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LEZIONE 6
Strumenti finanziari
Gli strumenti finanziari sono contratti che consentono di soddisfare le esigenze di scambio delle risorse
monetaria nel tempo e nello spazio e le esigenze legate alla gestione dei rischi. Prevedono tipicamente un lag
temporale tra la prestazione (monetaria) effettuata dai due contenti: tale sfasamento fa sì che gli strumenti
finanziari siano iscritti nell’attivo dell'investitore e nel passivo dell' emittente.Possono essere classificati in
base a diversi profili economici complementari tra loro. Il più importante è in base alla natura dei diritti
oggetto del contratto. In sintesi:
1) Partecipazione (azione) = incorporano due macro classi di diritti: economici-patrimoniali e
amministrativo-societari (di governance).
2) Indebitamento = incorporano un diritto di credito ovvero di remunerazione di rimborso del capitale
ricevendo quanto pattuito;
I primi presentano delle incertezze, infatti sotto il profilo economico gli strumenti di partecipazione sono
meno privilegiati rispetto a quelli di indebitamento. Per quanto riguarda i diritti amministrativi abbiamo il
diritto di partecipazione all'assemblea per esempio.
3) Derivati = incorporano un impegno ad effettuare una certa prestazione o un impegno ad acquistare e/o
vendere una certa tipologia di attività reale e finanziaria ad un certo prezzo;
3bis) Strumenti di hedging/Assicurativi = consentono ai singoli operatori di coprirsi dai rischi da attività
insicure, ovvero rispetto ad «accadimenti» futuri o altrimenti pre specificati;
3 ter) «Composti» = cioè strumenti che nascono dall'assemblaggio di due o più categorie di strumenti
precedentemente citati esempio mix tra indebitamente partecipazione abbiamo un obbligazione convertibile.
I future
I future sono forward standardizzati: gli impegni delle controparti sono gli stessi del forward (pagamento del
prezzo stabilito per l’acquirente, consegna del sottostante per il venditore), ma tutte le caratteristiche del
contratto tranne il prezzo (frutto dell’incontro tra domanda e offerta) sono standardizzate.
Ne deriva che i contratti future sono fungibili.
Ogni giorno le posizioni aperte vengono “riprezzate” con il meccanismo del making to market: la posizione
aperta in acquisto o in vendita viene ricalcolata sulla base del prezzo corrente. Ciò determinerà addebiti e
accrediti a seconda della posizione aperta.
I future solo sui mercati organizzati e quindi in borsa, i forward solo sui mercati OTC, insieme agli SWAP e
poi le option si possono trovare sia sui mercati OTC, che negoziate in borsa.
Le option
Le option, sono uno strumento derivato asimmetrico, attribuiscono all’acquirente (buyer) la facoltà di
acquistare (call) o vendere (put) ad una certa data (opzione europea) o durante un certo periodo (opzione
americana) un certo sottostante a un prezzo predeterminato (strike price). Colui che vende l’opzione (writer),
invece, è obbligato ad adempiere quando il buyer decide di esercitare la
sua facoltà.
• Le opzioni americane possono essere esercitate in qualsiasi momento della loro vita
• La opzioni europee possono essere esercitate solo a scadenza
Gli swaps sono accordi privati tra due società per scambiarsi dei futuri flussi di cassa, secondo una formula
predefinita:
l Convertire una passività
– da passività a tasso fisso a passività a tasso variabile
– da passività a tasso variabile a passività a tasso fisso
l Convertire una attività
– da attività a tasso fisso a attività a tasso variabile
– da attività a tasso variabile a attività a tasso fisso
Opex = (spesa operativa) dal termine inglese Operating Expense, è il costo necessario per gestire un
prodotto, business o sistema; sono tutti quei costi che si subiscono durante l’attività.
La sua controparte, la spesa di capitale o Capex (Capital Expenditure), è il costo per sviluppare o fornire
asset durevoli per il prodotto o il sistema, sono costi che si possono capitalizzare.
Per finanziarie i progetti sostenibili si richiede soprattutto CAPEX, quindi asset durevoli che finanzino
l’intera attività.
Quando un soggetto finanzia guarda l’IRR, Il tasso interno di rendimento in questo caso si intende il tasso
di rendimento del progetto che si vuole finanziare, adì un alto IRR corrisponde una progetto molto fruttifero.
(I progetti di solito non hanno un alto IRR)
C’è poi il RORR, required rata of return, è il tasso di rendimento di ritorno
Per finanziarie un progetto, L’IRR deve essere maggiore del RORR
Il soggetto che investe effettua quindi analisi di Merito creditizio del Soggetto controparte:
Risk Analysis sistemica, collaterals&mitigants sistemici
Risk Analysis specifica collaterals&mitigants specifici
Ci sono però problemi crescenti per la remunerazione del capitale finanziario investito, correlabili a:
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- Variabilità dell’assetto regolatorio (aumenta la variabilità del Cash-in e, quindi, dell’incertezza
e, quindi, dei costo di copertura della varianza );
- Rischio executon (aumento RRoR);
- Rischio concessorio (incremento RRoR)
- Rischio Funding (la mole del capitale finanziario richiesto induce una crescita del RRoR)
IRR deve essere maggiore di RORR per il profitto.
Le strategie del funding finanziario possono essere la ricerca di Private funding oppure la ricerca di
institutional / public funding
IL PROJECT FINANCING
La richiesta di investimenti (anche di natura infrastrutturale) spesso di entità tale da non poter sempre trovare
esclusiva risposta dalla finanza pubblica. La ricerca di soluzioni volte a coinvolgere ed impiegare solo, o
anche, finanza privata induce la nascita di soluzioni, strategie, risposte di Public Private Partnership = PPP
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DISINTERMEDIAZIONE BANCARIA
Fenomeno strutturale di riduzione dei flussi finanziari intermediati dal sistema bancario, in atto su tutti i
mercati mondiali a partire dai primi anni ‘80. Per quanto riguarda il caso italiano,
il processo è risultato molto esteso a causa dell’alto grado di iper-intermediazione che aveva caratterizzato il
periodo di applicazione della politica bancaria indotta dalla legislazione del
1936 e avvertibile tanto dal lato dei depositi che da quello degli impieghi.
La disintermediazione, inizialmente, è dipesa dalla comparsa e dallo sviluppo di forme di risparmio
(borsa, fondi comuni, titoli atipici, gestioni fiduciarie, assicurazioni vita e, in modo particolare, titoli di Stato)
alternative alle tradizionali passività bancarie e al conseguente drenaggio di fondi dal sistema creditizio.
In termini quantitativi, l’incidenza dei depositi bancari sul totale delle attività finanziarie delle famiglie è
scesa dal 50% della metà degli anni Settanta a meno del 28% nel 1988.
