica, ma
sono un’unica entità economica, viene esercitato un controllo unitario che determina
un’influenza sull’attività produttiva.
Impresa societaria comune impresa comune posta in essere da due imprese
autonome le quali mettono a fattor comune la propria esperienza e attività, anche in
questo caso abbiamo concentrazione.
Le concentrazioni non sono di per sé vietate se non determinano gravi alterazioni con
effetti stabili e duraturi: le imprese interessate alla concentrazione devono dare
comunicazione preventiva all’autorità competente, sia essa la Comunità Europea o
l’Autorità Garante; si tratta di concentrazioni che ineriscono imprese con un determinato
fatturato. In caso di mancata comunicazione preventiva, le sanzioni sono molto onerose,
arrivando ad essere il 10% del fatturato dell’impresa in oggetto.
È possibile limitare la libertà di concorrenza ove vi sia un interesse generale affinché vengano
imposte limitazioni. Le limitazioni si distinguono in:
Pubblicistiche sono regolate dalla legge, rientrano in questa categoria i monopoli
legali. I monopoli legali sono ammessi, procurano entrate allo Stato ma il legislatore si è
preoccupato di tutelare gli utenti da comportamenti del tutto arbitrali. Il monopolista
ha due obblighi: obbligo di contrarre il monopolista è tenuto a cedere il proprio
servizio a chiunque ne faccia richiesta; obbligo di parità di trattamento chiunque
acceda al servizio deve farlo a parità di condizione.
Convenzionali limitazioni che derivano da accordi presi tra privati. È possibile che i
privati stipulino patti che limitano la concorrenza, a condizione che il patto sia scritto,
non abbia una durata superiore a 5 anni e sia limitato per ambito territoriale e per tipo
di attività. rientrano in quest’ambito i cartelli, patti limitativi della concorrenza che
possono avere vari oggetti, in cui gli imprenditori assumono impegni reciproci di vario
genere; i cartelli sono ammessi purché non rientrino nella fattispecie di intese o abuso
di posizione dominante. I cartelli possono essere: di contingentamento limitazione
alla quantità da produrre e ripartizione in quote del mercato; di zona ripartizione
delle zone di mercato; di prezzo accordi che riguardano le condizioni economiche di
prodotti/servizi.
Concorrenza sleale
La concorrenza sleale è regolata dagli articoli del Codice civile. Perché si parli di concorrenza sleale
devono esserci presupposti soggettivi quando si parla di concorrenza sleale bisogna che sia il
soggetto attivo che il soggetto passivo sia qualificati come imprenditori; inoltre c’è bisogno che i
due abbiano un rapporto di concorrenza economica, che può essere verticale o diretta (fanno
parte del medesimo segmento di mercato, può essere attuale o potenziale) e presupposti
oggettivi, e presupposti oggettivi deve esserci stata la violazione di un principio di correttezza
professionale e questo deve aver determinato il cosiddetto danno concorrenziale, il quale non
deve essere necessariamente attuale e reale, ma anche potenziale (idoneo a determinare un
danno nell’impresa altrui). Non è necessario che da parte del soggetto attivo, che ha compiuto
l’atto di concorrenza sleale, ci sia dolo o colpa.
Gli atti di concorrenza sleale sono tutti gli atti non conformi alla correttezza professionale e idonei
a danneggiare l’impresa altrui: ogni atto a creare confusione con i prodotti o l’attività di un
concorrente è un atto di concorrenza sleale. Negli atti di concorrenza sleale è implicita una tutela
indiretta del consumatore: è una concorrenza che riguarda solo gli imprenditori, il consumatore
non è legittimato a far valere un’azione contro gli atti di concorrenza sleale, lo è solo
l’imprenditore che ha subito il danno. Gli atti di concorrenza sleale si distinguono in:
Atti di confusione ad esempio, l’utilizzo di segni distintivi di un altro imprenditore,
imitazione servile dei prodotti altrui.
