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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat.

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REATI CONTRO LA VITA (Titolo XII)

Tra i beni altamente personali, la vita ricopre il ruolo di primissimo piano, in quanto
bene giuridico primario necessariamente ed implicitamente consacrato e desumibile
da altre disposizioni costituzionali che richiamano beni contigui (es: diritto alla
salute) o che sono dettate a fini particolari (es: divieto della pena di morte): tutto
discende dal principio personalistico dell’art.2 della Costituzione, che sancisce la
centralità e il primato della persona-individuo su ogni altro valore. È da sottolineare
che, proprio in forza di tale principio, la vita umana come oggetto di tutela penale va
intesa nella sua dimensione individuale di bene della persona, a prescindere da ogni
risvolto a vantaggio della collettività né tantomeno dello Stato.

Il bene vita.
L’ordinamento predispone diversi gradi di tutela a seconda del bene giuridico protetto
e con l’innalzarsi del rango del bene cresce anche il bisogno della tutela della libertà
di autodeterminazione ad esso connessa. Esistono perciò beni privati la cui titolarità
in capo al singolo soggetto deriva dal riconoscimento costituzionale, il quale fa
scaturire il principio della loro disponibilità manu propria (ovvero per scelta
spontanea dello stesso titolare), ma esistono anche beni da far rientrare in una
categoria diversa, maggiormente protetta dall’ordinamento anche nei confronti del
loro potenziale titolare. Alla luce di questo, occorre operare una triplice distinzione:
1- beni-mezzo  sono strumentali rispetto ad altri beni personali e hanno natura
fungibile, potendo ben costituire oggetto di negoziazione tra le parti; la libertà di
autodeterminazione ad essi connessa trova protezione nelle regole del diritto privato
in tema di vizi della volontà.
2- beni-fine  sono comprimibili a certe condizioni ma sempre indistruttibili, non
potendo essere oggetto di diritti da parte di terzi; in questi casi, la libertà di
autodeterminazione riguarda non solo i vizi di volontà, ma si estende alla previsione
del potere di revoca, anche immotivata, del consenso del titolare del bene.
3- beni-presupposto  la loro sussistenza costituisce la premessa del godimento di
ogni altro diritto e sono intangibili dai terzi, data l’irreversibilità dell’eventuale
perdita; la protezione della libertà di autodeterminarsi in relazione a tali beni è
massima, coprendo la loro tutela qualsiasi modalità di interferenza sul titolare.
La vita, dunque, è:
- bene-presupposto per eccellenza, in quanto imprescindibile per il godimento di
qualsiasi altro diritto e oggetto di tutela oggettiva, che secondo alcuni prescinde
anche dalla eventuale volontà di rinuncia da parte del titolare (v.infra);
- bene-fine per eccellenza, perché preminente rispetto agli altri beni-fine personali,
rispetto ai quali i beni-mezzo assumono carattere strumentale.
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Dimensione del carattere di intangibilità del bene vita.


Nonostante appaia intuitivo il carattere di indisponibilità della vita in riferimento alle
azioni manu aliena, maggiori dubbi sorgono nella prospettiva manu propria,
soprattutto circa l’attuale dibattito della disponibilità della vita in relazione al rifiuto
delle cure salvavita come diritto del paziente, nonché alla legalizzazione delle
pratiche di eutanasia e di suicidio assistito:
1- Indisponibilità della vita:
a) il bene vita, in linea generale, potrebbe atteggiarsi anche come interesse
collettivo;
b) l’art.5 del codice civile, che avrebbe portata generale, sancisce il divieto di atti di
disposizione del proprio corpo che cagionino una diminuzione permanente della
integrità fisica, con evidente sotteso divieto di disporre della vita;
c) l’ordinamento penale prevede i reati di omicidio del consenziente e di istigazione
al suicidio e tale previsione attesterebbe l’appartenenza della vita al novero dei beni
assolutamente indisponibili, poiché svincolati dalla stessa volontà del titolare.
2- Disponibilità della vita (talune indicata come indisponibilità relativa):
a) l’interesse alla vita pertiene esclusivamente alla sfera individuale e il singolo
individuo ne è unico titolare in base al diritto costituzionale di autodeterminazione;
b) l’art.5 sopracitato avrebbe una ridotta portata operativa perché riguardante solo
l’ambito dei rapporti di diritto privato, espressione del principio di extrapatrimonialità
del corpo umano;
c) il riferimento testuale al quale ancora l’indisponibilità o la disponibilità della vita
dovrebbe essere la Costituzione e non norme ordinarie come quelle degli artt.579-580
del codice penale.

In ogni caso, è da precisare che le categorie individuate coi concetti di disponibilità e


indisponibilità sono improprie, dal momento che la disponibilità in senso stretto
appare attribuibile solo ai beni c.d. trasferibili (aventi come oggetto ultimo cose),
mentre i diritti personali sono, per loro natura, indisponibili, essendo impossibile la
cessazione o il trasferimento a terzi da parte del titolare.

a) titolarità  la qualifica del bene come indisponibile ne sottintende una titolarità


non piena in capo al soggetto. Storicamente, con riferimento ai beni individuali, la
qualifica del bene dipende da diverse concezioni inerenti al rapporto tra Stato e
individuo:
- secondo un vecchio schema di matrice panpubblicistica, la persona non godrebbe
mai della titolarità piena di alcun bene giuridico, che sarebbe invece condivisa con lo
stato con una graduazione proporzionata al rango del bene: da qui l’indisponibilità
assoluta della vita e il correlativo obbligo di ciascuno di salvaguardarla.
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- dopo l’avvento della Costituzione repubblicana, una simile prospettiva non si può
più accogliere: sarà pur sussistente un generico interesse superindividuale alla
conservazione dei beni giuridici, ma ciò non implica che l’intervento penale di tutela
dei beni del singolo si ponga anche a presidio di un interesse proprio dello Stato, e
inoltre il personalismo costituzionale impedisce che i beni facenti capo alla persona
umana siano concepiti come funzionali all’interesse collettivo o statale, ma anzi
determina che sia lo Stato stesso ad essere gravato dell’obbligo di agire in funzione
della persona-individuo; a tutti i beni giuridici individuali, quindi, è connessa la
facoltà, ma mai un obbligo giuridico di autotutela.
b) portata dell’art.5 c.c.  la norma non può essere intesa come divieto generale e
assoluto di disporre del proprio corpo, ma come avente ad oggetto il divieto di
stipulazione di negozi mediante i quali il contraente si obblighi a cedere parti del suo
corpo non ancora separate, ove ciò cagioni una diminuzione permanente dell’integrità
fisica. Dalla disciplina privatistica possono desumersi soltanto i seguenti principi:
- incoercibilità delle prestazioni personali;
- costante revocabilità del consenso prestato alla limitazione di un proprio diritto
personale;
- inalienabilità a terzi dell’integrità fisica oltre i confini stabiliti.

Elementi comuni ai delitti contro la vita: la persona umana e la morte.


La qualità di uomo/persona dipende dal fatto che il soggetto sia dotato di vita
autonoma, anche se non necessariamente di autosufficienza, e dalla generica
condivisione del patrimonio genetico umano. Questi criteri rilevano sia per includere
sotto l’ala della tutela penale coloro che versano in stato di salute compromesso a
livello patologico e/o fisiologico, sia per la distinzione tra uomo e concepito, dalla
quale dipende un diverso grado di protezione: il concepito (ossia non ancora nato
perché non si è verificato il distacco del feto dall’utero materno) non è giuridicamente
assimilabile alla persona umana e la sua vita gode soltanto di una protezione meno
pregnante rispetto a quella assicurata all’uomo; chiaro esempio di questo è la
disciplina dell’aborto (L.194/1978), che consente il sacrificio della vita del concepito
quando la sua nascita potrebbe mettere in serio pericolo beni-personali facenti capo
alla donna, anche se di rango inferiore rispetto alla vita (salute fisica e psichica della
donna in relazione allo stato di salute, alle condizioni socio-economiche e familiari,
alle circostanze del concepimento, o alla previsione di anomalie o malformazioni del
concepito).

Il limite finale della tutela della vita è quello che differenzia l’uomo dal cadavere in
conseguenza dell’evento morte, considerata, ai fini della legge penale, come elemento
normativo determinabile unicamente attraverso il riferimento alla specifica disciplina
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dettata in tema di accertamento: tale disciplina fa coincidere la morte con la


cessazione totale e irreversibile delle funzioni del sistema nervoso centrale (c.d.
morte encefalitica), che equivale non alla morte biologica in senso proprio, ma
all’entrata nel processo irreversibile della morte.
Crescente adesione trovano due tesi che propongono di sostituire la nozione legale di
morte fornita dalla L.578/1993 con altre alternative:
- morte c.d. tronco-encefalitica  limitata alle regioni encefalitiche inferiori, che
presiedono all’attività respiratoria e cardiocircolatoria; tuttavia, vige incertezza
scientifica circa una reale equivalenza alla morte encefalitica.
- morte c.d. corticale  limitata alle regioni cerebrali superiori, funzionalmente
legate alle attività percettive e di azione (memoria, linguaggio, ragionamento); si
fonda sulla prospettiva etica dell’identificazione della persona con la coscienza, ma è
una tesi da respingere perché se accolta porterebbe alla dichiarazione di morte di
persone ancora in stato vegetativo.

Art.575 – Omicidio
“Chiunque cagiona la morte di un uomo è punito con la reclusione non inferiore ad
anni ventuno.”

Reato a forma libera, evento  morte.


Dolo generico: coscienza e volontà di cagionare la morte di una persona.

L’omesso impedimento dell’evento morte e nesso causale.


Essendo reato a forma libera, è configurabile anche tramite l’assunzione di una
condotta omissiva impropria (la sfera dei delitti contro la vita è il terreno privilegiato
della clausola di equivalenza di cui all’art.40 comma 2). Tuttavia, l’equiparazione
dell’omissione non impeditiva alla causazione attiva dell’evento morte richiede che
sul soggetto ricada l’obbligo giuridico di impedire l’evento, consistente nella idonea e
previa disposizione di poteri impeditivi di natura giuridica (sono esclusi gli obblighi
derivanti dal mero salvataggio): obblighi di impedimento dell’evento morte sono
individuati in una serie di posizioni di garanzia, di protezione o di controllo su fonti
di pericolo, di fonte perlopiù legale ma anche negoziale. Fondamentale diventa
stabilire, di volta in volta, il contenuto concreto dell’obbligo di impedimento (diretto
o indiretto), ai fini della sanzionabilità oggettiva e causale della condotta (anche in
termini di concorso nel reato).
Peraltro, anche la causalità omissiva, al pari di quella attiva, deve essere dimostrata
con certezza. A tal proposito, non è consentito dedurre automaticamente dal
coefficiente di probabilità espresso da una legge statistica la conferma o meno della

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ipotesi accusatoria, poiché il giudice deve verificare la sussistenza del nesso causale
nel caso concreto, sulla base delle circostanze di fatto e dell’evidenza disponibile,
così che all’esito del ragionamento probatorio (che abbia altresì escluso l’interferenza
di fattori alternativi; v.art.41 comma 2) risulti giustificata e certa la conclusione che la
condotta omissiva è stata condizione necessaria dell’evento lesivo con alto ed elevato
grado di credibilità razionale o probabilità logica (v. sentenza Franzese)
Condotte omissive e relativo accertamento causale sono tipici dell’attività medica e in
tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro.

Art. 576&577 – Circostanze aggravanti dell’omicidio


Si tratta di circostanze speciali dell’omicidio doloso e ad effetto speciale,
comportando la pena dell’ergastolo o l’elevazione della cornice edittale dai 24 ai 30
anni di reclusione. Queste riguardano:
1) i mezzi usati  veleno o altri mezzi insidiosi;
2) le modalità di azione  sevizie o crudeltà contro le persone;
3) particolari condizioni dell’agente  latitante, associato per delinquere, ecc.;
4) qualità personali della vittima  ufficiale o agente di polizia giudiziaria;
5) rapporti tra colpevole e offeso  discendente o ascendente, fatto commesso contro
fratello, sorella, madre/padre adottivi, figlio adottivo;
6) qualità inerenti al reato  connessione dell’omicidio con altro reato;
7) atteggiamento soggettivo dell’agente  motivi abietti o futili, premeditazione.

Art. 578 – Infanticidio in condizioni di abbandono morale e materiale


“La madre che cagiona la morte del proprio neonato immediatamente dopo il parto,
o del feto durante il parto, quando il fatto è determinato da condizioni di abbandono
morale e materiale connesse al parto, è punita con la reclusione da 4 a 12 anni.
A coloro che concorrono nel fatto di cui al primo comma, si applica la reclusione
non inferiore ad anni 21. Tuttavia, se essi hanno agito al solo scopo di favorire la
madre, la pena può essere diminuita da un terzo a due terzi.”

