Sei sulla pagina 1di 87

(PARZIALE)

PARTE 1
SISTEMA FINANZIARIO: struttura, circuiti e saldi finanziari
I sistemi finanziari rappresentano architetture complesse che svolgono l’importante funzione economica di
trasferimento delle risorse finanziarie accumulate dai risparmiatori a quanti necessitano di finanziare
investimenti o di acquisire beni durevoli e non.

Dal punto di vista strutturale: il sistema finanziario è un complesso integrato di quattro elementi che
interagiscono tra di loro  contratti (strumenti finanziari), intermediari (soggetti diversi che svolgono
diverse attività) e mercati finanziari (luoghi fisici/virtuali in cui si svolgono attività finanziarie; nasce come
luogo fisico anche per la contrattazione di strumenti finanziari, oggi il luogo è inteso come un insieme di
transazioni finanziarie), autorità di regolamentazione (stabiliscono regole) e vigilanza ( svolgono
controlli affinché le regole siano rispettate) e banche centrali, esistenti in un dato luogo in un dato
momento.

Dal punto di vista funzionale: è un’infrastruttura cruciale per il funzionamento delle moderne economie in
quanto svolge importanti funzioni quali, ad esempio:
- Realizzare il trasferimento di risorse dal risparmio agli investimenti (funzione creditizia);
- Assicurare l’efficiente funzionamento del sistema dei pagamenti (funzione monetaria);
- Trasmettere al sistema economico gli impulsi della politica monetaria (funzione di trasmissione
della politica economica);

31 ottobre: giornata mondiale del risparmio. Le banche andavano nelle scuole a dare un salvadanaio ai
bambini, una volta inseriti i soldi per aprirlo si andava nella banca e si apriva un conto con i soldi
risparmiati. Questo era il metodo per insegnare l’educazione al risparmio.

LE FUNZIONI DEL SISTEMA FINANZIARIO


- Fornire sistemi di compensazione e regolamento dei pagamenti: attraverso la creazione di mezzi di
pagamento e la produzione di servizi necessari per la circolazione di moneta, i sistemi finanziari
determinano le modalità di regolamento degli scambi reali e finanziari a disposizione degli
operatori;
- Creare meccanismi che consentano la raccolta di risorse presso il pubblico e realizzare pooling per
finanziare investimenti;
- Effettuare trasferimenti intersettoriali di risorse economiche e finanziarie;
- Ridurre le variabili di rischio attraverso l’offerta di strumenti di copertura, diversificazione e
assicurazione: i sistemi finanziari svolgono un ruolo determinante nella distribuzione e nel
trasferimento dei rischi mediante lo sviluppo di strumenti contrattuali ad-hoc e tecniche gestionali
idonee a limitare i rischi;
- Diffondere informazioni sui prezzi dei prodotti finanziari: nei sistemi finanziari, tramite intermediari
e mercati, vengono prodotte informazioni sui prezzi, sui tassi di interesse, sui tassi di cambio;
- Ridurre i problemi di incentivo e i costi di agenzia derivanti dalla presenza di asimmetrie
informative tra i partecipanti al mercato finanziario: l’operare congiunto di meccanismi istituzionali
tutela e promuove l’efficienza informativa del sistema finanziario, riducendo allo stesso tempo
imperfezioni nella distribuzione delle informazioni sui prezzi. La minimizzazione di tali anomalie e,
di tutte le situazioni in cui si manifestano asimmetrie informative, costituisce una condizione
essenziale ai fini del corretto funzionamento del processo allocativo svolto dal sistema finanziario.
L’ALLOCAZIONE DEL RISPARMIO
Il sistema finanziario si colloca tra prenditori e prestatori finali di fondi, sviluppando circuiti di
collegamento. Una prima differenza si pone tra collegamento diretto, via mercato, e indiretto, via
intermediari.
Il collegamento diretto individua un circuito di intermediazione nel quale le passività finanziarie create dalle
unità in disavanzo finanziario trovano una contropartita diretta nelle attività ammesse allo stato
patrimoniale delle unità in avanzo finanziario.
Circuiti diretti:
- Diretti puri: tramite mercato, non c’è la presenza di intermediari (es. vado sul mercato e compro
un’azione);
- Diretti assistiti: l’intermediario mi assiste nello svolgimento di un’operazione finanziaria
(intermediario mette in contatto solamente per avere accesso al mercato);
- Diretti intermediati: l’intermediario svolge una funzione più sofisticata però sempre senza ridurre il
rischio;
 intermediari agiscono come asset brokers
Nel collegamento indiretto il trasferimento di risorse avviene tramite banche e intermediari creditizi. Per
questi operatori la funzione di intermediazione è effettuata con l’interposizione del proprio bilancio.
 intermediari agiscono come asset transformers
(la banca con una serie di depositi riesce ad emanare un prestito che equivale per lei a un credito.)

conto patrimoniale: attività e passività


conto delle operazioni correnti: consumi/risparmio e ricavi
saldo finanziario: risparmio – investimenti oppure variazione
attività – variazioni passività

vedi esempio slide

I SETTORI ISTITUZIONALI
Il settore istituzionale identifica un gruppo omogeneo di persone fisiche e giuridiche che dispone di
autonomia e capacità decisionale in campo economico-finanziario e che, fatta eccezione per le famiglie,
tiene scritture contabili separate. I settori istituzionali comprendono:
- società non finanziarie (imprese): svolgono la funzione di produzione di beni e servizi destinabili alla
vendita con la finalità di conseguire utili;
- società finanziarie: svolgono la funzione di fornire servizi di intermediazione finanziaria. Ne fanno
parte: istituzioni finanziarie monetarie, altri intermediari bancari di cui fanno parte società di
finanziamento, SIM, società fiduciarie di gestione;
- amministrazioni pubbliche: le funzioni principali svolte riguardano la produzione di servizi non
destinabili alla vendita nonché nella redistribuzione del reddito e della ricchezza del paese
attraverso i trasferimenti. Comprendono le amministrazioni centrali, locali e gli enti di previdenza e
assistenza sociale;
- famiglie;
- resto del mondo: comprende le unità non residenti che realizzano operazioni con unità istituzionali
residenti;
Nei singoli paesi, il processo di formazione dei redditi e la loro distribuzione e utilizzo tra i diversi settori
istituzionali è colto dai conti nazionali, redatti sulla base di regole definite dai sistemi di contabilità
nazionale. I conti in esame chiudono con un saldo, il risparmio, che può essere positivo oppure negativo.
(le famiglie hanno tipicamente un surplus positivo, mentre le amministrazioni pubbliche sono
generalmente in deficit).
SALDI FINANZIARI E FABBISOGNO E RISORSE FINANZIARIE
Segni e trends dei saldi finanziari sono indicativi del fabbisogno di trasferimento di risorse finanziarie tra i
diversi settori, realizzato attraverso il sistema finanziario.
Da cosa dipende il fabbisogno finanziario?
- Capacità di risparmio delle famiglie
- Capacità di auto-finanziamento e di investimento delle imprese
- Gestione del deficit delle amministrazioni pubbliche e investimenti pubblici
- Interscambio con l’estero
- …
Vedi slide 14: tabelle rilasciate dalla Banca D’Italia relative al risparmio delle famiglie italiane. Ci sono due
picchi: entrambi coincidenti con le grandi crisi quella finanziaria del 2008 e quella della pandemia del 2020.
Tra 2008 e 2020 c’è comunque per l’Italia un aumento del risparmio per il problema relativo al debito
pubblico. L’aumento del risparmio è dovuto sia per la riduzione del consumo che per precauzione. La
liquidità è aumentata perché la paura di dover affrontare una realtà non conosciuta non fa investire i
soggetti.
Vedi slide 15: gli investimenti durante le crisi si riducono, si tende a non realizzare investimenti in situazioni
di incertezza.

LA DISSOCIAZIONE TRA RISPARMI E INVESTIMENTI


Nelle moderne economie, le decisioni in materia di investimento e di risparmio sono separate e attribuibili
a soggetti diversi. La cosiddetta dissociazione tra risparmi e investimenti è originata dall’esistenza di unità
istituzionali e settori con saldi finanziari che hanno segni tipicamente contrapposti che fanno insorgere
esigenze di trasferimento delle risorse monetarie dalle unità in surplus alle unità in deficit.
Dissociazione  modelli di sviluppo economico seguiti
- Dinamica
- Entità
Dimensione e distribuzione dei saldi finanziari dei settori sono, infatti, riconducibili a scelte di welfare state,
di politiche di distribuzione dei redditi, di natura fiscale. Bisogna evidenziare che tanto più ampi sono i saldi
finanziari, maggiore è il fabbisogno finanziario di disporre di dispositivi di trasferimento che sono
individuabili nei contratti finanziari ( modalità attraverso cui le risorse passano da un’unità in surplus a
un’unità in deficit).
Il sistema finanziario non è chiamato a prendere scelte di politica economica ma le scelte di politica
economica vanno a influire anche sul sistema finanziario.

Perché gli intermediari?


Hanno la funzione di trasportare risorse finanziarie a livello inter-settoriale (da un settore ad un altro) e
infra-settoriale (all’interno di uno stesso settore).
Essi svolgono oltre alla funzione di trasferimento delle risorse anche altre funzioni, tra cui: gestione dei
pagamenti, gestione del rischio, ricomposizione del portafoglio finanziario (es. sostituire un’attività o una
passività finanziaria con un’altra).

Da cosa dipendono le AF e le PF dei settori istituzionali?


- Scelte di investimento e finanziamento dei diversi settori nel tempo;
- Trasformazioni strutturali del sistema finanziario;
- Modelli di sviluppo economico perseguiti;
- Fattori demografici. Il sistema pensionistico italiano si basa su un assunto fondamentale: i
contributori devono essere superiori ai percettori. L’Italia è vicino a 1 e le proiezioni demografiche
future portano questo indice a valori inferiori a 1. Il calcolo delle pensioni è quindi tutt’ora oggetto
di dibattito;
- Educazione finanziaria

TRE CONCETTI DI RICCHEZZA


o Ricchezza finanziaria netta: attività finanziarie e passività finanziarie;
o Ricchezza totale lorda: attività finanziarie + attività reali (totale attività). Misurare le attività
finanziarie è semplice poiché sono denominate in moneta e hanno un prezzo. Misurare le attività
reali è più difficile (es. la casa in cui abito è un’attività reale, il valore della casa qual è? Si hanno
delle stime che dipendono da fattori differenti ma non un valore certo). Le attività reali non hanno
un mercato trasparente o un mercato che sia basato su criteri univoci. Per questo, la ricchezza
totale lorda viene usata meno per gli studi;
o Ricchezza totale netta: patrimonio netto  attività finanziarie + attività reali (ricchezza totale lorda)
– passività finanziarie;

Andamento della ricchezza finanziaria lorda delle famiglie nel 2008 è calata per crisi finanziaria, nel 2020
linea nera che è l’Italia ha una profondità superiore ma molto più veloce la ripresa. Con la crisi del debito
sovrano scende a livelli inferiori al 2008, il caso del 2020 il valore della ricchezza finanziaria scende a picco
ma poi risale a livelli mai raggiunti.

PARTE 2
SISTEMA FINANZIARIO: le diverse componenti

I COTRATTI FINANZIARI
Sono una componente fondamentale del sistema finanziario, anche identificati come “attività finanziarie”,
indicando i contratti detenuti dai soggetti cedenti risorse finanziarie (risparmio).
Le attività finanziarie sono caratterizzate da due elementi fondamentali:
- sono denominate in moneta. Questo ci avvantaggia per il calcolo poiché il valore è riconosciuto da
tutti;
- scadono in tempi diversi. Esiste la prestazione al tempo t e la controprestazione al tempo t 1, la
durata tra t e t1 può essere espressa in giorni, mesi o anni (Il trascorrere del tempo rende incerto
ciò che può succedere, ma esiste un rischio se il tempo è maggiore).
Le attività finanziarie possono avere natura di:
- contratto bilaterale: condizioni fissate tra le parti. Si avvalgono quindi di informazioni fondamentali
ma riservate;
- contratto di mercato: informazioni pubbliche disponibili a tutti; ES. nel mercato si viene a
conoscenza di una riduzione del rating nella Repubblica del Ghana, chi possiede titoli cosa fa?

Elementi delle attività finanziarie:


1. natura del contratto: le prestazioni delle due parti sono rette da un contratto. La natura del
contratto può essere relativa a un rapporto debitorio/creditorio (caratterizzato dall’obbligo di
rimborso del capitale più gli interessi a una data stabilita), a un rapporto di partecipazione
(caratterizzato dalla partecipazione al rischio di impresa, non ha obbligo di restituzione del capitale,
quindi, non esiste obbligo di remunerazione. Se l’impresa non paga dividendi non posso citarla in
giudizio), a un rapporto di tipo assicurativo (prestazione legata al verificarsi di un determinato
evento. La prestazione è il pagamento del premio, la controprestazione è legata al manifestarsi di
un determinato evento);
2. il tempo: durata dei contratti che può essere  breve, media, lunga ma anche perpetua (il governo
federale degli USA considerato ad oggi miglior debitore fece dei titoli senza scadenza);
3. l’informazione: l’informazione è fondamentale per valutare un’attività poiché ha duplice natura 
è un fattore di input nel prendere una decisione, per prendere una decisione ho bisogno delle
informazioni; al tempo stesso è un output per gli altri poiché costituisce una base importante per
valutare l’attività finanziaria;
4. rendimento e rischio: il rendimento è la remunerazione per la rinuncia al potere di acquisto e per il
rischio sopportato (non è solo una valutazione oggettiva come avviene per la rinuncia al potere di
acquisto ma anche una valutazione soggettiva). Il rendimento è determinato da: tasso di interesse
( prezzo per lo scambio nel tempo di potere d’acquisto sotto forma di credito. Tipologie di tassi:
nominali, reali, fissi, variabili), dividendi ( remunerazione per i detentori di contratti di
partecipazione), variazioni di prezzo delle attività, variazioni dei tassi di cambio, variazioni del tasso
di inflazione, tassazione (su redditi periodici o su capital gain).
Il rischio fa riferimento all’esistenza di una probabilità non nulla che comporti che alla scadenza i contratti
finanziari non vengano onorati o che durante la vita dell’investimento si verifichino fenomeni che non
possono essere previsti e che modifichino la situazione economica del creditore o debitore. Il rischio può
essere di tipo finanziario (insolvenza, prezzo, tassi di cambio) o non finanziario (frode, malfunzionamenti). Il
rischio più elevato è quello del “venture capital”: finanziamento di attività estremamente rischiose,
potrebbero portare a extra-profitti ma anche alla perdita dell’intero capitale investito. (il rendimento è
influenzato dal grado di rischio. La figura dovrebbe essere una curva di rendimento del rischio. Bisogna
prendere in considerazione quanto frutta la liquidità in base al rischio. Man mano che saliamo nella curva in
base all’attività di rischio aumenta anche il rendimento.)

Gli strumenti finanziari, secondo il TUF, sono:


1. valori immobiliari;
2. strumenti del mercato monetario;
3. quote di un organismo di investimento collettivo del risparmio;
4. contratti derivati;
I valori mobiliari sono categorie di valori che possono essere negoziati nel mercato di capitali  azioni di
società, obbligazioni, titoli di stato e altri titoli di debito, qualsiasi altro valore mobiliare negoziato che
permette di acquisire o di vendere valori mobiliari sopra indicati.
Gli strumenti del mercato monetario sono categorie di strumenti negoziati sul mercato monetario quali
buoni del tesoro, certificati di deposito.
I prodotti finanziari sono gli strumenti finanziari e ogni altra forma di investimento di natura finanziaria.
Non costituiscono prodotti finanziari i depositi bancari o postali e la moneta cartacea.

I MERCATI FINANZIARI
I mercati rappresentano i luoghi in cui avvengono gli scambi finanziari attraverso l’emissione e la
negoziazione di strumenti finanziari e valute straniere. Essi rappresentano una parte essenziale dei circuiti
diretti per la canalizzazione del risparmio dalle unità di surplus alle unità di deficit.
Ai mercati vengono riconosciute tre fondamentali funzioni: creazione di liquidità, raccolta e veicolazione
delle informazioni e offerta di meccanismi di trasferimento dei rischi.
Si classificano secondo diversi criteri:
Presenza di regolamentazione. mercati regolamentati  il loro funzionamento avviene nel rispetto delle
regole stabilite dalle autorità di vigilanza e dalle società di gestione dei mercati; mercati “over the counter”
 le regole di negoziazione sono meno pervasive e possono essere decise dalle parti.
Grado di novità degli strumenti finanziari. mercato primario mercato delle nuove emissioni di titoli, ha la
funzione di esprimere un prezzo per i titoli di nuova emissione e di fornire fondi all’emittente. È il mercato
che lega le decisioni di spesa e di investimento delle unità in deficit con le decisioni finanziarie delle unità in
surplus; mercato secondario  mercato in cui vengono scambiati titoli già emessi, assolve la funzione di
esprimere nel continuo il prezzo, cioè la valutazione dei singoli titoli emessi e, nello stesso tempo, di
consentire all’originale acquirente di liquidare il proprio investimento. Il mercato secondario non fornisce
nuove risorse ma è fondamentale per 1) assicurare liquidità agli investitori e permettere la modifica del
proprio portafoglio; 2) consentire la valutazione nel continuo di titoli emessi.
Durata degli strumenti finanziari. mercati monetari  consentono il trasferimento di disponibilità liquide
per brevi periodi di tempo (scadenza residua inferiore o pari ai 12 mesi); mercati finanziari  consentono il
trasferimento di fondi a medio-lungo termine (scadenza residua superiore ai 12 mesi).
Apertura al pubblico. mercati wholesale  riservati a operatori appartenenti a determinate categorie;
mercati retail  aperti al pubblico.

Condizioni di efficienza dei mercati


1. ampiezza: volumi consistenti di quel determinato strumento finanziario;
2. spessore: il prezzo deve essere distribuito su una pluralità di prezzi vicini tra di loro  fitta
distribuzione dei prezzi;
3. elasticità: reattività degli ordini anche per limitate variazioni di prezzo;
La progettazione/modifica delle caratteristiche organizzative e operative dei mercati è volta a migliorarne le
condizioni di efficienza e di formazione dei prezzi. (deve reagire in termine di ordine anche a piccole
variazioni di prezzo).

FIGURE DI OPERATORI SUL MERCATO


- brokers: mediatori che operano esclusivamente per conto di terzi facilitando la ricerca delle
controparti negli scambi e rendendo possibile l’incontro tra domanda e offerta. Non si assumono
alcun rischio nell’operazione. La remunerazione per l’attività svolta è costituita da commissioni,
commisurate al valore delle negoziazioni;
- dealers: operatori che agiscono per conto proprio e assolvono la funzione di rendere liquido il
mercato, assicurando continuità degli scambi. Essi detengono un proprio portafoglio e traggono
profitto dal differenziale tra prezzi di acquisto e di vendita che propongono . Essi detengono un
proprio portafoglio di attività finanziarie che utilizzano per rispondere prontamente alle esigenze di
negoziazione manifestate da altri operatori, esprimendo prezzi di acquisto (denaro - bid) e prezzi di
vendita (lettera - ask). Più il titolo è liquido meno è la remunerazione perché diminuisce il rischio;
- market makers: agiscono per conto proprio e sono impegnati a rendere pubbliche le condizioni di
prezzo a cui sono disposti a negoziare, quotando i prezzi a cui intendono acquistare e vendere i lotti
minimi delle attività finanziarie cui sono impegnati a “fare mercato” nei mercati regolamentati;

Per “servizi e attività di investimento” si intendono le attività di seguito riportate quando hanno per oggetto
strumenti finanziari (attività svolte dagli intermediari in circuiti diretti):
 esecuzione di ordini per conto dei clienti
 ricezione e trasmissione di ordini
 consulenza in materia di investimenti
 gestione di sistemi multilaterali di negoziazione
 sottoscrizione e/o collocamento di strumenti finanziari emessi nei mercati primari
 negoziazione per conto proprio di strumenti finanziari
 gestione di portafogli
(Servizi e attività di investimento sono serie di attività che hanno per oggetto strumenti finanziari e anche se
non in modo totalitario possono essere svolti dagli intermediari sul mercato)

INTERMEDIARI FINANZIARI
intermediari finanziari: operatori nel cui stato patrimoniale è prevalente l’attività finanziaria e che dal
rendimento di quest’ultima traggono il loro reddito.
- Banche: raccolgono fondi dalle unità in surplus che impiegano prevalentemente per la concessione
di prestiti di varia natura alle unità in deficit. Possono essere o meno specializzate per prodotti,
segmenti di clientela serviti, canali di distribuzione utilizzati. Accanto all’intermediazione creditizia
possono produrre servizi connessi all’intermediazione mobiliare, alla consulenza creditizia e alla
gestione di patrimoni finanziari di singoli clienti e di fondi pensione;
- intermediari creditizi non bancari: sono tali le società di credito al consumo, leasing, factoring e
forfaiting. Si tratta di intermediari specializzati in una particolare attività creditizia che finanziano
attraverso l’assunzione di passività finanziarie contratte con le banche e/o l’emissione di titoli di
debito sui mercati;
- società veicolo per la cartolarizzazione: sono intermediari che acquistano pool di prestiti bancari o
di strumenti di debito attraverso l’emissione di titoli obbligazionari;
- SGR  società di gestione del risparmio: sono intermediari attivi sui mercati finanziari che svolgono
in esclusiva la promozione e gestione di fondi comuni d’investimento, di SICAV e di fondi pensione;
- SIM  società di intermediazione mobiliare: sono intermediari finanziari specializzati nella
produzione e offerta di servizi connessi all’attività di investimento sui mercati finanziari;
- Compagnie di assicurazione: sono intermediari finanziari attivi nella gestione dei rischi trasferiti loro
dagli assicurati dietro pagamento di premi. I contratti assicurativi possono riguardare il ramo vita
( contratti che contemplano il risarcimento di eventi di rischio che riguardano la vita umana) e
ramo danni ( coperture assicurative che riguardano il patrimonio degli assicurati o la persona
dell’assicurato o il loro impiego/professione);
- Istituti di moneta elettronica (IME) e di pagamento (IP)

Vedi slide 15-16-17: combinazioni tra attività finanziarie e tipologie di intermediari che sono autorizzate a
svolgere una determinata attività. La tipologia di attività e di intermediari sono componenti dinamici del
sistema finanziario, possiamo ritrovare altre attività che sono riconducibili ad altre categorie. Non è un
elenco esaustivo poiché la tipologia di attività e di intermediari sono componenti dinamiche del sistema
finanziario.
1. Possono esistere altre attività non presenti. ES. nella macro-classe “credito” esiste un’attività di
finanziamento che è quella del crowd funding: raccolta di denaro tra la folla. In questo tipo di
attività non esistono intermediari; queste operazioni non sono ancora diffusissime, quindi non
presenti nell’elenco, però esistono;
2. Possono nascere anche altre categorie di intermediari. Le due macro-categorie di soggetti che
stanno popolando il mondo degli intermediari sono costituite dalle FinTech (unione tra finanza e
tecnologia; soggetti che prestano servizi finanziari e che non sono intermediari) e dalle BigTech
(società tecnologiche o commerciali che nascono come aziende non finanziarie, ma grandi capacità
di processare dati e affiancano le attività core altre attività. ES. Apple  ApplePay, Amazon,
Samsung, Netflix);

Autorità di regolamentazione e vigilanza: attività di regolamentazione  produzione norme; attività di


vigilanza  controllo che le regole siano rispettate e verifica che il sistema finanziario attraverso
l’osservanza delle regole rimanga stabile, ossia che non sia soggetto a fallimento né a livello individuale
(singolo intermediario) né a livello macro (intero sistema). La globalizzazione dell’intermediazione
finanziaria rende più importante il rafforzamento dei presidi per il coordinamento dell’attività di vigilanza e
l’armonizzazione dei regolamenti a livello internazionale. Il grande problema delle autorità è che devono
controllare qualcosa che non ha una sede fisica, problema anche relativo all’armonizzazione perché c’è la
possibilità di fare ovunque attività finanziaria (ci sono luoghi dove è più appetibile oppure ci sono luoghi
dove le normative son minori oppure la fiscalità è minore). La regolamentazione non deve essere identica,
ma almeno armonizzata perché non sarà mai uguale in tutti i paesi del mondo ma ci devono essere regole,
punti fermi, per ogni regolamentazione. Ci sono paesi che ancora non si sono armonizzati e sono i paesi
all’interno della black list. Black list: paesi nei quali i controlli di intermediazione finanziaria sono molto
“leggeri”, quasi inesistenti.

Autorità:
banca d’italia/BCE: decisioni di politica monetaria e attuazione sul territorio italiano, con l’avvento
dell’unione monetaria deve vigilare sulle banche più significative, dalla banca d’Italia a quelle più piccole ;
Consob: ha il compito di controllare la sicurezza e l’efficienza del mercato
Agcm (autorità garante della concorrenza e del mercato): vigila sulle intese restrittive della concorrenza,
sugli abusi di posizione dominante e sulle operazioni di concentrazione.
Questi tre autorità lavorano per finalità: stabilità (Banca d’Italia/BCE), efficienza e trasparenza (Consob),
concorrenza (Agcm).
Le altre autorità lavorano per soggetti: Covip (commissione di vigilanza sui fondi pensione; vigila sulle
funzionalità del sistema dei fondi pensione a tutela del risparmio destinato alla previdenza complementare)
Ivass (istituto per la vigilanza sulle assicurazioni; vigila sulle imprese di assicurazione ai fini della sana e
prudente gestione, della trasparenza e della correttezza di comportamento e della stabilità ed efficienza del
sistema).
La globalizzazione dell’intermediazione finanziaria rende più importante il rafforzamento dei presidi per il
coordinamento dell’attività di vigilanza e l’armonizzazione dei regolamenti a livello internazionale.

Sistema europeo di vigilanza finanziaria e Unione bancaria europea


È stato creato un sistema di vigilanza finanziaria. Si sono accorti che non bastava ed è stata introdotta
l’unione bancaria europea basata su tre pilastri: meccanismo unico di supervisione, meccanismo unico di
risoluzione e il sistema europeo di garanzia dei depositi.

PARTE 3
SISTEMA FINANZIARIO: i possibili orientamenti
Secondo Merton, la struttura del sistema finanziario è meno stabile delle sue funzioni.
La struttura del sistema finanziario cambia sotto la spinta di:
- Fattori esogeni: ES. regolamentazione, innovazione tecnologica, domanda, globalizzazione ecc.
- Fattori endogeni: ES. concorrenza, innovazione finanziaria ecc.
I mutamenti nella struttura del sistema finanziario incidono sulle condizioni di efficienza ed efficacia con cui
vengono svolte le sue funzioni nel tempo. Il nesso fra struttura del sistema finanziario e sviluppo
economico: sistemi finanziari più complessi si associano ad economie più sviluppate. È fondamentale avere
una struttura del sistema finanziario adeguatamente sviluppato che consenta lo sviluppo del sistema
economico.

CLASSIFICAZIONE DEI SISTEMI FINANZIARI


distinzione classica:
- Sistemi basati sugli intermediari (bank based/oriented), in particolare sulle banche (Italia,
Germania)
- Sistemi basati sui mercati (market based/oriented) (Regno Unito, USA)
Tale classificazione non è netta: gli intermediari sono importanti anche in Regno Unito o USA anche se sono
sistemi basati sui mercati.
Un’altra distinzione è tra:
- Sistemi basati su relazioni strette con la clientela (relationship based), fondati su informazioni
private (prestiti bancari);
- Sistemi con un grado elevato di anonimità (arm’s lenght), fondati su informazioni di natura pubblica
(emissioni di strumenti finanziari);
(Ci sono due aree individuabili: Europa occidentale, prevalente bank based, e i paesi anglosassoni, sono
prevalentemente market based. Questo non significa che in Italia non ci sono i mercati e in Inghilterra non
ci sono le banche, ma c’è una prevalenza).
Slide 4: Il nostro paese è un paese dove circa il 70% il finanziamento arriva da banche.

bank-based view  sistemi basati sulle banche


vantaggi: superiore capacità di acquisire informazioni su aziende e manager favorisce l’allocazione più
efficiente di risorse finanziarie; le banche formano relazioni di lungo periodo con le aziende e ritengono le
informazioni private senza diffonderle nei mercati; le banche sono migliori a monitorare le imprese e a
ridurre l’azzardo morale post-prestito (ovvero che la somma di denaro viene usata effettivamente per ciò
che è stata prestata); i sistemi basati sulle banche risultano maggiormente idonei a favorire
un’industrializzazione diffusa; vi è un limitato trasferimento del rischio di impresa alle famiglie.
Svantaggi: elevati costi di intermediazione; rischio di formazione di accordi collusivi (cartelli: ES. ogni banca
dovrebbe fissare una commissione sui prelievi presso lo sportello bancomat diverso dai propri per la
propria clientela. Questa commissione, oggi, è uguale in tutte le banche. È una coincidenza? No, l’anti-trust
ha scoperto che c’era un accordo tra le banche perché non ci fosse un vantaggio per una e uno svantaggio
per l’altra); limitato accesso al capitale di rischio (scarsa attitudine al capitale di rischio); possibile
concentrazione negli assetti proprietari delle imprese (poche imprese il cui potere effettivo è concentrato
nelle mani di pochi soggetti); possibile creazione di frizioni all’innovazione e alla competizione tra imprese
per proteggere le imprese con più stretti legami bancari;

market-based view  sistemi basati sui mercati


vantaggi: i mercati svolgono un ruolo positivo nell’aggregare informazioni diffuse e trasmettere queste
informazioni agli investitori, con conseguenze benefiche per il finanziamento dell’economia e la
performance economica; i sistemi finanziari basati sui mercati rafforzano il governo societario favorendo le
operazioni di acquisizione del controllo societario e rendendo più semplice collegare il compenso del
management alle performance societarie; i mercati facilitano la gestione del rischio attraverso la
produzione/scambio di strumenti finanziari idonei al trasferimento del rischio;
svantaggi: maggiore discrezionalità delle imprese nelle scelte di struttura finanziaria; elevato trasferimento
del rischio d’impresa verso le famiglie e gli altri attori del sistema finanziario.

Financial service view: minimizza la rilevanza del dibattito sulla superiorità della banca o del mercato. Tale
imposizione sottolinea che contratti, mercati e intermediari nascono per migliorare le imperfezioni del
mercato nell’offerta di servizi finanziari.
I contratti finanziari sorgono per: cogliere potenziali opportunità di investimento; esercitare il controllo
societario; facilitare la gestione dei rischi; migliorare la liquidità e la facilità di mobilizzazione del risparmio.
Secondo questo punto di vista, il problema principale non è la scelta tra banche o mercati.
L’obiettivo è la creazione di un ambiente finanziario in cui intermediari e mercati forniscono servizi
finanziari efficienti.

Law and finance view: è una fattispecie della financial service view. Secondo questa prospettiva, la finanza è
un insieme di contratti. Tali contratti vengono definiti da diritti legali e meccanismi di applicazione.
Da questo punto di vista, un sistema legale ben funzionante facilita il funzionamento dei mercati e degli
intermediari. Il livello e la qualità dei servizi finanziari migliorano l’allocazione efficiente delle risorse e la
crescita economica. Le norme e i meccanismi di applicazione delle stesse sono un modo più utile per
categorizzare i sistemi finanziari piuttosto che concentrarsi sul prevalente orientamento dei medesimi a
favore di banche o mercati.

L’ITALIA NEL CONFRONTO INTERNAZIONALE


Vedi slide 14: (sistema finanziario italiano nei confronti di altri sistemi finanziari) il primo grafico è il credito
interno al settore privato erogato dalle banche (credito interno bancario) rapportato al GDP (PIL in inglese).
L’Italia è la linea rossa. È un valore nettamente superiore agli USA (linea blu) ma inferiore al regno Unito
(linea gialla), che ha avuto un picco prima della crisi finanziaria. Londra, dal punto di vista finanziario, è
sempre una realtà a sé stante. Il secondo grafico fa riferimento alla capitalizzazione delle società rapportato
al GDP. L’Italia è rappresentata dalla linea grigia, linea nettamente al di sotto delle altre. Questo ci dice che
l’orientamento al mercato in Italia è un qualcosa che deve ancora perfezionarsi.
Vedi slide 15: primo grafico fa riferimento agli investimenti come percentuale del PIL. Anche in questo caso,
l’Italia è “ai minimi termini” rispetto agli altri paesi. Il secondo grafico fa riferimento all’aspetto assicurativo.
L’Italia in questo caso sta migliorando. 1) per natura fiscale di agevolazioni legate alla sottoscrizione di piani
previdenziali; 2) emergere di una coscienza del fatto che il trattamento previdenziale pubblico non sarà
sufficiente per le pensioni future e occorre, quindi, ipotizzare un sentiero diverso per trarre risorse.

Indicatori di orientamento dei sistemi finanziari


L’analisi della struttura dei sistemi finanziari e del loro orientamento ha lo scopo di favorire valutazioni e
comparazioni spazio-temporali.
Ciò consente di osservarne le tendenze evolutive in un’ottica di lungo periodo, nonché di valutarne,
l’efficacia ed efficienza nella realizzazione delle funzioni assegnate.
La misurazione della dimensione dei sistemi finanziari può avvenire sia attraverso l’impiego di dati di stock,
sia mediante l’uso di indicatori che facilitano l’effettuazione di analisi comparative (alcuni come valori
assoluti  ci aiutano per i confronti temporali di uno stesso fenomeno; altri indicatori sono invece in forma
di rapporto  permettono confronti tra realtà che sono diverse tra di loro).

credito totale interno  finanziamenti interni al settore non statale (credito interno al settore privato) +
fabbisogno del settore statale. La misura della fiducia di cui gode il sistema economico al suo interno. È una
delle grandezze prese in considerazione per comprendere l’importanza del sistema finanziario nelle
modalità di finanziamento di un sistema economico.
Capitalizzazione di borsa  1) capitalizzazione di una società: prezzo dell’azione in un determinato giorno *
nr. di azioni in circolazione. Sommando la capitalizzazione di tutte le società quotate in borsa otteniamo la
capitalizzazione di borsa. È un valore molto più volatile rispetto al credito totale interno.
Questi due aggregati rapportati al PIL consentono di dire quanto il sistema possa essere più orientato agli
intermediari o più orientato al mercato.
Indici di Goldsmith:
- Grado di intensità finanziaria: AF totali/ricchezza nazionale; può essere calcolato sia sui valori stock
(rapporto dato da attività finanziaria detenute dal paese e ricchezza nazionale) sia su flussi
(variazione attività finanziarie/PIL che si misurano facendo la differenza tra il tempo t e t 1) 
questo rapporto è più indicato per evitare problemi di erronea indicazione legati alla ricchezza
nazionale (valutazione di attività reali);
- Rapporto di intermediazione: attività finanziarie detenute dagli intermediari/passività finanziarie
degli utilizzatori ( passività di imprese, famiglie, pubblica amministrazione. Finanziamenti
ottenuti). Più questo rapporto si avvicina a 1, maggiore è il peso degli intermediari nel
finanziamento del capitale di debito degli utilizzatori ( sistema orientato agli intermediari);
- Grado di importanza relativa delle banche: attività finanziarie delle banche/attività finanziarie degli
intermediari. Più l’indicatore si avvicina a 1, maggiore è il grado di importanza delle banche 
sistema finanziario dove le banche giocano un ruolo rilevante nel finanziamento dell’economia;
vedi slide 18: il primo grafico indica l’andamento del PIL  crollo del PIL in coincidenza con le crisi (crisi
finanziaria e pandemia). Crollo del 2020 è stato il peggiore non contando le guerre, ma abbiamo avuto una
ripresa rapida. Il secondo riguarda i prestiti bancari post crisi finanziaria al settore privato, la linea tocca un
punto di minimo tra 2013-14 che è una crisi interna alle banche mentre c’è un’esplosione nel periodo della
pandemia.
Vedi slide 19: nel grafico il picco in alto dei tassi di deterioramento del credito coincide con il picco verso il
basso dei prestiti bancari (slide 18). Quel 10% nel 2013 significa che ogni 100€ di prestito della banca, 10€
non rientravano o rientravano in un periodo più lungo rispetto a quello richiesto  il 10% dei prestiti
emessi dalla banca non rientra.

L’interconnessione finanziaria si riferisce alle relazioni tra agenti economici dovute alle transazioni
finanziarie realizzate. Il grado di interconnessione aumenta con: dimensioni degli intermediari bancari e
finanziari; livello di concentrazione dei sistemi finanziari; ampiezza dell’operatività internazionale degli
operatori finanziari.
In un sistema finanziario altamente interconnesso, l’insolvenza di un intermediario viene trasmessa alle
altre entità e all’economia reale.

Vedi link “sistema SWIFT”


Chiudere il sistema SWIFT alle banche russe comporta anche una ripercussione sull’economia russa. Le
persone sono in coda agli sportelli per prelevare  non ci sono più liquidità in Russia.
Questo sistema interconnesso (SWIFT) determina una situazione di crisi che può crearsi a seguito
dell’insolvenza di un intermediario. Da un punto di vista finanziario, il fatto che le banche russe siano poco
interconnesse tra di loro sta salvando da una crisi finanziaria globale.
Crisi finanziaria 2008: fallimento di Lehman dovuto a mancanza di liquidità. Essendo finanziata da credito
non legato alle banche  fallisce. Non può quindi accedere al credito di ultima istanza e non può accedere
al sistema bancario. Siccome era uno dei più grandi finanziatori questo trascina anche gli altri nel
fallimento.

PARTE 3 (APPENDICE)
LE ALTRE FORME DI INTERMEDIAZIONE FINANZIARIA: Shadow banking e DeFi
Shadow banking: espressione utilizzata per la prima volta nel 2007 a Jackson Hole, diventata famosa perché
lì ogni agosto si riuniscono i direttori delle banche centrali. Lo Shadow banking, rinominato in NBFI, è
l’intermediazione creditizia svolta da soggetti al di fuori del sistema bancario tradizionale.
Credito di ultima istanza  credito erogato dalla banca centrale a favore di una categoria specifica di
soggetti.
Se un soggetto che ha molti rapporti con l’intermediazione bancaria tradizionale entra in crisi di liquidità, la
crisi di liquidità può trasformarsi in crisi di insolvenza;
1) Se c’è interconnessione può creare un pericolo a rischio sistemico enorme. (questo è quello che si è
realizzato nel 2008. Il primo campanello d’allarme ci fu nell’aprile del 2008 con il fallimento di una
delle 5 banche maggiori di investimento. Tolta questa si pensava che il problema fosse risolto. Nel
settembre con il fallimento di Lehman che era la più esposta verso i soggetti appartenenti alla NBFI,
è esplosa la crisi finanziaria);
In generale, la NBFI è più sviluppata in quei paesi scarsamente regolamentati.
NBFI: soggetti quali assicurazioni, fondi pensioni, fondi di investimento, intermediari finanziari non bancari.
Questi soggetti, in caso di crisi di liquidità, non hanno la copertura da parte delle banche centrali. Questa
attività finanziaria non bancaria è regolata in maniera meno pressante rispetto all’attività bancaria. La
regolamentazione è difficile da applicarsi poiché se eccessivamente regolamentati questi intermediari
spariscono oppure passano nel dark banking system, un sistema bancario non legale.
Per arginare questo fenomeno quindi si è deciso di applicare un attento monitoraggio della sua evoluzione
soprattutto nel rapporto che questi hanno nel rapporto con il sistema bancario tradizionale, per evitare che
una situazione di crisi di questi possa sfociare in una crisi su tutto il sistema bancario.

Esistono anche altre forme di “finance”


DeFi (Decentralized Finance): la finanza decentralizzata è lo sviluppo nello spazio delle cripto-valute con lo
scopo di replicare il sistema finanziario tradizionale in modo aperto, decentralizzato, senza autorizzazione e
autonomo, attraverso applicazione costruite grazie alle DLTs (distribuited ledger technologies; es.
Blockchain).
Si sta creando un sistema finanziario parallelo che dà qualche problema al sistema centralizzato.
Le potenziali ricadute e i potenziali pericoli sono visibili a tutti:
- le attività criptate funzionano sulla base di alcuni codici che sono di uno o più soggetti fondatori (c’è
un caso in cui alcuni avevano acquisito cripto il cui codice era conosciuto solo al fondatore. Lui è
morto e le persone sono state impossibilitate a convertire la criptovaluta in moneta);
- è una moda, come tutte le mode, può dare luogo a problemi di prociclicità  maggiore
vulnerabilità finanziaria. La prociclicità agisce non solo in caso di crescita ma anche di decrescita
economica, amplificandone gli effetti;
- rischi di concentrazione legati alla tecnologia: non si sa chi siano i soggetti fondatori, non si
conoscono le identità;
- credito peer to peer, credito tra pari  non tutti sono in grado di valutare chi sta dall’altra parte.
Non si è in grado di valutare la sicurezza di questi progetti poiché mancano informazioni;

Il perfetto anonimato attraverso cui si svolge la DeFi dà problemi in termini di antiriciclaggio e attività
illecite. Non è un caso che tutti gli attacchi informatici richiedono poi un riscatto in criptovalute.

PARTE 1
LE FUNZIONI DEL SISTEMA FINANZIARIO: perché esistono gli intermediari
Gli intermediari finanziari che agiscono come asset broker facilitano l’incontro tra le due parti ma non si
assumono nessun rischio. In particolare:
• forniscono servizi e informazioni per la maggiore comprensione di entrambe le parti;
• riducono le asimmetrie informative, ossia riducono i problemi legati all’intermediazione;
• non operano una trasformazione dei rischi di credito e di liquidità (tipica degli intermediari creditizi e, in
particolare, bancari)
• affrontano rischi di tipo operativo
• vengono remunerati attraverso commissioni o provvigioni.
L’intermediario che agisce come asset broker mette a disposizione informazioni, ma poi è il soggetto che
sceglie. Alcuni esempi: servizi di consulenza, gestione del risparmio, ecc.