Negli anni Ottanta la struttura del mercato finanziario si è arricchita di una molteplicità di strumenti che
hanno reso il mercato italiano più simile a quello degli altri paesi industrializzati. La disintermediazione
bancaria, in Italia, si era caratterizzata per una progressiva sostituzione di titoli pubblici ai depositi bancari
nel portafoglio dei risparmiatori, a differenza di quanto avvenuto negli altri sistemi economici dove si è
riscontrata una rilevante sostituzione anche da parte di titoli privati. Dal lato degli impieghi, invece, il
processo di disintermediazione si ricollega, da un lato, alla crescita del ricorso diretto da parte delle
imprese al mercato dei capitali, dall’altro allo sviluppo del comparto dell’intermediazione finanziaria
non bancaria (leasing; factoring; credito al consumo; merchant bank). La raccolta diretta di fondi, tuttavia,
rappresenta una soluzione non accessibile a tutte le imprese, risultando in genere subordinata al possesso di
determinati requisiti, sia nell’emittente che nelle caratteristiche dei titoli. Per tali motivi, la riduzione
dell’esposizione del mondo industriale nei confronti del sistema bancario risulta circoscritta alle imprese
maggiori, mentre nel settore delle piccole e medie imprese l’attività continua a svolgere una funzione
primaria; tale tendenza, inoltre, sembra incontrare un limite inferiore dipendente dalla non perfetta
fungibilità tra prestiti bancari ed emissioni obbligazionarie ed azionarie.
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- Gli obblighi del soggetto finanziato sono impegni aggiuntivi rispetto a quello del rimborso
del finanziamento alle rispettive scadenze. Questo, insieme alle Dichiarazioni e Garanzie ed
agli Events of Default, costituiscono la parte fondamentale del contratto di finanziamento.
Loro funzione: consentire alla banca di monitorare e mitigare i rischi tipici di operazioni
complesse.
- La prassi operativa propone modalità tecniche che suggeriscono pluralità di impegni e
vincoli che dovranno essere contrattualizzati e verificati durante la vita del finanziamento.
- Covenants finanziari sono “definiti” sulla natura dell’intervento e tengono conto del piano
industriale e del business plan sottostante. Consentono di monitorare e indirizzare la società
durante la vita del finanziamento consentendo di definire adeguati interventi correttivi.
- Covenants commerciali vengono inseriti per consolidare la partnership commerciale Banca-
Impresa che tende a valorizzare i flussi di lavoro generati e canalizzati sulla Banca
- Durante le fasi di negoziazione e perfezionamento é necessario dialogo tra le strutture
tecniche coinvolte (finanza strutturata e legali).
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LA GREEN FINANCE
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Con la firma degli accordi di Parigi, nel 2015, più di 180 paesi, responsabili dell’88% delle emissioni
globali, si sono impegnati a mantenere l’innalzamento della temperatura globale al di sotto di 2 gradi
rispetto ai livelli pre-industriali.
Presentando i Sustinable Development Goals, I governi hanno assunto responsabilità ambientali senza
precedenti. L’effetto domino si è poi esteso a livello privato, che hanno iniziato a valutare le proprie attività
anche sotto il punto di vista ambientale. In questa cornice è evidente che la domanda di investimenti Green
è attesa ad aumentare.
I BOND
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I MINI BOND
TIPOLOGIE DI FONDO
Fondi infrastrutturali: generalmente fondo chiusi riservato ad investitori qualificati ed operante secondo lo
schema tipico dei fondi di investimento private Equity con la sola differenza circa la tipologia /
specializzazione d’investimento, costituita da infrastrutture.
Sicaf e Sicav
Si parla di societarizzazione dei fondi, fondi con personalità giuridica: non sono più dei fondi
come prima, hanno un bilancio, un consiglio di amministrazione…
V- variabile, l’apporto di capitale
F-fisso, l’apporto di capitale (Perché fisso? Perché non si vuole altra gente.)
Nei sicaf e sicav non c’è più la SGR che gestisce i fondi. (Il ruolo della SGR può essere marginale
o, in alcuni casi, più centrale)
Autorizzazione della Consob e della Banca d’Italia.Con l’introduzione delle SicaF e le SicaV si
sono aperte alternative interessanti ai tradizionali Fondi Immobiliari gestiti dalle SGR, in quanto,
rispetto ad esse, godono propria personalità giuridica e di una maggiore flessibilità operativa.
Tale flessibilità operativa è purtuttavia limitata.
È vero che viene meno la presenza della SGR; quest’ultima può avere due tipologie di ruolo:
- Sicav o Sicaf eterogestita l’SGR continua a svolgere i principali ruoli operativi alla stregua di una
Società di Servizio con forti responsabilità gestionali
- Nel modello “autonomo o auto-gestita”, l’SGR può addirittura limitarsi al ruolo di supervisore di
supporto.
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LEZIONE 7
La metodologia del Life-Cycle Assessment: analisi delle applicazioni
Sviluppo del Principio D.N.S.H.
Il principio del D.N.S.H. (Do Not Significant Harm = non arrecare un danno significativo)
Razionalità: Nel marzo 2018, la Commissione europea pubblico il piano d’azione per finanziare la crescita
sostenibile, riorienta quindi i flussi di capitale verso investimenti in sostenibili, finalizzati al
raggiungimento di una crescita sostenibile. Inoltre detta Linee Guida sulle attività che possono essere
considerate un contributo agli obiettivi ambientali e quindi detta linee guida agli investimenti che
finanziano le attività economiche ecosostenibili.
Si parla quindi di TASSONOMIA EUROPEA, ovvero la creazione di un sistema di classificazione
tecnicamente solido a livello dell’Unione Europea per fare chiarezza su quali attività possono essere
considerate “ecosostenibili” e creato per guidare le scelte degli investitori e degli imprenditori in vista della
transizione.
Ambiti applicativi: Si tratta di un regolamento dell’ UE e, l’applicazione si può vedere nel PNRR (che
finanzia gli investimenti), piano nazionale per la ripresa e resilienza: «nessuna misura» inserita in un Piano
per la Ripresa e la Resilienza (RRP, Recovery and Resilience Plan) può esser finanziata qualora non sia
precedentemente verificata la piena applicazione del Principio DNSH, ovvero qualora non si accerti che
l’investimento/intervento non arrechi (direttamente o indirettamente) danno agli obiettivi ambientali
prefissati dal Regolamento Tassonomia per gli «Investimenti ritenuti Sostenibili». Ogni singola misura di
investimento deve garantire il rispetto del principio DNSH, non arrecare un danno significativo
all’ambiente.
La procedura di verifica del rispetto dei parametri che declinano il principio DNSH.
FASE 2: fornire una valutazione di stima e funzionalità rispetto i principi del DNSH:
Il progetto deve essere valutato, può ricevere o A o C:
• A, nessuna misura del piano nell’ambito di un RRP, arreca danno;
• C, una o più misure arrecano un danno significativo.
Un piano che riceve anche solo un rating C non potrebbe essere approvato dalla commissione.
