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Mercati finanziari e asset management

1:
Studiamo gli strumenti, i mercati e le regole di comportamento degli intermediari.
Diverse soluzioni organizzative e innovazione tecnologica sia del fintech sia delle piattaforme di wealth
management.
Contratti di base, sim, sgr e distinzione con una banca.
PMI e esigenze finanziarie delle PMI, nell’ottica anche delle banche e delle assicurazioni. Fintech e
piattaforme digitali come soluzioni alternative all’accesso ai mercati. Mercati informali o digitali che
semplificano l’accesso. Accesso ai mercati ufficiali e regolamentati, segmenti di borsa italiana dedicati
specificatamente alle PMI: requisiti, commissioni, evoluzione e sviluppo.
Poi le varie tipologie di fondi di investimento e le varie tipologie di gestione collettiva del risparmio.
Poi il private banking, scelte di gestione del portafoglio, investimenti immobiliari, coperture assicurative, art
banking e art advisory: gestione della ricchezza.
Lettura di approfondimento della relazione annuale della banca di Italia, sugli investimenti, l’accesso ai
mercati, i mercati quotati, investitori istituzionali e il ruolo dei fondi. Come evolve l’industria del risparmio
gestito e lo sviluppo dei mercati regolamentati (se la struttura finanziaria delle imprese si equilibria grazie
all’accesso al mercato).
Lettura in inglese sulla gestione degli investimenti sostenibili.
Poi approfondimento con il dottor Citterio su relazione banca Italia e investimenti responsabili.

A che serve il sistema finanziario: far incontrare i sogg. in avanzo Finanz con quelli in disavanzo. Sono
intermediari mediatori finanziari o trasformatori (banche e assicurazioni). Gli intermediari non trasformatori
hanno lo scopo di ridurre le asimmetrie informative e i costi di ricerca. I trasformatori invece assumo in
proprio i rischi del contratto. I mediatori sono di natura mobiliare. Il mondo finanziario si divide in tre grandi
specie: banche, assicurazioni e intermediario mobiliari (sim e sgr che offrono tutti i servizi sul mercato
primario e secondario sia agli emittenti sia agli investitori – che sono alternativi al credito bancario).
Investitori retail, istituzionali e fondi di investimento mettono a disposizioni risorse finanziarie tramite
strumenti finanziari per le imprese private o pubbliche.
Cosa sono le attività finanziarie.
Le caratteristiche contrattuali.
Poi strumenti e mercati: a chi serve, quanto lo può usare e come? Es i titoli di stato, che sono contratti di
debito. Chi ne gestisce le aste, quali sono i prezzi, chi partecipa, chi può fare gli ordini: cioè chi sviluppa il
mercato in modo efficiente.
Se gli intermediari e i mercati svolgono attività alternative o complementari tra loro. Quando un mercato è
efficiente. Quali mercati con efficienti condizioni di negoziabilità, trasparenza del prezzo. Come si valuta un
titolo o confronta diverse soluzioni di investimento? Guardo rendimento e profilo di rischio e le condizioni
contrattuali per decidere.
Poi strategie di gestione e composizione e criteri di gestione del portafoglio.

Il sistema fin è l’insieme degli strumenti, dei mercati, degli operatori e delle regole. (4).
Gli strum fin sono il contratto che deve esistere per poter realizzare una operazione finanziaria (ad
eccezione dell’attività di consulenza, che è un servizio puro, che individua lo strumento da utilizzare).
Gli archetipi contrattuali principali.
I mercati come luogo di scambio, che è qualsiasi canale di incontro diretto tra chi emette il titolo e chi lo
sottoscrive. Es borsa italiana dove si quotano le imprese è dove si incontra chi compra e vende il titolo
(distinguo: non chi emette e chi investe), è mercato secondario. La piattaforma fintech di crowdfunding è un
mercato fin perché qualcuno raccoglie (emette) e qualcuno investe (ma non è regolamentato, ovvero non
ha regole, non ha una autorità di vigilanza, né delle direttive e delle direttive), è mercato primario.
Gli intermediari servono sempre, nei mercati regolamentati la normativa ne obbliga la presenza (per
assistenza, consulenza e supporto) e in quelli non regolamentai gli intermediari possono fare da consulenti
per selezionare gli investimenti/progetti meno rischiosi.
Un mercato (regolamentato o meno) non è efficiente se ha scarsi volumi negoziati e quindi non riesce a
stabilire il prezzo giusto. Infatti, affinché il prezzo sia coerente con il suo valore intrinseco deve esserci una
frequenza di scambio e per volumi consistenti del titolo (un mercato anche ufficiale con un intermediario
Specialist che contratta i titoli solo una volta a settimana non è efficiente perché è un mercato sottile – poca
frequenza). Invece il mercato valutario, pur non essendo regolamentato perché è a livello mondiale, è
efficiente per definizione. E anche i mercati obbligazionari sono molto efficienti pur spesso non essendo
regolamentati.
Il sistema finanziario è il motore perché sorgerebbero asimmetrie informative, costi di transizione,
dimensioni inadeguate e sviluppo economico più lento. L’unica forma sarebbe l’autofinanziamento ovvero la
liquidità prodotta in casa.
Il sistema finanziario svolge questo ruolo utilizzando degli strumenti – soluzioni contrattuali giuridiche
specifiche, che sono onerosi e rischiosi, sempre. Con livello di rischio diverso. Perché esiste un lasso
temporale tra prestazione e controprestazione, per cui il comportamento dei soggetti può essere scorretto.
Strumenti con diverse caratteristiche tecniche - scadenza, struttura – che ne determinano il livello di rischio.
Servono i servizi degli intermediari mobiliari come consulenti o gestori del risparmio in vece degli investitori.
I titoli pubblici servono a dare allo stato risorse per pagare la sua spesa pubblica (sanità, servizi, pensioni
ecc).
I fabbisogni finanziari si risolvono con finanziamenti da banche o dai mercati (scarsa capacità di risparmio) o
dall’altro lato investendo (in titoli, immobili, quadri, gioielli) + altre esigenze è la copertura dei rischi –
attraverso le assicurazioni (rischio furto, credo, previdenza complementare, ecc). ->Sono tutte esigenze
finanziarie che si risolvono con specifici contrati finanziari.
A seconda dell’investimento interno da fare le imprese emettono titoli a breve (per ciclo produttivo breve),
medio o lunga scadenza. Oppure se ha già tanti debiti, ovvero una struttura finanziaria squilibrata, e per
riequilibrarla per non soccombere a causa degli oneri finanziari (quota interessi molto elevata), ricerca
nuovo capitale di rischio.
Se la capacità di generare reddito non riesce a coprire gli oneri finanziari è saggio finanziarsi attraverso
capitale di rischio. Altrimenti fare leva sul debito se si prevede un ritorno sull’investimento coerente con gli
oneri finanziari.
Se una società deve acquistare materie prima da un paese estero, deve pagarle in valuta estera e sottosta al
rischio di cambio. Dal momento di consegna del bene (stipula del contratto) al pagamento, c’è il rischio di
deprezzamento della valuta – incassare dollari che valgono meno euro. O se acquisto all’estero se la valuta
si apprezza devo cambiare più euro per pagare tale fornitura (non solo quello contabilizzato – nominale ma
di più). Deve coprirsi da tale rischio, che non dipende assolutamente dalle capacità del management e dalle
condizioni interne <-anche questa è un’esigenza finanziaria. Si soddisfa attraverso strumenti derivati. Anche
la copertura assicurativa sui beni commerciati internazionalmente è una soluzione finanziaria (se affonda la
barca trasportatrice: rischio puro).
Anche copertura dei rischi informatici o i rischi di calamità e eventi atmosferici. <- sono esigenze finanziarie
soddisfatte dal sistema finanziario.
Sia esigenza dei soldi sia di gestione del rischio.
Contratti finanziari temporanei e sostitutivi alla moneta e incorporano il potere di acquisto.
Funzione di intermediazione: prevalentemente svolta dagli intermediari trasformatori che si interpongono
tra contratti di debito e credito e assumono il rischio. Mentre quelli mediatori mettono in contatto i soggetti.
Tutto ciò serve ad un'allocazione più efficiente delle risorse finanziarie, anche al netto delle commissioni
richieste dagli intermediari. Efficiente nel senso che le risorse sia destinate ai soggetti più meritevoli, sani-
solidi e promettenti. Il risparmio è una risorsa finita che va indirizzato alle imprese con maggiore valore
aggiunto – più efficienti.
Bisogna sempre considerare come il nuovo debito richiesto impatterà sull’equilibrio economico
dell’impresa. Es se cerca nuovo debito a parità di volume di produzione allora non va bene, deve servire a
un investimento con ritorni futuri. Serve una visione prospettica per capire il profilo rischio rendimento di
ogni soluzione finanziaria.
Il covid e le guerre stanno ridefinendo il tasso di povertà globale, perché scombussolano i meccanismi del
sistema finanziario e quindi l’allocazione non è più la più efficiente e quindi si brucia risparmio.
Le garanzie sui prestiti non sono ottime perché spesso non riescono a coprire l’ammontare inizialmente
dovuto, dovendo computare anche le spese legali, gli interessi calcolati su tutto il periodo di fallimento, e
anche il mancato guadagno dovuto al fatto che durante tale periodo la somma era bloccata e non si è
potuto fare un nuovo investimento remunerativo.
I mercati consentono lo scambio di strumenti finanziari.
Un’azienda affinché l’emissione sia efficiente deve farla di almeno 50 milioni. Tale emissione può essere un
collocamento privato se è rivolta a pochi investitori istituzionali con grandi disponibilità, altrimenti -
collocamento pubblico - rivolgersi a investitori retail ma emettendo titoli di taglio piccolo (valore nominale
ridotto). Considerare sia le dimensioni dell’offerta (esigenza) sia della domanda (capacità), fabbisogni che
devono combaciare. Ma anche la diversificazione del rischio di portafoglio.
Infatti, potrebbe succedere che a fronte di una determinata esigenza potrebbero non esistere soggetti
capaci di soddisfare e quindi bisogna rivolgersi al pubblico, con strumenti diversi. Es collocamento Enel che
si rivolge in parte al collocamento privato e in parte al pubblico. E usa anche uno strumento quotato, per
invogliare i retail che sanno di poter disinvestire più agevolmente ed equamente (il rischio percepito è più
basso).
Ripartizione del rischio attraverso diversificazione.
Regolamentazione: è il settore più vigilato perché è intrinseco il rischio nei contratti finanziari, al fine di
arginare i comportamenti di scorrettezza e frode ecc.
Differenze tra intermediari mobiliari e gli altri. I mobiliari prevalentemente offrono servizi di mediazione,
consulenza, gestione del risparmio ma non stipulano contratti in proprio che determina un'assunzione del
rischio in proprio (del finanziamento o dell’investimento).
Mentre un intermediario trasformatore che si interpone nei contratti (assume il rischio dei contratti), tanto
più aumenta il volume delle sue attività tanto più è esposto ai rischi e quindi deve avere un grande
patrimonio, per essere in equilibrio e stabile. L’obbiettivo della regolamentazione per banche e assicurazioni
è focalizzato alla stabilità e alla loro dotazione patrimoniale.
Mentre per i mobiliari è imposta una minima dotazione patrimoniale dalla vigilanza che però si concentra
sulla correttezza (tutela del cliente) e la efficienza (costi di transazione minimi e commissioni proporzionali).
Quando una sgr fallisce, l’autorità di vigilanza mette un commissario straordinario, un consiglio di
sorveglianza per fare la liquidazione della società.
Quindi vigilanza impone alle sim correttezza e trasparenza dei comportamenti nei confronti degli investitori.
A livello autorizzativo interviene sempre la banca di Italia e anche in caso di procedura di chiusura o
liquidazione. Per il resto l’autorità più importante è la consob, che disciplina il funzionamento dei mercati, la
gestione dei servizi di investimento ed effettua i controlli sugli intermediari mobiliari. Mentre sui fondi di
investimento interviene anche la COVIP (autorità sui fondi pensione).
Poi ci sono le direttive comunitarie nell’ambito dei servizi di investimento che determinano la struttura
portante dei controlli su sim e sgr.

2:
Evoluzione della regolamentazione: normativa nazionale nel contesto europeo. Le varie discipline a cui
devono attenersi gli intermediari nello svolgimento dei servizi finanziari.
-1974 legge che istituiva la Consob: autorità di vigilanza dei mercati. Tardi a causa del banco-centrismo del
nostro sistema per via delle molte PMI (dimensioni ridotte) e della cultura aziendale e della governance
trasparente e competente (serve più disclosure informativa al mercato).
-1983 legge che istituisce i fondi comuni di investimento (forme di gestione collettiva del risparmio facendo
scelte di investimento e disinvestimento per la clientela che sottoscrive le quote del fondo) – sono fondi
aperti (entrata e uscita libera in via continuativa) e tagli nominale delle quote contenute: forma indirizzata
alla clientela retail. 1° strumento in Italia di forma di gestione di risparmio accentrato che consente anche
agli investitori retail un’alternativa ai titoli pubblici (o immobili).
I titoli di stato hanno tagli unitari ridotti, risk free e ritenute fiscali agevolate – molto competitivi: rendevano
i titoli privati delle aziende meno convenienti.
-1991 legge che disciplina le SIM: attività di negoziazione per conto della clientela e supporto all’emissione
di titoli. Distingue sim broker (solo mediazione e consulenza) e sim dealer (anche negoziazioni in proprio
ponendosi come controparte). Il broker esistenza già prima ma non era una società di capitali bensì un
individuo/persone fisiche = ‘agente di cambio’ ovvero soggetti con grandi capitali autorizzati ad operare in
borsa (negoziazioni fisicamente svolte presso piazza affari a Milano). Si passa dalle negoziazioni alle grida
alla negoziazione telematica. (Borsa merci di Chicago è ancora alle grida).
L’operatore immette gli ordini in via telematica. L’autorizzazione è ad operare su mercati ufficiali.
Le società di capitali autorizzate devono avere un capitale minimo imposto dalla vigilanza che serva a
coprire i rischi.
-anni ’90 direttive comunitarie che disciplinano in modo unitario il mercato europeo sia in ambito bancario
sia in ambito mercati e strumenti finanziari.
1993 criteri generali anche ai fini del muto riconoscimento (se autorizzazione di un’autorità di vigilanza
nazionale vale anche per altri paesi comunitari).
-’93 tub bancario, introduce il concetto di de-specializzazione delle banche
1996
La direttiva stabilisce un principio generale che viene recepito e declinato in tutti gli ordinamenti giuridici
nazionali. Si tende verso un mercato unico degli intermediari. Con autorità europee: EIOPA (assicurazioni)
BCE (banche) e ESMA (per i mercati).
Quindi omogeneità delle norme vigenti sul sistema finanziario europeo.
-1998 emanazione testo unico della finanza in Italia. Riordina le vecchie norme e le aggiorna con
l’evoluzione del mercato e introduce novità: conferma della scelta di privatizzazione dei mercati e
dell’importanza della concorrenzialità sui mercati. Quindi consegue la privatizzazione di borsa italiana (era
pubblica a proprietà statale), che diviene una società per azioni il cui capitale è detenuto dai grandi
intermediari bancari e assicurativi e finanziari (anche soggetti che sono a loro volta quotati in borsa –
potenziale conflitto di interessi, ma la regolamentazione disciplina anche questi aspetti). <-preferibilità per
un sistema privato e non pubblico.
Quindi il tuo prima parla dei mercati e impone che siano privati, poi prevede le tipologie di intermediari
finanziari come società di capitali per l’Inter mediazione mobiliare e fondi di investimento e introduce altre
tipologie di intermediari per offrire nuovi servizi di gestione del risparmio: altre tipologie di fondi di
d’investimento e di società a capitale variabile e fisso (sicav e sicaf) e la figura della SGR che possono gestire
tutte le tipologie di fondi (sia fondi aperti che chiusi che fondi pensione).
Quindi si amplia lo spettro degli strumenti finanziari adatti sia a investitori retail che private (con patrimoni
consistenti a cui si possono proporre investimenti dal profilo di rischio più elevato e anche altri servizi di
gestione della sua ricchezza).
Inoltre, disciplina anche gli emittenti: norme riguardo l’operazione di emissione titoli sia dal pov (point of
view) dell’azienda emittente (criteri per la realizzazione delle offerte, es requisiti di trasparenza elevati per
offerte destinate ai retail). La normativa inizia a tutelare fortemente gli investitori retail.
E introduce delle specifiche tutele per i soci di minoranza dell’azienda emittente (Previste condizioni
particolari per le deleghe di voto).
Il mercato finanziario deve tutelare gli interessi di tutti i soggetti.
Norme sull’informatica che la società emittente deve fornire all’investitore. Quando è rivolta ai retail
bisogna fare un’offerta al pubblico con condizioni particolari.
<-sono recepimento di direttive europee.
Vengono demandate alla consob delle competenze (norme di comportamento nei mercati) prima a carico
della banca di Italia (autorità di vigilanza del sistema fin).
-decreto del 2006: per disciplinare le polizze vita ad alta componente finanziaria fatte dalle assicurazioni,
come polizze vita a capitalizzazione o per la costituzione di rendite a scadenza (prevedevano l’investimento
in strumenti finanziari). Erano come gestione patrimoniale diverse dalle quote di fondi di investimento ma
con lo stesso contenuto e profilo di rischio.
<-la normativa insegue l’innovazione finanziaria.
L’autorità specificamente preposta al controllo della concorrenza sul mercato bancario (agcm in Italia) era la
banca di Italia (potenziale conflitto di interesse tra fine di stabilità delle banche e efficiente concorrenza). Poi
potere di vigilare concorrenza demandato a AGCM sul settore bancario e finanziario.
Recepimento della direttiva MIFID (ora siamo alla terza) che è fondamentale e stabilisce regole per l’offerta
di servizi di investimento e regole sulle offerte pubbliche OPA e sugli obblighi di disclosure delle società
quotate- ammesse sui mercati ufficiali regolamentati.
Differenza fondamentale tra banche e intermediari mobiliari (servizi di investimento) dal pov della vigilanza:
quest’ultimi non assumono i rischi della clientela salvo che abbiano una quota di investimenti propri. Il
capitale minimo per un intermediario mobiliare è 5milioni, a salire per ampliare la gamma di servizi di
intermediazione da offrire. Quindi gli intermediari questi 5milioni devono investirli per far fruttare questa
liquidità. Quindi hanno un proprio portafoglio titoli: investimenti mobiliari o immobiliari (propria sede).
Questo portafoglio titoli di proprietà utile per svolgere ad es l’attività di specialist sui mercati quotati e
operare in contropartita diretta con la clientela (sim dealer che si assume rischi).
Prevalentemente l’attività di intermediazione mobiliare non espone a rischi particolarmente gravi. Infatti, il
loro conto economico si compone per lo più di commissioni sui servizi e non da margini di profitto sul
portafoglio o su interessi. Quindi la vigilanza non si concentra tanto sulla stabilità e la solvibilità (che invece
è per gli intermediari trasformatori che si assumono molto rischi in proprio – creditizi e assicurativi) bensì
punta all’obbiettivo di trasparenza e correttezza, al fine che l’investitore sia soddisfatto nell’investimento
coerente con la sua propensione al rischio e del rispetto delle condizioni pattuite. La normativa, quindi,
regola i mercati: caratteristiche, condizioni d’accesso, funzionamento, organizzazione. Li divide in mercati
regolamentati o sottoposti a qualche forma di controllo. Poi stabilisce regole per gli intermediari che
operano in contropartita o degli investitori o delle imprese emittenti. E infine specifiche regole sugli e
emittenti affinché siano trasparenti nelle informative agli investitori che siano consapevoli del profilo di
rischio-rendimento che vanno a sottoscrivere.
La trasparenza sui mercati regolamentati come borsa italiana, vuol dire principalmente conoscenza dei
prezzi delle attività negoziate (il prezzo di un titolo racchiude tutte le informazioni rischio-rendimento dello
stesso). E assicurare un ordinato ed efficiente svolgimento delle negoziazioni (tempistiche, quantitativi
minimi, modalità, sistemi autorizzati ad operare).
Le sim non falliscono per crisi di liquidità bensì per errate scelte di gestione, frode, appropriazione indebita
o mancato rispetto delle condizioni impartite dal cliente. Secondo la normativa essere corretti significa
offrire al cliente il prodotto adeguato alle sue esigenze.
La mifid mira alla tutela degli investitori: principio della graduazione delle tutele – dal PoV del tipo di
servizio offerto e dal PoV di cliente a cui ci si rivolge. Differenza tra raccolta ordini (es esecuzione degli
stessi), consulenza e gestione collettiva del risparmio: la prima deve essere tempestiva e corretta, mentre la
seconda deve essere efficiente (considerare le sue specificità come quante risorse ha, o l’ottica di
investimento a breve o lungo termine) e la terza in aggiunta anche gestire il suo portafoglio secondo le sue
aspettative e adeguatamente al profilo dell’investitore medesimo (adeguatezza del prodotto). E questo vale
soprattutto per la gestione patrimonio mobiliare GPM del singolo individuo.
Inoltre, nella gestione collettiva (dei fondi) si aggiunge che il fondo deve avere un regolamento che descrive
il profilo di rischio dello stesso, le caratteristiche, clausole specifiche e dichiarare se prevede un capitale
minimo garantito e un capitale variabile. Se il gestore non rispetta quanto indicato nel regolamento gli si
può fare causa (es acquista titoli che non erano previsti o usa tecniche di gestione non preventivate).
La normativa prevede una tutela graduata sia in base al tipo di servizio sia in base al tipo di cliente (se un
cliente ha elevate competenze finanziarie poi non può lamentare le perdite subite inattese). Tipo non si può
vendere hedge funds (molto speculativi) a investitori retail -> tutela rafforzata (diventa una tutela all’accesso
per i retail).
Es gli intermediari regolamentati in alcuni ordinamenti possono gestire le chiavi crittografiche dei portafogli
di cripto valute ma non possono negoziare cripto (scambiare moneta legale con cripto).
Il regime più tenue della normativa riguarda ovviamente la semplice ricezione ed esecuzione di ordini.
Mentre per i servizi di consulenza e gestione del portafoglio si deve profilare il cliente e ne valuta
l’adeguatezza del servizio (corrispondenza obbiettivi di investimento e capacità di sopportazione dei rischi) e
consapevolezza di comprendere i rischi dell’investimento (non basta fornire le informazioni di rischio ma
assicurarsi che siano state comprese e valutate).
Adeguatezza (rispetto al profilo di rischio dell’investimento) vs appropriatezza (relative al profilo finanziario
ed esigenze finanziarie del cliente).
Condizione di ‘best execution’ ovvero realizzare l’operazione nel migliore interesse del cliente (precisione,
tempestività, al miglio prezzo di mercato).
Per gli emittenti c’è una serie di regole sulla sollecitazione al pubblico risparmio, che necessita di un
prospetto informativo per i retail o regole per accesso al mercato.
Distinzione tra mercati primari e secondari:
-primari: su cui si emettono i titoli per raccogliere risorse finanziarie (il classamento di tali titoli avviene su
mercati a ricerca autonoma [devo trovare autonomamente la controparte] o mercati aperti e organizzati
[regolamentati con supporto degli intermediari su fattibilità dell’operazione]) e si sottoscrivono i titoli.
-secondari: su cui si acquistano i titoli e si vendono (stessa roba per mercati a ricerca autonoma e
organizzati.
Mercati a intermediazione diretto e indiretta (canale diretto e indiretto).
Nei mercati a ricerca autonoma tutti i costi di transazione relativi alla conclusione di un contratto sono a
carico dei soggetti interessati alla conclusione del contratto (costi di ricerca della controparte con esigenza
finanziaria analoga in termini di scadenza, rendimento e rischio e ammontare – costi per informarsi sulla
correttezza e affidabilità della controparte – costi legali per redigere il contratto). Invece se ci sono gli
intermediari che si assumono questi costi in economie di scala si riduce il costo unitario per ogni
operazione, di contro pagano una commissione.
Come si classificano i mercati:
-in base a quali strumenti vengono scambiati.
-in base a scadenza degli strumenti: breve o lungo termine
-se negoziazione diretta o indiretta
Si parla di mercato mobiliare quando le operazioni hanno ad oggetto valori mobiliari: la normativa definisce
una lista di strumenti finanziari che hanno la qualifica di valori mobiliari. Ovvero strumenti che hanno
l’attitudine a essere negoziati grazie a caratteristiche tecniche di mobilità e di trasferibilità (grazie alle loro
caratteristiche standardizzate ed omogenee).
Sul mercato primario si individua che tipo di emissione (es asta o altro modo) e a che tipo di clienti è rivolta
l’emissione. Sul secondario invece si scambiano titoli già in circolazione, ovvero se i sottoscrittori iniziali
hanno esigenza di disinvestire.
I nessi tra mercato primario e secondario:
-se il primario è di grandi volumi e consistente allora si può creare il secondario (riduce il profilo di rischio
percepito del titolo stesso)
-il secondario deve essere ampio e spessore affinché sia efficiente nella determinazione del prezzo di
scambio
-l’efficienza del secondario agevola anche le nuove emissioni nel primario (per una stessa azienda)
<- si influenzano reciprocamente
La presenza degli intermediari agevola la conclusione dei contratti perché riduce i costi piuttosto che tutti i
costi della ricerca autonoma della controparte. Inoltre, in alcuni mercati è richiesta la presenza di un
intermediario specializzato per garantito la liquidità su tale mercato (si chiama specialist o nomad su un
altro segmento di mercato).
Sul mercato primario gli intermediari offrono oltre alla consulenza anche un servizio di collocamento degli
strumenti. Inoltre, possono anche formare consorzi di collocamento presso il pubblico, individuando
potenziali investitori interessati, forniscono le informazioni richieste dalla normativa e concludono il
contratto. Possono essere consorzio di semplice collocamento o anche collocamento e assunzione a fermo o
di garanzia (lo stesso intermediario sottoscrive una quota dell’emissione).
Offrono anche servizi di secondaria importanza come la custodia dei titoli.
In America le famiglie sono in propense all’investimento mobiliare anche per condizioni socioeconomiche
diverse, come l’assistenza sociosanitaria a pagamento e il sistema pensionistico non pubblico (previdenza
privata). Gli investitori istituzionali e le grandi assicurazioni sono riusciti a convogliare grandi capitali verso i
mercati. I mercati sono diventati più efficienti in usa.
Lo sviluppo della tecnologia permette nuove soluzioni e business-model alternativi nello sviluppo
dell’attività finanziaria. Es piattaforme fintech online.
La tecnologia crea anche maggiore competizione con gli intermediari tradizionali, per i costi contenuti e la
maggiore facilità di accessibilità.
Le tre direttive eu sono: micar, doa (?) e pilot. Trattano le tematiche riguardo all’innovazione tecnologica e
lo sviluppo delle transazioni digitali e mercati digitali. Es prevedono l’emissione di titoli digitali anziché
tradizionali, che ne facilitano lo scambio (ora siamo alla de-materializzazione che agevola gli scambi dei titoli
che sono tutti depositati presso la società monte titoli) perché registra in modo non modificabile gli scambi
su una blockchain. Ciò riduce i costi di gestione e aumenta la competizione.
L’innovazione porta anche alla nascita di strumenti nuovi e nuove forme di contratti (come smart contract).
Per le PMI è difficile l’accesso ai mercati tradizionali ma grazie alle piattaforme fintech (es crowdfunding o di
peer to peer lending) pur non essendo regolamentato è di accesso agevole ed è un canale diretto. Però
spesso attualmente non si crea un mercato secondario.
In Italia per risolvere l’affidabilità la consob ha imposto dei controlli sulla correttezza delle informazioni agli
investitori. Poi anche una normativa europea ha legislato in merito qualche anno dopo.
Le caratteristiche delle attività finanziarie e degli strumenti, gli archetipi:
-contratto di debito
-contratto azionario
-strumento derivato
Gli strumenti finanziari sono una categoria molto ampia con una specifica definizione normativa= attività
tipiche. Esistono dei contratti bilaterali (mutuo) vs dei contatti standardizzati che sono negoziabili-> in cui
rientrano i valori mobiliari. La normativa insiste sul pagamento, la circolazione e la diffusione.
I mutui di per sé non sono standardizzati, ma se messi in pool con caratteristiche omogenee si possono
cartolarizzazione e creare gli ABS che allora sono strumenti negoziabili.
3:
Contratto bilaterale si differenza dal contratto multilaterali che invece sono standardizzati e quindi
negoziabili sul mercato secondario. Il bilaterale ha caratteristiche specifiche sulla singola controparte
contrattuale, es il mutuo, caratteristiche tecniche specifiche al profilo di rischio del contraente.
I titoli obbligazionari sono contratti multilaterali perché ogni singolo titolo ha pari valore nominale (unitario)
e identiche caratteristiche. Multilaterale perché le sue condizioni sono adatte a una molteplicità di soggetti.
I contratti finanziari sono quei contratti che devono avere almeno due controparti e sono onerosi e
comportano la gestione di un rischio (rischio finanziario o puro). O per la copertura di rischi o per realizzare
uno scambio tra datori e prenditori.
Gli strumenti di debito solitamente si distinguono in base alla loro scadenza (che è una caratteristica
tecnica):
-strumenti di mercato monetario perché hanno breve scadenza <12 mesi (max). Per cui hanno una liquidità
molto elevata e si utilizzano per esigenze di cassa dell’azienda emittente e soddisfano investitori che hanno
esigenze a breve.