L’Intermediario finanziario che agisce come asset transformers si frappone tra le unità economiche in
surplus e quelle in deficit, trasformando dal punto di vista qualitativo (rischi e scadenze) e quantitativo
(importo) le risorse. Gli asset trasformers devono sostenere costi di transazione e informazione perché
hanno la necessità di ricevere dati e hanno interesse che le trattative si concludano, quindi devono
sopportare costi di liquidità. È l’attività tipica delle banche. Le banche raccolgono fondi presso i soggetti in
avanzo emettendo proprie passività (secondary securities), che costituiscono la raccolta da impiegare in
crediti e, alternativamente, in titoli e partecipazioni a favore delle imprese (primary securities). La
differenza di rendimento tra primary e secondary securities ovvero tra attività (crediti, titoli, ecc.) e
passività degli intermediari (depositi, obbligazioni, ecc.) definisce il costo del processo di intermediazione e
la remunerazione lorda dell’attività degli intermediari finanziari a fronte dei rischi assunti.
La liquidità ha un costo, nei momenti di difficoltà nasce nelle persone la voglia di essere liquidi, ovvero
avere indietro i loro depositi. Quindi le banche devono mantenere i depositi, non possono impiegare tutte
le somme di denaro, ma devono avere depositi a sufficienza per coloro che ne fanno richiesta.
Questo comporta anche altri problemi legati al rischio di prezzo che è influenzato da fattori legati al
mercato o fattori legati all’emittente.
Tenere riserve sotto forma di moneta legale ha dei costi intesi come minori ricavi per il mancato impiego
della liquidità ma anche costi per il trasporto, per la sicurezza (fatto noto anche ai delinquenti, per questo
aumenta la sicurezza agli sportelli perché devono tenere somme di denaro più elevate agli sportelli) e altro.
Asset trasformer ha maggiori costi perché ha maggiori rischi ma determina anche maggiori vantaggi perché
hanno risorse da mettere a disposizione e maggiori vantaggi per i datori e prenditori di fondi.

Da quali strumenti (contratti) sono costituite le passività bancarie (raccolta di fondi presso soggetti in
avanzo)?
 DEPOSITI
 tipicamente a vista: il rimborso avviene quando ne fa richiesta il depositante
 rimborso al valore nominale (NO incertezza sul prezzo di rimborso)
 natura monetaria (sono accettati come strumento di pagamento) annullano, di fatto, il rischio di prezzo e
il rischio di liquidità (anche se…)
 OBBLIGAZIONI (≅ imprese non finanziarie)

I depositanti hanno fiducia nella promessa della banca di rimborsare i depositi a vista al nominale in virtù di
tre fattori: 1. diversificazione del portafoglio impieghi; 2. contratto di debito e l’impegno di capitale proprio
della banca; 3. presenza di schemi di assicurazione dei depositi e di un prestatore di ultima istanza (safety
net)

Quale è la ragion d’essere dell’intermediazione?


In un mercato perfetto dovrebbero coincidere le preferenze espresse dai soggetti in surplus e quelle
espresse dai soggetti prenditori in termini di scadenza, importo, grado di rischio. La definizione dei contratti
finanziari comporta una distribuzione dei rischi tra le parti e il contratto, in quanto risultato di negoziazione,
dovrebbe essere un compromesso accettabile tra finalità contrapposte. Ma il mercato perfetto e
l’investitore razionale non esistono.
Per questi ci sono gli intermediari, le cui principali funzioni sono:
•conciliare le esigenze degli operatori finali offrendo:
1. alle unità in deficit proprie AF gradite in termini di costo e durata
2. alle unità in surplus proprie PF gradite in termini di rischio, rendimento e liquidità
(Noi vorremmo una buona remunerazione e avere certezza del pagamento periodico e della restituzione
del capitale investito. L’attività finanziaria deve essere liquidabile, grado di liquidabilità si misura in
condizioni normali, un minimo di rischio c’è ma se siamo in condizioni normali il prezzo è stabile).
•trasformazione qualitativa e quantitativa dei contratti finanziari
1. trasformazione delle scadenze
2. trasformazione degli importi
3. riduzione del rischio (non può mai essere uguale a zero quindi deve solo ridurlo al più possibile)
•riduzione delle asimmetrie informative (Le informazioni non solo devo averle ma le devo anche
comprendere. Normalmente tra le parti c’è asimmetria, ovvero una parte ha più informazioni rispetto
l’altra.)
•economie di scala e di scopo: riduzione dei costi di transazione per datori e prenditori di fondi. Costi di
transazione  tutti i costi legati alla contrattazione: costi di ricerca delle controparti, costi legati alle
transazioni, costi legati alla stipulazione dell’accordo ecc.

COSTI DI TRANSAZIONE
In un sistema economico, gli agenti devono sostenere costi di transazione per:
 instaurare i rapporti (costi di ricerca del contraente e dei servizi di intermediazione);
 svolgimento di trattative, la definizione e la stesura dei contratti;
 controllo del rispetto degli accordi (costi di monitoraggio dell'attività delle parti e di enforcement).
L'entità di questi costi dipende da:
 grado di specificità del capitale umano e finanziario coinvolti nelle transazioni finanziarie
 grado di incertezza
 frequenza delle transazioni
I costi di transazione sono collegati a valore e al numero di transazioni, la massa delle transazioni svolte può
consentire di sfruttare economie di scala, per far sì che i costi di intermediazione siano i più bassi possibili.
La presenza di economie di scala aiuta a spiegare perché si sono sviluppati gli intermediari finanziari, ovvero
perché hanno la capacità di costruire “portafogli diversificati” su grandi masse gestite (es. portafogli
diversificati di prestiti)
Le competenze in tecnologie informatiche consentono agli intermediari finanziari di offrire servizi innovativi
ed efficienti, cioè a minor costo unitario (es. mobile banking/payments). La tecnologia è in grado di svolgere
operazioni ripetute a costi contenuti e a velocità più sostenuta. Gli intermediari finanziari sono anche in
grado di sfruttare economie di scopo, utilizzando le stesse informazioni per offrire servizi diversi agli stessi
clienti (ad es. mutui per acquisto immobili e polizze assicurative per copertura di vari rischi, “appoggiati” su
un c/c con accredito stipendio e addebito utenze periodiche). Come si fa? L’intermediario mette a
disposizione del cliente tutti i servizi che il cliente ha bisogno e anticipa alcuni bisogni. Le bigtech l’hanno
capito benissimo. Le imprese tecnologiche sanno usare queste informazioni, metterle insieme e ottenere
risultati efficaci.
Espandendo il raggio di azione e la durata dei rapporti di clientela si riducono ulteriormente i costi di
produzione delle informazioni (aumentando il numero di transazioni, conseguo più economie di scala).

LE ASIMMETRIE INFORMATIVE
L’informazione è asimmetrica quando non c’è corretta ripartizione delle informazioni tra le parti coinvolte
in una contrattazione.
Asimmetria informativa  mancanza, incompletezza, inaffidabilità ma anche incapacità di comprensione
delle informazioni.
Conseguenze?
- Assenza o limitazione degli scambi
- Decisioni inadeguate o scorrette
- Fragilità dei sistemi finanziari
È necessario definire regole ed effettuare controlli (da parte di autorità di supervisione). Se situazioni in cui i
soggetti prendono decisioni inadeguate o scorrette si ripetono in maniera rilevante e generalizzata, questo
può comportare dei problemi rendendo più fragile il sistema finanziario. C’è bisogno del corretto
comportamento degli intermediari che è stabilito per ridurre le asimmetrie informative tra le parti.
Tipologie di asimmetrie informative:
1) Selezione avversa (adverse selection): si verifica prima della conclusione del contratto. L’effetto
potenziale è quello di facilitare il finanziamento di unità in deficit che hanno una maggiore
probabilità di esporre i datori di fondi a eventi avversi (es. insolvenza). Si utilizza il termine delle
auto usate/bidoni. Si usa il mercato delle macchine usate. Si ha paura che vengono venduti dei
bidoni di macchine, l’attitudine del compratore è quello di richiedere il prezzo minore così se
dovesse essere un bidone almeno sarebbe stata pagata poco. I venditori mettono macchine a
prezzo più alto perché sanno che dovranno concedere uno sconto. Molti, però, si scoraggiano a
vedere a quei prezzi.
2) Azzardo morale (moral hazard): si verifica dopo la conclusione del contratto. Si riferisce tipicamente
ai comportamenti opportunistici da parte di una controparte a danno dell’altra (es. manager
bancari, incentivi e mutui subprime). Se una banca fa un finanziamento a un cliente che è
considerato affidabile, il tasso è dato al 6%, mentre a quello meno affidabile è al 10%. I banchieri
hanno una retribuzione da una parte fissa e in larga misura è una percentuale sui risultati ottenuti.
Maggiori sono gli utili maggiore sarà la retribuzione corrisposta. Questo spiega come è iniziata la
crisi dei mutui subprime. Mutui ninja: “no income, no job, no assets” ovvero ti do un finanziamento
anche se il prenditore non ha un lavoro fisso, o qualcosa sui cui avere una garanzia.
3) Insider trading: contrattazione realizzata grazie all’utilizzo di informazioni riservate “interne” 
insider. Realizzare contrattazioni sul mercato utilizzando informazioni riservate che sono
tipicamente interne all’azienda (due tipi di informazioni interne: informazioni interne che devono
rimanere tali oppure informazioni interne che poi saranno rese pubbliche);
4) Free riding: comportamenti imitativi che presuppongono la rinuncia alla raccolta e all’elaborazione
delle informazioni, nonché al monitoraggio degli investimenti allo scopo di evitarne i costi correlati
(“scrocca” informazioni raccolte ed elaborate da altri)  è molto rischioso. Non è sanzionato come
l’insider trading ma può avere conseguenze negative. Non ci sono costi di informazioni ma si
possono ottenere comportamenti non economicamente convenienti.
ES. Basic Net è una società entrata in borsa negli anni 2000; negli anni 2000 c’è l’esplosione delle internet
companies. Basic Net quando si quotò aveva come marchio “robe di kappa”. Quando si quotò il primo
giorno ebbe un aumento del 300% convinti tutti che basic net fosse una “internet companies”;
Le prime due tipologie sono asimmetrie informative tipiche degli intermediari, le altre due sono tipiche dei
mercati.

Come fronteggiare le asimmetrie informative tipiche degli intermediari?


Selezione avversa. L’intermediario avrebbe bisogno una serie di informazioni molto articolata ma il
potenziale prenditore di fondi non vuole/non può dare. L’intermediario può incentivare l’altra parte a
fornire quelle informazioni oppure può trovare strumenti che consentano comunque di ottenere più
informazioni possibili. Il tutto va considerato secondo un’ottica economica, l’accesso alle informazioni deve
essere “economico” altrimenti impiego tutto il profitto per ottenere le informazioni.
I rimedi sono:
- Regolamentazione dell’informazione. Esistono obblighi informativi che vanno crescendo con la
complessità dell’impresa e con il livello di accesso ai diversi canali di informazione che l’impresa ha
(es. se l’impresa è quotata avrà più obblighi);
- Produzione privata di informazioni. Avere accesso a produttori di informazioni private quali società
di rating: soggetti i cui servizi sono pagati, analisti finanziari, sistemi di informazioni creditizie;
- Richiesta di garanzie e livello del capitale proprio dei debitori. Se non dovessimo ottenere
informazioni adeguate scatta una “clausola” di sicurezza  livelli minimi di capitale e garanzie;
Azzardo morale. Il problema per il finanziatore (intermediario) è: incentivare l’agente ad agire nel suo
interesse e riuscire a controllare il suo comportamento con costi sostenuti.
Quali rimedi?
- Osservazione del comportamento dell’agente: monitoring (ad es. del debitore, del manager da
parte degli azionisti);
- Regolamentazione per aumentare le informazioni prodotte dai debitori;
- Tipologia di contratti usati: contratti azionari vs contratti di debito (diverso accesso alle
informazioni);
- Livello del capitale dei debitori (o livello di capitale di rischio; si definisce così perché è il primo
presidio a favore di un soggetto);
- Inserimento di clausole (covenants): clausole positive o negative, ossia l’obbligo di tenere
determinati comportamenti oppure il divieto di tenere determinati comportamenti, se non previa
autorizzazione. Queste clausole sono volte anche a incentivare azioni degli agenti volte a
mantenere/elevare le performance finanziarie (es. il ROE utile/PN, anziché calcolarlo sul singolo
anno si calcola sulla media degli ultimi anni).
- Mantenere informato il creditore (attraverso la trasmissione di informazioni selezionate);
- Tutelare il valore delle garanzie;
- Incentivare azioni degli agenti volte a mantenere/elevare le performance finanziarie (ad esempio,
gli indici aziendali di redditività e solidità finanziaria). Dopo la crisi del 2008, si fanno più controlli di
breve e medio periodo.

Il conflitto di interesse è una manifestazione dell’azzardo morale, non è un’asimmetria informativa in senso
stretto. Il conflitto di interesse sorge quando un individuo o un’istituzione hanno molteplici obiettivi
contrastanti tra di loro. Esso comporta: notevole riduzione della qualità di informazioni disponibili e
aumenta il livello di asimmetria informativa.
Il rimedio a questo problema è la regolamentazione attraverso norme che vadano a limitare il sorgere di
conflitti di interesse.
In quali aree sono tipicamente presenti i conflitti di interesse?
•attività di ricerca sulle società (analisti finanziari) e attività di brokeraggio in strumenti finanziari
•attività di prestito e attività di underwriting/collocamento sui mercati
•attività di consulenza finanziaria
•auditing e consulenza delle società di revisione
•valutazione del merito di credito e consulenza delle agenzie di rating.
Viene fatta una prima linea di norme che devono essere rispettate, ma i conflitti di interesse sono difficili da
scoprire.
(Ci sono due aree la buy side e la sell side. Il caso più eclatante è stato Merton, una società elettrica
californiana aveva in portafoglio una grossa parte di titoli emessi da Merton. Gli analisti della buy side si
accorgono che questa società sta crollando e passa la notizia a quelli della sell side che consigliano di
comprare questi titoli. Nasce la legge relativa alle muraglie cinesi secondo la quale buy e sell side non si
devono parlare ma devono agire autonomamente).

Considerazioni finali:
Il ruolo degli intermediari nell’impostazione tradizionale è spiegato da “esistenza di costi di transazione”
(Gurley & Shaw, 1960) e da “presenza di asimmetrie informative” (Leland & Pyle, 1977; e Diamond, 1984).
Nonostante la riduzione dei costi di transazione e delle asimmetrie informative, nei mercati, non si è ridotto
il bisogno di intermediari finanziari. Nel corso degli ultimi anni è aumentato il livello di frammentazione,
ossia che gli intermediari si sono maggiormente specializzati in un determinato comparto. Questo ha dato
luogo a intermediari sempre più specializzati e più abili. Questa specializzazione ha portato al venir meno
da parte dell’intermediario di avere una visione del rischio sistemico (il rischio che a livello di sistema si può
generare).
Merton (1995) suggerisce di guardare i sistemi finanziari non in termini istituzionali bensì in termini
funzionali, perché mentre le istituzioni “nascono e muoiono”, non così è per le funzioni dei sistemi
finanziari (origination, distribution, servicing, etc.). Porta a un aumento della frammentazione nell’attività
finanziaria.
La crescita del ruolo dei mercati finanziari e dell’innovazione finanziaria non ha portato a:
• decremento del ruolo degli intermediari finanziari
• bundling & unbundling
Innovazione finanziaria e tecnologica, competizione e deregolamentazione hanno un ruolo “centrale” le
banche commerciali in molti paesi industrializzati ma questo comporta:
disintermediazione: non completa dal lato del passivo (rischio e liquidità delle passività offerte, funzione
monetaria delle passività a vista) e dell’attivo (accesso al credito per taluni segmenti di clientela)
Specializzazione: nella produzione di attività finanziarie sofisticate per il risk management (es. derivati, cash
management, ecc.)
Complementarità: crescente con i mercati (via servizi di investimento, consulenza, cartolarizzazioni, ecc.)

PARTE 2
LE FUNZIONI DEL SISTEMA FINANZIARIO: funzione creditizia
La funzione creditizia (o allocativa o di intermediazione) consente di facilitare il trasferimento delle risorse
dai soggetti in avanzo ai soggetti in disavanzo finanziario, che devono fronteggiare fabbisogni di fondi,
generati da decisioni di consumo o di investimento (consumo durevole). Il compito di questa funzione è
quello di riconciliare le preferenze di datori (coloro che danno risorse all’intermediario) e prenditori di
fondi. Infine, ha capacità allocativa del sistema finanziario.
Efficienza allocativa è il maggior denaro ottenuto con il minor tempo possibile. Negli anni ’90, il sistema
finanziario italiano era inefficiente poiché c’erano costi esorbitanti, i soldi arrivavano a soggetti meritevoli
ma che non potevano sostenere i costi di intermediazione elevati. Per capacità allocativa si intende che le
somme di denaro devono essere date a coloro che hanno merito creditizio ( capacità di un soggetto di
utilizzare il fondo e di produrre reddito necessario e sufficiente a rimborsare il finanziamento stesso) e
sviluppo economico (il soggetto che ottiene fondi deve anche essere in grado di creare “valore” che
comporti uno sviluppo economico del Paese).

Il trasferimento delle risorse si svolge attraverso accordi e prestazioni differite nel tempo, che comportano
il rischio per il creditore relativo al buon fine della controprestazione futura. Il rischio ha una caratteristica
comune a tutti che è il tempo: maggiore è il tempo, maggiore è l’incertezza  maggiore è il rischio.
Abbiamo due tempi diversi: t0 che è il tempo della prestazione e t1 che è il tempo della controprestazione.
Gli intermediari hanno il compito di rendere efficiente il trasferimento di risorse attraverso:
1. Liquidità, negoziabilità e standardizzazione
2. Trasformazione del rischio
3. Informazioni
1. Liquidità, negoziabilità e standardizzazione
La liquidità è l’attitudine di un’attività finanziaria ad essere trasformata in moneta in breve termine e senza
perdite (pochi costi). La liquidità naturale è connaturata alla durata dello strumento finanziario mentre la
liquidità artificiale è la possibilità che l’attività finanziaria sia scambiata sul mercato  negoziabilità sul
mercato. Se il titolo gode della caratteristica di standardizzazione sarà uno strumento ideale per consentire
il passaggio di risorse da un soggetto all’altro  aumenta la liquidità dell’attività finanziaria.

2. Trasformazione del rischio


Distinzione tra: rischio puro e rischio speculativo. Il rischio puro è il rischio che riguarda un determinato
evento, il cui manifestarsi comporta sempre effetti negativi. Può riguardare persone o cose (tra le cose
anche il patrimonio). Il rischio puro può essere trasferito, totalmente o parzialmente, a intermediari
specializzati: compagnie di assicurazione, le quali possono ulteriormente trasferirlo alle compagnie di
riassicurazione. L’assicurato trasforma un evento futuro dannoso e incerto in un costo certo. Esso non può
essere eliminato o neutralizzato con contratti di segno opposto. Il rischio speculativo (o rischio finanziario) è
la tipologia di rischio tipica delle attività finanziarie. Esso può essere eliminato o ridotto con operazioni e
strumenti di hedging: tecniche di copertura del rischio (i features nascono come tecnica di hedging.
Nascono come mercati di protezione, “hedging” che significa campi di grano  si va a vendere grano ora
per quando verrà il raccolto ma ci sono dei fattori che possono modificare il prezzo; quindi, dopo si può
chiedere uno sconto ma se mi assicuro devo coprirmi dal rischio).
Inoltre, al manifestarsi dell’evento le conseguenze possono essere sia negative che positive. Si chiama
“speculativo" perché riguarda il futuro  si ipotizza una condizione di quello che si verificherà nel futuro.
Il guadagno e la perdita sono di pari importo ma con segni opposti (es. mercato dei features).
Come trasformare il rischio? Due meccanismi principali:
- Un intermediario si interpone tra datore e prenditore di fondi, assumendo nel proprio bilancio una
parte del rischio del prenditore;
- Diversificazione del portafoglio: i datori di fondo possono impiegare il risparmio sotto forma di
partecipazione a un portafoglio di strumenti di diversi emittenti.

3. Informazioni
Le informazioni vengono utilizzate sia ex-ante (screening: valutazione dell’affidabilità del soggetto. Sono
informazioni sia di carattere storico che previsionale) che ex-post (monitoring: verificare tempi e modi di
utilizzo delle risorse).
Gli intermediari e i mercati hanno il compito di ridurre il gap informativo:
- Misurazione del rischio
- Funzione di informazione di prezzo

PARTE 3
LE FUNZIONI DEL SISTEMA FINANZIARIO: funzione monetaria
La moneta moderna nasce con lo sviluppo delle banche. La prima nacque con la Banca di Svezia ma si
considera come inizio l’utilizzo da parte della Banca d’Inghilterra.
Le funzioni della moneta sono:
Mezzo di regolamento degli scambi. La moneta nasce come strumento di scambio che libera l’acquirente da
ogni obbligo nei confronti del venditore. Nel corso dei secoli è cambiato il tipo di moneta utilizzato: moneta
merce (valore intrinseco = valore estrinseco  ES. sale) e moneta segno (valore intrinseco ≠ valore
estrinseco  ES. banconota). Il valore intrinseco è quello attribuito in base alla natura fisica, il valore
estrinseco è rappresentato dalla cifra impressa sulla moneta.
Unità di conto. La moneta misura ciò che in teoria non esiste, vale a dire il valore intrinseco dei beni e dei
servizi all’interno di un determinato contesto sociale. Il vantaggio della moneta è che può misurare ciò che
non è misurabile.
Scorta di liquidità. La moneta ha funzione di riserva  la moneta mantiene il suo potere d’acquisto ma
mantiene quello nominale.

La moneta si distingue in:


Moneta a corso legale. È la moneta che ha valore all’interno di un determinato contesto in virtù di un
determinato provvedimento normativo, la sua accettazione è imposta dalla legge. Il creditore non può
rifiutare un pagamento in moneta legale, a meno che quella moneta non sia falsa.
Nel momento in cui si paga con moneta legale, si estinguono tutte le obbligazioni monetarie a carico del
debitore. La moneta legale è creata da un soggetto pubblico, di norma è la banca centrale. Esistono però
altri soggetti come la zecca di Stato. Oggi, il conio materiale è stampato dalla banca centrale nazionale
(Banca d’Italia) ma su ordini/quantità dettati dalla Banca centrale europea.
Moneta scritturale (moneta bancaria o moneta fiduciaria). Si utilizza in alternativa a quella legale. Si chiama
moneta scritturale perché deriva da una o più scritture contabili ed è costituita dai depositi bancari a vista.
Gli assegni, i bonifici ecc. sono invece strumenti di pagamento. Per moneta fiduciaria si fa riferimento al
fatto che la moneta circola sulla base della fiducia che il creditore ripone nei confronti del debitore. Per
moneta bancaria si intende invece che fino a qualche anno fa, la moneta scritturale/fiduciaria era
esclusivamente di origine bancaria. Oggi, questo non è più vero poiché c’è una divaricazione tra moneta
bancaria e strumenti di pagamento, i quali possono essere originati anche da soggetti non bancari (es.
ApplePay).
Gli strumenti di pagamento sono tutti quei mezzi di pagamento alternativi alla circolazione della moneta
legale. Esistono anche le procedure di pagamento, le quali insieme agli strumenti e alle norme costituiscono
il sistema dei pagamenti.
Vedi slide 4: l’Italia è il paese con minori transazioni effettuate con strumenti di pagamento diversi dal
contante. Economia sommersa: il denaro non lascia traccia.

Cripto attività: attività finanziaria di natura digitale il cui trasferimento è basato sulla crittografia e sulla DLT
( tecnologia particolare; es. blockchain). La caratteristica di questa tecnologia è quella di anonimizzare le
transazioni (non so chi esegue la transazione).
- Non comporta diritti di carattere economico (non comporta il pagamento di cedole o dividendi);
- Non costituiscono passività di un emittente (non ci sono le passività scritte nel bilancio della BCE
oppure se stipulo un assegno ci sarà un conto intestato a mio nome. Nelle cripto attività non esiste
un lato passivo);
Per cripto attività si fa riferimento a qualsiasi tipo di attività finanziaria, attualmente l’attività più svolta è
legata alle cripto-valute.
Perché acquisirle? Aspettative di aumento dei prezzi  queste attività però sono una moda, le mode
creano bolle finanziarie.

Vedi slide 6: articolo di gennaio 2021, le cripto attività sono investimenti con rischio elevato. Non si può
accedere a organismi di tutela del consumatore e dei servizi finanziari, non c’è tutela pubblica.

Pericoli delle valute virtuali:


Il valore delle cripto-attività è molto volatile. Le cripto-valute hanno un numero molto limitato. La
procedura di estrazione è molto complessa, il che comporta un numero limitato di monete esistenti. Come
tutti i beni, subisce una variazione del prezzo quando c’è forte richiesta del bene (in questo caso, l’aumento
della richiesta di cripto-valute è legato alle mode, le quali poi generano “bolle”  finanziariamente
possono generare grandi perdite. Bisogna però stare attenti all’uso illecito).
Non c’è protezione giuridica. È un’attività finanziaria non illecita ma non è un servizio finanziario
regolamentato, quindi non gode di tutela.
Non c’è trasparenza sul prezzo. Non esiste un listino unico di prezzo quindi non si sa effettivamente il vero
valore.
Possibili sospensioni nelle negoziazioni e, infine, informazioni fuorvianti.

Sono state studiate delle cripto-valute più stabili  stablecoins: cripto-attività caratterizzate da variazioni di
prezzo molto contenute poiché il loro prezzo viene agganciato a panieri di singole o di più valute oppure il
loro valore viene adeguato a domanda e offerta attraverso algoritmi.
Questo non fa sparire tutti i rischi, esistono comunque rischi.
Inoltre, quello che è stato compreso è che sono necessarie delle regole uniformi. Nel 2019, è stato
incaricato il FSB (Financial Stability Board) di studiare per la creazione di una moneta digitale emessa da
banche centrali.
Questo dibattito è iniziato nel 2019 poiché facebook ha annunciato il progetto LIBRA: progetto di creazione
di una moneta virtuale “stabile”, utilizzabile da tutti gli utenti facebook. Hanno aderito al progetto anche i
principali giocatori del sistema dei pagamenti (VISA e MasterCard). Le banche centrali hanno detto che
avrebbero aumentato i controlli se questi fossero entrati nel progetto. Nel progetto rimasero solo come
partners le società tecnologiche.
Nel 2021, viene annunciato un nuovo progetto “DIEM”. È sempre un progetto stabile, veloce, accessibile a
tutti. L’anno seguente il progetto cessa di esistere e tutte le attività vengono cedute a Silver Gate, una
società tecnologica

Vedi slide 11/12: il progetto di facebook ha “messo fretta” alle banche centrali, le quali hanno iniziato a
studiare per creare una propria valuta digitale.

La banca centrale europea ha lanciato una consultazione nel 2020 fino a gennaio 2021. A luglio 2021 inizia
la fase investigativa di 24 mesi in cui la BCE decide di voler studiare per creare l’euro digitale ( combina
efficienza di un mezzo di pagamento digitale con la sicurezza della moneta di banca centrale; aiuta a gestire
situazioni in cui il contante non è più la soluzione prescelta; evita la dipendenza da mezzi di pagamento
emessi e controllati all’esterno dell’area dell’euro; garantisce la tutela della privacy).
Le opportunità legate alla creazione di una moneta digitale sono: mantenimento di sovranità monetaria;
miglioramento della posizione dell’euro a livello internazionale; aumento della concorrenza nel settore dei
pagamenti; riduzione carbon footprint dei pagamenti.
I rischi legati alla valuta digitale sono: disintermediazione dei depositi bancari (attualmente, è comodo
avere un deposito per effettuare i pagamenti attraverso i diversi strumenti e soprattutto è sicuro per evitare
di girare con mazzette di soldi. Nel momento in cui si crea una moneta digitale “sicura” non c’è più
interesse a tenere un conto corrente  le banche avrebbero problemi legati al reperimento di risorse). Altri
problemi sono legati alla quantità massima di moneta digitale da produrre (la BCE non è stata creata per
avere rapporti con tutti i cittadini europei) e alla remunerazione.
I rischi sono anche legati agli effetti sulla politica monetaria sia a livello interno che internazionale.

Vedi slide 16: CINA  la moneta cinese digitale ha fatto il suo ingresso ufficiale alle olimpiadi invernali
appena concluse. Il grafico mostra i “portafogli” attivi, dal 2020 ad oggi sono attivi 261 milioni.

Caratteristiche dei mezzi di pagamento:


- Rapidità: float  periodo di tempo che intercorre tra il momento in cui il debitore perde la somma
e il creditore ne acquista la disponibilità.
- Sicurezza
- Economicità

Il sistema dei pagamenti è un insieme di tutti gli strumenti, delle norme che regolano gli strumenti e il
funzionamento del sistema, delle procedure (SEPA: pagamenti al dettaglio, inferiore a 50 mila e TARGET:
pagamenti all’ingrosso, superiore a 50 mila €. È stato introdotto anche TARGET 2 che riguarda le transazioni
di titoli), dei produttori (prima solo banche, ora IMEL: istituto di moneta elettronica europea e IP: istituti di
pagamento) e dell’autorità di controllo (BCE e Banca d’Italia), la cui attività è diretta ad assicurare efficienza
e affidabilità dei trasferimenti di fondi tra gli operatori economici.

FinTech: soluzioni tecnologiche applicate in campo finanziario. Le maggiori iniziative FinTech sono legate ai
sistemi di pagamento poiché è un campo molto standardizzato che non richiede personalizzazione.
Questo crea problemi alle banche, le quali erano le uniche a introdurre sistemi di pagamento.

PSD2 – rivoluzione in atto


Con open banking si intende un ecosistema aperto e digitale che consente lo scambio di dati e informazioni,
non solo finanziarie, tra gli operatori (bancari, finanziari e non) che ne fanno parte.
La PSD2 introduce la possibilità per un utente di conto corrente online di effettuare pagamenti o accedere
alla rendicontazione bancaria attraverso:
La propria banca  rapporto biunivoco: il cliente e la banca, vi può essere anche un soggetto autorizzato
dal cliente ad avere accesso al proprio conto.
Terze parti autorizzate  soggetti terzi che possono avere accesso al conto con finalità informative (può
dare visioni estremamente dettagliate) oppure con finalità dispositive (la terza parte è autorizzata a
compiere operazioni sul conto).
Ci sono una serie di rischi legati all’attribuzione di funzioni a terze parti:
- Cyber: rischio legato alla tecnologia, possibilità che qualcuno si intrometta nel rapporto tra il
cliente, la banca e la terza parte autorizzata;
- Molteplicità di “chiavi”: troppe password (in tema di sicurezza, è sconsigliato avere la stessa
password nei diversi rapporti);
- Frodi;
- Capacità di gestione delle applicazioni;
La terza parte può essere una banca (banca Intesa ha lanciato questo servizio XME BANKS che è un
aggregatore finanziario che collega tutti i conti di un cliente e le carte di pagamento di banche diverse. Il
vantaggio che ne trae è quello di offrire un servizio che gli altri non hanno e battere la concorrenza) oppure
possono essere BigTech (Apple, Samsung ecc. soggetti che utilizzano la tecnologia e processano le
informazioni in modo veloce e sicuro; producono dei servizi che il cliente potrebbe desiderare).
Per la terza parte questo comporta grandi costi sia di progettazione che di sicurezza.

Vedi slide 24: nel 2017, prima di avere gli sviluppi a seguito della pandemia, veniva fatta una stima: i profitti
introdotti dalle FinTech (comprese le BigTech).
Vedi slide 25: quando capisce che è finita un’epoca: venivano incassati assegni che le banche portavano alle
banche da cui erano stati emessi, venivano fatti presso la banca della filiale della Banca d’Italia. Nel 2019, la
Banca d’Italia annuncia la chiusura di queste filiali, solo assegni online. Questo segna la fine di strumenti di
rapporto basati su un rapporto cartaceo.

PARTE 4
LE FUNZIONI DEL SISTEMA FINANZIARIO: funzione di trasmissione della politica economica
Gli intermediari non creano politica economica ma devono attuare parte della politica economica che fa
riferimento alla politica monetaria.
La Banca Centrale si occupa di:
- Gestione della politica monetaria e del cambio: si occupa del mantenimento del potere d’acquisto
della moneta a livello interno ( tasso di inflazione) e a livello esterno ( tasso di cambio);
- Supervisione e gestione dei sistemi di pagamento;
- Prestatore di ultima istanza: è l’ultimo soggetto che può decidere di prestare a un altro soggetto
somme di denaro quando quest’ultimo non è più solvibile;
- Vigilanza sul sistema finanziario: è una funzione che non necessariamente è svolta dalla banca
centrale (es. in Germania, prima dell’unione monetaria, la vigilanza era gestita da un organismo
tedesco diverso dalla banca centrale tedesca. Quando fu creata la BCE non le fu subito affidata la
funzione di vigilanza sul sistema, acquisì quella funzione a partire dal 4 novembre 2014).

Politica monetaria
La BCE deve cercare di mantenere il potere d’acquisto, ad un dato livello, all’interno dell’area euro.
Gli obiettivi finali di politica monetaria sono:
- la stabilità dei prezzi
- la stabilizzazione delle fluttuazioni cicliche dell’economia: c’è il ciclo di espansione, di stabilità, di
recessione ecc.

Il terrore dei banchieri centrali non è la recessione ma la stagflazione: stagnazione e inflazione 


l’economia non cresce ma al tempo stesso aumenta il tasso di inflazione.
Il dilemma del banchiere centrale fa riferimento alla situazione in cui questi si sono trovati durante le ultime
crisi. In America hanno emesso moneta, al contrario in Europa hanno scelto di non immettere altra
liquidità. Il dilemma è capire cosa scegliere, se emettere liquidità e far aumentare l’inflazione oppure non
emettere liquidità ma avere una crescita dell’economia molto lenta.

Ci sono anche obiettivi intermedi più facilmente misurabili e di breve periodo ma, al tempo stesso,
strettamente collegati agli obiettivi finali:
- tasso di crescita della moneta: quanto la moneta cresce in un determinato periodo di tempo in un
dato sistema economico;
- volume di credito disponibile (CTI);
Esistono anche obiettivi operativi di ancor più breve periodo sempre per raggiungere l’obiettivo finale. Per
raggiungere questi obiettivi si utilizzano degli strumenti, i quali servono a raggiungere gli obiettivi intermedi
che poi porteranno al raggiungimento dell’obiettivo finale: potere d’acquisto della moneta stabile
all’interno e all’estero.
Cosa si intende per “moneta”?
- moneta circolante è costituita dalla moneta legale, ossia l’ammontare di tutte le banconote e le
monete metalliche emesse dalla Banca Centrale;
- offerta di moneta (o moneta disponibile): nei pagamenti può essere utilizzata la moneta legale ma
anche la moneta bancaria (depositi a vista). L’offerta di moneta comprende sia circolante che
depositi;
- base monetaria: formata dal circolante e dalle riserve bancarie  sono attività per la banca, NON
sono le riserve di patrimonio netto; possono essere riserve libere ( quantità di circolante che la
banca tiene per far fronte ai suoi impegni finanziari) e riserve obbligatorie ( derivano da un
obbligo specifico imposto dalle banche centrali, obbligo che prevede che tutte le banche debbano
tenere una quantità determinata di circolante);
In questo periodo, a seguito della pandemia e per la guerra, a fronte di una potenziale richiesta da parte dei
clienti, le banche hanno dovuto aumentare le loro riserve di liquidità.

La banca centrale quando:


immette euro o concede credito  incrementa il suo attivo e “crea” base monetaria;
drena euro o estingue prestiti  riduce l’attivo e “distrugge” base monetaria.
La base monetaria è quella parte della moneta gestibile direttamente dalla banca centrale. La banca
centrale però non può gestire l’intera moneta, ad esempio, non può influenzare direttamente i depositi.

Moltiplicatore della moneta


La quantità di moneta è direttamente proporzionale alla base monetaria, in funzione di un rapporto
definito che considera le seguenti variabili: circolante, riserve e depositi.
Questo meccanismo dimostra che l’ammontare dell’offerta di moneta è un multiplo della base monetaria.
Minore è il rapporto riserve/depositi, maggiore è il volume di prestiti effettuati dalle banche e la quantità di
moneta bancaria.

Aggregati monetari
Gli aggregati monetari dell’area euro ordinati in funzione della loro capacità di trasformarsi in contante
sono:
M1: circolante e depositi in c/c (a vista). Ha la caratteristica di poter diventare in brevissimo tempo moneta
legale, in caso di depositi;
M2: M1 + depositi con scadenza inferiore a 2 anni o ritirabili con preavviso di massimo 3 mesi (non hanno la
scadenza però, per prelevare è richiesto un preavviso);
M3: M2, titoli obbligazionari con scadenza inferiore a due anni e quote di fondi monetari (fondi comuni di
investimento che investono nel breve periodo. Sono attività che possono trasformarsi in attività finanziarie
in un “certo” periodo di tempo);
La BCE monitora tutti e tre gli aggregati per l’attuazione della politica monetaria però, pone l’accento su M3
perché più stabile, anche se meno controllabile nel breve rispetto a M1.
L’obiettivo della BCE, in termini di M3, stabilisce che la BCE sta tenendo d’occhio tutto ciò che è considerato
liquido o facilmente liquidabile.

Come agisce il meccanismo di trasmissione della politica monetaria?


La decisione di politica monetaria più importante della BCE è solitamente quella relativa ai tassi di interesse
di riferimento. Qualsiasi modifica dei tassi di riferimento incide sui tassi di interesse che le banche
applicano ai prestiti concessi alla clientela. Le decisioni di politica monetaria influiscono sulla spesa dei
consumatori e sugli investimenti delle imprese.
La BCE stabilisce il livello dei tassi ufficiali. Questa manovra influenza gli aggregati del mercato monetario e
creditizio. Di conseguenza, si modificano gli aggregati del mercato finanziario. Ciò provoca modifiche alla
domanda di beni e servizi.
La variazione congiunta di questi fattori genera modifiche nel livello di inflazione.
A sua volta questo genera aspettative, sia per quanto riguarda il livello di variazione dell’inflazione, sia per il
livello dei tassi di interesse.

Chi prende le decisioni di politica monetaria?


il Sistema europeo delle banche centrali (SEBC) composto da:
- Banca centrale europea: poteri decisionali
- Banche centrali nazionali: poteri attuativi
Ci sono anche le banche centrali nazionali degli stati che non hanno adottato l’euro come moneta ufficiale.

L’euro-sistema, invece, comprende la BCE e le BCN dei paesi che hanno adottato l’euro come moneta
nazionale.

All’interno dell’euro-sistema ci sono diversi organi:


- Consiglio direttivo: responsabile della formulazione della PM;
- Comitato esecutivo: responsabile dell’attuazione della PM;
- Consiglio generale: organo di transizione che sarà sciolto una volta che tutti gli stati UE avranno
introdotto la moneta unica;
Abbiamo, infine, i governatori delle BCN che attuano le direttive della BCE.

PARTE 5
LE FUNZIONI DEL SISTEMA FINANZIARIO: funzione di trasmissione della politica economica
BCE: organismo a cui è stata affidata la funzione di politica monetaria. È compito della BCE di mantenere il
tasso di inflazione in un intorno e, quindi, di mantenere il potere d’acquisto stabile.
Un’altra funzione, separata dalla prima, riguarda la vigilanza: sicurezza e solidità del sistema bancario.

Come opera?
Obiettivo: controllo del tasso di interesse a breve necessario a mantenere la stabilità dei prezzi nel medio
periodo.
Strumenti (mezzi attraverso cui perseguire gli obiettivi):
- Convenzionali  strumenti affidati alla BCE fin dall’origine
1. Operazioni di mercato aperto
2. Operazioni su iniziativa delle controparti
3. Facoltà di imporre obblighi di riserva
- Non convenzionali (prima non esistevano, sono stati introdotti dopo le crisi)

Caratteristiche che accomunano tutte le operazioni della BCE:


a) I soggetti. I soggetti, ammesse ad operare con la BCE, sono tutte le istituzioni creditizie assoggettate
a riserva obbligatoria (circa 4300 banche residenti nei paesi euro). Devono rispettare dei criteri di
idoneità e dei requisiti operativi e prudenziali, fissati dalla BCE. Inoltre, sono richiesti ulteriori
requisiti alle banche che vengono interpellate direttamente dalla BCE per lo svolgimento di
particolari operazioni (aste veloci). Queste banche devono: svolgere un’attività rilevante nel
mercato monetario, essere efficienti nella sala operativa (luogo dove i dipendenti delle banche
sono parte attiva dei mercati sia a livello nazionale che internazionale), infine, avere buon
potenziale di partecipazione alle aste.
b) Le garanzie. La BCE non presta denaro in bianco ma con idonea garanzia. Le garanzie sono
costituite da un lungo elenco di attività finanziarie, costantemente aggiornato dalla BCE.
Quando BCE fu costituita accettava garanzie con un rating non inferiore ad A- (elevato rating), la BCE ora,
soprattutto in caso di crisi, ha allargato le garanzie anche per attività con minore standing creditizio. Queste
sono definite attività idonee, possono essere sia negoziabili sul mercato sia non negoziabili (tra cui prestiti
bancari). Oltre a chiedere garanzie, la BCE applica anche uno scarto di garanzia, ossia dal valore dell’attività
viene decurtata una percentuale per cautelare la BCE da eventuali oscillazioni negative del valore
dell’attività.
c) Le procedure. Esistono due tipi di procedure: le procedure bilaterali e le aste. Le procedure
bilaterali vedono da un lato la BCE e dall’altro una singola banca. La procedura consiste in un
deposito (la banca ha liquidità e la deposita in BCE) o in un prestito (BCE concede un prestito a una
singola banca). Le procedure, da un punto di vista giuridico sono operazioni che hanno in
controparte la BCE, ma passano operativamente dalle Banche centrali nazionali.
Le aste, invece, identificano una pluralità di operatori, da un lato BCE e dall’altro tutte le banche (questo
non comporta l’obbligo per una banca di partecipare all’asta ma la possibilità di partecipare). Le aste
possono essere standard o veloci. Le aste standard sono fissate, sul sito della BCE, è possibile vedere le date
in cui si svolgeranno le aste standard. A queste possono partecipare tutte le banche assoggettate a riserva
obbligatoria. Lo svolgimento può essere secondo due metodi convenzionali: asta a tasso fisso (la BCE
propone acquisto/vendita di titoli, in relazione all’obiettivo, fissando il tasso. Le banche devono inviare alla
BCE le loro offerte) o asta a tasso variabile (in questo caso la BCE fissa la quantità da vendere/acquistare, le
banche inviano proposte anche in termini di prezzo, ossia il tasso di interesse a cui sono disposte a
vendere/acquistare). In questi casi, può accadere che dei partecipanti rimangano esclusi. È stato introdotta
un’altra tipologia di svolgimento: aste standard con piena aggiudicazione degli importi richiesti  tutte le
richieste vengono accettate, nessuno rimane escluso.
Le aste veloci, invece, non sono calendarizzate. La BCE ricorre ad un’asta veloce quando deve fare
un’operazione di “fine tuning”. Si chiamano aste veloci poiché dal momento in cui si apre l’asta al momento
in cui la BCE annuncia i risultati passano 90 minuti.
d) Le tipologie di contratti. Ci sono operazioni temporanee o definitive. Le operazioni temporanee (la
distanza tra momento a pronti e momento a termine è molto breve, da 1-7 giorni sino ad un anno)
sono dirette ad immettere/drenare liquidità, tramite aste, in periodo di tempo brevi (operazioni di
pronti contro termine). Le operazioni definitive hanno la stessa finalità ma riguardano
acquisti/vendite di strumenti finanziari senza vincolo di successiva vendita/riacquisto.