Atti di denigrazione si esplicitano nella pubblicità iperbolica e pubblicità
comparativa. La pubblicità iperbolica è una pubblicità realizzata da un imprenditore
volta ad accreditare l’idea che il proprio prodotto sia l’unico ad avere determinate
caratteristiche; la pubblicità comparativa è una pubblicità in cui vengono comparati dei
prodotti, è ammessa purché i dati presentati siano comprovati e neutri.
Atti di vanteria tendenza ad appropriarsi di pregi altrui, è diversa dalla pubblicità
menzognera (dico solo che il mio prodotto ha delle caratteristiche che in realtà non ha,
nel primo caso utilizzo attributi di prodotti altri per descrivere i miei prodotti).
L’articolo 2598 regola anche alcuni atti residuali: concorrenza parassitaria un imprenditore
copia delle iniziative imprenditoriali di altri; dumping vendita sotto costo; storno dei dipendenti
e sottrazione di segreti aziendali un imprenditore tende a portarsi via i dipendenti degli
imprenditori concorrenti.
L’azione di concorrenza sleale è l’inibitoria: azione volta ad ottenere una sentenza che accerti
l’illecito concorrenziale, ne inibisca la continuazione e disponga a carico del soggetto attivo
provvedimenti reintegrativi per far cessare la concorrenza sleale. Per ottenere l’azione inibitoria
non è necessario che il soggetto attivo abbia dolo o colpa, non è necessario che il danno sia
attuale, basta il fatto che sia potenziale. È possibile richiedere il risarcimento del danno nel caso in
cui ci sia dolo o colpa: la colpa del danneggiante si presume, è quindi lui che deve provare che non
ha agito con colpa o con dolo, non è il danneggiato a dover provare la colpa o il dolo. È, inoltre,
possibile che il giudice disponga la pubblicazione della sentenza su uno o più giornale a spese del
soccombente.
CONSORZI
I consorzi sono regolati dall’articolo 2602 del Codice civile, modificato con la legge n. 377/1976 che
sancisce che con il contratto di consorzio più imprenditori istituiscono un’organizzazione comune
per la disciplina o per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese. il concetto
fondamento è quello che esiste un’organizzazione comune tra più imprenditori. I consorzi possono
essere anticoncorrenziali costituiti al fine prevalente o esclusivo di disciplinare limitandola la
reciproca concorrenza tra imprenditori che svolgono la medesima attività o similari; possono
essere di coordinamento costituiti per lo svolgimento di determinati fasi delle rispettive
imprese, strumento di cooperazione interaziendale finalizzato alla riduzione dei costi di gestione,
ad esempio due o più imprenditori che si consorziano per acquistare materie prime. Quando
parliamo dei consorzi, bisogna fare una macro-distinzione tra
Consorzi con attività interna il loro compito si esaurisce nel regolare i reciproci
rapporti tra i consorziati e verificare che quanto pattuito tra le parti sia stato attuato
correttamente, inerisce i rapporti tra i consorziati (imprenditori).
Consorzi con attività esterna il rapporto riguarda anche soggetti terzi rispetto agli
imprenditori. Le parti prevedono l’istituzione di un ufficio comune destinato a svolgere
attività con terzi nell’interesse dei consorziati. Il rapporto con si esaurisce più tra
consorziati, ma il rapporto ha dei riflessi su soggetti terzi esterni.