Es il bot è il più diffuso è quotato sui mercati ufficiali, quindi oltre a liquidabilità per via della breve
scadenza anche per via del mercato secondario efficiente.
Strumenti a breve: accettazione bancaria, commercial paper, cambiali finanziarie hanno differenti
caratteristiche tecniche e negoziabilità.
Gli strumenti a medio termine: tipologie di obbligazioni - convertibili e cowarrant; passività subordinate –
strumenti subordinati e ibridi (diversi sia da strm di debito tut court sia da strm azionari)
Gli strumenti azionari: azioni ordinarie, di risparmio e privilegiate. Recentemente riforma del del diritto
commerciale ha introdotto una libertà statutaria per cui non cambiano le caratteristiche delle azioni
ordinarie ma si aggiungono poi azioni a voto plurimo, azioni con vocalizzazione su specifici progetti
aziendali.
Se l’innovazione finanziaria introduce nuovi prodotti, questi essendo esclusi da definizione normativa degli
strumenti finanziari, allora non sono sottoposti alle stesse regole. Vengono definiti strumenti Atipici. Le
cripto valute non sono moneta ma al massimo sono attività finanziarie molto volatili non avendo un
sottostante che fa riferimento ai fondamentali di un’azienda emittente.
Le combinazioni degli strumenti regolamentati, come i contratti complessi, sono sottoposte a vigilanza (es
abbinare contratto debito e contratto derivato e ottengo delle obbligazioni strutturate, sono
regolamentate).
Per gli strumenti di debito ci si riferisce agli elementi distintivi che permettono di definirne il profilo rischio-
rendimento. Si qualifica il titolo per il fine sia di investitori sia di emittenti sia dei gestori.
Non ci sono caratteristiche tecniche migliori a parità di rischio-rendimento ma solo più adeguate al profilo di
propensione al rischio dell’investitore.
Elementi distintivi dei titoli:
-natura dell’emittente – rischio di credito dell’emittente (=rischio di controparte) specifico: distinzione tra
titoli di emissione pubblica (titoli governativi) e di aziende private (corporate bond).
Ovunque nel mondo si presume che il titolo pubblico sia più sicuro, solvibile e affidabile di un titolo privato
di azienda nello stesso stato. La natura dell’emittente può essere espressa e valutata dal rating (indica una
classe di rischio), è obbligatorio per imprese con titoli quotati su mercati regolamentati. Le altre imprese su
mercati non regolamentati possono richiederlo se sono di dimensioni rilevanti e se hanno mire
internazionali.
-titolo espresso in valuta nazionale o estera. Un’impresa può scegliere in che valuta emettere, a seconda
dove vuole raccogliere fondi. Soprattutto per imprese grandi che sono quotate su diversi mercati e si
rivolgono anche a mercati diversi per il loro core business. A parità di tutte le altre condizioni si aggiunge il
rischio di cambio. Il quale si verifica in caso di variazioni del cambio sfavorevoli alla stipula del contratto di
debito e alla conclusione-rimborso del capitale del contratto. Ma anche in qualsiasi momento della vita del
titolo, in caso lo si voglia negoziare. Quindi il rischio di cambio c’è sempre. Se non si vogliono subire perdite
si devono usare degli strumenti derivati per coprirsi dal rischio di cambio, che però comportano dei costi.
Il rischio di inflazione è il depotenziamento del potere d’acquisto derivante dall’inflazione.
Il rischio di cambio è il rischio che il cambio tra due valute si modifichi nel tempo per ragioni legate
all’economia di quesi due paesi. Poi ci può essere un apprezzamento o un deprezzamento ma che
dipende da valutazioni sui fondamentali sui due paesi che stiamo mettendo a confronto. E non
dipende dall’inflazione.
La scadenza dei titoli di debito ce l’anno predeterminata nel contratto (breve, media o lunga). Più difficile è
stabilire il rischio per titoli a scadenza infinita come i titoli irredimibili. Come le azioni ma anche gli strumenti
ibridi, che hanno strutture complesse a metà strada tra titoli obbligazionari e azionari. Ù
Anche se la scadenza è predeterminata bisogna verificare le condizioni contrattuali se prevedono clausole
che consentono all’emittente un rimborso anticipato a scadenza o in archi temporali o per tutta la vita del
contratto. Ciò può destabilizzare la strategia di investimento predeterminata perché, restituito il capitale, si
devono fare nuove scelte di investimento a tassi più bassi (motivo per cui l’emittente ha rimborsato) e si
hanno persi gli interessi residui dovuti.
Altro elemento è la modalità di emissione:
-offerte pubbliche (anche a investitori retail, per cui la normativa prevede un prospetto informativo e solo
determinate tipologie di titoli offribili e con determinate caratteristiche tecniche)
-offerte private (a una specifica cerchia di investitori, come es 10 clienti private con patrimoni elevati, o una
cerchia di investitori istituzionali).
Tutte queste emissioni sono seguite da un’advisor che accompagna l’emittente anche nella ricerca di queste
controparti interessate.
Quando l’obbiettivo è un grande numero di investitori (non solo istituzionali) ci si può avvalere anche di un
consorzio di collocamento. <-questo vale per tutti i titoli corporate.
Mentre per i titoli pubblici sono previsti dei meccanismi ad asta gestiti dalla banca di Italia.
Altro elemento è la modalità di esecuzione delle prestazioni, che varia a seconda della tipologia del titolo e
delle specifiche condizioni: muta o il flusso finanziario o il rendimento effettivo rispetto al rendimento
atteso; può modificarsi il profilo di rischio.
-oltre al rimborso a scadenza o a rate
-gli interessi o a scadenza in unica soluzione o nell’arco della durata a intervalli prestabiliti
-la remunerazione può essere a tasso fisso o variabile, per quest’ultimo dipenderà dalle aspettative
dell’investitore sull’andamento dei tassi che sono opposte a quelle dell’emittente (il quale se si attende
diminuzione dei tassi emette a tasso variabile).
-possono esserci anche differenti parametri di indicizzazione, come indicizzazione valutaria, finanziaria o
altro che influenzano il rendimento atteso.
Per i tutoli di natura azionaria si può avere una remunerazione variabile tut court come tipico per le azioni
ordinarie (i dividendi dipendono dalla delibera di distribuire gli eventuali utili prodotti); ma anche azioni con
una componente minima garantita o con delle maggiorazioni rispetto alle altre categorie d’azioni. Serve fare
delle previsioni non solo sul capital gain atteso ma anche sul flusso dei dividendi attesi.
Inoltre, un altro aspetto è quello fiscale: soprattutto in caso di un. Portafoglio composito con titoli di diversi
stati, l’imposizione fiscale segue la normativa nazionale. Quindi una valutazione corretta implica anche una
valutazione dell’effetto fiscale. Se compriamo titoli italiani abbiamo un'agevolazione fiscale importante
(12,5%). Mentre i titoli di imprese private sono sottoposti a differenti aliquote fiscali in base alla scadenza. A
breve termine aliquota del 27%, salvo eccezioni; a lungo temine aliquote inferiori ma mai pari a quelle dei
titoli di stato.
Altro elemento è la negoziabilità e liquidabilità del titolo, che lo rendono meno rischioso a parità di altre
condizioni. Liquidità – rischio – rendimento.
Per rendere negoziabile un titolo che naturalmente non è mobile e liquidabile o non ha mercato secondario,
ci sono modalità come la cartolarizzazione che lo permettono. La cartolarizzazione crea le ABS che sono
titoli negoziabili emessi sul mercato che rappresentano il contro valore dei crediti che andiamo a cedere sul
mercato.
Le condizioni di negoziabilità:
-la liquidita naturale si riferisce alla scadenza determinata nel contratto
-la liquidità artificiale si riferisce alla possibilità che il titolo sia smobilizzato anticipatamente
Quindi un titolo di stato a 30 anni ha una liquidità naturale bassissima ma una liquidità artificiale elevata
poiché esiste mercato secondario regolamentato efficiente.
La negoziabilità teorica di uno strumento finanziario deve avere determinate caratteristiche ovvero essere
standardizzati, che a livello giuridico significa titoli di massa o titoli autonomi. Se mancano queste
caratteristiche non si può andare sul mercato. Ma se il titolo è anche standardizzato ma non esiste un
mercato dove lo si può negoziare la negoziabilità effettiva è assente. Ciò accade per emissioni di piccolo
importo o per titoli standardizzati ma che sono di emittenti poco noti al mercato. Ciò comporta che il prezzo
definito sul mercato definisce le esigenze delle sole due controparti interessate allo scambio, non è un
prezzo determinato da una massa di operazioni e quindi non è un prezzo di equilibrio tra domanda e offerta
e quindi non è coerente con il suo valore intrinseco.
Serve quindi per la negoziabilità effettiva sia un mercato secondario esistente sia un numero di operazioni di
scambio rilevante.
La mobilità di un titolo si intende se lo strumento può essere oggetto di transazioni successive, ovvero se ha
condizioni di negoziabilità.
I mercati spessi hanno grandi volumi di contrattazione continua nel tempo e quindi molto efficienti (opposto
di mercati sottili).
Tanto più sono tipizzati i titoli emessi tanto più si può creare mercati secondari efficienti. Quindi tutti i titoli
atipici e complessi nella struttura hanno difficoltà di negoziazione nel mercato secondario.
Se un portafoglio è tutto diversificato in tante tipologie di titoli atipici e non standardizzati più aumenta io
rischio di perdita complessivo.
Spesso per invogliare i sottoscrittori si utilizzano nomi che evocano strutture standardizzate es ‘obbligazioni’
ma poi la struttura e le caratteristiche tecniche delle obbligazioni strutturate sono ben diverse da quelle
delle obbligazioni ordinarie. Oppure le obbligazioni subordinate hanno struttura tecnica simile a
obbligazioni ordinarie ma hanno un profilo di rischio molto elevato.
Ancora peggio per le obbligazioni strutture standard collegate a strumenti derivati per cui è difficilissimo
fare un calcolo sul rendimento atteso perché lo strumento derivato influisce sulla base di ipotesi che variano
da soggetto a soggetto.
Altro elemento è il rischio che consiste nella differenza tra rendimento atteso e rendimento effettivo e la
variabilità è la volatilità del rendimento atteso. Il rischio va considerato comprendendo tutti gli elementi
prima citati.
Per gli strumenti finanziari facciamo riferimento sempre ai rischi speculativi (non puri che sono nei contratti
assicurativi). Gli speculativi possono avere anche effetti favorevoli mentre i puri possono essere traslati alla
compagnia assicurativa e possono avere solo effetti negativi.
I rischi speculativi possono essere gestiti con delle tecniche e coperti con degli strumenti derivati. Ovvero se
si crea un derivato che abbia come nozionale, e quindi come riferimento del sottostante, un ammontare
coerente con il rischio che intendiamo coprire.
Le tecniche di gestione dei rischi puri richiedono la creazione di pool di rischi e omogenizzazione dei rischi a
cui si applica la legge dei grandi numeri.
I rischi speculativi sono il rischio “emittente/controparte/credito”, poi il rischio di cambio (oscillazione del
cambio tra due valute), il rischio di liquidità (non si può disinvestire tempestivamente o non al prezzo di
equilibrio, ovvero si rischi di subire perdite in conto capitale).
Es se uno fallisce non può rimborsare il mutuo (rischio credito) mentre se non ha ricevuto lo stipendio,
temporaneamente non può pagare le rate (rischio liquidità).
Rischio monetario di inflazione (diverso dal rischio di cambio) che riguarda il potere di acquisto di un’unica
moneta (dipende dalla situazione economica dello stesso paese).
Mentre il rischio di cambio tra due valute, le quali hanno un valore che dipende dai fondamentali delle
rispettive economie nazionali.
Se in Italia c’è inflazione al 5% e in svizzera allo 0% o al 10%, per il rischio di cambio si considera il cambio ta
le due valute, il cui controvalore rispecchierà tutta la situazione/tutti i fondamentali dei singoli paesi. Quindi
nel tempo se l’economia svizzera si rafforza aumenta il valore del franco contro euro (ovvero si apprezza il
franco rispetto al euro). Mentre l’inflazione è un fenomeno monetario dovuto al potere di acquisto che
viene influenzato dalla situazione economica dello specifico paese.
Se un paese fosse l’unico ad avere inflazione nel mondo, avrebbe una moneta già solo per questo più
debole. E ciò si ripercuoterebbe nel cambio. Se invece i vari paesi hanno differenti livelli di inflazione
ciascuno sconta il suo potere d’acquisto più elevato o meno elevato. Ma il rischio di cambio, ovvero
l’oscillazione dello stesso è una cosa diversa che non dipenda solo dall’inflazione. Può essere influenzata in
positivo o negativo a seconda del grado di inflazione che c’è nell’altro paese. Ma non è l’unico elemento che
fa oscillare il cambio tra due valute.
Infine tutti i rischi sono interconnessi tra di loro. Poi si può cercare di individuare il rischio specifico che ha
causato o potrebbe causa l’oscillazione del valore del titolo. Es l’insolvenza dell’emittente a rimborsare può
essere dovuto dal cambio meno forte della sua valuta o dall’inflazione nel suo paese.
Il rischio di re-investimento si crea quando i flussi di cassa (di rimborso) precedono la scadenza attesa, per
cui ho il problema di dover reinvestire a condizioni di mercato a condizioni modificate, migliori o peggiori.
Ma anche quando si hanno titoli, esclusi gli zero coupon (i quali scontano gli interessi al momento del
rimborso in un’unica soluzione), che prevedono il pagamento delle cedole periodico. Tali cifre delle cedole
vanno re-investire periodicamente a condizioni che sano pari a quelle iniziali di sottoscrizione dell’
obbligazione.
Quindi rischio di reinvestimento è relativo sia alla quota interessi sia alla quota capitale (se c’è clausola che
permette di anticipare il rimborso).

Il rischio interesse è che oscillino i tassi sul mercato per i titoli di debito. Risente ulteriormente se il
rendimento è legato a un tasso variabile e quindi la quota interessi peggiora. Anche la quota capitale risente
dei tassi, infatti, se salgono i tassi la nostra obbligazione a tasso fisso perde valore essendo uno strumento
meno conveniente a quelli di nuova emissione.
Il rischio di prezzo è che oscilla il prezzo sul mercato per i titoli azionari.
<-sono lo stesso rischio per differenti tipologie di titoli
Le componenti del rischio di un titolo sono una diversificabile e una non diversificabile. La prima sono rischi
che derivano dai valori fondamentali dello specifico emittente e dalle aspettative sull’evoluzione di tali valori
e poi il settore di riferimento (il cui andamento influenza il valore di tutte le aziende, salvo rare eccezioni).
Questa componente si puo diversificare attraverso degli accorgimenti strategici, es diversificare per area
geografica, per settore merceologico, per dimensioni, per tipologie di business model, ecc.
Le aspettative di un titolo dipendono dalla componente dei fondamentali, da quella del suo settore, dal
sistema generale. Quest’ultimo non è diversificabile.
Titoli di debito - modalità di emissione, clausole contrattuali, condizioni di sviluppo sia sul mercato primario
che secondario:
Le tipologie sono tante e hanno delle caratteristiche generali. I titoli di debito sono tutti titoli di credito, ai
sensi del codice civile. Generalmente emessi al portatore e in massa (pari valore nominale, standardizzati,
caratteristiche tecniche specifiche - al fine della fungibilità). Di per sè dal PoV giuridico sono titoli complessi
perché danno un diritto principale alla restituzione del capitale (infatti se un titolo non prevede un rimborso
alla pari cioè pari al valore nominale sottoscritto dall’investitore allora non è una obbligazione ordinaria
bensì un titolo più complesso con natura ibrida) e dei diritti accessori, ovvero le cedole periodiche oppure
gli zero coupon con un valore di rimborso superiore al prezzo di acquisto del titolo (il rendimento è implicito
nella differenza tra prezzo e valore) – quindi i zero coupon non sono sottoscritti al valore nominale, ma a
meno.
Un aspetto importante è il grado di privilegio. A parità di tutte le altre caratteristiche le obbligazioni possono
essere privilegiate (1), chirografarie (2) oppure subordinate (3). Tale privilegio si ripercuote sull’ordine di
rimborso in caso di insolvenza di parte dei debiti. Se non è scritto nulla allora i titoli sono chirografari. Oltre
a valutare il rating di rischio di un azienda bisogna anche vedere che tipo di privilegio si ha o meno. Le
privilegiate poi avranno un rendimento minore (es qualche basis point in meno).
Emittenti molto credibili sul mercato hanno ultimato strumenti ibridi o subordinati per altri fini, come il fatto
che tali titoli (per gli intermediari), a certe condizioni, possono essere computati ai fini del patrimonio di
vigilanza (quindi accrescono il patrimonio).
Quindi i titoli obbligazionari detti anche di credito si caratterizzano perché viene individuato un valore
nominale che poi costituisce il valore di rimborso, un taglio minimo sottoscrivibile (definisce implicitamente
a chi sono rivolti). A proposito determinati strumenti e determinate tipologie di fondi di investimento non
possono essere rivolte ai retail e quindi è la legge stessa che definisce il taglio minimo (es hedge founds
hanno taglio minimo tra 200mila e 500mila euro imposto dalla normativa).
Il tasso nominale deve essere indicato ed è l’interesse percentuale rispetto al valore nominale.
Generalmente è un valore annuo; se le cedole sono infra-annuali es semestrali, bisogna calcolare
l’equivalente per sapere i flussi attesi. Il tasso può essere fisso o variabile nel tempo. Variabile è o
predeterminato dall’azienda che indica le condizioni oppure indicizzato rispetto a parametri di riferimento.
Le modalità di estinzione sono due. Ordinaria = a scadenza (zero coupon) oppure rimborso progressivo:
(previsto da specifiche clausole contrattuali) con possibilità di rimborsare anticipatamente o possibilità
riduzione progressiva del debito con corrispondente riduzione del valore nominale.
Un altro caso di rimborso straordinario è l’acquisto sul mercato per le azioni (emittente riacquista azioni
proprie, ma entro determinati limiti imposti dalla legge). Mentre analogamente per le obbligazioni puo
essere prevista una clausola che su richiesta dell’investitore, i suoi titoli vengono riacquistati da un
intermediario preposto. Se non c’è questa clausola l’unica possibilità è il mercato secondario per tornare in
possesso del capitale.
Nei contratti viene sempre indicata la durata massima. Invece la durata residua dipende dallo scorrere del
tempo. La durata residua ci da una precisa indicazione sul grado di liquidabilità del titolo. Se un titolo
30ennale ha una durata residua di 1 anno allora è altamente liquidabile.
La durata minima invece è che l’impresa non può rimborsarli in anticipo prima di tot anni. Quindi il rischio di
re-investimento è a partire solo da dopo la durata minima stabilita.
La durata media invece è la media tra la durata minima e la scadenza contrattuale, se non prevedi
modifiche. Se invece prevedi modifiche ovvero che tot anni dopo la durata minima sarà rimborsato in
anticipo, allora la media è tra questo tot di anni e la scadenza contrattuale. Ovvero prevede che un titolo
trentennale (che abbia o meno una durata minima, basa che questa non sia ovviamente superiore a 10
anni) sarà rimborsato anticipatamente tra 10 anni; quindi, la media è 20 anni (?).
L’indicizzazione dei tassi variabili. L’emittente deve indicare all’investitore il parametro di riferimento per
effettuare il calcolo del rendimento. Bisogna valutare attentamente sia il parametro stesso sia il tempo di
adeguamento del calcolo degli interessi (come il flusso cedolare) rispetto alla modifica del parametro.
Es. L’emittente emette un titolo a tre anni, indicizzato all’andamento del tasso dei bot. Tale parametro è
molto sensibile all’evoluzione dei tassi di mercato (perché i bot sono emessi tutti i mesi sulla base di un’asta
competitiva e quindi esprime un prezzo coerente coi volumi e i tassi di mercato). Se l’emittente lega il
rendimento al tasso dei bot è molto favorevole per gli investitori, perché il rendimento si adegua in linea
con l’andamento di mercato. (Se l’emissione fosse a più lungo termine come trent’anni prenderò i bot o i
btp o i cct con scadenze più lunghe e coerenti con il titolo emesso).
Se è indicizzato a un tasso molto sensibile ai tassi di mercato è ridotto il rischio di reinvestimento per gli
investitori. Ovvero è come se il reinvestimento, alle nuove condizioni di mercato, avvenisse in automatico di
periodo in periodo.
Altro caso è quando si stabilisce il parametro ma lo si adegua al proprio tasso dopo tot tempo, come dopo 6
mesi. Allora c’è una lentezza nell’adeguamento del parametro e una rischiosità maggiore.
L’indicizzazione finanziaria è quella più utilizzata.
L’indicizzazione poi si classifica per tipo di indice (finanziaria=ai tassi dei bot; valutaria=rapporto di cambio
tra due valute; reale=il parametro è la variazione dei prezzi (il rendimento è aggiustato al crescere
dell’inflazione)) e in relazione al procedimento con il cui i parametri vengono legati al capitale o agli
interessi (come abbiamo visto o il lag temporale dopo 6 mesi ma anche può essere che l’indicizzazione sia
completa/piena o solo parziale=ovvero che l’indicizzazione è riferita solo a una quota dell’intero valore
nominale-per cui l’impatto complessivo è inferiore)(inoltre l’adeguamento può essere proporzionale o
meno rispetto all’indice: aumenta il tasso di mercato di 0,50 allora il calcolo relativo alle cedole assorbe 0,50
o solo quota parte[0,30 ovvero 60%]). Inoltre può esserci un tasso minimo o massimo oltre il quale
l’indicizzazione non scatta più: floor o cap. Il cap limita l’onore complessivo dell’emissione in casi estremi di
crescita dei tassi di mercato. Il floor è per tutelare gli investitori che gli da in ogni caso un minimo di di tasso.
(Il mercato delle materie prime non è finanziario ma è un mercato delle merci, ovvero se si lega il tasso a tali
mercati l’indicizzazione non è ‘finanziaria’).
Titoli di stato e le modalità di emissione mediante asta pubblica.
Di titoli di stato esistono varie tipologie. Hanno un’aliquota fiscale agevolata. Emissione sempre e solo asta
(competitiva o marginale). Un’asta è possibile se l’emissione è di ingentissimo ammontare, frequenti e di
piccolo taglio unitario. Così che a un’offerta corrisponde una molteplicità di domande che concorrono a
stabilire il prezzo corretto. Poi il prezzo è definito dagli investitori istituzionali che sono professionali e
competenti, e poi gli investitori retail otterranno un prezzo efficace ottenuto in modo concorrenziale dagli
investitori istituzionali. Il meccanismo ad asta serve che il mercato sia efficiente, spesso, con ammontare
consistenti e che la domanda sia consistente pure.
Tutti i titoli di stato sono quotati, il che li rende continuativamente negoziabili e significativamente liquidabili
a prezzi definiti sui mercati. Es l’MTS mercato telematico dei titoli di stato. Poi esiste il segmento relativo alla
quotazione delle azioni, il segmento delle obbligazioni, segmento delle abs e altri segmenti.
Il mercato secondario dei titoli di stato è un mercato all’ingrosso = ovvero con contrattazioni di importi
unitari molto elevati per cui su tali mercati agiscono i professionisti/intermediari (distinto dal mercato al
dettaglio). Es gli intermediari usano tale mercato all’ingrosso per le negoziazioni per conto di fondi di
investimento o anche per conto proprio (del loro portafoglio) o raccolgono gli ordini della clientela per
ammontare consistenti e poi agiscono come controparte della clientela.
I titoli corporate ed emissione e collocamento mediante consorzi.
4:
I titoli di stato vengono trattati sia sul primario che sul secondario a condizioni specifiche particolari. Es il
collocamento avviene con asta con intermediari ammessi al mercato all’ingrosso con autorizzazione della
banca di Italia. Esistono tecniche d’asta differenti per i bot e per tutti gli altri tipi di titoli di stato.
I bot, buoni pordinari del tesoro, sono a breve periodo (da 1 mese a 3 mesi a 6 mesi e a 12mesi) e zero
coupon. Il taglio minimo è sempre 1000euro, destinato ai retail.
Come gli altri titoli di stato l’aliquota è il 12,5%.
Tutti i titoli di stato sono ammessi a diritto alla quotazione. Per gli altri titoli la quotazione può avvenire su
richiesta dell’emittente o di diritto (previsto dalla normativa). Quindi gli emittenti privati posso scegliere se
quotare i propri titoli sul mercato ufficiale o meno, attraverso una specifica richiesta a borsa italiana che
deve rispettare dei requisiti condivisi con la consob e l’autorità di vigilanza.
I titoli di stato di diritto sono quotati sul MOT (1primario), che è il mercato obbligazionario. E poi sono trattai
sul mercato secondario ufficiale che si chiama MTS (2secondario), che è telematico dedicato ai titoli di stato
ed è all’ingrosso (operano solo gli intermediari abilitati=sufficienti competenze tecniche e dotazione di
capitale congrua per i rischi impliciti nelle negoziazioni di volumi considerevoli).
I privati fanno pervenire la loro richiesta a un intermediario abilitato, come la propria banca o
l’Intermediario partner della banca.
Le peculiarità per i bot:
Sono zero coupon.
Hanno asta competitiva. Tutti gli altri titoli di stato hanno asta marginale.
Sono lo strumento di mercato monetario principale in Italia ed è lo strumento che concorre a definire la
struttura dei tassi di interesse a breve termine; quindi, è il benchmark per l’indicizzazione di titoli a tasso
variabile di emittenti privati.
Sono titoli che costituiscono una forte concorrenza per gli emittenti privati. Anche per il regime fiscale
agevolato e i tassi di rendimento che rispecchiano i tassi di mercato monetario.
I CTZ, certificati del tesoro a tasso zero, sono titoli al portatore biennali e zero coupon.
Nascono per introdurre una tipologia di titoli di stato a media scadenza. Al fine di avere flussi in uscita a
medio termine e alleggerire l’onore del debito pubblico.
Hanno asta marginale.
I btp, buoni del tesoro poliennali, prima avevano scadenza 10ennale ma ora anche più brevi (ma comunque
più lunghe). Es Btp valore del 2023 (per la prima volta hanno cedola trimestrale e non semestrale).
No zero coupon bensì hanno cedole periodiche semestrali prestabilite al momento dell’emissione (come
tutti i titoli di stato).
Il rimborso è in unica soluzione a scadenza. Durante la vita del titolo percepisco solo le cedole.
Le banche non fanno gestione patrimonio mobiliare personalizzata per cifre di soli 50’000euro, al massimo
di comprano quote di fondi in un portafoglio prestabilito per il tuo profilo di rischio.
I CTT, certificati di credito del tesoro, scadenza 7 anni, con asta marginale. Particolarità nella metodologia
per il calcolo del rendimento. È uno dei pochi titoli di stato che prevede un tasso variabile. Questo è servito
a gestire periodi di alta inflazione (es anni ’70 quasi al 20% che erodeva considerevolmente il rendimento
netto e il valore del capitale investito, quindi lo stato per continuare a finanziarsi legava i suoi titoli alla
variabilità del tasso). Per renderlo appetibile il tasso variabile è ancorato a un tasso molto sensibile ovvero
alla variazione della struttura dei tassi (tasso dei bot). Inoltre, siccome la scadenza non è annuale ma più
lunga, viene riconosciuta anche una maggiorazione di rendimento per via della lunga durata (altrimenti
sottoscrivevo i bot che sono annuali).
Si capisce così l’importanza delle previsioni sulle strutture a tasso variabile.
Se aumenta il tasso aumentano gli oneri finanziari degli interessi da corrispondere da parte dell’emittente
che quindi tenterà di rendere più lento o complesso l’adeguamento del tasso variabile al rialzo dei tassi di
mercato rispetto che al ribasso.
Lo stato può usare diversi strumenti, con scadenze diverse, condizioni diverse di parametrizzazione o
indicizzazione. Tutto ciò è difinito da decreti del governo che mirano a gestire l’economia e stabiliscono cosa
emettere e quando emettere e a che condizioni.
Però operativamente l’asta viene gestita dalla banca di Italia.
Divorzio banca-stato negli anni ’80. Prima tutte le emissioni venivano sottoscritte dalla banca di Italia che a
sua volta vendeva i titoli alle banche. Quindi il sistema bancario era al servizio dello stato. Doveva utilizzare
le sue risorse per investire in titoli di stato e solo il residuo delle sue disponibilità poteva utilizzarlo per
erogare crediti (vincolo di portafoglio). Ed esisteva anche il massimale sui crediti (un massimo di crediti da
erogare per avere spazio per acquistare i titoli di stato).
Ora non esiste più nessun acquirente obbligato a prendere i titoli di stato italiano.
Se lo stato è credibile, non ha spread eccessivo e un buon rating allora riuscirà ad attrarre capitali dal
sistema finanziario e dall’estero.
Ora la banca di Italia fornisce un servizio operativo.
Quest ha implicazioni anche sulla politica monetaria.
Le banche italiane erano imbottite di titoli di stato. Le operazioni di rifinanziamento (es pronti contro
termine e altre tipologie) - (che sono le operazioni i di politica monetaria che la banca centrale fa in
contropartita con sistema bancario) avevano come titoli ammessi i titoli pubblici/di stato.
Ora con il sistema europeo è la bce che indica i titoli ammissibili e a che condizioni a seconda
dell’orientamento restrittivo o espansivo della politica monetaria. Sono ammessi alle operazioni di
rifinanziamento non solo titoli governativi ma anche titoli privati. <-cambiamento radicale che rispecchia la
natura privata del sistema finanziario.