Le operazioni di mercato aperto (OMA)


- Operazioni di rifinanziamento principale: operazioni che servono a finanziare il sistema bancario.
- Operazioni di rifinanziamento a più lungo termine: operazioni che forniscono liquidità aggiuntiva al
sistema.
Le prime due sono operazioni uguali che si distinguono per la durata. Le prime sono di circa 7-15 giorni, le
seconde durano fino a 3 mesi.
- Operazioni di regolazione puntuale (fine tuning): operazioni che la BCE attua quando deve far
fronte a oscillazioni impreviste della liquidità sul mercato.
- Operazioni di tipo strutturale: operazioni che modificano in maniera incidente la base monetaria a
disposizione del sistema bancario.

Le operazioni su iniziativa delle controparti


Sono operazioni che pongono in relazione due soggetti: BCE e singola banca. Sono operazioni che danno
sistemazione a carenze o eccessi di liquidità per la singola istituzione creditizia. Le banche sono
principalmente finanziate dai depositi, se i depositi non dovessero essere sufficienti il primo canale al quale
la banca si rivolge dovrebbe essere il mercato interbancario (va tra i suoi pari per sistemare le sue
difficoltà). Se questa situazione non dovesse essere ancora risolta, come ultima soluzione, ci si rivolge alla
BCE.
Esistono due tipi di operazioni:
1. Depositi: quando la banca ha eccesso di liquidità, la banca fa un deposito presso BCE;
2. Operazioni di rifinanziamento marginale: quando la banca, invece, ha carenze di liquidità, chiede un
finanziamento presso la BCE, un finanziamento che deve essere di brevissima durata (1-2 giorni), di
importo “teoricamente” illimitato e garantito da attività idonee depositate presso la BCE. Il
rifinanziamento è, in genere, erogato ad un tasso penalizzante.

LA RISERVA OBBLIGATORIA
Obiettivi: 1) favorire la stabilizzazione dei tassi di interesse del mercato monetario, 2) concorrere alla
creazione o all’aumento del fabbisogno strutturale di liquidità del sistema bancario.
La riserva consiste nell’obbligo di un versamento su un conto, il conto di riserva obbligatoria della BCE,
attraverso cui la BCE regola la liquidità a disposizione del mercato e contribuisce alla definizione dei tassi di
interesse.
I destinatari sono tutte le banche residenti nell’area euro e le filiali di banche extra area euro ma che sono
insediate nell’area euro.
Le modalità di calcolo prevedono:
o aggregati soggetti a riserva: 1) depositi a vista con scadenza sino a 2 anni, 2) titoli di debito
(obbligazioni) con scadenza sino a due anni, 3) depositi e titoli con durata superiore a 2 anni, 4)
pronti contro termine.
o Aliquote: 1% (sui primi due), 0% (sui punti 3 e 4)  può sempre cambiare.
o Franchigia: 100.000€ (assicurazioni: “se il danno è fino ad un certo importo, non ti do nulla”).
o assolvimento dell’obbligo: sui saldi di fine giornata osservati nell’arco del periodo di mantenimento
o Remunerazione: al tasso medio delle operazioni di rifinanziamento principale effettuate durante il
periodo di mantenimento, calcolata sulla riserva dovuta e non su quella eccedente.
La riserva obbligatoria è tenuta su speciali conti di riserva presso le BCN in cui una banca ha sede.
È prevista la possibilità di movimentare la riserva durante il periodo di mantenimento, cioè è possibile
utilizzare i soldi sul conto della riserva ma il saldo medio di periodo, calcolato all’ultimo giorno del periodo
stesso, non deve essere inferiore alla riserva dovuta.

PARTE 6
LE FUNZIONI DEL SISTEMA FINANZIARIO: funzione di trasmissione della politica economica
Gli strumenti non convenzionali sono stati introdotti nel periodo a seguito della crisi del debito sovrano
(2011) che ha rischiato di portare alla distruzione dell’intero sistema dell’euro. Gli strumenti non
convenzionali sono delle misure che consentono di mantenere/ripristinare il meccanismo di trasmissione
della politica monetaria.
Gli strumenti, in realtà, non sono nuovi ma sono adattamenti di strumenti già esistenti. Tra questi troviamo:
- Erogazione di liquidità a tasso fisso con piena aggiudicazione degli importi richiesti (aste a tasso
fisso con piena aggiudicazione degli importi);
- Ampliamento dell’elenco delle attività stanziabili in garanzia (BCE non presta se non dietro idonee
garanzie. La BCE ha allargato l’elenco delle attività stanziabili in garanzia);
- Erogazione di liquidità a più lungo termine (operazioni di norma a tre mesi aumentate fino a 3
anni);
- Erogazione di liquidità in valuta estera (la BCE ha riserve in valute estere, immette sul mercato
valute estere per far apprezzare l’euro);
- variazione del coefficiente di riserva obbligatoria;
- acquisti definitivi di determinati titoli di debito (BCE acquista/vende in via definitiva, in via
eccezionale può cambiare il tipo di titoli negoziabili);

26 luglio 2012: il presidente della BCE, Mario Draghi, fu invitato in una conferenza a Londra. Tra 2011 e
2012 scoppia la crisi del debito sovrano. Si discute se abolire il sistema dell’euro o se, eventualmente,
escludere i paesi che non rispettano i principi del trattato dall’UE. Mario Draghi disse che “all’interno del
nostro mandato la BCE è pronta a far qualunque cosa necessaria per preservare l’euro. E credetemi, tutto
ciò che faremo sarà sufficiente”.

TLTRO: targeted longer-term refinancing operations


Operazioni di rifinanziamento a più lungo termine rispetto alle tradizionali poiché si allunga il termine a tre
anni. Inoltre, sono a tasso zero per le banche che investono questi fondi per finanziare l’economia. La BCE
richiede la rendicontazione di queste somme alle banche per verificare che siano state erogate per il
finanziamento dell’economia

ELA: emergency liquidity assistance


Le banche possono ricevere finanziamenti non solo attraverso operazioni di politica monetaria ma anche
eccezionalmente attraverso ELA. Sono finanziamenti a banche che si trovano in gravi difficoltà di liquidità
temporanee (ES. Monte dei paschi di Siena, la banca ha ottenuto il denaro ma ha dovuto dimostrare che
fosse una difficoltà temporanea). Le somme di denaro sono erogate dalle BCN e ad esse è anche affidata la
responsabilità dell’operazione.

PELTRO: Pandemic Emergency Long Term Refinancing Operations


Operazioni TLTRO/ELA finalizzate alla gestione della crisi pandemica

23 gennaio 2020: la BCE annuncia un “tagliando” alla strategia di politica monetaria. Passati 20 anni
dall’attribuzione alla BCE della politica monetaria, la BCE annuncia un riesame della PM. Il riesame riguarda
aspetti tradizionali (stabilità dei prezzi, analisi economica e monetaria ecc.) e introduce l’aspetto della
sostenibilità ambientale.
Il processo si sarebbe dovuto concludere entro la fine del 2020 ma è scoppiata la pandemia.
A luglio 2021, la BCE annuncia la nuova gestione (nuove linee guida) della politica monetaria.
La nuova strategia adotta un piano legato alla sostenibilità ambientale e viene adottato l’obiettivo di
inflazione simmetrico nell’intorno del 2%.

(COMPLETAMENTO) – LARA
PARTE 1
I RISCHI DELL’ATTIVITA’ DI INTERMEDIAZIONE FINANZIARIA
Per gestire i rischi bisogna capire quali sono i rischi all’interno del sistema finanziario.
RISCHIO = INCERTEZZA. Si parla di rischio, inteso come incertezza, tra il periodo t1 e t0 di un’attività
finanziaria (MINACCIA ma anche OPPORTUNITA’).
Definizione di attività finanziaria: contratto che prevede lo scambio di denaro in due tempi differenti, la
prestazione al tempo t0 e la controprestazione al tempo t1, il tempo genera una situazione di incertezza. Il
rischio è ineliminabile ma bisogna cercare di ridurlo il più possibile.
La gestione dei rischi costituisce la base del processo di intermediazione.

Come gli intermediari riducono il rischio?


Essi incidono su:
1. informazioni: riduzione del gap informativo (non si fa riferimento solo alla disponibilità di informazioni
ma anche alla capacità di usarle e di trarre benefici da esse, sia a livello individuale che a livello sistemico);
2. negoziabilità degli strumenti: possibilità di smobilizzo a prescindere dalla scadenza nel breve periodo (se
l’attività dura 30 anni e non posso venderla fino alla scadenza naturale, essa sarà più rischiosa di un’attività
che posso smobilizzare indipendentemente dalla scadenza);
3. diversificazione: gestione professionale di portafogli di investimenti  diversificare fa ridurre il rischio (è
riconducibile al paniere di uova, se ci sono 10 uova in un paniere e il paniere cade è difficile che si salvi un
uovo, ma se mettiamo un uovo in 10 panieri la probabilità che cada è minore);
4. trasformazione delle scadenze: tempi differenti tra raccolta e impieghi. È un’azione che se viene gestita
bene riduce il rischio ma se viene mal gestita comporta il rischio che un intermediario possa fallire;
Queste 4 modalità vengono assegnate agli intermediari, la funzione di negoziabilità degli strumenti e di
diversificazione viene condivisa con i mercati.

TASSONOMIE DEL RISCHIO (criteri di classificazione del rischio)


• effetti dell’evento  distinzione dei rischi in base agli effetti dell’evento
- rischi puri (o assicurativi): effetti negativi (la cui gestione è oggetto specifico dell’attività
assicurativa). Il verificarsi dell’evento non è sicuro;
- rischi finanziari (o speculativi): effetti sia positivi sia negativi e di norma simmetrici  il risultato
positivo di una parte coincide con il risultato negativo dell’altra;
• natura del rischio
- rischi sistematici: nascono da situazioni generali che toccano tutti gli operatori che non possono
essere eliminati (catastrofi naturali, innovazione tecnologica, regolamentazione, tassi di interesse e
di cambio, prezzi, ecc.)
- - rischi non sistematici: nascono da fenomeni relativi ai singoli intermediari, al singolo settore e
possono essere eliminati. Ad esempio, se non voglio affrontare il pericolo non comprerò delle
azioni (credito e regolamento, business e reputazione).

Art. 10 del TUB definisce l’attività bancaria che consiste nella raccolta del risparmio tra il pubblico e
nell’esercizio del credito. Questa attività definita come bancaria è un’attività che ha carattere d’impresa ed
è riservata solo alle banche. Le banche possono esercitare anche altre attività finanziarie.
Il rischio d’impresa consiste nella variabilità del valore del capitale economico (differenza tra valore
economico delle attività e delle passività, può avere segno negativo e segno positivo) o della sua redditività
(ROE  return on equity: utile d’esercizio/capitale netto. Si deve confrontare il ROE delle banche che
svolgono la stessa attività).

Da cosa dipende l’esposizione al rischio di un intermediario?


– scelte di composizione del portafoglio di attività e passività
– appetito per il rischio (RAF: risk appetite framework)
– normativa di vigilanza
– struttura e presidi organizzativi adottati
– quadro macro-economico
– ….

RISCHI FINANZIARI
Il concetto di book: il rischio di mercato è il trading book, il rischio dell’attività creditizia è il banking book. Il
libro ha due sezioni come sezione attivo e sezione passivo. Macro-classi dell’attività: crediti,
immobilizzazione, titoli, liquidità. Le aree più significative sono area titoli (trading book) e area dei crediti
(banking book della banca) il rischio tipico del trading book è il rischio di mercato, il rischio del banking book
è il rischio di credito. Trading book sono dei rischi negoziabili perché la banca può vendere i titoli. Il banking
book invece non è negoziabile perché la banca non vende i crediti.
• rischio di perdite nello svolgimento dell’attività creditizia (banking book) per incapacità della controparte
di far fronte alle obbligazioni assunte (interessi e quota capitale)  rischio di credito
• rischio di perdita sul portafoglio di negoziazione (trading book) per variazioni avverse di tassi d’interesse,
tassi di cambio, prezzi degli strumenti finanziari  rischio di mercato
– rischio di tasso di interesse
– rischio di cambio
– rischio di prezzo
• rischio di liquidità

RISCHI PURI
• rischio di perdite per disfunzioni di procedure, personale e sistemi interni, eventi esogeni. Include il
rischio giuridico, ma non quello strategico e di reputazione, rischio operativo
• altri rischi (compliance, legale, reputazionale, ecc.)

L’assunzione, trasformazione e la gestione del rischio rappresenta l’essenza stessa dell’attività bancaria. La
banca adotta sistemi di gestione dei rischi (risk management) che contemplano:
Ø strategie e politiche di gestione dei diversi rischi, nonché procedure per l'identificazione e la misurazione
dei medesimi;
Ø adeguata organizzazione interna della banca;
Ø adeguati sistemi informativi e di controllo interno (internal audit);

Un ulteriore classificazione è la distinzione tra rischi interni e rischi esterni. Rischi con caratteristiche al di
fuori o all’interno della banca.
I rischi esterni sono i rischi di credito (il prenditore di fondi non mi rimborsa le somme di denaro che io ho
erogato), i rischi di liquidità (originati dai datori di fondi. È di attualità nell’ultimo decennio), rischio di
mercato (la banca è nel mercato del denaro, che può impattare nella gestione della banca), rischi di
regolamentazione (le autorità di vigilanza possono essere un rischio).
I rischi interni sono legati alla sua operatività oppure scelte errate di gestione. Sono rischi originati da
soggetti o situazioni interne alla banca.

I RISCHI DI CREDITO
Non è detto che questo tipo di rischio riguardi solo le banche, si può verificare anche sui mercati. Sul
mercato si può verificare prima del regolamento del contratto (rischio di controparte. Ad esempio, nelle
obbligazioni in Argentina non sono state pagate le obbligazioni alla scadenza e è stato detto “o si paga in
pesos argentini o si rimanda la scadenza in euro tra il 2050 e il 2055) oppure alla scadenza del contratto
(rischio di regolamento).
Rischio di credito:
- effetti dell’insolvenza e del deterioramento creditizio del cliente affidato
- diverse fattispecie del rischio di credito:
1. Insolvenza
2. Downgrading: rischio di deterioramento della solvibilità dei debitori a seguito della riduzione
del rating assegnato dalle agenzie di rating. Un aggravio potrebbe essere una incapacità di
rimborsare il suo debito;
3. Recupero: rischio di mancato recupero integrale del credito concesso. Equivale al cd. Loss Given
Default (LGD). La perdita non è necessariamente tutto perché se è assistito di garanzie posso
vendere le garanzie e ridurre le perdite;
4. pre-regolamento
5. paese: rischio che in un paese straniero si verifichi un evento che influenzi negativamente la
volontà/capacità dei debitori privati o pubblici in quel paese di ripagare, alla scadenza
prefissata, i propri debiti internazionali. Può dipendere da fattori politici o anche da eventi
catastrofici naturali. Non è imputato ad un soggetto ma ad un elemento esterno. ES. le imprese
russe non difettano di liquidità, ma il governo non è in grado d rispondere in altra moneta;
6. sovrano: rischio di insolvenza di un debitore sovrano nel rimborso dei debiti verso l’estero;
Nel rischio sovrano l’inadempienza è dello stato, nel rischio paese l’inadempienza fa riferimento a debitori
privati o pubblici.
- le componenti del rischio di credito: perdita attesa e perdita inattesa
rischio di regolamento: si determina nelle operazioni in strumenti finanziari quando la controparte alla
scadenza del contratto non abbia adempiuto la propria obbligazione di consegna di strumenti finanziari o di
pagamento degli importi
rischio di controparte: rischio legato all’eventualità che la controparte di una transazione di determinati
strumenti finanziari risulti inadempiente prima del regolamento della transazione stessa.

Preliminari considerazioni sul rischio di credito:


identificabile nell’insolvenza totale o parziale del debitore nel rimborsare nei tempi e nei modi prestabiliti i
prestiti bancari. Rappresenta l’area principale a cui è esposta l’intermediazione creditizia. La banca deve
essere in grado di stimare correttamente la probabilità di insolvenza (probability of default -PD) dei
debitori.

slide 13: tabella indica la stima di probabilità di default nel 2008 che va da 0 a 27%. Il rating non è
immutabile, è un giudizio che viene periodicamente rivisto che può far transitare una categoria di rischio a
un'altra.

Quali sono i principali fattori causali del rischio di insolvenza (default)?


fattori di natura
• idiosincratici (riferiti al singolo debitore, più facili da gestire)
- «cattiva» gestione economico finanziaria
- errori strategici relativi al business
- comportamenti fraudolenti del management
- danni subiti
- ……..
• sistemici (di natura macroeconomica) possono influenzare la solvibilità dei debitori bancari. Le insolvenze
aumentano al peggiorare del quadro macroeconomico.

RISCHIO DI CREDITO E SPREAD


Cos’è un’attività finanziaria (AF)? è un contratto che prevede lo scambio di denaro in tempi diversi (t0 < t1).
Nel momento in cui cedo denaro, devo prendere in considerazione due aspetti: 1) la privazione di risorse
per averle date a prestito; 2) il rischio.
Cos’è il tasso di interesse (i)? è il “prezzo” pagato per la disponibilità di denaro
quali parti compongono il tasso di interesse?
i = risk free + spread
Cos’è lo spread? Misura del rischio di credito di un’attività finanziaria, il rischio che il debitore non rimborsi.
Se lo spread aumenta significa che viene stimato un aumento della probabilità che il debitore non sia in
grado di essere solvibile al debito  maggiore è il rischio insito nell’AF, maggiore sarà lo spread.
Il debitore sovrano dichiarato migliore è la repubblica federale tedesca allora il confronto viene fatto tra
titoli che hanno le medesime caratteristiche, medesime scadenze, titoli che presentano la medesima
articolazione dei flussi.

Come valutare il rischio di credito?


• utilizzo di diversi strumenti e metriche di valutazione
• il ruolo del rating (≠ da scoring – cfr. più avanti)
- giudizio (alfa)numerico (colore) su rischio di credito relativo a • strumento finanziario • debitore
(emittente)
• il ruolo delle ECAI (external credit assessment institutions) o rating agencies. ECAI: agenzie che valutano la
situazione delle imprese dal punto di vista economico e patrimoniale e la loro capacità di rispondere ai
debiti, danno un giudizio sintetico, potrebbe essere numerico o cromatico. Il passaggio da una lettera
all’altra è un notch, un gradinon(ES.passaggio da Aaa a3, è un rischio maggiore di insolvenza). La tripla Aaa
non esclude la possibilità che un soggetto possa non andare in default.
• le tre big: Moody’s, Standard and Poor’s, Fitch
I rischi di mercato
I rischi di mercato originano da diversi fattori che possono causare variazioni del valore di singole attività
finanziarie o di portafogli di attività/passività finanziarie a seguito di variazioni inattese delle condizioni di
mercato:
1. rischio di tasso di interesse
2. rischio di prezzo
3. rischio di cambio
4. rischio di volatilità
Tipici del trading book
1. Il rischio di tasso di interesse
• origina da variazioni (sfavorevoli) dei tassi di interesse. Il rischio non si ha solo quando il tasso di
interesse scende
• l’impatto sul bilancio della banca è legato – al processo di trasformazione delle scadenze –
detenzione di contratti finanziari sensibili a variazioni dei tassi di interesse. Se guardiamo il bilancio
della banca non c’è simmetria tra operazioni attivo e passivo. Le trasformazioni delle scadenze sono
tipiche dell’attività bancaria e sono un modo di come riducono il rischio le banche.
• le fluttuazioni dei tassi di interesse determinano una variazione sia – dei risultati economici della
banca – del valore di mercato delle attività e delle passività e quindi del valore economico del
patrimonio netto
Nell’attivo dello stato patrimoniale ci sono immobilizzazioni, crediti, titoli e liquidità. Sono tutte
remunerate da tassi di interesse, tranne le immobilizzazioni. Nel passivo abbiamo debiti e capitale
netto. Tra i debiti la grossa quota sono i depositi e dalle obbligazioni che la banca ha emesso,
queste sono di norma remunerate tramite i tassi di interesse. Quindi i tassi vanno ad impattare su
quasi tutto il bilancio di una banca. Essi si riflettono sugli interessi attivi e su interessi passivi pagati
dai prenditori di fondi. Le variazioni nei tassi di interesse influenzano il livello corrente dei profitti
attraverso variazioni nel flusso netto degli interessi (margine di interesse: differenza tra interessi
attivi e interessi passivi). Il CE è in forma scalare con risultati intermedi, il margine di interesse è il
primo risultato intermedio. Tasso di interesse impatta anche sui valori attività e passività e quindi
anche sul capitale netto.

Slide 23: La rappresentazione è lo spread sui titoli di stato decennali di 4 paesi. Questo tasso è il
benchmark. Ampiezza dello spread (misura del rischio, percentuale che applico al tasso di interesse
cosiddetto risk free da applicare ai prenditori di fondi). La linea nera è quella che viene considerata risk
free, che è la Germania ed evidenzia la differenza con altri paesi.
Durante la crisi del debito sovrano nel 2011 il portogallo è molto alto, poi si è abbassato e Italia l’unica che
è ancora alta.
La banca si trova davanti a due rischi: rifinanziamento e reinvestimento.
Rifinanziamento colpisce il passivo della banca, la banca ha impiegato a tasso fisso e quindi si impegna per
non modificare il tasso. La banca quindi si trova vincolata ad avere interessi del 3%, dopo un anno a
scadenza c’è un aumento dei tassi di interesse che aumentano di 0.25%, questo significa che se la banca
deve rifinanziare il suo passivo non può permettersi di pagare il 2 ma il 2,25% perché sono variate le
condizioni di mercato. Ma non può variare il 3%. Quindi si riduce il margine di interesse ed è legato al
rifinanziamento.
Reinvestimento: rischio uguale ma che si riferisce all’attivo. La banca per due anni deve pagare il 2% ai suoi
obbligazionisti. Dura 1 anno, la banca riprende i soldi e deve trovare un altro soggetto. Se i tassi si riducono
il prenditore chiede un tasso più basso che è il 2,75%, si riduce il margine per la banca perché tiene fermo il
costo del suo passivo.
La banca deve bilanciare con attenzione non solo le scadenze medie ma anche vedere se variazioni di tassi
di interesse possono modificare gli introiti.
Cambiamenti nei tassi di interesse influenzano anche il valore di attività e passività, in quanto il valore
attuale dei cash flow (ed in alcuni casi anche i cash flow stessi) cambia al variare dei tassi di interesse.
Il rischio di variazione dei tassi di interesse porta anche un rischio di prezzo. La nostra banca ha in
portafoglio questa azione che ha una cedola 3% annuo. Primo flusso e 3 mln, e un secondo flusso di 103
mln di rimborso di cedola più captale se il valore prezzato dal mercato sia 100, io ho una obbligazione che
paga 100 e il valore di mercato è 100. Ma se il tasso di mercato aumenta di 0,25, cioè il mercato ritiene un
utilizzo del denaro più elevato, bisogna attualizzare il valore dei flussi finanziari. Il tasso che utilizzo è il
nuovo tasso di utilizzo. Il risultato dell’attualizzazione è 99,253 ma se prima avevo indicato che
l’obbligazione valesse 100 ora devo iscriverla al nuovo valore. E si riduce il valore del patrimonio netto.
2. Il rischio di prezzo
- deriva da variazioni dei prezzi dei titoli azionari
- deriva da variazioni dei prezzi delle commodities (merci) a cui è collegato il rendimento di strumenti
finanziari
3. Il rischio di cambio
- deriva da variazioni avverse dei tassi di cambio delle valute in cui sono denominate le attività e
passività detenute dalla banca. Il rischio di cambio si riferisce a un rischio di prezzo perché è il
prezzo di una moneta espresso con un’altra valuta. Variazioni del tasso di cambio possono
comportare variazioni nel valore di attività e passività, se in bilancio ho attività e passività
finanziarie in quella valuta. Posso evitare il rischio di cambio? Sì, se evito di mettere in bilancio delle
attività e passività in valute estere.
4. Il rischio di volatilità
- è il rischio connesso a variazioni nello scostamento del prezzo (o del rendimento) rispetto al suo
valore medio di un certo periodo. Statisticamente, la volatilità è approssimata dallo scarto
quadratico medio (σ)

Vix viene chiamato indice della paura. La guerra ha delle conseguenze più prevedibili rispetto alla pandemia
quindi fa meno paura. A ogni ondata risale l’indice della paura. Mi serve l’indice di volatilità perché anche
un repentino andamento può dare risultati positivi e negativi. In corrispondenza dei picchi si ha avuto una
svendita e chi voleva acquistare ha acquistato in un momento di grande debolezza per il mercato.

IMPATTO DEI RISCHI DI MERCATO SUL BILANCIO DELLA BANCA


portafoglio di strumenti finanziari detenuto dalla banca per negoziazione (trading book) e, in senso più
ampio, l’attivo e passivo finanziario della banca.
Le banche per gestire questi rischi hanno un approccio o di tipo passivo o attivo.
Possibili politiche di gestione di tipo passivo sono:
• minimizzare l’esposizione  immunizzare attivo o passivo;
• strumenti di copertura dei rischi di mercato (ad es. possibilità di perdita attraverso gli strumenti derivati);
politiche di gestione attraverso un approccio attivo:
• definire il massimo livello di rischio sopportabile. Attuare strategie che, dato il massimo livello di rischio,
cercano di sfruttare le variazioni per ottenere risultati positivi

Il rischio di liquidità
siamo nei rischi esterni ed è originato dai datori di fondi, ossia da quei soggetti da cui la banca prende
risorse finanziarie.
§ è il rischio che un intermediario non sia in grado di far fronte tempestivamente ed economicamente al
rimborso delle proprie passività o alle richieste di utilizzo dei prestiti concessi. Una situazione di illiquidità
non è una situazione di insolvenza. Illiquido se un soggetto è sporadicamente non tempestivo o economico.
Tempestivo significa un brevissimo periodo di tempo o qualche ora o qualche giorno, economicamente
significa che per far fronte ai miei impegni non devo sostenere costi o li devo sostenere di minima entità.
Basta pensare al credito di ultima istanza, prestito della banca centrale per un periodo di breve periodo a
un tasso penalizzante. La banca che richiede un credito di ultima istanza deve far fronte ai suoi impegni
richiede un finanziamento ma ha un costo elevato.
§ l’esistenza di un mismatch temporale tra passività (prevalentemente a breve termine) e attività
(maggiormente orientate al lungo termine) è causa tipica del rischio di liquidità
§ rischio “tipico” (e ineliminabile…) dell’intermediazione finanziaria
§ a lungo dimenticato ……. (crisi del 2008) ma con conseguenze potenzialmente sistemiche
§ effetti estremi: perdita della fiducia, corsa agli sportelli, “fallimenti” bancari (cfr. Northern Rock 2007…).
Le banche si approvvigionano di risorse finanziarie presso la clientela, ma se non sono sufficienti il secondo
livello era il mercato interbancario. Mercato costituito tra le banche, fondi a breve termine. Overnight è un
mercato caratterizzato da prenditori e datori di liquidità. I datori sono piccole banche perché hanno grande
liquidità che non sempre è impiegata. Le grandi banche che hanno gestione più complessa avevano bisogni
di liquidità. Nel mercato interbancario non c’erano garanzie. Questo cambia nel 2008 dopo la crisi di
Lehman che era una delle maggiori banche con una situazione patrimoniale ottima ma che fu affossata da
problemi di liquidità. Nei giorni successivi a Lehman nessuno più si fida di prestare denaro ai propri pari.
Nessuno fornisce più liquidità, nessuno vuole prestare denaro. Il mercato interbancario ora sta iniziando a
riprendersi ma c’è sempre timore. Nel 2008 quello che era un canale di liquidità scompare e diventa per
eccellenza il rischio. Si attuano delle garanzie perché le conseguenze possono essere devastanti.
Northern rock era una che concesse mutui a scadenza protratta dai 30 ai 40 anni attraverso l’impiego di
risorse derivanti da depositi a vista. Aveva un passivo di depositi a vista e un attivo costituito da attività
finanziarie di lungo periodo. Nel 2007 i prenditori non riescono più a rimborsare e la notizia inizia a
circolare, il mercato capisce che c’è un problema e tutti vendono titoli di northern rock. Le persone iniziano
ad andare a prelevare e si creano code, le persone vedendo tutte le persone in fila si recano anche loro in
altre banche. Questo viene chiamato effetto domino.
§ si distingue fra: • funding liquidity risk quando l’intermediario non è in grado di far fronte in modo
efficiente, senza mettere a repentaglio la propria ordinaria operatività e il proprio equilibrio finanziario, a
deflussi di cassa attesi e inattesi (ES. rimborso di passività, rispetto di impegni a erogare fondi) (non trovo
nessuno disposto a darmi liquidità. Né i depositanti né i suoi pari sono disposti e l’unica è la banca centrale
che è l’ultima garanzia, poi si ha una situazione di insolvenza) • market liquidity risk quando l’intermediario
al fine di monetizzare una consistente posizione in attività finanziarie finisce per influenzarne in misura
significativa (e sfavorevole) il prezzo, a causa dell’insufficiente spessore del mercato finanziario in cui tali
attività sono scambiate, o di un suo temporaneo malfunzionamento

IL RISCHIO DI REGOLAMENTAZIONE
§ rischio legislativo: mancato adeguamento alla norma
§ rischio di compliance: mancato adeguamento allo “spirito” della norma. (ES. se un soggetto vuol
comprare strumenti deve compilare un questionario con domande che riguardano la conoscenza dello
strumento e il grado di rischio. In base alle risposte si ottengono dei punteggi che identificano il profilo di
rischio dell’investitore. Spesso, il questionario non è stato compilato dai clienti  profilo dell’investitore
diverso da quello reale. Non si può dire che non sia stata rispettata la norma perché il questionario è stato
compilato ma si può dire che c’è un mancato adeguamento allo spirito della norma).

Peculiarità del rischio di compliance •privo di logiche di rischio-rendimento •non cedibile •non può formare
oggetto di copertura •difficoltà di individuare i danni
Uniche misure di contenimento dei danni: - adeguata cultura aziendale - specifici presidi organizzativi
(sistema di controlli interni)

PARTE 2
I RISCHI DELL’ATTIVITA’ DI INTERMEDIAZIONE FINANZIARIA
Rischi esterni sono i rischi che stanno al di fuori della banca. I rischi interni sono i rischi che sono generati
dalle risorse della banca.

RISCHIO OPERATIVO
rischio di subire perdite derivanti dalla inadeguatezza o dalla disfunzione di procedure, risorse umane e
sistemi interni, oppure da eventi esogeni. Tra i rischi interni il più importante è il rischio operativo, ossia
quello collegato all’attività tradizionale della banca.
Eventi esterni: perdite cagionate da cause esterne (ad es. modifiche nel quadro politico, regolamentare,
furti, vandalismo, rapine, terremoti e altre catastrofi naturali)
Processi: procedure e controlli interni difettosi o inadeguati
Sistemi informatici: guasti nell’hardware e nel software, frodi informatiche (incursioni di hacker, perdite di
dati). Sistema di massima allerta alle banche perché sono attesi potenziali interventi da hacker russi,
soprattutto chi svolge trattazioni a livello internazionale, soprattutto chi è all’interno del sistema swift
Risorse umane: eventi come errori, frodi, violazioni di regole e procedure interne, problemi di
incompetenza e negligenza. Può essere con dolo ovvero con un chiaro intento oppure senza in modo
fraudolento. Sarà la banca a rispondere per i clienti.

Il rischio operativo sorge inevitabilmente con l’esercizio dell’attività d’impresa e non è eliminabile (legato
all’attività bancaria, anzi è legato proprio all’esercizio di attività, legato all’operatività). È un rischio puro
poiché comporta prevalentemente manifestazione di perdita. È compreso il rischio legale, ossia il rischio di
perdite derivanti da responsabilità contrattuale o extracontrattuale, ovvero da altre controversie per un
comportamento dannoso che la banca o una delle sue risorse ha sostenuto.
Non sono invece inclusi i rischi strategici e di reputazione.
Slide 5: Grafici sono l’idea che le banche hanno delle cause che possono creare rischio operativo, il rischio
maggiore è quello di natura informatica perché è una attività che si basa sulle informazioni e si basa sulla
tecnologia il rischio è elevato. Poi ce ne sono altri, rischio legale altri rischi. Il 12% è il rischio geopolitico,
considerato ma anche in riduzione, ma questa sezione avrà un picco verso alto per il conflitto. Bisogna
tenere presente i rischi come misura del patrimonio, il nostro paese è più alto della media, le banche
italiane perdono 1,20% più o meno del loro patrimonio del loro patrimonio per rischi operativi.

RISCHIO REPUTAZIONALE
Seconda tipologia di rischio interno è il rischio reputazionale. Rischio attuale e prospettico di riduzione degli
utili o del capitale derivante da una percezione negativa dell’immagine della banca da parte di clienti,
controparti, azionisti, investitori e autorità di vigilanza.
peculiarità:
§soggettività: difficoltà di misurazione. L’asset più importante della banca non è scritto nel patrimonio ma è
la fiducia, soffrire di un rischio reputazionale può portare a un peggioramento della fiducia e
peggioramento dell’immagine che gli stakeholder possono avere. Il rischio reputazionale è diverso dal tipo
di banca.
§strettamente legato al (dipendente dal) rischio operativo e alle perdite da esso generate
tre esempi che si sono verificati nel nostro paese:
- manipolazione del tasso interbancario Libor Barclays, Ubs, Royal Bank of Scotland, Jp Morgan,
Citigroup e Bank of America... il libor è uno dei tassi più importanti ed è determinato sulla base di
segnalazioni fatte da un pull di banche a livello internazionale e inviate all’associazione che ha il
compito di calcolare l’algoritmo. La percentuale, quindi, è una media ponderata di tutte le
segnalazioni che sono state inviate. La manipolazione è avvenuta nella segnalazione di dai falsi dati
per fare in modo che il libor determinato risultasse almeno pari a una determinata misura. Questo
perché il libor fa da tasso base a operazioni che nel mondo si misurano in migliaia di trilioni. Queste
banche sono state pesantemente sanzionate, ma non si è riuscito a calcolare quanti vantaggi hanno
ottenuto.
- obbligazioni Islanda (crisi 2008) Ha preso in considerazione banca Mediolanum quando si è
verificato il default dell’Islanda. Mediolanum aveva venduto polizze assicurative a contenuto
finanziario con profilo prudente. Mediolanum è un soggetto che non vuole avere perdite in conto
capitale. Sono tipicamente investimenti di natura obbligazionaria e tipicamente investimenti in
titoli di stati. il debito islandese erano titoli di stato. Il fondo dove erano i bond islandesi ha subito
perdite rilevanti perché questi titoli sono passati da una quotazione di 95/96 a 0, questo si è riflesso
sul valore del fondo e sugli investimenti dei singoli. Banca Mediolanum ha inserito nel fondo
l’equivalente in liquidità per evitare un danno alla clientela e un danno reputazionale a sé stessa.
- vendita diamanti (2018) Banca Aletti, BancoBPM, Unicredit, Banca Intesa, MPS... nel 2015/16 siamo
in un periodo in cui i tassi vanno a zero, la gente non si fida a investire in azioni, scoppia la moda di
investire in diamanti. Diamanti cominciano a essere venduti in modo alternativo dalla banca.
Quando qualcuno vuole disinvestire, non si riesce a realizzare o lo si realizza con perdite in conto
capitale per i clienti e quindi inizia uno scandalo, tra cui fanno parte anche banche italiane dove c’è
un palleggiamento di responsabilità tra le banche che si occupano di intermediazione e le imprese
che si erano impegnate a riacquistare i diamanti. Quando le persone hanno deciso di disinvestire
l’acquisto in diamanti questo o non si è realizzato oppure è avvenuto ma con perdite per i clienti.

IL RISCHIO STRATEGICO
legato a una potenziale riduzione degli utili o del capitale derivante da
- decisioni aziendali errate
- inadeguata attuazione delle decisioni, perché ho assunto delle decisioni di azzardo morale
- incapacità di reagire sufficientemente alle pressioni competitive
Peculiarità del rischio strategico • difficoltà di misurazione ex-ante • assunzione speculativa (moral hazard)
Modalità di gestione • adeguati presidi organizzativi • adeguati sistemi di controllo e governance
Es. mutui subprime, i banchieri sapevano che i mutui non sarebbero stato più rimborsati ma sapevano che
non sarebbero stati più un suo problema

LA GESTIONE DEI RISCHI


• crescente rilievo e ampiezza dei processi gestionali di Risk Management. I rischi che abbiamo visto sono i
rischi tipici, i quali vengono gestiti all’interno di quell’area trasversale a tutta l’attività bancaria  risk
management.
• scelte da affrontare ex-ante: politiche di gestione, programmazione del matching e delle correlazioni tra
rischi
Il processo di gestione dei rischi si articola nel seguente modo:
- identificazione e classificazione
- misurazione
- monitoraggio: tecniche che devono essere al passo con i tempi
- gestione e mitigazione: ridurre l’impatto che questo rischio può comportare
- gestione del capitale economico per la sua più efficiente allocazione (il capitale è scarso e costoso)
• ruolo del Comitato Rischi
RAF – risk appetite framework
Le banche gestiscono i rischi attraverso il RAF, documento aggiornato periodicamente dalle banche che
definisce quali rischi e livelli di rischio la banca intende perseguire e quali azioni intende perseguire qualora
si verifichino situazioni avverse, definiscono come potrebbe evolvere in condizioni di stress e di tranquillità,
definisce il livello massimo di rischio assumibile e individua le tipologie di rischio che la banca intende
assumere e per ciascun rischio. Obiettivi, soglie di tolleranza e limiti sono declinati in termini di: – misure
espressive del capitale a rischio o capitale economico – adeguatezza patrimoniale – liquidità – redditività
ecc.

Ci sono altri rischi o nuove declinazioni di rischi già conosciuti che sono:
- cyber risk
- peso del debito sovrano (problema che le banche itale e greche hanno vissuto pesantemente
perché gran parte del debito sovrano era nelle banche)
- rispetto diritti umani (BankTrack  identifica paese per paese dove i diritti umani sono ai minimi
termini. In una edizione dei mondiali di calcio c’è stato lo scandalo dei palloni di cuoio cuciti a mano
da bambini, questo ha portato a un danno reputazionale per la casa produttrice dei palloni ma
anche per la banca che aveva finanziato)
- (nuove e vecchie) pandemie
- il ruolo degli ESG (Environment, Social, Governance) tre ambiti  ambiente società e governo
dell’impresa, oggi l’imperativo per tutti è il rispetto di questi tre. Ci sono indicatori per il rispetto e
politiche ben chiare da parte della BCE per rispettare i criteri dell’ESG, pena il mancato
finanziamento
- climate change e rischio climatico
- “cigni neri” e “cigni verdi’’. Con la crisi del 2008 si è coniato il termine di cigni neri, è un evento
molto raro ma che può accadere. (ES. le crisi dei mercati finanziari sono molto rare ma possono
accadere). I cigni neri sono inaspettati e rari, hanno un impatto di vasta portata e possono essere
spiegati solo dopo che si è verificato il fatto. I cigni verdi (cigni neri climatici) analogie con i cigni neri
MA: hanno un alto grado di certezza che una combinazione si verificherà in un prossimo futuro,
catastrofe climatica decisamente peggiore di crisi finanziaria sistemica, maggiore complessità del
cambiamento climatico. Oltre ad avere conseguenze immediate, ha anche conseguenze di natura
politica e sociale.
I rischi non finanziari diventano sempre più importanti e “rimodellano” i portafogli delle banche.

Slide 13: quanto le banche stanno spendendo e quanto le banche stanno attendendo di spendere. Il cyber
change bisogna collegarlo al cyber risk.
Quando il legislatore parla di ‘’ci si attende’’ parla alle banche di prendere decisioni che tengano conto di
conseguenze, altrimenti il legislatore dovrà prendere provvedimenti per la banca.