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Per ogni azione/investimento/attività che si sottopone al finanziamento del PNRR, occorre che:
RECAP:
Per ogni progetto/investimento/attività viene controllato il rispetto dei principi del DNSH.
(do not significano Harm)
Il tutto inizia con una stima degli impatti, ovvero la ricerca degli effetti diretti e indiretti
pertinenti alla valutazione del DNSH, quindi si utilizzano i CAM, si applica la metrologia
del LCA e si usa anche il VIA, valutazione dell’impatto ambientale e il VIS, la valutazione
ambientale strategica.
Queste metodologie di controllo sono funzionali al rispetto dei principi prefissati dalla
Tassonomia europea (appunto il DNSH).
Per la procedura della verifica del DNSH ci sono 2 fasi, la prima riguarda il soddisfacimento
dei 4 criteri sopra elencati(….) la seconda riguarda la valutazione di stima e funzionalità
rispetto i principi del DNSH.
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Assieme al principio DNSH, nel 2017 vengono applicati i C.A.M, criteri ambientali minimi
(Non è una certificazione, se il sevizio o l’attività non corrisponde ai requisiti, allora non si
aggiudica la gara o il bando)
I CAM sono stati introdotti per:
1) Raggiungere gli obiettivi previsti dal Piano d’azione per la sostenibilità ambientale dei
consumi della pubblica amministrazione
2) Promuovere modelli di produzione e consumo sostenibili e di «economia circolare»
I CAM sono:
- Definiti dal piano per la sostenibilità ambientale dei consumi del settore della pubblica amministrazione;
- Adottati con decreto del ministero dell'ambiente
- Orientati al fine di agevolare la P.A. nella scelta
del fornitore ambientalmente virtuoso.
I CAM, rispettano i requisiti ambientali definiti
per le varie fasi del processo di Sustainable
Public Procurement, volti a individuare la
soluzione progettuale, il prodotto o il servizio
migliore sotto il profilo ambientale lungo il ciclo
di vita, ovvero applicando la metodologia LCA.
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La metodologia LCA al servizio delle valutazioni DNSH
LCA è l’acronimo di Life Cycle Assessment (in italiano: Valutazione del Ciclo di Vita): è uno strumento
utilizzato per analizzare l’impatto ambientale di un prodotto, di un’attività o di un processo lungo tutte
le fasi del ciclo di vita, attraverso la quantificazione dell’utilizzo delle risorse (gli “input” come energia,
materie prime, acqua) e delle emissioni nell’ambiente (“immissioni” nell’aria, nell’acqua e nel suolo)
associate al sistema oggetto di valutazione.
Quando si decide di effettuare l’analisi LCA di un prodotto,
bisogna innanzitutto identificare i processi coinvolti nel ciclo di
vita di ciascun componente del prodotto e del suo packaging.
Generalmente, l’analisi considera:
• Estrazione e fornitura materie prime
• Produzione
• Imballaggio
• Trasporto dal sito di produzione al punto vendita
• Utilizzo
• Smaltimento del prodotto e del packaging
Oggi, il metodo LCA è diventato una procedura standardizzata
che permette di registrare, quantificare e valutare i danni
ambientali connessi con un prodotto, una procedura o un
servizio, all’interno di un contesto ben preciso, che deve essere definito a priori. Questo studio può essere
inteso come “integrale”, in quanto considera anche tutti i passaggi precedenti e seguenti la
procedura in esame. La struttura di LCA, dopo anni di dibattiti, dal 1997 è stata normata con un protocollo
molto dettagliato e largamente riconosciuto (ISO/EN/DIN 14040, 1997), poi è stato raggiunto un ampio
consenso circa la definizione precisa delle parti individuali del metodo (ad esempio: la definizione
dell’obiettivo e dell’estensione del bilancio, così come l’analisi dell’inventario) grazie a notevoli sforzi volti
alla standardizzazione a livello internazionale (ISO/EN/DIN 14041, 1998). La LCA, sulla base della
normativa DIN/ISO 14040 (e seguenti) e si svolge attraverso quattro fasi:
1.Definizione degli obiettivi e campo di applicazione: vengono definite gli obiettivi dello studio, l’unità
funzionale (misura o quantità di prodotto presa come riferimento per l’analisi dell’impatto), i confini del
sistema (ampiezza del sistema considerato).
2.Inventario: è la fase in cui vengono quantificati gli input e le relative emissioni, per ciascuna fase del ciclo
di vita.
3.Valutazione degli impatti: le informazioni ottenute durante la fase di inventario vengono classificate ed
aggregate nelle
diverse categorie di impatto.
4.Interpretazione dei risultati: le informazioni e i risultati ottenuti vengono interpretati, per poi tradursi in
raccomandazioni e interventi per la riduzione dell’impatto ambientale.
Studiando nel dettaglio ogni aspetto relativo a ciascun componente del prodotto, la LCA permette di
sviscerare la complessità dell’intero ciclo di vita, permettendo così di individuare quali sono le fasi
maggiormente impattanti e che necessitano di interventi. La LCA, quindi, può essere considerata una guida
per il miglioramento dei prodotti esistenti e per la creazione di
nuovi. Inoltre, i risultati della LCA possono essere utilizzati per confrontare prodotti simili oppure diversi ma
con la stessa funzione, per richiedere certificazioni ambientali e per comunicare la prestazione ambientale del
prodotto.
Al termine dei calcoli dell’LCA, si può arrivare a definire un valore di “impronta ambientale” di un
prodotto/servizio restituito secondo diverse “categorie di impatto” che descrivono i diversi tipi di impatti
che questo genera nei vari comparti ambientali.
LCA da valore all’economia circolare , preferendola a quella lineare, questo perché il mal utilizzo delle
risorse è inquinamento.
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LE TERRE RARE
Il futuro dell’umanità è legato ai Rare Earth Element (REE), per le loro preziose proprietà elettrochimiche,
magnetiche e ottiche. Si tratta di 17 elementi presenti nella tavola periodica degli elementi chimici, con
colori che variano dal grigio all’argento. Includono lo scandio (Sc) e l’ittrio (Y), più l’intera serie dei
lantanidi, gli elementi chimici dal numero atomico dal 57 al 71.
Le terre rare si suddividono in:
-leggere (dal Lantanio al Promezio)
-medie (dal Samario all’Olmio)
-pesanti (dall’Erbio al Lutezio).
A loro si aggiungono, i cosiddetti «raw materials» ovvero le materie prime critiche che comprendono i
metalli ferrosi e i «non metalli» più noti, come il litio, il cobalto, il nichel, altrettanto indispensabili per le
cosiddette tecnologie “green”.
PERCHE’ HANNO UN RUOLO SEMPRE PIU’ IMPORTANTE?