La banca di Italia gestisce solo le aste. Competitiva solo per i bot altrimenti per tutti gli altri la marginale. In
base al TUF alle aste sono ammessi solo operatori qualificati come banche e sim anche estere e extra eu.
Questi possono operare o in conto proprio (acquistano titoli da immettere in proprio bilancio) o per conto
terzi (retail o clientela istituzionale).
Differenza sostanziale tra asta competitività e marginale è nella determinazione e nella modalità di
fissazione del prezzo a cui vengono effettivamente assegnati i titoli.
Asta competitiva: (è quella dei bot che sono zero coupon) gli intermediari esprimo delle proposte di
sottoscrizione, inviandole alla banca di Italia (nello specifico orario e data), la quale ha indicato il
quantitativo di emissione senza indicare un prezzo minimo. Gli operatori immettono ordini facendo una
proposta di prezzo e hanno la possibilità di fare 3 o 5 proposte al massimo (entro la scadenza fissata).
Questo serve nel caso le condizioni di mercato cambino repentinamente e quindi le proposte fatte risultano
inadeguate. Il nuovo ordine annulla il precedente.
L’assegnazione competitiva avviene fino a quando non si esaurisce il totale dell’emissione ai prezzi indicati
dal proponente. Prevalgono i prezzi migliori per la banca di Italia, quindi assegnazione in ordine decrescente
di prezzo. Le differenze di prezzi variano di pochi basis point. Le offerte devono essere di almeno 1milione e
mezzo.
Nei momenti di forte volatilità di mercato o quando il sistema italiano è sotto pressione per aumento dello
spread o attacchi speculativi contro l’Italia, può succedere che i prezzi che si formano siano molto elevati e
quindi un rendimento del titolo minimo. Quindi il ministero può definire una soglia-un corridoio dei prezzi-
minima e massima ritenuti accettabili. Questo per far si che nessuno possa artificialmente attraverso le aste
dei bot (strumenti di politica monetaria e parametro indice dei tassi variabili) muovere la struttura dei tassi
di mercato per ottenerne un vantaggio speculativo.
Quindi prezzi diversi per i singoli aggiudicatari.
Asta marginale:
L’importo quantitativo minimo è più basso 500000euro (mezzo milione).
Possibili 3 o 5 domande a seconda della volatilità del mercato in quel periodo. La domanda successiva
elimina la precedente.
Si applica il prezzo marginale. Vengono assegnati i quantitativi secondo la logica del prezzo decrescente ma
il prezzo che viene effettivamente pagato da tutti gli aggiudicatari (esclusi quelli che avevano proposto prezzi
troppo bassi) è uguale per tutti, ovvero quello inferiore tra quelli proposti dagli aggiudicatari stessi.
È un meccanismo più oneroso per lo stato.
L’ammontare dell’emissione è fisso ed è predeterminato dal ministero.
I retail possono comprare un titolo di stato (Btp) o dando un ordine alla propria banca abilitata che poi lo
includerà nella sua proposta nell’arco temporale di ricezione delle proposte alla banca di Italia e cosi lo si
prende all’emissione o, altrimenti, se lo si vuole prendere dopo l’arco temporale di ricezione degli ordini alla
banca di Italia, il prezzo che si sosterrà e che la nostra banca ci addebiterà sarà quello di mercato
(secondario) o anche quello definito dalla banca stessa se mi vende un Btp che ha in portafoglio (e quindi si
mette in contropartita diretta).
A un titolo corrisponde un ISIN = codice identificativo che identifica i titoli di una specifica emissione.
Altrimenti se vuoi un Btp la banca ti fornisce un Btp a caso tra quelli che ha in conto proprio o che trova sul
mercato.
Quindi le banche possono prendere gli ordini della clientela nel periodo di asta e includono tale ordine nella
loro proposta complessiva e se poi risultano aggiudicatari allora soddisferanno i propri clienti altrimenti no.
Oppure se ricevono l’ordine dopo l’aggiudicazione dell’asta allora prenderanno i titoli richiesti dal cliente sul
mercato secondario al prezzo di mercato.
Se arrivano troppe richieste si assegnano le richieste secondo diversi criteri di riparto prestabiliti.
Nei periodi di maggiore instabilità 2008 e 2011 per i bpt e cct le aste marginali erano con un importo e
prezzo discrezionale nel periodo annunciato dal secondo comunicato (molto prossimo al momento di
aggiudicazione) e in un arco temporale definito.
Emissioni dei corporate bond:
I titoli di debito vanno rimborsasti sia per il valore nominale sia per la quota interessi definita.
Per l’emittente significa avere in CE degli oneri che incidono sulla redditività e riducono il risultato di
esercizio. Tali oneri possono rivelarsi insostenibili se la capacita reddituale non è adeguata. Serve un
equilibrio e una giusta proporzione tra indebitamento e capitale di rischio.
Per l’emittente al crescere dell’indebitamento aumenta il rischio. Chi la finanzia si vuole accertare che abbia
una capacità reddituale futura adeguata a ripagare il costo del debito. Serve una visione prospettica per
valutare l’azienda emittente. Quindi si guarda la sua struttura finanziaria attuale e prospettica e si analizza il
bilancio e alcuni indicatori come quanto incidono gli oneri finanziari sui margini reddituali. Gli oneri
finanziari non devono eccedere il margine reddituale altrimenti la richiesta di un finanziamento (anche
tramite emissione di titoli di debito) serve solo ad allungare le scadenze del proprio indebitamento.
Più uno si indebita più cresce la leva ovvero il rapporto tra mezzi di terzi e mezzi propri.
Se un emittente è più rischioso gli si chiede un tasso di remunerazione dell'investimento più alto del tasso di
mercato. Quindi tanto più si fanno emissioni tanto più le emissioni successive diventano più onerose per
l’emittente, perché man mano il margine reddituale si riduce e aumenta il rischio di rimborso.
Le aziende usano la strategia di indebitarsi perché comporta una riduzione dell’impatto fiscale, riducendo il
risultato di esercizio su cui si calcolano le tasse. Inoltre, a questo fine si usano anche i titoli subordinati.
Se invece emette azioni, il rendimento delle azioni si paga attraverso i dividendi che derivano dall’utile di
esercizio netto (al netto delle imposte-quindi dopo le tasse).
I titoli corporate possono avere aliquote fiscali fino al 27% per quelli a più breve termine. Se le aliquote
fiscali su uno strumento sono troppo penalizzanti e non rendono appetibili tale titolo, tale titolo va in
disuso.
Le norme fiscali nel tempo cambiano, es una normativa per rendere più appetibili i titoli delle PMI
riducendone l’aliquota.
Il costo dell’emissione non è legato solo alla valutazione dei flussi di cassa prospettici che l’azienda è in
grado di produrre. Ma si deve decidere anche i volumi dell’emissione e il tasso e quindi poi si capisce quanti
flussi di cassa ci saranno in uscita per tale ammontare di debito al determinato tasso di rendimento
promesso. Perché se emetto 1milione e do rendimento a 1%, mi servirà riuscire ad esportare di soli interessi
10'000 – mentre se emetto 100'000 all’1% dovrò esborsare solo 1000. E se il mio margine operativo è di
5000 nel secondo caso tutto ok, mentre nel primo caso non riuscirei salvo che con il finanziamento aumenti
la produzione e quindi anche il margine da 5000 salga ad almeno 10'000.
Poi si devono anche considerare i costi di organizzare e sviluppare un’operazione di emissione. Se non si ha
un dipartimento finanziario interno bisogna esternalizzare e pagare commissioni importanti. Si fa
un'emissione se a livello strategico se ne intende poi fare altre altrimenti non ha senso perché la prima volta
anche si sostengono costi maggiori.
Poi c’è il rischio che sul mercato in quel momento non ci sia capacità di assorbimento dell’emissione perché
anche altre aziende (migliori dal profilo rischio rendimento) stanno emettendo contestualmente. Il timing è
importante.
A livello corporate si possono avere dei titoli di mercato monetario e dei titoli a medio lungo termine.
I titoli di mercato monetario: accettazioni bancarie, polizze di credito commerciale e ambialo finanziarie.
In generale non sono titoli molto liquidi e quindi l’impresa emittente deve cercare di sviluppare un mercato
secondario. Perché non sono quotati di diritto come i titoli di stato.
Servono per soddisfare esigenze di breve termine di liquidita per l’azienda, in alternativa all’indebitamente
bancario.
I costi di consulenza e realizzo dell’operazione hanno senso se l’emissione supera una cera soglia minima.
Per incentivare le PMI ad andare sui mercati la normativa dal 2011 prevede strumenti innovativi per le PMI
che prima nel codice civile erano destinati solo a società per azioni o di dimensioni rilevanti, come importi
minimi di emissione.
Accettazione bancaria: è un titolo di credito con scadenza tra tre e dodici mesi. È una cambiale ‘tratta’,
quindi disciplinata dal codice civile, per cui è un titolo garantito dalla banca che firma l’accettazione
bancaria.
La banca si rende garante in caso di insolvenza dell’emittente: è un credito di firma della banca.
Lo sviluppo del mercato delle accettazioni bancarie è dovuto al taglio (da 50'000 a 250'000 euro) e la
ritenuta fiscale penalizzante (27% perché è a breve). È la naturale prosecuzione del rapporto banca-impresa,
perché la banca ha valutato positivamente il profilo di rischio dell’impresa perché si mette come garante.
Quindi l’acquirente è più invogliato a sottoscriverlo come titolo. La banca chiede all’emittente di ‘fare
provvista’ prima del rimborso, ovvero costituire i fondi necessari per l’estinzione dell’obbligazione.
Se l’impresa non riuscisse ad avere tali fondi allora il credito di firma si trasforma in un credito per cassa.
Grazie alla garanzia della banca si è creato un mercato secondario per le accettazioni bancarie e così le
imprese hanno potuto scambiare le proprie accettazioni bancarie per gestire meglio la propria tesoreria e la
propria liquidità. Quindi acquistano o vendono accettazioni in base alle eccedenze o ai deficit finanziari che
registrano nel tempo.
Polizza di credito commerciale (non è una cambiale tratta per cui il rapporto tra traente e garante è ben
diverso) è semplicemente una lettera di riconoscimento ovvero di legittimazione di un debito con una certa
scadenza (tra 1 e 3 mesi). Per rendere più appetibile il titolo l’emittente può chiedere un altro tipo di
garanzia alla banca ovvero la fideiussione. Cioè garantisce il pagamento ai sottoscrittori della polizza di
credito commerciale. Differenza da cambiali: nelle cambiali c’è un’obbligato principale che è la banca, che
diventa proprio il debitore (attenzione a patrimonio di vigilanza) – mentre nella polizza di credito
commerciale è l’impresa emittente a essere obbligata, la banca subentra solo in caso l’impresa non riesca a
far fronte. Anche tale strumento è penalizzato dalla ritenuta fiscale e inoltre ci deve essere anche una
commissione per la fideiussione alla banca, oltre al costo degli interessi agli investitori. Poi un’ulteriore
commissione se la banca opera (per svilupparlo) sul mercato secondario operando in contropartita per
questi strumenti. Soglia minima per questi strumenti è di 200’000euro, perché al disotto è impossibile avere
un mercato secondario.
Cambiali ‘finanziarie’ (diversa dalle cambiali ‘tratte’ per cui a questo titolo non sottosta una transazione
commerciale, ovvero non nasce da un’acquisto di un bene o un servizio – se il debitore non paga la cambiale
tratta il creditore può rivalersi sul bene sottostante da cui è sorta l’obbligazione, ed acquisto di un
macchinario tramite cambiale tratta).
Per le cambiali finanziarie la scadenza (secondo l’ultima modifica normativa) è ampliata da 1 a 36 mesi, così
che le PMI possano utilizzarlo come strumento.
Importo minimo è 51000euro, possono essere o offerte a privati o offerte al pubblico, rispettivamente con
una legislazione differente (livello di tutele elevate per offerte al pubblico retail).
La modalità di determinazione del prezzo è simile a quella dei titoli zero coupon, perché vengono emessi
sotto la pari e rimborsati al valore nominale. Quindi si parla di un’emissione a sconto.
Prima la cambiale finanziaria era possibile solo per soggetti che fossero quotati ma poi dal 2012 anche a
imprese assistite da un intermediario finanziario che assicura la liquidità sul titolo. Quindi anche le imprese
di medie dimensioni (e non quotate ma a determinate condizioni) riescono a farlo. Escluse comunque sia le
banche come emittenti perché alle banche non è consentito l’utilizzo di strumenti di raccolta a breve
termine perché già hanno, con riserva di legge, la possibilità di raccogliere risparmio tramite conti correnti a
vista (che sono uno strumento liquido essendo moneta bancaria/fiduciaria).
È un titolo di credito a breve termine ma non garantito. Analogamente alle cambiali tratte incorpora il titolo
di credito e per cui è negoziabile e cedibile a terzi. La differenza è la natura finanziaria per cui ad esse non
sottosta un prodotto.
Inoltre, essendo sul titolo di credito previsto la girata senza garanzia, questo consente di creare un mercato
secondario e negoziare il titolo sul secondario. Mentre ciò non è possibile per le cambiali tratte perché i
giranti sono co-responsabili e devono essere sempre individuabili.
Quindi per i titoli a breve termine è ancora oggi importante la presenza degli intermediari o come garanti o
per alimentare lo sviluppo del mercato secondario.
Quindi si capisce che il processo di accesso al mercato è graduale e serve l’accompagnamento delle banche
e intermediari finanziari. Ma se i tassi di mercato sono elevati la banca non ha intenzione di rinunciare al
guadagno del credito. Ma comunque sia, le banche intelligenti (oltre per le commissioni) accompagnano lo
stesso l’impresa sul mercato affinché questa diversifichi la sua struttura finanziaria, le fonti di
finanziamento. Ma la banca deve anche essere competente. Nel periodo di tassi molto bassi le banche sono
state spinte a cercare di guadagnare anche dalle commissioni dei servizi di accompagnamento sui mercati
perché la remunerazione dell’attività creditizia era minima.
Infatti, le banche più sviluppate hanno sviluppato la divisione di corporate banking, di investment banking e
di consulenza per le operazioni di mercato per ridurre il rischio di credito che hanno in pancia e diversificare
le fonti di guadagno.
La normativa ha fissato il limite di ammontare di tali strumenti di debito (che siano a breve, medio o lungo
termine: somma di cambiali finanziarie + obbligazioni + certificati di investimento) al valore totale del
capitale sociale e delle riserve. Questo perché tali strumenti sono collocati sul mercato ma si potrebbero
avere anche ulteriori debiti come finanziamenti bancari. Quindi il capitale di terzi non deve essere eccessivo
soprattutto se una parte di esso è quotata sul mercato. Al fine di tutelare gli investitori, in particolare i retail.
Quindi è fissato una soglia/un tetto all’indebitamente delle imprese che vanno sul mercato.
Ma poi questi limiti sono stati modificati per favorire l’emissione di cambiali finanziarie per le piccole e
medie imprese. A condizione della presenza di un’intermediario finanziario, che funge da nomad o specialist
(che ci assicura liquidità sul mercato secondario). L’Intermediario valuta l’emissione e l’azienda per non
rischiare la sua reputazione.
Le imprese non sono molto autonome per accedere ai mercati regolamentati. Mentre sui mercati non
regolamentati sono più libere, con meno obblighi ma con più rischio.
Per la cambiale finanziaria l’aliquota è favorevole ovvero 12,5%(?).
Poi titoli di medio lungo termine:
Obbligazioni ordinarie, obb. co-warrant, obb. convertibili, obb. ibride. L’innovazione finanziaria porta al fatto
che le tipologie di titoli evolvono nella struttura più complessa ma comunque hanno elementi caratterizzanti
e comunque natura di debito.
La struttura tecnica (come viste precedentemente) di un titolo di debito è quella che ritroviamo nelle
obbligazioni ordinarie.
In passato, prima della riforma del diritto commerciale 2004, l’emissione di obbligazioni era consentita solo
a SPA e SAPA previa delibera dell’assemblea straordinaria. Era un’operazione straordinaria al pari di una
fusione.
Ora l’emissione è decisa dal CdA (coloro che esprimono la governance per conto degli azionisti) senza
delibera di nessuna assemblea. Decide sia quanto e quanto.
Prima della riforma c’era un limite quantitativo definito pari a capitale sociale ma solo per la quota versata
ed effettivamente esistente (deve esserci in cassa). Unica eccezione erano le banche, chi dava una garanzia
ipotecaria sugli immobili della società o titoli di stato a garanzia e alle società quotate (autorizzate da borsa
italiana e sottoposte a vigilanza della consob). Ma ora il limite quantitativo è estremamente meno
stringente, ovvero non è più il capitale versato e disponibile bensì è due volte il capitale sociale + la riserva
legale + la riserva disponibile. Ovvero più del doppio del patrimonio. Inoltre, questo limite è superabile se
l’emissione è indirizzata a investitori istituzionale. Ma poi questi titoli non possono essere rivenduti ai retail
oppure l’investitore istituzionale che rivende ne rimane garante sino al rimborso. È una norma forte
conseguenza alla crisi (molti retail ci avevano perso) successa dopo l’introduzione del nuovo diritto
commerciale. Comunque, tali limiti non si applicano alle emissioni di società quotate o se c’è una ipoteca o
per ragioni di interesse nazionale e per le obbligazioni bancarie.
5:
Le obbligazioni ordinarie hanno tutti gli elementi distintivi di un titolo obbligazionario. Gli emittenti (escluse
le banche che emettono obbligazioni, perché svolgono una funzione specifica che le differenzia dalle altre).
Fanno una comunicazione sia a banca di Italia sia alla consob.
Le emissioni di obbligazioni bancarie seguono una disciplina in parte diversa per adattare tale strumento
alle esigenze operative delle banche. Ad esempio, le banche minori hanno limite di emettere obb. ordinarie
per i retail, perché avrebbero scarso mercato secondario e poca negoziabilità – per cui le banche minori
possono emettere solo sul mercato all’ingrosso. Le banche maggiori possono invece avere target anche i
retail.
Obbligazioni convertibili:
Caratteristiche identiche alle ordinarie ma in più danno la facoltà al sottoscrittore di scegliere, o a una certa
data o entro un periodo predefinito, se rimanere obbligazionista o modificare il proprio status in azionista.
Motivazioni retrostanti: dare tempo al sottoscrittore di conoscere (osservare l’andamento societario)
l’azienda per invogliarlo a diventarne azionista (così da non dover restituire il capitale).
Il rendimento di una obb. convertibile è minore tendenzialmente di una ordinaria. Per cui l’emittente deve
essere già credibile e avere una buona reputazione sui mercati.
Ogni emissione e forma tecnica deve essere coerente con il piano strategico dell’azienda. Non si deve
ingannare con strumenti complessi gli investitori bensì soddisfarli altrimenti a lungo termine si perde
credibilità.
Le convertibili offrono al sottoscrittore di permanere obbligazionista se il valore azionario della società
peggiora ma anche la possibilità di beneficiare da un miglioramento del valore delle azioni sul mercato.
Sono convertibili o a partire da una data, o anche fin dall’inizio. Se l’investitore converte, l’obb. viene
annullata e riceve azioni di con-cambio. Al momento dell’emissione si stabilisce il valore di cambio tra obb.
convertibili e azioni.
In passato questo strumento è stato usato male, ovvero alcune aziende lo usavano per ridurre l’onore della
raccolta. Rendendo poco conveniente e favorevole la conversione in azione. Gli investitori quindi non
convertendo erano rimasti in possesso di una obbligazione con un rendimento basso.
Ma tale ‘tecnica’ non funziona più.
Oggi è molto diffuso. Solitamente non si fissa una data unica per la conversione bensì un periodo (ambio o
anche tutta la durata dello strumento). Ciò invoglia di più l’investitore, che non rischia che proprio in quella
finestra temporale il prezzo delle azioni sul mercato non risulti conveniente rispetto al prezzo di conversione
(predeterminato). Piuttosto se l’investitore vuole azioni le compra sul mercato dove sono quotate a un
minor prezzo.
Se invece la finestra temporale è ampia l’investitore ha più tempo e possibilità di trovare conveniente la
conversione rispetto al prezzo di mercato.
Inoltre, questo strumento può essere utilizzato anche in modo indiretto. Ovvero l’emittente delle
obbligazioni non coincide con l’azienda che converte in azioni. Quindi è un modo per consentire a
un’azienda terza (partecipata – quota tendente al 100%) l’emissione di azioni, tramite la credibilità e la
reputazione della capogruppo. Anche perché la partecipata ha difficoltà a fare un’operazione di aumento
capitale sui mercati, vista la mancanza di competenze tecniche.
La conversione non è sempre totale ma può essere anche parziale.
Il periodo di conversione è essenziale. Il rapporto e prezzo di conversione è importante perché renda
vantaggiosa la conversione, rispetto al prezzo di mercato delle azioni.
Essendo che se l’investitore converte, entra a far parte del capitale della società, ciò può comportare una
modifica nelle percentuali di possesso del capitale. Quindi, come tutti gli strumenti che possono modificare
l’assetto societario, devono essere offerti in prelazione agli azionisti. Quindi queste obb. convertibili devono
essere prima offerte ai soci preesistenti affinché possa mantenere inalterata la sua percentuale di
possesso/la sua quota percentuale.
Al momento dell’emissione, le obb. possono essere convertite secondo un numero predefinito: se il
rapporto di sottoscrizione è pari a 2/5 (due obbligazioni convertibili ogni 5 azioni), allora l’azione sta che
possiede 10'000 azioni, ha diritto a sottoscrivere 4000 obb. convertibili. Il rapporto di conversione è ½ allora
riceverà 2000 azioni. [rapporto di sottoscrizione e rapporto di conversione sono due cose diverse e entrambi
predefiniti].
Le azioni ottenute convertendo il titolo obb. si chiamano azioni di compendio.
L’interesse dell’emittente è avere nuovi azionisti e un aumento di capitale di rischio. Ma esistono anche
investitori ‘non cassettisti’ che non mirano a detenere a lungo il titolo e quindi sfruttano le convertibili solo
per fare un guadagno tra prezzo conversione e prezzo di mercato futuro, in linea con le loro previsioni.
Può riguardare o azioni già in circolazioni (ci sono soci interessati a uscire dalla compagine sociale) o di
nuova emissione (il CdA delibera sia l’emissione di obb. convertibili e l’aumento di capitale destinato alla
conversione per il controvalore prestabilito se avverrà la conversione).
Se obb. convertibili indirette che riguarda azioni già emesse con il fine di uscire dal capitale sociale della
partecipata, la capogruppo così facendo cede parte della sua quota nella partecipata mantenendone il
controllo (per diluire la partecipazione).
Un’altra finalità è riequilibrare la struttura finanziaria. Il livello di leva è eccessivo e non più favorevole, causa
un costo dell’indebitamento troppo alto. Momento in cui si deve aumentare il capitale ovvero le risorse
patrimoniali.
Obbligazioni co-warrant:
È una obb. ordinaria emessa accompagnata da un warrant. Questo warrant riconosce la facoltà al detentore
del warrant di sottoscrivere altri strumenti finanziari. Non necessariamente azioni. La differenza dalle
convertibili è che il warrant è un titolo staccato dall’obbligazione. È indipendente e può circolare ed essere
negoziato sul mercato autonomamente. Tutte le condizioni verranno prestabilite nel regolamento
dell’emissione, indicando il rapporto di conversione con lo strumento sottoscrivibile attraverso il warrant.
È comunque sia un diritto staccato. Le obb. co-warrant quindi ci danno un diritto in più rispetto alle
ordinarie semplici, per cui il rendimento sarà leggermente minore.
Siccome sono due titoli staccati, si permane nello status di obbligazionisti fino alla scadenza del
titolo/obbligazione. Non si muta lo status da obbligazionista a qualcos’altro quando si fa valere il diritto del
warrant.
Il warrant si può esercitare in qualsiasi momento o anche venderlo a un terzo.
Il warrant è una facoltà per acquistare uno strumento finanziario a un dato prezzo e a certe condizioni
prestabilite, per cui ha un suo mercato (c’è un segmento di mercato ufficiale in cui possono essere quotati i
warrant).
Quindi il possessore del warrant puo essere diverso dal possessore dell’obb. co-warrant.
Rispetto alle convertibili in cui si aveva un unico flusso finanziario all’inizio per sottoscrivere l’obbligazione (e
se convertivo non dovevo esborsare altro – si diventa automaticamente azionista), mentre se uno esercita il
warrant dovrà pagare il controvalore degli strumenti finanziari previsti. Quindi due flussi in uscita per: 1
acquisto obbligazione co-warrant, 2 eventuale acquisto strumento previsto dal warrant.
Possono circolare obb. co-warrant provviste di warrant o sprovviste perché già venduto sul mercato.
Anche il warrant può avere un metodo diretto o indiretto, es se riguarda azioni, queste possono essere di
una società terza.
Il warrant può riguardare anche altri tipi di strumenti finanziari.
Le obb. convertibili hanno una natura tipizzata. Le obb. co-warrant sono Atipici, perché non
specificatamente previsti dal cc/dalla normativa. Per cui per questi titoli non è obbligatorio riconoscere il
diritto di prelazione agli azionisti preesistenti (che in caso comunque possono andare sul mercato ad
acquistare i warrant indipendenti).
Ora affrontiamo strumenti che nascono come titoli di debito e sono molto simili ai titoli di debito:
Titoli ibridi o di ‘mia capital’ (quasi capitale):
Prestiti o titoli subordinati. Ha le stesse caratteristiche di un titolo non subordinato ma in più nel
regolamento dell’emissione è presente una clausola che essendo ‘di subordinazione’ prevede la
postergazione del rimborso di tale strumento rispetto ai creditori chirografari e ancor più rispetto ai
privilegiati. Quindi a parità di altre condizioni chi detiene il titolo subordinato viene rimborsato per ultimo in
caso di default. Sono titoli più rischiosi rispetto a altri titoli con stesse caratteristiche tecniche. Devono
fornire un rendimento maggiorato.
Se una società sana e corretta e con buona reputazione sui mercati emette subordinati perché in caso di un
periodo di forte turbolenza dei mercati e di eccesso di offerta di titoli sui mercati, ma l’emittente ha
comunque bisogno di reperire risorse dal mercato, allora ha bisogno di alzare il tasso per attrarre più
investitori ma comunque lei come azienda è sana e solida e quindi utilizza lo strumento subordinato che ha
struttura tecnica adeguata a fornire maggio tasso di interesse a parità delle altre condizioni di rischio
dell’emittente.
In pratica rende gli obbligazionisti subordinati quasi al pari degli azionisti (in caso di default).
È come trasformare un contratto di debito (che prevede il rimborso a valore nominale più gli interessi) in un
contratto azionario (è la compartecipazione al rischio di impresa).
Se l’azienda va bene gli obbligazionisti subordinati sono trattati al pari di un obbligazionista ordinario o
anche privilegiato perché lo rimborso sia interessi che capitale normalmente. Ma nel caso di fallimento gli
obbligazionisti subordinati diventano automaticamente come se fossero azionisti.
Per dare un segnale sui mercati il segnale principe è il prezzo (o il rendimento). Un emettitore affidabile, con
prospettiva di rimanere sul mercato per anni e seriamente, deve stabilire una struttura dei tassi di interesse.
Ovvero se emette a un mese dà un tasso basso coerente con il suo profilo di rischio. Se emette a un anno dà
un tasso medio e se emette a 5 anni dà un tasso più alto coerente al suo profilo di rischio. Se emetto un
subordinato il tasso da dare dovrà essere un po’ più alto dei precedenti. La struttura dei tassi di interesse
deve essere coerente con la scadenza del titolo e il proprio profilo di rischio.
Quindi si usa ogni strumento finanziario coerente con il profilo di rischio crescente:
Cambiale finanziaria a 2 anni – obbligazione ordinaria a 5 anni – obbligazione ordinaria a 20 anni –
obbligazione subordinata. La scadenza cresce e il rischio aumenta e quindi si utilizza lo specifico titolo di
strumento finanziario adeguato. Ciò da un segnale al mercato.
In questo modo non si modifica la curva dei tassi anche se ha aumentato il rendimento.
Questi strumenti subordinati sono stati utilizzati molto dagli intermediari finanziari perché entro una certa
misura sono riconosciuto come componenti del patrimonio di vigilanza (ciò consente di ampliare il grado di
rischio dell’attività creditizia). Grazie a ciò gli interessi pagati possono essere scontati nel calcolo del risultato
di esercizio, riducendolo, e poi pagando meno tasse. Mentre se si aumenta il capitale azionario, i dividendi
non riducono la tassazione e noi vengono ri-tassati a loro volta.
È possibile apporre la clausola di subordinazione (postergazione del rimborso) a molte forme tecniche che
possono essere: certificati, obbligazioni ordinarie, obb. convertibili, obb. irredimibili, ecc…
Poi esistono altre forme di mial capital diverse dalle azioni ordinarie. Le azioni ordinarie sono le ultime nel
ranking dei rimborsi (perché prevedono il rischio pieno). Penultimi azionisti privilegiati e prima altre forme
di mial capital e ibridi. Nelle procedure di fallimento.
Le regole di vigilanza prudenziale prevedono che queste forme tecniche siano in tutto o in parte computabili
nel patrimonio di vigilanza. Riducendo cosi il costo medio dei fondi propri e moltiplicando le coperture
patrimoniali dei rischi assunti.