L’attenzione del regolatore UE


La presente guida espone la visione della BCE in merito a una gestione sicura e prudente dei rischi climatici
e ambientali nell’ambito del quadro prudenziale vigente, descrivendo le sue aspettative riguardo a come gli
enti dovrebbero tenere conto di tali rischi (quali fattori determinanti per le categorie di rischi preesistenti)
nella formulazione e attuazione delle strategie aziendali e dei sistemi di governance e di gestione dei rischi.
Illustra inoltre come, secondo la BCE, gli enti dovrebbero accrescere la propria trasparenza rafforzando
l’informativa sugli aspetti climatici e ambientali.
slide 16 Mettere in ordine i principali rischi in ordine, nel 2020 tutti rischi ambientali

I RISCHI CLIMATICI (CLIMATE-RELATED FINANCIAL RISK)


• rischio fisico: intensità e frequenza di fenomeni naturali e meteorologici estremi (ES. siccità)
• rischio di transizione: riduzione significativa di valore delle attività connesse con lo sfruttamento, la
trasformazione e il trasporto dei combustibili fossili. Passaggio tra fonti energetiche inquinanti a fonti non
inquinanti.
Slide 19: La vigilanza bancaria ha introdotto lo stress test, ha simulato con le banche dal punto di vista
climatico e rischio di transizione
La vigilanza europea ha dato attenzione ai principali cambiamenti climatici. Bce ha detto non solo dovete
dire come i rischi impattano sul vostro bilancio ma dovete anche coprire gap in caso di rischi climatici.

Regolamentazione e vigilanza
La regolamentazione è necessaria ma essa stessa ha dimostrato i suoi limiti nel momento dello scoppio
della crisi finanziaria globale del 2008, a cui seguirono tentativi effettuati per fronteggiare il problema
attraverso la creazione di un sistema di vigilanza Europeo realizzato su due livelli livello Europeo e
Nazionale di vigilanza):
1) Livello di vigilanza macro-prudenziale inserito per la prima volta
2) Livello di vigilanza micro-prudenziale rivisto, con la creazione di tre organismi: EBA, ESMA, EIOPA
Questo meccanismo dimostra subito dei limiti operativi e di conseguenza nel 2014 (data di partenza
ufficiale, l’idea dell’Unione Bancaria in realtà parte subito dopo aver varato il nuovo sistema di vigilanza
europeo).

Unione Bancaria Europea


Inizia con data ufficiale il 4 novembre 2014 con obiettivo di garantire la stabilità del sistema finanziario e
quindi di garantire la solidità delle singole istituzioni creditizie; il problema è che una crisi bancaria ricade
sull’intera collettività, quello che si vuole evitare è il costo sociale delle crisi bancarie.
Da qui la necessità di prevedere nuove regole e di renderle uniformi all’interno dell’UE: post Lehman
moltissime banche Europee entrano in crisi, alcune vengono salvate attraverso aiuti di Stato, altre nel
momento in cui la Commissione Europea vieta gli aiuti di Stato si trovano sull’orlo del fallimento.
Questa disparità non giova al mercato unico Europeo per cui si cerca di regolamentare uniformemente non
più su due livelli, ma su un livello unico Europeo valido per tutti Paesi che entrano nell’Unione Bancaria
Europea.
L’Unione Bancaria Europea si basa su tre pilastri:
1) Meccanismo unico di vigilanza - SSM
2) Meccanismo unico di risoluzione – SRM
3) Schema di garanzia dei depositi
I primi due sono pienamente operativi, mentre la disciplina armonizzata per i sistemi di garanzia dei
depositi ancora non è stato definito in maniera uniforme; esistono in tutti i Paesi sistemi di garanzia dei
depositi ma ancora non esiste uni unico sistema comune
Questi pilastri sono accompagnati da due caratteristiche dell’Unione Bancaria Europea trasversali:
- Unico libro delle regole: unico manuale regolamentare valido per tutti i Paesi appartenenti
- Unico manuale di vigilanza
L’Unione Bancaria Europea non è composta esattamente solo dai Paesi che usano l’euro o solo dai Paesi
che appartengono all’UE, ma sono presenti sicuramenti tutti i Paesi dell’area euro + possono anche
partecipare Paesi che non sono dell’area euro a patto che ne facciano richiesta

Meccanismo unico di vigilanza: sono previste regole comuni di vigilanza su banche che operano all’interno
dell’Unione Bancaria Europea, in particolare sulle banche considerate significative (significant istitution)
Per essere considerate significative i gruppi bancari devono soddisfare uno dei seguenti requisiti:
- Tot. Attivo almeno pari a 30 miliardi
- Tot. Attivo costituisce almeno il 20% del PIL nazionale
- In ogni caso, anche se non soddisfano i requisiti sopra indicati, vengono considerati i primi 3 gruppi
bancari di ciascun Paese aderente al meccanismo unico di vigilanza dell’unione bancaria Europea
A vigilare su queste istituzioni significative è direttamente la BCE, alle autorità nazionali di controllo invece
sarà demandato il compito di vigilare sulle banche non significative.
In Italia i gruppi bancari significativi sono 13 al primo gennaio 2022.
Queste regole sono definite dal Single Rulebook e dal manuale unico di vigilanza, l’onere di stendere queste
regole compete all’EBA.
EBA non vigila direttamente ma definisce una serie di regole alla base dei controlli effettuati da parte della
BCE a livello Europeo e Autorità nazionali di controllo a livello di singoli Paesi.
Le regole sono:
- Regole legate all’autorizzazione, revoca, esercizio dell’attività bancaria
- Assunzione di partecipazioni nelle banche: caratteristiche e requisiti che devono possedere gli
azionisti rilevanti delle banche
- SREP: processo di revisione e valutazione prudenziale
- Definire i requisiti di idoneità per i membri degli organi di gestione a cui compete la supervisione
strategica, la gestione, il controllo delle banche (Consiglio di Amministrazione, collegio sindacale e
top management)
- Ispezioni
- Gestione della crisi
SREP: processo valutativo compiuto ogni anno che riguarda 4 ambiti:
- Business model della banca
- Le regole di governance e gestione del rischio
- L’adeguatezza del capitale
- Le modalità con cui le banche fronteggiano rischi di liquidità e provvista
Lo SREP porta a risultati individuali (controllo fatto su ciascun gruppo) e indica requisiti patrimoniali
aggiuntivi che la BCE ritiene opportuni per fronteggiare le situazioni di crisi

La vigilanza sulle banche è svolta dai JST (Joint supervisory team), ovvero delle squadre di ispettori che
appartengono sia alla BCE sia alla banca centrale nazionale, sulle less significant istitution operano invece
esclusivamente le autorità nazionali di controllo.
Ruolo fondamentale è svolto dall’EBA, ovvero l’organismo che materialmente redige il single rulebook e che
conduce gli stress test (scenari ipotetici che prevedono situazioni di stress finanziario o economico definiti
in cui la banca deve intervenire per capire come reagirebbe a fronte del verificarsi di tali situazioni, per
esempio il rischio dei crediti deteriorati, diminuzione del PIL).
Lo stress test sonda i 4 ambiti sopra citati.
Altri pilastri dell’Unione Bancaria Europea
1)SRM
Il meccanismo unico di risoluzione prevede regole uniformi per la gestione delle crisi bancarie, vi è la
bipartizione in termini di soggetto chiamato a gestire la crisi
- Single resolution authority (SRA): opera a livello Europeo su tutte le banche significant che
dovessero essere liquidate
- Autorità Nazionali di risoluzione: per le banche less significant, nel caso Italiano l’autorità nazionale
di risoluzione coincide con quella di controllo, quindi è sempre la Banca d’Italia
Questo secondo pilastro ha previsto la creazione di un fondo unico Europeo entro il 2023 che arrivi ad una
somma pari all’incirca all’1% dei depositi protetti (55/60 miliardi di euro).
Si basa su un corpus normativo complesso quali la BRRD (direttiva specifica sul risanamento e risoluzione
delle banche), la CRD 4 e la CRR ovvero rispettivamente la direttiva e il regolamento in materia di requisiti di
capitale.
La data del provvedimento normativo e quella dell’entrata in vigore sono differite, in particolare la BRRD
parte a metà novembre 2015, questa data ha aiutato ad evitare molteplici fallimenti bancari veri e propri,
infatti sono state poste in liquidazione 4 banche la cui crisi si è potuta risolvere con regole nazionali perché
con regole Europee esse sarebbero state eliminate dal sistema senza tutele per i creditori delle banche
stesse.
Questo meccanismo prevede due ipotetiche situazioni:
- la banca può essere assoggettata a risanamento: Recovery plan
- non è possibile risanamento, bisogna provvedere alla risoluzione, ovvero eliminazione, della banca:
resolution plan
Il recovery plan è l’identificazione di una serie di strumenti e zioni che mirano ad identificare come una
banca può essere risanata. La crisi deve essere temporanea. Gli strumenti sono a discrezione della banca.
Se la crisi è definitiva, non c’è possibilità di risanamento, bisogna utilizzare altri strumenti che sono
identificati chiaramente dalla normativa e non a discrezione della banca.
Strumenti che possono essere utilizzati anche in combinazione e che non necessitano di autorizzazioni ma
vengono decisi dall’autorità di risoluzione:
- vendita dell’attività d’impresa: vendo alcune attività della banca, spesso associato alla separazione delle
attività attraverso la creazione della bad bank
- ente ponte (bridge bank): nuova realtà creata per la gestione della crisi, continuità operativa della banca,
che poi viene ceduta ad un altro organismo
- separazione delle attività: separazione le attività deteriorate e cedute ad un organismo chiamato bad
bank, che si occupa della gestione del credito deteriorato derivante da risoluzioni bancarie molto spesso
La parte sana, attività e depositi che costituiscono passività, invece vengono comprati (pagamento
simbolico di debiti che la nuova banca si accolla)
- ball in: normalmente la banca ha tot passivo costituito da passività escluse dal ball in, passività ammissibili
al ball in e capitale; quando la banca entra in crisi non risolubile viene meno la parte di capitale, anzi ha un
deficit patrimoniale.
Utilizzando il ball in le passività escluse, ovvero quelle non assoggettabili a ball in, rimangono tali e quali,
mentre le passività ammissibili vengono assoggettate o a perdita secca (niente rimborso debiti) oppure
possono essere convertite in azioni quindi capitale di rischio. Il ball in prevede la possibilità di svalutare i
debiti ammissibili oppure convertirli in azioni: anziché non rimborsare i debiti, i creditori ammessi a ball in si
possono ritrovare come azionisti della banca. In questo modo di fatto evita la perdita secca che altrimenti il
creditore subirebbe.
Le passività escluse dal ball in:
- Tutti i depositi fino a 100000 euro
- Tutte le passività garantite (covered bond9
- Debiti verso dipendenti, erario, istituti previdenziali, fornitori
Le passività ammissibili al ball in sono tutte le obbligazioni:
- I primi a cercare di essere rimborsati sono i depositi per la quota superiore a 100000 euro
- Obbligazioni ordinarie titoli subordinati
- Titoli subordinati
- Capitale: patrimonio banca

La bad bank è una società creata per la gestione del credito deteriorato ma potrebbe anche già essere
esistente, il credito deteriorato viene preso e portato fuori dalla banca in modo da poter essere gestito in
maniera appropriata con tempistiche adeguate; mentre la bridge bank è ciò che rimane dopo aver ceduto il
credito deteriorato sotto nuova forma giuridica (si cambia denominazione e struttura giuridica, è una nuova
società creata per trovare un compratore ma non ha futuro)
La bad bank che incassa i crediti li ripartisce tra gli azionisti della bad bank tra i quali ci sono di norma le
banche che concorrono al salvataggio

2)Disciplina armonizzata per i sistemi di garanzia dei depositi


Attualmente ancora in fase di lavorazione perché si discute del problema del debito sovrano:
le banche che hanno nel proprio attivo quote molto importanti di titoli del debito sovrano, se lo stato
dovesse dichiarare default quasi certamente esso si riverbera anche sui bilanci delle banche, che anch’esse
entrano in default, e se entrano in default bisogna salvarle.
Perché salvare banche con titoli di Stato particolarmente in crisi?
Regola comune: il livello massimo di rimborso previsto è di 100.000 euro per ogni depositante rimborsabile
entro 7 gg dalla data di liquidazione.
In Italia ci sono due sistemi di garanzia dei depositi:
- Fondo interbancario di tutela dei depositi: a cui fanno capo le altre banche
- Fondo di garanzia dei depositanti del credito cooperativo: a cui fanno capo le banche di credito
cooperativo
Lavorano entrambi con le medesime regole e non c’è obbligo nell’aderimento all’uno o all’altro.
Nel 2021 è ripreso il lavoro per la creazione e attivazione di questo terzo pilastro.
In ogni caso negli 8 anni dalla creazione dell’Unione Bancaria Europea sono stati anni di progressivo
adeguamento della normativa nazionale a quella Europea.

Attività di regolamentazione e vigilanza in Italia


Le regole riferite alle banche italiane sono per la maggior parte dei casi riferibili a tutte le banche
appartenenti all’Unione bancaria Europea, con diverse specificità normative particolari.

Le fonti normative in Italia sono:


- Normativa primaria: direttive Europee e 4 capisaldi, ovvero TUB e TUF (Testo Unico Bancario, Testo
Unico della Finanza)
Il TUB si occupa dell’attività svolta dagli intermediari finanziari, mentre il TUF più propriamente dei
mercati, anche se le norme presenti in entrambi i Testi vanno universalmente per tutti gli
intermediari che operano in Italia.
Poi c’è il Codice delle Assicurazioni Private, che riguarda l’attività regolamentare delle compagnie
assicurative sia del ramo danni che del ramo vita.
Infine c’è il Decreto Legislativo 252 che ha regolamentato le forme pensionistiche complementari
(fondi pensione)
- Normativa secondaria: accanto alla formativa primaria, molto copiosa (della Banca d’Italia, di
CONSOB, di IVASS).
Vengono riportate tutte le disposizioni di carattere secondario, ovvero quelle emanate a seguito di
norme di normativa primaria.
La normativa primaria definisce un quadro regolamentare ampio poi dettagliato attraverso
disposizioni specifiche dalla normativa secondaria.
La normativa primaria è un compito del Legislatore, infatti i provvedimenti in Italia sono testi di legge varati
dal Parlamento, mentre la normativa secondaria sono disposizioni varate dall’Autorità Tecnica, cioè un
organismo in grado di entrare nel dettaglio dell’operatività dell’ente/intermediario che stiamo
considerando.
La normativa primaria ha come compito di inquadrare le disposizioni da un punto di vista generale, mentre
quella secondaria ha come compito di inquadrarlo da un punto di vista strettamente operativo.
Se occorre cambiare una disposizione di normativa primaria occorre una legge dello Stato, per cui occorre
molto tempo a livello tecnico, la normativa secondaria invece è un atto amministrativo, per cui se la Banca
d’Italia vuole variare un coefficiente o fissare misure percentuali, fa un comunicato.

Autorità di regolamentazione e vigilanza in Italia di carattere tecnico:


- BCE
- Banca d’Italia
- CONSOB
- Autorità garante per la concorrenza e il mercato
Queste quattro lavorano per finalità
- IVASS
- COVIP
Lavorano per soggetti
Al di sopra di questi organismi ce ne sono altri due di carattere politico, ovvero risentono delle scelte di
natura pubblica che fa l’esecutivo:
1) Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio (CICR)  organismo composto da più ministri
economici presieduto dal Ministro per l’economia e finanze
2) Ministero per l’Economia e le Finanze (MEF)
Questi due organismi politici danno disposizioni di indirizzo, non sono particolarmente attivi, ma con
competenze specifiche; ad esempio i requisiti di idoneità degli esponenti sono fissati da un decreto del
Ministro delle Finanze.

Linee guida dell’attività di vigilanza:


- L’attività finanziaria è caratterizzata da un livello di innovazione molto rapido quindi quando si
definisce una norma o una serie di regole legate ad una determinata attività spesso essa è già
mutata: si è deciso di definire regole di carattere generale e di dettagliarle attraverso norme
amministrative, in quanto esso può essere modificato in tempi rapidi a differenza della norma (che
rimane valida nel suo insieme)
- La crisi del 2008 ha fatto emergere una mancanza di regolamentazione, ma un’eccessiva
regolamentazione del comportamento degli operatori potrebbe tradursi nel rischio che i lavoratori
non operino più: si cerca un sottile equilibrio tra giusta libertà imprenditoriale e corretta attività di
regolamentazione  ricerca della better regulation e non best regulation
1) Ci si rifà alle regole a livello internazionale, le best practices, consolidate da anni
2) Coinvolgimento dei destinatari attraverso consultazioni preventive, modus operandi introdotto
da 10/15 anni: la Banca d’Italia informa i diretti interessati e apre la consultazione, ciascuno
potrà segnalare le proprie opinioni e punti critici a riguardo; l’Organo di vigilanza fissa un tempo
al termine del quale la consultazione viene chiusa e poi viene emanata la norma aggiornata alla
luce dei suggerimenti giunti attraverso la consultazione pubblica.
Gli Organi di Vigilanza hanno l’obbligo di consultare i diretti interessati, ma non hanno obbligo
di recezione delle istanze
3) Nel corso degli ultimi anni si è deciso di dare regole per principi piuttosto che regole molto
dettagliate, che di fatto costringe gli intermediari ad appesantire le proprie attività
4) Nonostante le autorità di regolamentazione e vigilanza, i primi a dover controllare sono gli
intermediari stessi. Nel corso degli ultimi anni le banche hanno dovuto creare o rafforzare in
maniera significativa il proprio sistema di controlli interni, che consente alle banche di
evidenziare istantaneamente alcune criticità che si possono verificare senza controlli ex-post

Le banche sono tutte quelle imprese che esercitano attività bancaria, la quale è definita dal Testo Unico
come l’esercizio congiunto di raccolta del risparmio tra il pubblico (quindi tutte le forme di raccolta
effettuate da altri soggetti all’interno di un gruppo ristretto di persone, per esempio i soci, non
costituiscono attività di raccolta del risparmio tra il pubblico) ed esercizio del credito.
L’attività bancaria ha carattere d’impresa: ha quindi finalità di lucro oltre che finalità di carattere sociale.
Le banche possono esercitare altre attività oltre a raccolta di risparmio presso il pubblico ed esercizio del
credito, ma non possono esercitare attività con riserva di legge che al momento sono due in Italia:
- Attività assicurativa: riservata alle compagnie di assicurazione
- Gestione collettiva del risparmio: riservata alle società di gestione del risparmio e SICAV
Altri intermediari finanziari, regolamentati dall’articolo 106 del TUB, che svolgono in particolare attività di
concessione di finanziamenti al pubblico, emissione di moneta elettronica e prestazione servizi di
pagamento e la prestazione di servizi di investimento.
Da queste tre macrocategorie di attività è esclusa la raccolta del risparmio presso il pubblico:
l’intermediario finanziario può fare tutto quello che fa una banca ad eccezione della raccolta di risparmio
presso il pubblico, riservata in via esclusiva alle banche.
Gli intermediari svolgono anche altre attività connesse o strumentali.
I principi generali a cui tutte le regole devono attenersi sono riportati nell’articolo 5 del TUB:
- Sana e prudente gestione: prima finalità, una prudente gestione (nonostante l’attività bancaria sia
imprescindibile dal rischio) tiene conto del rischio e ha come obiettivo ridurre al massimo e limitare
il livello massimo di rischio assumibile, mentre una sana gestione nella prassi bancaria è una
gestione non influenzata da soggetti esterni (in particolare soggetti non appartenenti al sistema
finanziario)  per esempio non è possibile (divieto) entrare nei capitali di rischio delle imprese non
finanziarie trasformando crediti in partecipazioni, perché la posizione del creditore è radicalmente
diversa da quella dell’azionista, quindi se l’impresa fallisce trascina con sé anche la banca
Inoltre vi è il divieto anche per le imprese industriali di assumere partecipazioni nel capitale delle
banche per evitare che le banche vengano assoggettate a decisioni del socio industriale e si ricada
nel fenomeno chiamato captive bank
- Stabilità complessiva
- Efficienza e competitività
- Osservanza delle disposizioni
La vigilanza viene effettuata di comune accordo tra BCE e Autorità Nazionali di Controllo con approccio di
tipo:
1) consolidato, quindi quando si osserva un gruppo bancario nel suo complesso a rispondere ai
requisiti di vigilanza
2) risk based, basato in larghissima misura sul livello massimo di rischio assumibile dall’intermediario
3) proporzionale, l’introduzione delle significant istitution ha aiutato a implementare al meglio il
principio di proporzionalità, ma esistono ancora casi per cui questa proporzionalità non viene
rispettata
Per esempio: riscontrata la distinzione tra significant e less significant, tuttavia tra le less significant
(ovvero quelle con attivo al di sotto dei 30 miliardi) esistono le less significant high priority che sono
gruppi bancari con tot. Attivo inferiore ma molto prossimo ai 30 miliardi.
Questa categoria sarà assoggettata a norme di vigilanza molto simili alle significant institution,
mentre per le other vale il principio di proporzionalità

Gli interventi di vigilanza sono classificati in base alle seguenti modalità:


- interventi di vigilanza preventiva e regolamentare: si distinguono in due sottocategorie:
Sottocategoria strutturale che nel corso degli ultimi anni è diventata meno rilevante, si occupa di
definire la struttura del sistema. Ha come limite quello di limitare il mercato e la libertà d’impresa.
Sottocategoria prudenziale, che fissa limiti al livello di rischio massimo assumibile da una banca
Si occupa tramite norme di carattere strutturale di fissare le condizioni per poter svolgere
l’esercizio dell’attività bancaria, riguarda gli assetti proprietari, chi può e fino a che misura può
essere azionista di una banca, riguarda le partecipazioni delle banche sia in (soggetti che
partecipano nel capitale di una banca) che out (in quali soggetti la banca può assumere
partecipazioni), riguarda le operazioni straordinarie e infine qualsiasi attività fuori sede e all’estero
della banca.
Chi decide in materia di vigilanza strutturale è la BCE
- interventi di vigilanza conoscitiva o informativa: le regole sono date con l’obiettivo in seguito di
conoscere poi effettivamente se queste regole a livello pratico sono rispettate
- interventi di vigilanza protettiva: prevede norme per proteggere le componenti più deboli qualora
una banca sia in una situazione di crisi
Infine è presente una moral suasion, per cui non esistono disposizioni ben precise, è più indefinita, non
tradotto in una norma, che è costituita da tutte le dichiarazioni che le autorità di vigilanza nel loro ruolo
ufficiale svolgono in momenti pubblici (auspicazioni, suggerimenti, valutazioni).
Per esempio quando il governatore della Banca d’Italia legge le considerazioni finali.

L’esercizio dell’attività bancaria: definita nell’art. 10 del TUB e art. 1F che definisce una serie di altre attività
in modo non completamente esaustivo attuabili dalla banca.
Le condizioni richieste per esercitare attività bancaria:
- la banca deve avere forma giuridica definita, può essere costituita soltanto sottoforma di SPA o
cooperativa per azioni a responsabilità limitata. In questo secondo caso può assumere forma di
banca popolare a patto che il tot. Attivo non superi 8 miliardi (se li supera deve trasformarsi in SPA),
oppure in banca di credito cooperativo ma in questo caso obbligatoriamente deve aderire ad un
gruppo bancario cooperativo (che in Italia al momento sono 3)
- capitale sociale minimo: che deve essere di 10 milioni per le popolari e le SPA oppure 5 milioni per
le banche di credito cooperativo
- requisiti di onorabilità, professionalità ed esperienza per i soggetti apicali, ovvero consiglieri di
amministrazione e top management della banca
- programma di attività: deve contenere una serie di indicazioni per esempio come si intende
sviluppare l’attività, con quali risorse patrimoniali, quali struttura organizzativa si intende assumere,
quale livello di corporate governance si vuole utilizzare, come sostenere gli stress test proposti
dall’EBA
Il compito di decidere in materia di autorizzazione o meno a una nuova attività bancaria compete alla BCE
 All’interno dell’Unione Bancaria Europea è l’Organo sovrano per tutte le nuove banche che decide sulla
base della presenza o meno dei requisiti sovra-citati
In conclusione nel corso degli anni la vigilanza ha spostato il suo accento sul controllo del grado di rischio
insito nella gestione bancaria (vigilanza prudenziale) piuttosto che quella di tipo strutturale che riguarda la
struttura del sistema, la sua articolazione e le varie tipologie di partecipazioni che le banche utilizzano per
l’esercizio della propria attività.

Vigilanza prudenziale
Bisogna fare una premessa per quanto concerne il concetto di patrimonio (fondi propri): il concetto di
patrimonio utilizzato ai fini di vigilanza è diverso da quello aziendale in senso stretto.
Per esempio il patrimonio netto è composto da capitale sociale, vari fondi di riserva, gli avanzi utili ecc.,
mentre in questo caso entrano in gioco altre poste.
Nei fondi propri ai fini di vigilanza sono incluse anche delle forme di debito della banca per esempio.
Inoltre il patrimonio è il punto di riferimento per la definizione della maggior parte dei controlli di tipo
prudenziale, questo legame così marcato è dovuto al fatto che il patrimonio è lo strumento e primo
presidio per fronteggiare il rischio d’impresa.
Art 10 TUB: definisce l’attività bancaria e specifica che essa ha carattere d’impresa
Il Legislatore bancario ha, analogamente a quanto avviene per le altre imprese, rafforzato il ruolo del
patrimonio all’interno delle banche, tenuto conto che l’eventuale crisi di un’impresa bancaria ha riflessi
sull’intero sistema economico più rilevanti rispetto quello che può avere un’impresa non bancaria.
Ha posto quindi tale relazione  maggiore è il patrimonio che la banca ha a disposizione, maggiori saranno
le opportunità operative per la banca stessa
L’importanza del patrimonio deriva dagli Accordi di Basilea, ovvero delle normative stabilite a livello
internazionale che inizialmente erano valide solo per le banche che svolgevano attività internazionale, ma
che di fatto sono state recepite all’interno di tutti i sistemi bancari e valide per tutte le banche con le
dovute eccezioni (banche di piccole dimensioni):
1) 1988: norma il rischio di credito e definisce il patrimonio, nel ’96 segue un addendum relativo al
rischio di mercato
2) 2004: rettifica le regole sul rischio di credito e aggiunge alla tipologia di rischio quello operativo
3) 2009: successivo alla crisi finanziaria, regolamenta due rischi finora non presi in considerazione, il
rischio di liquidità e il leverage (capitale proprio/capitale di terzi) e ritocca il concetto di fondi propri
4) 2022 ma slittato al 2023 in relazione all’avvento della crisi pandemica: lascia inalterato il concetto di
patrimonio ma ritocca ulteriormente la normativa sui rischi
Gli Accordi di Basilea hanno legato l’operatività della banca al patrimonio a disposizione della banca e il
livello dei rischi assunti dalla banca stessa; quindi il manifestarsi della vigilanza prudenziale

La vigilanza prudenziale parte dal presupposto che le banche debbano monitorare il grado di rischio insito
nella gestione; il primo monitoraggio, prima ancora di quello che fanno le autorità, deve essere svolto dalla
banca stessa attraverso il processo di controllo prudenziale che lavora su due ambiti: la sua dotazione
patrimoniale e la sua dotazione di liquidità.
Le banche valutano patrimonio e liquidità attraverso due processi di valutazione:
1) ICAAP: processo di valutazione interno sull’adeguatezza patrimoniale
2) ILAAB: processo di valutazione interno sull’adeguatezza di liquidità
In questo modo le banche monitorano la propria situazione con riguardo a questi due aspetti in relazione
alla propria strategia di rischio che deriva dal RAAF e in relazione alle strategie aziendali, quindi in relazione
agli obiettivi posti come gestione attraverso il perseguimento delle strategie definite, in relazione al grado
di rischio assunto (ogni anno la banca redige il documento nel quale identifica le diverse tipologie di rischio
e le diverse soglie, minime e massime).
Alla luce di questi elementi si deve valutare se il patrimonio e liquidità a disposizione sono sufficientemente
adeguati; bisogna tener in considerazione anche il sistema di controllo dei rischi che ho a disposizione
all’interno della banca.
Una volta che la banca ha predisposto ICAAP e ILAAP, essi vengono inviati alle autorità di vigilanza che
rivedono i rapporti e rivalutano la posizione patrimoniale e di liquidità della banca stabilendo eventuali
correttivi o misure di integrazione del patrimonio e/o liquidità.
Il processo ha cadenza annuale, solitamente accade alla fine dell’anno e i risultati dello SREP (Supervisory
Review and Evalutation Process) che competono alle autorità di vigilanza arrivano i primi mesi dell’anno
successivo.
Per quanto concerne le autorità di vigilanza vale il solito meccanismo duale che prevede per le banche
significative l’intervento della BCE, mentre per le banche less significant l’Autorità Nazionale di controllo
(Banca d’Italia).

Quando si parla di fondi propri è necessario intendere a quale aggregato ci si riferisce, infatti l’aggregato
complessivo prende il nome di patrimonio totale o total capital ed è la somma algebrica di T1 (Patrimonio
di base) e T2 (Patrimonio Supplementare).
Il patrimonio di base è il patrimonio di migliore qualità, composto da poste patrimoniali per definizione
patrimonio e in caso contrario sono simili al cosiddetto capitale di rischio; è il patrimonio che deve
consentire alla banca di assorbire le perdite in condizioni di continuità d’impresa, ovvero deve essere di una
dimensione tale da consentire alla banca che incorre eventualmente in una perdita d’esercizio di assorbirla
pur continuando ad operare in maniera normale.
Il patrimonio supplementare è il capitale che consente di assorbire le perdite in caso di crisi d’impresa,
consente alla banca che ipoteticamente si trova in una situazione di crisi irreversibile di non danneggiare le
ragioni di credito dei suoi depositanti.
Nella logica del Legislatore una parte delle passività ammesse a bail-in viene convertita in strumenti di
capitale; la parte di passività che dovrebbe essere convertita o svalutata appartiene al patrimonio
supplementare, solo in ultima istanza dovrebbe riguardare le ragioni di credito dei depositanti.
Patrimonio di base è a sua volta distinto in due sub-aggregati:
- Common Equity Tier 1 (CET1): capitale primario migliore in assoluto, le stesse voci del patrimonio
netto di un’impresa, quindi capitale sociale, riserve, avanzi utili, aggiustamenti (calcoli di
aggiustamento dati dalla normativa)  azioni ordinarie, sovrapprezzo, riserve..
- Additional Tier 1: composto da strumenti finanziari subordinati (strumenti finanziari giuridicamente
riconducibili alla categoria degli strumenti di debito, sono subordinati a tutto ovvero in caso di
liquidazione della banca solo dopo essere stati pagati integralmente tutti gli altri debiti essi
potranno essere pagati)  giuridicamente sono strumenti di debito, ma di fatto vista la loro
subordinazione sono assimilabili a strumenti di capitale (di cui richiamano alcune caratteristiche
economiche, per esempio la mancanza di scadenza e garanzie, la loro remunerazione può essere
sospesa o modificata senza motivarne le ragioni).
Infine non sempre l’intero importo viene riconosciuto ai fini del calcolo del patrimonio.
Il patrimonio supplementare invece costituisce lo strumento per evitare il mancato rimborso dei debiti
ordinari, è un unico aggregato e si suddivide in:
- Titoli subordinati: sono subordinati a depositi e ai creditori chirografari (ovvero senza garanzie)
della banca, hanno però una scadenza minima di 5 anni e sono rimborsabili a determinate
condizioni.
I tassi d’interesse sono meno elevanti rispetto agli Additional Tier 1, ma anche per questi strumenti
vale la non perfetta coincidenza tra valore nominale e importo utilizzato nei calcoli dei fondi propri
- Alcuni accantonamenti per perdite su crediti: spesso le banche fanno accantonamenti per perdite
su crediti di misura superiore rispetto alle reali perdite, è come se stessero creando una sorta di
riserva
Quindi l’autorità di vigilanza riconosce una quota parte degli accantonamenti come componente
del patrimonio supplementare, come se fosse una riserva occulta

SCALA GERARCHICA DELLA SUBORDINAZIONE (in termini di rimborso)


1) Depositi
2) Debiti ai dipendenti
3) Debiti nei confronti dello Stato e Enti Previdenziali
4) Tutti gli altri debiti
5) Rimborso debito subordinato TIER 2
6) Rimborso debito subordinato Additional TIER 1

Il Legislatore oltre a porre questa distinzione di tipo qualitativo, pone anche dei limiti di natura quantitativa
introdotti in Basilea 1: una banca deve avere una dotazione di fondi propri almeno pari all’8% delle
cosiddette attività ponderate per il rischio.
Il total capital deve essere almeno pari all’8% delle attività ponderate per il rischio (RWA)
TOTAL CAPITAL / RWA almeno pari all’8%
All’interno del total capital sono presenti poi sotto-misure che devono essere sempre rispettate, in
particolare il TIER 1 deve essere almeno pari al 6% delle attività ponderate per il rischio e suo interno il
Common Equity TIER 1 deve essere almeno pari al 4,55 delle attività ponderate per il rischio.
Si tratta di livelli minimi al di sotto del quale la banca non può scendere (se si scende al di sotto di questi
livelli le autorità di vigilanza fissano tempi strettissimi per ripristinare i valori minimi, in caso esso non
avvenga l’ente viene messo in liquidazione), è facoltà dell’autorità di vigilanza fissare dei limiti superiori a
quelli riportati.
Nel corso degli anni accanto a questi livelli minimi sono stati introdotti buffer patrimoniali, ovvero delle
aggiunte ai livelli minimi che le autorità di vigilanza possono decidere e che sono legati anche a ragioni di
vigilanza macro-prudenziale.
Una delle conseguenze della crisi del 2008 è stata la rivisitazione dell’impianto di vigilanza a livello UE ed è
stato creato il comitato per il rischio sistemico che ha compiti di vigilanza macro-prudenziale, proprio
questo comitato ha introdotto queste misure; in particolare gli strumenti di tipo macro-prudenziale
introdotti a seguito della crisi del 2008 sono delle riserve (buffer) aggiunti in termini percentuali ai requisiti
minimi (specificatamente quello legato al Common Equity TIER 1) per dotare le banche di maggiore
patrimonio in relazione all’andamento ciclico dell’economia e in relazione alla loro importanza all’interno
del sistema finanziario.
Le tipologie di buffer più utilizzate sono:
1) Capital conservation buffer: riserva di patrimonio aggiunto al Common Equity TIER 1 e che è legato
alla conservazione del capitale, ovvero è richiesto un ulteriore dotazione di patrimonio per fare in
modo che la banca anche di fronte a gravi situazioni difficilmente vada al di sotto del livello minimo
stabilito del 4,5%. Di norma questa riserva è fissata al 2,5%
2) Countercyclical capital buffer: riserva richiesta alle banche per fronteggiare l’andamento avverso
del ciclo economico, di norma questo buffer viene richiesto in condizioni di particolare espansione
del ciclo economico (la banca produce molti utili)
Di norma varia dallo 0 al 2,5%
3) Systemic risk buffer: non è stata definita una misura, il Comitato Europeo per il rischio sistemico
definisce un’eventuale misura qualora il livello di rischio sistemico dovesse innalzarsi
4) G-SII/O-SII buffer: (operativi) buffer patrimoniali richiesti alle banche a cui viene riconosciuta
rilevanza sistemica; le G-SII sono a importanza sistemica globale, le O-SII sono le other, cioè le
banche sistemiche a livello nazionale
Anche in questo caso la misura è variabile ed è fissata dalle autorità di vigilanza in relazione ad una
serie di parametri
In Italia le banche a rilevanza sistemica sono 4:
- Unicredit: G-SII, ha moltissime partecipazioni a livello Europeo
- Intesa San Paolo
- Monte dei Paschi di Siena
- Banco BPM
Le ultime tre sono O-SII
La Banca d’Italia emette i buffer che le banche 4 banche dovranno accantonare per la loro rilevanza
sistemica; essi sono calcolati in base a parametri quali la dimensione, l’importanza, la complessità,
l’interconnessione finanziaria con il resto del sistema.
Nel caso in cui la banca non è più in grado di rispettare i minimi regolamentari dovrà assolvere ai nuovi
vincoli dati dalla BCE o Banca d’Italia, ovvero procedere ad un rimedio; situazioni rimediali:
- Aumento di capitale sociale che comporti un incremento di punti (aumento di azioni ordinarie)
- Emissione titoli subordinati, con distinzione e specificazione tra Additional TIER 1 e TIER 2
L’osservanza dei buffer viene valutata all’interno del processo chiamato ICAAP per quanto riguarda il
processo interno e SREP per quanto riguarda il processo di revisione svolto dalle autorità di vigilanza.
La prima cosa che le autorità di vigilanza verificano è il requisito minimo patrimoniale di primo pilastro,
ovvero i requisiti minimi fissati dalla normativa uguali per tutti.
In relazione alle caratteristiche della banca esaminata, le autorità di vigilanza possono fissare dei requisiti
obbligatori di secondo pilastro definiti ad hoc.
Una volta definiti i requisiti obbligatori generali e specifici, quindi primo e secondo pilastro, ad essi vengono
aggiunti se previsti i vari buffer.
OCR: Overall Capital Requirements, ovvero la quantità complessiva di requisiti di capitale obbligatoria
previsa per la banca in esame.
A questo requisito obbligatorio di capitale le autorità di vigilanza aggiungono anche la cosiddetta Capital
Guidance, ovvero requisiti aggiuntivi di secondo pilastro (definito quindi in relazione alla singola istituzione
creditizia).
I requisiti obbligatori sono un obbligo mentre la Capital Guidance è una moral suasion da parte delle
autorità; se questo ulteriore requisito non viene soddisfatto le autorità di vigilanza pongono ulteriori
controlli sulla banca stessa.
Per quanto riguarda i requisiti dello SREP, essi non hanno obbligo di comunicazione, in Italia si è optato per
una soluzione di totale trasparenza.
Esempio Intesa Sanpaolo ì:
- Requisito minimo patrimoniale di primo pilastro: 7,8
- Requisito patrimoniale obbligatorio ad hoc: 1,01
Quindi il requisito minimo da SREP è 8,81 di CET 1
- Total Capital Ratio (TCR): 9,79
La banca Intesa supera altamente questi requisiti minimali  dati effettivi a regime
La differenza tra dati effettivi a regime e dati al 30 settembre è che l’ultimo dato ufficiale comunicato al
mercato è quello del 30 settembre, quelli a regime invece sono in ‘anticipo’ rispetto all’ufficializzazione.