Contratto di consorzio
Per entrambi i casi, è necessario che venga stipulato un contratto tra i consorziati che disciplini
questa organizzazione comune. Il primo elemento da sottolineare è il fatto che il contratto è
stipulato tra imprenditori, i consorziati devono essere imprenditori, soggetti che svolgono attività
d’impresa. Il contratto è un contratto formale, cioè deve essere redatto per iscritto a pena di
nullità, è necessario che abbia forma scritto perché sia valido; deve regolare tutta la vita del
consorzio e i reciproci diritti e obblighi spettati ai consorziati. Il contratto, dunque, dovrà:
descrivere l’oggetto del consorzio (attività che svolgerà il consorzio); indicare gli obblighi dei
consorziati a favore del consorzio affinché si possa perseguire correttamente l’oggetto sociale;
indicare le quote spettanti a ciascun consorziato, i criteri di ripartizione per dividere le quote del
consorzio tra i consorziati; indicare la durata del consorzio; indicare i criteri di ammissione, criteri
affinché gli imprenditori possano accedere e far parte del consorzio; indicare le clausole di recesso
(ipotesi al verificarsi delle quali ciascun consorziato può esercitare il diritto di recesso e quindi
uscire dal consorzio) e le clausole di esclusione (ipotesi attraverso cui altri consorziati possono
escludere altri, ad esempio quando un soggetto è inadempiente alle sue obbligazioni); è un
contratto di durata, ove non sia indicata la durata, può essere massimo di 10 anni. Di norma, è un
contratto tendenzialmente aperto: non è necessario il consenso unanime degli attuali consorziati
per l’ammissione di un nuovo soggetto purché ci siano delle condizioni prestabilite e il nuovo
potenziale consorziato rispetti tali caratteristiche; se è un contratto a struttura chiusa, è necessaria
l’unanimità di tutti i consorziati affinché un soggetto possa accedere. Col trasferimento d’azienda,
la controparte subentra anche nel contratto di consorzio e soltanto nell’ipotesi in cui ci sia una
giusta causa e questo trasferimento sia stato tra vivi, i consorziati possono deliberare l’esclusione
del compratore. La regola generale è che se c’è la vendita di un’azienda, il compratore entra nel
consorzio ma si ha un’eccezione quando c’è giusta causa e quando la vendita sia avvenuta tra vivi:
solo in questo caso il compratore può essere escluso dal consorzio.
Lo scioglimento del contratto di consorzio, regolato dall’articolo 2611, può essere determinato dai
consorziati e se c’è giusta causa lo potranno fare a maggioranza; in tutte le altre ipotesi ci sarà
bisogno dell’unanimità per lo scioglimento dell’intero contratto di consorzio.
Consorzi con attività interna
L’organizzazione consortile nei consorzi con attività interna prevede due organi:
1. Assemblea è un organo con funzioni deliberative; delibera a maggioranza in materia di
attuazione dell’oggetto sociale, all’unanimità per quanto riguarda le modifiche del
contratto consortile; le parti possono disporre diversamente. La maggioranza si conta per
teste e tutte le delibere prese dall’assemblea possono essere impugnate entro 30 giorni dai
consorziati assenti o dissenzienti.
2. Organo direttivo organo con funzioni gestorie ed esecutive. Controlla l’attività dei
consorziati per accertare l’esatto compimento delle obbligazioni assunte, verifica che tutti i
consorziati adempiano ai propri obblighi al fine di perseguire correttamente l’oggetto
sociale del consorzio.
Consorzi con attività esterna
Viene istituito un ufficio che deve mantenere i rapporti con i soggetti terzi. Il contratto di consorzio
necessita di una pubblicità legale, necessaria per portare a conoscenza dei terzi determinati dati
riguardo la struttura consortile un estratto del contratto deve essere depositato per l’iscrizione
al registro delle imprese entro 30 giorni dalla stipula del contratto; deve indicare le persone a cui è
attribuita la presidenza, la direzione e la rappresentanza per l’iscrizione al registro delle imprese.
È prevista la formazione di un fondo consortile: patrimonio autonomo rispetto a quello dei
consorziati che nasce da contributi iniziali o da beni acquistati tramite tali contributi, durante la
vita del consorzio possono essere richiesti ulteriori contributi da versare. Si istituisce perché ha
una funzione di garanzia nei confronti dei potenziali creditori del consorzio: per le obbligazioni
assunte in nome del consorzio dai suoi rappresentanti, risponde solo il fondo consortile; per le
obbligazioni assunte dagli organi del consorzio per conto dei singoli consorziati, si ha una
solidarietà per la quale risponde in parte il consorzio e in parte i singoli consorziati pro quota. Se il
consorziato per conto del quale il consorzio ha assunto delle obbligazioni risulta essere insolvente,
il fondo consortile può rivalersi sugli altri consorziati pro quota.
