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La varietà dei contesti

nazionali e settoriali

La varietà dei contesti nazionali e


settoriali
 Fattori che creano la varietà delle imprese
 Il contesto di riferimento esogeno
dell’impresa
 La diversità dei capitalismi nazionali
 La diversità dei modelli locali di sviluppo
 La diversità dei settori economici

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Premessa

 L’impostazione microeconomica neoclassica si


fonda sulla formulazione teorica che esista un
unico modello efficiente ed efficace di impresa,
con un dato assetto dimensionale, all’interno di
uno specifico contesto competitivo.
 La diversità dimensionale – nonché
organizzativa, di governance e strategica – non è
ammessa e, anzi, qualora vi sia, essa costituisce
un’eccezione destinata ad essere “espulsa” per
l’operare dei meccanismi concorrenziali presenti
nel mercato.
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Nel concreto….

 Quali sono i fattori che determinano la


varietà (diversità) delle imprese che si
riflette (e quindi possiamo riconoscere)
nelle loro strategie?

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Fattori che creano la varietà delle
imprese
All’interno di un sistema competitivo la diversità
delle imprese è un fatto strutturale e contribuisce
a generare la dinamica del contesto competitivo.
Possiamo distinguere:
 fattori esogeni: elementi capaci di influenzare
dall’esterno le decisioni aziendali;
 fattori endogeni: modalità interne inerenti ai
modelli di proprietà e governance e al capitale
di risorse e competenze delle imprese.

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La varietà dei contesti nazionali e
settoriali
 Fattori che creano la varietà delle imprese
 Il contesto esogeno di riferimento
dell’impresa
 La diversità dei capitalismi nazionali
 La diversità dei modelli locali di sviluppo
 La diversità dei settori economici

Il contesto di riferimento
 L’impresa non è isolata ma è strutturalmente
collocata in un “ecosistema” composto da
numerosi attori con i quali si attivano differenti
relazioni e che interagiscono tra di loro.

 Una parte di questi attori costituiscono gli


stakeholder, che, proprio per questo,
influenzano le decisioni dell’impresa.

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Remind: L’ecosistema dell’impresa e i suoi
stakeholder

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© Cagnina, Crisci, Moretti

Le diversità relazionali con gli attori esterni


Le relazioni possono avere diverse
caratteristiche:
 formali oppure informali;
 unilaterali (es. pubblico) oppure bilaterali
(es. clienti);
 intense oppure deboli;
 cooperative oppure competitive;
 da cui derivano vincoli oppure opportunità.

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Impresa e ambiente competitivo
 L’insieme di relazioni contribuisce a configurare e
modellare la competitività dell’impresa.
 Il paradigma teorico che tende a spiegare la
competitività di un’impresa in funzione del suo
“ecosistema” in cui è collocata viene detto
strutturalismo.
 Paradigma Strutturalista (S-C-P): L’impresa ha
una propria progettualità strategica – e
conseguentemente propri comportamenti e proprie
performance – fortemente influenzata e
condizionata dal contesto esterno (Paese e
settore).
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Ricordate?
 Perché differiscono le imprese e come
si relazionano con l’ambiente?
 L’impresa è immersa in un particolare sistema
istituzionale, composto da proprie regole di
comportamento, da una propria storia, da
peculiari forme di regolazione delle attività delle
imprese ecc. Le caratteristiche differenziali del
comportamento delle imprese dipendono perciò
dal fatto che esse si trovano storicamente
modellate dal sistema sociale e istituzionale in
cui sono localizzate e radicate.
 Ad esempio pensate a quanto visto per Illy e
© Cagnina, Lavazza. 12

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Il contesto di riferimento
 Ci sono, in particolare, due diversi livelli di
analisi che contribuiscono a rendere
comprensibile le differenze tra le imprese,
ossia la loro varietà:
 L’“ecosistema” localizzativo di tipo
nazionale o locale (sistema paese,
distretto);
 L’“ecosistema” settoriale e di mercato in
cui opera l’impresa.
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La varietà dei contesti nazionali e


settoriali
 Fattori che creano la varietà delle imprese
 Il contesto di riferimento dell’impresa
 La diversità dei capitalismi nazionali
 La diversità dei modelli locali di sviluppo
 La diversità dei settori economici