Reato proprio: soggetto attivo può essere soltanto “la madre…”; eventuali
concorrenti rispondo di omicidio volontario, con possibile riduzione di pena (c.2)
Reato a forma libera, ma necessari due elementi:
1) specifico contesto temporale della consumazione;
2) condizioni di abbandono morale e materiale connesse al parto: interpretazione che
tenga conto delle difficoltà oggettive e dei corrispondenti riflessi soggettivi sulla
psiche della donna, in termini di turbamento emotivo e alterazione del suo stato

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mentale al momento del parto.


Dolo generico: coscienza e volontà di provocare la morte del feto, versando in
condizioni di abbandono morale e materiale.
*L.442/1981 sulla abrogazione della rilevanza penale della causa d’onore.

Art. 579 – Omicidio del consenziente


“Chiunque cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui, è punito con la
reclusione da 6 a 15 anni. […]
Si applicano le disposizioni relative all’omicidio se il fatto è commesso:
1) contro una persona minore degli anni diciotto;
2) contro una persona inferma di mente, o che si trova in condizioni di deficienza
psichica, per un’altra infermità o per abuso di sostanze alcoliche e stupefacenti;
3) contro una persona il cui consenso sia stato dal colpevole estorto con violenza,
minaccia o suggestione, ovvero carpito con inganno.

Non sussiste la scriminante del consenso dell’avente diritto, perché la vita non è un
diritto di cui si può “validamente disporne” (v. art.50).
Il consenso della vittima, esprimibile in qualsiasi forma, deve essere:
1) personale, cosciente e libero;
2) serio e non equivoco;
3) attuale, potendo essere revocato in qualsiasi momento.
Dolo generico: coscienza e volontà di cagionare la morte e dell’esistenza di consenso
non viziato della vittima.

Art. 580 – Istigazione o aiuto al suicidio


“Chiunque determina altri al suicidio o rafforza l’altrui proposito di omicidio,
ovvero ne agevola in qualsiasi modo l’esecuzione, è punito, se il suicidio avviene,
con la reclusione da 5 a 12 anni. Se il suicidio non avviene, è punito con la
reclusione da 1 a 5 anni, sempre che dal tentativo di suicidio derivi una lesione
personale grave o gravissima.
Le pene sono aumentate se la persona istigata o eccitata o aiutata si trova in una
delle condizioni indicate nei numeri 1 e 2 del’’articolo precedente. Nondimeno, se la
persona suddetta è minore degli anni quattordici o comunque è priva della capacità
di intendere o di volere, si applicano le disposizioni relative all’omicidio.”

Le condotte psichiche di determinazione e rafforzamento dell’altrui proposito suicida


devono avere una effettiva incidenza causale sull’evento. L’evento morte deve
comunque essere frutto della libera determinazione della vittima.
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La condotta materiale di agevolazione può anche essere omissiva, se sul soggetto


grava l’obbligo giuridico di impedire l’evento (v. art.40 c.2).
Non è punibile l’istigazione o agevolazione di un tentativo suicida cui non si
accompagni almeno una lesione personale grave o gravissima.
Dolo generico: coscienza e volontà di rafforzare l’altrui proposito suicida o di
agevolarne l’esecuzione.

Art. 584 – Omicidio preterintenzionale


“Chiunque, con atti diretti a commettere uno dei delitti previsti dagli articoli 581
[percosse] e 582 [lesione personale], cagiona la morte di un uomo, è punito con la
reclusione da 10 a 18 anni.”

L’evento morte deve essere conseguenza NON voluta dal soggetto agente.
Preterintenzione: necessario il dolo di percosse o lesioni; l’evento morte viene
addebitato per commistione tra coscienza e volontà di percuotere o ledere e
prevedibilità dell’evento più grave non voluto (dolo misto a colpa).

Art. 586 – Morte o lesioni come conseguenza di altro delitto


“Quando da un fatto preveduto come delitto doloso deriva, come conseguenza non
voluta dal colpevole, la morte o la lesione di una persona, si applicano le
disposizioni dell’articolo 83 [evento diverso da quello voluto dall’agente], ma le pene
stabilite negli articoli 589 [omicidio colposo] e 590 [lesioni personali colpose] sono
aumentate.”

L’evento morte o lesione deve essere conseguenza NON voluta dal soggetto agente.
Tra i delitti dolosi dai quali deriva la morte come conseguenza non voluta, si
escludono quelli di percosse e di lesioni personali, che configurano il reato di
omicidio preterintenzionale.
Dolo misto a colpa: coscienza e volontà di compiere il delitto doloso + prevedibilità
in concreto di cagionare l’evento più grave.

Art. 589 – Omicidio colposo


“Chiunque cagiona per colpa la morte di una persona è punito con la reclusione da
6 mesi a 5 anni.
Se il fatto è commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni
sul lavoro, la pena è della reclusione da 2 a 7 anni.”

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Art. 589bis – Omicidio stradale


“Chiunque cagioni per colpa la morte di una persona con violazione delle norme
sulla disciplina della circolazione stradale è punito con la reclusione da 2 a 7 anni.
Chiunque, ponendosi alla guida di un veicolo a motore in stato di ebbrezza alcolica o
di alterazione psico-fisica conseguente all’assunzione di sostanze stupefacenti o
psicotrope cagioni per colpa la morte di una persona, è punito con la reclusione da 8
a 12 anni.”
*L.41/2016 sulla introduzione del reato di omicidio stradale.

Colpa: violazione di norme di condotta aventi finalità cautelare che causa l’evento
morte, pur senza intenzione di cagionarlo (v. art.43); la violazione produce
causalmente l’evento morte se ha determinato il concretizzarsi del rischio che la
regola di condotta mirava a prevenire.

 Prevenzione degli infortuni sul lavoro e fattispecie colpose

È stata rilevata un’inclinazione da parte della giurisprudenza ad un’estensione


applicativa dell’art.40 comma 2 in tema di violazione delle norme per la prevenzione
degli infortuni sul posto di lavoro. Questa inclinazione si muove sulla:
- meccanica imputazione dell’omesso impedimento dell’evento infortunio a tutti i
soggetti destinatari di obblighi di sicurezza;
- automatica esclusione della possibile assenza di colpa dei soggetti in posizione
apicale nell’organizzazione d’impresa e del datore di lavoro, secondo la logica della
responsabilità da posizione.
La giurisprudenza prevalente muove da due premesse:
1- il datore di lavoro è garante della salute e della sicurezza dei lavoratori con la
conseguenza che, ove egli non ottemperi agli obblighi di tutela, l’evento lesivo gli
viene addebitato in base all’art.40 comma 2;
2- la colpa del lavoratore non è in grado di esonerare il datore da responsabilità, fatta
salva l’esclusività della responsabilità del lavoratore in presenza di una sua condotta:
a) che presenti i caratteri di eccezionalità, abnormità, esorbitanza rispetto al
procedimento lavorativo;
b) consapevolmente posta in essere in contrasto con le precise direttive ricevute e
in violazione delle cautele imposte o al di fuori delle mansioni attribuite;
c) che sia del tutto imprevedibile e inopinabile.
*Art. 2087 c.c. – Tutela delle condizioni di lavoro
“L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la
particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la
personalità morale dei prestatori di lavoro.”

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La conformità al tipo e la sussistenza del rapporto di causalità sono postulati sulla


sola base dell’attribuzione al datore di lavoro del ruolo di garante, prescindendo:
- dalla valutazione dell’idoneità della condotta lecita non posta in essere ad impedire
l’evento lesivo;
- della possibile efficacia condizionante della condotta del lavoratore.
La sussistenza della violazione della regola cautelare da parte del datore di lavoro è
desunta semplicemente dal verificarsi dell’evento lesivo: dunque, la sussistenza in
concreto dell’elemento psicologico colposo è dedotta dalla mera inosservanza della
regola cautelare.

Questa propensione giurisprudenziale trova motivazioni sul piano pratico:


- nel proposito di riconoscere il risarcimento del danno da reato ad un soggetto che si
ritiene essere socialmente svantaggiato;
- in una finalità generica di deterrenza.
Ma ciò appare incompatibile col principio della personalità della responsabilità
penale di cui all’art.27 della Costituzione e non si concilia con la normativa
sovranazionale in materia di lavoro.

Appare inopportuno sostenere che l’art.2087 c.c. sia insieme necessario e sufficiente
a fondare la responsabilità penale per omesso impedimento:
- perché, trattandosi di norma civilistica, è dettata in tema di responsabilità
patrimoniale, dunque da essa può ricavarsi unicamente l’identificazione del garante e
dei destinatari della tutela, richiedendo invece, di volta in volta, il caso specifico la
individuazione nel dettaglio dell’omissione tipica;
- perché una sua pur eventuale portata estensiva e valenza autonoma dovrebbe fare i
conti con le prescrizioni dettate dalla normativa speciale di settore, che detta regole
cautelari più approfondite e specifiche.

Infine, gli stessi motivi ci portano a ritenere opinabile la tesi di chi sostiene la non
riconoscibilità di ogni possibile esonero da responsabilità del datore di lavoro o di
altri soggetti gravati da obblighi di sicurezza, che si baserebbe sulla negazione:
1- della sussistenza, nell’attività lavorativa d’impresa, di un’area di rischio
consentito proprio di quelle attività rischiose giuridicamente autorizzate per la loro
utilità sociale  esiste una serie di precetti vigenti che ammettono la persistenza di
una qualche misura di rischio nell’attività lavorativa; per esempio, si dispone che il
datore sia tenuto alla riduzione al minimo possibile dei rischi in relazione alle
conoscenze acquisite in base al progresso tecnico, o alla limitazione al minimo dei
lavoratori esposti, effettivamente o potenzialmente, al rischio, ma è pacifico che gli
obblighi incombenti sul datore non implicano un ambiente di lavoro privo di rischi;

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2- dell’operatività dei principi di auto responsabilità e di affidamento  i due


principi possono anche subire delle limitazioni in ragione della condizione di
debolezza del lavoratore e di supremazia del datore, ma non pare corretto parificare
qualunque inosservanza posta in essere da quest’ultimo, purché attinente per natura e
per scopi al processo produttivo. È preferibile operare una distinzione a seconda che
la violazione di regole di cautela da parte del lavoratore sia dovuta a:
a) negligenza dipendente dalle condizioni di lavoro (es: stanchezza), imprudenza
connessa a prassi tollerate nell’ambito dell’impresa, inadeguatezza dei dispositivi di
sicurezza forniti o delle istruzioni impartite, imperizia derivante da insufficienza della
formazione ricevuta: sono tutte ipotesi in cui il comportamento inosservante del
lavoratore NON potrà esonerare i soggetti apicali, poiché violazioni prevedibili;
b) negligenza, imprudenza, imperizia non riferibili a carenze del sistema di
sicurezza, ma dipendenti da iniziative volontarie e non tollerate nell’ambito del
lavoro d’impresa perpetrate dal lavoratore, ovvero da sue colpevoli mancanze
nell’apprendimento delle informazioni e delle istruzioni ricevute, ovvero da
disobbedienza a specifiche direttive impartite: in tali casi sarebbe insensato sostenere
la sussistenza di una qualche colpa addebitabile al datore o a soggetti apicali o di
sicurezza e controllo.

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REATI CONTRO L’INCOLUMITÀ INDIVIDUALE (Titolo XII)

Art. 581 – Percosse


“Chiunque percuote taluno, se dal fatto non deriva una malattia nel corpo o nella
mente, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a 6 mesi o con
la multa fino a 309 euro.”

Reato a forma libera.


La manomissione fisica determinata dal percuotere non deve provocare una lesione.
Dolo generico: coscienza e volontà di colpire una persona con una condotta idonea a
cagionare sensazioni dolorose.

Art. 582 – Lesione personale


“Chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale, dalla quale deriva una malattia
nel corpo o nella mente, è punito con la reclusione da 3 mesi a 3 anni.”

Reato a forma libera.


Lesioni lievissime  malattia non superiore a venti giorni;
Lesioni lievi  malattia di durata tra i ventuno e i quaranta giorni.
Nozione di malattia:
1) Giurisprudenza: qualsiasi alterazione anatomica o funzionale dell’organismo,
anche se circoscritta e di lieve entità;
2) Dottrina: produzione di un processo patologico, acuto o cronico, che determini una
apprezzabile menomazione funzionale dell’organismo.
Dolo generico: coscienza e volontà di cagionare una violenta manomissione
dell’altrui persona; non necessario che il dolo investa direttamente anche la
produzione della malattia nel corpo o nella mente.

Art. 583 – Circostanze aggravanti (della lesione personale)


“La lesione personale è grave, e si applica la reclusione da 3 a 7 anni:
1) se dal fatto deriva una malattia che metta in pericolo la vita della persona offesa,
ovvero una malattia o un’incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un
tempo superiore ai quaranta giorni;
2) se il fatto produce l’indebolimento permanente di un senso o di un organo.
La lesione personale è gravissima, e si applica la reclusione da 6 a 12 anni se dal
fatto deriva:
1) una malattia certamente o probabilmente insanabile;
2) la perdita di un senso;
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3) la perdita di un arto, o una mutilazione che renda l’arto inservibile, ovvero la


perdita dell’uso di un organo o della capacità di procreare, ovvero una permanente e
grave difficoltà della favella;
4) la deformazione, ovvero lo sfregio permanente del viso.