Per quanto riguarda il patrimonio bisogna trattare il MREL: Minimum Requirements for own funds and
eligible liabilities
Nel bail-in sono presenti strumenti esclusi e delle passività ammissibili, tra di esse i depositi oltre i 100000
euro, i debiti chirografari (tra cui anche le obbligazioni ordinarie), titoli subordinati e patrimonio.
Il MREL è stato introdotto da BRRD per il migliore funzionamento del bail-in: identificazione di una
categoria di creditori che più delle altre potrebbe sopportare l’onere di un eventuale bail-in.
Si è deciso di identificare all’interno delle passività ammissibili a bail-in, in particolare nell’area dei titoli
subordinati, una sotto-categoria definita MREL o bond cuscinetto che di fatto tra le passività ammissibili,
dopo aver rimborsato i depositanti, dopo i creditori chirografari, sarà la prima quota parte ad essere
aggredita in caso sia necessario ricorrere al bail-in.
Come se fosse un sotto-insieme dei subordinati destinato appositamente a questo scopo  passività
emesse dalla banca appositamente per fronteggiare il potenziale rischio di bail-in
L’obiettivo del MREL è evitare che il bail-in coinvolga la clientela retail
Non tutte le passività possono essere assoggettate a MREL:
- Il valore nominale minimo di questi titoli deve essere pari almeno a 250mila euro, alto in quanto
consente di limitarne la distribuzione ai portafogli degli investitori istituzionali
- Riservato solo a investitori istituzionali

Il principale uso del patrimonio è svolto sui rischi di diverse tipologie normati dagli Accordi di Basilea
Basilea 1: rischio di credito e rischio di mercato
Basilea 2: rischio di credito e rischio operativo
Basilea 3: rischio di liquidità e leverage
Gli accordi di Basilea hanno portato alla definizione di coefficienti patrimoniali minimi obbligatori che le
banche devono osservare.
1) Rischio di credito: le banche stimano la probabilità che i crediti non vengano pagati, quindi
misurano il loro rischio
Pensando alla perdita che ne può derivare si distinguono due componenti:
- Perdita attesa: ciò che ragionevolmente, stante le caratteristiche di debitore, prestito, forma
tecnica ci si aspetta possa tramutarsi in perdita
La perdita attesa viene contabilizzata tramite le rettifiche su crediti  devo esporre i crediti al netto
del loro valore di realizzo, ovvero dedotte già le perdite, quindi calcolo le rettifiche a seconda delle
probabilità che il credito non venga rimborsato, esse sono una voce di costo per la banca e sono
inserite nel CE della banca
- Perdita inattesa: perdita che si manifesta e va oltre la precedente stima, quindi non è stata coperta
negli anni precedenti da rettifiche; in questo caso bisogna avere una dotazione patrimoniale
sufficiente per poter assorbire queste perdite inattese
Da qui l’importanza del patrimonio all’interno di un’azienda e la definizione di un livello minimale
che le banche devono osservare per garantire la capacità di assorbimento delle perdite inattese pur
continuando a operare in continuità operativa
Le perdite su crediti dipendono da una pluralità di fattori identificati dall’Accordi di Basilea 2, in
particolare vengono calcolate le perdite attese.
Maggiore è l’attendibilità degli elementi utilizzati per il calcolo della perdita attesa, minore è la
perdita inattesa
Elementi utilizzati per il calcolo della perdita attesa:
- PD, probility of default: probabilità che l’impresa risulti inadempiente in un determinato arco
temporale; dipende dalle caratteristiche dell’impresa stessa, dal contesto in cui opera, il tipo di
produzione effettuata, dai mercati di approvvigionamento e di sbocco
I successivi tre elementi sono legati anch’essi all’impresa, ma più collegati alle caratteristiche
economico-finanziarie del finanziamento, della presenza o meno di garanzie e dei costi di recupero
- M, scadenza economica residua della esposizione: la scadenza protratta di un prestito riduce
l’attendibilità del calcolo compiuto per trovare le perdite attese, un altro elemento è la forma
tecnica del prestito (per esempio differenza tra apertura di credito e mutuo) che influenza sia
l’ammontare della perdita massima a cui si può andare incontro, sia l’esposizione al momento del
default del prestito stesso, un altro elemento da prendere in considerazione è la presenza o meno
di garanzie e il sostenimento o meno di costi di recupero
- EAD, esposizione al momento del default: a quanto ammonta il credito della banca al momento in
cui si verifica il default, esso dipende molto dalla forma tecnica del credito
- LGD, loss given default: parte di perdita che effettivamente si subirà
Premesso che il calcolo del rischio di credito, in particolare quello della perdita attesa va svolto in
relazione al grado di rischiosità, esistono due metodi per determinarlo:
- Metodo standard: si parte dall’esposizione al momento del default, per un determinato coefficiente
di ponderazione fornito dalle agenzie di rating che stimano le percentuali sulla base delle
caratteristiche del debitore e del prestito, su questo importo ponderato si calcola l’8% (fissato da
Basilea 2
Il problema di questo metodo è che considera tutti i clienti rientranti nell’ambito di una
determinata categoria equivalenti ù
- Metodo IRB, Internal Rate Based: metodo che al posto di utilizzare un dato fornito da un soggetto
esterno, calcola internamente alla banca, sulla base di dati proprietari della banca, quello che è il
potenziale rischio di credito
Il problema è che tutti i dati (PD, LGD, M, Granularity) devono essere calcolati dalla banca sulla base
di serie storiche significative (almeno 5 anni) e devono essere espressamente approvati dalle
Autorità di Vigilanza
Il vantaggio di utilizzare un metodo interno di rating è l’avere coefficienti di ponderazioni inferiori e
soprattutto solo sulla perdita inattesa che si calcolerà l’8%, i metodi interni richiedono un
assorbimento patrimoniale inferiore rispetto al metodo standard
Metodo standard: usa coefficienti di ponderazione dati dalle agenzie di credito esterne (ECA)
Tabella che prevede 4 percentuali a cui se ne aggiunge una quinta utilizzate per essere applicate
all’esposizione al momento del default
Se devo un prestito ad un soggetto la cui classe di rating è compresa tra AAA a AA, al prestito si
applicherà il 20% (coefficiente fornito da ECA), al risultato si applicherà ulteriormente l’8%
Man mano che ci si sposta verso classi di rating più rischiose la percentuale aumenta
Nel caso in cui il soggetto sia privo di rating, il coefficiente di ponderazione applicato è pari al 100%
Inoltre è stato introdotto un coefficiente agevolato a favore delle piccole-medie imprese, che di
solito sono prive di rating: il coefficiente di ponderazione applicato è 75%
I RWA (Risk-Weighted Assets): valore del credito (attività) x coefficiente di ponderazione
Vi è una suddivisione idealw in 4 macro-categorie:
- 0% di peso per le attività liquide  non è richiesto fabbisogno capitale
- 20% attività interbancarie
- 50-150% prestiti a clientela ordinaria
- 50-150% titoli
- 100% altro, tutto ciò che è privo di rating
Servono a calcolare i ratio patrimoniali, infatti il CET1 ratio, il T1 ratio, il Total Capital sono dei
coefficienti che al numeratore hanno una diversa configurazione del patrimonio e a denominatore
sempre le RWA. I valori riportati sono i valori minimali richiesti dalla normativa di vigilanza 4,5%, 6%,
8%
Ipotizzando dei valori di bilancio di una banca bisogna comprendere se essa rispecchia o no i coefficienti
patrimoniali minimi obbligatori?
- Calcolo le singole categorie di RWA: moltiplico il valore di bilancio x peso percentuale (coefficiente
di ponderazione) e poi trovo l’RWA generale frutto delle somme dei singoli (che deve essere
decisamente inferiore al totale dell’attivo di bilancio)
Maggiore è la consistenza delle attività a minor grado di rischio, minori saranno le RWA
- Rapporto l’RWA ai valori patrimoniali, quindi a CET1, T1, TC
- Il leverage è il rapporto di leva, che è calcolato rapportando T1/totale attivo. Non vengono utilizzate
le RWA
In caso sia necessario ridurre gli RWA ho due strade possibili:
- Riduco dimezzando prestiti pesanti  modifico riducendo gli assets di maggiore rischio
- Ricompongo il totale dell’attivo posizionandomi su assets ponderati per un grado di rischio inferiore
(riduco da un lato ma aumento dall’altro, per esempio riduco i prestiti chirografari e aumento quelli
alle piccole-medie imprese)
2) Rischio di mercato: i suoi coefficienti patrimoniali sono molto complessi, l’accordo di Basilea 1
addendum ha deciso che le banche debbano osservare determinati coefficienti patrimoniali minimi
obbligatori per fronteggiare il rischio di mercato a valere sul portafoglio di negoziazione e
sull’intero bilancio (rischio di cambio, rischio di prezzo, rischio di variazione dei tassi d’interesse)
3) Rischio operativo
4) Rischio di liquidità: sono previsti due coefficienti.
- Liquidity coverage ratio (LCR): identifica la capacità della banca di superare fasi di stress acuto
legate alla liquidità nel breve periodo (successivi 30 giorni); deve essere almeno pari al 100%  a
fronte di ogni euro da pagare entro 30 gg devo avere almeno un euro di liquidità. Non devo avere
problemi di sincronia tra entrate e uscite
- Net Stable Funding Ratio (NSFR): stesso ragionamento ma su una scadenza di un anno, a
numeratore le attività liquide o liquidabili entro l’anno, a denominatore le passività a scadenza e
che scadono entro l’anno, anche in questo caso il risultato del ratio deve essere almeno pari al
100%
5) Leverage: patrimonio/totale attivo nominale (non ponderato), si intende il totale generale
Il totale dell’attivo è on&off balance: on balance è costituito da tutte le poste patrimoniali che
arrivano a definire il cosiddetto totale dell’attivo, sotto il totale dell’attivo sono presenti altre poste,
ovvero i conti sotto la linea che appartengono al sistema degli impegni e dei rischi
Tot. Attivo + impegni e rischi = totale generale
Il leverage deve essere almeno pari al 3%
Basilea 4: sarebbe dovuto entrare in vigore del 2022 ma è stato spostato al 2023
Le banche stanno già lavorando nonostante alcune norme entreranno in vigore negli anni complessivi
Phase in: quando le norme sono particolarmente impattanti si prevede un periodo di adeguamento
progressivo per evitare che le banche si trovino in difficoltà nell’attuare integralmente le nuove richieste da
parte dell’autorità di regolamentazione
Nonostante la norma preveda una fase di adeguamento progressivo, spesso i mercati stimano da subito la
capacità della banca di essere rispondente o meno ai nuovi obblighi
Il diverso metodo di calcolo comporta da un lato per il metodo IRB dei costi molto rilevanti, in quanto avere
delle serie storiche affidabili e validate dall’autorità di vigilanza è molto costoso e dura dai 15 e 24 mesi;
tuttavia quando il metodo interno viene validatosi risparmia parecchio capitale rispetto al metodo
standard.
Si è venuta a creare una forte disparità tra le banche che usano il metodo standard e quelle che usano
quello IRB, queste ultime spesse lavorano con dotazione quasi della metà rispetto alle precedenti
Si è pensato di introdurre l’output floor, ovvero un livello minimo di patrimonio che anche le banche che
usano i modelli interni di rating devono comunque osservare.
Per utilizzare il metodo IRB, secondo le autorità di vigilanza, le banche devono avere un patrimonio almeno
pari al 50% del patrimonio che sarebbe loro richiesto se usassero il metodo standard dal primo gennaio del
2023 (si tratta di una percentuale progressiva).
Nella realtà sorgono dei problemi:
- Richiedere capitale di rischio al mercato da parte delle banche è complicato in quanto le banche
arrivano da un decennio di redditività minimale o addirittura assente
Il mercato richiederebbe una remunerazione per il capitale di rischio
- Problema legato al phase-in
L’attività di vigilanza è un continuo processo evolutivo
Vigilanza conoscitiva (o informativa): perchè attraverso una serie di info che le autorità di vigilanza possono
conoscere la situazione della banca che devono controllare
Distinguo due macro-categorie di controlli:
1) A distanza: da parte dell’autorità di vigilanza di norma costituiti da flussi informativi che le banche
devono fornire all’autorità di vigilanza
- Segnalazioni di vigilanza: avvengono periodicamente determinata in proporzione alla proporzione
della banca in questione, alla BCE o alla Banca d’Italia (a seconda se la banca è o meno less
significant); devono essere inviate una serie di attestazioni che certificano il rispetto della
normativa di vigilanza
- Matrice dei conti: segnalazione di una serie di info di natura contabile ed extra contabile che le
banche devono fare in genere con cadenza mensile alle autorità di vigilanza, che una volta
assemblate le informazioni, restituiscono alle banche il cosiddetto flusso di ritorno, ovvero una
matrice dei conti aggregata a livello di sistema  consente di capire come si pone la banca rispetto
al sistema
- Centrale dei rischi: archivio gestito dalla Banca d’Italia che raccoglie tutte le posizioni di credito
erogate dalle banche di importo almeno pari a 30000 per i crediti vivi e di importo almeno pari a 0
per i crediti classificati a sofferenza (quota parte del credito deteriorato di una banca)
Al suo fianco esistono altri archivi centralizzati che raccolgono posizioni di credito inferiori, non
gestiti dalla Banca d’Italia
- Ana-credit: introdotto per le banche dal 2018, si tratta di una centrale dei rischi a livello Europeo,
legata quindi ai crediti erogati da tutte le banche che risiedono all’interno dell’UE. Serve alla BCE
per capire se sono presenti o in crescita situazioni di rischio sistemico
2) On site - ispettiva: alcuni funzionari dell’Autorità di Vigilanza si recano presso la banca per verificare
che le info fornite siano effettivamente corrette
Le visite ispettive possono essere:
- Ordinarie: hanno cadenza periodica e si svolgono all’incirca ogni 4 o 5 anni e la sua durata è
compresa tra 12 e 18 mesi. Di norma sono generali, quindi riguardano tutta l’attività della banca
- Straordinarie: vengono di norma eseguite quando l’Autorità di Vigilanza, dalle segnalazioni che le
pervengono, identifica delle situazioni di anomalia, quindi l’ispezione è mirata riguardante
determinate attività/ aree gestionali che ha evidenziato la problematica
Per quanto concerne le banche significant l’attività ispettiva on site è svolta dai Joint Supervisory Team,
ovvero una squadra di ispettori composta da personale sia della Banca d’Italia, sia della BCE

Vigilanza protettiva: ha l’obiettivo di evitare le conseguenze di una crisi bancaria grazie a norme che
proteggono i risparmiatori; infatti l’obiettivo finale della vigilanza è la tutela del risparmio e dei
risparmiatori, perseguito attraverso l’obiettivo intermedio della stabilità.
Gli strumenti di vigilanza protettiva fanno in modo che la crisi si risolva e che qualora essa sia irrisolvibile sia
comunque garantito la tutela del risparmio.
Si distinguono diversi step:
1) Early Warning System: costituito da una serie di indicatori gestionali che devono essere comunicati
periodicamente e che, se ben individuati, possono comunicare con anticipo l’eventuale insorgere di
situazioni di crisi
Quindi la possibilità di porre in essere delle soluzioni che consentano di risolvere la potenziale o
iniziale situazione di crisi
Generalmente nel RAF sono presenti 3 livelli, ovvero il risk appetite framework (obiettivo a cui la
banca deve puntare), la risk tolerance, risk capacity; quando la banca si trova tra appetite e
tolerance è in una situazione di normalità, quando raggiunge la tolerance o seguenti entra in
situazioni tipiche da EWS
Si tratta di una situazione che potrebbe indicare una potenziale crisi, quindi quali sono le azioni
rimediali che la banca deve porre in essere per migliorare questi indicatori.
La banca annualmente deve redigere il cosiddetto piano di risanamento (anche in situazioni
ottimali), quindi le eventuali azioni rimediali sono tutte parte di un recovery plan precedentemente
studiato da mettere in pratica qualora si venisse a trovare in una situazione di difficoltà
Il piano è lasciato alla libertà decisionale della banca, potrebbero essere aumenti di capitale,
vendita di partecipazioni non strategiche, cessione di una parte della banca in base all’obiettivo
della banca e alla situazione di difficoltà in cui si è venuta a creare (crisi di liquidità, reddituale,
patrimoniale), il piano è estremamente dettagliato ed è accompagnato da una tempistica precisa
con obiettivi prefissati precisi.
Una volta fatto il recovery plan ogni anno deve essere aggiornato e in seguito informata l’autorità
di risoluzione che è la banca d’Italia per le banche meno significative e la Single Resolution
Authority per quelle significative.
Nonostante questo step la situazione di crisi potrebbe comunque non essere arginata, allora l’ordinamento
giuridico prevede due strumenti utilizzati in queste situazioni di crisi:
- Amministrazione straordinaria: usata qualora la crisi sia considerata risolubile, vengono tolti gli
organi di gestione e nominati dei commissari straordinari che prendono il loro posto. A questi
commissari straordinari compete l’onere di riportare in una situazione di normalità la banca,
l’operazione potrebbe anche includere la vendita della banca stessa.
Questa amministrazione ha una durata massima di un anno che può essere prorogata dall’autorità
di vigilanza
- Liquidazione coatta amministrativa: strumento utilizzato quando la crisi non è risolubile, quindi ad
esempio di fronte a crisi di insolvenza
Procedura equivalente al fallimento di un’impresa commerciale, giuridicamente non si parla di
fallimento di una banca ma di posta in liquidazione coatta amministrativa.
In questo caso vengono nominati commissari liquidatori, controllati da un comitato di sorveglianza,
che devono liquidare l’attivo, pagare il passivo e distribuire l’eventuale rimanenza tra gli azionisti
La liquidazione, provvedimento nazionale, deve (dall’entrata in vigore della BRRD) fare i conti con le
procedure di risoluzione che l’UE ha portato.
Questa soluzione viene utilizzata dopo aver tentato uno degli strumenti previsti dalla BRRD

Nonostante l’importante ruolo della vigilanza, la banca deve realizzare una sorta di auto-controllo
Circolare 285 Banca d’Italia: normativa secondaria legata alle norme in materia di organizzazione e
governance.
Prima che la Banca d’Italia valuti l’adeguatezza delle impostazioni, il primo a dover valutare questi aspetti
sono gli organi di controllo interni, in particolare nel modello tradizionale due organi:
- Consiglio di amministrazione: compiti di supervisione strategica e gestione
- Collegio sindacale: compiti di controllo
I compiti sono molto più analitici e dettagliati in relazione al crescere della dimensione della banca
La Banca d’Italia ha fissato un criterio che identifica 3 diverse tipologie di banche per identificare un diverso
livello di complessità di norme che attengono alla governance della banca stessa:
1) Banche di maggiori dimensioni / banche a maggior complessità operativa: banche significant o
quotate
2) Banche intermedie: banche il cui tot. Attivo è compreso tra i 5 e 30 miliardi
3) Banche a minor complessità operativa: tot attivo inferiore a 5 miliardi
Le prime avranno controlli analitici e richieste di implementazione molto più stringenti, in particolare è
fondamentale dotarsi di un efficace sistema di controlli interni.
Gli obiettivi sono quelli di essere conformi alle leggi e ai regolamenti, prevenire situazioni di difficoltà e crisi.
Il sistema di controlli interno si articola su tre livelli:
- Controlli in linea – di primo livello: realizzati dalle stesse strutture operative, rispondono alla
compliance (conformità allo spirito della norma); le cui risultanze sono riportate alle funzioni
centrali
- Controlli di secondo livello: controlli legati alla gestione dei rischi e alla conformità, rispondono a
compliance risk management
- Controlli di terzo livello: di natura ispettiva, gli internal auditor sono ispettori interni che verificano
che le norme regolamentari (sia quelle date dall’autorità di vigilanza, sia quelle stabilite a livello
interno) vengano rispettate
Gli ultimi due sono posti in essere dalle FAC (funzioni aziendali di controllo), che sono separate e diverse
rispetto alla linea e sono costituite da 3 grandi aree, ovvero compliance, risk management e internal audit.
Si tratta di funzioni accentrate presso la direzione e hanno il compito di verificare l’attività svolta dalla
banca.
Uno strumento fondamentale per la buona governance di una banca è il RAF (Risk Appetite Framework),
infatti nel momento in cui fissa i livelli di rischi massimo e minimo a seconda dell’attività presa in
considerazione, aiuta il risk management a valutare se la banca sta andando nella direzione corretta.
Rappresenta delle linee guida della banca identificando gli obiettivi gestionali da raggiungere e le soglie di
attenzione e allarme cui la banca deve porre particolare attenzione.

Attività di vigilanza legata al Covid 19


L’attività di vigilanza deve normare l’attività bancaria ma non ostacolarla; inoltre bisogna considerare il
concetto di pro-ciclicità, ovvero l’insieme di meccanismi tale per cui vengono amplificate le fluttuazioni
cicliche dell’economia.
Le misure pro-cicliche o anti-cicliche sono misure che fanno leva al ciclo in cui si trova l’economia; in una
fase di ciclo espansivo, una misura pro-ciclica aiuta ulteriormente l’espansione, mentre in una fase di ciclo
negativo (fase di riduzione o recessione) le misure amplificano ulteriormente la negatività del ciclo.
Uno degli errori commesso è stato non accorgersi che gli Accordi di Basilea 2, ci sono voluti 6 + 4 anni,
costituivano una misura pro-ciclica.
Basilea 2 ha previsto nuovi requisiti patrimoniali per le banche (ha introdotto l’internal rate based, ha
introdotto misure per il rischio operativo, ha rivisto il capitale) e si basava sul principio per cui è necessario
avere una dotazione patrimoniale in correlazione alla qualità del credito erogato, peggiore è la qualità del
credito erogato maggiore sarà la richiesta di patrimonio effettuata.
Basilea 2 entra in vigore nel 2004 con la fase phase in e a tutti gli effetti nel 2008 e nove mesi dopo scatta la
crisi finanziaria del 2008; la crisi finanziaria si estende all’economia reale, in quanto le banche in situazione
di difficoltà riducono i prestiti e le imprese di conseguenza entrano in crisi che cominciano a non rimborsare
più i finanziamenti, causando la crescita del credito deteriorato della banca, di conseguenza peggiora la
qualità dell’attivo, quindi aumentano le RWA, quindi aumenta la richiesta di patrimonio ma in una
situazione simile nessuno è disposto a dare capitale alla banca.
Siamo di fronte ad un rischio sistemico e il potenziale rischio di bank run.
La Banca dei Regolamenti Internazionale si rendono conto che alcune politiche di natura macro-prudenziale
potrebbero generare delle esternalità negative tipo:
- Fallimento di alcune banche
- Pro-ciclicità: nel 2010 nel momento in cui ci si accorge del problema si inizia a prendere
provvedimenti quali il rafforzamento delle banche dal punto di vista patrimoniale e
sull’eliminazione progressiva delle sofferenze (credito deteriorato) attraverso operazioni di
cartolarizzazione
Nel 2018/2019 le sofferenze sono largamente eliminate e vi è una ripresa dell’economia reale con nuovi
flussi di credito (sano) e miglior condizioni delle banche e del loro patrimonio.
Nell’11 marzo 2020 viene dichiarata la pandemia, il giorno dopo la BCE memore degli errori, sospende in via
temporanea una serie di provvedimenti legati alla gestione dell’emergenza che per loro natura sono pro-
cicliche che avrebbero ulteriormente peggiorato la situazione.
A seconda del tipo di autorità decidono di sospendere o ridurre alcune misure che le banche devono
osservare:
- La BCE consente di operare al di sotti dei livelli minimi previsti dalla guidance del pillar 2
- Al di sotto del liquidity covery duratio
- Ammette strumenti di minore qualità nei requisiti di secondo pilastro
- L’EBA rinvia gli stress test
- Le autorità nazionali sospendono la countercyclical buffer
Vengono presi provvedimenti sia di politica monetaria (operazioni PELTRO) che di natura governativa.
L’obiettivo della BCE e della banca d’Italia è quello di ritornare alle vecchie norme entro la fine dell’anno

Modelli organizzativi delle banche


Scelte di natura strategica che la banca deve operare quando comincia a svolgere la sua attività:
- Tipologia giuridica: forma giuridica che la banca intende assumere
- Scelte di natura organizzativa: che tipo di struttura adottare, quale tipo di attività e servizi intende
prestare
Modelli organizzativi
1990: varata legge Amato Carli che trasforma la banca in un’impresa; il TUB deve ancora essere definito,
quindi l’attività bancaria con carattere d’impresa ancora non è presente.
Fino a quell’anno la banca era un’istituzione, organismo, ente e il suo valore era riconosciuto dalla
costituzione (che tutela e regolamenta il risparmio), erano presenti banche molto specializzate dal punto di
vista temporale, operativo, istituzionale.
Le banche erano focalizzate esclusivamente su un determinato ambito di attività o clientela o geografico.
Tutta l’attività della regolamentazione e vigilanza era connotata da un fortissimo grado di discrezionalità,
ovvero le situazioni simili potevano essere trattate secondo criteri diversi, cosa che negli anni è venuta
meno per improntarsi maggiormente su criteri oggettivi.
La legge Amato Carli consente alle banche di svolgere una serie di attività non strettamente bancarie,
ovvero diverse da raccolta del risparmio e concessione finanziamenti; viene inoltre introdotta la figura del
gruppo bancario (al tempo chiamato gruppo polifunzionale), cioè un insieme economico di imprese che
svolgono attività diverse e che possono offrire alla clientela della stessa banca servizi che fino ad allora
potevano essere erogati solo da soggetti nettamente separati dalle banche
Fino alla fine degli anni 80 il sistema bancario era stabile ma inefficiente, a partire dagli anni 90 si assiste a
livello globale ad una progressiva liberalizzazione dei mercati e quindi ad un ampiamento dell’ambito
operativo (attività diverse dalle due standard) da parte delle banche, l’ampliamento si concretizza anche in
ambiti geografici e tecnologici (primi sportelli bancomat, fino ad allora qualsiasi operazione poteva essere
svolta soltanto in filiale).
Il cambiamento culturale più importante avviene nel ’93 quando dal Testo Unico Bancario viene sancito il
carattere d’impresa per l’attività bancaria, ciò significa tutte le scelte di carattere organizzativo, gestionale e
strategico competono alla banca e non sono più indirizzate dall’autorità.

La banca moderna
Presente su tutti i circuiti di intermediazione con ruoli diversi, quindi sia per quanto concerne sia i circuiti
diretti assistiti o intermediati (attività di collocamento di strumenti finanziari presso la clientela) che quelli
indiretti.
Oggi la banca rappresenta un operatore multi-business, ovvero opera sia nell’ambito dei servizi di
pagamento, sia nell’ambito dei servizi di finanziamento (la novità consiste nella tipologia di finanziamento,
per esempio fino al ’93 il leasing era vietato alle banche), sia nell’ambito dei servizi di investimento e altri
servizi di diverso genere per esempio nel campo dell’e-commerce.
Un’eventuale crisi di questa impresa ha risvolti economico-sociali decisamente più impattanti sul sistema
economico rispetto alle imprese commerciali in senso lato; per questo il peso di regolamentazione e
controlli è decisamente più marcato.
L’attività bancaria è svolta in competizione con altri operatori, diversi a seconda della macro-categoria di
appartenenza:
- Raccolta del risparmio: competizione con intermediari finanziari (fondi comuni di investimento,
compagnie di assicurazione) o società non finanziarie (poste) o con gli Stati Sovrani
- Concessione del credito: si sono aggiunti recentemente nuove forme di concorrenza costituite da
peer to peer landing, ovvero soggetti che realizzano un’attività di prestito tra pari, e market place,
che sono accessibili a prescindere dalla presenza o meno di un intermediario finanziario
- Servizi di investimento: concorrenza con SIM, SGR, Assicurazioni, soggetti tech, questi ultimi
svolgono una determinata attività esclusivamente in maniera remota tramite un uso marcato della
tecnologia, fintech e bigtech, ovvero società tecnologiche che non svolgono attività finanziaria ma
che offrono servizi in maniera concorrenziale tale per cui un eventuali ingresso in ambito finanziario
spiazzerebbe molti intermediari finanziari (per esempio amazon per ora non ha ancora offerto al
mercato strumenti finanziari in senso stretto)
Forme giuridiche che possono essere utilizzate dalle banche:
- Banca costituita in forma di SPA
- Banca costituita in forma di cooperativa (o come banca popolare o come banca di credito
cooperativo)
- Banca costituita come banca di garanzia collettiva: istituzioni che hanno il compito di fornire
garanzie ai soggetti aderenti alla cooperativa, sono banche di secondo livello che non svolgono
un’attività di finanziamento in senso stretto ma fungono da garanti per i finanziamenti dei loro
associati
Le banche di credito cooperativo sono la realtà più diffusa nel sistema italiano, a partire dal 2016 con la
creazione dei gruppi bancari cooperativi (che di fatto sono due) essi hanno stipulato tra tutti gli aderenti il
patto di coesione in cui le capogruppo (Icrea banca e cassa centrale banca) controllano su base contrattuale
le singole BCC (piccole banche di credito cooperativo) che a loro volta sono le azioniste pro-quota della
capogruppo.
La capogruppo di fatto vincola le sue azioniste a lavorare con lei su base contrattuale; è una costruzione
giuridica che consente di evitare di disperdere il patrimonio cooperativo rappresentato dalle BCC e al
tempo stesso salvaguardarne l’integrità.
Le situazioni di potenziale crisi che si sviluppano vengono gestite internamente.

Le peculiarità impresa-banca
1) La banca ha una particolarità costituita dalle sue passività  anche per la banca le passività hanno
sottostante un rapporto giuridico di debito, ma questi debiti sono usati come mezzi di pagamento
2) Alle banche è dato il compito di ridurre le asimmetrie informative  è più facile cogliere il grado di
rischio, si tratta di passività in larga misura protette
3) Si tratta di attività con forte interesse pubblico  necessita di una tutela giuridica vera e propria
4) Attività produttiva sui generis  si tratta di un’impresa multiprodotto caratterizzata da elementi
quali: stretta interdipendenza tra i prodotti, prodotti non provvisti di materialità e prodotti non
suscettibili ad essere brevettati

Elementi che occorre prendere in considerazione nella scelta del modello organizzativo:
1) Ambiente
2) Clientela differenziata o con particolare data anagrafica
3) Ambito della raccolta o degli impieghi
Definizione modello organizzativo sulla base delle decisioni strategiche
I modelli organizzativi stanno subendo grandi cambiamenti a causa della tecnologia, che sta in primo luogo
impattando sulla struttura operativa di una banca e sui conseguenti sistemi di controllo e vigilanza; la
razionalizzazione che sta interessando la struttura operativa delle banche è considerevole, in aggiunta vi è
una progressiva concentrazione che si sta realizzando nel sistema bancario tramite operazioni di fusione e
acquisizione.
Tutti questi elementi stanno portando le banche ad assumere un modello a geometria variabile, ovvero un
modello organizzativo che può essere scomposto e ricomposto rapidamente ed economicamente nel
momento in cui una componente operativa o strutturale o distributiva dovesse diventare obsoleta.
Oggi tutte le banche hanno venduto le fabbriche prodotto legate agli strumenti di pagamento al gestore
principale di carte di credito a sua volta controllato da Nexi.

Diverse tipologie di banking in relazione al tipo di attività e al tipo di clientela servita:


1) Commercial banking  tipologia più storica, svolge l’attività tradizionale della banca tramite la
raccolta del risparmio tramite depositi e la concessione di finanziamenti; ha nel corso degli anni
aggiunto anche la fornitura di servizi di pagamento
In genere questo tipo di modello di banca si rivolge alla clientela di piccole dimensioni (retails), per
questa ragione il termine commercial banking è sovrapponibile con il termine retail banking
L’attività bancaria è semplice svolta tramite operazioni basiche, operazioni standardizzate e
ripetitive che hanno il vantaggio di poter essere rivolte ad un numero ampio di persone, con però
basso valore aggiunto (si compensa col numero di operazioni che si riesce ad effettuare)
Viene normalmente ricondotto al transaction banking, ovvero è rilevante non tanto mantenere la
relazione col cliente, ma mantenere il numero di clienti inalterato
Rappresenta l’ambito bancario nel quale la tecnologia si sta rivelando l’elemento vincente, grazie
alla capacità di veicolare in maniera rapida ed economica
2) Relationship banking: in contrapposizione al transaction banking, in questo caso ciò che conta è la
relazione con cliente e di conseguenza anche la loro fidelizzazione.
Tutta l’impostazione dell’attività bancaria è fatta in modo che la clientela una volta acquisita
permanga per lungo periodo all’interno delle strutture in quanto rappresenta una clientela ad
elevato valore aggiunto.
Questa tipologia di clientela svolge operazioni in numero ridotto ma di importo decisamente più
elevato, con caratteristiche personalizzate e livelli di sofisticatezza elevanti, con richiesta di
competenze e conoscenze più ampio e di conseguenza con una remunerazione per la banca più
elevata
Questa tipologia di organizzazione è definita wholesale banking, ovvero un’attività bancaria
all’ingrosso, che può essere rivolto o alla clientela privata (private banking) o alla clientela impresa
(corporate banking)
Private banking
La clientela da private banking si contraddistingue per la presenza di patrimoni da gestire di
dimensioni importanti, per la gestione di patrimoni sia di natura finanziaria che non, si caratterizza
per un elevatissimo livello di personalizzazione del servizio offerto. Il servizio richiede di essere
molto attento, continuo, legato a strumenti non usuali che richiede competenze importanti
I principali private banking hanno come soglia minima di accesso un importo compreso tra i 5 e i 10
milioni di euro in quanto il patrimonio deve essere consistente per ammortizzare la remunerazione
elevata.
Uno dei servizi principali offerti dalle private bank è legato al passaggio generazionale dei
patrimoni: il problema è che il patrimonio suddiviso potrebbe perdere di valore, si vogliono allora
trovare strumenti, servizi, modalità per cui anche a fronte del passaggio generazionale anziché una
perdita si generi un aumento di valore.
Il private banking può essere svolto sia da banche retail con divisioni specializzate, sia da
investment bank che oltre a risolvere il problema delle imprese gestiscono anche il patrimonio
dell’imprenditore.
Corporate banking
Attività svolta su operazioni di grandi entità rivolta alla clientela impresa e in particolare rivolta alle
imprese di dimensioni medio-grandi o grandi.
I servizi richiesti alla banca vanno al di là del semplice finanziamento, ma si tratta di un’assistenza
finanziaria vera e propria e di gestione della tesoreria dell’impresa; servizi di ottimizzazione della
tesoreria, servizio di copertura del rischio di cambio, servizio di assicurazione dei sui crediti verso
l’estero, servizio di consulenza legato alla rischiosità dei diversi Paesi in cui andare a investire.
Questa organizzazione implica quindi fare assistenza e finanziamento alle imprese sotto tutte le
forme possibili.
Il corporate banking sconfina in un’altra tipologia di banking, il cosiddetto investment banking; si
tratta di una serie di servizi, tra i quali ci sono anche i finanziamenti, rivolti a clienti rappresentati da
imprese di grandi o grandissime dimensioni per la soluzione dei loro problemi finanziari.
La differenza con il corporate banking è che in questo caso spesso e volentieri le forme di
finanziamento sono più evolute e sofisticate che riguardano anche l’accesso al mercato dei capitali
e alle forme di capitale di rischio nelle sue molteplici tipologie.
Per esempio l’attività di private equity: raggruppa una serie di investitori che investono in strumenti
di capitale di rischio di società non quotate.
La logica è quella di investire nel capitale di rischio di un’impresa per consentirle di crescere,
accompagnarla alla quotazione in cui il valore iniziale dell’offerta pubblica la mia partecipazione e in
seguito concludere il rapporto. La remunerazione è la differenza in termini di capitale tra il valore
della partecipazione nel momento in cui sono entrata nel capitale e nel momento in cui esco dal
capitale di rischio.
Investment banking è anche assistere la clientela di grandi dimensioni in tutte le esigenze
finanziarie (per esempio l’entrata in borsa)
Mass & affluent vs private: sono di norma le categorie nelle quali viene distinta la clientela privata,
quindi le persone fisiche e non i clienti impresa.
Affluent sono coloro che non sono ancora arrivati alla soglia minima per essere considerati private
ma o sono molto vicini oppure hanno un tipo di redditi che potrebbe farli arrivare nel giro di breve
tempo.
Mass è costituito da tutta la clientela che predispone di patrimoni che non hanno una crescita
esponenziale ma continua e graduale. I patrimoni rimangono in una fascia medio bassa e non
avranno necessità di servizi particolarmente sofisticati
SMEs (small, medium enterprise) vs corporate  segmentazione su base quantitativa, il livello è
fissato da ciascuna banca
Fino alla fine degli anni ’80 la scelta del modello organizzativo non era un problema, in seguito si diffondono
le banche estere che offrono anche altri tipi di attività che creano concorrenza con i modelli italiani.
Le banche estere possono svolgere operazioni per cui le banche italiane non hanno permesso in virtù del
principio del mutuo riconoscimento, secondo cui se la normativa di un Paese autorizza allo svolgimento di
una determinata attività, essa può essere svolta in tutto il territorio dell’UE.
Per esempio il leasing finanziario, fine anni ’80 era vietata alle banche italiane, ma ad esempio era
consentita a quelle francesi o tedesche.
Ogni banca porta con sé la legislazione del Paese d’origine e il Paese in cui va ad insediarsi è obbligato a
riconoscere questa normativa.
Questa situazione danneggia l’industria nazionale a vantaggio di quella estera, nel 1990 la legge Amato-
Carli introduce nel Paese il gruppo poli funzionale cominciando a garantire alle banche la possibilità di
svolgere, pur tramite società controllate, attività diverse da quella bancaria tradizionalmente intesa
(raccolta di risparmio e esercizio del credito).
Nel ’93 il TUB oltre a recepire il modello del gruppo, introduce il modello della banca universale.
Il modello della banca universale è tipico dell’esperienza tedesca che è consentita permettendo alle banche
di scegliere tra quale dei due modelli organizzativi indirizzarsi.
Modello della banca universale
Banca che può operare su un largo spettro di attività e può operare su tutto l’arco temporale delle
scadenze, prima le banche si specializzavano anche temporalmente; di fatto quindi la banca ora può
operare nel breve, nel medio e nel lungo periodo.
Inoltre l’attività concessa non si limita esclusivamente all’attività bancaria in senso stretto, può svolgere
tutte le attività elencate nel TUB articolo 1F.
La banca universale può anche assumere partecipazioni nel capitale di rischio delle imprese non finanziarie,
questa novità stravolge completamente gli obblighi precedenti a cui erano sottoposte le banche.
Questo modello di banca è organizzato per divisioni, che sono una segmentazione di tipo organizzativo,
però rimane un unico soggetto giuridico, un’impresa unica.
Le attività che le sono concesse svolgere sono tutte quelle dell’articolo 1F del TUB, ad eccezione di quelle
con riserva di legge, ovvero l’attività assicurativa e la gestione collettiva del risparmio.
Il fatto che la banca possa svolgere molteplici attività la rende un intermediario multi-prodotto, multi-
business e multi-clients; si rivolge quindi a clientela retails, private, business, corporate, piccole-medie
imprese.
Fornisce una serie di prodotti e servizi finanziari, e di fatto raggruppa i vari banking tramite divisioni:
- Divisione investment banking
- Divisione private banking
- Divisione retail banking
I vantaggi di un modello organizzativo di questo genere sono:
1) Possibilità di sfruttare le economie di diversificazione e di costo: maggiore è il numero dei prodotti
e servizi erogati, maggiori saranno le economie che da esse derivano. Per esempio considerando
l’informazione come fattore di input essa può essere utilizzata da tutte le divisioni, in questo modo
l’informazione diventa patrimonio collettivo condiviso della banca fruibile a tutti, questo genera
risparmi non indifferenti.
Le economie di costo si verificano per esempio quando l’operatore bancario propone allo stesso
cliente una pluralità di prodotti o servizi, il soggetto a capo è sempre il medesimo; attraverso una
singola figura che ha un costo definito è possibile erogare una serie di prodotti e servizi per i quali
prima occorrevano diverse risorse
2) Possibilità di offrire una gamma completa di prodotti e servizi alla clientela: da questa possibilità la
consolidazione la relazione di clientela (caratteristica del relationship banking). Risulta più semplice
stringere relazioni di lungo periodo, che consente di conoscere al meglio il cliente e di conseguenza
anticipandone le richieste
3) Stabilizzazione dei profitti della banca: l’erogazione di un maggior numero di servizi e prodotti
consente di compensare il venir meno dei profitti di un prodotto, servizio o segmento di attività con
quelli di un’altra area di attività; in questo modo il profitto finale è stabilizzato anche se all’interno
saranno presenti divisioni più redditizie rispetto ad altre.
Problemi:
1) Il fatto che la banca universale è organizzata in maniera divisionale al suo interno fa si che sia
fondamentale creare meccanismi di coordinamento e controllo efficaci, altrimenti si corre il rischio
che ogni divisione lavori singolarmente
2) Le potenziali spinte centrifughe: può accadere che qualche divisione, particolarmente redditizia,
decida di separarsi dalle altre, per cui vengono meno le direttive date dall’organizzazione centrale.
Svantaggi veri e propri:
3) Risulta molto facile che all’interno della banca universale sorgano conflitti d’interesse, in particolare
in quelle che accanto all’attività di finanziamento tradizionale svolgono anche attività di
intermediazione mobiliare; per questa ragione sono presenti delle best practicies a livello
internazionale e delle regole ben precise che sovraintendono e regolamentano i conflitti,
nonostante questo non è possibile escludere a priori che questi conflitti non si possano manifestare
4) Man mano che le dimensioni crescono la struttura organizzativa diventa sempre più complessa e i
meccanismi organizzativi di gestione e controllo sempre più vischiosi. Risulta difficile farli
funzionare in maniera efficiente, quindi con i minori costi possibili, ed efficace, ovvero che le
risultanze siano chiare e non siano presenti conflitti di interesse
5) Lo svolgimento di più tipologie di attività determina diversi livelli di rischio, i quali, cumulati,
possono dar luogo ad un grado di rischio complessivo superiore alla somma dei singoli rischi Questo
perché l’effetto complessivo può risultare maggiore rispetto quello che si avrebbe svolgendo le
attività in maniera separata. (assomiglia al rischio sistemico, per cui il rischio che a livello
complessivo la gestione diventi ingestibile per il verificarsi di una pluralità di rischi
contemporaneamente)
6) La possibilità di poter liberamente assumere partecipazioni, quindi capitale di rischio, nel capitale di
imprese non finanziarie
La possibilità quindi di poter diventare azionista di imprese e industrie.
Il pericolo è che la banca universale diventi banca mista, che nel passato diede origine a crisi che
hanno originato crisi ancora più gravi. Per esempio quanto successe in Germania, Paese per
eccellenza delle banche miste, che ancora oggi ha le principali banche sono miste, quindi sono
anche le principali azioniste dei principali gruppi industriali tedeschi.
La banca mista, diventando azionista di un’impresa industriale, può venire coinvolta nell’eventuale
suo fallimento.
Nel 1915 con lo scoppio della guerra la produzione industriale deve essere convertita in produzione
bellica, che al termine della guerra deve essere convertita nuovamente; molte imprese non
riescono in questa riconversione, per cui le banche italiane azioniste di queste imprese entrano in
crisi.
Le banche avevano erogato finanziamenti e una volta confermata l’ipotesi che non ci sarebbe più
stato modo di recuperarli, hanno convertito il capitale di credito in partecipazioni (capitale di
rischio), ma in questo modo se l’impresa fallisce anche la banca perde l’intero valore della
partecipazione. La banca italiana di sconto è fallita, mentre il credito italiano, il banco di Roma e la
banca commerciale italiana, sono state nazionalizzate attraverso l’IRI.
In Germania la situazione non fu così facilmente risolvibile.
La soluzione a questo tipo di svantaggio è la limitazione della possibilità della banca di assumere
partecipazioni nel capitale delle imprese

Modello del gruppo bancario


Si contrappone al modello della banca universale.
Si tratta di un modello che prevede la presenza di un gruppo d’imprese (pluralità di soggetti giuridico) che
compone un unico soggetto dal punto di vista economico.
Questo gruppo d’imprese svolge un’attività bancaria, finanziaria, assicurativa, di gestione collettiva del
risparmio e tutte le attività finanziarie presenti nell’articolo 1F, comprese quelle con riserva di legge ed è
governato da una holding che può essere pura o mista.
Se è pura la capogruppo svolge solo e unicamente attività di holding, quindi gestisce le partecipazioni e da
le linee di coordinamento di tutte le imprese appartenenti al gruppo (linee strategiche).
Se è mista la capogruppo rappresenta una società che oltre a dare la linea strategica del gruppo, oltre a
gestire le partecipazioni, svolge anche un’attività, tipicamente quella bancaria.
La holding mista è di norma il modello di gruppo utilizzato dalle banche italiane.
Anche in questo modello, in maniera meno evidente, è presente il fenomeno delle economie di
diversificazione, infatti per esempio l’informazione viene veicolata attraverso tutte le società appartenenti
al gruppo.
Inoltre in questo caso sono presenti anche economie di specializzazione, ovvero i risparmi di costo che
derivano dall’elevato livello di specializzazione che una società consegue svolgendo una sola attività.
Questo modello è quello storico, adottato prima del TUB, agli inizi degli anni ’90 per realizzare
diversificazione.
La scelta di indirizzarsi verso una holding pura o mista è una scelta organizzativa del gruppo; ci sono alcune
banche che hanno da subito optato per una holding pura, altre che hanno optato per quella miste e infine
altre ancora che hanno variato nel tempo.
Non vi è superiorità di un modello rispetto ad un altro.
Possono poi essere presenti subholding, ovvero holding che dipendono da quella a capo del gruppo e
sovraintendono a tutte le attività specializzate in un determinato settore.
Il gruppo può avere varie configurazioni/modelli:
1) Modello funzionale: tipico dei gruppi di più piccole dimensioni, realizzato attraverso una strategia di
acquisizione di società specializzate per fornire in maniera integrata un’offerta completa alla
clientela. Holding che controlla le varie società specializzate, che offrono alla clientela tutti i servizi.
2) Modello federale: deriva da operazioni di aggregazione progressive e da aggregazioni che
incorporano all’interno di un determinato gruppo bancario diverse realtà locali. Servizi comuni
gestiti a livello centrale, per esempio la gestione del risparmio collettiva, e pluralità di servizi gestiti
a livello locale autonomi.
Il modello federale venne inizialmente adottato dall’Intesa San Paolo nel momento in cui acquistò
tutte le banche: prima di eliminare il nome, la tradizione e la relazione basata su motivazioni di
carattere localistico, ha assorbito e controllato le banche attraverso la sua divisione banca dei
territori, ma ha mantenuto il nome della banca.
Il modello federale è spesso utilizzato come modello di transizione.
Le divisioni possono essere per prodotto, per segmento di clientela o per area geografica; inoltre
possono essere presenti modelli divisionali ibridi in cui coesistono divisioni di diversa tipologia,
questi ultimi sono più comuni nella realtà (per esempio Intesa San Paolo)
A capo di ciascuna divisione è presente un responsabile di divisione che risponde direttamente al
consigliere delegato (CEO), che governa anche tutta un’altra serie di aree di servizio prestati dal
gruppo a favore di tutte le società del gruppo.