La cosiddetta “corsa verso le terre rare” è dovuta alla transizione energetica “low-carbon” che i paesi
occidentali vogliono attuare passando dall’utilizzo di fonti fossili a rinnovabili come eolico e fotovoltaico.
I paesi più industrializzati inoltre puntano ad essere garantiti dall’approvvigionamento di questi materiali
“rari” i quali permettono di soddisfare la richiesta di diversi beni/prodotti e servizi di largo consumo. Questi
materiali rari sono presenti in:
- Smartphone, pc, tv, lampade, hard disk dei computer
- Industria ottica
- Pannelli fotovoltaici, pale eoliche
- Industria medica (ventilatori, trattamenti medici per il cancro ai polmoni e alle ossa)
- Militare e aerospaziale (armamenti, protezione etc..)
- Automobilistica (Batterie delle auto elettriche)
- Settore siderurgico e petrolifero
In tutti questi settori appena citati le terre rare sono il motore di tutto ciò.
Più della metà delle terre rare presento della terra son in mano alla Cina
La Cina soddisfa il 97 per cento del fabbisogno mondiale di terre rare è può fissare i prezzi e
controllare l’offerta nei mercati internazionali. Baotou è la più grande città industriale nella Mongolia
Interna ed è uno dei maggiori fornitori al mondo di terre rare. Questi minerali hanno giocato un ruolo
decisivo nell’esplosiva crescita economica della Cina negli ultimi decenni.
in un angolo remoto della Mongolia Interna, a Baotou, sorgono gli impianti di stoccaggio della Baotou Steel
Rare-Earth, società che si occupa dell’estrazione delle cosiddette terre rare. Da questo girone infernale sulla
terra provengono i materiali che saziano la nostra sete di tecnologia.
Le terre rare infatti sono elementi chimici essenziali per produrre molti beni ad alto contenuto
tecnologico, dagli smartphone ai tablet, dagli schermi televisivi alle auto ibride e
hanno molte applicazioni nel campo della difesa e degli armamenti. Si tratta in realtà di metalli, e non sono
poi così rari, sono invece rari i giacimenti abbastanza grandi e concentrati da consentire l’attività
estrattiva. Baotou è una «città di frontiera», simile a quelle che sorgevano il secolo scorso nell’epoca della
corsa all’oro.
Nel 1950, prima che iniziasse l’estrazione intensiva, la città aveva una popolazione di 97mila abitanti, oggi
sono oltre due milioni e mezzo. L’impatti ambientale che la “corsa alle terre rare” ha avuto sulla città è
dolorosamente evidente.
A Baotou si trova un lago artificiale, ricolmo di densi liquami tossici.
Non esiste ad oggi una regolamentazione chiara sul riciclo e smaltimento dei WEEE (Waste elctrical and
elettronica equpment): quando si acquista un prodotto elettronico, paghiamo implicitamente per questa
particolare disposizione.
La mancanza di una regolamentazione comporta gravi danni all’ambiente: creazione di discariche illegali,
smaltimento scorretto dei materiali e possibili danni a falde acquifere (dannoso per l’uomo e per l’ambiente).
Trilemma Index
Equilibrio energetico quando si ha equilibrio tra:
- Sicurezza energetica, dalla raccolta di energia ai materiali utilizzati per produrla (meno combustibili
fossili più rinnovabili per esempio);
- Equità energetica, cercare di raggiungere anche i paesi più poveri e rendere l’energia accessibile a tutti;
- Sostenibilità ambientale, salvaguardare l’ambiente, salvaguardare i processi ambientali e i cambiamenti
climatici (decarbonizzazione, salvaguardia delle emissioni di gas serra, riguardare in generale il mix
energetico e renderlo meno dipendente dai combustibili fossili)
Lezione 8
L'organizzazione e la regolazione dei “servizi pubblici locali ambientali”
La gestione del ciclo dei rifiuti e il servizio idrico integrato
Il consumo di materiali, è aumentato con la crescita della popolazione; aumento della mole dei materiali
utilizzati, tra cui i consumi idrici.
La popolazione aumenta, richiede cibo, acqua per lavarsi, per bere a non solo; le industrie per produrre cibo
(allevamenti) devono utilizzare sempre più acqua (ricordiamo Malthus).
Il tema della materia, quindi dei rifiuti e quindi del consumo, alimenta il tema del ciclo dei rifiuti (e anche il
servizio idrico)
PRINCIPI COMUNITARI
La regolamentazione del ciclo dei rifiuti, e tutto ciò che ne riguarda, viene attuata attraverso dei Principi
comunitari (europei): (in Italia le prime leggi a riguardo sono state introdotte nel 1997 con il decreto
Ronchi).
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Gerarchia preferenziale delle operazioni di gestione dei rifiuti:
- Prevenzione dei rifiuti
- Riciclo e riutilizzo (comprendente
riutilizzo, riciclaggio e recupero di
energia, privilegiando il recupero dei
materiali)
- Smaltimento finale ottimale e
migliore monitoraggio
(comprendente lʼincenerimento
senza recupero di energia e la messa
in discarica)
Da sempre c’è il problema della gestione dei rifiuti: con la creazione dei comuni nasce la vita in collettività e
quindi anche il problema dell’igiene dei pubblici spazi. La vita in collettività deve essere regolamentata e
cosi anche l’igiene e i rifiuti prodotti, ecco perché, quando si parla di gestione dei rifiuti, si fa riferimento al
locale, quindi al comune.
PRINCIPI NAZIONALI
Il Decreto Legislativo 22/97(“Ronchi”) accoglie pienamente la risoluzione del Consiglio
Europeo del 24 febbraio 1997, laddove si ordinano gerarchicamente le diverse modalità di
gestione dei rifiuti.
In base al principio della priorità, la modalità da preferire in assoluto è la prevenzione,
intesa come attività di riduzione della produzione e della pericolosità dei rifiuti.
Le attività immediatamente successive alla prevenzione, nella gerarchia delle modalità di
corretta gestione dei rifiuti, sono costituite dalle tecniche di reimpiego, di riciclaggio e, più
in generale, da ogni altra forma di recupero volta ad ottenere materia prima, nonché
dallʼutilizzazione del rifiuto come combustibile per produrre energia.
In questo quadro, lo smaltimento finale riveste un ruolo meramente residuale, in quanto consentito solamente
se le alternative precedenti non sono attuabili.
Il D.Lgs. 22/97, dopo aver indicato quale obiettivo prioritario la prevenzione e la riduzione
della produzione e della pericolosità dei rifiuti, stabilisce (art. 4) che una corretta gestione
dei rifiuti implica una riduzione dello smaltimento degli stessi attraverso:
- Reimpiego e il riciclaggio;
- Le altre forme di recupero per ottenere materia prima dai rifiuti;
- L’adozione di misure economiche e la determinazione di condizioni di
- Appalto che prevedano lʼimpiego di materiali recuperati dai rifiuti al fine di favorire il mercato dei materiali
medesimi;
- Lʼutilizzazione principale dei rifiuti come combustibile o come altro mezzo per produrre energia.