Dolo generico: coscienza e volontà di cagionare o di poter cagionare danni fisici a


una persona.

Art. 590 – Lesioni personali colpose


“Chiunque cagiona ad altri per colpa una lesione personale, è punito con la
reclusione fino a 3 mesi o con la multa fino a 309 euro.
Se la lesione è grave la pena è della reclusione da 1 a 6 mesi o della multa da 123
euro a 619 euro; se è gravissima, della reclusione da 3 mesi a 2 anni o della multa
da 309 euro a 1239 euro.
Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi in violazione delle norme per la
prevenzione degli infortuni sul lavoro, la pena per le lesioni gravi è della reclusione
da 3 mesi a 1 anno o della multa da 500 euro a 2000 euro, e la pena per le lesioni
gravissime è della reclusione da 1 anno a 3 anni.”

Art. 590bis – Lesioni personali colpose stradali


“Chiunque cagioni ad altri per colpa una lesione personale con violazione delle
norme sulla disciplina della circolazione stradale è punito con la reclusione da 3
mesi a 1 anno per le lesioni gravi e da 1 a 3 anni per le lesioni gravissime.
Chiunque, ponendosi alla guida di un veicolo a motore in stato di ebbrezza alcolica o
di alterazione psico-fisica conseguente all'assunzione di sostanze stupefacenti o
psicotrope, cagioni a taluno per colpa una lesione personale, è punito con la
reclusione da 3 a 5 anni per le lesioni gravi e da 4 a 7 anni per le lesioni
gravissime.”
*L.41/2016 sulla introduzione del reato di omicidio stradale.

Colpa: v. art. 589 e 589bis.

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REATI CONTRO IL PATRIMONIO (Titolo XIII)

Bene giuridico tutelato: patrimonio.


1- Concezione tecnico-giuridica: patrimonio  complesso dei diritti soggettivi
facenti capo a una persona. – In tal modo si escludono dalla rilevanza penale le
relazioni puramente fattuali e ogni situazione che non ricade nell’alveo formale dei
diritti soggettivi.
2- Concezione economica: patrimonio  complesso dei beni economicamente
valutabili appartenenti a una persona, in forza di un diritto soggettivo ovvero per un
rapporto di fatto. – In tal modo è sempre necessaria, ai fini della rilevanza penale, una
condotta che produca causalmente una diminuzione economica, a nulla rilevando le
situazioni morali e/o affettive; inoltre sarebbe sempre possibile compensare la
decurtazione provocata con altro equivalente economico, venendo così meno l’offesa.
3- Concezione economico-giuridica: patrimonio  complesso di tutti i rapporti
giuridici non disapprovati dall’ordinamento, economicamente valutabili. (v. sopra)
4- Concezione giuridico-funzionale: patrimonio  complesso dei rapporti giuridici
facenti capo a una persona e aventi per oggetto cose dotate di funzione strumentale al
soddisfacimento dei bisogni materiale o anche solo spirituali.

Modalità di aggressione del bene:


1- Sistemazione codicistica: capo I  mediante violenza; capo II  mediante frode.
2- Sistemazione dottrinale:
A) caratteristiche della condotta:
- aggressione diretta unilaterale;
- aggressione con cooperazione artificiosa della vittima.
B) caratteristiche dell’evento:
- delitti di trasferimento e/o arricchimento;
- delitti di impoverimento;
- delitti per inibire la diffusione e l’utilizzo di beni di provenienza illecita.

Art. 624 – Furto


“Chiunque si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al
fine di trarne profitto per sé o per altri, è punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni
e con la multa da 154 euro a 516 euro.”

A) delitto ad aggressione diretta unilaterale B) delitto di trasferimento/arricchimento


Possesso nel diritto penale  potere di fatto sulla cosa che si esercita al di fuori della
sfera di controllo o di sorveglianza da parte di chi, sulla cosa stessa, vanta un potere
giuridico maggiore.
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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

Sottrazione: privazione della signoria di fatto sul bene, di modo da impedire alla
vittima di ristabilire il contatto con esso; la cosa mobile altrui si deve trovare nella
disponibilità materiale (fisica o anche solo virtuale) altrui.
Impossessamento: instaurazione di una nuova relazione di disponibilità materiale, che
avviene tra il soggetto agente e la cosa mobile altrui.

Dolo specifico: coscienza e volontà di impossessamento, altruità della cosa mobile,


sottrazione al detentore più coscienza e volontà di trarre profitto (di non necessaria
realizzazione).

Art. 628 – Rapina


“Chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, mediante violenza alla
persona o minaccia, s’impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la
detiene, è punito con la reclusione da 3 a 10 anni e con la multa da 516 euro a 2065
euro.”

A) delitto ad aggressione diretta unilaterale B) delitto di trasferimento/arricchimento


Violenza: coartazione pressoché assoluta della volontà della vittima, per cui la
persona offesa non agit, sed agitur.
Il nesso tra violenza ed impossessamento deve essere diretto.

Dolo specifico: coscienza e volontà di impossessamento, altruità della cosa mobile,


sottrazione al detentore, uso di violenza o minaccia più coscienza e volontà di trarre
profitto (di non necessaria realizzazione).

Art. 629 – Estorsione


“Chiunque, mediante violenza o minaccia, costringendo taluno a fare o ad omettere
qualche cosa, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito
con la reclusione da 5 a 10 anni e con la multa da 1000 a 4000 euro.”

A) delitto con cooperazione della vittima B) delitto di trasferimento/arricchimento


Violenza: coartazione che, pur consistente, non annulla del tutto la libera
determinazione della vittima e la sua scelta di fare od omettere qualcosa.
Minaccia: prospettiva seria e idonea di un male futuro ad opera del soggetto agente.
La violenza o la minaccia devono essere causa strumentale della costrizione.
Danno: decurtazione di carattere patrimoniale.
Tra danno e profitto deve esserci un rapporto di effetto diretto e immediato.

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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

Dolo generico: coscienza e volontà di costrizione, mediante violenza o minaccia, al


compimento dell’atto di disposizione patrimoniale dal quale derivano il danno
patrimoniale e l’ingiusto profitto.

Art. 640 – Truffa


“Chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri
un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni e
con la multa da 51 euro a 1032 euro.”

A) delitto con cooperazione della vittima B) delitto di trasferimento/arricchimento


Artifizio: modificazione del quadro reale o determinazione di una immutatio veri.
Raggiro: avvolgimento ingegnoso della psiche del soggetto passivo.
La condotta ingannevole deve essere causa dell’induzione in errore, dal quale deriva
successivamente l’atto di disposizione patrimoniale che produce l’ingiusto profitto
con altrui danno.

Dolo generico: coscienza e volontà di inganno, induzione in errore, profitto e danno.

Art. 641 – Insolvenza fraudolenta


“Chiunque, dissimulando il proprio stato d’insolvenza, contra un’obbligazione col
proposito di non adempierla è punito, a querela della persona offesa, qualora
l’obbligazione non sia adempiuta, con la reclusione fino a 2 anni o con la multa fino
a 516 euro.
L’adempimento dell’obbligazione avvenuto prima della condanna estingue il reato.”

A) delitto con cooperazione della vittima B) delitto di trasferimento/arricchimento


Dissimulazione: non manifestare il proprio stato d’insolvenza nella contrazione
dell’obbligazione, ma senza induzione in errore del soggetto passivo, il quale è
sufficiente rimanga nella situazione di non conoscenza delle condizioni altrui.
Inadempimento dell’obbligazione può essere considerato:
1- condizione obiettiva di punibilità  in tal caso il reato si consuma nel momento
della contrazione dell’obbligazione;
2- evento  in tal caso il suo verificarsi segnerà il momento in cui la fattispecie si
perfeziona.
Adempimento dell’obbligazione prima della condanna è causa di non punibilità
speciale sopravvenuta ed estingue il reato in quanto l’interesse tutelato non è più
messo in pericolo.

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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

Dolo generico: coscienza e volontà di dissimulazione del proprio stato d’insolvenza,


assunzione dell’obbligazione, proposito di non adempierla e, se si aderisce alla
interpretazione dell’inadempimento di cui al punto 2, inadempimento della stessa.

Art. 646 – Appropriazione indebita


“Chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria del denaro
o della cosa mobile altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso, è punito, a
querela della persona offesa, con la reclusione fino a 3 anni e con la multa fino a
1032 euro.”

A) delitto ad aggressione diretta unilaterale B) delitto di trasferimento/arricchimento


Possesso: il soggetto agente, nel momento in cui pone in essere la condotta
appropriativa, ha già nella sua disponibilità il denaro o la cosa mobile altrui, per legge
o in forza di un contratto o comunque di un titolo lecito.
Appropriazione: modifica del grado di disponibilità del denaro o della cosa mobile
altrui tale che il soggetto agente cominci a comportarsi uti dominus, oltrepassando il
limite in ordine alla utilizzabilità del bene.

Dolo specifico: coscienza e volontà di appropriazione della cosa mobile altrui


posseduta più coscienza e volontà di trarre profitto (di non necessaria realizzazione).

Art. 648 – Ricettazione


Art. 648bis – Riciclaggio
Art. 648ter – Impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita

B) delitti per inibire la diffusione e l’utilizzo di beni di provenienza illecita

Art.649 – Non punibilità e querela della persona offesa per fatti commessi a danno di
congiunti

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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

REATI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE (Titolo II)

Pubblica Amministrazione:
1- Concezione oggettiva: la p.a. svolge attività diretta alla cura concreta degli
interessi pubblici, posta in essere in base alla legge e nel rispetto dei fini dalla stessa
predeterminati.
2- Concezione soggettiva: la p.a. è l’insieme delle strutture costituite per lo
svolgimento di funzioni amministrative.

Categorie di reati contro la p.a.:


1- reati dei pubblici agenti;
2- reati dei privati.

Evoluzione normativa:
La visione originaria dei rapporti tra individuo e autorità pubblica era tutta sbilanciata
a favore di quest’ultima, sicché l’individuo inserito nella p.a. si trovava circondato da
una serie di fattispecie criminose poste a tutela di beni non certo di rilevanza
costituzionale – ad es. il prestigio della p.a. – ma di matrice autoritaria.
Nel 1990 è stata varata una importante riforma in modo da rendere questo settore
nevralgico della parte speciale più conforme ai valori costituzionali di riferimento,
cioè l’imparzialità e il buon andamento richiesti dall’art. 97 Cost.
- Imparzialità  parità di accesso a risorse/servizi ed oneri/doveri di carattere
pubblico: in quanto strumento di benessere sociale, l’attività dei poteri pubblici non
può diventare l’occasione per la distribuzione o l’accaparramento di favori e privilegi
o per imporre discriminazioni.
- Buon andamento  efficienza dell’azione amministrativa nella realizzazione dei
suoi compiti istituzionali, da perseguire con adeguatezza e aderenza allo scopo.

Art. 357 – Nozione del pubblico ufficiale


“Agli effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una
pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa.
Agli stessi effetti è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di
diritto pubblico e da atti autoritativi e caratterizzata dalla formazione e dalla
manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per
mezzo di poteri autoritativi o certificativi.”

Disciplina: è assoggettata allo statuto penale della p.a. quell’attività retta


alternativamente da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi; sono da includere,
dunque, anche le attività gestite da privati, ma sottoposte a regime pubblicistico.
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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

Caratterizzazione: costituisce pubblica funzione amministrativa l’attività che


rappresenta alternativamente esercizio di poteri deliberativi (aventi ad oggetto la
formazione e la manifestazione verso l’esterno della volontà dell’ente pubblico),
autoritativi (attività della p.a. rispetto alla quale il privato si trova in posizione di
soggezione) o certificativi (attività dotate di una particolare efficacia probatoria
consistenti in attestazioni, certificazioni ecc. volte a garantire la sicurezza del traffico
giuridico).

Art. 358 – Nozione della persona incaricata di pubblico servizio


“Agli effetti della legge penale, sono incaricati di pubblico servizio coloro i quali, a
qualunque titolo, prestano un pubblico servizio.
Per pubblico servizio deve intendersi un’attività disciplinata nelle stesse forme della
pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza di poteri tipici di quest’ultima,
e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di ordine e della prestazione
di opera meramente materiale.”

Il pubblico servizio si distingue dalla pubblica funzione per la mancanza dei poteri
deliberativi/autoritativi/certificativi come limite superiore per la sua individuazione,
sebbene sia disciplinato ugualmente da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi.
Viene comunque salvaguardata la presenza di un minimo di potere decisionale
autonomo come limite inferiore.