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La diversità dei capitalismi
nazionali
 L’ecosistema nazionale fa riferimento ai
sistemi capitalistici nazionali in cui l’impresa
è collocata (Sistema Paese)
 In questi diversi modelli, le interazioni
istituzionali tra soggetti finanziari, sindacali,
imprenditoriali e della policy pubblica, così
come le regole di corporate governance,
cambiano significativamente, al punto di poter
identificare uno specifico modello in funzione
del contesto capitalistico nazionale in cui si
colloca l’impresa
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Il capitalismo anglosassone
Possiede essenzialmente le seguenti caratteristiche:
 il ruolo della borsa valori
 Finanziamento con capitale di rischio delle imprese
 Funzione di controllo dell’efficienza manageriale
 Trasferimento della proprietà d’impresa
 la flessibilità del mercato del lavoro
 il ruolo della concorrenza tra le imprese e ruolo
associazioni consumatori (class action) es. causa
contro colosso chimico USA DuPont per teflon
 il ruolo della R&S finanziata dal Governo federale,
nel campo dell’industria per la difesa con ricadute
© Cagnina possibili nell’ambito civile.
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Il capitalismo tedesco
Presenta le seguenti caratteristiche:
 l’importanza di alcuni settori scale intensive
(meccanica, metallurgia, automotive, chimica);
 connubio dell’attività di R&S tra imprese e
università e centri di ricerca per sviluppare
innovazione; (ecco dove nasce Industria 4.0)
 la rilevanza, negli organi decisionali delle grandi
imprese, delle rappresentanze dei lavoratori
(consiglio di sorveglianza);
 la presenza di banche “miste” (erogazione
credito alle imprese e loro azioniste);
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Il capitalismo francese
Ha alcune proprie specificità legate al ruolo «dirigista» dello
Stato nell’economia:
 perseguimento di progetti nazionali di sviluppo industriale
per favorire la creazione di competenze avanzate (Airbus,
TGV, nucleare);
 il ruolo dello Stato nell’economia tramite la proprietà,
parziale o totale, di molte imprese in alcuni settori
considerati strategici (utilities, trasporti, comunicazione) e
nella protezione degli assetti proprietari nazionali (Fond
Stratégique d’Investissement per investimenti sul C. di
rischio e per proteggerle da «scalate» estere )
 La presenza di grandi imprese sia in ambito manifatturiero
che nei servizi finanziari (sia bancari che assicurativi) e
della distribuzione commerciale alimentare e non. 18

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Il capitalismo italiano
Presenta peculiarità che lo differenziano dagli altri
capitalismi nazionali.
Le sue principali caratteristiche sono:
 specializzazione manifatturiera nei settori “tradizionali”
(alimentare, tessile e abbigliamento, calzature, mobile,
ceramiche, orafo)
 una dimensione medio-piccola delle imprese
 soggetto proprietario delle imprese molto concentrato e,
in genere, riconducibile ad un nucleo familiare
 agglomerazione di piccole e medie imprese industriali
nei distretti industriali
 basso livello di R&S delle imprese manifatturiere
finalizzata ad innovazione tecnologica e di prodotto

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 specifica regolamentazione dell’attività bancaria 19

Comparazione peso di alcuni


settori sul valore aggiunto
manifatturiero

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Dimensione media imprese per paese
(fonte: OCSE 2017)

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Concentrazione proprietaria delle


società quotate italiane

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La varietà dei contesti nazionali e
settoriali
 Fattori che creano la varietà delle imprese
 Il contesto di riferimento dell’impresa
 La diversità dei capitalismi nazionali
 La diversità dei modelli locali di sviluppo
 La diversità dei settori economici

La diversità dei modelli locali di


sviluppo
 L’impresa è localizzata in un’area locale avente
specifiche caratteristiche più o meno funzionali
rispetto al suo operare.
 Ci sono vari criteri per identificare un modello
locale di sviluppo territoriale tra i quali:
 il livello di specializzazione settoriale;
 l’esistenza o meno di filiere strutturate;
 il grado di concentrazione dimensionale;
 il livello di infrastrutture materiali o immateriali
presenti.
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Sistemi produttivi locali e le
imprese distrettuali

 Distretti industriali in Italia


 Competitività delle imprese dei distretti
industriali

I distretti industriali
Storicamente, i
distretti industriali in
Italia sono localizzati
essenzialmente
nelle regioni del
nord-est e del
centro. Si tratta della
cosiddetta Terza
Italia. 150 distretti
che occupano quasi
2 milioni di addetti (il
70% dell’intera
industria
manifatturiera).