Nellʼ ottica del legislatore nazionale la raccolta differenziata rappresenta la forma di selezione idonea per
perseguire il recupero degli scarti sotto forma di materia, poiché permette una precisa qualificazione
merceologica dei flussi di rifiuti.
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ARCHITETTURA ISTITUZIONALE
Stato: funzioni di indirizzo e coordinamento; definizione dei criteri per la gestione integrata
dei rifiuti; definizione dei piani di settore per la riduzione, il riciclaggio, il recupero e
lʼottimizzazione dei flussi di rifiuti.
Regioni: adozione dei piani regionali di gestione dei rifiuti; regolamentazione dellʼattività di
gestione; promozione della gestione integrata dei rifiuti.
Province: funzioni di programmazione ed organizzazione dello smaltimento dei rifiuti a livello
provinciale; attività di controllo sulla gestione dei rifiuti; individuazione delle zone idonee alla
localizzazione degli impianti di smaltimento; organizzazione delle attività di raccolta
differenziata dei rifiuti urbani e assimilati sulla base di ambiti territoriali ottimali
Comuni: gestione del servizio rifiuti in regime di privativa ex L. 142/90 ed ex art. 23
D.Lgs.22/97; disciplina del servizio con appositi regolamenti in cui vengono indicate le
modalità del servizio di raccolta e trasporto e le modalità del conferimento della raccolta
differenziata “al fine di garantire una distinta gestione delle diverse frazioni di rifiuti e
promuovere il recupero degli stessi”
La raccolta differenziata
La raccolta differenziata è ciò che il cittadino vede quando della gestione dei rifiuti; non vede però tutto ciò
che in realtà c’è dietro: un grande ciclo che comprende intere filiere industriali.
Con la raccolta differenziata, i materiali vengono raccolti e conferiti nei centri di raccolta (attraverso alla
raccolta porta a porta degli operatori), vengono selezioni e separati (carta, plastica, vetro, lattine etc,) e
vedono poi inviati alle industrie che effettuano:
- Riutilizzo, introducono dei materiali recuperati in cicli diversi da quelli che li hanno prodotti ( es. impiego
di carcasse di automobili triturate nell’asfalto)
- Riciclo, reintroducendo i materiali recuperati nello stesso ciclo produttivo da cui sono usciti (es. alluminio
usato per produrre altre lattine)
Vantaggi della raccolta differenziata:
1. Minore consumo di materie prime ed
energia
2. Ottimizzazione del sistema globale di
gestione dei rifiuti
3. Minore produzione di rifiuti da smaltire
4. Espansione del mercato nelle materie
prime secondarie
2.Compostaggio
Eʼ un insieme di processi naturali di decomposizione dei
materiali organici. In natura questi processi avvengono nei
boschi dove il lavoro dei microrganismi “spazzini” conduce
alla decomposizione della sostanza organica ed alla sintesi
di una famiglia di composti chiamati comunemente
"humus".
Dalla fermentazione aerobia dei materiali che compongono
la frazione umida, secondo un procedimento industriale che
sfrutta processi naturali, si ottiene un concime chiamato
“compost“.
3.Incenerimento
Lʼincenerimento rappresenta una tecnica per lo smaltimento
dei rifiuti che consiste nella ossidazione completa della
parte combustibile dei rifiuti.
Il calore prodotto da questa combustione può essere recuperato per produrre energia elettrica ed energia
termica.
Tale processo viene realizzato in appositi impianti detti “Termovalorizzatori” e più precisamente “Impianti
di incenerimento con recupero energetico”.
In Francia lavorano per rendere più effiecienti questi Termovalorizzatori, ricercano tecnologie connesse allo
smaltimento delle ceneri: stanno cercando un modo per
scaldare i rifiuti a temperature talmente alte da non
produrre le ceneri.
Vantaggi dell’incenerimento:
Riduce il volume dei rifiuti;
Recupera energia (se i rifiuti hanno un buon potere
calorico);
Bassi costi di gestione (solo nel caso di cui sopra)
Svantaggi dell’incenerimento:
Alti costi di realizzazione;
Necessità di gestire il rischio di fumi tossici
(trattamento e controlli);
Smaltimento ceneri residue.
In conclusione possiamo dire che, le discariche sono e saranno sempre presenti: o per i rifiuti o pr la
conservazione delle ceneri post incenerimento; occorre lavorare per renderle maggiormente efficienti per
farsi si che il numero presente sul territorio diminuisca.
Dei tre sistemi di smaltimento dei rifiuti precedentemente indicati, nessuno esclude l’altro.
Molto spesso, vengono utilizzati simultaneamente andando a creare il giusto Mix.
Inoltre non tutti i rifiuti possono essere considerati adatti a discariche e compostaggio quindi sono
obbligatoriamente inceneriti.
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IL COSTO DELL’ACQUA
Una prima dimensione importante è quella del costo “industriale”, ossia il costo dei servizi e delle
infrastrutture che sono indispensabili per rendere utilizzabile l’acqua. Questi costi possono essere
ulteriormente suddivisi in categorie: costi operativi [OpEx] e costi di investimento [CapEx] e di
remunerazione [R] del Capitale Netto Investito [KN], etc.
Una seconda dimensione rilevante di “costo opportunità”, nel caso di risorse scarse come l’acqua, è invece
rappresentata dal costo della risorsa, o costo ambientale, vale a dire il valore delle funzioni ambientali che
non possono essere soddisfatte per effetto di un determinato impiego dell’acqua. Ad esempio, un prelievo a
monte per usi irrigui può impedire altre derivazioni a valle; uno scarico inquinante (utilizzo del fiume come
ricettacolo di scarichi) pregiudica altre funzioni ambientali che lo stesso corso d’acqua potrebbe offrire (es. la
balneazione). Il costo esterno, in questa prospettiva, può essere definito come il costo opportunità del
capitale naturale. Anche la categoria del costo ambientale si presta ad essere ulteriormente suddivisa, ad
esempio considerando “costi di scarsità” (il valore-opportunità dell’acqua in usi alternativi), esternalità
economiche (effetti positivi o negativi che l’uso dell’acqua genera nei confronti di altri soggetti, non
compensati in alcun modo) ed eventualmente esternalità non economiche, quando questi effetti fossero
relativi a “funzioni ambientali” che non appartengono alla sfera economica.
Il costo dell’acqua è pertanto rappresentato dalla somma di queste due componenti: gli input produttivi
necessari per usufruire delle diverse funzioni ambientali del capitale naturale, da un lato; e il valore delle
funzioni ambientali eventualmente sacrificate, dall’altro. In una visione orientata alla sostenibilità, e dunque
al lungo periodo, in queste due definizioni rientra ovviamente anche l’esigenza di preservare nel tempo lo
stock di capitale (naturale e infrastrutturale): nella definizione di costo di lungo periodo rientrano dunque i
costi necessari per conservare nel tempo lo stock di capitale, o la sua capacità di generare nel tempo le
funzioni ambientali.