Sia il modello organizzativo di gruppo bancario, sia il modello a banca universale presentano vantaggi e
svantaggi, uno dei principali vantaggi del gruppo bancario è la specializzazione, allo stesso tempo presenta
lo svantaggio della burocratizzazione (avendo diverse strutture giuridiche da mantenere sono presenti costi
strutturali importanti).
Non bisogna confondere i gruppi bancari con i conglomerati finanziari, si distinguono per la presenza
all’interno del gruppo di imprese attive in maniera significativa nel settore assicurativo, bancario e nei
servizi d’investimento. La presenza in almeno due di questi tre comparti deve essere particolarmente
significativa.
In Italia sono presenti due conglomerati: Generali e Mediolanum
Generali ha come settore prevalente l’attività assicurativa, il secondo quello bancario finanziario
Il problema dei conglomerati finanziari è che l’autorità di riferimento: la definizione di conglomerato
finanziario riconosce una specifica autorità coordinatrice, che ha priorità nei controlli e a cui le altre
autorità che vigilano sugli altri segmenti devono riferire.
Queste due tipologie di modello sono caratteristiche delle banche di grandi dimensioni, le altre rientrano in
modelli quali:
1) Banca specializzata: svolge specificatamente una o due attività inscritte nell’articolo 1F del TUB, si
concentra su un determinato prodotto o servizio, oppure si specializza per canali distributivi (per
esempio banca esclusivamente online) o zona geografica (per esempio banca di credito
cooperativo).
2) Banche specializzate che lavorano in un sistema a rete: tipico delle banche di credito cooperativo,
hanno una capogruppo che eroga i servizi e progetti comuni, lasciando alle banche lo svolgimento
dell’attività bancaria di tipo tradizionale
Nelle diverse tipologie di banking per alcune la distribuzione è un fattore strategico importante, in
particolare per le banche che svolgono attività riconducibile all’ambito retail.
Sono presenti alcuni fattori considerati nel momento in cui bisogna scegliere quali canali distributivi
utilizzare: un primo fattore fondamentale è il mercato che si intende affrontare (sia quello attuale che
potenziale), in seguito i servizi tipici da offrire, come si sta muovendo la concorrenza, vincoli di bilancio,
compatibilità delle scelte distributive con la rete esistente (elevata senority), potenzialità operative dei
singoli canali, costi di investimento e gestione, flessibilità organizzativa, necessità di integrare a pieno titolo
i nuovi canali all’interno della struttura esistente.
Infine è importante evitare fenomeni di cannibalizzazione tra canali distributivi, con il quale viene
identificata la possibilità che un canale si sviluppi a danno di un altro.
Anche in assenza di fenomeni straordinari che hanno indotto un’assenza dei luoghi ordinari, quali la
pandemia, l’importanza delle filiali e i cosiddetti sportelli continua man mano a venir meno per diverse
ragioni:
- Processo di progressiva concentrazione a seguito di operazioni di fusione e acquisizione  da cui
derivano processi di riorganizzazione e ottimizzazione delle risorse: due filiali di una stessa banca
genera costi non giustificati
- Riduzione della redditività: fenomeno che si è verificato dopo la crisi finanziaria principalmente,
occorre ridurre i costi di struttura e delle risorse umane, quindi ridurre la struttura distributiva
- Pressione competitiva: fino alla meta del decennio zero la pressione competitiva era originata da
altre filiali e da banche reti (che si avvalgono delle reti dei promotori finanziari, consulenti
finanziari), negli ultimi 15 anni il concorrente è diventato la tecnologia, non è più presente un
concorrente omologo costituito da soggetti tecnologicamente molto più sviluppati: BigTech
- Cambiamento nella domanda di prodotti e servizi finanziari
- Sviluppo tecnologico
Ormai gli intermediari e le banche sono multi-canale: le stesse banche reti fino a pochi anni fa avevano
come unico canale distributivo quello dei consulenti finanziari, a cui oggi affiancano un canale fisico
costituito da alcune filiali e uno digitale costituito da app.
Filiali light: luoghi non presidiati da presenza umana, in cui sono presenti terminali intelligenti presso i quali
è possibile svolgere tutta una serie di operazioni di complessità e numerosità superiore a quelle tradizionali
degli sportelli.
L’ultima frontiera non ancora implementata è costituita dai social media, che potrebbe essere utilizzato in
quanto presenta caratteristiche comunicative notevoli, gli svantaggi sono a livello di reputazione e sicurezza
nell’operatività.
FinTech: tecnologia applicata alla finanza  rami della finanza nel cui ambito si fanno rientrare i servizi
basati in larga misura o esclusivamente sulla tecnologia; gli ambiti sono l’attività bancaria tradizionale,
gestione dei patrimoni, pagamenti, assicurazione, moneta e richiesta di capitale
TechFin: tecnologia a servizio della finanza  strumenti tecnici attraverso i quali è possibile offrire servizi
finanziari e strumenti con i quali veicolare
Le FinTech operano principalmente in 4 ambiti:
1) Sistema dei pagamenti: maggiore numerosità di FinTech
2) Prestiti commerciali e al consumo: per esempio il lending o crowdfunding
3) Consulenza finanziaria
4) Attività assicurativa
Il fenomeno del FinTech nasce e si sviluppa come fenomeno extra-bancario, completamente estraneo al
sistema bancario di tipo tradizionale, che negli ultimi anni si è sviluppato in maniera esponenziale fino a
diventare competitivo nei confronti delle banche tradizionali.
Molte banche in prima battuta hanno scelto di cooperare con le FinTech tramite accordi, in seguito molte
hanno deciso di integrarle tramite acquisizione, per poter garantire al meglio i servizi basati sulla tecnologia
sempre più richiesti.
I vantaggi sono legati alla riduzione dei costi e da personale giovane, dinamico e molto competente senza
equivalenti; in questo modo il modello di gestione della banca è molto più adeguato rispetto alle nuove
esigenze che nascono dal mercato.
I vantaggi per le FinTech sono legati alla reputation che acquisiscono integrandosi alla banca, alla
regolamentazione e alla compensazione della propria capacità tecnologica con la scarsa dimestichezza con
le conseguenze sistemiche in termini di rischio che l’operatività può determinare.
Quasi tutte le FinTech sono prive di risk management, che potrebbe facilmente far tracollare tutta
l’istituzione.
Tutte le principali banche italiane stanno predisponendo un canale interamente digitale; alcune hanno
cercato di svilupparlo in proprio scoprendo però elevatissimi costi di realizzazione, che li ha costretti ad
appoggiarsi a FinTech.

Gestione della banca


Nell’analisi si farà riferimento dati di bilancio della Banca Popolare dell’Emilia Romagna (BPER), di medio-
grandi dimensioni, protagonista di una crescita importante anche attraverso operazioni di carattere
straordinario.
La banca può operare sia come asset transformer (natura tipica) sia come asset broker (prestatore di
servizi, facilitatore d’incontro tra domanda e offerta); quindi l’attività bancaria presenta connotati molto
diversi a seconda dell’attività presa in considerazione.
Inoltre l’output di questa attività è molto diversificato, i servizi prestati dalla banca sono tra loro molto
sfaccettati; questo aspetto comporta dei costi elevati di diversificazione.
La banca è un’impresa di servizi, l’output bancario è distinto da quello di un’impresa di servizi generica per:
- In larga parte i servizi prestati dalla banca sono di natura intangibile
- Elevata componente fiduciaria: il maggiore asset di una banca non compare né nel patrimonio né in
bilancio, la fiducia è un asset intangibile che non ha rappresentazione valoriale e contabile ma
fondamentale per una banca
- Stretta correlazione tra attività di produzione e di erogazione: era quasi sempre svolta all’interno
della filiale (luogo di produzione ed erogazione del servizio), questa congiunzione si è man mani
ridotta fino a non esistere quasi più. Le ragioni sono due: le banche hanno separato alcune attività
in proprio demandandole a soggetti diversi anche se controllati e la tecnologia, che ha portato la
separazione tra produzione ed erogazione.
- Molti servizi richiedono una forte partecipazione da parte del cliente
La banca è anche un’impresa dall’input particolare:
- Hard skills: ovvero capitale proprio e tecnologia, input uguali dalla realtà aziendale esaminata 
sono componenti in crescita dal punto di vista dell’importanza dimensionale, l’information
technology per l’importanza e continuità degli investimenti richiesti (spesa sostenuta per garanzia
della sicurezza dei sistemi informativi). Il capitale proprio è l’elemento per eccellenza della banca
per poter svolgere l’operatività, infatti tutto è parametrato al capitale proprio in quanto è oggetto
di quasi tutti i vincoli di natura regolamentare. Il capitale costituisce il primo presidio a fronte del
rischio d’impresa.
- Soft skills: costituita dalle risorse umane (HR), per cui sono necessarie competenze e conoscenze
legate alla maggiore inter-relazione su tutti gli ambiti dell’operatività bancaria; non sono più
richiesti specialisti ma competenze di carattere trasversale.
Sono fondamentali due aspetti: uno legato alla tecnologia e l’altro alla gestione dei rischi + l’ambito
di natura regolamentare
L’ultimo aspetto fondamentale di input per una banca è l’informazione, i maggiori competitor sono
le BigTech, che permettono di sfruttare al meglio il bacino di informazioni disponibile

Riassumendo, la banca ha un output diversificato, è un’impresa multi-prodotto, multi-cliente, multi-


mercato ma con un unico equilibrio gestionale dal punto di vista economico, finanziario e patrimoniale.
Le banche come le altre imprese hanno come obiettivo ultimo la creazione di valore per tutti gli
stakeholders (mentre gli shareholders sono gli azionisti).
Fino a pochi anni fa l’obiettivo di creazione del valore era un obiettivo riconducibile unicamente agli
shareholders, mentre in seguito si è compreso che la creazione di valore deve essere a vantaggio di tutte le
categorie di stakeholders che entrano in contatto con la banca, quindi per esempio anche clientela,
dipendenti, contesto economico-sociale o ambientale all’interno della quale la banca opera.
Le banche sono state tra le prime imprese a redigere la cosiddetta relazione/dichiarazione non finanziaria
(o bilancio sociale) che di fatto è una relazione analoga a quella finanziaria ma nella quale la banca dichiara
come ha creato valore nei confronti delle diverse tipologie di stakeholders (generare redditività).
Il fine ultimo di un’impresa è perdurare nel tempo, per cui è necessario produrre valore generando reddito,
che serve anche alla banca per svilupparsi attraverso investimenti di capitale e per pagare i suoi fattori
produttivi.
Mentre in un’impresa non bancaria la redditività è l’elemento fondamentale, per la banca l’equilibrio si
gioca anche dal punto di vista di liquidità e solvibilità. La banca oltre ad essere redditizia, deve garantire
anche condizioni di liquidità e solvibilità, tra loro strettamente correlate.
Liquidità: capacità di una banca di far fronte alle uscite correnti con le entrate correnti  equilibrio
finanziario
Sono strettamente correlate in quanto se ad una banca viene a mancare la liquidità, la principale
conseguenza è una situazione di insolvenza.
Solvibilità: capacità di far fronte ai propri impegni a prescindere dall’orizzonte temporale
L’equilibrio di una banca è unico, ma visto sotto tre diverse ottiche:
- Equilibrio finanziario: entrate correnti = uscite correnti
- Equilibrio patrimoniale: tot attivo maggiore tot passivo
- Equilibrio reddituale: ricavi maggiori uguali ai costi
L’equilibrio di declina secondo forme diverse a seconda del modello di business in cui si declina la banca.
- Commercial banking: il ruolo svolto dalla banca in larga prevalenza è quello di asset transformer.
Svolge un’attività bancaria abbastanza tradizionale, ovvero raccoglie depositi e concede
finanziamenti
- Investment banking: il ruolo svolto in larga prevalenza è quello di asset broker. Prevalentemente
svolge consulenza, questo giustifica la natura di broker; cerca di far incontrare le esigenze senza
assumere rischio.
Equilibrio reddituale
Il CE di una banca è di norma redatto in forma scalare, evidenzia quindi risultati intermedi, tra cui margine
d’interesse e margine d’intermediazione.
Margine d’interesse: margine attenzionato nel caso di una commercial bank, sul quale porre attenzione
perché dimostra la capacità della banca di generare reddito.
Margine di intermediazione: risultato intermedio sul quale pongo attenzione nel caso di un modello
investment
Redazionalmente parlando, il margine d’interesse è il primo risultato intermedio.
Il margine d’interesse ha ancora valenza significativa, ma anche per le banche di tipo commercial
l’attenzione si sta spostando sul margine d’intermediazione
Equilibrio finanziario
- Commercial banking: equilibrio dato da un’adeguata sincronia, in termini temporali e tecnici, tra
depositi e impieghi (scadenze medie attivo e scadenze medie passivo). Inoltre deve essere in grado
di chiudere il circuito di pagamenti, per cui tutte le entrate e uscite generate tornino comunque alla
banca stessa (accredito dello stipendio gratuito)
- Investment banking: dal momento che non è presente un’attività di finanziamento particolarmente
importante, non sono stati riscontrati grandi problemi di equilibrio finanziario e sincronia tra
depositi e impieghi. Hanno però un funding/raccolta da realizzare. Se viene a mancare la fiducia di
mercato, perché può venir meno l’equilibrio finanziario, è difficile che egli dia altre risorse.
Poiché il funding realizzato da questo tipo di modello è prevalentemente all’ingrosso, ovvero tra
pari, sono i primi ad accorgersi della situazione di difficoltà, per esempio da un eccessivo accesso al
mercato interbancario o un eccessivo ricorso al rifinanziamento marginale presso la BCE
Equilibrio patrimoniale
- Commercial banking: si ha l’equilibrio quando si dispone di risorse patrimoniali adeguate sia da un
punto di vista aziendale in senso stretto (patrimonio commisurato alle dimensioni dell’attività), sia
da un punto di vista regolamentare, ovvero sono presenti fondi propri e patrimonio di vigilanza
giudicato idoneo dalle autorità (idoneo a minimizzare il grado di rischio insito nell’attività
- Investment banking: il patrimonio rileva in maniera inferiore, in quanto l’attività di prestito è
marginale; il questo modello è rilevante il rischio operativo e reputazionale

Aree gestionali di una banca


Lo Stato Patrimoniale si costituisce di 4 categorie di attività:
- Riserve di liquidità: casse e disponibilità liquide
- Gestione dei prestiti: ovvero i finanziamenti, è la categoria che se risulta più influente delle altre
rappresenta una banca di tipo commercial
- Gestione di portafoglio titoli di proprietà della banca
- Immobilizzazioni
Per quanto concerne le passività:
- Raccolta diretta: nella quale la banca è debitrice nei confronti della clientela
- Gestione del patrimonio: il patrimonio netto rappresenta quello contabile, molto diverso da quello
riguardante i fini di vigilanza (fondi propri)
Controparti abituali delle macro-aree sopra citate:
- Gestione prestiti  la controparte a cui viene concesso un prestito solitamente sono famiglie,
imprese o soggetti
- Gestione del portafoglio titoli  mercato e tutti gli operatori che vi appartengono
- Raccolta diretta alle banche  famiglie, investitori istituzionali, imprese
Lo Stato Patrimoniale ha delle aree gestionali trasversali che riguardano tutto l’intero bilancio: risk
management, gestione integrata dell’attivo e del passivo (ALM), gestione della tesoreria e della liquidità.
Queste tre arre gestionali della banca si interessano di tutta l’attività della banca e non di una singola area
gestionale.
Risk management: valuta il grado di rischio nell’attività bancaria complessiva, quindi per esempio non solo
nei prestiti ma anche nella raccolta
Gestione integrata dell’attivo e del passivo: area gestionale che si occupa di realizzare l’equilibrio temporale
tra attivo e passivo ed eventualmente di coprirsi nel caso in cui si verifichino squilibri temporali
Gestione della tesoreria e della liquidità: entrambi riguardano la liquidità di una banca, ma mentre la
liquidità è un’attività ed è un’attitudine che la banca misura sul breve periodo (in genere pari ai 30 giorni),
la tesoreria è una liquidità giornaliera, ovvero è l’area di gestione che fa in modo che le entrate di quel
giorno siano necessarie e sufficienti per far fronte alle uscite di quello specifico giorno. I due concetti sono
strettamente correlati.
La tesoreria è l’organismo a cui arrivano giornalmente tutti i flussi in entrata e uscita della banca, che
dovranno essere in equilibrio; attenzione che anche la liquidità eccessiva è un costo per la banca
Ripartizione dei servizi offerti alla clientela da parte delle banche:
- Servizi di finanziamento – dare
- Servizi di investimento – avere
- Servizi trasversali che possono avere rappresentazione contabile sia in dare che avere: servizi di
pagamento, consulenza, gestione e accessori

Raccolta totale
La raccolta di una banca non è soltanto in forma diretta, per cui è debitrice nei confronti del cliente, ma è
presente anche una rilevante raccolta indiretta, ovvero quelle somme che la banca raccoglie e amministra o
gestisce (amministrata: riconducibile ad una scelta del cliente, gestita: delega di gestione che viene affidata
alla banca affinché la investa secondo criteri di carattere generale).
La raccolta indiretta non si trova nel bilancio, si rileva attraverso scritture extra-contabili
Massa fiduciaria: raccolta diretta + raccolta indiretta
La massa fiduciaria è l’indice di fiducia che le banche espongono quando devono confrontarsi tra di loro:
maggiore è la massa fiduciaria, maggiore è la fiducia della clientela riposta nella banca
Misurata attraverso il volume complessivo delle risorse date alla banca sia sottoforma di raccolta diretta, sia
sottoforma di strumenti finanziari realizzati attraverso la raccolta gestita e amministrata.
Se alla massa fiduciaria si somma la raccolta assicurativa, si ottiene un indicatore complessiva della massa di
risorse finanziarie intermediata dalla banca.
A volte le banche espongono la raccolta assicurativa all’interno di quella diretta.

La gestione dei prestiti


L’area gestionale più importante di una banca di tipo commerciale
Prestiti: impieghi (che potrebbero essere in prestiti o in titoli) o crediti (crediti nei confronti di altre banche
o crediti nei confronti della clientela).
Al momento ci occuperemo di crediti verso la clientela ordinaria, che costituiscono la parte preponderante
in una retail bank
La clientela ordinaria di una banca sono le imprese, le famiglie, le istituzioni senza fini di lucro (ma non
appartengono alla pubblica amministrazione) ed enti pubblici; invece per quanto concerne altri
intermediari finanziari, alcune banche distinguono tra banche e altri intermediari finanziari, collocando i
crediti nei confronti delle prime in una voce apposita e i crediti nei confronti degli altri nei crediti a clientela
ordinaria, altre li considerano tutti insieme.
Dalla gestione dei prestiti bisogna distinguere gli aspetti tecnici (parte tecnico-operativa di erogazione in
senso stretto) da quelli politici, la politica dei prestiti implica una fase preliminare riguardante le scelte che
una banca compie in termini di erogazione dei finanziamenti.
Sono presenti numerose asimmetrie informative, in particolare quelle specifiche degli intermediari, quali
selezione avversa e l’azzardo morale (prima e dopo la concessione del finanziamento).
Parlando di prestiti, quindi finanziamenti, si parla tipicamente di rapporti bilaterali, in cui è molto rilevante
la forza contrattuale dei soggetti coinvolti.
Fasi principali della gestione dei prestiti:
1) Scelte a riguardo dell’attività principale
- A chi rivolgere i prestiti, quale segmento di clientela
- Quali forme tecniche privilegiare
- Durata dei finanziamenti: quelli a breve termine solitamente non sono assistiti da garanzie ma per
cui è possibile valutare con maggior grado di certezza gli scenari evolutivi che la banca può trovarsi
di fronte, a lungo termine è più incerto ma vi è la forma di garanzia delle forme tecniche
2) I processi di gestione del credito: come un credito viene gestito all’interno dell’organizzazione della
banca
3) Screening: scelta della clientela, definizione delle condizioni al quale erogare il prestito, tra le quali
fondamentale è il pricing, ovvero il prezzo da applicare al prestito in erogazione
4) Monitoring: per molto tempo ridotta, oggi è una fase fondamentale

Strategie e politiche creditizie


Decisione del modello di business da adottare, per esempio decidere se fare commercial o investment
banking; optare per il commercial presenta caratteristiche di maggiore facilità del reperimento della
clientela, maggiore redditività delle operazioni di finanziamento concesse ma maggiore rischiosità, mentre
l’investment si connota per un grado di rischio diverso ma che richiede conoscenze, competenze e una
tipologia di clientela che non sempre una banca può avere a disposizione.
Poi c’è una scelta gestionale che riguarda l’obiettivo generale che vi si pone: per esempio minimizzare il
rischio di credito (conservativo) sulla base del quale si selezionano le operazioni che si vogliono svolgere.
Altri obiettivi potrebbero essere la massimizzazione dei rapporti con la clientela, quindi puntare ad
un’attività di banking di tipo relationship che potrebbe comportare la rinuncia ad una quota parte di reddito
nell’immediato per la garanzia della stabilità del reddito attraverso relazioni di lungo periodo con la
clientela.
Inoltre è necessario tener conto di tutto l’aspetto regolamentare che connota l’attività di erogazione del
credito:
- Diversa ponderazione assegnata alle tipologie di credito attraverso il calcolo delle rwa: se si vuole
puntare alla massimizzazione del credito, quindi a far credito alle imprese più rischiose, bisogna
tenere in conto che esse hanno i coefficienti di ponderazione ai fini del calcolo delle rwa più elevati
Se si opta per effettuare prestiti con minori opportunità di redditività, i mutui per esempio, si ha la
garanzia di minor peso di calcolo nelle rwa
- Limite individuale: non si può erogare ad un unico soggetto economico, che potrebbe anche essere
composto da una pluralità di soggetti giuridici, finanziamenti per un importo superiore al 25% dei
fondi propri (patrimonio di vigilanza)
- Grandi fidi: tutte le linee di credito che va oltre il 10% dei fondi propri
La somma dei grandi fidi deve essere contenuta almeno al 40% dei fondi propri
Una volta chiari gli obiettivi strategici generali presi ancora prima di iniziare ad operare, è necessario porre
in essere politiche vere e proprie di gestione del credito e rischio ad esso collegato  credit risk
management che si articola in scelte riguardanti:
- Composizione del portafoglio prestiti: con quali forme tecniche vengono erogati, a quali segmenti
di clientela, con quale grado di diversificazione all’interno dei diversi settori dell’economia, con
quale livello di frazionamento nel finanziamento del fabbisogno complessivo di un determinato
cliente  Politiche di portfolio management
- Pricing: prezzo da applicare, in quanto il denaro è un bene venduto dalle banche e ha un prezzo
Il prezzo è rappresentato dal tasso d’interesse, o meglio è una delle componenti del prezzo
applicato. Il pricing complessivo è formato da una serie di elementi, tra i quali bisogna tenere in
considerazione la perdita attesa
- Criteri di selezione: oltre il livello di perdita attesa è fondamentale considerare quali sono i progetti
con miglior rapporto rischio/rendimento

Decisioni di composizione dei portfolio


- Fattori micro: riguardano la banca al suo interno, questi fattori vanno ad influenzare l’offerta
complessiva del credito, per esempio il costo del funding che la banca deve sostenere per reperire
risorse finanziarie, il RAF agisce nell’offerta del credito (appetito al rischio), livello di competizione
che la banca affronta, la risk tolerance (fattori endogeni)
- Fattori macro: derivano dal contesto socio-economico istituzionale nel quale la banca è inserita,
influenzano la domanda dei prestiti e dipendono dalle condizioni di finanziamento a cui l’impresa
può aspirare, il fabbisogno espresso e la possibilità di utilizzare canali alternativi ai finanziamenti
bancari (fattori esogeni)
I fattori di domanda e offerta devono tenere conto delle condizioni macro economiche: questi tre
ambiti determineranno la crescita dei prestiti e il loro influenzare il PIL, ovvero la crescita di valore
realizzata da quella determinata economia
Questi fattori definiscono il volume complessivo dei prestiti ottimale (a cui si aspira) e la composizione dei
prestiti, ovvero attraverso quali forme tecniche erogare finanziamenti.
Considerando la situazione in Italia, l’indebitamento delle famiglie e delle imprese è molto contenuto,
soprattutto confrontato con l’indebitamento medio dell’area euro e degli altri Paesi (per esempio l’Olanda).
Per quanto concerne l’andamento dei prestiti bancari al settore privato, il punto di massima crescita
negativa è avvenuto nel momento in cui le banche hanno iniziato la pulizia dai crediti deteriorati,
successivamente si è verificato un ritorno sul livello di normalità e un picco ‘drogato’ verificatosi lo scorso
anno come conseguenza di tutte le agevolazioni creditizie poste in essere durante il periodo della
pandemia.
Volume dei prestiti
1) Fattori endogeni
- Caratteristiche della raccolta: per esempio una raccolta stabile a medio lungo termine, essa è più
costosa, ma la stabilità che ne deriva dalle forme tecniche utilizzate consente di avere maggiore
agio nell’impostazione della politica dei prestiti; una raccolta prevalentemente a vista ha il pericolo
che i depositanti in un particolare momento di crisi pretendano i propri depositi indietro
- Livelli di patrimonializzazione: maggiore è il patrimonio e i fondi propri, maggiore è l’appetito al
rischio assumibile, quindi maggiori sono le opportunità di finanziamento di iniziative anche più
rischiose e redditizie
- Accesso al mercato dei capitali: le banche italiane, ad esclusione di poche grandi, sono costituite in
larga misura da tante piccole banche che non hanno accesso al mercato dei capitali e riescono con
difficoltà a collocare prestiti obbligazionari presso la propria clientela
- Competenze know how delle risorse umane
- Capacità commerciale della banca e struttura distributiva: i criteri di erogazione dei prestiti, i criteri
di composizione del portafoglio, i criteri di dimensionamento del portafoglio vengono scelti dalla
sede centrale, chi poi propone i prestiti è la rete distributiva
2) Fattori esogeni
- Ciclo economico: per esempio anche a fronte di finanziamenti disponibili a basso costo, essi non
vengono richiesti
- Regolamentazione: linee guida dell’EBA legate ai criteri generali da seguire nell’erogazione e
monitoraggio dei finanziamenti
- Decisioni di politica monetaria: in questa categoria rientra il fenomeno di tapering, ovvero la
progressiva riduzione della liquidità messa a disposizione attraverso un aumento dei tassi
Composizione dei prestiti
1) Diversificazione del portfolio: attitudine della banca a ripartire i propri prestiti secondo vari criteri
geografici, settoriali, in base alla valuta di denominazione, forma tecnica, scadenza temporale
2) Concentrazione del portfolio e frazionamento del rischio: dipende dalle caratteristiche della banca
stessa (come si presenta, che tipo di modello di business ha, che tipo di area di operatività ha di
fronte a sé).
Le banche per evitare di avere un portafoglio eccessivamente concentrato, cioè poche esposizioni
di grandi dimensioni applicano il principio del frazionamento del rischio: una buona granularità in
termini di importi porta dei vantaggi in termini di coefficienti patrimoniali. Il problema è che il
frazionamento deve essere applicato tenendo conto del fabbisogno dell’impresa effettivo
Per esempio il frazionamento del rischio su diverse banche, in passato era presente una logica
assicurativa

Politiche di gestione del credito


Normalmente si tratta di politiche pluriennali
BPER 2021 per esempio nell’estate 2021 ha rivisto i criteri generali di asset allocation, quindi quali settori
andare a finanziare in virtù del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Ripartenza), il quale ha identificato
alcuni segmenti dei settori economici e alcuni capitoli di spesa meritevoli verso i quali indirizzare gli aiuti
economici provenienti dall’UE.
In particolare la BPER si è indirizzata su due temi:
- Finanziamenti all’innovazione tecnologica
- Finanziamenti green
Viene confermata invece la moderata propensione al rischio, che si realizza attraverso un’adeguata
valutazione del merito creditizio e attraverso la diversificazione del portfolio

Una volta che vengono definite le linee guida e le politiche di gestione del credito, cioè quante risorse
metto a disposizione, verso quali segmenti le indirizzo, con quali criteri vengono erogati, bisogna poi
descrivere i processi di gestione del credito: attraverso quali procedure organizzativi pongo in atto le
politiche appena descritte.
BPER gestisce il credito operando secondo principi fondanti:
- Indipendenza della funzione preposta alla misurazione del rischio di credito rispetto alle funzioni di
business: il risk management risponde direttamente all’amministratore delegato e non alla
direzione commerciale
- Coordinamento dei processi di gestione del rischio pure in presenza di una gestione autonoma del
rischio di credito a livello di singola società, a livello di gruppo si verifica la coerenza complessiva
delle decisioni
- Coerenza dei modelli di misurazione utilizzati a livello di gruppo in linea con le best practice
internazionali
- Trasparenza nelle metodologie e nei criteri di misurazione: come il livello di rischio del singolo
cliente è valutato
- Produzione di stress test periodici per valutare l’impatto che eventi avversi possono determinare
sulla situazione della banca dal punto di vista economico, finanziario e patrimoniale (caduta del PIL)
Politiche di gestione significa fare scelte di natura strategica sulla composizione quali e quantitativa del
portfolio crediti, processi di gestione significa individuare attraverso quali passaggi mettere in atto le
politiche definite.
Procedure organizzative significa descrivere i livelli decisionali e le operazioni da compiere per la
concessione di finanziamenti.
Dopo che sono state definite tutte le procedure, inizia la decisione di affidamento o meno del cliente
attraverso una procedura chiamata PEP (Pratica Elettronica di Fido).
Procedura che si occupa di raccogliere ed esaminare una serie di informazioni che riguardano il cliente sulla
base delle quali sarà presa la decisione finale  questa fase procedurale è conosciuta col termine screening
della clientela
Questa procedura si compone di una serie di fasi:
- Raccolta informazioni
- Analisi di tipo qualitativo: informazioni fondamentali per la decisione di finanziamento ma che non
trovano un’espressione quantitativa all’interno delle numeriche d’azienda.
Negli anni assumerà sempre più importanza nelle decisioni di affidamento la compliance da parte
del potenziale finanziato con i criteri ISG (osservanza dei fattori di natura ambientale, sociale e di
governance) con la quale si stanno confrontando le imprese
- Analisi di tipo quantitativo: analisi andamentale che indica lo studio e l’analisi del rapporto tra la
banca e il suo cliente, il controllo avviene all’interno se il soggetto è già stato finanziato, mentre è
un controllo di tipo andamentale anche nei confronti del sistema quando viene interrogata la
centrale dei rischi, ossia un archivio informatizzato gestito dalla Banca d’Italia, e serve alle banche
per valutare il comportamento del cliente nei confronti del resto del sistema bancario.
La Centrale dei Rischi raccoglie tutte le informazioni legate ai finanziamenti di importo superiore ai
30000 euro (o superiore ai 250 euro se il credito è in sofferenza, ossia appartiene ad una delle
categorie del credito deteriorato); le segnalazioni arrivano da tutte le banche alla Banca d’Italia, che
poi restituirà il flusso di ritorno che identifica la posizione di un soggetto economico nei confronti
dell’intero sistema, non viene data info su quali siano le banche con cui intrattiene rapporti, viene
mostrata la posizione complessiva suddivisa secondo vari criteri, uno dei quali è la distinzione tra il
credito accordato e quello utilizzato (a parità di tutte le altre condizioni, soggetti che presentano un
rapporto utilizzato/accordato contenuto sono preferibili, infatti un rapporto prossimo all’uno indica
che il cliente si trova in una posizione di tensione finanziaria, ovvero ha già utilizzato praticamente
tutte le linee di credito a sua disposizione.
La Centrale dei Rischi non è l’unico archivio crediti, archivio nel quale confluiscono le posizioni
debitorie dei soggetti, vediamo per esempio il CRIF (Centrale Rischi Finanziaria, in cui vengono
registrati importi anche inferiori ai 30000 euro), il CTC e il CAI (la Centrale di Allarme Interbancaria)
Questi strumenti aiutano le banche a gestire al meglio la loro funzione creditizia, ad identificare il
potenziale insorgere di rischi a livello sistemico per un’eccessiva esposizione da parte dei debitori, a
fronteggiare il fenomeno di sovra-indebitamento riferito alla categoria famiglie.
- Analisi previsionale
- Valutazione e delibera: il giudizio di delibera è obbligatorio in qualsiasi pratica di fido, sia che risulti
positivo che negativo, in particolare deve essere presente la motivazione che riconduce a questa
decisione (perché ho concesso il finanziamento, in quale modalità, secondo quale forma tecnica e
in caso di risposta negativa la giustificazione).
Il rating invece è un giudizio sintetico, alfa-numerico, con il quale viene identificata la capacità da
parte del soggetto di restituire le somme ottenute secondo la tempistica prevista dal
finanziamento.
Il rating è da distinguere rispetto allo scoring, che è un sistema di valutazione dell’affidabilità di un
soggetto semplificato, di norma è una procedura automatizzata che assegna un ponteggio di
solvibilità ad un soggetto sulla base di info riguardanti la persona, situazione che possono
influenzare la sua capacità di rimborso.
Il credit scoring è particolarmente utilizzato nel credito al consumo, è una delle prime procedure a
cui viene sottoposto il potenziale affidando, è una sorta di attribuzione di punteggio sulla base di
determinate circostanze che identifica la presunta solvibilità.
Il rating è molto più complesso, è una procedura che può essere esternata attraverso le ECAI
(agenzie di rating esterne) oppure può essere sviluppata all’interno della banca stessa quando
utilizza il metodo IRB.
Sono presenti due fasi nel processo interno:
1) Assegnazione rating vero e proprio: prende in considerazione la natura del debitore (le sue
qualità creditizie, per esempio una caratteristica soggettiva è la probabilità di default) e alcune
caratteristiche tecniche delle operazioni che possono modificare in maniera sensibile le
componenti della perdita attesa (LGD: Lost Given Default, EAD: esposizione al momento del
default, che possono modificarsi radicalmente anche in relazione alla tipologia di forma tecnica
di finanziamento che si sta prendendo in considerazione)
2) Rating quantification
Questo rating attribuito può eventualmente prevedere la possibilità dell’override, ossia la
possibilità che manualmente la banca possa modificare la classe di rating attribuita al suo cliente
dalla procedura IRB, sulla base di elementi provanti che però non possono essere inseriti del calcolo
del modello IRB (solitamente si tratta di informazioni di natura qualitativa che non possono essere
tradotte in numero, e quindi inseriti nel modello quantitativo).
La banca ha quindi la possibilità di migliorare di qualche livello il rating attribuito dalla procedura al
cliente alla luce di questi elementi valutativi; l’override deve essere giustificato.
Il rating viene attribuito sulla base di due modalità diverse: una basata su un giudizio analitico, una
basata su evidenze statistiche, la differenza tra i due è che la prima è molto più analitica e
complessa.
Infatti nella judgement based viene utilizzata una logica bottom up, ovvero si parte dall’azienda in
considerazione per risalire al settore, al sistema economico, al contesto istituzionale nell’ambito del
quale si trova ad operare il cliente.
Logica opposta invece è quella utilizzata dalla categoria di rating statistical based, che ha un
approccio di tipo top down; in questo caso si parte dalle caratteristiche del sistema socio-
economico, si scende al settore di riferimento e in seguito si scende al singolo operatore
considerato.
La logica bottom up viene utilizzata tipicamente per clientela large corporate (imprese di più grandi
dimensioni), che sono anche numericamente inferiori rispetto agli appartenenti alle altre categorie
per i quali si utilizza un approccio di tipo statistico, che sono costituite da famiglie, consumatori e
piccole/medie imprese.
La situazione di BPER prevede 13 classi di merito per segmento di rischio, hanno una parte che integra
informazioni di natura qualitativa e componenti statistiche per determinate tipologie di clientela.
Anche BPER dichiara la possibilità di override, ovvero il gestore (colui che prenderà poi la decisione di
affidamento o meno) può derogare al rating che viene attribuito sulla base del modello.
L’assegnazione di un rating o di un altro incide in maniera significativa sul pricing del rating stesso.
Il rating deve essere verificato, monitorato e analizzato almeno con cadenza annuale e ogni qualvolta in cui
si verificano situazioni straordinarie nell’ambito del profilo di rischio del cliente.
Nel caso di BPER le 13 classi di rating sono state raggruppate in 5 classi gestionali (a seconda se il rischio è
alto, rilevante, medio, basso o molto basso).

Le fasi sono tanto più complesse e tanto più analitiche quanto più complessa è la situazione del potenziale
cliente/finanziato (ditta individuale vs grande gruppo industriale)

Una volta attribuito il rating e dato un giudizio positivo sull’affidabilità del cliente bisogna decidere quale
forma tecnica adottare per erogare il finanziamento al cliente.
In seguito si pone il problema del pricing, ovvero definire il prezzo costituito e influenzato da varie
circostanze.
A determinare è pricing di un credito è:
- Il grado di rischio che emerge ad una determinata forma tecnica, ad un determinato cliente, per
quella determinata attività economica
- Decisioni di marketing e approccio al mercato
- Decisioni di aumentare, stabilizzare o ridurre la quota di mercato della banca
Il pricing è uno strumento di relazione con la clientela, quindi la definizione di un determinato prezzo è
largamente influenzata dalla decisione della banca di intraprendere, mantenere o ridurre una determinata
relazione di clientela.