Art. 360 – Cessazione della qualità di pubblico ufficiale


“Quando la legge considera la qualità di pubblico ufficiale o di incaricato di
pubblico servizio come elemento costitutivo o come circostanza aggravante di un
reato, la cessazione di tale qualità, nel momento in cui il reato è stato commesso, non
esclude l’esistenza di questo né la circostanza aggravante, se il fatto si riferisce
all’ufficio o al servizio esercitato.”

In determinati casi, l’interesse protetto dalla norma penale potrebbe essere leso o
posto in pericolo anche quando il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio
abbia perso la qualifica.
Il fatto commesso deve però essere in qualche modo collegato alle mansioni in
precedenza esercitate  collegamento funzionale tra reato e qualifica soggettiva, non
necessariamente temporale.

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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

Art. 314 – Peculato


“Il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio, che, avendo per ragione del
suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra
cosa mobile altrui, se ne appropria, è punito con la reclusione da 4 a 10 anni.
*Si applica la pena della reclusione da 6 mesi a 3 anni quando il colpevole ha agito
al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa, e questa, dopo l’uso momentaneo, è
stata immediatamente restituita.”

Disponibilità: deve derivare da una situazione di potere materiale/giuridico,


esercitabile dall’agente pubblico in forza del suo ufficio o servizio.
Appropriazione: acquisto, alienazione, distruzione ed ogni altra azione tenuta dal
pubblico agente sulla cosa come se ne fosse il proprietario, dunque con atti
incompatibili con il titolo della situazione meramente possessoria perché dimostrativi
di una volontà di signoria sui beni che al soggetto pubblico non compete.

Dolo generico: coscienza e volontà di detenzione della cosa altrui per ragioni
d’ufficio o servizio e di disposizione uti dominus.

*Peculato d’uso
Il secondo comma prevede la sottrazione solamente momentanea del denaro o della
cosa mobile altrui, con successiva immediata restituzione.
La destinazione istituzionale del bene è tale da compromettere in modo apprezzabile,
seppur non serio e determinante, il corretto funzionamento della p.a.

Dolo generico: coscienza e volontà di uso momentaneo del bene e dell’intenzione di


restituirlo immediatamente all’originaria destinazione istituzionale.

Art. 316 – Peculato mediante profitto dell’errore altrui


“Il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio, il quale, nell’esercizio delle
sue funzioni o del servizio, giovandosi dell’errore altrui, riceve o detiene
indebitamente, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità, è punito con la reclusione
da 6 mesi a 3 anni.”

Errore: non deve essere provocato dal pubblico agente; può vertere sull’esistenza del
dovuto, sulla sua entità o sul reale creditore.
Ricezione: accettazione del bene che viene trasferito erroneamente.
Ritenzione: omessa restituzione del bene.
È sufficiente che ricezione/ritenzione avvengano a favore del pubblico agente per il
fatto che questi eserciti una pubblica funzione o un pubblico servizio.

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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

Dolo generico: coscienza e volontà di ricezione/ritenzione del bene ottenuto


nell’esercizio di funzioni o servizio, indebitamente, ossia con l’agevolazione di un
preesistente errore altrui.

Art.316bis – Malversazione a danno dello Stato


“Chiunque, estraneo alla pubblica amministrazione, avendo ottenuto dallo Stato o da
altro ente pubblico o dalle Comunità europee, contributi, sovvenzioni o finanziamenti
destinati a favorire iniziative dirette alla realizzazione di opere od allo svolgimento
di attività di pubblico interesse, non li destina alle predette finalità, è punito con la
reclusione da 6 mesi a 4 anni.”

Non destinazione: può consistere in una distrazione dei contributi ottenuti verso
finalità diverse, o anche in una semplice non utilizzazione delle risorse, finanche al
mancato adempimento entro il termine prefissato ove questo presenti carattere
essenziale al raggiungimento delle finalità.
Malversazione  ottenimento lecito di contributi, sovvenzioni, finanziamenti con
successiva utilizzazione incompatibile col soddisfacimento degli scopi;
Truffa aggravata  ottenimento ab origine illecito delle erogazioni pubbliche.

Dolo generico: coscienza e volontà di non destinazione delle erogazioni ottenute per
le finalità prefissate.

Art. 316ter – Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato


“Salvo che il fatto non costituisca il reato previsto dall’articolo 640bis, chiunque
mediante utilizzo o presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti
cose non vere, ovvero mediante l’omissione di informazioni dovute, consegue
indebitamente, per sé o per altri, contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre
erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da
altri enti pubblici o dalle Comunità europee, è punito con la reclusione da 6 mesi a 3
anni.”

La clausola di riserva iniziale determina la sussidiarietà di questo reato rispetto a


quello previsto dall’art.640bis (truffa aggravata):
Indebita percezione  condotta captativa di fondi e risorse non spettanti, ma le
dichiarazioni e i documenti falsi o attestanti cose non vere ovvero l’omissione di
informazioni non dovute non sono comportamenti assimilabili agli artifizi o raggiri;
Truffa aggravata  condotta ingannevole e artificiosa per l’ottenimento di risorse
non dovute, tale da configurare artifizi/raggiri e induzione in errore.
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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

Dolo generico: coscienza e volontà di uso di dichiarazioni/documenti falsi ovvero di


omissione di informazioni dovute, di conseguimento indebito di aiuti economici
altrimenti non conseguibili.

Art. 317 – Concussione


“Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che, abusando della sua
qualità o dei suoi poteri, costringe taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui
o a un terzo, denaro o altra utilità, è punito con la reclusione da 6 a 12 anni.”

Abuso: fa leva sul c.d. metus publicae potestatis, cioè la situazione di soggezione
psicologica che porta il privato a promettere o a dare l’indebito.
Concussione  abuso di qualità di pubblico agente concorre in via preminente alla
determinazione della volontà del soggetto passivo; Truffa aggravata  lo stesso
abuso concorre in via soltanto accessoria.
Costrizione: è esplicita ed a carattere intimidatorio tale da sostanziarsi in una
condotta impositiva avvertita come cogente dalla vittima; deve sussistere un
collegamento con la funzione esercitata, in modo da prefigurare una estorsione
qualificata dalla natura del soggetto agente.
Promessa: effettuata dalla vittima al fine di evitare un danno ingiusto.

Dolo generico: coscienza e volontà di abuso delle proprie qualità o dei propri poteri
di pubblico agente, di costrizione nei confronti della vittima dalla quale deriva la
promessa o la dazione indebita.

Art. 318 – Corruzione per un atto d’ufficio


“Il pubblico ufficiale che, per l’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri,
indebitamente riceve, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità o ne accetta la
promessa, è punito con la reclusione da 1 a 6 anni.”

Reato plurisoggettivo a compartecipazione necessaria: convergono e si integrano


reciprocamente le condotte del pubblico funzionario corrotto e del privato corruttore.
Corruzione c.d. impropria: l’atto è formalmente conforme ai doveri d’ufficio.

Esercizio di funzioni/poteri:
1- Corruzione antecedente  l’atto d’ufficio segue all’accordo corruttivo.
2- Corruzione susseguente  l’accordo corruttivo avviene sulla base di un atto già
compiuto dal pubblico ufficiale.

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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

Indebita ricezione: l’attività del pubblico ufficiale, in quanto formalmente legittima e


caratterizzante le sue funzioni, è già di per sé retribuita, esorbitando dalla sfera di
legittimità qualsiasi altro tipo di retribuzione o di promessa di retribuzione.
Promessa: effettuata dal corruttore in vista del conseguimento di un vantaggio
indebito.

Corruzione susseguente  Dolo generico: coscienza e volontà di ricevere


indebitamente denaro o altra utilità come retribuzione di un atto compiuto
nell’esercizio delle proprie funzioni ma non già investito dall’accordo corruttivo.
Corruzione antecedente  Dolo specifico: coscienza e volontà di ricevere
indebitamente denaro o altra utilità più coscienza e volontà di compiere un atto del
proprio ufficio per raggiungere la retribuzione indebita.

Art. 319 – Corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio


“Il pubblico ufficiale che, per omettere o ritardare o per aver omesso o ritardato un
atto del suo ufficio, ovvero per compiere o per aver compiuto un atto contrario ai
doveri d’ufficio, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità, o ne accetta la
promessa, è punito con la reclusione da 6 a 12 anni.”

Corruzione c.d. propria: l’attività del p.u. è svolta in modo contrario a quanto
preposto dall’ordinamento, a causa di omissione/ritardo di atto del proprio ufficio
ovvero per contrarietà dell’atto ai propri doveri d’ufficio.

Omissione: mancato compimento dell’atto.


Ritardo: compimento dell’atto oltre il termine prescritto o con rilevante dilazione
rispetto al momento in cui doveva essere eseguito.
Contrarietà ai doveri: atto in contrasto con norme giuridiche o con istruzioni di
servizio, o che comunque violi i doveri di fedeltà, imparzialità ed onestà imposti a
chiunque eserciti una pubblica funzione.

Corruzione susseguente  Dolo generico: coscienza e volontà di ricevere


indebitamente denaro o altra utilità come retribuzione dell’omissione o ritardo o
contrarietà ai doveri dell’atto non già investito dall’accordo corruttivo.
Corruzione antecedente  Dolo specifico: coscienza e volontà di ricevere
indebitamente denaro o altra utilità più coscienza e volontà di omettere o ritardare un
atto del proprio ufficio o di eseguirne uno in contrasto coi propri doveri per
raggiungere la retribuzione indebita.

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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

Art. 319ter – Corruzione in atti giudiziari


“Se i fatti indicati negli articoli 318 e 319 sono commessi per favorire o danneggiare
una parte in processo civile, penale o amministrativo, si applica la pena della
reclusione da 6 a 12 anni.
Se dal fatto deriva l'ingiusta condanna di taluno alla reclusione non superiore a 5
anni, la pena è della reclusione da 6 a 14 anni; se deriva l'ingiusta condanna alla
reclusione superiore a 5 anni o all'ergastolo, la pena è della reclusione da 8 a 20
anni.”

La valutazione circa la decisione giurisdizionale non riguarda il contenuto del


provvedimento, ma il metodo col quale ad esso si perviene: il giudice, che riceve da
una parte in causa denaro o altra utilità o ne accetta la promessa, rimane
inevitabilmente condizionato nei suoi orientamenti valutativi, dunque la soluzione del
caso, pur potendo essere accettabile sul piano della formale correttezza giuridica,
sottende un convincimento non libero.

Dolo specifico: coscienza e volontà di assumere condotte conformi alle diverse


tipologie di corruzione più coscienza e volontà di favorire o danneggiare una parte
processuale.

Art. 319quater – Induzione indebita a dare o promettere utilità


“Salvo che il fatto non costituisca più grave reato, il pubblico ufficiale o l’incaricato
di pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, induce taluno a
dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità, è punito
con la reclusione da 6 anni a 10 anni e 6 mesi.
Nei casi previsti dal primo comma, chi dà o promette denaro o altra utilità è punito
con la reclusione fino a 3 anni.”

La clausola di riserva iniziale determina la sussidiarietà di questo reato (c.d.


concussione per induzione) rispetto all’ipotesi-base di concussione (c.d. concussione
per costrizione).
Induzione: attività dialettica/argomentativa dell’agente pubblico che, avvalendosi
della sua qualità o dei suoi poteri, riesce a convincere il soggetto passivo alla dazione
o alla promessa di utilità, influenzando l’intelletto e la volontà dell’indotto.

Dolo generico: coscienza e volontà di abuso delle proprie qualità o dei propri poteri
di pubblico agente, di induzione nei confronti del soggetto passivo dal quale deriva la
promessa o la dazione indebita.

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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

Art. 322 – Istigazione alla corruzione


“Chiunque offre o promette denaro od altra utilità non dovuti ad un pubblico
ufficiale o ad un incaricato di un pubblico servizio, per l'esercizio delle sue funzioni o
dei suoi poteri, soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alla pena
stabilita nel primo comma dell'articolo 318, ridotta di un terzo.
Se l'offerta o la promessa è fatta per indurre un pubblico ufficiale o un incaricato di
un pubblico servizio ad omettere o a ritardare un atto del suo ufficio, ovvero a fare
un atto contrario ai suoi doveri, il colpevole soggiace, qualora l'offerta o la
promessa non sia accettata, alla pena stabilita nell'articolo 319, ridotta di un terzo.
La pena di cui al primo comma si applica al pubblico ufficiale o all'incaricato di un
pubblico servizio che sollecita una promessa o dazione di denaro o altra utilità per
l'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri.
La pena di cui al secondo comma si applica al pubblico ufficiale o all'incaricato di
un pubblico servizio che sollecita una promessa o dazione di denaro od altra utilità
da parte di un privato per le finalità indicate dall'articolo 319.”

Corruzione attiva  la prospettiva dell’accordo corruttivo viene avanzata


autonomamente dal privato.
Corruzione passiva  il pubblico agente sollecita la finalizzazione dell’accordo
corruttivo.