Le passività subordinate sono computate nel patrimonio di vigilanza se hanno una scadenza superiore a 5
anni. Se possono prevedere un rimborso anticipato su decisione solo dell’emittente e su autorizzazione
specifica dell’autorità di vigilanza (perché in sostanza il rimborso va a ‘ridurre’ il patrimonio di vigilanza).
Non si prevede un generico assorbimento delle perdite, ovvero a differenza delle azioni, se nel corso degli
esercizi subisco delle perdite, la copertura delle perdite non può avvalersi di questi fondi.
Non è possibile neanche sospendere il pagamento degli interessi. Ne posticipare le cedole.
Questi ultimi due elementi lo rendono più simile a un titolo di debito.
Inoltre man mano che si arriva a scadenza si ammortizza pro quota il prestito. Si riduce gradualmente il
patrimonio disponibile.
La clausola di subordinazione scatta solo nel caso di fallimento. Altrimenti permane semplicemente fino a
scadenza come un titolo normale.
Invece gli strumenti ibridi sono più complessi e rischiosi.
Hanno scadenza più lunga (oltre i 10 anni). Il rimborso anticipato solo dopo 10 anni dall’emissione.
Ma per questi titoli l’assorbimento non scatta solo in caso di liquidazione o crisi ma anche negli esercizi in
cui l’emittente registra perdite.
Possono essere sospesi gli interessi e prolungate le cedole.
Non è previsto un periodo di ammortamento negli ultimi anni del prestito perché solitamente questi
strumenti vengono usati in modo ‘roll over’ ossia alla scadenza ne viene emesso uno nuovo.
Per le aziende finanziarie sono strumenti computabili al fine di patrimonio. Per le altre aziende no,
ovviamente.
Titoli estremamente rischiosi perché sono equiparati a azioni anche solo in caso di perdite d’esercizio e
perché gli interessi possono essere sospesi.
Poi ci sono strumenti innovativi di capitale che sono irredimibili, ovvero titoli di debito senza scadenza.
Hanno una struttura diversa dai titoli azionari. Bisogna valutare se siano titoli negoziabili sul mercato o
quotati sul mercato. Altrimenti sono immobilizzati e rischiosissimi.
Sono soggetti all’assorbimento di perdite e alla sospensione del pagamento degli interessi. E sono lo
strumenti poi rischioso subito dopo le azioni.
Durante periodi di crisi come quello attuale la normativa ha passato un momento di forte fermento. Infatti,
servivano disposizioni atte a supportare le PMI a far fronte a tutte le difficoltà legate agli eventi
macroeconomici e alle difficolta di approvvigionamento sulla catena dei fattori produttivi internazionale. Ad
esempio, è stato permesso alle PMI, anche non quotate, l’emissione di mini-bond (nati dopo la crisi del
2008) prevedendo un supporto da parte di figure specializzate (nomad) nella procedura di emissione. Esso,
successivamente all0’emissione, sostiene la liquidità del titolo sul mercato. Infatti, gli ammontari di
emissione delle PMI sono molto contenuti e quindi la funzionalità di un mercato secondario è fortemente
limitata in partenza.
Questa possibilità normativa era già consentita a grandi società, quotate su mercati ufficiali e per grandi
emissioni.
Tale difficoltà (no mercato secondario) permane quando l’emissione utilizza le piattaforme tecnologiche, es
di crowdfunding. I titoli su tali piattaforme sono molto rischiosi sia per le dimensioni dell’emittente sia per
assenza del mercato secondario.
Si cerca una soluzione per permettere la negoziabilità efficiente dei titoli emessi su tali piattaforme. Sia titoli
di debito che azionari. Equity crowdfunding e lending crowdfunding.
È stato lanciato il progetto ÉLITE da borsa italiana che ha rivitalizzato il mercato che era line(?) destinato alle
PMI. Ovvero forniscono formazione e supporto alle PMI interessate presso borsa italiana a sviluppare le
competenze finanziarie. Accedono a una piattaforma in cui si registrano con i dati di bilancio e informazioni
commerciale, e entrano in un circuito internazionale in EU. I dati registrati sono accessibili anche agli
investitori istituzionali. Questo programma ha consentito l’emissione di strumenti anche a piccole aziende e
lo sviluppo di fusioni anche a livello internazionale. E in alcuni casi ha portato alla quotazione di talune
aziende.
Le PMI sono abituate al rapporto con la banca, di tipo bilaterale. Passare al rapporto con il mercato
necessita di maggiore autonomia da arte dell’impresa, infatti, non c’è più la banca che chiede i dati
economici, fa le sue stime e chiede business plan; ma è l’impresa che deve pubblicare le informazioni da
fornire al mercato, sviluppare al proprio interno una governance efficiente e un sistema di controlli interni
funzionale al nuovo assetto societario, e soprattutto deve essere in grado di interloquire con gli investitori
(sia privati sia funzionari che intermediari finanziari).
Oggi servono ancora più competenze finanziarie alle PMI perché anche le banche chiedono un’informatica
più sviluppata. Sia dati contabili o extra-contabili ma anche relativi alla transizione sostenibile (imposto dalla
normativa sugli intermediari creditizi che devono aumentare il capitale a copertura dei rischi se le aziende
finanziate non sono green). Infatti, le aziende se non sviluppano anche il loro lato green ESG possono subire
un razionamento del credito.
Tra i finanziamenti a breve termine oltre alle cambiali finanziarie si è sviluppato anche l’invoice trading.
Ovvero la forma digitale dello sconto fatture, solitamente si realizzava andando in banca con lo sconto
bancario o l’anticipazione bancaria. Ora è possibile anche su alcune piattaforme di, appunto, invoice trading
che usano risorse o di investitori retail o istituzionali. Sono forme di anticipo su portafoglio e fanno
concorrenza alle società di factoring (fanno anche operazione di anticipo e di garanzia).
L’evoluzione della normativa ha portato all’emissione di mini-bond e il microcredito è invece piuttosto
marginale (spesso per associazioni di volontariato o no profit) (volumi di prestito fino a 25000euro).
Si stanno sviluppando le piattaforme di social lending o peer to peer lending: ci sono dei datori di risorse
finanziare che accedono alla piattaforma e che concedono finanziamenti ai prenditori (la piattaforma è
vetrina che non si assume il rischio). Non è paragonabile quindi a un finanziamento bancario, perché
l’Intermediario non si assume il rischio di credito.
Altre piattaforme permettono l’accesso solo a investitori istituzionali e altre anche a retail.
Social lending es crowdfunding per i retail.
Attualmente grazie agli intermediari tradizionali come banche si stanno sviluppando anche fondi di private
debt o private equity. Ovvero fondi di investimento alternativi che investono in imprese PMI non quotate.
Realtà molto consolidata all’estero e in Italia inizia ora per via dell’incompatibilità delle troppe piccole o
microimprese (non sono analizzabili dagli investitori istituzionali).
Quindi questi fondi di private equity o private debt non sono destinati solo a startup ma anche a PMI.
Poi anche piattaforme di crowdfunding su cui si sottoscrivono azioni di aziende (equity crowdfunding vs
peer to peer lending raccoglie a titolo di debito).
Quindi ci sono molti canali alternativi ma c’è un problema di domanda e offerta, sia perché è difficile
selezionare i progetti (valutarne il profilo di rischio) sia perché le imprese sono troppo piccole per fare
valutazioni di mercato efficienti.
<-disciplinate da norme europee 2013 valide per tutta l’Unione europea (muto riconoscimento). L’italia era
stata tra i prima a disciplinarli nazionalmente.
Esistono delle piattaforme digitali che sono intermediari creditizi tut court, ovvero si assumono il rischio di
credito. Ovvero partecipano alla sottoscrizione dei titoli proposti sulla piattaforma.
<-sono paragonati agli intermediari finanziari e necessitano di autorizzazione ufficiale ad operare all’autorità
di vigilanza. Basta che anche solo in parte la piattaforma assuma il rischio sui titoli di debito o azionari che
propone.
Sono definiti intermediari finanziari nativi digitali.
Possono collaborare con banche tradizionali con modelli di business divertenti, es joint venture o
partecipazioni dirette. Questo è un vantaggio anche per le banche perché se le imprese diversificano le loro
fonti di finanziamento su canali differenti dal credito bancario, comunque ottengono commissioni come
broker o consulenti.
Iniziative e riforme normative importanti per agevolare e supportare le PMI e favorire
l’internazionalizzazione dell’attività di import e export.
In Italia è molto rilevante il fondo di garanzia per le PMI, che fornisce garanzie alle aziende che vi accedono
per coprire il rischio di credito assunto dalle banche che le finanziano e anche a cui accedono i confidi
(consorzi di garanzia fidi, oggi equiparati agli intermediari finanziari e regolati in base all’articolo 106 del
TUB, ovvero sono intermediari creditizi, quindi offrono un credito di firma). quindi o l’impresa accede
direttamente al fondo o accedono i confidi che poi forniscono garanzia per una pluralità di imprese
finanziate dalla banca.
Viene utilizzato per sospende rate di mutui, per prevedere interessi di mora ridotti, e aumentate garanzie
pubbliche a sostengo dei finanziamenti bancari per evitare un volume maggiore di sofferenze bancarie.
L’accesso al fondo di garanzia è stato permesso anche alle piattaforme di peer to peer lending e di carattere
di intermediari finanziari.
Esiste anche su altri mercati europei, es in Francia.
L’Inghilterra ha un volume di finanziamenti erogati alle imprese tramite piattaforme digitali davvero
rilevante, perché lì l’innovazione tecnologica è sempre stata supportata da provvedimenti normativi
favorevoli: es sandbox per la fintech. Lì il credito alle PMI è erogato al 70% dalle piattaforme. In Italia è
meno del 30%.
Il problema è la tutela degli investitori retail per via del rischio maggiore a cui sono soggetti. Cosi è stato
emanato regolamento europeo riguardo alle piattaforme e mira all’efficienza funzionamento del mercato su
tali piattaforme. Ma la tutela è comunque minore rispetto a quella che si ha con gli intermediari ufficiali.
L’accesso delle imprese e dei confidi al fondo di garanzia presenta un problema perché il patrimonio che
garantisce i debiti delle imprese ha un effetto moltiplicativo. C’era chi proponeva di far accedere solo i
confidi ma per favorire la concorrenza si è lasciato aperto anche alle imprese e alle piattaforme digitali.
Inoltre, si è previsto un’innalzamento all’80% della copertura per le operazioni con durata NON breve. Per
incentivare e favorire le imprese impegnate in investimenti e progetti seri (perché durante il covid molte
aziende chiedevano finanziamenti solo per far fronte a liquidità per gli stipendi ma erano cmq destinate al
fallimento).
È stato inoltre permesso alle startup e alle PMI di emettere mini-bond (emessi da PMI, per importi unitari e
condizioni di supporto tecnico degli intermediari finanziari molto particolari), le cambiali finanziarie e titoli
subordinati partecipativi (molto rischiosi per aziende piccole). Sono stati previsti dei vantaggi fiscali a chi li
sottoscriveva. Sono stati oggetto di investimento anche dagli istituzionali (private equity e private debt).
Questi fondi di investimento alternativo erano internazionali e cn diversificazione a livello europeo.
Un altro provvedimento legislativo è quello che ha consentito anche alle compagnie assicurative di erogare
credito. Nella pratica questa novità non è diventata effettiva, perché le assicurazioni le loro risorse
disponibili le investono sui mercati.
Interessanti sono stati gli incentivi alla capitalizzazione delle imprese, che sono stati rinnovati per diversi
anni. Es l’ACE: agevolazione per l’aumento del capitale, post crisi 2008/09, che ha comportato un aumento
della patrimonializzazione delle medie imprese italiane. È un incentivo fiscale che consente anche alle
imprese di avere una struttura finanziaria equilibrata, ovvero non ricorrere solo al debito.
Quindi la norma dei mini-bond ha avuto buon successo e ha modificato le regole sull’emissione di cambiali
finanziarie (di cui è stata modificata la scadenza) per le pmi.
In ambito del programma ÉLITE la possibilità di emettere mini-bond in forma collettiva. Perché erano
imprese di piccole dimensioni e quindi si creano dei BASKET BOND, con emissione di titoli di più imprese
(mature e solide e stabili). La difficolta era che i titoli fossero standardizzati e quindi che le imprese avessero
esigenze uguali in termini di caratteristiche tecniche e profilo di rischio (affinché il rendimento dato fosse
analogo). C’erano anche forme di garanzia pubblica e investimenti anche pubblici.
Infine, anche novità normativa che permette la dematerializzazione dei titoli anche per le imprese non
quotate in borsa. Tale caratteristica permette di sviluppare mercato secondario. Abbassa i costi. E ancora di
più i token e gli smart contract che si auto eseguono direttamente.
I cambiamenti normativi sono importantissimi per lo sviluppo del sistema finanziario.
6:
Dal 2008 molte opportunità per le pmi grazie a provvedimenti normativi e regolamentari che favoriscono lo
sviluppo e implementazione della struttura finanziaria delle pmi. Nonostante le regole più severe sul credito
bancario, la normativa ha consentito alle pmi di diversificare la struttura finanziaria.
Inoltre, anche grazie al programma elite: formazione e supporto alle pmi, per operazioni straordinarie o
emissione di titoli e quotazione in borsa. Rete di consulenti e una piattaforma che collega diverse pmi
italiane anche con l’estero e investitori internazionali.
Poi, a livello europeo nel 2013 (a partire da un regolamento della consob) è stato favorito lo sviluppo della
fintech, ovvero di operatori finanziari nativi tecnologici che fin da allora non erano regolamentati.
Ora a livello normativo c’è equiparazione tra operatori fintech e intermediari finanziari.
Le imprese italiane fanno resistenza allo strumento dei mercati e anche alla crescita dimensionale. La
fintech è un ponte, perché permette raccolta anche per quantitativi inferiori. Quindi è un'alternativa sia
come strumenti e canali di accesso alle risorse sia come progressione dimensionale della crescita di
un'impresa. Prima una piccola impresa puo usare le piattaforme fintech e iniziare un percorso di crescita
differenziando anche le fonti di finanziamento per poi dopo accedere ai mercati.
In alternativa al credito bancario, sul breve termine, ci sono sia le cambiali finanziarie sia l’invoice trading
(operazioni di sconto cambiali/credito commerciale delle imprese). Quest’ultimo è molto sviluppato anche
in Italia.
Sul medio termine, ci sono strumenti quali i mini-bond o i micro-bond o il microcredito (ma solo inferiore a
25000 e fasce deboli di imprese), poi il social lending e il peer to peer lending che tramite piattaforme
fintech c’è uno scambio di risorse tra datori e prenditori e le piattaforme agiscono o da vetrina di contatto
(come broker digitale) oppure da intermediario di natura creditizia (se assume in parte il rischio di credito
per cui soggettati a vigilanza di banca di Italia). Quest’ultimi la consob li può vigilare nel comportamento
corretto verso gli investitori.
Poi i fondi di private debt che sono fondi alternativi regolamentati a livello europeo che permettono agli
investitori di investire in società non quotate e di medio piccole dimensioni. Possono essere una leva per lo
sviluppo in Italia, perché entrano nel nostro mercato anche investitori esteri.
Piccola impresa secondo Europa: inferiore a 250 dipendenti.
Piccola impresa Italia: inferiore a 10 dipendenti. <- per investitori istituzionali questa è una micoro impresa
non finanziabile.
L’equity può essere supportata o da istituzionali o da intermediari finanziari specializzati, come merchant
banks e investment bank o fondi di private equity, che sviluppano anche attività di venture capital.
Tali forme sono sempre esistite ma ora ci sono delle piattaforme specifiche digitali di crowdfunding.
Specificatamente regolamentate dal 2013 da regolamento consob, poi dal 2022 da normativa europea.
Grazie a direttiva eu, le piattaforme autorizzate hanno un passaporto europeo e possono fare campagne di
raccolta ovunque in eu.
L’accesso ai mercati regolamentati si può sviluppare grazie al progressivo sviluppo di strumenti finanziari,
dalle cambiali finanziarie, mini bond fino a obbligazioni e azioni su mercato ufficiale.
Secondo la normativa esistono anche mercati secondari che permettono l’accesso a strumenti specifici
emessi dalle imprese.
Es i mini-bond per cui è previsto il supporto di un’intermediario nomad che ne garantisce la liquidità al
mercato secondario. Ciò ne agevola anche l’emissione.
È importante diversificare il passivo. Il credito bancario, infatti, è sottoposto a una regolamentazione sempre
più stringente che impone alle banche un’attenta selezione dei prenditori del credito in base al profilo di
rischio, esaminato anche dal PoV ESG. Ovvero ora non si basa più solo sulla capacità di insolvenza
dell’azienda (probabilità di default). E tanto più la banca finanzia prenditori rischiosi tanto più deve
aumentare il patrimonio a disposizione di copertura (coefficienti patrimoniali sono proporzionali ai rischi
assunti).
Quindi le banche penalizzeranno i prenditori molto rischiosi, che sia dal lato insolvenza o dal lato esg, e le
pmi se non si innovano lato sostenibilità avranno precluso il canale bancario di finanziamento –
razionamento del credito. Servono alternative a tale canale. La conseguenza sui mercati è che, alle grandi
imprese o quelle quotate, la normativa eu impone anche l’obbligo di una rendicontazione non finanziaria
(“rendicontazione di sostenibilità”). Queste dovranno raccogliere molti dati riguardo la sostenibilità dei
propri processi e struttura. Ma questo obbligo non vige per le imprese piccole. Quindi queste piccole fanno
ancora più fatica a allinearsi con questa nuova tendenza. Salvo che queste piccole imprese non siano di
filiera di una grande, obbligata a farlo. Sono le stesse grandi imprese di filiera che fanno pressione su quelle
piccole per ottenere dei dati sulla sostenibilità della catena del valore.
Chi fa parte della filiera, che si è allineata alla normativa, ottiene più facilmente credito o a condizioni
migliori.
Si crea un processo virtuoso tra piccole e grandi imprese di una stessa filiera adeguatasi alle norme e che
raccoglie dati richiesti.
Quindi ne rimangono fuori le imprese che non collaborano con impese produttive o che sono di micro
dimensioni, che quindi sono meno incentivate ad adeguarsi.
Il rischio per gli investitori retail è che queste non allineate alla normativa esg si rivolgano alle piattaforme
fintech non regolamentate per finanziarsi e così aumenti il rischio agli investitori. E soprattutto perché usano
strumenti che non hanno un mercato secondario e sono illiquidi.
Consob a livello italiano. ESMA autorità di controllo dei mercati a livello europeo.
Quindi queste autorità e la normativa che vedremo, ha come obbiettivo creare alternative ai canali
tradizionali di finanziamento, abbassare le barriere di accesso, creare concorrenza ma senza esporre a rischi
eccessivi gli investitori retail.
Post crisi 2008/2009, che nasce come crisi finanziaria e poi economica, aumentano esponenzialmente le
sofferenze bancarie. Le imprese erano incapaci a far fronte ai loro debiti. Allora provvedimenti per trovare
una soluzione alle moratorie sui mutui che erano stati erogati e quindi consentire una dilazione dei
pagamenti da parte dei debitori. Cosi che non tutti i crediti si trasformassero in perdite. Si è avuto un
potenziamento significativo del fondo di garanzia sui crediti. E sono stato istituiti dei contro meccanismi di
garanzia da parte dei confidi, con fondi pubblici, per evitare il default a livello di pmi. Affinché tutto il
sistema industriale italiano non defaultasse.
Inoltre provvedimenti che davano facoltà di emettere strumenti alternativi anche alle pmi. Dal 2011 alcune
iniziative poi trasformate in decreti legge che hanno consentito l’emissione di obbligazioni, cambiali
finanziarie e obbligazioni subordinate e partecipative anche alle pmi.
Prima le obbligazioni erano consentite solo a SPA quotate in borsa. Ora anche alle non quotate e a
condizioni fiscali pari agli altri emittenti. Inoltre, le obb. subordinate e partecipative erano vietate alle
imprese di minori dimensioni. Le obb. partecipative erano finalizzate all’uso da parte delle start up e
aziende innovative, e hanno avuto un buon successo.
La normativa innova:
Per le cambiali finanziarie la scadenza passa da 1 a 36 mesi (prima meno mesi massimi), affinché le imprese
possano gestire la liquidità in un arco temporale medio e non solo breve. E ittici li in forma dematerializzata
per favorire la negoziabilità.
Per i mini-bond (identici nella struttura a titoli obbligazionari) consentiti anche società medie - piccole
dimensioni e non solo in forma SPA. Con scadenza pari o superiore a 36 mesi.
Si prevede pero l’assistenza di operatori specializzati. Questa figura è lo sponsor dell’operazione. È richiesto
che l’impresa abbia almeno un bilancio certificato, sottoposto a revisione contabile. La normativa mira a
limitare l’emissione di questi titoli sul mercato secondario agli investitori qualificati. No distribuzione ne
sottoscrizione a clientela retail.
Lo sponsor deve supportare l’impresa nell’emissione dei titoli e sottoscrivere una quota (5%), ovvero co-
partecipa al rischio. Co-responsabilità dello sponsor nel valutare bene la fattibilità dell’emissione.
Inoltre, se emissione superiore a 5 milioni fino a 10 milioni, deve sottoscrivere una quota maggiorata di
un’ulteriore 3%. E cosi a scalare +2% se superiore a 10 milioni.
Nel presentare l’emissione al mercato, di investitori professionali, lo sponsor deve indicare il profilo di
rischio dell’emittente e classificarne la categoria di rischio.
La figura dello sponsor non è rischiesta dalla norma in caso l’emissione sia assistita da una garanzia molto
consistente, ossia il 25% dell’intera emissione. Le pmi non hanno un portafoglio titoli molto consistente o
immobili per ammontare significativo. Per cui solitamente usano lo sponsor.
Questa possibilità di estromissione dello sponsor è per aziende con più di 250 dipendenti e un fatturato o
un totale attivo maggiore di 50 milioni di euro. Quindi tutte le piccole imprese obbligatoriamente
necessitano di uno sponsor.
Lo sponsor valuta la fattibilità dell’impresa e se lo sviluppo dell’attività tramite il finanziamento con mini-
bond sia sostenibile.
Fase preparatoria e decisioni su ammontare e forme tecniche – ricerca investitori qualificati interessati –
closing dell’operazione.
Lo sponsor è sempre un intermediario qualificato vigilato.
Le agevolazioni fiscali sono importanti. Infatti, i mini-bond hanno avuto successo anche perché avevano la
stessa aliquota delle obb. emesse dalle società quotate. Inoltre, è stata prevista un’esenzione della ritenuta
alla fonte su interessi e altri proventi, e una deducibilità dei costi di emissione nei costi di esercizio (i costi
relativi al servizio del nomad sono piuttosto alti). Inoltre, deducibilità ai fini IRES degli interessi passivi (ma
con dei limiti al margine operativo lordo). Ciò vuol dire che se posso dedurre gli interessi aumentano i costi
in CE e quindi si riduce l’impatto dei costi sostenuti dall’impresa per l’emissione.
Inoltre, un’esenzione di posizioni di natura fiscale alle garanzie:quindi le garanzie prestate sono esenti da
imposta di registro, imposta di bollo, ecc. e anche l’accesso alle garanzie indirette (fondo di garanzia
nazionale) anche per i mini-bond (prima era solo per i crediti bancari delle pmi). Quindi anche i mini-bond
sono coperti da una garanzia pubblica, anche se sottoscritti solo da investitori qualificati.
L’ammontare massimo del fondo varia di anno in anno in base alla manovra di bilancio annuale.
Un altro motivo di successo di questo strumento è stato permettere l’emissione di mini-bond tramite
piattaforme di crowdfunding (già regolamentate dalla consob). Vincolato al fatto che siano offerti solo a
investitori qualificati.
Quindi sia tramite lo sponsor sia tramite le piattaforme questi mini-bond arrivano solo agli investitori
qualificati.
Nella fase preparatoria oltre a verificare se l’ultimo bilancio è certificato e quindi revisione del bilancio da
parte di una delle big4, poi si analizza la governance e il quadro societario (struttura di governo e il team
manageriale per la realizzazione dei progetti a cui è destinato il finanziamento). Non solo verifica di
fattibilità economica ma anche se ci sono le competenze manageriali necessarie.
Possono esserci manager temporanei/a tempo che trasmettano le competenze necessarie al progetto.
Solitamente CFO nelle piccole aziende non ci sono.
La valutazione dell’azienda è prospettica, parte dagli indicatori di bilancio vede la strategie e si ipotizzano i
flussi di cassa attesi. Quindi si valuta la situazione post emissione, come grado di indebitamento e grado di
patrimonializzazione. <-questi aspetti sono indicati in un documento detto ‘memorandum’. Pubblicato alla
chiusura dello studio di fattibilità. Fin qua c’è l’accompagnamento di un advisor.
Poi c’è una fase successiva che è quella per la determinazione del rating. Emessa da un’agenzia di rating
come Fitch e Standard & poor. In Italia c’è Cerved rating (autorizzata da autorità di vigilanza), che è
specializzata in imprese di medie dimensioni. Rating sia su rischio di credito ma anche su sostenibilità ESG.
Poi ricerca di investitori qualificati interessati condotta dall’advisor. Attraverso incontri ‘road show’ ovvero
presentazioni pubbliche del progetto.
Poi redazione dei documenti per la sottoscrizione, sottoscrizione e collocamento dei titoli presso gli
investitori qualificati.
Secondo la normativa la quotazione dei mini-bond è solo eventuale, a discrezione dell’emittente. Ma di fatto
tutti i mini-bond sono stati quotati in borsa italiana sul segmento Extra Mot Pro. È dedicato a questo tipo di
titoli. Ciò rende i titoli più appetibili, liquidabili e interessanti. Pressioni anche da parte dello sponsor che
quoti i titoli sul mercato secondario. È anche segnale di trasparenza e chiarezza per le autorità che
controllano i mercati.
In media queste emissioni sono state emesse a tasso fisso e con durata compresa tra 36 mesi e 5 anni
(medio termine).
Non sempre le emissioni sono state assistite da rating, la norma non lo impone. Questo è dovuto perché
tutti gli attori sono qualificati e competenti a valutare l’emittente.
Borsa italiana->Élite spa: formazione manageriale e supporto medie imprese per quotazione in borsa.
Se non porta a quotazione in borsa comunque porta a sviluppo competenze finanziare e rete di conoscenze
internazionali e operazioni di finanza strutturata come i basket bond e operazioni di finanza straordinaria
(fusione anche con aziende estere).
È un programma nato dall’esperienza del mercato AIM, dedicato a quotazione di piccole e medie aziende.
Su esempio di un’iniziativa in Inghilterra (infatti al tempo borsa italiana era partecipata dalla London stock
Exchange, poi anno scorso è subentrato Euronext).
Consiste in una piattaforma dove le aziende si registrano con i loro dati specifici e entrano in un network di
aziende italiane con prospettive simili. Le informazioni sono disponibili anche a investitori esteri. Prevede un
percorso di formazione con anche consulenti che possono assistere alle operazioni di finanza strutturata e
straordinaria.
L’obbiettivo è stimolarli a fare un percorso di crescita dimensionale.
Tale iniziativa ha avuto ottimi effetti soprattutto per imprese non localizzate in Lombardia, dove il network
internazionale è già presente con diverse opportunità.
Fase di formazione (anche su governance e pianificazione strategica) – fase di mentoring
(consapevolizzazione di crescere e con quali strumenti finanziari) [durata circa un anno] – fase di networking
(continuo).
Ha portato a poche quotazioni in borsa ma molte operazioni di M&A e di finanza strutturata (basket bond).
Basket bond è emissione di obbligazioni/mini-bond effettuata da un’insieme di pmi troppo piccole.
Quest’operazione è stata realizzata con un intervento degli intermediari e advisor e con attori pubblici,
come cassa depositi e prestiti o finanziarie regionali, che erano da garanti delle emissioni.
La difficoltà è trovare imprese con un profilo di rischio analogo. Le quote dell’emissione delle aziende nel
pool sono anche diverse. I titoli di debito emessi sono standardizzati e identici.
Ciò ha permesso anche a imprese piccolissime di partecipare a operazioni finanziarie altrimenti impossibili
per loro. Ora i basket bond si usano anche per aziende appartenenti alla stessa filiera o per aziende con
comuni progetti di sostenibilità su precise aree tematiche (es acqua o energie o altro).
La quotazione sarebbe destinata su aim, segmento di borsa italiana, per le pmi con potenziale di crescita ed
è per investitori specializzati in questo specifico segmento. Le quotazioni su aim devono essere sempre
assistite da un intermediario specializzato ‘nomad’ preposto ad assicurare la liquidità sul mercato
secondario. Si deve porre come controparte sul mercato secondario per assicurare la negoziabilità dei titoli.
Importante è guardare i requisiti sostanziali per l’accesso. Ovvero ‘imprese ad alto potenziale’ consiste in
imprese che siano orientate alla creazione di valore (capacita prospettica di generare utili), strategia chiara e
sostenibile (trasparenza. Del piano strategico e del business plan), trasparenza contabile (disclosure), buon
posizionamento competitivo sul mercato di riferimento, autonomia gestionale (team di manager
competente), struttura finanziaria solida ed equilibrata + requisiti formali (come quelli per l’accesso a tutti i
mercati) che sono per il mercato aim (sono meno rigidi rispetto ai mercati ufficiali): flottante non inferiore o
pari al 10%, un solo bilancio certificato, bilancio ai sensi dei principi contabili italiani o internazionali
(mentre nei mercati ufficiali il flottante almeno il 25%, bilanci certificati 3 e solo principi contabili
internazionali). Inoltre anche il costo annuale di ammissione al mercato aim è inferiore rispetto a quello per
i mercati ufficiali.