Poiché la banca è un’impresa che scambia denaro, il pricing applicato alle linee di finanziamento
rappresenta i ricavi tipici  CE, interessi attivi e altri proventi assimilati
Per definire il tasso d’interesse applicato alla clientela (pricing) bisogna tenere conto di:
- Costo del funding: questa raccolta serve per avere risorse da investire, questo costo differisce a
seconda della forma tecnica della raccolta, oggi il costo della raccolta a vista è pari a zero, mentre la
raccolta a termine ha un costo positivo.
Dal momento che bisogna tenere conto delle risorse a disposizione, si usa per costo del funding il
costo medio ponderato della raccolta (costo raccolta x tipologia di raccolta effettuata)
- Costi operativi: quota di costi che la banca sostiene per esercitare la sua attività
- Costo della perdita attesa: so che nella banca la perdita potenziale potrebbe essere elevata,
bisogna considerare la perdita attesa, su cui calcolarne l’effetto economico ed imputarlo come
elemento di costo al cliente
- Costo del patrimonio assorbito: ammontare del patrimonio richiesto per svolgere una determinata
linea di credito (ai fini della vigilanza)
- Mark up commerciale: quota di profitto  La banca è un’impresa
Quando si parla di tasso d’interesse utilizzabili nell’applicazione dell’interesse ad una determinata linea di
credito si considera la tipologia in particolare:
- Tasso fisso: non varia per tutta la durata del prestito
- Tasso variabile + spread: componente di mercato + spread (i tassi di riferimento solitamente sono
Euribor applicato sul mercato interbancario o IRS)
Lo spread invece rappresenta la misura della rischiosità che la banca applica alla propria clientela
- Tasso misto: quota parte a tasso fisso e quota parte a tasso variabile
- Tasso d’ingresso: servono ad attirare la clientela, molto conveniente e contenuti ma applicati solo
su un periodo di tempo limitato iniziale
- Prime rate: tasso applicato alla clientela primaria/migliore
- Top rate: tasso massimo applicato dalla banca per la clientela più rischiosa e alle forme tecniche più
rischiose
- Tasso soglie anti-usura: rilevate periodicamente dalla Banca d’Italia, il superamento di questa soglia
prevede sanzioni pesanti

Se la fase di screening si conclude con esito positivo inizia una fase di monitoraggio, ovvero di controllo da
parte della banca dell’utilizzo della linea di credito.
Il monitoraggio viene svolto su due diversi piani, uno a livello aggregato di banca, che deve verificare la
coerenza delle linee di credito accordate con le politiche creditizie prese dalla banca e la coerenza con i
criteri di gestione del portafoglio; uno a livello di singola posizione, quindi il rispetto degli obblighi
contrattuali, controllo delle scadenze previste in relazione alla forma tecnica, il manifestarsi di eventuali
comportamenti opportunistici da parte del cliente, il controllo sulla variazione del rating (che determina
una variazione nel valore complessivo del prestito, si modifica il valore del credito che si potrà riscuotere, il
fair value)
Al fine di un corretto monitoraggio devono essere periodicamente aggiornate tutte le informazioni che
sono state raccolte (bilanci, relazioni periodiche, business plan), bisogna verificare l’andamento finanziario
dell’impresa, quindi tenere sotto stretta osservazione i flussi finanziari generati dall’impresa (molto
semplice da fare in caso si tratti della main bank o housbank).
Inoltre bisogna tenere sotto controllo l’andamentale, quindi le evidenze che arrivano dalla Centrale dei
Rischi; bisogna monitorare, soprattutto quando si parla di prestiti garantiti, che il loan to value (rapporto tra
l’ammontare del prestito e il valore del bene dato in garanzia) rimanga stabile o che comunque non diventi
particolarmente elevato.
Infine è necessario verificare il rispetto dei covenants, ovvero le regole di comportamento che vengono
richieste al finanziato, esse possono riferirsi sia a comportamenti positivi che negativi.
La periodicità con cui avviene il monitoraggio dipende da una serie di elementi:
- Dimensione del prestito: maggiore è il prestito, ovviamente minore è la periodicità tra un controllo
e l’altro (maggiore frequenza)
- Rischiosità del debitore: se per esempio non ci sono info di cambiamenti significativi il monitoraggio
avviene con cadenza annuale
- Andamento del ciclo economico, del settore, dell’area geografica
Il monitoraggio delle posizioni serve anche per comprendere in quale stato il credito si trova, in particolare
sono presenti due stati:
1) Crediti performing (in bonis)
2) Crediti non performing (deteriorati) – NPL o NPE: questo stato è a sua volta distinto in 3 categorie
- Scaduti/sconfinati da oltre 90 giorni (past due): crediti che dovevano essere rimborsati e non lo
sono da oltre 90 gg, oppure linee di credito sconfinate l’importo massimo messo a disposizione da
oltre 90 gg
- Inadempienze probabili (unlikely to pay): esposizioni per le quali le banche reputano estremamente
improbabile che in assenza di azioni specifiche il debitore possa rimborsare il credito ricevuto (non
si parla ancora di insolvenza, ma di forti difficoltà). Le somme erogate non sono perse ma si
possono recuperare soltanto a fronte di un’azione straordinaria.
- Sofferenze (bad loans): esposizioni nei confronti di soggetti che si trovano in stato di insolvenza o in
situazione giuridicamente comparabili, esposizioni che la banca reputa molto difficili da incassare
A questa classificazione del credito, si aggiunge uno stato particolare chiamato credito oggetto di azioni di
forbornance  crediti forborne
Per questi crediti la banca ha fatto concessioni tali da poter consentire al debitore di rimborsare il suo
credito; i crediti fatti oggetto di forbornance sono quelli che la banca, attraverso un monitoraggio attento,
individua nei confronti di soggetti che iniziano a presentare delle difficoltà.
La banca va incontro al cliente facendogli concessioni, ad esempio riduzione del tasso di interesse, per fare
in modo che abbia un costo del debito meno incidente sulla sua gestione reddituale, oppure allunga la
durata del prestito, in modo che la rata del mutuo sia meno incidente sulle risorse.
Anche questa categoria di credito può essere suddivisa in performing e non performing; nel primo caso
rimangono considerati tali per due anni, nel secondo caso devono rimanere lì almeno un anno poi passano
ai crediti forborne performing.
Si tratta di rinegoziazioni in assenza della quale la banca incorrerebbe in difficoltà da parte del cliente a
rimborsare il suo finanziamento, quindi crediti che quasi certamente diventeranno non performing, che
poiché incidono in maniera molto pesante a livello gestionale, mettono la banca nella posizione di fare
concessioni al cliente per aiutarlo a superare il momento di difficoltà.
Un cambiamento che potrebbe determinare azioni di forbornance da parte della banca è la nuova
definizione di default.
Con la nuova definizione è in default qualsiasi debitore in arretrato di oltre 90 giorni nel pagamento di
un’obbligazione rilevante (90 gg infatti sono il primo stadio di crediti non performing).
Mentre prima era uno scaduto, adesso è anche un debitore in default; questa regola non vale per tutte le
somme di denaro, ma soltanto se l’obbligazione è rilevante: 100 euro per un’esposizione al dettaglio e 500
euro per un’esposizione diversa da quella al dettaglio.
Un soggetto potrebbe avere pagamenti regolari ma essere comunque giudicato in default se la banca
ritiene improbabile che senza l’escussione delle garanzie il debitore possa adempiere normalmente alla sua
obbligazione (secondo stadio, UTP).
Quindi mentre una volta i soggetti nella condizione gestionale di scaduti o inadempienti probabili erano
ancora considerati solvibili, adesso sono considerati in default.
I crediti sono attività valutate al costo ammortizzato, a differenza di quanto avviene per il portafoglio titoli,
inoltre esistono diversi stadi che compongono il portafoglio crediti di una banca, in seguito devono essere
ripartiti e dettagliati per tipologia di finanziamento, esposizione e soggetto.  obblighi informativi che le
banche hanno di scomposizione del loro portafoglio crediti
- Forma tecnica
- Tipologia di controparte
Esposizione lorda
- Rettifiche
Esposizione netta: in bilancio la banca deve esporre al netto i suoi crediti, il valore che si legge in
bilancio è la somma cumulata di tutte le esposizioni nette, ma ciascuna esposizione netta è data
dall’esposizione lorda, ammontare della linea di credito erogata, al netto delle rettifiche apportate sulla
base delle potenziali perdite che si potrebbero verificare
Ci possono essere esposizioni sia sottoforma di finanziamento sia sottoforma di assunzione di titoli di debito
da parte della clientela.
Bisogna inoltre indicare nella composizione del portafoglio crediti è il coverage dei crediti, ovvero il livello di
copertura/accantonamenti realizzati a fronte delle potenziali perdite che presumo di poter subire
dall’attività di erogazione dei finanziamenti.
Nel livello di coverage esiste una grande differenza a seconda che i crediti siano performing o non
performing: nel caso BPER i crediti verso la clientela performing hanno un coverage ratio pari allo 0,51%,
cioè gli accantonamenti che sono stati realizzati rapportati all’ammontare dei crediti erogati nei confronti di
clientela performing.
La situazione nel caso di clienti non performing cambia radicalmente: BPER ha accantonato il 61% nei
confronti di crediti non performing.
Secondo le disposizioni normative a livello Europeo, la percentuale dovrebbe essere del 100% entro due
anni se i crediti non sono garantiti o entro 7 anni se sono garantiti.
La forte attenzione al credito deteriorato deriva a partire dalla crisi del 2008 con picco nel 2013/2014
quando ogni 100 euro di credito rogato 10 erano non performing (perdite).
Solitamente i crediti si deteriorano a distanza di un numero di anni dal momento in cui è stato deteriorato,
questo perché le banche prima di mandare un credito a deteriorato pongono in essere una serie di
operazioni di forbornance per cercare di risanare la situazione.
In presenza di credito deteriorato la banca deve cercare di tutelare il più possibile le proprie ragioni di
credito attraverso:
- Ristrutturazione della posizione: forma più semplice, ha impatto gestionale
- Possibilità di ricorrere ad un intervento giudiziale: è possibile portare in giudizio e condannare al
pagamento il debitore che si è rivelato insolvente
- Cartolarizzazione delle posizioni in sofferenza: la cartolarizzazione dei prestiti non riguarda
esclusivamente credito deteriorato, ma qualunque forma di prestito, infatti originariamente è stata
molto utilizzata dalla banca italiana per il cosiddetto credito performing, oggi invece viene in larga
misura utilizzato per il credito cosiddetto non performing.
La cartolarizzazione consente alla banca di cedere crediti incassandone una quota parte, questa
operazione viene realizzata attraverso una società veicolo (SPV: Special Purpose Vehicle)
appositamente costituita per gestire la cessione.
La banca è il soggetto cosiddetto originatore e vende all’SPV i suoi crediti, che li paga alla banca
emettendo proprie obbligazioni.
Quindi l’SPV è una società avente bilancio in dare i crediti acquisiti e in avere le obbligazioni emesse
per comprare i crediti acquisiti.
Le obbligazioni, come tutti i titoli di debito, prevedono cedole periodiche e il rimborso a scadenza.
L’SPV trae risorse per rimborsare le obbligazioni dall’incasso crediti che ha nel dare dello stato
patrimoniale; l’SPV infatti è il soggetto che incasserà i flussi finanziari originati dai crediti e
serviranno a pagare i flussi periodici delle obbligazioni emesse (collocate sul mercato).
L’obbligazionista si aspetta che l’SPV paghi regolarmente le cedole e rimborsi le obbligazioni
quando giungono a scadenza.
Questi crediti, soprattutto quando sono non performing, presentano un livello di rischio elevato e
per questa ragione occorre che il portafoglio ceduto sia accompagnato non solo da un adeguato
rating (che non è unico per tutta la cessione, ma viene diviso in parti che prevedono diversi livelli di
rating) e solitamente la parte più rischiosa è ricomprata dalla banca stessa.
L’investitore che si compra obbligazioni necessarie per acquistare crediti con alto livello di rischio o
richiede un tasso d’interesse molto elevato o richiede un’adeguata garanzia, da qui la presenza di
credit enhancers, ovvero soggetti che forniscono garanzie alle diverse tranche dei prestiti ceduti.
Uno dei garanti principali è proprio l’Italia, tutte le ultime operazioni sono state realizzate
attraverso cartolarizzazioni assistite dalle GACS, ovvero garanzie per la cartolarizzazione delle
sofferenze.
La cartolarizzazione è un’operazione che si svolge per togliere dal bilancio una serie di posizioni
deteriorate che danno luogo ad una perdita importante ma che permettono con le nuove risorse di
generare nuovo credito.
In caso si optasse per tenere in bilancio le posizioni deteriorate bisognerebbe ricalcolare tutte le
perdite attese, calcolare il tempo di recupero, calcolare tutti gli oneri legali da sostenere per il
recupero delle posizioni, calcolare il tempo per escutere dalla garanzia e quanto incassare da essa;
in questo modo moltissime banche hanno ceduto a soggetti specializzati le sofferenze.
Queste operazioni di ‘pulizia’ possono essere svolte o affidando a servicers esterni (società esterne
alla banca) oppure facendo, come ha fatto Intesa San Paolo, delle joint ventures con operatori
specializzati per la cessione del credito.

Oggi sono presenti nuove forme di credito


Crowdfunding: forma di finanziamento che prevede l’assenza di un intermediario, è un peer to peer
lending; il soggetto che necessita di risorse finanziarie si rivolge direttamente ad una pluralità di soggetti per
richiedere le risorse finanziarie; la forma più simile al prestito bancario è il cosiddetto lending crowdfunding
o social lending.
Tuttavia è possibile rivolgersi alla folla anche per chiedere capitale di rischio, in questo caso si parla di
equity crowdfunding.
Oppure in caso di raccolta fondi si parla di donation crowdfunding, ma in questo caso non si parla di forme
di credito in quanto non prevede la restituzione delle somme erogate.
Questa attività è stata normata per evitare i pericoli legati alle asimmetrie informative che
contraddistinguono il potenziale debitore e sono presenti norme a protezione dell’investitore.
Sono principalmente utilizzate nell’ambito del finanziamento delle start-up.
Marketplace: luogo telematico sul quale possono essere scambiati crediti in bonis, non performing,
commerciali, fiscali, immobiliari.
Possono essere offerti crediti single name, ovvero riferiti tutti ad un unico creditore, oppure possono essere
riferiti ad un intero portafoglio crediti; la cessione può avvenire pro solvendo o pro soluto. Queste
operazioni vengono intermediate da soggetti diversi dalle banche, si tratta di società FinTech.
Banche innovative: operano esclusivamente online e fanno credito tradizionale con una tempistica inferiore
a quella normalmente applicata dalle banche. Le operazioni e procedure sono molto rapide con risposte
immediate.

Servizi mobiliari delle banche


La seconda importante area di gestione dell’attivo della banca commerciale riguarda il portafoglio titoli di
proprietà.
All’area di portafoglio titoli di proprietà, i valori mobiliari che la banca acquista e che sono di sua proprietà,
sono collegati una serie di servizi che la banca svolge parte per il suo CE, parte per la clientela.

Fino alla fine degli anni ’80 in Italia, cioè fino a quando le banche non iniziano a diversificare attraverso la
creazione di gruppi, le banche italiane fanno sostanzialmente attività tradizionale, quindi raccolta del
risparmio ed erogazione di finanziamenti.
Durante gli anni ’80 esplode in Italia il problema del debito pubblico, il fabbisogno continuo dello Stato fa si
che i titoli comincino ad essere collocati presso le famiglie  Fenomeno dei bot people: soggetti che
investono i propri risparmi in titoli di Stato (non solo in bot)
Lo Stato italiano pagava cedole di interesse nei confronti dei risparmiatori; inoltre i titoli di stato, cedole
periodiche ed eventuali capital gain erano completamente esenti da ritenuta fiscale.
A causa di queste condizioni molto favorevoli al risparmiatore famiglia, le banche iniziano a subire il
fenomeno della disintermediazione lato passivo. Lo Stato nel momento in cui deve collocare titoli non ha
una rete distributiva idonea per cui lo fa attraverso le banche.
Le banche quindi cambiano prospettiva: viene meno la fonte di risorse finanziarie ma si presenta una fonte
di reddito (di ricavi) costituita dalle commissioni di custodia e amministrazione che la clientela paga sui titoli
per poter avere in custodia i titoli stessi.
Negli anni ’80 i titoli sono cartacei e sono composti da:
- Mantello: titolo che da diritto a scadenza al rimborso del valore nominale
- Cedole: titoli di credito da staccare ogni volta che maturano per recarsi da un intermediario
autorizzato e incassarlo  negli anni ’80 questo intermediario è la banca attraverso l’attività di
custodia e amministrazione
Inoltre a partire dall’88, con il primo Accordo di Basilea, i titoli di Stato non hanno assorbimento di
patrimonio, cioè quando si calcola l’RWA i titoli di Stato pesano 0; per la banca oltre ad essere conveniente
intermediare Titoli di Stato per conto della clientela, è conveniente mantenere nel proprio portafoglio di
proprietà titoli di Stato.
I titoli di Stato infine sono facilmente liquidabili sia in termini temporali che di costo.

Il portafoglio titoli ha strettissima correlazione con le altre aree di gestione:


- Area di raccolta: il portafoglio si espande e contrae in relazione agli andamenti della raccolta, la
Banca d’Italia misura il funding gap
- Area degli impieghi: nel momento in cui si è in possesso di parecchie risorse finanziarie e non si
riesce ad impiegarle sottoforma di prestiti alla clientela, la soluzione è impiegarli in titoli in attesa
che la domanda di prestiti da parte della clientela ordinaria ricominci a crescere
- Area di gestione della liquidità: il mercato dei titoli di Stato è un mercato molto liquido, per cui se la
banca si trovasse in situazione di problematicità (per esempio un valore del Liquidity Coverage
Duratio prossimo a 100) potrebbe vendere titoli di Stato in portafoglio
- Area di gestione del capitale: nel caso dei titoli di Stato l’assorbimento patrimoniale è nullo, ma il
portafoglio titoli, per cui tutta l’attività di gestione legata ai valori mobiliari ha riflessi importanti
anche sul CE, in particolare sul margine di intermediazione della banca, che traggono risultati
positivi sia dalle cedole o dividendi corrisposti sugli strumenti finanziari di proprietà della banca
stessa (attivo CE) sia offrendo servizi mobiliari alla clientela e percependo commissioni crescenti in
termini percentuali in base al valore aggiunto dato dalla banca
Per questa ragione non ha più senso considerare la gestione titoli in maniera isolata, la si vede
all’interno dell’area gestionale trasversale asset-liability management (ALM), la gestione integrata
dell’attivo e del passivo che consente di mantenere la banca in equilibrio finanziario e portare un
contributo a quello economico  la gestione integrata dell’attivo e del passivo influisce sulla quantità
di titoli da mantenere e la quantità di prestiti da erogare, influisce sulle riserve di liquidità (in questo
momento le banche hanno delle riserve in termini di liquidità elevatissime), di capitale, infine la
gestione del portafoglio titoli influisce anche sulla gestione delle partecipazioni.
L’attività di intermediazione sui servizi mobiliari è cambiata radicalmente a seguito della forte concorrenza
che si è verificata sui titoli di Stato e a seguito della concorrenza che stanno determinando gli altri operatori
che offrono attività di intermediazione online (FinTech).
Grandi cambiamenti si sono verificati anche dal punto di vista normativo, a partire dal TUF (Testi Unico
della Finanza) e dalle due direttive MIFID1 e MIFID2 che regolamentano l’attività sui mercati e sugli
strumenti finanziari, quindi impattano sulla banca non solo dal punto di vista dei servizi da prestare
(questionario MIFID), ma anche nella maniera in cui le banche operano.
Ad esse sono affiancate tutte le indicazioni ESMA (Autorità Europea sui Mercati – moral suasion) e gli ESG
(investimenti che rispettano requisiti di natura ambientale, sociale e di governance) che stanno
modificando le politiche di investimento in valori mobiliari delle banche sia per quanto riguarda i portafogli
di proprietà sia per quanto riguarda i servizi offerti alla clientela.

Le 3 macro-aree di attività in cui la banca può operare quando si parla di strumenti finanziari:
- Attività che riguardano il portafoglio titoli di proprietà
- Servizi agli investitori (coloro che vogliono investire quote del loro risparmio in strumenti
finanziari): servizi di negoziazione, servizi di custodia e amministrazione, servizi di gestione dei
patrimoni, servizi di consulenza
- Servizi agli emittenti (coloro che desiderano emettere strumenti finanziari): servizi di consulenza e
collocamento; quest’attività è principalmente di competenza delle banche di tipo investment
In un modello di business riconducibile al commercial banking le aree principali più rilevanti sono le prime
due, la terza è contenuta

Servizi di investimento
L’attività delle banche è cambiata in modo significativo a seguito dei mutamenti normativi, tra i quali le
MIFID svolgono ruolo fondamentale; la MIFID 2 ha rivisto la definizione di servizi e attività di investimento,
inserendo la lettera F: consulenza in materia di investimenti, possibilità di una banca di fornire attività di
natura consulenziale a prescindere dagli investimenti che poi il soggetto realizzerà. Non è solo più
finalizzata all’investimento.
Inoltre, mentre nel passato l’attività consulenziale svolta da molti intermediari non prevedeva una
remunerazione esplicita, a partire da MIFID 2 l’attività può essere svolta prevedendo una remunerazione ad
hoc.

La gestione del portafoglio titoli di proprietà della banca


Quando deve decidere come comporre sia dal punto di vista qualitativo sia da quello quantitativo la banca
deve tenere in conto:
1) Quali obiettivi principali si hanno e in base al quale si vuole comporre il portafoglio titoli
2) Quale natura dei titoli si vuole inserire in portafoglio e quale destinazione si intende dare
3) Quali titoli mettere e togliere (IN-OUT) in situazione di necessità di modificare il portafoglio

1)
Gli obiettivi sono sostanzialmente due, liquidità e redditività, che spesso coesistono tra loro: il
perseguimento di uno non esclude il perseguimento dell’altro.
L’obiettivo di liquidità è il più tradizionale e deriva dal naturale mismatching tra la scadenza media
dell’attivo e quella del passivo di una banca; la banca ha una raccolta largamente composta da strumenti a
vista e un attivo largamente composto da poste che prevedono una determinata scadenza.
Di norma il preavviso per l’estinzione di un’apertura di credito in c/c è 15 gg per il cliente e 3 mesi per la
banca, quindi la banca se vuole chiudere le linee di credito al cliente deve comunque dar tre mesi.
Quindi la banca ha un attivo e un passivo naturalmente squilibrati in termini di flussi finanziari dal punto di
vista temporale, allora per ovviare a possibili fabbisogni di liquidità che potrebbero derivare ad esempio da
una richiesta anomala di rimborso dei depositi la banca tiene delle riserve di liquidità (diversa dalla riserva
obbligatoria di liquidità).
Sia le riserve di liquidità di prima e di seconda linea sia la riserva obbligatoria servono per fronteggiare
bisogni di liquidità, ma l’ultima è imposta in termini quantitativi ben definiti mentre le prime ogni banca
può comporle come meglio ritiene opportuno sia dal punto di vista quantitativo, sia da quello qualitativo.
Le riserve di prima linea sono quelle a cui la banca attinge quando ha un fabbisogno improvviso di liquidità
e quando gestisce le sue uscite finanziarie, costituite da tutte le attività finanziarie che possono essere
trasformate in moneta legale immediatamente e senza costi, quindi la cassa, le linee di credito a vista
presso le altre banche e tutte le attività esigibili presso la banca centrale e infine la mobilizzazione della
riserva obbligatoria.  riserve di prima linea o liquidità primaria
Le riserve di seconda linea sono costituite da tutte le attività finanziarie idonee a generare liquidità in
maniera naturale o artificiale; un’attività finanziaria genera liquidità in maniera naturale quando è prossima
alla scadenza, un titolo che genera liquidità in maniera artificiale è un titolo che può essere venduto sul
mercato in breve tempo e con costi contenuti (per esempio i Titoli di Stato).
Le riserve di seconda linea sono tipicamente rappresentate da strumenti finanziari, titoli di debito e da titoli
di Stato.
L’altro obiettivo del portafoglio titoli è costituito dalla redditività, i titoli messi in portafoglio sono idonei a
generare valore; quest’obiettivo può essere definito attraverso diverse opzioni:
- Rendimento periodico: cedole che il titolo paga, le cedole costituiscono interessi attivi per la banca
che confluiranno nel cosiddetto margine d’interesse (soprattutto se sono a cedola fissa)
- Titoli che vengono utilizzati o sono derivanti da rapporti con la clientela: somma algebrica tra costi
e ricavi da servizi, che possono essere nei confronti degli investitori o nei confronti degli emittenti
- Trading attuato dalla banca su titoli che ha in portafoglio: operazioni di compra-vendita di titoli che
generano risultati economici positivi (capital gain)

2)
La natura dei titoli inseriti in portafoglio dipende dagli obiettivi della banca, se si tratta di obiettivi di
liquidità l’attenzione sarà su titoli facilmente liquidabili, come quelli di Stato, mentre se gli obiettivi sono
principalmente di redditività, l’attenzione sarà su titoli più rischiosi tipo quelli azionari.
Bisogna ovviamente considerare i rischi di mercato, quindi quello del tasso d’interesse, di volatilità, di
cambio, ma anche rischi di emittente (anche quando si parla di titoli di Stato).
Per quanto riguarda la destinazione dei titoli, le banche da un punto di vista gestionale hanno due grandi
aree all’interno del portafoglio titoli: portafoglio titoli di proprietà in senso stretto (titoli acquistati dalla
banca da mantenere in portafoglio sia per finalità di liquidità, portafoglio di tesoreria, sia per finalità di
redditività, portafoglio di investimento) e portafoglio titoli di negoziazione (portafoglio al quale la banca
può attingere per farsi controparte diretta con il cliente qualora desideri acquistare o vendere un
determinato strumento finanziario).
Contabilmente dal 1 gennaio 2018, per il principio contabile IFRS9 (Standard contabili a livello
internazionale per le società finanziarie) la lettura dei bilanci è stata ulteriormente complicata perché ha
definito che le attività finanziarie (tutte, anche i crediti) devono essere valutati sulla base di due variabili: la
finalità associata al portafoglio, finalità che dipende dal business model della banca e può essere HTC (da
mantenere in bilancio), HTCS (sia da tenere in bilancio sia da vendere) e other, sulla base di un test SPPI che
esamina i cash flow che derivano da queste attività finanziarie.
Tutte le attività finanziarie devono essere valutate sulla base di questi due elementi, si ottengono poi 3
tipologie di attività finanziarie rappresentate in bilancio secondo le diciture:
- Attività finanziarie valutate al fair value con impatto a conto economico (voce 20)
- Attività finanziarie valutate al fair value con impatto sulla redditività complessiva (voce 30)
- Attività finanziarie valutate al costo ammortizzato, quindi crediti verso banche o verso clientela
ordinaria
Nel caso di BPER (modello di commercial banking) l’attività core della banca è legata alla generazione e
gestione dei rapporti di credito per i settori retail e corporate e segue una logica di detenzione degli stessi
fino a scadenza al fine di collezionare i flussi di cassa contrattuali  Attività prevalentemente creditizia, la
banca si aspetta quindi dei flussi finanziari periodici derivanti dalle scadenze contrattuali del credito
Inoltre il portafoglio di proprietà della banca viene articolato in 3 componenti:
- Portafoglio bancario di investimento: portare a scadenza gli strumenti finanziari, sterilizzando
quindi il rischio di mercato, si trae reddito dalle cedole e dal rimborso a scadenza del capitale
- Portafoglio bancario di liquidità: strumenti finanziari la cui strategia è orientata alla detenzione con
lo scopo di gestire la liquidità (riserve di seconda linea) e di ottimizzare il profilo rischio-rendimento
a livello di gruppo
- Other: portafoglio di trading, portafoglio negoziazione con la clientela, capital market: titoli che si
tengono in portafoglio o per fare da controparte alla clientela o per trarre vantaggio da eventuali
situazioni congiunturali di mercato
A livello contabile questo esempio è la conferma che prevale il criterio di valutazione contabile (criterio di
valutazione, in questo caso AF valutate al fair value con impatto sulla redditività complessiva) rispetto a
quello del business model (portafoglio bancario di investimento, di liquidità ecc)

3)
Si pone l’attenzione sulla dimensione quantitativa
Gli approcci che possono essere seguiti per quanto concerne la quota parte da destinare al portafoglio titoli
sono due: l’approccio residuale e quello flessibile.

Approccio residuale
La banca compone il suo attivo, immobilizzazione a parte, seguendo una precisa gerarchia:
- Quale parte allocare alle riserve di liquidità, libere e obbligatorie: connessa al dovere di dover
essere sempre in grado di far fronte ai propri impegni
- In secondo luogo una banca di tipo commerciale concentra la sua attività tipica nell’erogazione di
prestiti
- Quota parte residua al portafoglio titoli: dipende dalle fasi dell’economia, dalla richiesta che
proviene dai diversi settori economici in deficit che compongono il sistema (quando la domanda è
importante, fase di espansione, i prestiti assorbiranno la maggior parte delle risorse che la banca ha
a disposizione, viceversa la quota dei prestiti è pur sempre rilevante ma cederà risorse al
portafoglio titoli)
Questo tipo di approccio ha il rischio di poter generare una trappola: lock in effect
Quando un’economia si trova in recessione è contraddistinta da tassi d’interesse bassi, per stimolare la
domanda e far si che l’economia ricominci a crescere si riduce il tasso d’interesse ulteriormente, così
imprese e famiglie saranno maggiormente incentivate a investire.
Quando si riducono i tassi, i prezzi dei titoli salgono, perché per assicurarsi un titolo che paga un extra-
rendimento la domanda del titolo aumenta, aumenta il prezzo e scende il tasso d’interesse per riportarlo in
linea con l’andamento dei tassi di mercato.
All’opposto si verifica quando i tassi aumentano: durante una fase espansiva dell’economia per l’ingente
mole di liquidità c’è il rischio di un aumento sensibile dell’inflazione, per cui le autorità aumentano i tassi, i
prezzi dei titoli scendono e questo li porta fuori mercato; per riportarlo in termini di rendimento alle
richieste del mercato bisogna ridurre ulteriormente il prezzo, che rappresenta l’attualizzazione di tutti i
flussi finanziari futuri generati da quel titolo.
L’effetto trappola consiste in:
La banca che utilizza un approccio di tipo residuale nelle fasi recessive si trova ad avere ingenti quantità di
liquidità per la mancanza di richiesta di prestiti, per cui investe questa liquidità in titoli; tuttavia essendo in
una fase recessiva i prezzi dei titoli sono elevati. Ad un certo punto il ciclo negativo dell’economia si
esaurisce, ricomincia la fase espansiva, ricomincia la domanda di prestiti per cui la banca necessita liquidità
e mette mano al portafoglio titoli per avere la liquidità necessaria e sufficiente per rispondere alle nuove
domande di prestiti.
Se nel frattempo i tassi sono aumentati, il prezzo dei titoli scende e ci si ritrova in una situazione di
trappola: se non si vende il titolo, si rinuncia a concedere il prestito ad un tasso crescente e si perde una
quota parte di ricavi costituiti dagli interessi applicabili sul prestito, dall’altro lato se si vende un titolo per
avere la liquidità ci si porta a casa la perdita secca derivante dalla diminuzione dei prezzi dei titoli.
Un approccio di tipo residuale particolarmente eccessivo può portare all’effetto trappola, qualunque sia la
scelta gestionale presa si conseguono perdite.
Questo approccio di tipo residuale è tipico delle banche commerciali con una gestione tradizionale, ovvero
con un rapporto impieghi/depositi elevato e un basso rapporto titoli in portafoglio su depositi.
Il portafoglio si espande e si contrae in base ai cicli dell’economia, se però viene meno il giusto market
timing si può ricadere nel lock in effect

Approccio flessibile
Vede le scelte legate alla composizione quantitativa e qualitativa del portafoglio titoli non subordinate alle
scelte in materia di composizione del portafoglio prestiti, bensì sullo stesso piano.
Anche una banca con questo tipo di approccio ha come primo obiettivo l’identificazione dell’ammontare
delle riserve di liquidità: in ogni caso bisogna mettere in sicurezza la capacità della banca di far fronte ai
propri impegni finanziari.
In seguito si da uguale importanza alla gestione del portafoglio prestiti e alla gestione del portafoglio titoli,
in quanto si tratta di una gestione molto dinamica che deve lavorare in maniera anticiclica rispetto
all’economia  Nel momento in cui la fase espansiva inizia a declinare, quindi ci si avvia verso un
progressivo rallentamento dell’economia, le autorità cercano di indirizzare i comportamenti degli agenti
economici promettendo una riduzione di tassi e in quel momento le banche inseriscono in portafoglio titoli
perché i prezzi iniziano a scendere e i tassi di rendimento dei titoli iniziano a salire.
Il momento ideale per togliere dal portafoglio i titoli è alla fine della fase recessiva, ovvero prima che il ciclo
dell’economia ricominci a crescere in maniera repentina, questo perché i prezzi sono molto alti dato che i
tassi sono bassi per stimolare la ripresa stessa dell’economia.
Da un punto di vista pratico una gestione di tipo flessibile comporta la necessità di possedere previsioni
adeguate, che effettivamente individuino l’andamento e il momento di realizzazione delle scelte, inoltre
bisogna tenere in conto il problema della liquidità in seguito a ipotesi errate (mantenere liquidità in
portafoglio comporta costi molto elevati, in quanto quella liquidità ha rendimento in base al tasso di
riferimento della liquidità che è negativo).
Un approccio di tipo flessibile potrebbe comportare problemi commerciali con la clientela, infatti se il
momento ideale per inserire titoli in portafoglio è al culmine della fase espansiva, in quel momento c’è
ancora forte domanda di prestiti da parte della clientela e l’erogazione del finanziamento alla clientela
ordinaria è la forma più redditizia per una banca.
La banca che svolge una gestione più dinamica dell’area prestiti e dell’area titoli ha rapporti
impieghi/depositi più contenuti e rapporti titoli/depositi è più elevato.

A parità di tutte le altre condizioni, se ben impostata una gestione di tipo flessibile può contribuire ad una
migliore redditività della banca, in quanto è in grado di fornire sia i redditi periodici che derivano dai titoli
inseriti in portafoglio sia guadagni importanti in conto capitale.

Dopo aver analizzato quantitativamente i titoli da inserire in portafoglio, bisogna effettuare una valutazione
qualitativa, infatti i titoli possono essere di diversa natura, con caratteristiche tecnico-economiche diverse.
Bisogna tenere in considerazione che i rischi sono un’attività finanziaria, quindi sono soggetti ad una
pluralità di rischi:
- Rischio di credito: la maggior parte dei titoli in portafoglio sono titoli di debito, questo rischio è
strettamente collegato al rendimento del titolo stesso
- Natura dell’emittente e rischio di solvibilità
- Livello di liquidità del titolo: non rileva tanto la liquidità naturale (scadenza), ma piuttosto quella
artificiale, ovvero la negoziabilità del titolo
- Livello di negoziabilità del titolo: strettamente correlato alla liquidità
Due strumenti utilizzati per scegliere quali titoli mettere in portafoglio:
1) Curva dei rendimenti per scadenze: corrisponde un diverso rendimento per ogni scadenza presa in
considerazione, che solitamente sono 3 mesi, 6 mesi, 12 mesi, ogni anno, poi 15 anni, 20 anni, 25
anni ecc
Su questa curva si possono inserire solo titoli che presentano le medesime caratteristiche: una
curva per i titoli di Stato, una curva per le obbligazioni corporate, una curva per ogni Paese 
caratteristiche omogenee
Si tratta di una curva tipicamente crescente, all’aumentare del trascorrere del tempo cresce
l’incertezza, quindi il premio al rischio richiesto dagli investitori.
In alcuni momenti la curva dei rendimenti può presentarsi invertita, cioè con tassi più bassi sulle
prime scadenze di medio periodo rispetto quelli al breve; questo andamento può essere dovuto ad
una serie di fattori (per esempio il passaggio dell’Italia all’euro)
Una curva che fa preoccupare gli analisti è data da un andamento fortemente discendente che
perdura fino alle lunghe scadenze
2) Classificazione analitica del portafoglio: matrice a doppia entrata, da un lato inserisco tutte le fasce
temporali (più sono ravvicinate più è dettagliata e precisa) e nell’altro i requisiti qualitativi del titolo
Per ciascun incrocio si avrà un rendimento, da lì si compongono diverse curve dei rendimenti sulla
base dei quali si posizionano le scelte di portafoglio

In conclusione, gestione residuale e gestione flessibile non sono due approcci necessariamente estremi,
possono coesistere all’interno della stessa banca su un orizzonte temporale esteso. Oggi pochissime banche
(piccole dimensioni) attuano una gestione titoli esclusivamente con approccio residuale, in quanto il
portafoglio titoli oltre a poter essere una fonte di reddito aiuta l’equilibrio economico della banca.
Bisogna tenere in considerazione le scelte di politica monetaria della BCE: uno dei componenti essenziali
dei titoli è il tasso d’interesse, che applicati sui titoli risentono dei tassi d’interesse benchmark del mercato.

Un altro approccio utilizzabile nella gestione del portafoglio titoli prende in considerazione il concetto della
duration.
Mentre la durata può essere contrattuale, ovvero che non cambia durante tutta la vita del titolo, o residua,
ovvero quanto manca prima della scadenza del titolo, vi è la duration  è un terzo tipo di durata
fondamentale quando si vuole valutare se inserire o no in portafoglio un titolo.
La duration da un punto di vista qualitativo è la durata finanziaria di un titolo, misurata in numero di anni.
La durata finanziaria dipende dalla composizione dei flussi finanziari generati da quel titolo; a parità di tutte
le altre condizioni, un titolo che presenta flussi finanziari periodici ha una duration inferiore ad un titolo
zero coupon (ovvero che non ha cedole per tutta la vita del titolo stesso: il rendimento è dato dalla
differenza tra il prezzo di acquisto e il prezzo di rimborso).
Un titolo che presenta cedole, di norma prevede cedole semestrali lungo tutta la durata del prestito e un
valore di rimborso.
La duration stima la sensibilità del titolo alla variazione dei tassi d’interesse, un titolo che non presenta
flussi finanziari periodici è esposto in maniera più significativa alla variazione dei tassi d’interesse.
Un titolo che presenta cedole periodiche, anche se sono cedole fisse, possono essere reinvestite a tassi
crescenti, quindi i maggiori rendimenti derivanti dal reinvestimento riducono l’impatto che la variazione dei
tassi d’interesse può avere sul titolo.
A parità di tutte le altre condizioni, sono quindi preferiti titoli che hanno una duration inferiore.
Sul concetto della duration si fondano questi due approcci:
- Laddered approach: approccio utilizzato dal gestore che vuole comporre un portafoglio che
difficilmente modificherà nel corso del tempo (salvo cambiamenti improvvisi considerevoli)
L’obiettivo è ripartire la composizione del portafoglio titoli su tutte le scadenze in modo da far si
che il portafoglio generi periodicamente flussi finanziari, in questo modo periodicamente entra
liquidità in cassa che può essere reinvestita, evitando quindi il rischio di essere penalizzato dai tassi
d’interesse: sarà sempre disponibile liquidità da investire
- Barbell approach: la composizione del portafoglio titoli avviene puntando su due tipi di duration,
una parte breve e una lunga (manca la media).
Quella lunga è costruita sulla base delle aspettative e caratteristiche dei titoli, mentre quella breve
serve ad essere pronto nel momento in cui si hanno variazioni di tassi non facilmente prevedibili: la
duration breve consente di avere flussi finanziari significativi in breve tempo, la cui liquidità serve
per essere pronti ad investire nel caso in cui i tassi aumentino per esempio.
Questo approccio è particolarmente usato nel caso in cui ci sia certezza nella direzione e incertezza
nel tempo di realizzazione.

Investment banking
Laddove presente, all’interno dei modelli di organizzazione della banca questa attività spesso è fortemente
connessa con le altre attività e alla gestione di portafoglio titoli di proprietà.
In Italia pochissime banche svolgono al loro interno attività di investment banking in senso stretto.
Idealmente l’investment banking si contrappone all’attività di tipo commercial: anche l’investment banking
mette in contatto soggetti in surplus con soggetti in deficit, ma, a differenza del commercial banking, la
dimensione dei soggetti considerati è solo di vasta scala, si tratta quindi di esigenze e fabbisogni sofisticati e
di dimensione rilevante.
I soggetti in surplus, ovvero che forniscono risorse finanziarie alla banca, tipicamente sono identificati come
risparmiatori (solitamente non è a conoscenza di tutti i rischi insiti negli investimenti, quindi è
particolarmente meritevole di tutela), nel caso dell’investment bank si identificano in investitori: questa
differenza presenta anche dei risvolti normativi rilevanti: gli investitori hanno una miglior conoscenza dei
rischi insiti nell’investimento, per cui, pur essendo tutelati, godono di una tutela minore rispetto al
risparmiatore.
In particolare si parla di investitori istituzionali, quindi soggetti che si collocano in una fascia superiore
rispetto all’investitore individualmente inteso.
Quando si parla di investment banking sono presenti due diverse definizioni:
- Attività pura: che consiste nella sottoscrizione di strumenti finanziari sul mercato primario e di
trading (vendita) sul mercato secondario  in Italia non sono presenti investment bank significative
di questo tipo
- Attività allargata: più comune in quanto di norma l’investment banking è un’attività che consegue
economie di scala man mano che aumenta la tipologia di attività svolte.
Opera su un maggior numero di ambiti: sottoscrizione sui mercati di titoli di nuova emissione,
negoziazione (trading) di titoli, merchant banking (assunzione di partecipazioni in imprese non
finanziarie), gestione dell’attivo. Underwriting, trading, merchant banking sono soluzioni
dell’intermediario a problemi di reperimento delle risorse finanziarie.
Asset management, modalità attraverso cui l’intermediario finanziario gestisce le risorse finanziarie
di un soggetto.
Advisory, quindi consulenza, nelle operazioni di fusione e acquisizione.
Risk management e lending, ovvero attività di finanziamento
A questi modelli estremi possono essere combinate numerose soluzioni che stanno nel mezzo.
Non necessariamente gli intermediari devono svolgere tutte le attività rappresentate, è possibile scegliere
su quali puntare.

ASA (aree strategiche di affari) implementate da un investment bank:


- Corporate finance: finanza di impresa di grandi dimensioni, consiste nell’ottimizzazione di scelte
finanziarie di un’impresa, quindi la scelta delle soluzioni finanziarie migliori in relazione col
fabbisogno manifestato dall’impresa. L’investment bank potrebbe quindi finanziare direttamente
l’impresa, oppure organizzare l’emissione di un prestito obbligazionario (emissione di strumenti di
debito), organizzare l’emissione di un aumento di capitale sociale, organizzare l’emissione di
strumenti finanziari di tipo intermedio, oppure fornire assistenza finanziaria o consulenziale in tutte
le operazioni di finanza straordinaria
- Capital markets: area che comporta minori rischi in quanto si tratta di un’attività di tipo
organizzativo consulenziale che la banca svolge legata all’accesso al mercato da parte delle
imprese. La banca funge da supporto all’impresa che va sul mercato. Vi è un grande rischio di
natura reputazionale.
Il ruolo della banca piò essere di underwriting (sottoscrizione dell’emissione), organizzazione,
distribuzione, consulenza ecc…
Su operazioni di piccole dimensioni spesso l’investment bank svolge tutte le attività, invece nelle
imprese di grandi dimensioni solitamente si forma un consorzio di banche nella quale esiste una
leader manager, la quale ha il compito di coordinare tutte le banche presenti a vario titolo.
Queste due aree sono quasi sempre presenti
- Merchant banking: attività poco diffusa in Italia, consiste nell’attività di acquisizione di
partecipazioni nel capitale di rischio di imprese non finanziarie, è una banca che è azionista
rilevante nel capitale delle imprese industriali. Fino all’entrata in vigore del testo Unico in Italia si
trattava di un’attività vietata.
L’idea del merchant bank non è quella di rimanere azionista stabile nel capitale delle imprese, bensì
di essere azionista con lo scopo di far crescere l’impresa, accompagnarla alla quotazione e in
seguito smettere la partecipazione. (Invece nel modello tedesco, al contrario di quello
anglosassone, la merchant bank rimane azionista stabile dell’impresa).
Nel modello anglosassone l’idea di entrare nel capitale di rischio dell’impresa è finalizzata ad una
sua quotazione sul mercato, dopo di che la partecipazione serve per creare la quantità di capitale di
rischio da mettere a disposizione nell’offerta pubblica iniziale.
I fondi di private equity lavorano con questa logica.
- Trading and brokerage: il brokerage è un’attività di negoziazione per conto della clientela, cioè
vengono intermediati strumenti finanziari sul mercato per il conto economico del cliente.
Attività tipicamente svolta quando il cliente dell’investment bank vuole perseguire un determinato
risultato senza esporsi sul mercato; la banca compra o vende quote rilevanti di strumenti finanziari
per conto del cliente che preferisce non apparire
- Risk management: attività di scala dell’investment bank, la banca di suo già deve gestire il
personale risk management, quindi sfrutta le sue competenze per offrire lo stesso servizio alla
clientela
- Asset management: la banca offre servizi di gestione del patrimonio a clientela dimensionalmente
importate solitamente costituita da investitori istituzionali, imprese, singoli individui con
patrimonio rilevante (questi individui sono soggetti che nel loro ruolo imprenditoriale si sono
affidati alla medesima investment bank per la risoluzione dei problemi finanziari della loro impresa,
inoltre spesso la banca per fare la gestione individuale del patrimonio preferisce creare una propria
private bank in modo da tenere separata la gestione del patrimonio individuale dalla gestione delle
problematiche di natura finanziaria dell’impresa appartenenti al medesimo soggetto).
Esempio: Mediobanca  fornisce assistenza finanziaria alle imprese, per i soggetti imprenditori per
i quali ha organizzato le operazioni relativamente alle imprese facenti loro capo offre anche un
servizio di gestione del patrimonio individuale
In Italia la situazione è peculiare, infatti non sono presenti molte corporation in cui lo Stato non è azionista
di riferimento (aspetto dimensionale), inoltre molte imprese di grandi dimensioni sono riconducibili ad una
gestione famigliare e non sono quotate in borsa.
Un altro problema è legato alla netta prevalenza, originata da scelte di natura tributaria, dell’indebitamento
rispetto all’incremento del capotale azionario, questo perché è sempre stata consentita la deducibilità
fiscale degli interessi passivi ma solo negli ultimi anni sono stati varati provvedimenti che consentono
vantaggi fiscali derivanti dall’investimento degli utili.  Per l’imprenditore era molto più conveniente fare
debito e dedurre gli interessi dal conto economico piuttosto che investire gli utili all’interno dell’impresa
In Italia la banca d’investimento di diritto italiano più importante è Mediobanca, la cui attività originaria è il
corporate e si è espansa nel retail.