LA REGOLAZIONE DELL’ACQUA
Problema generale della regolazione tariffaria dell’acqua, ovvero del «Servizio Idrico Integrato» [SII]
nella declinazione di «Sostenibilità Economica», ovvero nel più operativo, di “full cost recovery” (FCR),
inteso come il principio guida per stabilire i prezzi dei servizi idrici e finanziare gli operatori che li
forniscono.
Raccomandazioni in tal senso sono state ripetutamente pronunciate da istituzioni internazionali come
l’OCSE e la Banca Mondiale.
Le Direttive Europee sull’acqua fanno esplicito riferimento al principio FCR, richiedendo agli stati membri
di “effettuare un’analisi economica degli usi dell’acqua”, che contenga, in particolare, un’analisi delle
modalità di copertura dei costi e del ruolo delle tariffe. Si stabilisce inoltre che il Prezzo dell’Acqua Potabile
debba essere fissato in modo da perseguire un’efficiente allocazione delle risorse idriche, comprendendo in
questo concetto anche le esternalità ambientali. A tali obiettivi, poi, si è sommato l’obiettivo di indurre,
attraverso la revisione della Regolazione Tariffaria, una crescente «auto-sostenibilità» economica, così da
rendere autonoma la gestione autonoma e autosufficiente del SII, preludio all’imprenditorializzazione delle
gestioni privatizzate, anche quale conseguenza necessaria della crisi della finanza pubblica. Permane, infine,
la dimensione della sostenibilità sociale, sicchè la tariffa può essere vista come uno dei possibili canali
attraverso i quali la collettività finanzia un servizio essenziale come quello idrico, e dovrà misurarsi
soprattutto con questioni di equità e di accettabilità sociale.
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Quando trattiamo il problema dell’acqua, occorre prendere in considerazione le tre anime dell’offerta
dell’acqua potabile:
- Sostenibilità economica, con la tariffa idrica e il FCR;
- Sostenibilità ambientale
- Sostenibilità sociale, direttiva 97/33/CE e poi ripresa dalla direttiva 2002/22/CE, per cui per servizio
universale si fa riferimento ad «un insieme minimo, definito, di servizi di determinata qualità disponibile
a tutti gli utenti a prescindere dalla loro ubicazione geografica e, tenuto conto delle condizioni specifiche
nazionali, ad un prezzo abbordabile». Secondo l'ONU, per esempio, 50 litri/abitante/giorno (pari a
18,25 metri cubi annui) è l’ammontare indispensabile di acqua per poter soddisfare i normali
fabbisogni di uso domestico.
Il concetto di sostenibilità include una dimensione ecologica (acqua intesa come risorsa vulnerabile e
disponibile in quantità finite), una dimensione sociale (acqua come bene essenziale cui va garantita
l’accessibilità; necessità di un approccio democratico e partecipativo nelle decisioni di politica idrica) e una
dimensione economica (acqua come bene economico da allocare in modo efficiente).
Sulla base di questi tre principi generali, possono essere sviluppati e adattati gli indicatori sulla base dei
quali può essere valutato il modello di uso delle risorse idriche in un particolare contesto.
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Lezione 9
La sostenibilità negli «impieghi» di risorse naturali nel settore primario:
la filiera del food, dell’allevamento e dell’agricoltura
Cinque fattori interconnessi hanno modificato la QUANTITÀ e la QUALITÀ di cibo richiesti dai
consumatori.
Il primo fattore è l’aumento del numero di consumatori: la popolazione mondiale è più che raddoppiata
(+220%) negli ultimi cinquant’anni e dagli attuali 7 miliardi passeremo nel 2050 a 9 miliardi e mezzo di
persone. La domanda globale di alimenti aumenterà raggiungendo ,nel 2050, la quota di 16.000 trilioni di
chilocalorie per anno, considerando sia le calorie di origine vegetale consumate direttamente per
l’alimentazione umana, che quelle usate come mangimi per gli animali, come sementi e come materie prime
per usi industriali e per la produzione di biocarburanti.
Il secondo fattore è determinato dal fenomeno dell’urbanizzazione e dalle conseguenti profonde
trasformazioni socio-culturali: nel 2050 circa i due terzi della popolazione mondiale vivrà nelle città, contro
il 50% di oggi. Le popolazioni urbane, ivi compresi gli strati più poveri, sono maggiormente esposte delle
popolazioni rurali alla pubblicità di alimenti trasformati e confezionati ricchi in zuccheri e grassi, e avendo
una maggiore possibilità di acquisirli, possono essere indotte a cambiare le proprie abitudini alimentari.
Il terzo fattore consiste nella costante crescita del reddito medio: si prevede che il PIL (Prodotto Interno
Lordo) dei Paesi in via di sviluppo sarà nel 2050 quasi di dieci volte superiore a quello del 2005 e che il PIL
pro capite crescerà di 6,6 volte. Pur se la nuova ricchezza prodotta non è riparta in maniera equa, la
prevalenza della povertà (definita come percentuale di persone che vivono con meno di 2 US$ per giorno) è
diminuita dal 69% al 51% tra il 1988 e il 2008, mentre la prevalenza della povertà estrema (percentuale di
persone che vivono con meno 1,25 US$ per giorno) è scesa dal 45% al 27% nello stesso periodo. Si prevede
che la diminuzione della povertà manterrà almeno lo stesso ritmo anche nel futuro. Secondo la legge di
Engel, i consumatori tendono ad aumentare laloro spesa in prodotti alimentari in modo meno che
proporzionale rispetto all’aumento del loro reddito, ma comprano comunque più prodotti alimentari e
spostano le loro preferenze verso quelli più “ricchi”.
Il quarto fattore è rappresentato dall’invecchiamento della popolazione: presumibilmente nel 2050 il
20% della popolazione mondiale avrà superato i 65 anni,
e quasi il 15% sarà composto da ultrasessantenni, mentre nel 2000 queste categorie di età raggiungevano solo
il 10% e il 7% rispettivamente8.
Il quinto e ultimo fattore è dato dall’aumento del livello medio d’istruzione: nel 2050 la percentuale di
persone sopra i 15 anni con istruzione secondaria o
superiore avrà raggiunto quasi l’80%, sostanzialmente uguale per maschi e femmine, mentre nel 2010 non
raggiungeva il 70% per gli uomini ed era sensibilmente inferiore per le donne.
Le preferenze alimentari sono ovviamente influenzate anche da altri fattori culturali, religiosi e sociali.