Società consortili
La funzione tipica del consorzio con attività esterna è quella di produrre beni o servizi necessari
alle imprese consorziate senza, di norma, il conseguimento di utili da parte del consorzio: i
rapporti di scambio si risolvono tra gli stessi consorziati, non è necessario un conseguimento di
utili da parte del consorzio. I consorziati hanno un vantaggio patrimoniale diretto perché solo per il
fatto di appartenere al consorzio, devono sostenere minori costi (acquisto congiunto di materie
prime che riduce i costi) e conseguono maggiori ricavi (punti di vendita in comune). Lo scopo non
è, infatti, quello di ricavare utili dall’attività del consorzio (scopo differente da quello delle società
lucrative) ma non è di fatto un divieto hanno uno scopo mutualistico, caratteristica comune con
le società cooperative. Lo scopo mutualistico è tipico delle società cooperative, ha delle affinità
con lo scopo del consorzio perché in entrambi i casi non ci si pone il fine di generare utili: nel caso
del consorzio, si tratta della coesistenza di più imprenditori che saranno però sempre attenti
all’interesse tipico (cioè vantaggio patrimoniale diretto).
Il consorzio può assumere la forma della società consortile, la forma è quella delle società
lucrative, fatta eccezione delle società semplici: tutte le società lucrative, tranne le società
semplici, possono assumere come oggetto sociale gli scopi del consorzio. Una società consortile
non ha lo scopo di perseguire gli utili, nell’atto costitutivo si ha la possibilità di stabilire dei requisiti
che i soci devono avere per partecipare al consorzio, di inserire le ipotesi di esclusione o di
recesso.
GEIE
Il gruppo europeo di interesse economico è un istituto giuridico creato dall’UE per favorire la
cooperazione tra imprese di diversi Stati per promuovere gli ostacoli delle singole legislazioni
nazionali. Non ha personalità giuridica, è stato istituito con il regolamento comunitario n.
2137/1985 e recepito in Italia col decreto legislativo n. 240/1991.
La struttura del GEIE coincide con i contratti di cooperazione con attività esterna: viene stipulato
un contratto tra le diverse imprese dei diversi Stati, questo deve contenere la denominazione del
gruppo, la sede, l’oggetto, il nome dei membri e la durata, che può essere anche a tempo
indeterminato. Questo contratto deve essere redatto per iscritto a pena nullità, è soggetto a
pubblicità legale, deve essere pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Comunità Europea.
Le parti sono persone fisiche o persone giuridiche che svolgono un’attività economica: non è
necessaria la qualifica di imprenditore, è sufficiente che le parti svolgano attività economica.
Gli organi che lo compongono sono: assemblea per le materie di particolare rilevanza (ad
esempio, modifica dell’oggetto sociale) delibera all’unanimità, per le materie di minor importanza
le delibere sono assunte a maggioranza salvo che sia stato indicato diversamente nel contratto,
ciascun membro ha un voto; organo amministrativo può anche essere una persona giuridica, il
ruolo è importante perché rappresenta il gruppo nei confronti dei soggetti terzi e ha tutti i poteri
che sono stati indicati nel contratto (lasciato all’autonomia delle parti), spetta all’organo
amministrativo la predisposizione del bilancio che sarà approvato dall’assemblea dei membri e poi
pubblicato nel registro delle imprese.
Il gruppo non ha lo scopo di realizzare profitti per se stesso; pertanto, i profitti conseguiti dal
gruppo sono direttamente imputati ai membri. Non è prevista la costituzione di un fondo
patrimoniale, ciò vuol dire che il singolo membro risponde illimitatamente e solidalmente delle
obbligazioni assunte dal gruppo, ma in via sussidiaria (risponde prima il gruppo, poi rispondono i
membri illimitatamente). Il gruppo che esercita attività commerciale è soggetto a fallimento, il
fallimento non si estende ai soci.