Pur essendo di struttura simile al tentativo connesso ai reati di corruzione,


l’istigazione è una autonoma figura di reato:
- trattamento sanzionatorio diverso (più aspro) di quello che si otterrebbe dal
raccordo tra l’art.56 e gli artt. 318-319;
- rilievo penale della condotta unilaterale in riferimento a reati a struttura bilaterale,
sia da parte del privato (commi 1-2) sia da parte del pubblico agente (commi 3-4).

Dolo specifico: coscienza e volontà di offerta/promessa di denaro o altra utilità non


dovuti nei confronti di un pubblico agente più coscienza e volontà di ottenere un atto
conforme ai doveri d’ufficio o di sfruttarne indebitamente uno già esistente (c. 1)
ovvero coscienza e volontà di omissione o ritardo o contrarietà ai doveri dell’atto
(c.2).

Art. 323 – Abuso d’ufficio


“Salvo che il fatto non costituisca un più grave reato, il pubblico ufficiale o
l'incaricato di pubblico sevizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in
violazione di norme di legge o di regolamento, ovvero omettendo di astenersi in
presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi
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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio


patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto, è punito con la reclusione da
1 a 4 anni.
La pena è aumentata nei casi in cui il vantaggio o il danno hanno un carattere di
rilevante gravità.”

Violazione di norme: il comportamento tenuto dal pubblico agente rileva solo se


contrario a prescrizioni prefissate, intendendosi con queste delle regole attinenti al
concreto esercizio della funzione o del servizio; non basta richiamare principi e
direttive di carattere generale.
Conflitto di interessi: la situazione che richiede l’astensione da parte del pubblico
agente deve essere individuabile in un momento anticipato rispetto all’attività posta
in essere.

Vantaggio: può essere esclusivamente patrimoniale, non solo in termini di incremento


economico, ma anche come evenienza migliorativa economicamente apprezzabile.
Danno: può consistere in qualsiasi pregiudizio, anche di natura solamente morale.

Teoria della c.d. doppia ingiustizia:


- Condotta  ingiustizia risiede nella violazione di norme.
- Evento  ingiustizia risiede nell’indebito vantaggio patrimoniale.
Occorre una duplice distinta valutazione, non potendosi far discendere l’ingiustizia
del vantaggio patrimoniale conseguito semplicemente dalla illegittimità del mezzo
utilizzato – ossia dall’accertata esistenza di una condotta illegittima.

Dolo generico c.d. intenzionale: coscienza e volontà di procurato ingiusto vantaggio


patrimoniale/danno come conseguenza diretta e immediata della condotta assunta
(violativa di norme o investita da conflitto di interessi) e come obiettivo primario
perseguito.

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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

REATI CONTRO L’ORDINE PUBBLICO (Titolo V)

Bene giuridico tutelato: ordine pubblico.


1- Nozione ideale  insieme di principi e/o istituzioni fondamentali che devono
essere garantiti nella loro continuità e stabilità per mantenere in vita lo stesso
ordinamento giuridico, come se in esso risiedessero dei valori immanenti il rischio è
che siffatta concezione sia troppo ampia, perché improntata a una visione statolatria
ed etica della tutela penale.
2- Nozione materiale  condizione di pacifica convivenza immune da disordine e
violenza; si cerca di avvicinare il significato del bene giuridico al c.d. ordine pubblico
costituzionale, ossia l’insieme dei principi che fondano l’ordine legale in una
convivenza ispirata a valori che consentano a tutti i consociati il godimento dei diritti
inviolabili dell’uomo; se si ancorasse questa nozione ad una dimensione puramente e
concretamente pericolosa dei fatti incriminati, resterebbero salvi i fatti di pubblica
intimidazione, ma non troverebbero uguale giustificazione i fenomeni associativi né i
delitti di apologia e istigazione.

Art. 414 – Istigazione a delinquere


“Chiunque pubblicamente istiga a commettere uno o più reati è punito, per il solo
fatto dell’istigazione:
1) con la reclusione da 1 a 5 anni, se trattasi di istigazione a commettere delitti;
2) con la reclusione fino a 1 anno, ovvero con la multa fino a 206 euro, se trattasi di
istigazione a commettere contravvenzioni.
Se si tratta di istigazione a commettere uno o più delitti e una o più contravvenzioni,
si applica la pena stabilita nel numero 1.
Alla pena stabilita dal numero 1 soggiace anche chi pubblicamente fa l’apologia di
uno o più delitti.”
* Art. 115 – Accordo per commettere un reato. Istigazione
“Salvo che la legge disponga altrimenti, qualora due o più persone si accordino allo scopo di
commettere un reato e questo non sia commesso, nessuna di esse è punibile per il solo fatto
dell’accordo. […]
Le stesse disposizioni si applicano nel caso di istigazione a commettere un reato, se l’istigazione è
accolta ma il reato non è stato commesso.”

* Deroga all’art.115: l’eccitazione pubblica al delitto viene ritenuta avere un quid


pluris rispetto a quanto disposto dalla parte generale, quindi di per sé idonea a
minacciare la sicurezza collettiva

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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

Pubblicità: è un elemento oggettivo costitutivo della fattispecie. La sua sostanza si


ricava dalla lettura dell’art. 266, comma 4, secondo cui “[…] il reato si considera
avvenuto pubblicamente quando il fatto è commesso:
1) col mezzo della stampa, o con altro mezzo di propaganda;
2) in luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone;
3) in una riunione che, per il luogo in cui è tenuta, o per il numero degli intervenuti,
o per lo scopo od oggetto di essa, abbia carattere di riunione non privata.”
Istigazione: azione che si esplica sulla psiche di altri soggetti per spingerli a
commettere fatti determinati; il fatto istigato deve contenere i presupposti per essere
inquadrato in uno o più tipi di reato previsti dall’ordinamento, ossia una fisionomia di
certezza tale da poterlo inquadrare nei suoi elementi.

Dolo generico: coscienza e volontà di istigare a commettere fatti previsti dalla legge
come reato e di pubblicità della condotta.

*Apologia di delitti
Il terzo comma prevede il reato autonomo dell’apologia di delitti, consistente in
quella particolare forma di manifestazione del pensiero che si esplica nell’esaltazione
o nell’approvazione di un’attività di violazione di norme penali o del suo autore.
Il comportamento dell’agente deve essere tale che per il suo contenuto, per la
condizione personale dell’autore e per le circostanze di fatto in cui si esplica
l’istigazione, possa determinare il rischio effettivo della consumazione di altri reati.

Dolo generico c.d. istigatorio: coscienza e volontà di commettere il fatto


apologetico, tendente cioè a prospettare il fatto delittuoso oggetto di apologia come
un modello o esempio da imitare.

Art. 415 – Istigazione a disobbedire alle leggi


“Chiunque pubblicamente istiga alla disobbedienza delle leggi di ordine pubblico,
ovvero all’odio tra le classi sociali, è punito con la reclusione da 6 mesi a 5 anni.”

Leggi di ordine pubblico: norme giuridiche dirette a mantenere la pubblica


tranquillità e sicurezza, rispetto alle quali non è riconosciuta alla volontà dei singoli
alcuna potestà dispositiva o derogatoria.
Odio tra le classi sociali: avversione nei confronti di persone accomunate dalla
condivisione e tutela di interessi comuni, esclusivamente economici ovvero anche
appartenenti soltanto alla dimensione religiosa, morale o culturale in senso lato.

Dolo generico: coscienza e volontà di istigazione alla disobbedienza o all’odio e


della pubblicità della condotta istigatoria.
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Art. 416 – Associazione per delinquere


“Quando tre o più persone si associano allo scopo di commettere più delitti, coloro
che promuovono o costituiscono od organizzano l’associazione sono puniti, per ciò
solo, con la reclusione da 3 a 7 anni.
Per il solo fatto di partecipare all’associazione, la pena è della reclusione da 1 a 5
anni.
I capi soggiacciono alla stesa pena stabilita per i promotori.
Se gli associati scorrono in armi le campagne o le pubbliche vie, si applica la
reclusione da 5 a 15 anni.
La pena è aumentata se il numero degli associati è di dieci o più. […]”

Reato plurisoggettivo permanente: si protrae fintantoché l’associazione resti in vita.

Associazione: unione di tre o più persone di modo che:


1- il vincolo che lega la pluralità di soggetti sia stabile o destinato a durare anche
dopo la commissione dei singoli delitti consumati;
2- il sodalizio criminale risulti preordinato alla realizzazione di un programma
criminoso indeterminato nel numero, nei tempi, nelle modalità o nelle tipologie delle
figure delittuose;
3- la struttura organizzativa sia concretamente idonea al raggiungimento degli scopi
prefissati (quindi concretamente offensiva della sicurezza pubblica).
Commissione di delitti: si considerano:
- reato-mezzo  associazione per delinquere come reato di pericolo concreto
sanzionabile in base alla sussistenza dei tre requisiti di cui sopra;
- reati-fine  i singoli reati oggetto del programma criminoso; in assenza dei tre
requisiti della fattispecie criminosa associativa – ossia in assenza di una direzione
orientata verso un fine tipica del reato associativo – si valuterà il concorso di persone
in questi reati.
Partecipazione al reato: si distinguono le figure di
A) partecipazione qualificata:
- promotore: chi dà inizio all’associazione;
- costitutore: soggetto che contribuisce attivamente alla nascita dell’associazione;
- organizzatore: coordinatore dei soci a garanzia della costituzione dell’associazione;
- capo: chi esercita poteri di supremazia su altre persone.
B) partecipazione semplice: si considera partecipatore semplice colui che attivamente
e materialmente svolge le attività e usa gli strumenti diretti al perseguimento degli
obiettivi dell’associazione, senza ricoprire una delle cariche qualificate.

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Dolo specifico: coscienza e volontà di partecipare al sodalizio più coscienza e


volontà di avere come obiettivo la commissione di delitti.

Art. 416bis – Associazioni di tipo mafioso anche straniere


“Chiunque fa parte di un’associazione di tipo mafioso formata da tre o più persone,
è punito con la reclusione da 10 a 15 anni.
Coloro che promuovono, dirigono o organizzano l’associazione sono puniti, per ciò
solo, con la reclusione da 12 a 18 anni.
L’associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della
forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e
di omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o
indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni,
di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi
ingiusti per sé o per altri, ovvero al fine di impedire od ostacolare il libero esercizio
del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali.
Se l’associazione è armata si applica la pena della reclusione da 12 a 20 anni nei
casi previsti dal primo comma, e da 15 a 26 anni nei casi previsti dal secondo
comma.
L’associazione si considera armata quando i partecipanti hanno la disponibilità, per
il conseguimento delle finalità dell’associazione, di armi o materie esplodenti, anche
se occultate o tenute in luogo di deposito.
Se le attività economiche di cui gli associati intendono assumere o mantenere il
controllo sono finanziate in tutto o in parte con il prezzo, il prodotto o il profitto dei
delitti, le pene stabilite nei commi precedenti sono aumentate da un terzo alla metà.
[…] Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alla camorra, alla
‘ndrangheta e alle altre associazioni, comunque localmente denominate, anche
straniere, che valendosi della forza intimidatrice del vincolo associativo perseguono
scopi corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso.”

Reato permanente plurioffensivo  è costruito come reato funzionalmente


economico, la cui sanzionabilità penale mira a tutelare, oltre che i diversi beni
giuridici dell’ordine pubblico, dell’ordine democratico, del buon andamento della
p.a., anche l’ordine economico inteso come corretto funzionamento del mercato.

Metodo mafioso: è l’elemento specializzante dell reato in questione rispetto alla


ipotesi più semplice di reato associativo di cui all’art.416. Si contraddistingue per:
1- forza intimidatrice: capacità di arrecare turbamento nei terzi che entrino in contatto
con i membri dell’associazione;
2- condizione di assoggettamento e omertà: soggezione psicologica tale da imporre al

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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

soggetto passivo comportamenti non voluti, cui non si può sottrarre a causa dello
stato di sottomissione (lesione alla libertà morale della vittima), e la reticenza a
collaborare con l’Autorità giudiziaria (lesione all’amministrazione della giustizia).

Commissione di delitti: tale finalità si connota per la funzione strumentale al


mantenimento della carica intimidatoria e alla produzione dei capitali necessari al
raggiungimento degli scopi di natura economica.
Monopolio economico: è il fine ultimo cui l’intera attività del sodalizio mafioso è
orientata.
Realizzazione di profitti o vantaggi ingiusti: si vuole intendere qualsiasi altra forma
di attività che, pur strettamente lecita, viene sfruttata dall’associazione mafiosa per
maturare utilità indebite.
Consultazioni elettorali: ci si riferisce alla coercizione e alla corruzione elettorale
riguardante un soggetto che faccia parte dell’organizzazione mafiosa (cfr.art.416-ter).

Dolo specifico: coscienza e volontà di partecipare al sodalizio, di utilizzo della forza


intimidatrice, di assoggettamento e omertà (c.d. affectio societatis) più coscienza e
volontà di avere come obiettivo la commissione di delitti ovvero il monopolio
economico, ovvero la realizzazione di profitti o vantaggi ingiusti, ovvero il
turbamento di consultazioni elettorali.