Passivo dello Stato Patrimoniale  Passivo banca


La gestione della raccolta (provvista)
L’attività di raccolta costituisce il metodo di reperimento delle risorse presso la clientela o sul mercato, per
svolgere la propria attività tipica di intermediazione.
Fonti di finanziamento per l’impresa: fonti che sono costituite da capitale di terzi (di debito) e capitale
proprio (di rischio)  quando si parla di imprese bancarie la fonte di approvvigionamento è costituita dalla
acquisizione di risorse finanziarie presso la clientela. (capitale di debito)
Quando si parla di raccolta quindi non è incluso il capitale proprio, che appartiene all’area gestionale del
capitale che ha accezione e finalità diversa rispetto a quello di una normale impresa.
Inoltre non rientrano nell’accezione di raccolta gli strumenti ibridi: forme di reperimento di risorse
finanziarie che presentano elementi che gli pongono a metà tra il debito vero e proprio e il capitale, sono gli
strumenti che compongono il TIER2 e l’Additional TIER1: giuridicamente costituiti da titoli di debito ma che
presentano caratteristiche economiche e tecniche che li pongono prossimi agli strumenti di capitale
rispetto a quelli di debito in senso stretto.
Il Testo Unico definisce la raccolta del risparmio tutto ciò che è acquisizione di fondi con obbligo di rimborso
sia sottoforma di depositi che sotto altra forma.
Non è raccolta il capitale proprio, in quanto non ha obbligo di rimborso agli azionisti, e tutto ciò che avviene
presso soggetti che non sono considerati pubblico
La raccolta del risparmio tra il pubblico è vietata ai soggetti diversi dalle banche, gli uffici postali fanno
eccezione.
Dalla definizione di raccolta discende il tema della protezione del risparmio, assicurata per i depositi bancari
ma non per depositi raccolti da altri soggetti.
All’interno del TUB sono stati recentemente aggiunti il comma 2bis e 2ter in contemporanea
all’introduzione all’interno del nostro sistema finanziario di soggetti e strumenti che prima non esistevano.
Tutto ciò che è sottoforma di provvista di denaro per effettuare pagamenti attraverso strumenti diversi dal
denaro contante, non è considerabile raccolta di risparmio tra il pubblico.
Per questi strumenti in caso di fallimento dell’istituzione che li detiene, non godono della tutela del fondo
interbancario di tutela dei depositi, in quanto costituiscono forme di provvista legata ad un servizio
specifico.
Tassonomia della raccolta bancaria:
1) In relazione agli obblighi che la banca assume nei confronti del cliente si distingue la raccolta diretta
e raccolta indiretta
2) Criterio della dimensione unitaria: raccolta al dettaglio (retail) e raccolta all’ingrosso
Usando il primo criterio, quindi in relazione agli obblighi della banca, è possibile identificare due aggregati
di raccolta:
- Raccolta diretta: evidenzia una posizione debitoria della banca, che assume un impegno nei
confronti del cliente a restituire la somma di denaro ad una determinata scadenza (da a vista, fino
alla scadenza massima 40/50 anni).
Essendo la banca in posizione di debito, la raccolta diretta è iscritta nel passivo dello stato
patrimoniale e genera un costo per la banca (dare CE).
I rischi che la raccolta diretta genera per una banca sono principalmente di liquidità, che si
manifesta con l’incapacità da parte della banca di rimborsare le somme avute dalla clientela;
questo rischio varia a seconda della forma tecnica presa in considerazione, è massimo per le forme
di raccolte a vista e si riduce gradualmente man mano che è prevista una scadenza protratta nel
tempo.
- Raccolta indiretta: la posizione della banca è diversa a seconda del tipo di contratto preso in
considerazione, può essere infatti custode, amministratore, gestore, distributore ma non debitore
La banca è quindi mandataria nel caso delle operazioni che compongono la raccolta indiretta, cioè
alla banca viene dato un determinato compito da eseguire secondo regole e istruzioni date dal
cliente (mandante).
Contabilmente la registrazione delle operazioni ricondotte alla macro-categoria della raccolta
indiretta avvengono sotto la linea, ovvero nel sistema degli impegni e dei rischi, cioè al disotto di
tot. Attivo e tot. Passivo, nei conti degli impegni e dei rischi, che sommati ai totali precedenti danno
il totale generale di bilancio. Per la banca non costituiscono né un’attività, né una passività, né una
voce del netto, ma sono la rappresentazione di un impegno e o di un rischio.
Poiché la banca riceve un mandato ad eseguire una determinata attività, dovrà essere remunerata
attraverso una commissione attiva (avere CE).
L’attività di raccolta indiretta non genera rischio di liquidità, in quanto non vi è obbligo di rimborso
di una somma di denaro, non genera rischio di mercato o di credito; nonostante questo però sono
presenti altre tipologie di rischi quali il rischio operativo e reputazionale (aumentato in maniera
esponenziale con l’avvento dei social media).

La raccolta diretta è nell’SP, P, passività onerose  le operazioni di raccolta generano oneri a carico della
banca, presenti anche quando il tasso di remunerazione è pari a zero (interessi passivi = 0) in quanto sono
comunque legati ai costi di gestione necessari per la gestione delle operazioni (per esempio onere per la
protezione, versamenti ai fondi di tutela del deposito).
Le passività onerose sono costituite da 3 categorie: debiti v/banche, debiti v/clientela e titoli in circolazione.
Nell’esempio di BPER la raccolta al dettaglio si manifesta sulla base della forma tecnica in modo da poter
distinguere la funzione monetaria (90% del totale), quindi attraverso conti correnti e depositi a vista, e la
funzione d’investimento, quindi depositi a scadenza, finanziamenti ecc
Inoltre la banca può effettuare raccolta diretta nei confronti di altre banche o BCE  debito v/BCE, debito
v/altre banche
La raccolta da banche centrali avviene tramite operazioni di mercato aperto, operazioni non convenzionali
di finanziamento e marginal lending facility, mentre da altre banche attraverso la raccolta sul mercato
interbancario e conti correnti di corrispondenza (che regolano il normale rapporto tra banche).

La raccolta indiretta prevede due grandi categorie di attività:


- La raccolta amministrata: prevede la semplice esecuzione da parte della banca di indicazioni del
cliente
- La raccolta gestita: è un’attività a più elevato valore aggiunto, quindi remunerazione, per la banca,
che in questo caso assume decisioni per conto del cliente concordando i criteri generali da dare alla
gestione del patrimonio

La somma di raccolta diretta e indiretta restituisce la massa fiduciaria  aggregato che costituisce il valore
complessivo delle somme date in gestione alla banca, quindi il livello di fiducia concesso a quella
determinata banca
Se alla massa fiduciaria si aggiunge la raccolta di altri soggetti (presso altre banche) si ottengono i mezzi
amministrati o raccolta totale, che da contezza del grado di fiducia che una banca gode sul mercato da
parte di tutti gli operatori (clientela e altre banche).
La raccolta indiretta prevede una remunerazione, quindi genera un ricavo e viene iscritto sotto la voce di
commissioni attive, questa voce è seguita da commissioni passive e in seguito il saldo, le commissioni nette;
tuttavia il grado di dettaglio di commissioni attive e passive è lasciato alla libera iniziativa della banca.
Nel caso di BPER viene fatta una distinzione per canali distributivi, nella voce presso propri sportelli.
L’attività da remoto è considerata svolta in sede, nella voce offerta fuori sede invece sono registrate le
attività svolte da consulenti finanziari che possono svolgere la propria attività presso il domicilio del cliente.
(Funding gap = prestiti – raccolta al dettaglio)
La banca si pone come obiettivo mantenere stabile e sviluppare la sua raccolta, per il perseguimento è
fondamentale che essa sia composta in maniera equilibrata, cioè all’interno delle somme raccolte presso
clientela e banche ci sia una diversificazione delle forme tecniche, delle scadenze e della remunerazione.
Avere una composizione equilibrata significa avere una quota parte della raccolta che sia a tasso fisso) in
modo che anche a fronte di variazioni inattese dei tassi d’interesse non si modifichi il profilo di costo di
quella parte di raccolta9 e una quota parte della raccolta a tasso variabile (in modo da adeguarsi
all’andamento del mercato).
Inoltre è necessaria un’adeguata composizione e ripartizione tra le diverse scadenze, infatti l’ipotesi di
possedere una raccolta costituita esclusivamente da raccolta a vista genera un rischio che può portare al
fallimento della banca stessa  Avere un’adeguata composizione in termini di scadenze e forme tecniche
significa per la banca garantirsi anche stabilità nella raccolta
Un ulteriore elemento è legato al mantenimento della clientela, chiamato il grado di retention della
clientela; mantenere la clientela significa rispondere alle loro esigenze in termini di prodotti e servizi offerti,
quindi realizzare cross selling, ovvero la capacità di una banca di vendere a un cliente una serie di prodotti
di diversa natura per poter far si che il cliente permanga stabilmente  il conto corrente è lo strumento
ideale.
Molti servizi legati al conto corrente sono a costo zero per due ragioni: la prima è di tipo informativo, la
banca infatti attraverso i movimenti del cliente conosce la sua storia finanziaria (costruisce l’andamentale
della persona) riuscendo quindi ad offrire in maniera mirata altri tipi di servizi da cui si genereranno nuove
commissioni, in secondo luogo, se la banca riesce ad avere un certo numero di clienti collegati ad un ente
erogatore di un determinato servizio riuscirà ad avere potere sul servizio stesso (attraverso il pagamento
delle utenze a scadenza riesce ad avere 4/5 giorni di liquidità a costo zero per esempio).

Leve gestionali per la raccolta  attraverso quali strumenti la banca può perseguire i suoi obiettivi legati
alla raccolta
- Fornire un adeguato mix di prodotti e servizi al cliente in modo da aumentare la ritention del
cliente stesso, diversificare la clientela e ridurre nel cliente la percezione dell’importanza della
remunerazione (maggiore è il numero di prodotti e servizi a costo zero collegati al deposito in conto
corrente, minore è la sensibilità del cliente sulla remunerazione in senso stretto del deposito, cioè
sul tasso d’interesse)
- Pricing della clientela: azioni riguardanti le offerte sulle modalità di tariffazione di prodotti e servizi
offerti
- Distribuzione: particolarmente legato al tema della sicurezza, questo aspetto sta diventando
sempre più rilevante, per esempio possono essere attivati conti corrente aperti e gestiti
esclusivamente online che prevedono remunerazione o consentono agevolazioni di natura
economica
- Comunicazione: la massa fiduciaria è l’aggregato comunicato dalle banche come indice della fiducia
che il sistema ripone in essa.
I prodotti e i servizi bancari hanno la caratteristica di appartenere ad una categoria di beni diversa a
quella generale, ovvero la categoria credence goods  viene acquistato quel determinato bene o
servizio sulla base di elementi che non sono identificati, non viene fatto in seguito ad un’esperienza
(experience goods: acquisti in seguito a diretta esperienza positiva) o in seguito ad una ricerca
(search goods).
Quindi per la banca è importante essere credence goods, ovvero considerate credibili, nel
reperimento della clientela, proprio perché l’offerta non può essere provata precedentemente

Raccolta all’ingrosso
Mentre la raccolta al dettaglio normalmente è svolta con la clientela, quella all’ingrosso di norma è svolta
con le banche, la BCE o con soggetti considerati investitori professionali (non si parla di risparmiatori) e si
tratta di operazioni di taglio molto elevato.  Dietro al diverso termine utilizzato vi è un diverso modo di
intendere la controparte, infatti le operazioni realizzate prevedono una minore tutela per la controparte
(non sono richiesti tutti i vincoli normativi e di comunicazione).
Per esempio nell’emissione di uno strumento finanziario, se esso è rivolto al pubblico indistinto esiste una
procedura complessa per la predisposizione al prospetto informativo, che necessita di una serie di
informazioni e warning al suo interno di cui il risparmiatore deve essere informato.
Se si attua la stessa emissione ma ad investitori professionali, il prospetto informativo si riduce
notevolmente, in quanto si parte con presupposto che questo soggetto sia in grado di comprendere i rischi
insiti in quel determinato investimento finanziario.
Inoltre, mentre la raccolta al dettaglio è in larga misura costituita da moneta nazionale (avente corso
legale), nella raccolta all’ingrosso sono presenti quote significative di raccolta in valuta estera per effettuare
prestiti in diversa valuta e per possibilità di lucro per le differenze tra tassi d’interesse sulle diverse valute
(bisogna però considerare il rischio sul cambio).
I canali principali di raccolta all’ingrosso sono costituiti da banche, Banca Centrale, mercati monetari o
finanziari.
Il mercato interbancario fino al 2008 costituiva per le banche una fonte di approvvigionamento importante,
in seguito alla crisi così non è più stato; si tratta di un mercato svolto tra banche, di breve termine, dove le
scadenze vanno da over night (il giorno lavorativo successivo) e massimo fino a 12 mesi.
Una novità fondamentale introdotta dalla crisi di Lehman riguarda l’inclusione di, oltre alle operazioni
insecured non garantite, operazioni collaletaralizzate ovvero assistite da garanzia.
Inoltre, essendo un mercato dove l’oggetto dello scambio è il denaro, esiste un prezzo di acquisto e un
prezzo di vendita, un prezzo denaro e un prezzo lettera.
Il mercato interbancario normalmente può essere organizzato over the counter (OTC), ovvero con delle
regole ma non istituzionalizzato, ovvero non presenta regole definite valide per tutti i partecipanti, oppure
(come nel caso italiano con MTS Depo) un mercato creato su una piattaforma elettronica, con regole
precise, che devono essere rispettate da parte di tutti gli operatori (mercato regolamentato).
MTS DEPO
Frutto di una lunga ristrutturazione del mercato interbancario italiano, attivo da 2020, gestito da MTS SPA,
su questo mercato si scambiano depositi (denaro) e partecipano banche, banche centrali, altri intermediari
finanziari, il ministero delle economie e delle finanze e le poste.
Sono presenti dei requisiti minimi per poter aver accesso al mercato  le contrattazioni hanno taglio
minimo di un milione di euro, sono presenti due prezzi in denaro e in lettera e vigila la banca d’Italia
Le scadenze sono:
- Overnight: l’operazione di trasferimento fondi avviene oggi e la scadenza dei fondi è il primo giorno
lavorativo successivo
- Tomorrow next: l’operazione avviene oggi, i fondi vengono trasferiti lunedì e la restituzione sarà
martedì
- Spot next: l’operazione avviene oggi, i fondi vengono trasferiti martedì e la restituzione sarà
mercoledì
Sono le tre scadenze sulle quali si concentrano la maggior parte delle operazioni
- One week, two week, three week
- One month ecc
- Oltre i 12 mesi non è possibile contrattare
- Inoltre è possibile contrattare a broken date: la scadenza dell’operazione è per esempio 3 mesi e 18
giorni
L’aspetto fondamentale del mercato interbancario è che esso crea tassi d’interesse (prezzi a cui il denaro
viene scambiato) che costituiscono tassi benchmark per tutto il sistema finanziario.
Si tratta di tassi estremamente reattivi, per cui danno percezione immediata della liquidità a disposizione
del sistema, inoltre costituiscono il benchmark (l’indicatore) e la base di partenza per il calcolo dei tassi
applicati alla clientela.
Si tratta di tassi utili se affidabili e non distorti, quindi calcolati in maniera trasparente e resi facilmente
accessibili al pubblico, da qui ci si collega allo scandalo Euribor
Tassi interbancari:
1) €STR (Euro Short Term Rate): tasso che ha sostituito l’overnight dal 2019, è calcolato giornalmente
dalla BCE come una media ponderata su tutti i prestiti interbancari con scadenza overnight, non
garantiti, per un importo superiore ad un milione di euro. Il giorno dopo pubblica il tasso
d’interesse risultato di questo calcolo.
Lo prende da un panel delle 50 banche più importanti dell’area euro
2) Euribor: le scadenze presenti sono 5 (1 settimana, 1 mese, 3 mesi, 6 mesi e 12 mesi), l’importo
minimo di transazione è pari a 20 milioni di euro e il calcolo avviene sempre come media ponderata
di tutte le negoziazioni di un panel di 18 banche
Il calcolo è svolto dall’European Money Markets Institute.

Bilancio: costituisce la principale fonte informativa rispetto alla situazione economico, finanziaria,
patrimoniale e non solo di una banca o azienda.
Esiste anche un altro documento oltre al bilancio, ovvero la dichiarazione non finanziaria, nella quale le
imprese e in particolare le banche rendicontano a tutti gli stakeholder l’impatto ambientale, sociale, di
buon governo che la banca ha avuto nel corso di un determinato periodo di tempo (il cosiddetto bilancio
sociale)  Le tradizionali metriche di valutazione, quali la redditività, la produttività e la
patrimonializzazione vengono affiancate da alcuni indicatori di valutazione legati ad altri ambiti nei quali la
banca opera.
Il bilancio è uno strumento di informazione in primis nei confronti degli azionisti, ovvero gli shareholder
della banca, in secondo luogo al mercato (anche se la banca non è quotata sul mercato, perché serve per
verificare il posizionamento dell’operatore economico nel sistema finanziario e dare una valutazione
dell’andamento del settore cui appartiene l’impresa bancaria), agli stakeholders, autorità di vigilanza,
dipendenti, fornitori; è di tale importanza in quanto è una rappresentazione organica e completa di tutta la
situazione, inoltre è un documento in cui accanto alla comunicazione di valori e percentuali, viene data
anche un’interpretazione da parte dell’organo di supervisione strategica sulle prospettive della banca
stessa.
Il bilancio è composto da una corposa parte di numeriche predisposte dal consiglio di amministrazione e il
collegio sindacale e da un’importante parte teorica, che è la relazione, in cui gli amministratori (o colui che
è l’organo di supervisione strategica e di gestione della banca) devono spiegare gli andamenti delle
principali variabili e indicare, alla luce degli eventi che si prospettano, quale potrebbe essere l’andamento
futuro della banca stessa.
Inoltre si aggiunge, sia per banche quotate che non, la relazione della società di revisione che deve
attestare che il bilancio è stato redatto secondo i criteri stabiliti dalle norme; queste norme sono di origine
comunitaria che definisce il contenuto del bilancio di una banca a cui è stata aggiunta un’apposita circolare
(262 della Banca d’Italia) relativa alla composizione e redazione del bilancio d’esercizio.
I principi sui quali deve essere redatto il bilancio sono:
- Il rispetto delle norme: ovvero di tutte le disposizioni civilistiche in materia di bilancio e di tutte le
disposizioni normative secondarie che regolamentano la redazione del bilancio
- Norme date da Consob e Ivass: Consob da delle disposizioni per quanto concerne i contenuti che il
bilancio deve mettere a disposizione (uno degli stakeholder più importanti è il mercato, a cui in
questo modo vengono messe a disposizione una serie di regole che sovraintendono all’informativa
da fornire al mercato)
- Conformità ai principi contabili internazionali: conosciuti come IAS/IFRS
- Il bilancio deve rispondere ai requisiti di significatività, comprensibilità e attendibilità: deve essere
un documento usufruibile e compreso da tutti gli utilizzatori e prediligere la sostanza sulla forma,
ma al tempo stesso non deve presentare informazioni o dati in modo da influenzare la valutazione
da parte dell’investitore
- Il bilancio deve essere comparabile: per ogni dato deve essere presentato anche quello al periodo
precedente (t e t-1), non si devono cambiare i criteri di valutazione; qualora questo si renda
necessario (per esempio cambia un principio contabile) occorre presentare comunque quello che
sarebbe stato il dato utilizzando il criterio in uscita.  accanto alle due tradizionale colonne se ne
aggiunge una terza, in cui viene indicata come sarebbe risultato il dato in continuazione di
valutazione
Strutturalmente il bilancio si compone di un insieme di schemi e relazioni, tra cui:
- Stato patrimoniale: esposto secondo un criterio di liquidità per quanto riguarda l’attivo (si parte
dalla cassa e disponibilità liquide per scendere poi via via fino alle immobilizzazioni) ed esigibilità
per quanto riguarda il passivo decrescente, ovvero dalle poste più a quelle meno liquide e dalle
poste contabili con scadenza più ravvicinata a quelle con scadenza più protratta, fino alla
composizione del CN, per definizione costituito dai mezzi a disposizione in maniera permanente
della banca (si parte dalle poste immediatamente esigibili che sono solitamente costituiti da debiti
verso banche, fino al patrimonio netto in senso contabile)
- Conto economico: redatto informa scalare, ovvero in un unico schema che alterna costi e ricavi e
che prevede dei risultati intermedi, distinguendo la gestione operativa da quella valutativa
- Nota integrativa: documento che consente di interpretare e comprendere le dinamiche che
riguardano le diverse poste di bilancio, consente di comprendere l’articolazione e composizione
delle voci principali di bilancio che attraverso la nota integrativa vengono dettagliate secondo vari
criteri. Inoltre nella nota integrativa non sono presenti informazioni solo legate alla redazione, ma
anche info che riguardano aspetti della gestione particolari che non hanno esposizione contabile in
senso stretto ma che potrebbero avere conseguenze importanti sulla gestione, per esempio area
rischi, area operazioni con parti correlate (le parti correlate sono soggetti che possono avere
un’influenza notevole sulla gestione della banca, come azionisti rilevanti), area accordi di
pagamento (per evitare rischi legati all’azzardo morale)
Nelle analisi il bilancio quasi mai viene usato nella forma in cui si presenta, infatti i dati in valore assoluto a
livello di confronto nazionale e internazionale poco rilevano sulla significatività di determinate grandezze
aziendali.  Si procede alla riclassificazione del bilancio per poter consentire una valutazione delle
performance economiche, finanziarie e patrimoniali di una banca sia a livello micro (confronto a livello
intertemporale) che macro (confronto con il sistema).
Le voci vengono riclassificate creando degli aggregati più significativi e usando delle poste contabili che non
derivano dal bilancio in senso stretto ma dalla nota integrativa.
Quando riclassifico il bilancio per fare i confronti intertemporali, infra-settoriali o intersettoriali si lavora su
grandi categorie di voci contabili e soprattutto per margini: quindi quando si parla di conto economico al di
là dello schema previsto dalla norma, ognuno compone il CE a proprio uso e consumo.
Nell’esempio di BPER: il CE presentato dalla BPER a fini informativi è duale, uno predisposto secondo lo
schema obbligatorio, l’altro esposto come ritenuto opportuno dalla banca.

Nella riclassificazione dello Stato Patrimoniale vengono utilizzati 3 grandi aggregati:


- Attività fruttifere: attività esposte nel bilancio di una banca che generano o possono generare frutti
periodici, quindi interessi o dividendi (tutte le attività escluse le immobilizzazioni)
- Passività onerose: debiti assunti dalla banca con obbligo di remunerazione, passività che generano
un onere, costo per la banca (tutte fatta eccezione per i debiti di funzionamento)
Questi aggregati servono per definire il rendimento dell’attivo e il costo del passivo delle banche
- Patrimonio netto

ROE: uno dei principali indicatori di redditività, è un ratio utilizzato per una misurazione sintetica

Conto economico scalare: si compone di 3 colonne


- Costi, ricavi e margini
- Sigle
- Colonna di raccordo con lo schema di conto economico obbligatorio (che prevede una serie di voci
numerate)
La valenza informativa del conto economico è data dai margini progressivi che si vengono a creare nella ri-
esposizione dei costi e dei ricavi.
Il primo margine fondamentale è il margine di interesse: somma algebrica di interessi attivi, dividendi e
interessi passivi; importante perché rappresenta la capacità della banca di generare reddito dalla sua
attività di intermediazione tradizionale.  remunerazione dell’attività tradizionale
Gli interessi attivi derivano da crediti verso la clientela, crediti verso banche e dai titoli in portafoglio,
mentre quelli passivi derivano dai depositi della clientela, sui titoli emessi, obbligazione emesse, debiti
verso banche.
Se al margine d’interesse si aggiunge la somma algebrica delle commissioni (commissioni nette:
commissioni attive – commissioni passive) e i profitti e le perdite delle operazioni finanziarie compiute dalla
clientela, cioè tutte le operazioni che la banca svolge sul suo portafoglio di strumenti finanziari (per
esempio attività di negoziazione, di copertura ecc) margine d’interesse + somma algebrica commissioni +
risultati economici dell’attività di negoziazione sul portafoglio = margine di intermediazione
Questo margine è fondamentale in quanto:
- È la grandezza economica equivalente al valore aggiunto delle imprese industriali
- È la ricchezza prodotta dalla banca nell’esercizio della sua attività tipica  indica la capacità della
banca di produrre ricchezza
- Costituisce la ricchezza alla quale la banca attinge per sostenere tutti i costi ordinari e straordinari
della sua gestione
A partire dal margine di intermediazione la banca inizia ad assorbire tutti i costi legati all’esercizio della
propria attività, quindi in primo luogo quelli operativi, costituiti in particolare dalle spese del personale e
quelle amministrative.
Se dal margine di intermediazione si sottraggono i costi operativi si ottiene il risultato lordo di gestione, da
cui se si sottraggono tutte le rettifiche/accantonamenti per i rischi di credito si ottiene il risultato di
gestione.  capacità della banca di produrre reddito dalla sua gestione senza eventi che non dipendono
dalle sue azioni
A partire dal risultato di gestione entrano in gioco due componenti:
- Componenti straordinari: costi e ricavi straordinari, su cui non è possibile basare proiezioni di
redditività
- Imposizione fiscale: la dimensione delle imposte non dipende dalla banca, è una decisione del
legislatore tributario

I principali criteri di valutazione della banca


Gli IFRS (principi contabili internazionali per le imprese finanziarie) iniziano ad essere introdotti nel 2005
inizialmente esclusivamente per le banche quotate, in seguito vengono estesi a tutte le banche.
Quindi le banche devono redigere il bilancio secondo gli IFRS, ovvero secondo standard finanziari uniformi a
livello internazionale.
In particolare l’IRFS9 riguarda la classificazione e la valutazione degli strumenti finanziari, cioè regola la gran
parte del bilancio di una banca.
Il criterio di valutazione importante su cui si basa l’IFRS9 è il fair value: il valore fair di un determinato
strumento finanziario è quello che dal mercato, il problema è che i mercati riguardano soltanto una piccola
parte di strumenti finanziari, per cui è necessario identificare un criterio che possa sostituire il valore dato
dal mercato.
Per questa ragione sono stati introdotti 3 livelli di valutazione:
- Livello 1: strumenti finanziari quotati in un mercato attivo, ovvero fornire con continuità prezzi in
acquisto e prezzi in vendita di quel determinato strumento finanziario
- Livello 2: valutazione di strumenti non quotati, vengono utilizzati parametri utilizzati su mercati
diversi da quello di quotazione dello strumento
- Livello 3: valutazione degli strumenti finanziari sulla base di parametri che non sono osservabili su
nessun mercato, la valutazione risulta estremamente soggettiva, quindi sorgono grossi problemi di
interpretazione
L’altro criterio di valutazione è quello del costo ammortizzato e viene utilizzato in particolare per i crediti,
questo criterio ha previsto nel 2018 un grande cambiamento rappresentato dalla perdita considerata.
I crediti nel bilancio della banca devono essere esposti al netto delle previsioni di perdita, la perdita da
prendere in considerazione fino al 2018 era l’incurred loss, ovvero quella attesa; in seguito l’IFRS9 impone
l’utilizzo dell’expected loss, ovvero la perdita ipotizzabile da quel momento fino alla fine della durata del
credito.
Contemporaneamente l’IFRS9 ha previsto la suddivisione delle attività finanziarie in 3 categorie:
- Attività che non hanno subito un aumento significativo del rischio di credito, si valutano le perdite
che uno si aspetta di subire nei 12 mesi successivi e in seguito si procede alla rettifica con
l’accantonamento sul valore del credito.
- Attività finanziaria che ha avuto un significativo aumento del rischio di credito al momento della
valutazione, anche se ancora non sono state registrate perdite
- Attività finanziarie che hanno già manifestato situazioni di perdite
Se l’attività appartiene alla categoria 2 o 3, anziché effettuare un accantonamento sulla base delle
perdite attese nei prossimi 12 mesi, bisogna effettuare un accantonamento sulle perdite attese fino a
scadenza del credito stesso.
A seguito di questa imposizione la redditività di una banca è variata notevolmente.
Con la situazione Covid l’EBA si è ricreduta sulla rigida posizione assunta con l’IFRS9, per cui consente alle
banche di allentare l’utilizzo di questi IFRS9.

MINT: margine d’interesse


MINTS: margine di intermediazione
CO: costi operativi
Ratios: esprimere il livello di efficienza operativa e il livello di diversificazione di una banca
1) Livello di efficienza operativa: dato dal rapporto cost/income, ovvero costi operativi di una
banca/margine di intermediazione
Il risultato è in percentuale, in caso il valore si aggirasse intorno al 50 significherebbe che la banca
sta usando la metà della sua ricchezza prodotta per coprire i suoi costi operativi. L’altra metà è
utilizzata per coprire le rettifiche derivanti dai rischi di credito, sostenere eventuali oneri
straordinari e in seguito per distribuire quote agli azionisti
Cost/income intorno ad 80% indica invece una banca poco efficiente dal punto di vista operativo
2) Livello di diversificazione dell’attività: margine d’interesse/margine di intermediazione, più il valore
è contenuto, maggiore è la diversificazione, ovvero maggiore è il numero di fonti di reddito da cui la
banca genera ricchezza; attraverso fonti diversificate è più semplice affrontare situazioni di crisi
ipotetiche.
Un valore pari ad 84 per esempio indica che la maggior parte della ricchezza di una banca viene
generata unicamente dall’attività di intermediazione tradizionale, cioè dall’attività di raccolta e
impiego.
Indicatori di bilancio: valori determinati grazie all’utilizzo di dati contabili ed extra contabili e servono per
dare un’interpretazione più rapida e confrontabile di determinati fenomeni aziendali, aspetti di natura
patrimoniale, economica e finanziaria di un’azienda.
Questi indicatori consentono di confrontare determinati fenomeni ed aggregati sia a livello infra-settoriale,
quindi all’interno del settore e nei confronti della concorrenza, sia a livello intertemporale, per
comprendere l’evoluzione di un fenomeno nel corso del tempo.
Alcuni di essi sono obbligatori e previsti dalle autorità di vigilanza; in genere sono suddivisi per aree
tematiche quali:
- Struttura
- Liquidità
- Patrimonializzazione
- Redditività
- Produttività
- Qualità dell’attivo (rischiosità)
Anche quando rappresentano il medesimo fenomeno, esiste una differenza fondamentale tra un indicatore
gestionale e un coefficiente di vigilanza; il primo può essere composto come meglio si crede, mentre il
secondo ha una composizione obbligatoria e nel momento in cui viene comunicato alle autorità di vigilanza
ha anche una efficacia probatoria, ovvero nel momento in cui avviene la comunicazione del determinato
coefficiente alle autorità di vigilanza e agli stakeholders ci si assume la responsabilità stante le conseguenze
che la mancata osservazione di un coefficiente patrimoniale obbligatorio comporta.
Se non si rispetta il coefficiente di vigilanza obbligatorio esistono azioni di rimedio imposte dalla norma,
mentre se non vengono rispettati indicatori gestionali non si incorre in nessuna conseguenza.
Coefficienti di vigilanza:
1) Patrimonializzazione
- CET1 ratio: è un rapporto composto da a numeratore il capitale primario di classe 1 e al
denominatore il totale delle attività di rischio ponderate (RWA)
- T1 ratio: rapporto dato dal capitale di classe 1/ totale attività di rischio ponderate (RWA)
- TCR (total capital ratio): rapporto dato dal totale dei fondi propri/ totale attività di rischio
ponderate (RWA)
A livello di bilancio le banche sono indirettamente obbligate a comunicarli
2) Liquidità: si tratta di indici introdotti da Basilea 3
- LCR (Liquidity Coverage Ratio): rappresenta il coefficiente di liquidità a breve termine, è un
rapporto che prevede a numeratore le high quality liquid assets (ovvero tutte le attività che sono
moneta legale o possono essere liquidate senza costi o con costi molto modesti e a denominatore il
deflusso di cassa nei 30 giorni successivi (impegni finanziari a 30 gg)  attesta la capacità della
banca di far fronte ai propri impegni nel breve periodo
- NSFR (Net Sable Funding Ratio): è un rapporto dato da al numeratore l’ammontare disponibile di
provvista e al denominatore l’ammontare obbligatorio di provvista stabile  capacità della banca
di far fronte ai suoi impegni nel medio periodo (1 anno)
Entrambi sono obbligatori e devono essere almeno pari a 100
Nel caso della BPER i valori indicano un’ottima situazione di liquidità, il LCR è più che doppio al minimo
stabilito, ma anche il NSFR supera nettamente il limite stabilito.
Se da un lato questi valori indicano una buona capacità della banca di far fronte ai suoi impegni,
dall’altro denotano un eccesso di liquidità, che ha un costo.

3) Di qualità del credito (o rischiosità):


- Qualità del credito: rapporto con a numeratore le sofferenze e a denominatore i crediti verso la
clientela ordinaria; maggiore sarà il rapporto minore sarà la qualità del credito (è possibile
effettuare il calcolo anche con le altre categorie di credito deteriorato, ovvero con le inadempienze
probabili e con gli scaduti o sconfinati)  misura della quantità del credito deteriorato che
probabilmente non verranno incassati; non vi è una misura modello ma maggiore è il numeratore
(valore dell’indicatore) peggiore è la qualità del credito
- Texas ratio: rapporto tra sofferenze/patrimonio netto (accezione contabile)  In quale misura la
banca è in grado di assorbire con il proprio patrimonio le perdite che deriveranno dall’attività
creditizia.
Minore è il valore dell’indice, maggiore è la capacità della banca di assorbire senza contraccolpi
gestionali le perdite che possono verificarsi dall’attività di erogazione del credito
- Coverage: misura della copertura che la banca ha effettuato attraverso appositi accantonamenti
sulle sue posizioni creditorie. Si calcola rapportando accantonamenti/aggregato di crediti.
Di norma il più riguardato è la percentuale di copertura sulle sofferenze che mette a numeratore gli
accantonamenti su credito a sofferenza e a denominatore il totale delle sofferenze; questo
indicatore più si avvicina a 100 in percentuale maggiore rappresenta la capacità delle banche di
sopportare la perdita derivante dal mancato incasso del credito (valore = 50: a fronte di 100 euro di
sofferenza oltre 50 sono già stati accantonati e considerati perdita dalla banca).
Un altro indice che deriva dal coverage è la percentuale di copertura dei crediti in bonis, ovvero sui
crediti che hanno un normale andamento, che solitamente ha un valore pari al 2/3%
- Costo del rischio: costo del rischio / risultato lordo di gestione (dal CE), il costo del rischio si calcola
sommando gli accantonamenti a fondi rischi e oneri e le rettifiche nette su crediti; si calcolano
quindi tutti gli accantonamenti realizzati che rappresentano le aspettative di perdita futura  si
calcola la capacità della banca di assorbire attraverso il suo risultato lordo di gestione gli
oneri/rischi derivanti dall’attività di erogazione del prestito
4) Di struttura:
- Leva finanziaria: è un indicatore che le banche devono obbligatoriamente calcolare ed è dato dal
rapporto tra TIER1 / attività on e off balance (ovvero il totale delle attività di bilancio e fuori)
Questo indicatore deve essere almeno pari al 3%

Gli altri 3 indicatori sono dei rapporti creati per capire qual è il tipo di orientamento che la banca ha
- Crediti verso clientela ordinaria / totale attivo: indicatore dell’attività tradizionale, se ha valore
vicino a 100, a fronte di ogni 100 di attività la maggior parte sono costituiti da crediti verso la
clientela ordinaria, quindi la banca svolge un’attività di tipo tradizionale perché il suo core business
è l’erogazione dei finanziamenti alla clientela. La redditività sarà largamente dipende dall’attività
tradizionale.
- Crediti verso banche / totale attivo: indica l’attivismo della banca sul mercato interbancario, se il
rapporto è elevato la banca è datrice importante di fondi sul mercato interbancario
- Crediti verso clientela ordinaria / raccolta diretta: si pone a confronto l’attività tradizionale della
banca, prestiti a numeratore e a denominatore c’è la raccolta diretta, ovvero effettuata nei
confronti della clientela ordinaria
Se l’indice ha valore inferiore a 100, significa che la banca è in grado di finanziare la propria attività
di erogazione del credito attraverso la propria raccolta; se il valore è superiore a 100, la banca per
erogare crediti alla clientela deve chiedere fondi presso la clientela e presso altre fonti (banche,
investitori istituzionali)
5) Redditività
Indicatori di redditività in senso stretto, i primi due sono tradizionali, ovvero costruiti per qualunque
impresa a prescindere dall’attività che svolge:
- ROE (return on equity)  utile netto / patrimonio netto, l’utile viene considerato a prescindere
dalle politiche di distribuzione degli utili stessi
- ROA (return on assets)  utile netto / totale attivo, indicatore che misura la redditività del capitale
investito (a volte è scritto come ROI), il totale attivo è il valore che più approssima il totale degli
investimenti realizzati
- RoRWA  utile netto / RWA, indicatore che da misura della redditività corretta per il grado di
rischio; le RWA sono maggiori tanto più è elevato il grado di rischio in esse insito. A parità di altre
condizioni tra due risultati il cui utile netto è uguale si preferisce quello con RWA minori, quindi
redditività maggiore. Si tratta di un indicatore difficile da calcolare perché le RWA non sempre sono
disponibili nell’informativa al pubblico
- RoTE (return on tangible equity): nel totale dell’attivo è presente la macro-voce delle
immobilizzazioni.
Molte banche nel loro attivo hanno ancora rapporti significativi di ‘intagibles’, per cui gli analisti li
tolgono dal totale del capitale investito, in modo da avere una redditività corretta al netto delle
attività che ormai non producono più reddito
- Cost/income: costi operativi / margine di intermediazione, individua la capacità di una banca di far
fronte ai costi della propria operatività con la redditività che viene generata dall’attività stessa.
Avere questo indicatore prossimo a 100 significa che la banca è in grado di assorbire i costi legati
alla sua operatività e avanza poco per coprire poi le rettifiche su crediti da effettuare. Un
cost/income basso è ottimale in quanto consente di assorbire le perdite eventualmente derivanti
dall’attività di erogazione del credito e avanzare utile da distribuire ai soci
- Margine d’interesse / margine d’intermediazione: indica quanto incide l’attività tradizionale
sull’attività totale della banca, viene anche chiamato indicatore di diversificazione (più il valore è
lontano da 100, maggiore è il livello di diversificazione della banca, in quanto ha numerose attività
dalle quali può trarre reddito

Ci sono anche gli indici di produttività, che ormai stanno perdendo valore in quanto riportano a
denominatore o il numero di dipendenti o il numero di filiali; avevano senso quando l’operatività delle
banche era fisica, l’attività si svolgeva in filiale e tutte le operazioni erano intermediate dal lavoro di un
dipendente.
Questi indicatori venivano calcolati per porre a confronto diverse banche e quella che presentava valori più
elevati aveva migliori indici di produttività.
Hanno perso di significato perché oggi gran parte dell’attività bancaria è svolta lontano dalla filiale a
prescindere dall’intermediazione umana.

Non sono dei veri e propri indicatori di bilancio, ma di fondamentale importanza sono gli indici di mercato,
che per essere calcolati necessitano oltre ai dati di bilancio anche alcuni dati di mercato.
Sono presenti due indici che in particolare vengono calcolati per le imprese quotate:
- Price /book value: a rapporto con a numeratore il prezzo di mercato, ovvero la quotazione
dell’azione, fratto il patrimonio netto per azione (ovvero il book value), il patrimonio netto per
azione si ottiene dividendo quello complessivo per il numero di azioni in circolazione e mi indica il
valore contabile dell’azione; rapportano al prezzo per azione si ottiene quanto il mercato è distante
dalla valutazione contabile dell’azione
- Price / earning: rapporto con a numeratore il prezzo di mercato fratto utile per azione; quando si
calcola questo indicatore si assume la previsione che gli utili siano costanti.
Questo indice indica quanti anni sono necessari per ritornare in possesso del capitale investito
nell’acquistare quella determinata azione a parità di utili prodotti
Questo indicatore ha una duplice interpretazione: se questo indicatore è molto più elevato rispetto
alle altre aziende del medesimo settore, significa che essa è considerata più innovativa, redditizia e
capace di generare valore rispetto alle altre dello stesso settore, oppure se si considerano le
aziende con il price earning minore in quanto indica un errore del mercato, che sta sottovalutando
l’impresa e quindi se compro quella determinata impresa la pago meno delle concorrenti.
Non viene calcolato in caso di earning negativo, quindi in caso di perdita d’esercizio

Questi indicatori non devono essere presi in termini assoluti, ma comparati


Spesso tutta la serie di dati storici, stimati e prospettici si conclude nei report con un verbo e un numero;
verbo:
- Buy
- Hold: da mantenere in portafoglio
- Accumulate: approfittare della debolezza del mercato per inserirlo in portafoglio
- Sell
- Strong buy
- Strong sell
Numero, cosiddetto target price, ovvero il prezzo che gli analisti ritengono avrà un determinato titolo da lì a
6 mesi

Potrebbero piacerti anche