CONTRATTO DI SOCIETA’
Il contratto di società coincideva fino al 1993 con la nozione di società, perché fino a quel
momento la società poteva costituirsi solo per contratto l’articolo 2247 ci dà la definizione di
contratto di società. Il contratto di società è un contratto associativo con comunione di scopo; le
società sono la forma associativa tipica della media e della grande impresa. L’esercizio associato
all’attività d’impresa sotto forma societaria comporta una scelta tra un numero chiuso di società:
la scelta può essere tra i tipi offerti dall’ordinamento e quinti tra le tre società di persone, le tre
società di capitali, cooperative e mutue assicuratrici, società europea e la società cooperativa
europea. Per aversi un contratto di società, devono essere presenti e soddisfatti determinati
requisiti: conferimenti, esercizio in comune dell’attività economica, scopo.
Articolo 2247 con il contratto di società due o più persone conferiscono beni o servizi per
l’esercizio in comune di un’attività economica allo scopo di dividerne gli utili. Le aree di interesse
sono: i conferimenti, non c’è società senza conferimenti, possono essere di differente natura e
hanno una serie di limiti; l’esercizio in comune di un’attività economica (elemento che manca
nella teoria dell’imprenditore occulto per avere una società); lo scopo, quello enunciato
dall’articolo è meramente esemplificativo, è lo scopo tipico ma ovviamente non è l’unico. È la
contemporanea presenza dei tre elementi che distingue le società dagli altri fenomeni associativi
(comunione, consorzio, associazione).
Conferimenti
Costituiscono gli apporti che ciascun socio destina stabilmente alla società; la natura dei
conferimenti varia a seconda del tipo sociale mentre nelle società di persone sono conferibili
tutti gli elementi dell’attivo suscettibili di valutazione economica, nelle società di capitali ci sono
regole più stringenti rispetto alla natura dei conferimenti e alla valutazione degli oggetti conferiti. Il
carattere strutturale della società è che devono esserci i conferimenti dei soci, un soggetto non
può diventare socio se non fa un conferimento; il conferimento può non essere proporzionale alla
partecipazione sociale, la natura dei conferimenti e la loro valutazione è stabilita per ogni tipo
sociale. La destinazione caratterizza i conferimenti: questi vengono destinati stabilmente allo
scopo comune, lo scopo che la società si prefigge di raggiungere. La società, come contratto, è
potenzialmente aperto, non c’è un numero massimo di soci; nelle società di persone è molto più
rilevante piuttosto che nelle società di capitali un cambiamento dei soci, perché in tal caso, i soci
rispondono personalmente delle obbligazioni della società.
I conferimenti, quindi, sono le prestazioni di varia natura a cui i soci si obbligano: i soci nel
momento iniziale dotano la società del capitale iniziale con cui iniziare l’attività e durante la vita
sociale sostengono l’attività, i conferimenti non possono essere distratti dalla società per tutta la
vita della stessa. Il conferimento, una volta eseguito entra nella disponibilità della società ed esce
dalla disponibilità del socio offerte: è destinato, per tutta la vita sociale, al servizio della società. I
conferimenti possono essere beni conferiti in denaro, crediti, beni in natura, prestazione d’opera o
di servizi; possono essere conferiti sia in proprietà che in godimento, con una differente disciplina
perché si applicano per analogia le norme sulla vendita nel primo caso, o per analogia le norme
sulla locazione nel secondo caso. Esempio: io conferisco come conferimento un deposito di cui
sono proprietario, una volta perfezionato il conferimento, per qualsiasi danno riguardante al
deposito, le responsabilità sono in capo alla società, il socio conferente resta socio della società
perché ha eseguito il suo conferimento che si è perfezionato secondo le norme della vendita; se
fosse stato conferito in godimento, un danno che deteriora il bene conferito determina un
inadempimento da parte del socio, o dovrà fare un altro conferimento o potrà essere escluso
perché inadempiente al conferimento. In entrambi i casi, il socio ne perde il diritto all’utilizzo una
volta effettuato il conferimento.