 La questione del concorso esterno nel reato associativo.


concorso morale  il contributo del partecipe concorrente si risolve in un impulso psicologico al
reato, materialmente commesso da altri; il soggetto potrà quindi concorrere come:
- determinatore: colui che fa sorgere in altri un proposito criminoso dapprima inesistente;
- istigatore: colui che rafforza il proposito criminoso del soggetto che agirà materialmente.
concorso materiale  il correo interviene materialmente nella serie di atti che sfociano nell’evento
di reato; potrà quindi concorrere come:
- coautore: colui che, insieme ad altri, compie le stesse azioni che sarebbero punibili anche
considerate singolarmente come condotta di reato;
- complice: colui che si limita ad un qualsiasi intervento nella preparazione o esecuzione del reato,
intervento che deve rendere possibile la commissione del reato, ovvero agevolarne la commissione,
ovvero in ogni caso essere elemento di verificazione del reato.

Diversità ontologica tra le figure di:


- partecipe all’associazione: colui che risulta in rapporto stabile e di organica
compenetrazione nel tessuto organizzativo del sodalizio criminale, tale da implicare
l’assunzione di un ruolo dinamico e funzionale;
- concorrente esterno: colui che, pur non facendo parte dell’associazione, vi
intrattiene rapporti di collaborazione di modo da contribuire alla sua conservazione o
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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

al suo rafforzamento tramite un contributo concreto, specifico, consapevole e


volontario che esplichi una effettiva rilevanza causale per la concreta realizzazione
del fatto criminoso collettivo.

È sicuramente ammissibile un concorso morale, ma ormai anche quello sub specie di


concorso materiale: l’extraneus è colui che non vuole far parte dell’associazione e
che quest’ultima non chiama a far parte, ma al quale si rivolge sia per colmare vuoti
temporanei in un determinato ruolo, sia nel momento in cui la fisiologia della
associazione attraversa una fase patologica, la quale, per essere superata, esige il
contributo, limitato e temporaneo, di un esterno.

Dolo generico diretto: coscienza e volontà di recare un contributo alla realizzazione,


anche parziale, del programma criminoso del sodalizio.

Art. 416ter – Scambio elettorale politico-mafioso


“Chiunque accetta la promessa di procurare voti mediante le modalità di cui al terzo
comma dell’art.416bis in cambio dell’erogazione di denaro o della promessa di
erogazione di denaro o di altra utilità è punito con la reclusione da 4 a 10 anni.
La stessa pena si applica a chi promette di procurare voti con le modalità di cui al
primo comma.”

Reato proprio a struttura bilaterale. Reato di pericolo concreto.

Erogazione o promessa di erogazione di denaro o altra utilità: è l’oggetto


dell’accordo tra membri dell’associazione mafiosa e politico candidato alle elezioni;
per utilità si intendono anche appalti, autorizzazioni, licenze, posti di lavoro e altri
tipi di vantaggio accordabili mediante l’uso distorto del pubblico potere.

Dolo generico: coscienza e volontà del metodo mafioso utilizzato da chi procura i
voti, dell’erogazione o della promessa di erogazione di denaro o altra utilità.

Art. 419 – Devastazione e saccheggio


Art. 420 – Attentato a impianti di pubblica utilità
Art. 421 – Pubblica intimidazione

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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

REATI CONTRO L’AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA (Titolo III)

Amministrazione della giustizia  attività costituente esercizio della funzione


giurisdizionale in senso stretto, ma anche esercizio delle funzioni requirenti ed
inquirenti, l’attività attinente all’esecuzione dei giudicati e comunque, più in
generale, tutto ciò che ha un qualsiasi riferimento allo scopo ultimo della giustizia.

Art. 368 – Calunnia


“Chiunque, con denuncia, querela, richiesta o istanza, anche se anonima o sotto
falso nome, diretta all’Autorità giudiziaria o ad un’altra Autorità che a quella abbia
obbligo di riferirne, incolpa di un reato taluno che egli sa innocente, ovvero simula a
carico di lui le tracce di un reato, è punito con la reclusione da 2 a 6 anni.
La pena è aumentata se s’incolpa taluno di un reato pel quale la legge stabilisce la
pena della reclusione superiore nel massimo a dieci anni o un’altra pena più grave.
La reclusione è da 4 a 12 anni se dal fatto deriva una condanna alla reclusione
superiore a cinque anni; è da 6 a 20 anni se dal fatto deriva una condanna
all’ergastolo.”

Reato plurioffensivo: pericolo per l’attività giudiziaria di essere tratta in inganno e


fuorviata, pericolo di ingiusta lesione della libertà personale o comunque della
personalità morale del soggetto passivo.

Incolpazione  Calunnia formale: ogni falsa incolpazione realizzata attraverso


denuncia, querela, richiesta o istanza, anche se anonima o sotto falso nome, diretta
all’Autorità giudiziaria o ad un’altra che abbia obbligo di riferire a quella. La falsità
risiede nel fatto che chi calunnia è a conoscenza della reale innocenza di chi viene
incolpato.
Simulazione  Calunnia materiale: ogni falsa incolpazione posta in essere mediante
la simulazione di tracce di un reato mai commesso ovvero commesso da persona
diversa dall’incolpato. La simulazione consiste nella creazione di falsi elementi
probatori – tramite l’utilizzo di violenza sulle cose o su persone ovvero mediante
collocamento di oggetti indizianti presso un soggetto innocente – in un contesto tale
da rendere questi inequivocabilmente ascrivibili al soggetto passivo.

Reato a forma libera  la condotta di disvalore può essere adottata sia in modo
diretto, tramite gli atti di denuncia, querela, richiesta o istanza, sia in modo indiretto,
mediante gli atti di simulazione del reato.

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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

Reato: oggetto della condotta:


- Dottrina  il reato è da intendersi come fatto tipico, colpevole, antigiuridico e
anche punibile, dunque il calunniato deve essere protetto non da un qualsivoglia
procedimento penale a suo carico, ma contro il pericolo di un suo esito ingiusto.
- Giurisprudenza  il reato deve considerarsi come notitia criminis, ossia come fatto
storico concretamente idoneo a comportare l’avvio di un procedimento penale a
carico del soggetto innocente. È una concezione che meglio si concilia con la
calunnia come reato di pericolo concreto.

Innocenza: può essere considerata in senso:


- naturalistico  situazione nella quale versa colui che non ha commesso il fatto del
quale è stato incolpato, perché naturalisticamente estraneo all’addebito mossogli.
- giuridico  situazione nella quale versa colui il quale, pur avendo commesso il
reato, ha adottato una condotta in presenza di cause di giustificazione o di esclusione
della colpevolezza, che dall’accusatore sono state taciute ovvero travisate per
affermazione di talune altre che con queste risultano incompatibili. È una
interpretazione che si può accostare solo ai casi di calunnia formale.
Inoltre deve sussistere in termini di:
1- vero soggettivo  quanto dichiarato dall’accusatore (ossia la responsabilità del
calunniato) deve coincidere con quanto realmente conosciuto dall’agente (ovverosia
l’innocenza dello stesso);
2- vero oggettivo  l’innocenza deve poi anche sussistere realmente; quando
l’accusato si riveli l’effettivo autore del reato, il fatto di calunnia non è punibile
perché inoffensivo di alcun bene giuridico.

Falsità parziale: possono avvenire delle accuse che risultano false solamente in parte,
avendo ad oggetto fatti realmente verificatisi e ascrivibili all’incolpato, ma descritti
dall’accusatore in modo infedele, per aggiunta di circostanze false o con omissione di
circostanze vere e conosciute, in modo da determinare conseguenze come:
- mutamento del titolo di reato;
- circostanze aggravanti;
- diverso trattamento sanzionatorio.
La calunnia si profila nel momento in cui l’infedele versione dei fatti proposta
dall’accusatore produce un mutamento in pejus della situazione dell’accusato, anche
quando questi non versi in condizione di assoluta innocenza sul piano penalistico.

Dolo generico: coscienza e volontà dell’innocenza del soggetto passivo e di


incolpazione ovvero simulazione a carico del soggetto innocente.
Non è compatibile col reato il dolo eventuale.

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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

 Rapporti tra calunnia e altri reati.

*Art. 595 – Diffamazione


“Chiunque […] comunicando con più persone offende l’altrui reputazione, è punito con la
reclusione fino a un anno o con la multa fino a 1032 euro.”

La calunnia si differenzia dalla diffamazione per l’oggetto materiale della condotta e


per l’offesa giuridica che da questa deriva:
- calunnia  unicamente un reato; ad essere offesi sono la libertà o la personalità di
un soggetto innocente e la giustizia penale.
- diffamazione  qualsiasi fatto dal quale deriva un’offesa all’onore o alla
reputazione della vittima.

*Art. 367 – Simulazione di reato


“Chiunque, con denuncia, querela, richiesta o istanza, anche se anonima o sotto falso nome, diretta
all’Autorità giudiziaria o ad un’altra Autorità che a quella abbia obbligo di riferirne, afferma
falsamente essere avvenuto un reato, ovvero simula le tracce di un reato, in modo che si possa
iniziare un procedimento penale per accertarlo, è punito con la reclusione da 1 a 3 anni.”

La calunnia si differenza dalla simulazione di reato per il requisito della direzionalità


passiva:
- calunnia  l’agente accusa falsamente taluno di un reato o simula a suo carico
tracce di un reato.
- simulazione di reato  l’agente si limita a creare una falsa prospettazione di reato
alla quale non si accompagna alcuna indicazione circa il suo autore.

*Art. 369 – Autocalunnia


“Chiunque, mediante dichiarazione ad alcuna delle Autorità indicate nell’articolo precedente,
anche se fatta con scritto anonimo o sotto falso nome, ovvero mediante confessione innanzi
all’Autorità giudiziaria, incolpa se stesso di un reato che egli sa non avvenuto, o di un reato
commesso da altri, è punito con la reclusione da 1 a 3 anni.”

La calunnia si differenza dall’autocalunnia per il soggetto investito della direzionalità


passiva:
- calunnia  la falsa accusa è rivolta verso una persona diversa dal calunniatore.
- autocalunnia  la falsa accusa è rivolta nei propri stessi confronti.

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Art. 372 – Falsa testimonianza


“Chiunque, deponendo come testimone innanzi all’Autorità giudiziaria, afferma il
falso o nega il vero, ovvero tace, in tutto o in parte, ciò che sa intorno ai fatti sui
quali è interrogato, è punito con la reclusione da 2 a 6 anni.”

Testimone: soggetto attivo può essere solo chi rende le false dichiarazioni o chi
omette di renderne di vere in qualità di testimone dinanzi all’Autorità giudiziaria (la
falsa testimonianza è un reato proprio); la posizione di testimone si estende al
denunziante, al querelante, all’offeso dal reato qualora vengano chiamati per deporre.
Fatti della deposizione: il reato è offensivo quindi si consuma quando la
testimonianza è concretamente idonea a incidere sul processo di formazione della
verità processuale, in quanto in tal senso dotata di:
1- pertinenza  testimonianza che introduce circostanze che concernono quei fatti
che il giudice deve accertare in quanto posti alla base dell’imputazione contestata;
2- rilevanza  testimonianza che riguarda aspetti dello stesso fatto che non sono
marginali né trascurabili perché dotati di reale capacità dimostrativa degli
avvenimenti in corso di accertamento.

Modalità della condotta:


- di tipo commissivo: affermazione di un fatto che non è stato percepito o
contestazione dell’esistenza di un fatto realmente percepito.
- di tipo omissivo: reticenza a dichiarare ciò che si sa, limitandosi a dichiarazioni
incomplete.

Falsità della testimonianza: sussiste se presente in termini:


1- soggettivi  difformità tra quanto conosciuto e quanto dichiarato, per effetto di un
artificioso contenuto volutamente posto nella deposizione;
2- oggettivi  quanto falsamente o incompletamente dichiarato equivale a ciò che è
realmente accaduto; nei casi di falso putativo non si profila l’offensività della
condotta nei confronti di alcun bene giuridico tutelato.

Dolo generico: coscienza e volontà di deporre una testimonianza falsa o reticente.


È compatibile con il reato il dolo eventuale.
*Art. 376 – Ritrattazione
“Nei casi previsti […] dall’art. 372 […] il colpevole non è punibile se, nel procedimento penale in
cui ha […] reso le sue dichiarazioni, ritratta il falso e manifesta il vero non oltre la chiusura del
dibattimento.”

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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

La ritrattazione, entro il termine processuale della chiusura del dibattimento, esclude


la punibilità del falso testimone, a patto che sia non equivoca e completa, cosciente e
volontaria; non è sufficiente un’ambigua smentita di affermazioni precedenti.