Un’altra condizione per l’ammissione è che l’offerta sia principalmente rivolta agli istituzionali. Per via del
rischio implicito di queste medio piccole imprese e per via degli scarsi volumi di emissione.
Inoltre la presenza degli istituzionali costituisce anche un effetto segnale, che valuta il titolo e anche
definisce il prezzo del titolo più consono e coerente con il suo valore intrinseco.
Anche per essere ammessi alla borsa aim serve un advisor e avere un sito internet che pubblichi i dati e
informazioni come il bilancio d’esercizio. Serve un nomad e uno specialist che assicuri la liquidita sul
mercato secondario.
Il nomad è un’intermediario che accompagna l’impresa sul mercato. Lavora nella fase di ammissione.
Possono essere una banca, u’impresa di investimento anche ue o un’impresa di una rete di società di
revisione legale con elevata professionalità.
E poi lo specialist assicura la negoziabilità del titolo sul secondario.
Inoltre normativa che prevede un’informativa continuativa al mercato (contabili e extrafinanziaria) sul sito
internet.
Bilancio ultimo esercizio certificato e sottoposto a revisione legale.
Deve essere stata esercitata attività di corporate finance per due anni e avere in merito un’esperienza
adeguata.
Servono anche manager con esperienza, professionalita e competenza specifica.
Fase preparatoria – due diligence (analisi e valutazione delle potenzialità dell’azienda e attività di
interlocuzione con gli investitori preliminare al collocamento) – collocamento e ammissione.
Questo processo per un’azienda matura (buona struttura di governance e buone competenze manageriali)
può durare dai 3 ai 4 mesi, grazie alla semplificazione dei requisiti di accesso (ai mercati ufficiali molto più
tempo serve).
02:02:44
L’IPO è la prima offerta pubblica di azioni sul mercato.
Quindi le piattaforme o sono vetrine/broker o si assumono parte del rischio.
Guardano alle piattaforme che portano all’emissione di equity, ci sono piattaforme di crowdfunding su cui
sono emessi titoli azionari o rappresentativi di quote di capitale (es società a responsabilità limitata: quote
di capitale), e si rivolgono alla generalità degli investitori, quindi i retail.
Ma alcune piattaforme si rivolgono a specifiche categorie di investitori, sono dette ‘club deal’.come
investitori qualificati, all’ingrosso, istituzionali o altro.
Non si rivolgono al pubblico retail.
Anche per l’invoice lending e invoice trading si può avere i club deal. In questo caso quando la piattaforma si
assume il rischio (equiparate a enti creditizi) si definiscono piattaforme di crowdfunding, altrimenti si
definiscono di peer to peer lending (il finanziamento è diretto tra prenditori e datori di fondi).
Le piattaforme di lending crowdfunding si distinguono da piattaforme di debt crowdfunding (titoli di debito).
La piattaforma solo vetrina si chiama anche market place, ovvero un mercato dove si svolge solo la
negoziazione e quindi il mercato non si assume il rischio. Queste piattaforme, secondo la normativa, sono
un mercato digitale e solo gli attori assumono il rischio scambiandosi i contratti (credito, titoli o equity).
Se si assumessero il rischio le piattaforme sarebbero sottoposte a normativa dei mercati finanziari.
Sono sempre forme di finanza centralizzata (le piattaforme cripto sono tutt’altro).
Ora, titoli azionari:
Il contratto partecipativo è il contratto azionario.
La differenza sostanziale tra un titolo di debito e un titolo di capitale è non viene assicurato né il rimborso
del capitale né il rendimento certo e predefinito al momento dell’emissione. Per definizione il titolo di
capitale è il più rischioso e il rendimento economico che si può trarre sia dal rendimento eventuale di
dividendi e del capital gain al momento di disinvestimento sul mercato. Non prevede scadenza (salvo nello
statuo sia scritto scadenza della società nel 2100) e non è obbligatorio il rimborso del capitale da parte della
società.
Quindi se non esiste un mercato ufficiale su cui il titolo azionario sia quotato e ci siano condizioni di
negoziabilità allora la liquidità del titolo è molto bassa. E ciò ne aumenta il rischio di investimento.
La quotazione del titolo su mercati ufficiali assicura la negoziabilità agli investitori e in questo modo si
incentiva anche lo sviluppo del mercato primario. Relazione tra primario e secondario.
Se esiste un mercato secondario si riesce anche ad aumentare le emissioni. Gli investitori sono più
incentivati a sottoscrivere anche le nuove emissioni, consapevoli che potranno sempre smobilitare
l’investimento iniziale. L’esistenza del secondario influenza anche il prezzo di emissione perché riduce il
rischio del titolo stesso.
L’esistenza del secondario concretizza anche la possibilità di ottenere un capital gain sul titolo.
Contrariamente ai titoli di debito per cui è facile calcolare il rendimento dovuto fino a scadenza, il calcolo
del potenziale rendimento di un’azione è molto più difficile: si presumono i possibili flussi di dividendi o il
possibile andamento del titolo azionario in ottica di un potenziale capital gain.
Alcune aziende prevedono politiche di dividendi costanti (o crescenti, ma impegnativa perche serve la
crescita dei ricavi aziendali) nel tempo. Sono quelle che si rivolgono frequentemente al mercato, per
rendere appetibili i titoli a nuovi investitori.
La politica dei dividendi è un segnale per il mercato. Es se un anno non ne distribuisce può giustificarlo con
delle scelte strategiche ma non può farlo a lungo. Ciò è successo alle banche che sono limitate nella
distribuzione dei dividendi a causa della vigilanza. In caso di periodi di forte crisi, rischi eccessivi di perdite,
l’autorità di vigilanza ha vietato la distribuzione di dividendi (ciò succede solo nel settore finanziario). Ciò ha
un impatto significativo sulla quotazione dei titoli delle banche.
I diritti dei titoli azionari:
Riconoscono all’investitore sia diritti di natura amministrativa che patrimoniale e misti. Ciò si riferisce alle
azioni ordinarie.
Amministrativi: intervento all’assemblea; voto; impugnare le delibere; stimolo del collegio sindacale (per la
funzione di sorveglianza); chiedere nomina dei liquidatori. Sono diritti qualificanti che giustificano
l’investimento in un titolo azionario, che significa voler partecipare al rischio di impresa e quindi concorrere
alle decisioni che portano allo sviluppo dell’impresa. Altrimenti ci si compra un titolo obbligazionario.
(Questo vale soprattutto per gli azionisti rilevanti e di riferimento con grandi quote e quindi potere di
incidere sulle decisioni).
I diritti amministrativi sono meno sentiti dagli investitori di minoranza che puntano ai diritti patrimoniali
(ovvero gli azionisti di minoranza accettano il maggior rischio dell’azione a fronte di un rendimento atteso
superiore rispetto a un titolo di debito).
Diritti di natura patrimoniale (non sono certi):
Diritto agli utili e alla quota di liquidazione in caso di scioglimento della società. (Se fallisce non ci sarà
rimborso di capitale che sarà assorbito dal rimborso per i creditori dell’azienda [1privilegiati, 2chirografari,
3subordinati]).
Con obbligazioni convertibili e co-warrant si va a modificare la percentuale di possesso azionario, per cui
deve essere riconosciuto il diritto di opzione: è di natura mista. È la prelazione concessa ai vecchi azionisti
per consentirgli di mantenere inalterata la percentuale di possesso.
Ma è un diritto condizionato dalla disponibilità patrimoniale del singolo azionista.
Quindi si vuole dare all’azienda la possibilità di aumentare il proprio capitale (e il numero di soci) e la
potenzialità di crescita, senza eliminare la possibilità di mantenere la quota di comando. Molte aziende
famigliari non si quotano sui mercati perché temono di perdere il controllo.
Se l’azienda non è performante o ha struttura finanziaria non solida è soggetta a take over, ovvero attacchi
ostili per prenderne il controllo. Attraverso offerte pubbliche d’acquisto lanciata da un soggetto esterno che
conquista la maggioranza attraverso un rastrellamento delle azioni in circolazione. Su questo esistono
specifiche norme (offerte pubbliche di acquisto e di vendita) per garantire i diritti degli azionisti di
minoranza, per evitare attacchi ostili con prezzi non coerenti con il valore di mercato dell’azienda.
Ciò non succede se non ci si quota ma si hanno limiti operativi e di crescita dimensionali piuttosto rilevanti e
non trascurabili.
Il diritto di opzione è il diritto di assegnazione in caso di aumento di capitale sociale. Cioè se un'azienda
produce utili, contabilmente può accantonare a riserva una quota parte degli utili. Queste riserve, oltre il
valore nominale delle azioni, accrescono il valore del patrimonio complessivo dell’azienda.
Questi fondi/riserve costituite da progressivi accantonamenti di utili possono essere convertite in azioni.
Queste azioni sono un’autenticità gratuito di capitale, è una mera trasformazione contabile.
Questo aumento deve essere riconosciuto proporzionalmente alla quota percentuale posseduta. Infatti,
rappresenta l’accrescimento di valore del patrimonio nel tempo.
Se si ha un capitale sociale ridotto e cospicue riserve patrimoniali, e si converte tutto in capitale sociale, poi
al momento di distribuzione dei dividendi si avrà un numero procapite di azioni superiore. Quindi la politica
dei dividendi da quel momento in poi diventerà più onerosa per l’azienda.
Diritto di recesso in caso di: cambiamento dell’oggetto sociale, del tipo di società o del trasferimento
all’estero.
Queste modifiche cambiano il profilo di rischio o cambiano le competenze professionali necessarie del
management o il funzionamento societario (da SpA -quota proporzionale- a cooperativa -quota
mutualistica-) o il diritto del paese straniero potrebbe modificare le condizioni della propria partecipazione
(o anche costi elevati per raggiungere la nuova sede).
Fino al 2003l’ordinamento prevedeva solo categorie tipizzate di azioni, ovvero azioni ordinarie che
riconoscono tutti i diritti citati (patrimoniali e amministrativi e misti), azioni privilegiate e di risparmio.
Queste ultime caratterizzate da un principio: il bilanciamento dei diritti. Se depotenziati i diritti
amministrativi allora aumentati i diritti patrimoniali, o viceversa. Es. se non c’è diritto di voto, allora un
dividendo più elevato.
Dal 2004 la riforma del diritto societario ha eliminato tale principio di bilanciamento. Quindi esistono azioni
con dei limiti o amministrativi o patrimoniali senza avere una compensazione dall’altro lato.
Ora i titoli azionari non sono più tipizzati (non standardizzati): questo vuol dire ridurre la negoziabilità e il
mercato secondario. Ha anche causato la presenza sul mercato di molti più strumenti ibridi (intermedi tra
titoli di debito e di capitale).
7:
I titoli tipizzati (disciplinati dal CC) sono ancora utilizzati ma con alcune modifiche come l’eliminazione del
principio di bilanciamento dei diritti di diversa natura. Il bilanciamento vige solo per le azioni privilegiate o di
risparmio.
Ora, nuove tipologie che consentono di graduare differentemente i diritti patrimoniali e amministrativi a
discrezione delle singole società, entro i limiti previsti dallo statuto aziendale.
Questa riforma ha implicazione sulla standardizzazione dei titoli dei mercati azionari, pesando soprattutto
sull’efficienza del secondario. Per alcuni titoli particolari è ridotto o mancante.
Altra modifica riguarda il valore nominale pre 2003 era obbligatorio definire un valore nominale di
riferimento delle azioni, per l’emissione di nuovo capitale e per le successive negoziazioni delle azioni. Ora la
riforma ha previsto che le azioni possano non avere valore nominale. Di conseguenza, essendo che un titolo
azionario può essere quotato solo se ha un valore nominale di riferimento (come parametro di riferimento
per gli investitori che confrontano tale valore con il valore di mercato nel tempo). Quindi se le aziende
emettono titoli azionari che non hanno valore nominale questi titoli non possono essere ammessi a
negoziazione.
Modifiche che influenzano pesantemente lo sviluppo dei mercati.
Inoltre, se un’azienda definisce un valore nominale, tale valore deve essere lo stesso per tutte le categorie
d’azione dell’azienda.
Ora, due macro-categorie di titoli azionari:
-ordinarie: pieni diritti amministrativi e patrimoniali. Il dividendo è previsto ma non assicurato, a seconda
della delibera e della presenza di utili. (Prima [2003] era previsto che le azioni di risparmio non avendo voto,
tramite rappresentante nelle assemblee potevano solo impugnare le delibere contro gli interessi degli
azionisti di risparmio. Prima le azioni di risparmio erano solo per le SpA quotate; quindi, controllate e
vigilate e bilanci certificati. E le azioni di risparmio, ma anche le privilegiate, dovevano essere al massimo
pari al 50% - quindi le azioni ordinarie dovevano sempre costituire la maggior parte delle risorse
patrimoniali dell’azienda (per evitare la diluizione del capitale sociale stesso). Le azioni privilegiate
prevedevano una prelazione nel riparto degli utili e nel rimborso del capitale e nello scioglimento della
società. Gli ordinari che sia collavano pienamente il rischio di impresa erano gli ultimi a essere rimborsati in
caso di fallimento – assorbimento delle eventuali perdite. I privilegiati avevano diritto al dividendo prima
degli altri e per un importo minimo pari alla percentuale indicata nello statuto (cmq solo se distribuito). Ma
potevano partecipare solo esclusivamente alle assemblee straordinarie).
-azioni speciali: differenti gradazioni dei diritti patrimoniali o amministrativi o di entrambi. Piena libertà
statutaria.
Non esiste una tassonomia completa delle tipologie di azioni emittibili (sono infinite combinazioni di
gradazioni diverse).
Alcuni macro-tipologie:
-azioni con voto limitato,
-diritti patrimoniali limitati
-azioni con varie tipologie di privilegi.
Il legislatore è attento al tema della diluizione del capitale. Ovvero le azioni limitate=privilegiate o di
risparmio, al massimo potevano essere il 50% del capitale sociale. C’era quindi un bilanciamento dei diritti
amministrativi e patrimoniali. Questo perché si considera il potere di intervento o meno degli azionisti in
assemblea e nelle decisioni aziendali. Il motivo è che solo chi ha i diritti amministrativi è pienamente
responsabile delle decisioni prese dall’assemblea ordinaria.
In caso di scioglimento anticipato la norma prevedeva che i privilegiati fossero rimborsati prima degli altri
perché erano meno responsabili, avendo meno diritti amministrativi, e quindi meno potere di scelta e
decisione sulla performance aziendale.
Gli azionisti dovrebbero essere tali al fine di far crescere la società e il valore della stessa e anche degli utili
nel tempo. Ma qua si dividono due interessi: far crescere il capitale o far crescere il dividendo nel breve
tempo. Gli azionisti di maggioranza, infatti, sono interessati al lungo termine anche a scapito del breve
termine. E sono loro, di maggioranza, i più determinanti nelle scelte di gestione e strategiche dell’azienda.
Mirano alla crescita del patrimonio, attraverso la produzione di utili che vengono in parte consistente
reinvestiti (accantonati al patrimonio) e meno per essere distribuiti tramite dividendi. Mentre gli azionisti di
minoranza sono più interessati a una remunerazione mordi e fuggi, ovvero capital gain di breve periodo o
dividenti attesi costanti o in crescita. Gli azionisti ordinari possono partecipare a tutte le decisioni aziendali e
possono indirizzare la gestione verso attività più rischiose e quindi più remunerative (dividendi maggiori).
Ma se cresce troppo il profilo di rischio dell’azienda, gli azionisti senza diritti amministrativi subiscono il fatto
di dover assumere lo stesso rischio elevato senza poter opporsi o intervenire.
Quindi alcuni azionisti speciali devono valutare se intendono partecipare al rischio di impresa avendo meno
potere di incidere sulle decisioni di gestione.
Ora gli azionisti di risparmio e privilegiati fanno parte di una macro-categoria più ampia.
Le aziende possono emettere diversi tipi di azioni:
-azioni con voto limitato (pari al max al 50% del capitale). O prive di diritto di voto o diritto di voto solo su
alcune fattispecie (es solo nelle assemblee straordinarie, solo in sede di delibera della distribuzione dei
dividendi, solo nelle delibere su operazioni straordinarie come M&A) o con diritto di voto subordinato
(clausola di subordinazione a un evento, come l’esistenza di utili distribuiscili o altri eventi individuati
dall’azienda). Non è un bilanciamento dei diritti. Infatti, non c’è un maggior diritto patrimoniale a fronte di
tali limitazioni.
-azioni con diritti patrimoniali limitati (azioni remunerate per una quota fissa o per una predeterminata
percentuale del valore nominale, ciò ricorda i titoli di debito. Ma si è cmq azionisti e quindi si ha il rischio di
perdita dell’intero capitale investito). Ciò è possibile in positivo solo quando l’impresa va bene ma decide di
non distribuire in toto gli utili che invece impiega per investimenti interni e quindi il rendimento fisso è più
alto del rendimento deliberato per tutti. Altrimenti negli altri casi è perché l’azienda va male e non
distribuisce utili, e rischia in futuro il fallimento. Qua, post-riforma 2004, il rendimento fisso c’è sempre, a
prescindere da se gli utili sono distribuiti (mentre pre riforma nelle azioni di risparmio era condizionato alla
distribuzione degli utili).
Se la società va bene ti tratto come obbligazionista (remunerazione fissa predefinita [ma in realtà anche
eventuale capital gain] ma se va male ti tratto come azionista.
Non è un bilanciamento dei diritti. Infatti, non c’è un maggior diritto patrimoniale a fronte di tali limitazioni.
Su certe categorie di titoli, sui mercati è difficile che ci siano grandi, spesse o frequenti negoziazioni.
Quanto più il titolo è particolare meno probabile ci sarà un mercato secondario.
-azioni remunerate in base ai risultati ottenuti dalla società in un settore o ambito operativo specifico.
Queste azioni remunerano solo se l’ambito operativo x produce utili. Sono definite azioni ‘correlate’.
Questa tipologia è utile quando si sviluppano attività innovative particolarmente remunerative, che
incentivano una sottoscrizione di capitale per investire in tale attività. A prescindere dagli utili complessivi –
positivi o negativi - della società intera.
Poi ci sono azioni speciali con privilegi patrimoniali, es azioni remunerate con privilegio rispetto alle azioni
ordinarie (dividendi riconosciuti prima o maggiormente della distribuzione di quelli degli ordinari). Simili a
quelle privilegiate ma non c’è bilanciamento di diritti, ovvero non diminuiscono i diritti amministrativi.
Poi le azioni con postergazione rispetto alle ordinarie, della bifalcazione nominale in caso di perdite. Prima
vengono defalcate le azioni ordinarie e poi queste azioni ‘postergate’.
Poi azioni con diverso trattamento del rimborso in caso di recesso del socio o scioglimento/liquidazione
della società. Ovvero trattamenti differenziati di categorie di soci in caso di rimborso dovuto del capitale
sociale. Non c’è bilanciamento mai, neanche qui, siccome è post-riforma.
Tutte queste tipologie si possono integrare e mescolare creando infinte tipologie ibride.
Comunque sia la proporzione delle azioni ordinarie deve sempre essere pari al 50% ma solo con riferimento
alle azioni con voto limitato. Mentre possono esserci il 90% delle azioni con diritti patrimoniali limitati.
La questione è non far diluire il capitale sociale troppo, affinché un nucleo molto ristretto di azionisti
(detentore del capitale sociale) possa ampliare significativamente le risorse patrimoniali senza riconoscere i
diritti di gestione ad altri soci. Ovvero che la maggior parte delle risorse patrimoniali sia messa a
disposizione dell’azienda da parte di soci che non concorrono alle decisioni dell’azienda.
Quindi la riforma per quanto abbia aumentato la libertà statutaria ha anche aperto a una maggior
possibilità di diluizione del capitale sociale (inteso come risorse messa a disposizione dagli azionisti
ordinari).
Questa riforma deriva dal mondo anglosassone che prevedeva maggior tipologie di azioni.
Questa riforma ha beneficiato soprattutto i grandi emittenti e le grandi banche che hanno aumentato
l’arena le di strumenti a loro disposizione anche al fine della vigilanza (patrimonio maggiore e più rischi che
possono assumere).
Queste novità hanno impatti anche sul piano della governance e degli investitori: per valutare un
investimento, oltre a considerare il profilo rischio-rendimento, si deve considerare il tempo, inteso come
holding period. Infatti, gli investitori sui mercati comprano azioni al fine del dividendo e del capital gain in
un arco temporale abbastanza breve: ottica di investimento varia dalle tempistiche di investimento. <-
questo vale per i retail o i consulenti dei retail.
Mentre per gli istituzionali devono guardare anche alla capacità di governance nelle stesse tipologie di
titolo.
Il profilo di rischio del titolo (non solo dell’emittente), derivante dalla forma tecnica specifica, è sempre da
valutare. E secondo questo aspetto ci sono titoli più convenienti perché meno rischiosi. Ovvero, a parità di
rendimento è più conveniente un’azione ordinaria piuttosto che un’azione limitata. Anche perché titoli più
particolari e più rischiosi spesso non hanno mercato secondario e quindi non è possibile smobilitarli.
Il contratto derivato ci permette di gestire il rischio finanziario (mentre quelli speculativi il rischio puro –
legato a patrimonio o persona).
Non è un titolo!
I titoli di debito rappresentano il debito di una specifica società emittente.
Mentre i titoli azionari rappresentano una quota del capitale di una società.
Mentre il contratto derivato NON è un titolo bensì è uno STRUMENTO finanziario che ci consente di gestire
rischi di natura finanziaria.
Quindi quando si compravende un titolo obbligazionario o azionario, c’è una cessione del titolo (consegna
del titolo) a fronte di un pagamento (ricezione di denaro). Se questa compravendita si effettua oggi si parla
di scambio a pronti. Mentre la vendita a termine è quando oggi stipulo un contratto che prevede che tra un
mese avverrà una compravendita di un titolo a un determinato prezzo prefissato (uno si impegna a vendere
il titolo a 5$ tra un mese, oppure l’altro si impegna a a vendermi tra un mese un titolo a 5$).
Il contratto può essere quindi o a pronti o a termine ma in ogni caso il contratto che prevede la
compravendita di un titolo prevede lo scambio titolo-denaro. Sia che sia una transazione tra privati o sui
mercati. C’è sempre una fase di negoziazione e una di regolamento dello scambio titolo denaro.
I contratti derivati consentono di gestire appunto i rischi finanziari e il cui valore non è il valore intrinseco
del valore nominale dell’obbligazione o dell’azione, derivante dalla situazione di debito o capitale
dell’azienda. Ma è uno strumento io cui valore è definito da un’attività sottostante, o un titolo o un valore o
una merce. Questo sottostante determina il valore del contratto. NON c’è lo scambio del sottostante.
Il sottostante mi consente di calcolare il valore dello strumento derivato ma non coincidono e neanche
viene compravenduto il sottostante.
Quali rischi ci consentono di gestire e come?
I sottostanti sono definiti anche ‘underlyied assets’: sono o titoli, o delle commodities/merci o degli indici
(di mercato).
L’indice azionario rappresenta un paniere di titoli e quindi lo strumenti derivato che si costruisce non ha
come sottostante il valore di un unico titolo, ma il valore del derivato deriva dall’oscillazione del prezzo di un
paniere. L’indice dà quindi il valore medio di un paniere di titoli.
Es indice di borsa italiana è il paniere di titoli azionari negoziati su borsa italiana (40 titoli circa).
Ci sono mercati internazionali molto importanti che trattano derivati su commodities (petrolio, oro, grano).
Ma noi vediamo principalmente i derivati di natura finanziaria.
Gli strumenti derivati individuano sempre una operazione a termine (transazione finanziaria a scadenza –
non immediata). La prestazione è sempre differita rispetto al momento della stipula del contratto. E il
termine può essere o ‘fermo’ (predefinito e individuato nel contratto) o ‘condizionato’ (derivato che
prevede la facoltà per una o latra controparte di eseguire o meno il contratto).
Nel gergo anglosassone sono chiamati ‘forward contracts’.
I contratti derivati possono essere distinti anche secondo altre logiche:
-strumenti simmetrici o asimmetrici: simmetrici se prevedono un’impegno per entrambe le controparti
contrattuali (entrambe devono eseguire quanto previsto nel contratto). Su entrambe le parti si manifestano
gli effetti del contratto.
Asimmetrici, se prevedono che l’esecuzione del contratto sia decisa da una sola controparte contrattuale.
Quindi l’altra parte contrattuale subisce la decisone della prima.
Ciò significa che nei contratti simmetrici guadagni e perdite sono simmetriche: una parte guadagna è l’altra
specularmente tra perde
Invece nei contratti asimmetrici la parte che decide si muoverà nella logica di minimizzazione delle proprie
perdite (ovvero anche ottenere un guadagno). Questo avviene perché le due controparti sono convinte di
aspettative opposte riguardo il sottostante e l’evoluzione del mercato.
Simmetrici: futures e swap
Asimmetrici: options (che siano su interessi, valute o altro).
Gli strumenti derivati possono avere diverse strutture e molto complesse. Noi vediamo le più semplici.
Essendo contratti creati per gestire un rischio, le esigenze, di ogni singolo soggetto in termini di copertura
del rischio, possono essere tra le più varie.
Possono essere creati quindi per coprire specifiche categorie di rischio, per volumi differenti, prevedere
ricadute su soggetti diversi, ecc. sono molto personalizzabili.
Ma comunque esistono anche mercati ufficiali su cui questi strumenti sono negoziati e quindi sono
standardizzati nelle caratteristiche contrattuali.
In borsa italiana sono quotati i futures e alcune tipologie di opzioni.
Tutti i futures negoziati in Italia sono regolati sui mercati ufficiali. Quindi sono tutti standardizzati.
Per i titoli azionari e obbligazionari, standardizzati significa: valore nominale, rendimento predefinito (per
obbligazioni), diritto patrimoniali o di voto (per azioni).
Per i derivati essere standardizzati significa contratti omogenei tra loro dal pov dello strumento sottostante
(in borsa italiana i derivati si costruiscono su titoli o commodities espressamente previsti da borsa italiana).
E standardizzazione dei lotti minimi, ovvero non si può avere come sottostante l’azione alfa per un importo
pari a 3'457,5 euro. Borsa italiana impone quali titoli sono ammessi come sottostanti e anche i lotti minimi.
Es lotto minimo per l’azione alfa di 100'000 euro o multipli. Non sono possibili numeri diversi oppure
frazioni dello stesso.
Quindi se si deve coprire il rischio per un importo che eccede il lotto minimo si dovrà valutare se assicurarsi
solo per il lotto minimo (non coprendo completamente il rischio a cui si è esposti) o per il multiplo seguente
(sovra-coprire il rischio, senza benefici per la quota eccedente) sostenendo un’onere superiore.
Anche la scadenza per i derivati è determinata da borsa italiana. Borsa italiana ha un calendario di scadenze
per ogni tipologia di sottostante ammesso (cadenza o mensile o trimestrale). Quindi si può risultare scoperti
per un certo numero di giorni, o coprisci per più giorni. Anche le modalità di contrattazione, le modalità di
determinazione del prezzo e le modalità di liquidazione dei contratti – ovvero gli aspetti organizzativi di
negoziazione del contratto – sono regolate dalla società che gestisce quel mercato ufficiale. Queste
indicazioni si trovano nel regolamento mercati di borsa italiana.
Nonostante le previsioni delle borse ufficiali internazionali, esistono delle tipologie di contratti derivati
negoziabili sui mercati over the counter. Sono mercati non sottoposti a regolamentazione, no regole rigide
(come lotti minimi o scadenze o titoli sottostanti), per cui maggiore flessibilità, maggiore personalizzazione
del contratto. Ma sono più rischiosi. Utilizzabili solo da investitori professionali che ne sappiano fare il
pricing adeguato.
I derivati, come i futures, negoziati sui mercati ufficiali sono sottoposti a dei margini di garanzia. Ovvero gli
operatori che intervengono su questi contratti devono prevedere delle coperture. E quindi la regolazione
del contratto, fase del settlement, diventa meno rischiosa. Ovvero si riduce la probabilità di insolvenza della
controparte.
Invece sui mercati over the counter non ci sono questi margini. È più rischioso ma non per forza meno
efficiente.
In Italia i futures sono tutti negoziati in borsa, invece gli swap sono esclusivamente negoziati sui mercati non
regolamentati (infatti sono molto flessibili e personalizzabili).
L’obbiettivo dei derivati è la copertura e non la speculazione, soprattutto per i retail. L’obbiettivo non è
investire o disinvestire – scambiare titoli. Quindi si mira a coprire un rischio finanziario (che potrebbe
concretizzarsi) in un certo arco temporale, con una logica a termine. Sono utili a coprirsi delle variazioni dei
rischi di interesse, oscillazioni di prezzo sui titoli; mentre speculare significa avere delle aspettative a
termine ma senza disporre del sottostante (non si è effettivamente esposti al rischio sul sottostante).
Se io ho dei dollari, ho il rischio di cambio consistente in una svalutazione del dollaro, ovvero che il cambio
euro dollaro determini una riduzione del prezzo del dollaro contro euro. Ovvero che si deprezzi il dollaro.
Prima i dollari li cambiavo a 1euro e ora a 0,80euro.
Per coprirsi si stipula un derivato sul cambio euro/dollaro.