Il valore di tutti i conferimenti rappresenta il capitale sociale, posta negativa di bilancio perché
intesa come debito nei confronti dei soci. Il patrimonio sociale coincide inizialmente con i
conferimenti eseguiti o promessi dai soci, è la garanzia principale di adempimento delle
obbligazioni sociali, subisce continue variazioni durante la vita della società. Il capitale sociale è
l’entità numerica che esprime il valore in denaro dei conferimenti, è una posta indisponibile, per
essere modificato c’è bisogno di un aumento di capitale. Il capitale sociale, che è statico, ha varie
funzioni: funzione vincolistica i conferimenti non possono essere distratti per tutta la vita
sociale, vincolo stabilmente all’esercizio dell’attività d’impresa il mio conferimento; funzione
organizzativa molti dei diritti amministrativi e patrimoniali sono proporzionali ai conferimenti,
sono una base di misurazione di alcuni diritti (diritto di voto, diritto agli utili, diritto alla quota di
liquidazione).
Scopo-mezzo: esercizio in comune di un’attività economica
Nella società deve esserci un’attività comune volta ad un fine, con rispetto del principio di
economicità e professionalità; l’etero-organizzazione è l’elemento fondante per avere attività
d’impresa e quindi anche società. L’attività economica deve essere finalizzata alla produzione e
allo scambio di beni e servizi, l’attività è di regola è un’attività d’impresa e sono vietate le società
di mero godimento. L’attività è una serie coordinata di atti volta alla produzione/scambio di
beni/servizi con economicità, sistema in grado di coprire i costi con i ricavi. Le società che non
hanno attività non sono società, è necessario distinguerle con le altre forme associative.
Bisogna distinguere la società dalla comunione:
la società deve avere ad oggetto un’attività economica produttiva, intesa come
produzione di nuova ricchezza; il patrimonio sociale è servente rispetto all’attività
realizzata ed è soggetto ad un vincolo di stabile destinazione; i creditori particolari dei
soci non possono aggredire i beni della società.
la comunione è un godimento dei beni; l’attività è servente rispetto alla conservazione
del bene; i creditori dei comproprietari possono aggredire il bene.
Scopo-fine: divisione degli utili
Lo scopo finale è quello di lucro, lo scopo lucrativo è esemplificativo perché esistono scopi
differenti ammessi dal legislatore, compatibili con lo scopo societario: sono lo scopo consortile e lo
scopo mutualistico. Le società lucrative, consortili e mutualistiche dovranno necessariamente
operare con economicità.
- Ci può essere una società senza impresa?
Due persone realizzano insieme un affare che si risolve nel compimento di un unico atto, ad
esempio due collezionisti decidono di vendere insieme le loro collezioni di quadri per realizzare un
prezzo maggiore: non si ha ne società ne impresa, non si soddisfano ne i requisiti del 2082 ne i
requisiti per avere un contratto di società.
Se ho un unico affare complesso, che prevede una serie coordinata di operazioni svolte con i
requisiti del 2247, potrò avere sia impresa sia società.
Quando esercito un’attività in comune oggettivamente non duratura, ho una società occasionale e
quindi una società senza impresa, perché manca la professionalità, è ammissibile solo se non è
duratura: un esempio sono le società tra professionisti, ammesse dal nostro ordinamento, ma i
professionisti non sono ritenuti imprenditori.
Criteri di classificazione delle società
Le società possono essere classificate in base allo scopo che si prefiggono di perseguire: società
lucrative vs società mutualistiche; in base alla natura dell’attività: società commerciali vs società
non commerciali; società di persone vs società di capitali; in base al fatto che siano dotate o meno
di personalità giuridica e in base alla responsabilità dei soci.