Art. 375 – Frode in processo penale e depistaggio


“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da 3 a 8
anni il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, al fine di impedire,
ostacolare o sviare un’indagine o un processo penale:
a) immuta artificiosamente il corpo del reato ovvero lo stato dei luoghi, delle cose o
delle persone connessi al reato;
b) richiesto dall’autorità giudiziaria o dalla polizia giudiziaria di fornire
informazioni in un procedimento penale, afferma il falso o nega il vero, ovvero tace,
in tutto o in parte, ciò che sa intorno ai fatti sui quali viene sentito.
Se il fatto è commesso mediante distruzione, soppressione, occultamento,
danneggiamento, in tutto o in parte, ovvero formazione o artificiosa alterazione, in
tutto o in parte, di un documento o di un oggetto da impiegare come elemento di
prova o comunque utile alla scoperta del reato o al suo accertamento, la pena è
aumentata da un terzo alla metà.”
*Introdotto con L.133/2016.

Reato proprio. Comma 2  fattispecie aggravata.

Art. 378 – Favoreggiamento personale


“Chiunque, dopo che fu commesso un delitto per il quale la legge stabilisce
l’ergastolo o la reclusione, e fuori dei casi di concorso nel medesimo, aiuta taluno a
eludere le investigazioni dell’Autorità o a sottrarsi alle ricerche effettuate da questa,
è punito con la reclusione fino a 4 anni.
Quando il delitto commesso è quello previsto dall’art.416bis, si applica, in ogni caso,
la pena della reclusione non inferiore a 2 anni. […]
Le disposizioni di questo articolo si applicano anche quando la persona aiutata non è
imputabile o risulta che non ha commesso il delitto.”

Reato comune, ad eccezione del concorrente nel reato presupposto e del suo autore.

Presupposti del favoreggiamento:


1- preesistenza di un delitto  la condotta favoreggiatrice trova in esso un limite
temporale iniziale.
2- assenza di concorso nel delitto  il favoreggiatore non deve essere in alcun modo
coinvolto nel delitto precedente.
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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

Dolo generico: coscienza e volontà di investigazioni/ricerche dell’Autorità in atto o


che si prevedono a carico di una persona, di aiuto alla stessa persona, di verificazione
o supposizione di commissione di un reato da parte dell’aiutato.

Art. 379 – Favoreggiamento reale


“Chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato e dei casi previsti dagli articoli 648,
648bis e 648ter [ricettazione, riciclaggio, impiego di denaro beni o utilità di provenienza illecita],
aiuta taluno ad assicurare il prodotto o il profitto o il prezzo di un reato, è punito con
la reclusione fino a 5 anni se si tratta di delitto […].”

Messa in sicurezza: l’aiuto è indirizzato alla definitiva acquisizione nella sfera


patrimoniale del favoreggiato dei beni e vantaggi che sono il prodotto o il profitto o il
prezzo di un reato.

Dolo generico: coscienza e volontà di precedente commissione di un reato, di aiuto


nei confronti della persona che lo ha commesso, della messa in sicurezza a vantaggio
del favoreggiato del prodotto o del profitto o del prezzo del reato da lui commesso.

Art. 384 – Casi di non punibilità


“Nei casi previsti dagli articoli […] 372 […] e 378, non è punibile chi ha commesso
il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé medesimo o un
prossimo congiunto da un grave e inevitabile nocumento nella libertà o nell’onore.
Nei casi previsti dagli articoli […] 372 […], la punibilità è esclusa se il fatto è
commesso da chi per legge non avrebbe dovuto essere richiesto di fornire
informazioni ai fini delle indagini o assunto come testimonio […] ovvero non
avrebbe potuto essere obbligato a deporre o comunque a rispondere o avrebbe
dovuto essere avvertito della facoltà di astenersi dal rendere informazioni,
testimonianza […].”

Comma 1  non si applica al favoreggiamento reale in quanto non espressamente


richiamato dalla norma al pari di altri articoli.

Comma 2  qualora il testimone rinunci alla facoltà di astenersi dal deporre, egli ha
l’obbligo di dire la verità; peraltro, una dottrina recente sostiene che la forza
scriminante dell’art.51 (esercizio di un diritto o adempimento di un dovere) possa esplicarsi
solamente nei confronti di una testimonianza reticente.

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REATI CONTRO LA FAMIGLIA (Titolo XI)

Bene giuridico tutelato: famiglia.


Giurisprudenza  è da considerarsi tale qualsiasi consorzio di persone tra le quali,
per intime relazioni e consuetudini di vita, siano sorti legami di reciproca assistenza e
protezione, anche in condizione di legame di puro fatto.
Il Titolo XI in effetti non è stato posto solamente a tutela della famiglia nel senso
tradizionale del termine; inoltre, molte disposizioni sono poste a tutela di interessi di
natura non strettamente familiare, oppure che, sebbene di natura in senso lato
familiare, appartengono all’intera collettività o hanno una posizione secondaria nella
finalità di tutela penale.
Nella prassi, la vitalità di tali disposizioni è garantita unicamente dai reati relativi
all’assistenza familiare, previsti dal Capo IV. Si tratta di una serie di reati propri,
comportanti una violazione di doveri che incombono sui membri della famiglia,
discendenti dallo status familiare che ricoprono: sembra, quindi, che più che la
famiglia in senso istituzionale, si vogliano tutelare i singoli rapporti tra familiari,
messi al sicuro dall’incriminazione di condotte offensive provenienti dall’interno
dello stesso nucleo familiare.

Art. 570 – Violazione degli obblighi di assistenza familiare


“Chiunque, abbandonando il domicilio domestico,o comunque serbando una
condotta contraria all’ordine o alla morale familiare, si sottrae agli obblighi di
assistenza inerenti alla potestà di genitori o alla qualità di coniuge, è punito con la
reclusione fino a 1 anno o con la multa da 103 a 1032 euro.
Le dette pene si applicano congiuntamente a chi:
1) malversa o dilapida i beni del figlio minore o del coniuge;
2) fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, ovvero inabili al
lavoro, agli ascendenti o al coniuge, il quale non sia legalmente separato.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa salvo nei casi previsti dal numero
1 e, quando il reato è commesso nei confronti di minori, dal numero 2 del precedente
comma.”

Reato proprio permanente: lo stato di antigiuridicità perdura nel tempo per volontà
dello stesso autore, il quale in ogni momento può porre fine alla lesione del bene
protetto.

Dottrina  tre autonome figure di reato.


Giurisprudenza  unico titolo di reato, con assorbimento della condotta del primo
comma in quelle più gravi previste dal secondo comma.
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Sottrazione agli obblighi di assistenza: tali obblighi si ricavano dalle disposizioni


civilistiche nei confronti dei genitori e dei coniugi agli articoli 143, 147 e 148, che
consistono nel mantenimento, nell’istruzione e nell’educazione della prole, nonché
nell’assistenza morale e materiale, nell’uguaglianza e solidarietà verso il coniuge.
Norme modali del reato: la violazione degli obblighi di assistenza connessi alla
potestà di genitori o alla qualità di coniuge acquista rilevanza solo se realizzata
ponendo in essere:
- abbandono del domicilio domestico  deve esprimere il volere di interrompere la
convivenza, non giustificato da esigenze incompatibili con l’antigiuridicità del fatto;
- condotta contraria all’ordine e alla morale delle famiglie  per ordine si intende
quel valore che esprime l’unità della famiglia, ricomprendendo le esigenze peculiari
di ciascun componente; per morale ci si riferisce alla difesa dei valori di base della
famiglia.
Interesse tutelato  assistenza morale e mantenimento della comunione di vita tra soggetti facenti
parte del medesimo nucleo familiare.

Malversazione: appropriazione indebita ed abusiva del patrimonio di cui si abbia


l’amministrazione totale o parziale per ragioni di famiglia; anche un solo atto di
infedele amministrazione può essere sufficiente per configurare la condotta
malversativa.
Dilapidazione: sperperare il patrimonio suddetto, o comunque disporre dei beni del
figlio minore o del coniuge in modo da determinare la distruzione, totale o parziale,
del patrimonio di questi soggetti; si può configurare anche nei casi di atti di
ingiustificata prodigalità.
Interesse tutelato  integrità del patrimonio contro le aggressioni proveniente dall’interno del
proprio gruppo familiare.

Omessa prestazione dei mezzi di sussistenza: per mezzi di sussistenza si deve


intendere il complesso dei mezzi economici minimi indispensabili per soddisfare le
più elementari necessità di vita (dal vitto all’alloggio, dai medicinali al vestiario, fino
a tutto ciò che riguarda educazione e istruzione della prole); trattandosi di condotta
omissiva, è necessario che il soggetto obbligato si trovi nella situazione di poter
materialmente adempiere, seppur l’impossibilità di adempiere può sussistere solo in
senso assoluto e non è tale quando ascrivibile a responsabilità dello stesso obbligato.
Cassazione 2016  solo la prova concreta dello stato di bisogno dei destinatari –
presupposto indispensabile dell’omessa prestazione, in quanto è necessario che
sussista la mancanza dei mezzi di sussistenza alla quale deve far fronte l’obbligato –
produce la consumazione del reato di cui all’art.570 comma 2 n.2
Interesse tutelato  sostentamento dei familiari bisognosi di aiuti economici e materiali.
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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

Dolo generico: coscienza e volontà di abbandono del domicilio domestico, ovvero di


comportamento contrario all’ordine o alla morale familiare, di sottrazione degli
obblighi di assistenza inerenti alla propria posizione all’interno della famiglia, ovvero
di malversazione/dilapidazione dei beni di altri familiari, ovvero di omessa
prestazione dei mezzi di sussistenza nei confronti di familiari che versano in stato di
bisogno.

Art. 571 – Abuso dei mezzi di correzione o di disciplina


“Chiunque abusa dei mezzi di correzione o di disciplina in danno di una persona
sottoposta alla sua autorità, o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione,
cura, vigilanza o custodia, ovvero per l’esercizio di una professione o di un’arte, è
punito, se dal fatto deriva il pericolo di una malattia nel corpo o nella mente, con la
reclusione fino a 6 mesi.
Se dal fatto deriva una lesione personale, si applicano le pene stabilite dagli articoli
582 e 583, ridotte a un terzo; se ne deriva la morte, si applica la reclusione da 3 a 8
anni.”

Abuso dei mezzi di correzione o disciplina: nel corso degli anni si è avuta una
evoluzione legislativa e interpretativa che ha progressivamente considerato illecito il
ricorso a mezzi violenti e costrittivi, ritenuti lesivi dei diritti fondamentali alla libertà
personale e alla integrità psicofisica:
- tradizionalmente la dottrina riconduceva i mezzi di correzione e disciplina allo ius
corrigendi riconosciuti in capo a soggetti in posizione di autorità, che in virtù di ciò
potevano impiegare l’uso della violenza fisica o morale nei confronti di coloro che ne
risultavano essere assoggettati: di conseguenza il reato si considerava configurabile
qualora fossero travalicati i limiti di siffatta violenza; più tardi la Costituzione e la
riforma del diritto di famiglia del 1975 hanno favorito il passaggio da una visione
autoritaria della famiglia ad una visione più personalistica e partecipativa,
valorizzando l’individualità del figlio;
- attualmente si nega che si possa ricorrere all’uso di mezzi correttivi nell’ambito di
alcune relazioni, quindi di abuso si può parlare solo in casi di uso abnorme o
improprio di mezzi leciti, con la consumazione di altro reato più grave nei casi di
utilizzo di mezzi illeciti (percosse, minacce, ecc.); l’uso della violenza a scopi
educativi non può dunque ritenersi lecito, se non in casi del tutto eccezionali e solo in
termini di una vis modicissima, sempre che essa sia necessaria per rafforzare una
giusta proibizione di comportamenti oggettivamente pericolosi o dannosi a fronte
dell’incosciente sottovalutazione del pericolo o della disobbedienza ostinata (mentre
neanche questa vis modicissima è concessa nei confronti di figli maggiorenni).
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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

Pericolo di malattia: per malattia si intende ogni conseguenza rilevante sulla salute
fisica o anche solo psichica del soggetto passivo (ricomprendendo casi come stati
d’ansia, insonnia, depressione o disturbi del carattere); sarà sufficiente accertare in
concreto che la condotta di abuso sia generalmente idonea a porre in pericolo,
secondo le regole di comune esperienza, l’integrità psico-fisica della persona offesa;
la situazione di pericolo può ben verificarsi anche a seguito di un unico atto d’abuso.

Eventi più gravi: l’evento più grave della lesione o della morte dell’abusato non
devono essere voluti dall’agente, prefigurandosi altrimenti i reati di lesioni personali
volontarie o di omicidio; l’evento più grave viene comunque addebitato all’autore
dell’abuso – con un sensibile inasprimento sanzionatorio – se sussiste, rispetto allo
stesso, una prevedibilità in concreto, valutata sulle circostanze di fatto delle quali il
soggetto agente era o poteva essere a conoscenza.