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La definizione di distretto
industriale
“Definisco il distretto industriale come un’entità socio-
territoriale caratterizzata dalla compresenza attiva, in
un’area territoriale circoscritta, naturalisticamente e
storicamente determinata, di una comunità di persone e di
una popolazione di imprese”
(Becattini, 1989).

(cluster as) “a geographically proximate group of


interconnected companies and associate institutions in a
particular field, linked by commonalities and
complementaries” (Porter, 1998)

I distretti industriali in Italia (1/2)


 Questo modello locale di sviluppo si caratterizza per le
seguenti caratteristiche:
 La presenza di numerose piccole e medie imprese
specializzate nella produzione di componenti o nella
realizzazione di lavorazioni finalizzate alla produzione di un
bene manifatturiero, nonché di altri servizi di supporto.
 L’esistenza di una filiera manifatturiera su scala locale.
 La specializzazione di un distretto industriale in settori
della cosiddetta “industrializzazione leggera”.

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I distretti industriali in Italia (2/2)
 L’agglomerazione di queste imprese in aree
territorialmente ristrette.
 L’esistenza di forme di cooperazione formale o informale
tra le imprese.
 La presenza di istituzioni pubbliche deputate a rafforzare la
competitività delle imprese.
 La presenza di banche locali che conoscono il tessuto
imprenditoriale locale e assecondano la competitività del
distretto industriale tramite specifiche operazioni finanziarie
di supporto a queste imprese.

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Caratteristiche del distretto


Piccola dimensione unitaria delle imprese
Grande numerosità di imprese
Raggruppamento nello stesso ambito geografico
Condivisione di storie ed esperienze comuni

“industrial atmosphere” (Marshall, 1919)


(determina vantaggi di contiguità: accumulazione
di capacità professionali specializzate, rapida
circolazione di informazioni e di idee innovative).

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Vantaggi e limiti dei D.I.
 Tra i vantaggi dei distretti industriali:
 la vicinanza geografica: permette la circolazione di risorse
(beni e umane) nel territorio e tra le aziende,
contribuendo allo scambio di conoscenze e
all’innovazione nell’intero distretto;
 l’alta specializzazione: agevola la creazione di rapporti di
sub-fornitura consolidati di cui beneficia tutta l’area
produttiva, con ricadute positive anche sulla distribuzione
del lavoro e sull’efficienza di tutto il sistema di produzione
locale.
 ATTENZIONE: questi fattori possono rappresentare un
limite, quando il distretto rischia di focalizzarsi al proprio
interno risultando incapace di adattarsi ai cambiamenti
del mercato e di innovare.
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Competitività delle imprese dei distretti


industriali
Da sempre basata su specializzazione flessibile che
permette:
 ELASTICITA’ - riduzione del volume di produzione
senza aumentare i costi unitari di prodotto
 FLESSIBILITA’ (in senso statico) – capacità di
ottenere dallo stessa struttura tecnico-organizzativa
prodotti/processi differenti senza costi aggiuntivi di
trasformazione
 FLESSIBILITA’ (in senso dinamico) – presenza di
una struttura produttiva tale consente di adattarsi alla
domanda attraverso continue innovazioni di prodotto.

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Competitività delle imprese
distrettuali
Anni 2000
Innovazione e
internazionalizzazione
evoluta

Anni 1990

Competitività di
prodotto

Anni 1980

Competitività di efficienza, flessibilità e


velocità del processo produttivo

Anni 1960-1970

Competitività di costo del lavoro

Varaldo, 2006
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Processo di transizione del modello