SOCIETA’ SEMPLICE
Costituzione
Non esiste una forma prestabilita di costituzione della società di persona. La società esiste
indipendentemente dall’iscrizione al registro delle imprese: si distinguono società di fatto, dove
non c’è l’atto costitutivo o società in cui i soci abbiano redatto un atto costitutivo ma hanno deciso
di non iscriverlo al registro delle imprese. L’iscrizione al registro delle imprese nella società di
persone non è condizione di esistenza, non ha efficacia costitutiva ma ha efficacia normativa: alla
società di persone iscritta si applica un pacchetto normativo diverso, più favorevole, rispetto alla
società di persone non iscritta. Questo ragionamento non vale per la società semplice: l’iscrizione
determina la regolarità ma senza alcun effetto normativo, non ha un’efficacia normativa. La
società semplice è utile perché rappresenta un modello normativo a cui derogano le discipline
delle altre società di persone: ha un’importanza normativa, è il prototipo normativo delle società
di persone. L’iscrizione a registro delle imprese ha, per tutte le società, l’effetto di pubblicità
legale. Si possono avere, quindi, società regolari iscritte al registro delle imprese e società
irregolari che si distinguono in irregolare in senso proprio o di fatto.
Per avere l’iscrizione al registro delle imprese deve esserci un atto costitutivo e uno statuto
redatto sotto forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata, è una condizione per
l’iscrizione al registro e non per la validità del documento stesso. Un atto costitutivo di società di
persone contiene: generalità dei soci (ogni modifica dei soci è una modifica dell’atto costitutivo e
quindi va presa all’unanimità); ragione sociale, nome della società e tipo di società; soci
amministratori e con rappresentanza; sede; oggetto; conferimenti ed eventualmente la
valutazione; modalità di ripartizione degli utili e delle perdite; durata. Non tutti questi requisiti
sono indispensabili: lo sono generalità dei soci, ragione sociale, sede e oggetto.
SOCIETA’ DI FATTO
La società di fatto è quella in cui o non c’è atto costitutivo o in cui c’è, ma i soci hanno deciso di
non iscriverlo al registro dell’imprese. La società è imprenditore, la società fallisce ma falliscono
anche i soci illimitatamente responsabili, sia quelli conosciuti al momento del fallimento sia quelli
di cui si viene a conoscenza successivamente (articolo 147 legge sul fallimento); fallisce il socio
occulto di società palese e il socio occulto di società occulto: questo comma deroga le norme sul
mandato (principio della spendita del nome) e quindi è una norma speciale, non suscettibile di
applicazione analogica.
SOCIETA’ APPARENTE
Il legislatore fa fallire anche la società apparente, quella società che non esiste tra i soci ma che il
giudice deriva dalla percezione che i terzi avevano di comportarsi come se fossero soci. Si parla di
giurisprudenza: certi giudici fanno fallire la società apparente perché il modo di comportarsi dei
soggetti era tale da ingenerare nei terzi la convinzione di contrarre con una società; si deroga
ancora di più alle norme sul mandato e sulla spendita del nome.
PARTECIPAZIONE DI SOCIETA’ IN SOCIETA’ DI PERSONE
Per tanti anni la dottrina si è interrogata sulla legittimità che la società di capitali, che ha rischio
sociale definito, potesse essere una società di persone, c’erano due posizioni contrastanti. Con il
passare del tempo è divenuto predominante la tesi secondo cui non c’è una norma nel codice che
imponga un limite del genere.
Inoltre, la dottrina si è interrogata sulla possibilità che una società di persone potesse diventare
socio di una società di persone: essendo la società di persone soggetto giuridico diverso dalle
persone dei soci, socio della società finale, ci sarebbe una doppia escussione ma non è detto,
dipende dalla solvibilità della società “madre”. Anche se è un argomento dibattuto, la tesi
dominante è quella favorevole perché non si trova alcun limite nel codice.