Un’impresa che esporta e importa dall’estero prodotti e materie prime, pagando in valuta estera. Vuole
avere certezza sui suoi flussi di cassa in valuta nazionale (si copre dal rischio di cambio sia in perdita che
guadagno possibile). Allora stipula dei contratto derivato a copertura del rischio di cambio sui contratti di
vendita e sui contratti di acquisto delle materie prime. <- così ci si copre da un rischio effettivo, perché si ha
il sottostante/l’attività che genera tale rischio.
Altro esempio è un mutuo a tasso variabile, stipulando un derivato che copre dall’oscillazione di tasso.
I retail dovrebbero fare derivati solo se hanno il sottostante. Non hanno competenza per fare speculazione e
di arbitraggio. Infatti, se non hanno il sottostante non hanno capacità di assorbimento delle perdite che i
derivati possono produrre. (Anche la mifid ci dice che il profilo di un investitore retail si basa anche sulla sua
capacità a subire perdite patrimoniali).
Chi invece specula con i derivati lo fa perché ha delle attese specifiche riguardati il sottostante. Es si attende
che i tassi di interesse aumentino. Seppur non è esposto al rischio di cambio. Stipula un derivato
posizionandosi per lucrare solo il delta tasso, ovvero la differenza tra valore attuale e atteso.
Se però sbaglio previsione, non si ha il sottostante che mi bilancia compresandomi la perdita. E quindi è una
perdita netta. Perdo sempre e solo il delta ma è comunque una perdita effettiva (che se avessi avuto il
sottostante sarebbe stata controbilanciata dall’apparenza mento del sottostante in mio possesso e quindi di
conseguenza non ci perdevo né ci avevo guadagnato). La perdita nominale dipende non solo dal delta, che è
in percentuale, ma anche dal lotto relativo all’operazione che può essere di centinaia di migliaia di euro.
Il contrato derivato quando si è in possesso del sottostante copre il rischio e ci rende neutrali all’oscillazione
del sottostante.
Sui mercati regolamentati dei derivati è più faile trovare più controparti disposte ad operare, perché le
condizioni sono standard e ufficiali.
Attenzione che se anche io ho il sottostante ma stipulo il derivato con una controparte che lo fa per fini
speculativi, perché ha una determinata previsione sull’andamento del valore del sottostante, aumenta il
rischio di controparte. Perché non avendo il sottostante, la controparte, se subisce la perdita, potrebbe
risultare insolvente.
L’arbitra gaio è ancora più complesso della speculazione. Può essere fatto solo da investitori qualificati. Si
può fare sui derivati ma anche su tutti i titoli, come l’oro, azioni ecc.
L’arbitraggio significa cogliere le differenze di prezzo di uno strumento finanziario su due diversi mercati. Per
esempio, il titolo alfa negoziato in Italia ha prezzo 3, ma negoziato in America ha prezzo 3,5.
L’arbitraggio nasce dal non livellamento dei prezzi di uno stesso titolo su due mercati diversi.
Quindi lo compro in grandi quantità a Milano a 3, e lo rivendo a newyork a 3,5 e lucro la differenza di prezzo
(moltiplicata per la quantità che avevo preso). Serve essere tempestivi e poter operare su più mercati e
avere capitali ingenti per lucrare su differenze di prezzo infinitesimali.
L’arbitraggio sugli strumenti derivati significa che l’operatore mira a fare un profitto sul disallineamento di
prezzo sul mercato a pronti e quello a termine. O tra diversi contratti derivati negoziati su più mercati. Serve
saper fare il pricing e avere delle aspettative concrete sull’andamento futuro del prezzo di quello strumento
derivato, e arbitraggiare o su due mercati o su due strumenti.
Tre tipologie più importanti di derivati: futures, swap e options.
Futures: sono strumenti simmetrici, in base ai quali le parti – il venditore e il portare – si impegnano a
vendere l’una e a comprare l’altra una determinata attività sottostante a una data futura e a un prezzo
prefissato.
Io mi impegno a vendere mille del titolo alfa tra un mese. Se esiste una controparte che ha aspettative
opposte alle mie, allora accetterà di comprare il titolo alfa tra un mese al prezzo oggi stabilito.
Differenza tra tipula di un futures e la compravendita di titoli:
A fronte di un investimento (acquisto) in titoli (quindi il fine del derivato sarà quello di copertura di un
rischio a cui è soggetto) viene venduto al tempo t un futures a prezzo definito. Ovvero un contratto che
definisce la vendita a un tempo t a un prezzo predefinito. Il prezzo del contratto fa riferimento a un
sottostante che è il titolo alfa che io ho nel portafoglio. Ma non sto facendo un contratto a termine del titolo
alfa che io ho in portafoglio. Altrimenti è compravendita del titolo e non un contratto derivato.
Se al tempo t+1 aumentano i tassi, si registra quindi una perdita in conto capitale sul mercato a pronti che si
realizzerebbe se io vendessi il titolo alfa. Avendo però venduto i futures a un prezzo più alto di quello che
viene registrato al tempo t +1, si ha un guadagno sul mercato che bilancia la perdita sul mercato a pronti.
Quindi nell’ottica di copertura del rischio, il contratto derivato va a neutralizzare l’oscillazione di valore.
Quindi l’oscillazione del tasso inciderà sia sull’esito del contratto derivato (+ o -) ma contemporaneamente
anche sull’attività sottostante (- o +) che io effettivamente ho in portafoglio.
L’esito a termine mi consentirà di bilanciare il risultato ottenuto sul sottostante, se sul sottostante ci
guadagno allora il futures mi porterà una perdita di pari valore; e viceversa. Si neutralizza il rischio perché gli
effetti si bilanciano.
Se in portafoglio ho il titolo alfa ma in borsa mi dicono che non posso stipulare il derivato sul titolo alfa ma
solo sul titolo beta. Allora costruisco una copertura su un titolo analogo a quello che ho in portafoglio, ma
non perfettamente coincidente. Quindi il risultato può bilanciare solo in parte la perdita che subisco (o
darmi un leggero guadagno). Stessa questione vale per discrepanza tra lotto minimo e quantità in mio
possesso. Se non coincidono le quantità o mi copro solo per una parte o mi copro di più ma sostengo un
onere maggiore, rispetto a se non ci fossero i vincoli regolamentari sui mercati officiali.
I futures finanziari possono essere su divise, titoli a reddito fisso o titoli azionari. In questo ultimo caso i
futures sono costruiti sulla base degli indici azionari riferiti al mercato di negoziazione. Sono simmetrici
vincolando entrambe le controparti contrattuali.
Tutti i contratti derivati comportano effetto leva che li rende molto rischiosi. Un effetto leva perché si fa
riferimento a uno strumento sottostante, e l’effetto che si traduce in termini di effettivo rischio o di delta
prezzo può essere positivo o negativo ma costituisce un multiplo del sottostante. Questo è evidente se si
opera allo scoperto ovvero se si sta speculando o arbitraggiando, ma si realizza anche se ho il sottostante si
genera un effetto leva grazie al contratto derivato.
È molto vantaggioso nel caso in cui le mie aspettative siano corrette e si ottiene un profitto. Ma può essere
molto onerosa se si sbaglia.
Sistema dei margini:
Gli operatori che intervengono su questi contratti sono obbligati al versamento di diverse tipologie di
margini di garanzia. Esiste un’istituzione che si chiama clearing house che si occupa della gestione dei
margini e della corretta esecuzione dei contratti.
I derivati hanno una certa scadenza (es 1 mese o 3 mesi), la clearing house controlla giornalmente il
controvalore dei contratti derivati che sono stati stipulati sul mercato. Serve a capire se il controvalore
genera in capo agli operatori che li hanno stipulati, potenziali perdite molto consistenti. Ciò succede quando
le oscillazioni di mercato sono più elevate rispetto alle aspettative che quell’operatore aveva nel momento
in cui ha stipulato il contratto. Perdite molto maggiori rispetto a quelle attese al momento della stipula del
contratto derivato.
La clearing house calcola ogni giorno il controvalore del contratto in modo da prevenire perdite molto gravi
e ingestibili. In tal modo a scadenza dopo 1 o 3 mesi, la clearing house è già in possesso dei margini a
garanzia del controvalore dovuto dalla parte soccombente. Quindi chiede delle coperture patrimoniali
graduali, ovvero dei versamenti giornalieri se l’esposizione risulta rischiosa rispetto a quanto stabilito
dall’inizio del contratto.
La clearing house ha costi diversi di paese in paese ma esiste per diversi mercati regolamentati in tutto il
mondo.
Le modalità di estinzione dei futures:
Possono essere chiusi anche prima della scadenza stipulando un contratto derivato di segno opposto.
Ovvero posizionandosi con un contratto per volumi identici sullo stesso sottostante ma di segno opposto in
modo da chiudere il contratto precedente. È la modalità piu diffusa.è definita ‘off setting’.
Oppure sono chiusi alla scadenza e ci son due modalità.
-cheapest to delivery ovvero consegna del sottostante
-cash settlement ovvero liquidazione per contanti dell’operazione
I rischi a cui si è esposti a seconda della modalità di estinzione sono diversi. Ossia se la controparte deve
consegnare il sottostante potrebbe non averlo perché agiva in modo speculativo. Mentre nell’altra modalità
potrebbe non avere sufficiente cash.
La clearing house serve a ridurre il rischio sul mercato dei contratti derivati. Solo mercati regolamentati.
Serve a ridurre il rischio di esecuzione di questi contratti.
E
In merito ai futures, che sono simmetrici e comportano l’esecuzione da parte delle due controparti; per cui
il rischio è che una delle due controparti (quella che perde) non riesca ad assorbire la perdita derivante dal
contratto futures.
La clearing house agisce come controparte automatica dei singoli contratti derivati. In caso di insolvenza
della controparte la clearing house copre la posizione.
Quindi chi ha guadagnato non subisce nessuna perdita se la controparte è insolvente.
Per avere le risorse necessarie a questa fattispecie in cui chi perde è insolvente, ha previsto il sistema dei
margini con cui raccoglie da tutti gli operatori del mercato derivato dei margini a copertura. Come se
creasse un fondo con tutti i margini e poi usa tale fondo se ci sono degli operatori insolventi. NO! Non è un
fondo di garanzia, non c'entra niente!
Quindi la clearing house seleziona gli aderenti (solo investitori professionali e qualificati e con un elevato
patrimonio) e gestisce il sistema dei margini.
I margini possono essere di tre tipi:
-iniziali
-di variazione
-aggiuntivi
Iniziali: versati alla stipula del contratto da entrambi le controparti, sia venditore che acquirente. È una
percentuale del valore del contratto. Espresso come percentuale o del valore nominale per i titoli
obbligazionari o dell'effettivo valore del contratto se è riferito a indici di natura azionaria.
Margini di variazione: calcolati facendo riferimento alla valutazione quotidiana del controvalore dei
contratti. Il margine di variazione è dato dalla differenza tra il valore della posizione rivalutata a prezzi di
mercato a fine giornata e il valore precedente della posizione alla stipula del contratto. Il valore del margine
viene addebitato sul conto dell’operatore che ha registrato l’andamento avverso.
Non è una perdita effettiva ma solo una perdita potenziale. Ovvero si guarda il controvalore attuale del
contratto e se il contratto dovesse essere liquidato oggi l’effetto in termini di perdita ricadrebbe su una delle
due controparti e così il soggetto in perdita deve versare il margine di variazione. È un margine richiesto a
titolo cautelativo.
Quindi se di giorno in giorno una controparte continua a perdere potenzialmente, attraverso i margini
aggiuntivi, progressivamente alla fine del contratto avrà coperto, tramite tutti i versamenti, la perdita
effettiva. Ciò limita il rischio di controparte.
Questo vale solo sui mercati ufficiali.
Invece sull’overdose the counter la conclusione del contratto è dopo tot tempo e si andrà a verificare l’entità
della perdita solo alla fine. Nel durante non c’è il meccanismo dei margini. E quindi gli operatori potrebbero
non riuscire a far fronte a perdite ingenti.
Si dice che gli strumenti derivati/ futures sul mercato ufficiale sono regolati quotidianamente e non a
scadenza. E che non sono neanche convenienti.
Poi i margini aggiuntivi, ovvero ulteriori coperture quando ci sono turbolenze sui mercati e quindi la
variazione sui prezzi dei future sono molto consistenti e quindi aumenta la probabilità di perdita a scadenza.
I primi effetti degli shock mondiali e guerra o COVID, sono sui mercati derivati perché questi esprimono
l’andamento a termine atteso dagli operatori. Se le fluttuazioni sono molto turbolente il primo mercato che
lo segnala e ne risente sono i mercati derivati.
8:
Il margine iniziale è in misura proporzionale all’entità del contratto derivato. È definito all’inizio del contratto
derivato. I margini di variazione sono calcolati sulla base dell’oscillazione del valore del sottostante nell’arco
della giornata. Vine sempre addebitato sul conto dell’operatore che è scoperto. Il margine aggiuntivo solo se
i mercati sono in una fase turbolente (situazione macro).
La clearing house è la controparte del contratto derivato. È un operatore che serve a non generare impatti
negativi sul mercato. Una controparte perderà e una guadagnerà, la clearing house va a nettare la
posizione, ma solo a scadenza. Prima raccoglie i margini giornalieri singolarmente tra lei e la parte che a
quel giorno è in negativo. Lasciando satare la controparte ce non sta subendo perdite quel giorno (non le
accredita quello che l’altra parte sta versando).
Il rischio che i futures copre è l’oscillazione del prezzo del sottostante, che sia oro, petrolio o un titolo
specifico.
In genera per i futures alla scadenza ci si riposiziona per non chiuderli con versamento ma con contratti di
segno opposto.
Quando ci sono fallimenti degli operatori i tribunali assegnano specifiche perizie, e quando ci sono dei
derivati soprattutto ‘sintetici’ (basati su metodologie complesse di calcolo) è molto difficile calcolare il valore
del derivato.
C’erano state alcune regioni che avevano emesso dei titoli, e poi avevano fatto operazioni anche su
strumenti derivati, convinti di migliorare il conto economico. Ma la banca di Italia aveva fatto uno studio
sugli effetti di queste operazioni. Alcune erano anche fallite. E aveva consigliato alle pubbliche
amministrazioni di non farlo. Poi c’era stato il caso Parmalat e la normativa impose di non offrire strumenti
derivati alla clientela retail (da parte degli intermediari ufficiali).
Opzioni:
Non sono simmetriche come i futures.
Ci dà la possibilità di acquistare o vendere a un determinato prezzo prefissato a una data prefissata un
determinato sottostante. Ovvero ci dà un diritto dietro pagamento del premio di acquistare o vendere a una
scadenza. Non essendo simmetrico, una sola delle due controparti contrattuali decide cosa fare a scadenza.
È l’acquirente dell’opzione poiché è lui che paga il premio che decide a scadenza come comportarsi.
Opzione fatta a copertura di titoli che si hanno in portafoglio. Temo un’oscillazione del prezzo e mi posiziono
ad una certa scadenza, stipulando un contratto che mi consente di vendere quei titoli a un determinato
prezzo. Avendoli in portafoglio stabilirò un prezzo congruo con quello che ho sostenuto per acquistarli e mi
posizione al tempo t1 per vedere quei titoli a quel prezzo congruo. Devo trovare la controparte che ha
aspettative opposte. Se a scadenza il prezzo di mercato sarà conveniente o meno per l’acquirente,
quest’ultimo deciderà se procedere o meno. E dovrà alla controparte solo il pagamento del premio.
Se si è in ottica speculativa l’obbiettivo è lucrare il delta prezzo.
Europee se l’acquirente può decidere solo alla scadenza refissata. Mentre americane se può decidere entro
una certa data. (Simile al meccanismo delle obbligazioni convertibili). Se il prezzo sul mercato è superiore
dello strike price più il premio allora allora conviene esercitare l’opzione. Es una call option.
La convenienza si calcola in base al prezzo del recato in quel omento al netto del premio.
Se il prezzo sul mercato a pronti è inferiore al price più il premio, allora non conviene esercitare. E alla
controparte venditrice dell’opzione sarà riconosciuto solo il premio.
Le opzioni sono definite:
-in money quando si ha l’opzione di acquisto in cui il prezzo di mercato è maggiore del prezzo di esercizio.
Ovvero sono sempre convenienti da esercitare.
-out money sono opzioni che non sono convenienti da esercitare
-at money, è quella fascia di prezzo che andiamo a calcolare al netto del premio che dobbiamo comunque
pagare. Quindi la condizione di neutralità non considera solo il prezzo ma anche l’importo del premio.
Differenza tra opzioni e una compravendita di titoli sul mercato a pronti:
A pronti-> io gli acquisto o vendo oggi i titoli. Poi in futuro posso disinvestire i titoli che avevo comprato (al
prezzo che ci sarà).
Opzione->se compro anche l’opzione (pago il premio) oggi posso anche decidere di venderli a scadenza a un
certo prezzo predeterminato oggi. Posso vendere a scadenza pur non avendo oggi quel titolo. Lo si fa se da
qui a un mese (a scadenza) aumenterà il prezzo del titolo. E quindi si ottiene un delta prezzo.
Se invece il prezzo si sara abbassato, con l’opzione posso decidere di non esercitare il diritto di opzione e
pagare solo il premio. (Non sono in possesso dei titoli).
Opzioni americane hanno più margine di scelta e libertà per il detentore dell’opzione. Le opzioni europee
meno. Ovvero l’opzione nelle americane si può esercitare per tutto il tempo entro la scadenza. Le europee
solo a scadenza si può esercitare.
Per le opzioni: vendere a pronti è un’operazione coperto mentre vendere a temine è allo scoperto.
Ma sul mercato a pronti (non in caso di derivati o opzioni) si può anche operare allo scoperto, ovvero per
effettuare la vendita ci si deve procurare il titolo.
(????) Quindi le operazioni coii derivati si possono fare o su portafogli in essere, composti da determinati
idoli in nostro possesso, o acquistando il titolo a prezzo inferiore e vendendolo sul mercato a pronti usando
coperture (????).
I contratti options sono voci fuori bilancio, ovvero nella nota integrativa in quanto coperture ai rischi o
esposizione ai rischi. In quanto non si hanno i titoli in portafoglio. Sono contratti o che coprono il rischio o
che ti espongono al rischio.
Parmalat prima di fallire, ma anche alcune banche, aveva un’esposizione a rischi per derivati e opzioni non
coerente ai rischi a cui era davvero esposta.
Gli SWAP:
Sono derivati che ci consentono di lavorare sull’esposizione al rischio ma con una logica diversa da quella
delle opzioni e futures.
Con gli swap le due controparti decidono di scambiarsi un flusso. Può essere un flusso rappresentato da una
quota interessi. In tal caso una parte scommette su un tasso di interesse fisso e l’altra parte su uno variabile.
Lo scambio sarà tra due flussi di tassi di interessi, calcolati in un caso con un tasso fisso scritto nel contrato e
nell’altro con un tasso variabile.
Oppure sempre uno scambio di flussi di differenti valute. Euro contro dollari, yen contro sterlina, ecc…
L’interest rate swap, ovvero il contratto che si fa per scambiare un flusso di interessi. Le due controparti
hanno quindi aspettative opposte sull’andamento dei tassi. La controparte che si attende un rialzo dei tassi
tende a fissare un tasso fisso, quindi un tetto massimo da non superare per non avere un aumento
dell’onore del debito. Mentre chi si aspetta che diminuisca si posiziona sul tasso variabile.
L’esposizione al rischio è per i soggetti indebitati, per cui se aumentano i tassi il costo del debito aumenta.
Quindi lo scambio sarà tra due tassi di interesse, uno darà fisso (quello che è indebitato a tasso variabile e
teme un rialzo dei tassi – mutuo a tasso variabile) e l’altro darà un tasso variabile (perché pensa che i tassi
non cresceranno). Ciò vuol dire che se poi i tassi crescono, quello con il nuoto a tasso variabile pagherà si
piu interessi sul nuoto, ma al contempo avrà un maggior guadagno ricevendo un tasso variabile pari dalla
controparte dello swap. E con il delta tasso ricevuto dallo swap compenserà il costo accresciuto sul mutuo.
Se invece i tassi sono poi diminuiti dovrò comunque pagare il mutuo (poco oneroso) ma anche il tasso fisso
che avevo definito nel contratto di swap (quindi pago di più rispetta a se non avessi fatto nessuno swap),
mentre la controparte pagherà un tasso variabile piccolo e riceverà il tasso fisso da me, e quindi ci
guadagnerà il delta tasso. L’impresa con il nuoto a tasso variabile, fa lo swap perché preferisce avere delle
uscite fisse e prevedibili nonostante l’andamento incerto del mercato (che gli squilibrerebbe la stabilità
finanziaria interna).
Lo stesso può essere riguardo l’andamento di due valute. Ovvero le parti hanno aspettative opposte sul con-
cambio delle due valute.
Gli swap sono negoziati su mercati over the counter non regolamentati.
Generalmente la controparte per i contratti derivati per una pmi sono le banche. Le banche in quanto
operatori professionali hanno aspettative sui tassi molto realistiche e quindi non sono molto disponibili se
non è nei loro confronti.
Se un'impresa italiana con i conti in euro e ha un mutuo in dollari, rischia che si apprezzi il dollaro e svaluti
l’euro. Le costerebbe di piu convertire i suoi euro in dollari, ovvero servono più euro per ottenere la stessa
cifra di prima di dollari. Lo swap qua pone un tetto sul rapporto di cambio e si scambiano flussi.
Uno scommette sull’ apprezzamento dell’euro e l’altro sul deprezzamento.
Gli swap possono o coprire i rischi o essere utilizzati per speculare. Speculando si hanno delle aspettative
sull’evoluzione dei mercati e quindi si mira solo a lucrare sul delta tasso o delta cambio.
Gli swap possono essere usati come strumenti di asset liability management, al fine di modificare il flusso
finanziario affinché l’impresa possa equilibrare i disallinamenti di entrate e uscite attese.
Distinzioni piu importanti tra le tipologie di mercati:
I mercati possono essere divisi in primari e secondari e tra regolamentati e non regolamentati.
Quando è regolamentato e sottoesposta a una normativa e specifiche regole che disciplinano sia gli
operatori ammessi e gli strumenti ammessi, le modalità di negoziazione, emissione e regolazione dei
contratti (es il settlement sul segmento dei futures).
Noi studiamo i mercati aperti, ovvero a negoziazione diretta dove si scambiano strumenti finanziari con
natura standardizzata e che quindi possono essere oggetto di negoziazione.
Il mercato primario: come si realizza emissione e collocamento dei titoli. E quali operazioni propedeutiche
alla quotazione in borsa.
Le modalità di collocamento, i consorzi (istituiti per le operazioni di collocamento) e la documentazione
necessaria per offrire i titoli al pubblico indistinto tra cui i retail, e le condizioni per accedere ai mercati
quotati.
Per il mercato secondario: non è solo la fase di trading/negoziazione di titoli già emessi. Ma anche
importanti le fasi del ‘post trading’, ovvero il peering, il settlement e la castoring.
Dopo aver immesso un ordine in borsa (o su qualsiasi mercato regolamentato) per acquistare o vendere un
titolo, si devono svolgere delle attività per fare un calcolo delle posizioni dei diversi operatori. Quindi
immaginiamo che in un giorno partecipano 100 operatori, 30 agiscono su 10 titoli e concludono contratti
con una molteplicità di controparti. Contratti che possono essere di acquisto o di vendita. A fine giornata si
deve calcolare la posizione netta: x titoli di una tipologia comprati e x venduti, e in capo ai singoli operaori si
evidenziano le posizioni nette. Questa fase è detta di compensazione. Perché un operatore può aver
effettuato differenti contratti in titoli sia per l’acquisto sia per la vendita, e se ne calcola la posizione netta
per capire se il singolo operatore deve consegnare i titoli e ricevere denaro o consegnare denaro e ricevere
in saldo i titoli. Qua finisce la fase di compensazione. Poi c’è la fase dell’effettivo regolamento delle
posizioni. Quindi lo scambio denaro-titoli. Fase di settlement. In questo momento possono emergere
situazioni di insolvenza o incapacità di far fronte agli impegni della controparte, ovvero incapacità di
consegnare i titoli o di consegnare denaro. È importante perché tanto più è lungo il lasso temporale tra la
negoziazione sul mercato e il regolamento effettivo dell’operazione, tanto più il rischio aumenta.
Poi c’è la fase della custodia, che in realtà inizia prima della negoziazione e accompagna tutte le fasi.
Per negoziare degli strumenti finanziari sui mercati è importantissimo dematerializzarli, per evitare di dover
scambiare quotidianamente il saldo di titoli dovuti o da ricevere tra acquirenti e prenditori. Il processo di
dematerializzazione è stato previsto dalle norme e si è fatto creando una società inserita nel gruppo di borsa
italiana, chiamata ‘monte titoli’ che detiene appunto i titoli. Detenendo i titoli apre dei conti che
evidenziano la posizione dare e avere dei singoli investitori/operatori e quindi è tutto contabilizzato dal
monte titoli senza dover effettuare consegne fisiche. Ora con la digitalizzazione non serve neanche più la
dematerializzazione perché non ci sono più titoli cartacei da detenere fisicamente a monte titoli. Si riducono
anche i costi. Prima la normativa non prevedeva i titoli digitali ma ora con aggiornamenti si può. Ma c’è
anche il tema del wallet digitale in cui raccogliere gli strumenti digitali di propria proprietà. Serve
un’intermediario che funga da custode dei wallet dei clienti (che se sono su blockchain o altre piattaforme
non è possibile integrare con il sistema di borsa).
Le forme/soluzioni organizzative per il collocamento dei titoli di nuova emissione:
Una forma organizzativa sono le aste (per i titoli pubblici). Per realizzare le aste servono delle condizioni
specifiche, come un volume molto ampio di titoli, di importo unitario molto contenuto (per i retail), e che
sia un mercato ampio e con emissioni molto frequenti, così che ci siano moltissimi titoli oggetto di
negoziazione.
Un’altra forma organizzativa può essere anche il ‘collocamento’ che poi assume forme diverse: offerte al
pubblico sia offerte indirizzate a investitori istituzionali (collocamenti privati e selezionati dall’emittente) sia
le IPO initial public offering (operazioni di emissione di titoli che si fanno nel primo giorno di quotazione di
un titolo qualora la società che ne richiede la quotazione non abbia ancora raggiunto un sufficiente flottante
dei titoli stessi- ovvero la società si quotata mediante la quotazione dei titoli azionari e una condizione a ciò
sui mercati ufficiali è l’esistenza di un flottante minimo = quota almeno del 25% del capitale sociale diffuso
tra investitori retail). La diffusione minima del capitale sociale è richiesta per garantire la contendibilità della
società, ovvero che i titoli non siano in mano a un unico soggetto. Ci deve essere negoziabilità affinché se
uno vuole prendersi la maggioranza o la minoranza possa attraverso la borsa. Serve che esita un mercato
secondario in grado di esprime un prezzo e quindi serve che una parte delle azioni sia negoziabile.
La borsa è un mercato secondario quando si quotano le proprie azioni. Infatti, la società ha già emesso i
titoli e poi li quota in borsa, che risulta essere il secondario (differente a se emette nuovi titoli in borsa come
aumento di capitale).
Quindi se i titoli azionari sono già di proprietà tra il socio 1 e i soci 2, 3 e 4, prima di quotarsi in borsa si
devono emettere nuovi titoli da destinare a nuovi investitori (non ai soci già esistenti) che diventano nuovi
soci, per una quantità almeno pari al 25%. Queste operazioni specifiche, finalizzate a ciò, si chiamano IPO
(che quindi credo riguardino solo il 25% del capitale sociale) e sono precedenti alla quotazione in borsa.
Possono essere delle offerte pubbliche di sottoscrizione o offerte pubbliche di vendita. ‘Di sottoscrizione’:
emette nuovi titoli e invita il pubblico a sottoscriverli, mentre ‘di vendita’ se non si vuole aumentare il
capitale, allora gli azionisti pre esistenti, decidono di cedere pro quota una parte di azioni e si effettua una
vendita di azioni già esistenti al pubblico.
Le ipo sono state regolmentate per evitare comportamenti opportunistici degli azionisti di maggioranza a
danno di quelli di minoranza.
Le OPA sono le offerte pubbliche di acquisto, anch’esse regolamentate e disciplinate. Dove un soggetto
esterno alla società o che ha una quota di minoranza, lancia un’offerta pubblica per acquisire la
maggioranza dei titoli della società. Sono regole andate nei tempi, nelle modalità di realizzazione
dell’operazione stessa.
Aste:
Sia in quelle marginali sia quelle competitività non viene definito in via preliminare il prezzo che si forma
dall’interazione tra domanda e offerta in sede d’asta. Tra le due cambia solo la differente modalità di
determinazione del prezzo di assegnazione finale.
Il prezzo con le aste dipende da domanda o offerta dei partecipanti all’asta.
Invece qualsiasi forma di collocamento di titoli prevede la determinazione di un prezzo da parte
dell’emittente. L’emittente definisce un prezzo dei titoli (azionari il prezzo esprime il valore del patrimonio
che l’azienda ritiene di aver raggiunto, mentre obbligazionari l’azienda deve individuare un valore nominale
a cui vendere il titolo e prevedere un tasso che ritiene coerente con il proprio profilo di rischio). La domanda
è comunque rilevante infatti determinerà il successo o l’insuccesso dell’operazione. Ma è l’offerta che
determina il prezzo.