distrettuale
 Dagli anni ‘90
 Da vantaggio di costo (anni70) a vantaggio derivante
dall’innovazione
 Ruolo delle medie imprese distrettuali
 Capitalismo da «distretto-centrico» a «impresa-centrico»
 Le sfide affrontate negli ultimi anni
 Forte pressione competitiva (imprese paesi BRIC) maggiori
competenze (oltre a quelle produttive) per affrontare mkt internazionali
 Innovazione incrementale non più sufficiente dato il progresso
tecnologico (accesso a conoscenza esogena al distretto)
 Gestione delle relazioni verso i mercati globali più sofisticate (a livello di
distretto/impresa)
Medie imprese traino nei distretti per attivare: nuova innovazione; gestione
della proprietà intellettuale; azioni di marketing.
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EGILab: I distretti hanno ancora valore?
 Sulla piattaforma elearning trovate dei materiali
(letture e video) sul distretto. Riflettete sui distretti.
 Le imprese distrettuali performano meglio di altre
imprese?
 Tutti i discorsi visti sulle sfide dei distretti sono
ancora validi dopo il COVID?
 I distretti continueranno ad essere un tratto
imprescindibile del tessuto produttivo italiano?
 Distretti, Cluster, Strategie di Specializzazione
intelligente (S3). Esistono delle relazioni?

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La varietà dei contesti nazionali e


settoriali
 Fattori che creano la varietà delle imprese
 Il contesto di riferimento dell’impresa
 La diversità dei capitalismi nazionali
 La diversità dei modelli locali di sviluppo
 La diversità dei settori economici

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La diversità dei settori economici
 L’“ecosistema” settoriale è il secondo
importante profilo della varietà strutturale
delle imprese.
 Perché il settore e importante?
 A seconda del settore, cambiano molte
caratteristiche del contesto competitivo tali
da influenzare la condotta strategica
dell’impresa (regolamentazione, tecnologie,
fabbisogni finanziari, internazionalizzazione
ecc.)
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Il settore economico
 I settori economici sono una suddivisione formale del
sistema economico complessivo sulla base delle
caratteristiche delle attività svolte.

 Il termine settore economico viene normalmente


utilizzato con diverse accezioni:
 per indicare un particolare mercato o prodotto (p.e.
settore energia, settore trasporti, settore auto ecc.)
 una particolare proprietà della produzione (p.e.
settore pubblico e settore privato)
 delle grandi macrocategorie produttive (settore
primario, secondario e terziario)
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Tassonomie dei settori economici
 Esistono diverse tassonomie dei settori
economici:
 Tradizionale - come dalla contabilità
economica nazionale
 Pavitt (1984) – sulla base delle
caratteristiche innovative
 OECD – sulla base dell’intensità della R&S
presente nei diversi settori manifatturieri

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Tassonomia tradizionale
 Secondo una tradizionale classificazione i
settori produttivi sono quattro:
 il settore primario (I)
 il settore secondario (II)
 il settore terziario (III)
 il settore quaternario o terziario avanzato (IV)

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(I)

(II)

(III)
(IV)
(III)
(IV)

(III)

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Tassonomia di Pavitt (1984)


Pavitt ha proposto una tassonomia dei settori industriali
sulla base delle loro caratteristiche innovative,
identificando quattro diverse categorie:
 settori supplier-dominated –innovazioni generate
dai fornitori (es. tessile)
 settori scale-intensive – fonte dell’innovazione
interna ed esterna (es. elettrodomestici)
 settori specialised suppliers – innovazione di
prodotto generata da relazioni strategiche (es.
produttori macchinari specializzati per imballo)
 settori science-based – Innovazione I/E (es.
© Cagnina farmaceutico)
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Tassonomia OECD (OCSE)
Si basa sulla diversa intensità della R&S (in rapporto
al fatturato totale) presente nei diversi settori
manifatturieri:
 settori ad alta tecnologia (aerospaziale,
farmaceutica, strumenti medicali, …)
 settori a medio-alta tecnologia (chimica,
tecnologie per la fabbricazione di prodotti,
autoveicoli, …)
 settori a medio-bassa tecnologia (plastica,
prodotti petroliferi e metallici, …)
 settori a bassa tecnologia (tessile, calzature,
© Cagnina pelletteria, …)
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Specializzazione settoriale di
alcuni paesi (fonte: OECD)

Il peso economico sul valore aggiunto dei diversi settori manifatturieri in alcuni
paesi (dati in percentuale).

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EGILab
 Ritornate alla lista delle imprese e
selezionatene una.
 Provate a definire il settore di appartenenza e
le sue caratteristiche utilizzando le
classificazioni individuate
 Potete aiutarvi con la banca dati AIDA (per le
imprese italiane) che vi fornisce alcuni dati
rilevanti delle imprese o con ricerche in rete.
 Perché oggi si ritiene particolarmente
importante il settore ICT? Quale peso ha sul
PIL e sullo sviluppo?
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