La domanda alimentare mondiale si è quindi accresciuta in maniera molto consistente ed è profondamente
cambiata: è diminuita la quota di cereali e alimenti di base a favore di ortaggi, frutta, carne, uova, pesce e
prodotti lattiero-caseari, alimenti certamente più nutritivi, ma anche caratterizzati da una maggiore impronta
ambientale. Per esempio, tra il 1961 e il 2005 il consumo globale di uova è quintuplicato, e quello di latte
quasi duplicato, mentre il consumo di carne è aumentato di tre volte e mezzo, soprattutto nei Paesi in via di
sviluppo.
L’ alimentazione sostenibile è un concetto complesso che ha a che fare non solo con le scelte dei
consumatori ma anche con tutta la catena di produzione di un prodotto alimentare
Il concetto di alimentazione sostenibile riguarda la sfera economica, ecologica e sociale della sostenibilità.
Riguardo agli aspetti ecologico-ambientali la sostenibilità dell’alimentazione deriva da un lato dall’uso
efficiente delle risorse e dall’altro dalla conservazione della biodiversità.
Alimentazione sostenibile implica un basso impatto ambientale: nel produrre un determinato alimento non
devono esserci state emissioni inquinanti né dispendio energetico né tantomeno sofferenza animale o
sfruttamento lavorativo.
Il consumatore per perseguire un’alimentazione sostenibile deve essere consapevole di tutti i passaggi della
filiera produttiva del cibo che acquista e consuma.
Un’alimentazione sostenibile è:
• rispettosa della biodiversità e dell’ecosistema
• culturalmente accettata perché eticamente corretta
• economicamente accessibile in quanto conveniente
• sana e sicura dal punto di vista nutrizionale
La FAO ha definito come sostenibilità alimentare tutti quegli stili alimentari che presentano un basso
impatto ambientale e che garantiscono sicurezza alimentare e vita sana alle generazioni presenti e future.
La normativa in vigore
La legge 730/1985 richiama l’impresa agricola da codice civile:
Art. 2135 cod.civ: “è imprenditore agricolo colui che esercita una attività diretta alla coltivazione del fondo,
alla silvicoltura, all’allevamento del bestiame…alla trasformazione dei prodotti agricoli”
Legge di orientamento e modernizzazione del settore agricolo
(D.Lgs 228/01) L’art.1 sostituisce l’art.2135 cod.civ: “..si intendono attività agricole (anche) quelle orientate
alla fornitura di beni e servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse normalmente
impiegate nell’attività agricola..ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale
e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definito per legge”.
Si ampliano i confini in cui svolgere lue attività; le attività possono essere svolte anche all’esterno dei beni
fondiari dell’impresa.
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L’AGRICOLTURA BIOLOGICA (BIO)
La produzione biologica è un sistema globale di gestione dell’azienda agricola e di
produzione agroalimentare basato sull’interazione tra le migliori pratiche ambientali, un
alto livello di biodiversità, la salvaguardia delle risorse naturali, l’applicazione di criteri
rigorosi in materia di benessere degli animali e una produzione confacente alle preferenze
di taluni consumatori per prodotti ottenuti con sostanze e procedimenti naturali.
Il metodo di produzione biologico esplica pertanto una duplice funzione sociale,
provvedendo da un lato a un mercato specifico che risponde alla domanda di prodotti
biologici dei consumatori e, dall’altro, fornendo beni pubblici che contribuiscono alla
tutela dell’ambiente, al benessere degli animali e allo sviluppo rurale.
L’azienda agricola biologica è il luogo ideale per mostrare la stretta connessione esistente tra produzione
degli alimenti e tutela dell’ambiente e della salute, approfondendo le diverse tematiche con approcci
diversificati.
Obiettivi dell’Agricoltura Bio
• Produzione di un’ampia varietà di alimenti di alta qualità;
• Salvaguardia dei sistemi e dei cicli naturali, con il mantenimento e il miglioramento della fertilità dei
suoli, della salute delle acque, delle piante e degli animali e l’equilibrio tra di essi;
• Mantenimento ed arricchimento della diversità biologica;
• Garanzia di un impiego responsabile dell’energia e delle risorse naturali come l’acqua, il suolo, la
materia organica e l’aria;
• Rispetto di criteri rigorosi in materia di benessere degli animali e delle specifiche esigenze
comportamentali degli animali secondo la specie;
• Esclusione di prodotti provenienti da ingegneria genetica (OGM) in ogni fase della produzione e
trasformazione;
• Salvaguardia del paesaggio;
• Promozione di sistemi di produzione e commercializzazione ecologicamente responsabili e socialmente
equi;
IL BIO IN ITALIA
La transizione energetica
Vi sono diversi canali attraverso cui la transazione ecologica può incidere sulle quotazioni di fonti di energia:
A livello mondiale
l’energia generata da
combustibili fossili
rappresenta l’80%,
percentuale che dovrà
scendere fino al 30%
e poi ancora di più al
fine di azzerare le
emissioni nette di
carbonio entro il
2050.
La plastica è un materiale inventato nel 1869. È una sostanza organica, formata cioè da molecole che
contengono un o più atomi di carbonio, che deriva prevalentemente dal petrolio. Le materie plastiche sono
adatte per essere lavorate e trasformate in manufatti, grazie alle loro proprietà, tra queste, la più importante è
la plasticità, cioè la capacità di modificare la propria forma.
Come si formano?
Agli anni trenta risale la creazione di una vera e propria industria basata sui polimeri ottenuti dal petrolio
che si proponevano come alternativa a materiali tradizionali quali legno, ferro, leghe leggere, seta etc nei
rispettivi settori d’applicazione. I materiali polimerici per esempio sono diventati un insostituibile strumento
della vita quotidiana visti i loro infiniti utilizzi nei settori più disparati (tessile, del design, farmaceutico,
automobilistico, alimentare etc).
Una tale diffusione, tuttavia, ha determinato l’immissione nel flusso dei rifiuti di milioni di tonnellate di
scarti plastici. La plastica, come altri materiali giunti a fine vita, è sottoposta alla dicotomia tra risorsa o
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rifiuto; quest’ultima, tuttavia, può essere facilmente superata attraverso lo sviluppo di processi di
trattamento che rispondano a criteri di sostenibilità ambientale e che consentano l’ottenimento di materie
prime secondarie.
Tra questi processi vi è, indubbiamente, il riciclaggio il cui punto di partenza è la raccolta differenziata e, a
seguire, l’essenziale trattamento e riciclo degli scarti plastici, che può essere:
• Riciclo di tipo meccanico (sminuzzamento, lavatura e successive fasi di frantumazione e polverizzazione)
• Riciclo di tipo chimico (depolimerizzazione delle materie plastiche fino all’ottenimento dei monomeri di
partenza o di molecole più piccole, di solito liquide o gassose) adatte all’impiego come materie prime per
l’industria petrolchimica.
Sono cinque i polimeri che attirano maggiormente l’interesse del mercato: polietilene (PE),
polipropilene (PP), polivinilcloruro (PVC), polistirene (PS) e polietilentereftalato (PET).