Operazioni di collocamento privato (private placement):
Non è diretta al pubblico indistinto degli investitori ma si individuano dei soggetti potenzialmente interessati
all’emissione di quel titolo. Una cerchia ristretta selezionata dall’emittente o da una società di consulenza
specializzata che accompagna l’emittente.
Permette di realizzare il collocamento in tempi più brevi. Perché l’offerta al pubblico ai retail è molto più
disciplinata dalla normativa con tantissimi adempimenti necessari per tutelare i retail (tra cui anche redigere
il prospetto informativo, che è molto complicato).
Inoltre, se un'azienda è piccola è anche poco conosciuta e ha poche probabilità di successo per gli investitori
retail. Quindi solitamente il collocamento privato consiste nelle prime emissioni di un’azienda che sottopone
agli intermediari di consulenza la valutazione dell’emissione stessa e delle condizioni.
Questi intermediari concorreranno alla determinazione del prezzo piu adeguato in base alle condizioni
specifiche dell’azienda.
Le emissioni delle piccole imprese sono contenute ma non minime perché devono giustificare tutti i costi
connessi all’emissione. Almeno 50 milioni.
Le grandi imprese non fanno solo emissioni rivolte al pubblico retail, ma possono anche farne di
collocamento privato, se hanno esigenze di tempestività e rapidità oppure se emettono strumenti di
importo unitario elevato e quindi lavorano sul mercato all’ingrosso (servono controparti che operino per
volumi significativi).
La modalità di solito prevista dalle grandi aziende è l’emissione di strumenti sull’euro mercato o di strumenti
derivati, che o per limiti normativi o quantitativi sono offerti a clientela qualificata.
Un altro motivo può essere quello di guidare il riassetto azionario, ovvero modificare l’azionariato
dell’azienda, o di guidare la governance dell’azienda. Quindi non si viole frazionare tantissimo l’azionariato,
cosa che avviene rivolgendosi ai retail. Ma se un’azione grande ha un azionariato molto frazionato tra
milioni di azionisti, è possibile che i piccoli azionisti non interessati a partecipare alle assemblee deleghino
un’investitore istituzionale (es se questo gli gestisce il suo patrimonio o se si tratta di un fondo di
investimento), è questi ultimi siano molto influenti poiché rappresentano milioni di investitori e possono
incidere sul controllo dell’azienda.
Si possono usare queste operazioni per modificare l’assetto della governance, ovvero deliberare degli
aumenti di capitale sapendo che ci sono dei soci rilevanti che non hanno al momento delle disponibilità per
poter modificare l’assetto proprietario e le percentuali procapite di possesso. Tanto più il capitale è
frazionato tra molti piccoli azionisti, tanto più è possibile che una percentuale anche molto contenuta
diventi rilevante ai fini delle scelte gestionali e strategiche. Chi possiede il 2% di banca intesa è come se la
possedesse.
Riguardo ciò una normativa disciplina le aliquote di possesso. Ovvero si deve segnalare alla Consob di
possesso di azioni di società quotate se si ha più del 2%. Se si possiede più del 2% si deve comunicarlo
all’autorità di vigilanza dei mercati Consob. E deve sempre essere informata di eventuali modifiche
dell’assetto societario.
Il collocamento privato quindi lo possono fare tutte le aziende piccole o grandi.
Il collocamento al pubblico non esclude una modalità di collocamento privato. Ovvero di solito esiste una
prima fase di collocamento privato, con gli intermediari che concorrono alla determinazione del prezzo, e
poi la fase dove ci si rivolge al pubblico retail. Poi per raccogliere le sottoscrizioni dei titoli da parte di
investitori di ogni luogo, subentrano i consorzi di collocamento.
9:
Se si sa in anticipo che il rating Italia migliorerà e quindi il rischio Italia sarà minore rispetto a prima, per
guadagnarci si deve operate in titoli: es acquistare a termine un titolo a un prezzo un po’ più basso (se tutto
il mercato scommette contro l’Italia) e quindi lucrare un rendimento più alto e poi alla fine visto che il
mercato andrà come mi aspettavo (migliora rating Italia e diminuisce rischio paese Italia) mi sarà assicurato
un titolo a un prezzo più basso, e lo potrò rivendere al prezzo di mercato che sarà un po’ più alto,
guadagnandoci la differenza (tra prezzo a termine pre informazione del rating e prezzo a pronti post
informazione rating). Se si ha aspettativa contraria si può fare vendita a termine. <-operazioni allo scoperto.
L’effetto dello spread (è un delta tasso tra due titoli) si produce sui titoli di stato di nuova emissione, non su
quelli già in circolazione.
Per guadagnare, in caso di miglioramento del rating Italia e anche spread, si può anche acquistare oggi sul
secondario un titolo di stato (al 6% perché oggi è rischioso essendo pre informazione del rating migliorato) e
sai che da dopo la pubblicazione del rating il rendimento dei titoli italiani di nuova emissione sarà al 4%,
ovvero di meno rispetto a prima.
Si può anche fare uno swap di tasso, posizionandosi sui due titoli di stato. La controparte con aspettativa
opposta ti dà un tasso fisso e tu le dai il tasso italiano variabile (che secondo le mie aspettative si ridurrà, al
di sotto del tasso fisso che si riceve).
Ma tutte queste sono scommesse. Gli istituzionali invece guardano i fondamentali (sui fattori che possono
incidere) dei paesi e guardano come indicatore importante la valutazione dei derivati, che dà un segnale
sulla prospettiva di mercato (i derivati esprimono la tendenza, perché gli investitori spesso pareggiano le
posizioni, ovvero fanno contratti di segno opposto, e da questo si capisce se si aspettano che ci siano
difficoltà o previsioni opposte sul mercato).
Mercati primari e secondari: collocamento privato, indirizzato al largo pubblico degli investitori anche retail
oppure riservato a una cerchia ristretta di istituzionali o privati affluent.
Prima di essere sottoposte al mercato e ai retail, l’emissione viene sottoposta a una cerchia ristretta di
investitori professionali che concorrono a determinare il prezzo. Proposta dell’azienda affiancata dai
consulenti professionisti è convalidata nella bontà del prezzo di fronte al mercato (rispetto al rischio
rendimento dell’emissione stessa).
Questo meccanismo di convalida del prezzo presso investitori professionali (vaglio degli invest.
professionali) prima di proporre i titoli al pubblico, è necessario quando si tratta di titoli di medie dimensioni
ancora non quotate. Esistono anche dei limiti normativi di collocamento presso i retail di titoli non quotati.
Quindi una parte dell’emissione viene sottoscritta dagli investitori privati tramite meccanismo d’asta, ovvero
una proposta di acquisto da parte di questi investitori con una base di prezzo indicata. Cosi si stabilisce il
prezzo di collocamento al quale i qualificati sono disposti a sottoscrivere e a quello stesso prezzo sarà
proposta ai retail sul mercato. Quindi per raggiungere i retail si usa un consorzio di collocamento,
organizzato dagli intermediari (che non per forza coincidono con i qualificati sottoscrittori). La figura che
organizza questa operazione è il global coordinator, che svolge consulenza, valuta l’azienda e la struttura
finanziaria post emissione e poi determina sia le caratteristiche tecniche del titolo sia la tempistica
dell’emissione. Ci possono essere molte difficolta preliminari, perché l’azienda deve essere adeguata dal pov
della governance, della comunicazione delle informazioni con dei dati strutturati ed essere disclosure nei
confronti del mercato.
Il global coordinator può anche occuparsi dell’organizzazione del consorzio, ovvero individua banche, sim o
altri che abbiano una rete di contatto con gli investitori retail. Sia reti fisiche come sportelli e anche digitali.
Di solito sono banche internazionali o sim specializzate.
È anche detto sindacato di collocamento.
Poi c’è la figura del capo fila/lead manager, che spesso coincide con il global cooordinator. Ma se non
coincide, perché il global coordinator magari è una sim molto specializzata ma non ha una rete di contatto
con i retail ampia, allora identifica una grande banca che faccia da lead manager e le affida l’organizzazione
tecnica del collocamento. Il capo fila stabilisce quali altri intermediari partecipano al consorzio e ne
stabilisce le quote percentuali di riparto dei titoli da far sottoscrivere.
Diverso dal consorzio di collocamento è un gruppo, es banche e intermediari di uno stesso gruppo bancario
(es intesa ha molte banche anche territoriali). In un consorzio ci sono anche soggetti di diversi gruppi
finanziari. Questa diversificazione interna permette di diffondere maggiormente la pubblicizzazione
dell’emissione per avere più sottoscrittori.
Questi intermediari che affiancano guadagnano grandi commissioni.
Il capofila stipula, con gli intermediari individuati per il consorzio, un patto consortile, in cui si stabiliscono
gli impegni di ciascun intermediario partecipante.
La definizione del prezzo: il global coordinator fa una proposta, e poi c’è la fase di book running dove gli
investitori qualificati fanno tramite asta le loro offerte con cui poi si definisce il prezzo unico valido per tutti
gli investitori professionali.
Il consorzio di semplice collocamento raccoglie gli ordini, li trasmette e poi in base al riparto dei titoli,
saranno ‘consegnati’ ai sottoscrittori. Quindi il semplice collocamento è un servizio di contatto con la
clientela. L’esito dell’emissione è totalmente a carico dell’impresa, che vada bene o male.
Altimetri i consorzi sono di assunzione a fermo, al fine di far si che tutti i titoli sia collocati, gli intermediari
del consorzio disponibili ad assumersi il rischio dell’emissione sottoscrivono al momento dell’emissione tutti
i titoli e si impegnano a rivenderli allo stesso prezzo in un momento successivo. Questo serve a concludere
positivamente l’emissione il giorno stesso, se l’azienda ha esigenza di risorse finanziarie immediatamente.
Gli intermediari sottoscrittori sono disponibili a farlo per una commissione maggiore e se l’emissione è di
qualità. Questo si fa se in quel momento prefissato per l’emissione la domanda sul mercato è bassa, magari
perché ci sono già altre emissioni più grandi e convenienti o conosciute. Quindi in quel momento il mercato
è saturo e non è in grado di assorbire l’emissione. Il global coordinator consiglia all’azienda di posticipare
l’emissione ma se ciò non è possibile perché es si devono rispettare dei piani industriali per cui serve il
finanziamento allora si adotta questa tecnica.
Infine, consorzi di garanzia, al fine di far sì che tutti i titoli sia collocati ma non entro una data precisa ma ha
solo esigenza che effettivamente tutti i titoli messi siano sottoscritti. Non vuole correre il rischio di una
mancata parziale sottoscrizione. La residua parte non sottoscritta dai retail viene sottoscritta dal consorzio.
A fronte di una commissione superiore perché si assumono pro quota il rischio dell’invenduto.
Per questo è importantissima la fase di book running altrimenti nessuno sarebbe disposto a sottoscrivere a
garanzia o a fermo.
Per questi motivi spesso il global coordinator che definisce il prezzo, è anche capo fila perché in tal caso
potrebbe anche doversi assumere il rischio di non collocamento di una quota dell’emissione (di garanzia) o
anche di tutta la emissione (a fermo).
Altrimenti il global coordinator può non partecipare al consorzio.
Alla chiusura possono esserci dei casi in cui si riesce a collocare tutto, a non collocare tutto o dove le
richieste sono superiori alla quantità di emissione. Ci sono dei meccanismi di riparto o clausole contrattuali
che definiscono come chiudere l’operazione di collocamento.
Nel contratto di emissione dei titoli si deve prevedere il comportamento che l’impresa deve tenere in caso
di eccesso di domanda, ovvero i criteri di riparto. Questi criteri determineranno quali proposte di
sottoscrizione saranno soddisfatte, se in parte o escludendone alcune.
Criterio temporale: al raggiungimento dell’ammontare dell’emissione chi ha già presentato proposta sarà
soddisfatto, chi primo arriva è soddisfatto. Le residue richieste non saranno soddisfatte. Questa tecnica se la
possono permettere le grandi aziende, molto conosciute e accreditate sul mercato. Sane, solide e
profittevoli che fanno molte emissioni frequenti.
Criterio del riparto che prevede che tutti i soggetti che hanno fatto una proposta di sottoscrizione siano
soddisfatti almeno parzialmente e percentualmente. È un approccio che tende a soddisfare un po’ tutti gli
investitori, utilizzabile in primis da aziende poco conosciute per non rovinarsi la reputazione e deludere le
aspettative dei potenziali sottoscrittori.
Criterio sorteggio: si sorteggia chi soddisfare e chi no. Non molto utilizzato perché assegna a una relazione
casuale il rapporto con gli investitori.
[Quando si emette è mercato primario]
Ciascuna emissioni di titoli effettuata da un’azienda prevede che abbiano caratteristiche tecniche identiche
e identico rezzo di emissione.
Se un’azienda grande vuole andare sul mercato ma con un’emissione di non grandissimo ammontare perché
ritiene possano esserci rischi di assorbimento da parte del mercato, può decidere allora di fare un’emissione
con stesse caratteristiche tecniche e prezzo ma suddividendola i più tranche (ovvero più emissioni parziali
dell’ammontare totale in tempi successivi). Questo può essere fatto se si prevede un mercato
tendenzialmente stabile per un certo arco temporale in cui posizionare le proprie tranche. Altrimenti si
rischia un mancato collocamento delle tranche successive alla prima o che quelle successive siano troppo
fuori mercato in positivo per gli investitori. Tutto io deve essere previsto nel contratto.
Inoltre, nel contratto è possibile inserire delle clausole che adeguino il volume di emissione secondo la
risposta del mercato. Incremento dell’ammontare over sizing o decremento down sizing (clausole poste al
vaglio anche del global coordinator e di tutti i partecipanti al book running).
Per quanto riguarda i titoli azionari la domanda e l’offerta determinano il prezzo, mentre per i titoli di debito
il prezzo è determinato dagli investitori professionali.
Il global coordinator dice/consiglia la quantità, la tempistica e il tasso. Quindi ha fatto una considerazione sia
in merito a quanto può assorbire il mercato sia soprattutto in base all’ammontare coerente con la struttura
finanziaria dell’azienda, che non sia squilibrata dagli oneri finanziari di un’emissione troppo grande per cui
non si sia in grado di ripagare gli interessi con quanto si prevede di guadagnare in quel periodo. Più si
aumento l’ammontare dell’emissione, la struttura finanziaria risulta sempre più squilibrata, e quindi
aumento il profilo di rischio dell’azienda e quindi gli investitori vorranno un rendimento maggiore.
Invece, per i titoli azionari, la clausola di decremento dell’offerta di sottoscrizione, serve 1 a ridurre le
commissioni dovute agli intermediari che assistono l’emissione (essendo la quantità ridotta) e per gestire i
costi impliciti, come il fenomeno l’under pricing: può succedere che il global coordinator e capo fila fissi un
prezzo inferiore a quello ottimale teorico (coerente con il valore patrimoniale dell’azienda), per facilitare il
collocamento del titolo sul mercato. Si parla di differenze di prezzo di pochi basis point, che per quantità
grandi incide molto. Per l’azienda aumenta l’onore del debito o della politica dei dividendi, perché avrebbe
potuto ottenere un maggior volume di risorse a fronte di quel numero di titoli emessi. È più costosa questa
raccolta di risorse per l’azienda emittente, ma è a vantaggio degli intermediari che piazzano il titolo più
agevolmente.
Quindi costi espliciti derivano dai servizi di cui usufruisce l’azienda ma anche costi impliciti come l’under
pricing.
Per le azioni l’over sizing serve nel caso in cui ci sia tanta domanda e si voglia soddisfare tutti gli investitori
senza gonfiare il prezzo e superare il valore intrinseco dell’azienda. In ogni caso se si aumenta il capitale
raccolto bisogna anche essere in grado di remunerarlo nel tempo attraverso dividendi coerenti e avere un
piano industriale che preveda come impiegare tutto quel capitale raccolto.
IPO: operazioni propedeutiche alla quotazione in borsa, che si realizzano quando la società che ha chiesto
l’ammissione in borsa, non ha raggiunto il flottante minimo richiesto dalla normativa e dalla
regolamentazione di borsa. Nel mercato azionario ordinario il flottante minimo è il 35%, ma anche più
piccolo per i mercati relativi all’ammissione in borsa di aziende medio piccole. Quindi è un’autentica di
capitale o un'offerta di azioni già esistenti che devono essere indirizzati a nuovi soci, per poter aumentare il
numero di azionisti per poter assicurare un quantitativo minimo sul mercato che garantisca le condizioni di
negoziabilità sul mercato ufficiale.
Se sono titoli di nuova emissione si tratta di offerte pubbliche di sottoscrizione OPS. Entrano nuovi soci.
O titoli già emessi, nelle mani dei soci di maggioranza, che vengono venduti sul mercato per ampliare
l’assetto societario. Anche queste operazioni con il supporto di un global coordinator e eventualmente di un
consorzio di collocamento.
Non è l’unica modalità di quotazione in borsa.
Distinzione tra quotazione di diritto e quotazione di domanda:
-di diritto è come quella dei titoli di stato ed è stabilito dalla legge. Per cui sono ammessi di diritto a
negoziazione su mercato ufficiale.
-di domanda è tramite una domanda a borsa italiana per quotarsi su mercato ufficiale e deve rispettare tutti
i requisiti minimi richiesti.
Ma anche altre modalità di quotazione di società come a seguito di uno spin off (cessione ramo d’azienda)
aziendale o a seguito di una fusione (incorporata in una società quotata) o a seguito della quotazione di
società già quotate su altri mercati che si quotano anche nel nostro mercato ufficiale.
Le modalità per giungere a quotazione sono diverse. Le IPO sono una modalità che richiede una domanda di
quotazione e qualora l’emittente non abbia ancora raggiunto il flottante minimo necessario.
Per essere quotati in borsa si deve essere società per azioni, quindi società di capitali.
Possono essere quotati in borsa solo gli strumenti finanziari ammessi dal regolamento di borsa.
(Le azioni speciali, riferite a un unico progetto e remunerate solo in base all’andamento di uno specifico
progetto, non possono essere quotate in borsa – infatti non sono standardizzate e quindi non possono
essere negoziate agevolmente – non creano mercato secondario abbastanza spesso e consistente).
Conseguenze dell’under pricing: se gli intermediari hanno fissato un prezzo inferiore a quello teorico/di
equilibrio, nei giorni successivi alla sottoscrizione e collocamento (siccome il mercato si rende conto che il
prezzo è sottostimato) si crea una domanda incrementata e ciò fa tornare il prezzo al prezzo di equilibrio.
Quindi si crea un movimento al rialzo del prezzo del titolo. Quindi guardando all’andamento del prezzo dopo
un’operazione di IPO si capisce se il prezzo di collocamento era corretto o inferiore al suo valore intrinseco.
Infatti, si osserva un andamento oscillante del titolo pre operazione e un rialzo post operazione. Questo
succede anche perche i retail subiscono maggiormente gli effetti delle asimmetrie informative sul mercato.
Per limitare il fenomeno dell’under pricing c’è la clausola contrattuale di lock-in: è un’impegno assunto da
tutti i vecchi soci oppure dai soli soci di maggioranza che si impegnano a non vendere e a non effettuare
operazioni straordinarie sul capitale sociale per un certo arco temporale. Ad esempio un anno.
Per le startup innovative (tecnologiche) su un particolare segmento di borsa italiana la clausola di lock-in è
imposta dalla normativa con durata di due anni. Nel primo anno i vecchi soci non possono vendere il 100%
delle azioni possedute e nel secondo anno l’80%. Questo perché se tutti i vecchi soci il giorno dopo la
quotazione vendessero le proprie azioni, si avrebbe un crollo del valore dell’azienda quotata.
Per uscire da una partecipazione in un’azienda, avendo una quota rilevante, senza dover guadagnare di
meno per via dell’aumento dell’offerta e riduzione conseguente del prezzo, si potrebbe (limitato appunto
dalla normativa) fare un aumento di capitale facendo entrare nuovi soci con un underpricing e rivendere il
giorno dopo ottenendo un prezzo di mercato in linea con il valore d’equilibrio.
Quindi queste limitazioni mirano ad evitare non solo il crollo del prezzo nei giorni successivi ma anche a
evitare atteggiamenti di moral azard da parte degli azionisti preesistenti che conoscono la situazione della
società. Infatti, se i soci fanno un aumento di capitale dicendo che serve perché vogliono fare nuovi
investimenti con il capitale raccolto ma poi il girono dopo liquidano le proprie azioni, è ovvio che erano in
mala fede. Quindi l’osservazione dell’andamento di recato del prezzo nei giorni successivi all’IPO o anche
alla quotazione di un titolo è molto importante, perché ci dice come il mercato valuta effettivamente quel
titolo. E la presenza di questa clausola ci consente anche di valutare l’impegno dei vecchi soci. La
valutazione di un'azienda dipende anche dalla bravura dei mangers e dell’imprenditore che la gestisce.
Fin qua abbiamo parlato della situazione sul mercato primario.
Ora vediamo come si comportano i titoli sul mercato secondario:
Negoziazione di strumenti già in circolazione. Lo scambio non avviene con una controparte costituita
dall’azienda emittente (ciò è sul primario) bensì lo scambio avviene tra investitori interessati a uno scambio
titoli-denaro. Cioè avviene una contrattazione che può essere o bilaterale (cerco un amico che vada a
comprare i miei titoli perché ho bisogno di liquidità) oppure se il titolo è quotato su mercati ufficiali è
possibile negoziare agevolmente il titolo e quindi è più facilmente liquidabile e meno rischioso.
Si può fare trading online oppure affidarsi al servizio di negoziazione di un’intermediario finanziario/banca
(broker) (ordine di acquisto o vendita dei miei titoli in portafoglio). Si può anche agire in contropartita con la
propria banca, se questa agisce in contropartita della clientela (dealer) con un proprio portafoglio titoli o
per offrire al cliente un servizio di liquidità.
Oppure si può agire su un mercato ufficiale. Per farlo bisogna sempre avvalersi di un intermediario vigilato,
perché le negoziazioni sui mercati ufficiali sono riservate agli intermediari sottoposti a vigilanza (broker che
raccoglie gli ordini e li immette in borsa).
Quando si parla di mercati a negoziazione diretta (come con il nostro amico) si tratta di contratti bilaterali e
personalizzati a seconda delle esigenze. Ma in questo corso intendiamo il caso dei mercati aperti.
Mercati aperti: su cui vengono scambiati gli strumenti finanziari standardizzati che presentano
caratteristiche tecniche e per cui possono essere trattati in modo coerente con le esigenze di
negozazione/scambio.
I mercati regolamentati, sono dei mercati aperti pubblici (es borsa Italia), che sono sottoposti dalla
normativa al controllo di autorità pubbliche (consob) VS mercati NON regolamentati come i mercati aperti
privati dove le regole e le procedure sono definiti dagli operatori. Ad esempio, piattaforme create da grandi
banche che sono disposti a negoziare specifici titoli o a offrire una piattaforma di scambio di specifiche
tipologie di titoli. I quest’ultimo caso offriranno solo un luogo/mercato dove concludere gli scambi e fornire
specifiche informazioni sui singoli titoli scambiati. Qua non c’è il controllo delle autorità pubbliche – no
vigilanza e no tutele dei mercati regolamentati.
Borsa italiana è una società per azioni privata, partecipata dalle più grandi banche italiane. Nonostante ciò,
è un mercato pubblico ma non è di proprietà pubblica. Dicendo che è pubblica si intende che è sottoposta a
una specifica regolamentazione e quindi esistono delle autorità di controllo e vigilanza.
La regola principale dei mercati aperti è che a differenza di quanto avviene nei contratti bilaterali, la
trasmissione delle informazioni avviene tramite il prezzo. Il prezzo esplica e incorpora tutte le informazioni
legate al titolo e all’emittente del titolo. Quindi in un mercato aperto il meccanismo di determinazione dei
prezzi deve essere efficiente e corretto e trasparente (pubblicità dei prezzi e tempestività).
[I mercati regolamentati hanno addirittura l’obbligo di pubblicizzare i prezzi in via continuativa se la
negoziazione è continuativa o a fine giornata se la negoziazione è non continuativa].
Quindi i mercati aperti privati ci devono essere dei meccanismi che garantiscano la pubblicità del prezzo, la
determinazione efficiente e la trasparenza del prezzo verso il pubblico di investitori. Esistono anche dei
mercati ‘opachi’ perché non è reso disponibile a tutti di conoscere i prezzi a cui sono state concluse le
singole transazioni (e questa è la condizione tipica dei contratti bilaterali, come il mutuo per cui la banca
non dice a tutti a che tasso e scadenza ha fatto il muro tua a quello specifico soggetto).
Un mercato può essere efficiente:
-valutativa
-informativa
-tecnico operativa
Tipologie di ‘strutture di intermediazione’ disponibili sul mercato ufficiale e quindi quale tipo di mercato è
possibile utilizzare per le negoziazioni:
All’interno dei mercati ufficiali, come l’MTS (mercato di negoziazione dei titoli di stato, è ufficiale secondario
vs mercato secondario di borsa italiana per i titoli di stato).
Le regole di negoziazione sui vari segmenti di borsa italiana, quindi i vari mercati che sono stati istituiti da
borsa italiana, per la negoziazione dei diversi titoli di strumenti finanziari (futures, azioni, obbligazioni, obb.
convertibili, ABS-cartolarizzazioni, warrant, ecc) hanno specifiche regole (caratteristiche tecniche necessarie,
importi, modalità di immissione degli ordini, tempi di regolazione degli ordini- liquidazione in contanti in
quanti giorni va svolta, orario delle negoziazioni) stabilite dalla società di gestione del mercato
regolamentato che in Italia è borsa italiana.
Poi esistono gli ATS, alternative trading system, che sono dei mercati alternativi a quelli ufficiali che creano il
fenomeno di frammentazione delle negoziazioni.
Si crea frammentazione perché è propedeutica alla tutela della concorrenza. Infatti, se tutti i titoli possono
essere negoziati solo su un mercato ufficiale, per quanto il prezzo d’equilibrio sia corretto perché è
l’incontro di tutta la domanda e tuta l’offerta disponibile, si creerebbe una sorta di monopolio del mercato
ufficiale che avrebbe potuto imporre commissioni di negoziazione elevate.
Quindi a livello europeo si è permesso di negoziare i titoli quotati anche al di fuori del mercato ufficiale di
quotazione. Mira a favorire la concorrenza e la competizione tra più mercati e operatori attivi sulla
negoziazione per ridurre il costo agli investitori. Ci sono anche piattaforme che forniscono il servizio di
negoziazione anche gratuitamente.
Ma gli svantaggi di questa nuova organizzazione sono svariati: gli operatori suoi mercati regolamentati
hanno dovuto ridurre le commissioni (che erano alte perché offrivano più tutela agli investitori, più controlli
e requisiti e vigilanza sugli operatori che ci lavorano [patrimoni di vigilanza]). Invece sui mercati alternativi
non regolamentati non si deve rispettare nessun requisito e costi di vigilanza per cui il servizio può essere
offerto anche quasi gratis.
L’azienda quotata emette i titoli, poi quello che avviene dopo all’azienda non frega niente. Quindi se saranno
negoziati su un secondario ufficiale o alternativo è a discrezione dei possessori dei titoli.
Se si creano una molteplicità di trading venues, alternative ai mercati ufficiali, dove si possono negoziare
uno stesso titolo negoziato anche sul mercato ufficiale, si ha l’effetto di frazionamento dei volumi negoziati
sui singoli mercati. Si riduce il volume che è negoziato sui singoli mercati; quindi, il prezzo che si forma sui
singoli mercati non è più il più efficiente e corretto d’equilibrio, perché è espresso da volumi e condizioni
diverse. Se su un mercato alternativo trovo una sola controparte devo accettare quel prezzo che lei mi
propone, che magari non è onesto. Prezzo non in linea con il valore intrinseco del titolo. Quindi aumento il
problema dello scarso spessore, scarsa efficienza e scarsa ampiezza dei mercati relativi a uno stesso titolo in
quello specifico momento.
Una conseguenza è che ci siano possibilità di arbitraggio, diversi prezzi su mercati diversi.
Poi in realtà il prezzo anche sui mercati alternativi coincide con quello di borsa, ma essendo che in borsa il
prezzo si è creato su una base di un volume minore rispetto a quello realmente disponibile (che è frazionato
su più mercati) anche il prezzo di borsa risulta essere distorto e non corretto e non d’equilibrio teorico. È un
prezzo meno significativo perché esprime un minor numero di contratti e soggetti interessati alla
compravendita di quel titolo.
Sui mercati alternativi, inoltre, si possono negoziare sia titoli quotati (ovvero emessi da aziende quotate) o
non quotati (per i non quotati a condizione che esista un mercato che prevede la negoziazione di quel
titolo). Se un titolo è quotato sicuramente sulla borsa relativa quel titolo si negozia sempre.
Inoltre, le piattaforme di mercati alternativi (es fornite da Intesa, UniCredit, Fineco) permettono di
negoziare solo su alcune tipologie di titoli, no su tutte. E se per un titolo non esiste un mercato sono
costretto a effettuare una negoziazione bilaterale, ovvero trovare un soggetto disposto a negoziare con me –
questo è il problema degli emittenti non quotati soprattutto se di medio o piccole dimensioni (scarsa
possibilità di creare un mercato secondario efficiente).
Alcune regole sono state stabilite anche per i recati alternativi ATS (ma non sono regole stringenti come per
i mercati regolamentati) e per gli OTF ‘organizied trading facilities’ (introdotte con la riforma della direttiva
mifid che disciplina specificamente le contrattazioni di strumenti finanziari) dedicate per regolare gli
strumenti ‘non equity’, cioè diversi dalle azioni ordinarie. Sui quali c’erano comportamenti speculativi e
poco corretti nei confronti dei retail.
10:
Originariamente se le azioni erano quotate in borsa, le negoziazioni erano consentite solo ed
esclusivamente in borsa. Salvo compravendita tra privati bilaterali. Quindi c’era un obbligo di
concentrazione (opposto di frammentazione) sui mercati ufficiali che portava alla definizione del prezzo
medio che esprimeva tutte le contrattazioni della giornata (considerava tutti i volumi disponibili di domanda
e offerta). Ora per incentivare la concorrenza si è aperto ai mercati alternativi ma si ha un effetto distorsivo
nella definizione del prezzo.
La tutela dell’investitore è comunque garantita perché esistono delle regole (di comportamento e generali)
sia sugli ATS sia sugli over the counter. Inoltre, sugli ATS spesso le negoziazioni sono intermediate da
intermediari vigilati. Questi intermediari devono sempre rispettare il principio di best execution per il
cliente.
Questa apertura alla concorrenza spinge gli intermediari ufficiali e borsa italiana a essere più efficiente e
ridurre i costi da scaricare sul cliente come commissioni.
La normativa impone dei costi molto elevati. Spesso la funzione di controllo negli intermediari finanziari ha
più dipendenti della funzione dell’attività core. Inoltre, gli intermediari ad attività complessa hanno come
referenti due o più autorità di controllo; devono dialogare con banca Italia (che dà autorizzazione), consob
(se stanno sul mercato, se fanno servizi di gestione o fanno negoziazione), ivass (se nel gruppo hanno
società di varia natura), con Covip (se fanno anche gestione di fondi pensione) e con tutte le autorità estere
dei vari comparti se operano in Europa o mondo.
Gia la sim che fa negoziazione parla con due autorità, per incombenze quali segnalazioni di vigilanza,
informazioni, compilazioni di questionari, anti-reciclaggio, compliance, gestione dei rischi, ecc…
Che hanno 20 persone occupate alla funzione controllo e solo 10 al desk operativo (che con Bloomberg e
tutte le banche dati a disposizione e tutti i mercati aperti con dieci schermi che controllano i mercati e
lavorano con miliardi di euro).
Una grande banca che ha il controllo di tutte queste autorità ha ispezioni e richieste tutte
contemporaneamente, e addirittura richieste non coerenti e non coincidenti con quelle della BCE e
dell’ESMA. Devono produrre dati diversi per diverse autorità. La normativa è un macigno sugli intermediari
finanziari.
Unicredit creò Fineco proprio per far sì che la sua clientela non migrasse verso piattaforme non ufficiali e
meno costose dove UniCredit non poteva avere commissioni. Ora Fineco è stata scorporata dal gruppo e
venduta.
Ci sono troppe autorità e ciascuna deve giustificare sé stessa e darsi un ruolo. In UK esisteva una sola
autorità che si occupa di tutto, la FSA. Ora, dal 2012, ce ne sono due la FCA e la PRA. Anche per questo il
mercato di Londra è il più innovativo e efficiente in Europa. Anche perché crearono un hub/sandbox in cui le
piattaforme fintech poterono sperimentare l’applicazione delle tecnologie per un periodo di tempo sotto la
supervisione delle authorities, dopo di che se volevano diventare intermediari erano autorizzati dalla FSA.
Altri motivi del nostro ritardo è che in Italia nel Codice civile non era prevista la possibilità di emettere
obbligazioni in forma digitale e quindi è stato modificato il cc per consentirlo.
Le direttive europee poi devono essere recepite nei vari ordinamenti con un po’ di libertà di manovra nella
norma nazionale. Ci sono paesi più permissivi e paesi più stringenti. Si crea arbitraggio normativo, ovvero
l’innovazione finanziaria anche italiana si muove verso giurisdizioni più favorevoli.
Ora con lo sviluppo tecnologico c’è la possibilità di sviluppare determinate funzioni di controllo in cloud
(sistemi di raccolta e gestione dei dati) esternalizzandone alcune fasi più digitali, ma comunque la
responsabilità resta tutta dell’intermediario. Non si può esternalizzare la responsabilità.
Efficienza e perfezione del mercato: quando tutti gli operatori dispongono delle stesse operazioni. Per
definizione sui mercati finanziaria, quindi con contratti standardizzati, tutte le informazioni sono rese
esplicite dal prezzo. Se il mercato è perfetto ciò rende possibile che gli scambi dei titoli avvengano sempre al
prezzo di equilibrio.
Se il prezzo non è allineato con quello di equilibrio (che concilia il profilo rischio rendimento), il mercato si
riallinea immediatamente. Se è più alto, vendiamo; se è più basso, acquistiamo. È solo teoria. In realtà non
c’è diffusione omogenea di tutte le informazioni rilevanti per tutti gli operatori. Infatti, alcuni operatori
hanno informazioni privilegiate, o che possono sostenere gli investimenti per acquisire le informazioni o che
hanno a disposizione database, report anche di mercati esteri. Ottengono anche informazioni più
tempestivamente.
Il fatto che vengano stipulati contratti a prezzi diversi dimostra che non c’è simmetria informativa o che ci
siano aspettative sull’andamento del prezzo futuro differenti. C’è chi si aspetta un rialzo o un ribasso del
prezzo di un titolo e quindi è possibile stipulare contratti a contanti o a termine o strumenti derivati (che
comunque sono strumenti a termine) in base alle diverse aspettative che hanno i soggetti.
La mole delle informazioni è elevata ma non tutte le informazioni sono rilevanti e non tutti possono
accedervi e nemmeno tutti hanno le competenze per valutare le informazioni.
Se tutti avessero davvero tutte le informazioni e il prezzo fosse sempre quello di equilibrio gli scambi
deriverebbero solo da esigenze di liquidità (vendo i titoli se ho bisogno di liquidità, perché non c’è delta
prezzo, non c’è capital gain, non c’è arbitraggio, non c’è aspettativa che influenza il prezzo del titolo).
Questa è teoria, poi c’è la finanza comportamentale, che considera i comportamenti delle persone come
quando a marzo 2020 che sono crollati i mercati con il covid per un comportamento imitativo ma senza
motivazioni economiche. Sono crollati i prezzi di tutti i titoli di tutti i settori e di tutte le economie. Per un
comportamento irrazionale che non considerava i fondamentali della società.
Per fare delle scelte di investimento o disinvestimento è necessario avere delle informazioni ex ante sia
sull’oggetto sia sul momento. Poi le asimmetrie informative possono esistere anche ex post, perché non
tutti dispongono dei bilanci delle imprese, dei piani strategici, delle info sulla governance e sulla
managerialità.per esempio gli investitori istituzionali analizzano i bilanci, valutazione prospettica ex ante ed
ex post, per fare una valutazione del rendimento medio del portafoglio e scegliere le strategie di
investimento e disinvestimento. Poi i costi di transazione, contratti con commissioni o meno. Poi razionalità
limitata, fenomeno imitativo ha influenzato molto i mercati nel tempo. Ad esempio, nei mercati in crescita ci
possono essere bolle speculative. Es bolla delle dot.com e in altri settori industriali. Sono sempre causati da
fenomeni imitativi degli investitori retail che sono guidati da scelte non ottimali di alcuni investitori
istituzionali.
Le società sim che si occupano di negoziazione, possono fare gestione del risparmio, possono operare solo
per clientela private o clientela retail, e quindi servizi di GPM (gestione del patrimonio mobiliare) per clienti
private o sopra una soglia di 500’000euro, poi le SGR gestione dei fondi. Possono diversificare i servizi e
essere sia borker quindi essere una SIM, e avere una gestione di fondi alternativi e speculativi, possono
avere anche divisione di consulenza su operazioni societarie straordinarie (per portarle sul mercato,
emissione di titoli obbligazionari e azionari, IPO, quotazioni in borsa ecc). Nei gruppi bancari tutti questi
servizi sono forniti attraverso diverse società del gruppo.
Efficienza del mercato:
-valutativa: i prezzi degli strumenti finanziari che si formano sui mercati corrispondono al loro valore
intrinseco. Ovvero i soggetti riescono a valutare correttamente le informazioni. Il prezzo è il valore
intrinseco.
-informativa: i prezzi degli strumenti si formano sulla base della corretta valutazione di tutte le informazioni
disponibili in un dato momento e sulle aspettative degli operatori. Avere tutte le informazioni rilevanti.
<-ma non tutti gli operatori dispongono delle stesse informazioni e non tutti agiscono
razionalmente, quindi poi nella realtà ci sono diversi livelli di efficienza valutativa e informativa.
-tecnica-operativa: come in materia aziendale, l’efficienza è anche quando a parità di volume produttivo
riesce a ridurre i costi. Minimizzazione dei costi a parità di risultati. (Poi la minimizzazione dei costi
produttivi dipende dal tipo di servizio/prodotto offerto, da tipo di condizioni del mercato lavoro, da volume
degli investimenti necessari, dal mercato di sbocco e competizione in esso).
Avere il minor costo non a discapito delle condizioni dei lavoratori, non ignorando le norme, non
inquinando, ecc.
Si possono avere degli efficientemente produttivi, distributivi, di approvvigionamento delle materie prime.
Gli intermediari che riescono a ridurre le commissioni sono più efficienti.
Fattori di microstruttura del mercato: l’efficienza si legge sul volume e sulla frequenza degli ordini, le forme
organizzative dei mercati (regole e procedure previste per le negoziazioni), offerta di servizi di liquidità da
parte degli intermediari per i clienti.
Microstruttura del mercato sono le condizioni che determinano l’efficienza tecnico operativa del mercato:
-ampiezza: volumi di negoziazione su un mercato. È ampio se gli ordini di acquisto e di vendita (oltre ad
avere prezzi prossimi a quelli correnti) sono di importo consistente. Volumi consistenti e prezzi prossimi a
quelli correnti (che di solito è quello di equilibrio). [altrimenti i volumi grossi sono sempre piazzabili basta
ridurre il prezzo fuori mercato]. Se si immettono ordini a prezzi non coerenti per grandi quantità si sta
facendo speculazione, ovvero forzare il prezzo.
-spessore: ordini effettivi o potenziali di acquisto e vendita a prezzi prossimi a quelli negoziati in un
determinato istante. Non ci si riferisce ai volumi ma alla profondità. La frequenza e la continuità degli ordini
sono in grado di portare al riequilibrio il prezzo. Se il mercato di equilibrio ritiene che il prezzo d’equilibrio
sia 100, e ce una tendenza ad andare verso il 105, ci saranno dei soggetti che decidono di vendere per
realizzare il capital gain o delta prezzo e il prezzo ritorna velocemente al prezzo di equilibri. O viceversa,
acquistando.
<-se sia volumi consistenti e frequenza di scambi allora il mercato ha capacità di agire come stabilizzatore
del prezzo. Il prezzo oscilla intorno al prezzo di equilibrio. Sono comunque possibili arbitraggi e speculazioni
ma per pochissimo tempo.
Quando non ci sono queste condizioni si parla di mercati o titoli sottili, ovvero le negoziazioni sono
estremamente scarse e il prezzo viene definito dal soggetto che ha più forza contrattuale nel rapporto.
Un mercato poco ampio e poco spesso: proposte di negoziazione solo per due livelli di prezzi e per quantità
limitate.
Un mercato ampio e spesso: proposte di negoziazione per diversi livelli di prezzo e a quantità elevate per
ogni livello di prezzo. Si soddisfa un grandissimo numero di controparti. È più efficiente.
-elasticità: capacità di generare nuovi ordini al manifestarsi di fluttuazioni di prezzo. Ovvero se il mercato è
efficiente, allora esistono informazioni diffuse e gli operatori condividono un prezzo di equilibrio, e quindi se
si manifestano ordini per prezzi non livellati con il prezzo di equilibrio allora c’è un'immediata reazione del
mercato. Si riequilibra il prezzo molto rapidamente. Sempre in ipotesi di comportamento razionale,
informato e consapevole.
La rapidità dipende dalla velocità con cui l’informazione sui prezzi e sui flussi di ordini viene resa disponibile
agli operatori. È necessario che tutti sappiano che sono state effettuate negoziazioni per importi elevati che
hanno modificato (alzato o abbassato) il prezzo di quel titolo sul mercato.
Questo non è arbitraggio perché l’arbitraggio è tra due mercati.
Sui mercati ufficiali i volumi e i prezzi delle negoziazioni sono noti e resi pubblici per obbligo normativo. Nei
mercati non regolamentati invece non è obbligatorio.
Il mercato delle valute è per definizione over the counter.
Ci sono futures sul cambio valuta (euro-dollaro) per cui i volumi sono resi noti. I futures sono su mercati
regolamentati.
Mercati over the counter di valuta, come euro-dollaro nel forex, non si sanno i volumi reali negoziaziati ma
alcune piattaforme come (myfxbook) che mettono a disposizione di chi ha la mt4 o mt5 (quindi intermediari
collegati a myfxbook) i volumi negoziati (che però non sono complessivi di tutti i mercati, ma solo quelli su
quella specifica piattaforma).
Ma ciò non è quello previsto obbligatoriamente per i mercati regolamentati che devono pubblicare per ogni
titolo i volumi e il prezzo di giornata.
Le piattaforme autorizzate es di crowdfunding (11 in Italia) ora sono parzialmente regolamentate (tutele
normative) quindi devono fornire informazioni, scheda sulla società emittente, informazioni sugli azionisti,
ecc…
Su altre piattaforme non autorizzate non ci sono queste tutele.
Nel tub e nel tuf c’è un articolo che prevede che le attività svolte senza un’autorizzazione sono ritenute
abusive e quindi perseguibili dall’autorità. Non si può usare la ragione sociale ‘banca’ senza autorizzazione,
e deve fare sia attività di raccolta di depositi a vista sia attività creditizia (come previsto dalla BCE durante la
normativa per le banche digitali).
Un’altra condizione per l’efficienza è l’assetto organizzativo: per realizzare le negoziazioni (come far andare
gli ordini, i volumi, frequentemente e con elasticità del prezzo) serve un’organizzazione specifica ed
efficiente.
Se un mercato è organizzato affinché la negoziazione sia continua e si può intervenire 24/24 in via
telematica e con estrema fluidità per l’organizzazione delle operazioni, tale forma organizzativa è più
efficiente di una che prevede le negoziazioni solo in certi giorni della settimana o una fascia oraria della
giornata.
Ma l’organizzazione di un mercato considera anche i meccanismi attraverso i quali si determina il prezzo
(qualità del prezzo), le modalità di diffusione del prezzo (pubblicazione sul sito e giornali), i costi di
informazione e transazione e la tipologia di intermediari operanti (solidi e competenti).
Una schematizzazione può essere fatta mettendo in relazione il taglio dei titoli (ingrosso o al dettaglio) con
la frequenza delle negoziazioni (più o meno elevata), così da capire il ruolo degli intermediari e le diverse
modalità organizzative di un mercato.
Ovvero:
-se si ha una frequenza bassa (negoziazioni sporadiche) con un taglio dei titoli elevato (importo unitario di
valore nominale elevato): difficoltà a compravenderlo ->molto importante la figura del broker (individua
controparti interessate) che è l’unico facilitatore della realizzazione di una compravendita desiderata
dall’investitore.
-se si ha un basso valore nominale (per i retail) e un’alta frequenza->facilità a negoziare perché tanti
investitori interessati e tante negoziazioni. Quindi si può usare la forma organizzativa come l’asta.
-a metà tra questi due casi, se si ha titoli di medio valore nominale e media frequenza di negozazione allora
si inseriscono i dealer. Ovvero un mercato quote driven, cioè il mercato viene determinato dalla quotazione
del prezzo effettuata dai dealer (dicono che sono disposti ad acquistare a X e a vendere a Y, determinando il
bid-ask spread). I dealer assumono i rischi, e si fanno pagare una commissione (bid-ask spread).
Invece i mercati order driven è una forma organizzativa guidata dai volumi degli ordini.
Differenza dealer e market maker:
Il dealer quota il prezzo diverso per vendita e acquisto a cui è disponibile a porsi come controparte. Il bid-
ask è il suo potenziale guadagno. Il dealer quota solo i titoli che gli interessa negoziare (o ha in portafoglio o
è disposta ad acquistarli). Non è obbligato a porsi come controparte a tutti: valuta le controparti
(affidabilità).
Il market maker invece NON valuta le controparti e si obbliga a negoziare con qualsiasi controparte ai prezzi
che quota.
Qualsiasi SIM può agire da dealer (contrapposizione del proprio bilancio come controparte).
La figura del market maker è rilevante soprattutto nei mercati regolamentati dove è prevista la figura dello
specialist, del nomad che garantisce la liquidità del titolo. Questo è sempre presente quando le PMI si vanno
a quotare (che hanno volumi più ridotti). Serve a non rendere sottile il titolo e quindi che il prezzo non sia
corretto e significativo.
Come devono essere immessi gli ordini, come devono essere qualificati, variano per le diverse tipologie di
mercato.
Queste modalità per i mercati regolamentati: gli ordini sono essenziali se si lavora su un mercato ORDER
DRIVEN, con i broker. Es borsa italiana. Per negoziare su quel mercato si deve per forza rivolgersi a
un’intermediario abilitato a negoziare in borsa (un broker, che sono le principali banche). Questi borker
raccolgono gli ordini e li negoziano in borsa.
A questi intermediari abilitati a operare in borsa si devo rivolgere anche tutti gli altri intermediari, banche o
sim, non abilitati. Questi qua abilitati sono essenziali in un mercato order driven.
Mentre non servono degli ordini espliciti sui mercati quote driven, a ricerca diretta perché c’è un dealer o un
market maker che fai il prezzo per gli specifici titoli e così la contrattazione è bilaterale. Poi, comunque,
l’ordine viene esplicitato e pubblicato a tutti sul mercato.
L’ordine deve contenere innanzitutto la denominazione del titolo, il quantitativo che si desidera scambiare
(possono esistere dei lotti minimi di negoziazione), senso dell’ordine + o – (acquisto o vendita), eventuali
altri parametri dei negoziazione (durata o validità dell’ordine). Questo è la documentazione dell’ordine e su
questa viene valutata la correttezza dell’intermediario. Per valutarne la tempestività e il principio di best
execution.
Gli ordini possono essere di diverse tipologie:
-ordini a prezzo di mercato, il soggetto che manda l’ordine è interessato all’immediata conclusione del
contratto. Non c’è limite di prezzo richiesto dal cliente. Priorità all’esecuzione dell’ordine a prescindere da
altre condizioni. ‘Investitori impazienti’. Perché hanno aspettative di immediato rialzo del prezzo o temono
un immediato crollo del prezzo. O soggetti che per esprimere un titolo in assemblea ne acquistano titoli
immediatamente prima.
-ordini con limite di prezzo, ‘investitori pazienti’, sono interessati a compravendere ma con un limite di
prezzo. Soglia massima in caso di acquisto o soglia minima in caso di vendita. Se sul mercato si configura un
prezzo coerente con il limite di prezzo indicato dal cliente allora il contratto viene concluso. L’investitore
paziente ha come priorità il prezzo ovvero le modalità di conclusione del contratto e non la conclusione di
per se.
Se date le condizioni di mercato l’ordine con limite di prezzo quel giorno non riesce a essere concluso allora
assumono importanza le condizioni ulteriori come la durata o la validità.
Si può dare al proprio broker indicazione sul tempo di esecuzione, ovvero che un ordine sia valido fino a una
certa data (da specificare nell’ordine) o valido fino a un certo orario oppure valido fino a cancellazione da
parte dell’investitore.
Quindi queste specifiche sull’ordine esistono solo se si è imposto un limite di prezzo.
Quando sul mercato regolamentato giungono tutti gli ordini si va a alimentare il ‘book di negoziazione’=è il
terminale di borsa italiana su cui arrivano tutti gli ordini (acquisto e vendita di tutti i titoli) in via telematica
degli intermediari abilitati alle negoziazioni in borsa. È un book che si aggiorna continuamente nella
giornata. Ovviamente essendoci ordini con diversi criteri, con o senza limiti di prezzo e durata, a cui dare
esecuzione, allora serve dare delle regole:
1 prima di tutto vengono eseguiti gli ordini senza limiti di prezzo
2 ordini con limiti di prezzo secondo un criterio decrescente, ovvero prima gli ordini di acquisto con un
limite di prezzo più elevato e gli ordini di vendita con il limite più basso. E poi a scalare, ovvero quegli ordini
a parità di condizioni vengono eseguiti in ordine cronologico-temporale (chi prima lo ha effettuato).
Per questo la tempestività è importante perché il tempo tra quando il cliente gli dà l’ordine e quando l’Inter
e diario mette l’ordine sul mercato è rilevante. Se a causa del ritardo dell’intermediario l’ordine non può
essere eseguito allora l’investitore può chiedere un danno.
Inoltre, nel mercato ufficiale, ci sono anche regole di esecuzione del contratto:
(Prima c’è una fase di negoziazione, poi di esecuzione e regolamento delle operazioni)
Per regolare le transazioni che sono state concluse sul mercato, si consegnano i titoli a una controparte e si
paga il corrispettivo in denaro. Per questo ci sono delle regole standard per ogni titolo, che servono a
definire i tempi di esecuzione per ridurre il rischio di controparte e quindi il rischio di regolamento del
contratto.
Per borsa italiana, i contratti a contante devono essere conclusi entro tre giorni per le obbligazioni quotate e
il calendario per l’esecuzione delle azioni può prevedere uno o due giorni. Mentre i contratti a termine
vengono eseguiti al termine previsto dal contratto, ma le scadenze di questi contratti negoziati in borsa
hanno un calendario definito dalla borsa stessa. I termini possibili devono coincidere con le date di scadenza
imposte da borsa. Se è un mese in base al calendario e se è tre mesi in base al calendario. Quindi si
raggruppano sulla stessa data tutti i contratti a termine (per esempio i futures, come già detto con la cassa
di compensazione, stabilisce i margini quotidianamente e poi fa la valutazione e infine si chiudono o con un
contratto di segno opposto o con il regolamento).
Quindi clearing (fase di riscontro di tutti i contratti e e delle posizioni a debito e a credito dei singoli
operatori), settlements e custodia.
A fine giornata ogni operatore calcolerà il saldo tra importo di vendita e di acquisto per ogni titolo e stabilirà
il saldo che deve dare o ricevere dalle sue controparti. Non con i singoli clienti ma a livello di mercato. Poi si
deve effettuare lo scambio, tra denaro e titoli, e poi l’intermediario si rivolge di nuovo ai singoli clienti.
La custodia si realizza grazie alla società Monte Titoli, che consente la dematerializzazione dei titoli che
vengono negoziati sui mercati ufficiali perché contabilizza tutti gli scambi e continuamente si aggiorna il
nominativo del possessore dei titoli.
Quando si parla di token e titoli digitali serve un registro digitale dei titoli che consenta queste negoziazioni
digitali. Il registro dovrà essere ufficiale e gestito da un soggetto ufficiale, abilitato e vigilato.
Cassa compensazione-garanzia è quella che si occupa anche dei futures e dei derivati. C’è sempre il rischio
di regolamento.
Negoziazione in borsa:
(Manifesto del mercato dei capitali = a seguito dell’emanazione del DDL capitali, decreto che stimola e
supporta l’emissione di titoli digitali, la smaterializzazione dei titoli per le pmi, l’accesso ai mercati
regolamentati delle pmi, ecc… - borsa italiana insieme a associazioni professionali ha individuato un
decalogo [10 punti] di ulteriori condizioni che ritiene essenziali per lo sviluppo del mercato dei capitali in
Italia a vantaggio delle PMI.
Dal 2013 ci sono stati molti tentativi, decreto sviluppo, decreto Italia, ecc per incentivare l’accesso delle pmi
ai mercati ufficiali. Ora con il tentativo di diversificare i canali di approvvigionamento delle risorse finanziarie
ha trovato tante traduzioni normative ma i risultati ad oggi non sono rilevanti.
Infatti, già lo scenario macro non è positivo perché si prevede un calo del più e della produttività, ci sono
ancora condizioni di tassi rilevanti sull’erogazione del credito, c’è stato un frazionamento del credito, sono
penalizzate in ciò le pmi (che non hanno ancora investito in tecnologia e nella transizione ecologica).
Questa scarsità di credito non è compensata dagli altri canali alternativi. Importante il fintech e le altre
soluzioni alternative. I volumi su queste piattaforme alternative in Italia sono molto esigui. Le pmi
generalmente non sono quotate quindi sono per definizione più rischiose, i titoli sono meno liquidi, e
possono essere oggetto di investimento solo da parte degli investitori professionali. Non da parte degli
investitori retail. Quindi servono degli investitori istituzionali che siano specializzati in titoli non quotati, in
pmi, che investano in modo massiccio. Questi fondi alternativi sono poco attivi in Italia. Servono ulteriori
agevolazioni fiscali per incentivare le pmi a incrementare capitale sia per incentivare gli investitori a
sottoscrivere prodotti di investimento in capitale di rischio (inclusi i PIR, piani di investimento del risparmio
alternativi che possono essere destinati anche all’investimento in titoli non quotati che però necessitano di
qualche sostegno fiscale). Infine, riguardo al fondo di garanzia per il credito è da migliorare per le pmi.
Lo scenario è negativo, infatti, negli ultimi 2/3 anni il numero di pmi che si erano quotate sul mercato AIM
(destinato alle pmi) ora sta diminuendo. Dal 2013 con i provvedimenti normativi introdotti, lo sviluppo di
basket bond, programma elite e quotazione in aim, stava portando a un'evoluzione positiva ma ora con la
‘policrisi’ ovvero più crisi e shock insieme (guerra, inflazione, aumento prezzi materie prime, pandemia,
difficolta di sboccato su mercati di esportazione) la situazione è peggiorata.
Le aspettative di riduzione della produzione portano anche le imprese quotate a chiedere il ‘de-lisitng’
ovvero uscire dal mercato di quotazione, perché non ne vogliono più sostenere i costi essendo che non è
più compensato dalle operazioni di emissione di nuovi titoli previste. Non serve stare in borsa se non si può
reperire capitali.
Le pmi non sono obbligate a rendicontare il tema della sostenibilità perché non hanno l’obbligo della
dichiarazione non finanziaria. Ma se le pmi operano in una filiera dove il capo fila ha l’obbligo di essere
sostenibile, allora anche tutte le pmi devono operare in modo sostenibile e raccogliere dati a riprova di ciò.
!!!!(sulle slide) Perché quotarsi, per quali motivi, su quali mercati…
Distinzione per i singoli mercati di borsa italiana, le fee richieste, le condizioni d’accesso a seconda del
mercato su cui ci si vuole quotare.
Una società si quota, quotando inizialmente le azioni ordinarie, dopodiché se una società ha i titoli azionari
quotati allora di diritto possono essere quotate le azioni di risparmio (se le emette). Dopodiché la società
può scegliere di quotare anche altri strumenti; quindi, i requisiti di ammissione in borsa sono differenti a
seconda che si voglia quotare azioni o obbligazioni. Ad esempio, è previsto uno specifico flottante a seconda
del mercato di destinazione, anche il numero di bilanci certificati se il mercato è obbligazionario (almeno 2)
o azionario (almeno 3). Quindi a seconda dello strumento e a seconda del mercato di quotazione sono
richiesti requisiti di accesso diversi. Il mercato primario più importante è il mercato telematico azionario
MTA, ed è il mercato di quotazione delle azioni, con requisiti di accesso 3 bilanci certificati, 25% di flottante,
almeno 40 milioni di fatturato.
Poi ci sono due alternative di mercati:
-il segmento STAR, con le principali società con le migliori prospettive di crescita e con un fatturato molto
elevato (da 40 milioni a 1 miliardo). Essere quotati allo star significa essere riconosciuti come punte di
eccellenza.
-il segmento di mercato secondario destinato alle pmi AIM, che segue anche il processo di sviluppo del
programma elite, i requisiti sono molto contenuti. Un solo anno di bilancio certificato, 10% o 20% di
flottante (a seconda se ci siano operatori specializzati che seguono il titolo e assistono la società).
Se una pmi si quota sull’amica e nel tempo cresce può poi chiedere l’ammissione al MTA e quindi di entrare
nel mercato ufficiale.
Ora, con l’acquisto da parte di Euronext di borsa italiana, tutti i mercati hanno una nuova denominazione:
-Euronext Milan = MTA
-Euronext star Milan = STAR
-Euronext go Milan = AIM
Ma il contenuto è sempre lo stesso con gli stessi requisiti.

PROVA PARZIALE:
NO DOMANDE SUL MERCATO DEI CAMBI
CAPITOLO DEI MERCATI
CAPITOLO SU QUOTAZIONE PMI (emissione di obbligazioni, operazioni di basket bond, requisiti di
ammissione in considerazione delle dimensioni)
ANCHE SLIDE 6 (DDL capitali, condizioni di ammissione e di negoziazione dei titoli delle PMI).
COS’è UNO STRUMENTO?
QUANDO è OPPORTUNO UTILIZZARE UNA COSA O L’ALTRA?
QUALI POSSONO ESSERE I VANTAGGI O GLI SVANTAGGI DI UNO STRUMENTO O DI UNA SOLUZIONE O
DELL’ACCESSO AL MERCATO?
CONFRONTO TRA SPECIFICI CONTRATTI? OBBLIGAZIONI CONVERTIBILI, LE AZIONI DI COMPENDIO, GLI
STRUMENTI DERIVATI…
RAGIONAMENTO DI TIPO GESTIONALE

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