Queste plastiche, in Europa, rappresentano circa l’80% della domanda complessiva ed i loro principali settori
d’impiego sono il packaging (39,4%), l’edilizia (20,5%) ed il settore automobilistico (8,3%).
Per rendere la plastica sostenibile e far sì che essa non costituisca un problema bensì una risorsa, fonte di
materie prime, occorre incoraggiare pratiche virtuose come la raccolta differenziata ed il riciclo e/o
promuovere la progressiva sostituzione dei materiali polimerici derivanti dal petrolio con quelli ottenuti da
fonti rinnovabili quali i biopolimeri.
I polimeri possono essere:
- Termoplastici, all’azione del calore fondono assumendo la forma dello stampo, si può ripetere più volte
(PET,PP;PVC)
- Termoindurenti, una volta scaldati e formati non possono tornare a fondersi(Resine, Poliestere)
IL CLORO (polimero)
Il cloro è un importante sostanza che, combinata con altre, contribuisce alla creazione di numerosi prodotti:
Per esempio cloro ed etilene, producono il PVC, che serve per la formazione di tubature, cavi e serramenti; il
cloro combinato con composti inorganici, contribuiscono alla produzione di candeggina, agrofarmaci,
sbiancamento della carta, trattamenti di purificazione delle acque.
Il PVC è molto utilizzato ogni anno, per questo si pone il problema del riciclo e dello smaltimento: il poco
PVC che viene raccolto potrebbe essere riciclato, al momento però il riciclo di massa del PVC è molto
complesso rispetto a quello di altri polimeri.
LE FIBRE TESSILI
Le fibre tessili possono essere di origine
- Naturale, vegetale, come il cotone e il lino o animale, come la lana e la seta);
- Artificiale, il raion
- Sintetiche, come quelle poliammidiche, poliacriciliche, etc (prodotte da carbonio e petrolio).
Tra queste, negli ultimi anni, le fibre tessili sintetiche sono in drastico aumento mentre quelle naturali hanno
subito una diminuzione.
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LA PROPOSTA SOSTITUIRE LA PLASTICA
Attraverso studi di LCA della plastica, si è arrivati alla conclusione che se al posto dell’utilizzo plastica, si
utilizzano materie prime seconde da scarti in legno (farina di legno) non si ottengono significativi benefici
ambientali.
La comparazione migliorerebbe a favore della Plastica, qualora si considerasse la riciclabilità della stessa.
INURBAMENTO
Il cresce te aumento demografico ha portato ad esplosione del fenomeno dell’urbanizzazione dei paesi poveri
e alla fortificazione dei pesi più ricchi.
La crescita costante di zone urbane ha creato un’aumento dell’inquinamento urbano, prodotto dalle attività
cittadine, quali utilizzo di caminetti, stufe, il trasporto pubblico e le attività industriali.
Questo inquinamento crea non pochi problemi alla salute umana, causando ogni anno 30mila decessi, con
l’emissione del particolato nell’ambiente.
Con il green deal, l’Europa punta a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. La commissione
Europea si è già mobilitata per trovare un a data a cui porre la parola fine alla produzione di auto a diesel o
benzina (2035). I produttori devono quindi ricalibrare i piani di sviluppo e le attività per non rimanere
impreparati.
I prezzi delle auto elettriche oggi sono più alti rispetto ai prezzi delle auto tradizionali ma in futuro questi
sono desinati ad abbassarsi poiché il prezzo delle batterie a litio (presenti nelle auto elettriche) sono in calo
continuo.
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Il problema della “sostituzione mezzi circolanti”
Il ricambio del parco auto è essenziale sia ai fini della riduzione delle emissioni inquinanti (un’auto euro 0
inquina 26 volte di più di un’auto euro 6) sia per riuscire traguardare l’obiettivo della riduzione di CO2 nel
lungo termine.
Il ricambio dei mezzi circolanti serve a maggior ragione per il reparto pubblico che, oltre ad essere
potenziato, andrebbe rinnovato perché non ha molto senso vietare le auto private anche di ultima generazione
quando dei 100000 autobus in circolazione , più della metà è ante “euro 4”.
Problemi di sostenibilità ambientale dei MCI: possibili alternative
L’obiettivo della Mobilità Sostenibile si è affermata: come realizzarla? + tecnologie a basso impatto
ambientale
Il «Decreto Retrofit» entrato in vigore il 26 gennaio 2016, ha introdotto una nuova possibilità per i
possessori di veicoli ICE (a quattro ruote e massa < 3,5t), ovvero la possibilità di provvedere ad un processo
di riqualificazione elettrica del veicolo originariamente immatricolato come endotermico. Un
provvedimento rivoluzionario in Europa, che consente al proprietario di affidarsi ad un centro autorizzato dal
Ministero dei Trasporti per ottenere l’installazione di un kit elettrico, previa rimozione delle parti
meccaniche del sistema endotermico, al fine di convertire completamente il veicolo da endotermico a
elettrico. Occorrerà ora aggiornare la carta di circolazione presso la Motorizzazione Civile competente, il
procedimento è per molti aspetti assimilabile a quello previsto per l’installazione di un impianto GPL,
sebbene le competenze tecniche siano decisamente meno diffuse.
La norma è rivolta a:
• Rinnovare il parco circolante italiano (tra i più datati d’Europa)
• Creare un precedente importante in ambito comunitario
• Favorire il contenimento delle emissioni mediante una disposizione che riconosce nella tecnologia
elettrica la «best way» in ottica riduzione emissioni.
Ma ha punti deboli:
-Il rendimento chimico vs meccanico molto basso (25/40%).
-Anche l’aumento del prezzo del petrolio, la riduzione delle scorte fossili e severi limiti ambientali hanno
sconvolto lo «status quo» di questo settore
I biocarburanti sono solo una parziale risposta.
-Occorre ridurre il gap tra i consumi degli autoveicoli dichiarati in fase di omologazione e quelli reali
riscontrati su strada, il nuovo sistema di omologazione WLTP su banco prova verrà affiancato dalla reale
verifica su strada (RDE), questi sostituiranno completamente il sistema NEDC (ormai non più
rappresentativo delle reali emissioni su strada) a partire dal 2018.
Il «Diesel Gate» => un classico esempio di manipolazione del comportamento di alcuni veicoli in fase di test
(su banco prova) mediante l’installazione di un software illegale (defeat device) in grado di alterare le
emissioni.
Anche il gruppo VW (leader mondiale nell’Automotive e notoriamente orientato verso le motorizzazioni
diesel) ha intrapreso un processo di elettrificazione delle automobili, il tanto amato diesel non è più
sufficiente.
Secondo i recenti studi di LCA automotive, incentivare la rottamazione dei veicoli più vecchi produrrebbe
un risparmio di emissioni 27 volte maggiore rispetto a puntare tutto sulla produzione e all’immatricolazione
di auto elettriche