Dolo generico: coscienza e volontà di utilizzo del mezzo di correzione oltre i limiti
consentiti, di pericolo di derivazione di malattia nel corpo o nella mente (anche in
termini di accettazione del rischio come ipotesi concreta, ossia di dolo eventuale).

Art. 572 – Maltrattamenti contro familiari e conviventi


“Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, maltratta una persona
della famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità o a
lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia,o per
l’esercizio di una professione o di un’arte, è punito con la reclusione da 2 a 6 anni.
Se dal fatto deriva una lesione personale grave, si applica la reclusione da 4 a 9
anni; se ne deriva una lesione gravissima, la reclusione da 7 a 15 anni; se ne deriva
la morte, la reclusione da 12 a 24 anni.”

Reato abituale: i singoli episodi di maltrattamento, considerati in sé e per sé, possono


essere anche privi di rilevanza penale; la condotta diventa tipica a livello penale
quando è reiterata, anche in tempi diversi e intervallati; quello che rileva penalmente
è l’instaurazione di un regime di vita più o meno continuativamente caratterizzato
dalla degradazione della personalità del maltrattato: l’evento del reato è quindi la
produzione di durevoli sofferenze fisiche e morali nella vittima.
Reato plurioffensivo: l’incriminazione è diretta alla tutela della personalità di un
soggetto, con ciò intendendo l’esplicazione della dignità umana nell’ambito di una
relazione interpersonale caratterizzata da rapporti di umana solidarietà e comunanza
di vita; parlare di sola tutela della famiglia risulterebbe riduttivo.

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Soggetto passivo: dal 2012 esiste una piena equiparazione tra la nozione istituzionale
di famiglia e le altre forme di convivenza, tra queste ricomprendendo non solo le
famiglie di fatto, ma anche forme di aggregazione non emulative del rapporto
familiare (comunità religiose o terapeutiche); è comunque necessario che la
convivenza sia contraddistinta da una certa stabilità, alla quale si può collegare
l’esistenza, all’interno di un’unione di persone, di legami di reciproca assistenza e
protezione, nati per intima relazione o per consuetudini di vita.

Maltrattamenti: serie di atti, di per sé delittuosi o meno, lesivi dell’integrità fisica o


della libertà o del decoro del soggetto passivo, tale da determinare sopraffazione
sistematica (disprezzo, umiliazione, asservimento, avvilimento, prostrazione,
deprivazioni sociali e psicologiche, ecc.), regime vessatorio incompatibile con le
normali condizioni di vita in cui ognuno ha il diritto di vivere:
- momento genetico  i fatti di maltrattamenti non devono essere caratterizzati
dall’abuso di mezzi di correzione o di disciplina: la condotta di maltrattamenti è ab
origine illecita.
- modalità  nonostante il maltrattare evochi la necessità di un comportamento
attivo, è pacifico che si possano verificare maltrattamenti omissivi, a patto che sul
soggetto agente ricadano oneri di protezione e cura di determinate persone ed egli si
astenga dall’intervenire.
- ambito di consumazione  al di fuori dell’ambiente familiare, la condotta di
maltrattamenti può ben essere individuata nel mobbing, ossia quell’insieme di
comportamenti perpetrati in ambito lavorativo da parte di uno o più individui nei
confronti di un altro soggetto, prolungati nel tempo, lesivi della dignità personale,
della salute psico-fisica e della dignità professionale del lavoratore, esplicabili
attraverso abusi psicologici, angherie, vessazioni, emarginazioni, maldicenze, ecc.).

Dolo generico: coscienza e volontà di inflizione di una serie di sofferenze alla vittima
mediante una pluralità di episodi vessatori; è sufficiente che l’agente abbia la
consapevolezza dell’abitualità della sua condotta

 Maltrattamenti seguiti da suicidio della vittima

Al fine di stabilire se l’evento più grave sia causalmente riconducibile alla condotta di
maltrattamenti perpetrata dall’agente, si hanno due possibilità:
- se si considera il suicidio un atto autonomo e deliberato della vittima, questo
potrebbe configurare una causa interruttiva del nesso, in quanto da solo sufficiente a
determinare l’evento (v. art.41 comma 2)
- se il suicidio si considera una causa sopravvenuta, la stessa non andrebbe ad
interrompere il nesso causale e il delitto di maltrattamenti è da considerarsi aggravato
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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

dall’evento morte (v. art.41 comma 1), con relativo inasprimento sanzionatorio.
È fatto salvo l’accertamento della prevedibilità in concreto dell’evento più grave.

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REATI FALLIMENTARI (R.D. 267/1942 l.fall.)

Reati fallimentari  fatti commessi dall’imprenditore o altri soggetti qualificati, che


offendono gli interessi patrimoniali dei creditori o di parte di essi in seguito al
mancato soddisfacimento dei debiti maturati, nell’esercizio dell’attività d’impresa, a
carico dell’imprenditore medesimo.
Posto che nessuno può essere privato della propria libertà per il solo motivo di non
essere in grado di mantenere un impegno contrattuale, l’inadempimento di cui sopra
deve essere colpevole: la gestione d’impresa integrerà gli estremi di reato quando
condotta oltre i limiti leciti del rischio imprenditoriale, ossia in modo fraudolento o
manifestamente imprudente contro il patrimonio dei creditori.

Fallimento  procedura concorsuale attraverso la quale l’ordinamento giuridico


prende atto dell’incapacità imprenditoriale all’esercizio dell’impresa ed interviene in
modo da garantire la par condicio creditorum (salvaguardia del patrimonio
dell’impresa con conseguente equa distribuzione fra i diversi creditori).
Bene giuridico tutelato: patrimonio dei creditori. L’accertamento dell’effettiva
lesione di tale bene è necessario per poter affermare che il comportamento del
soggetto attivo sia realmente offensivo e dunque punibile.

Il soddisfacimento degli interessi patrimoniali si collega alla solvibilità e alla


capienza del patrimonio dell’imprenditore: l’obiettivo è garantire ai creditori la
corretta gestione dei beni di quest’ultimo che consenta la regolarità degli
adempimenti e la salvaguardia dei beni facenti parte della massa fallimentare.
Evento del reato  la sottrazione, totale o parziale, della garanzia del patrimonio del
debitore nei confronti del creditore, che abbia su di esso un effetto pregiudizievole
(insolvenza, dissesto o loro aggravamento). L’imprenditore infatti può aver causato o
contribuito a produrre il proprio fallimento, così causando l’ingiusto pregiudizio della
garanzia patrimoniale dei creditori.
La dichiarazione di fallimento può avvenire:
- dopo le condotte incriminate: in tal caso sarà considerato condizione obiettiva di
punibilità, poiché emergono ragioni di opportunità che portano la legge a considerare
punibili determinati fatti solo in presenza di una dichiarazione di fallimento che da
questi stessi fatti derivi.
- prima delle condotte incriminate: in tali situazioni (c.d. reati post-fallimentari) la
qualifica di fallito è un elemento della fattispecie criminosa nelle vesti di presupposto
della condotta.
Si tratta di reati propri funzionali: possono essere commessi solo da persone che

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rivestono una particolare qualifica, nonché in occasione di violazione di doveri o


abuso di poteri che la legge ascrive alla funzione da loro esercitata.

Art. 216 l.fall. – Bancarotta fraudolenta


“È punito con la reclusione da 3 a 10 anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore che
1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato, in tutto o in parte, i suoi
beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto
passività inesistenti;
2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a
sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre
scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del
patrimonio o del movimento degli affari.
La stessa pena si applica all’imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la
procedura fallimentare, commette uno dei fatti previsti dal n.1 del comma precedente
ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili.
È punito con la reclusione da 1 a 5 anni il fallito che, prima o durante la procedura
fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue
pagamenti o simula titoli di prelazione.
Salve le altre pene accessorie […], la condanna per uno dei fatti previsti nel presente
articolo importa per la durata di dieci anni l’inabilitazione all’esercizio di una
impresa commerciale e l’incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi
presso qualsiasi impresa.”

Il comportamento dell’imprenditore si sostanzia nella volontà di ingannare i creditori:


- in riferimento alla consistenza patrimoniale  comma 1, n.1, c.d. bancarotta
fraudolenta patrimoniale: il patrimonio viene diminuito e ridotto a vantaggio dello
stesso imprenditore o di altri soggetti;
- circa la trasparenza e la correttezza delle operazioni d’impresa  comma 1, n.2, c.d.
bancarotta fraudolenta documentale: l’inganno è incentrato sulla contabilità
d’impresa, che viene falsificata o distrutta dall’imprenditore per evitare che le sue
condotte vengano individuate.

L’offesa al patrimonio dell’imprenditore (che produce l’offesa ingiusta verso il


patrimonio dei creditori) può essere:
- reale  si verifica la produzione di un danno effettivo.
- fittizia  sovviene solo il rischio di pregiudizio ai creditori, in ogni caso
dissolvibile laddove si riescano ad individuare le manovre fraudolente
dell’imprenditore, con conseguente riemersione del patrimonio aggredibile.

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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

Condotte di bancarotta fraudolenta patrimoniale.


Distrazione: destinazione del patrimonio verso finalità diverse da quelle dell’impresa,
comprese le condotte predatorie di sottrazione di beni e di destinazione degli stessi a
finalità proprie e personali, con lo scopo di arrecare pregiudizio ai creditori (offesa
reale). Per giungere a configurare una frode nella gestione di tipo distrattivo occorre
che una certa operazione appaia del tutto anomala, cioè contraddistinta da
irragionevolezza e da una estraneità radicale a una corretta gestione imprenditoriale
che si preoccupi di evitare effetti pregiudizievoli per la garanzia patrimoniale dovuta
ai creditori.
Occultamento: condotta attiva di nascondimento dei beni patrimoniali, fisicamente
portati fuori dall’impresa o mediante artifici giuridici – intestazioni a terzi, false
vendite, ricavi in nero – al fine di non farli rientrare nell’attivo fallimentare (offesa
fittizia).
Dissimulazione: condotta omissiva di nascondimento dei beni patrimoniali, non
disvelati al fine di ostacolare la loro reperibilità (offesa fittizia).
Distruzione: eliminazione del bene dal patrimonio dell’impresa, in senso fisico o in
senso giuridico, ossia come deterioramento o perdita, anche parziale, del valore del
bene stesso (offesa reale).
Dissipazione: sperpero del valore patrimoniale tramite spese eccessive o altri impegni
economici, anche di pura sorte, effettuati in assenza di razionalità economica o di
ragioni imprenditoriali (offesa reale).
Simulazione di passività inesistenti: diminuzione del patrimonio che opera tramite
l’incremento simulato delle voci passive (offesa fittizia).

Oggetto materiale  beni: quel complesso di beni giuridici che fanno capo
all’imprenditore commerciale; tra questi rientrano i beni altrui, i beni provenienti
dalla procedura esecutiva, i beni immobili, tutto il patrimonio annesso e connesso alla
attività commerciale e suscettibile di valutazione economica. Sono esclusi i beni di
cui all’art.46 l.fall., ovvero quelli di natura strettamente personale.

Dolo generico: coscienza e volontà di distrazione, occultamento, dissimulazione,


distruzione o dissipazione dei beni dalle quali derivi una univoca ricaduta a danno
degli interessi dei creditori.
Dolo specifico: coscienza e volontà di simulazione di passività inesistenti più
coscienza e volontà di recare pregiudizio ai creditori tramite tale falso riconoscimento
contabile.
Non è configurabile il dolo eventuale.

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Condotte di bancarotta fraudolenta documentale.


Sottrazione: sparizione dei dati contabili, resi così indisponibili ai controlli in sede di
fallimento.
Distruzione: definitivo annullamento materiale delle scritture sempre con finalità di
impedimento dei controlli.
Falsificazione: creazione di scritture difformi dal reale.

Oggetto materiale  libri e scritture contabili, dichiarazione dei redditi, bilanci e tutti
i documenti attinenti alla ricostruzione dei movimenti contabili, sia di natura
obbligatoria che di natura facoltativa.
Bancarotta fraudolenta documentale  reato di danno.

Dolo specifico: coscienza e volontà di sottrazione, distruzione o falsificazione più


coscienza e volontà di rendere impossibile la ricostruzione patrimoniale e di recare
così pregiudizio ai creditori o di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto.
Non è configurabile il dolo eventuale.

Bancarotta fraudolenta successiva (comma 2): le condotte di fraudolenta offesa


patrimoniale o di manipolazione contabile vengono commesse dopo la dichiarazione
di fallimento – dunque durante la procedura concorsuale – all’insaputa e in danno
degli organi del fallimento.

Bancarotta fraudolenta preferenziale (comma 3): la condotta dell’imprenditore, che si


esplica prima della dichiarazione di fallimento o anche durante l’espletamento della
procedura concorsuale, è diretta ad alterare la par condicio creditorum, mediante
pagamenti a favore di singoli creditori e a danno di altri o tramite simulazione di titoli
di prelazione (vedi sotto).
Simulazione di titoli di prelazione: l’imprenditore debitore si accorda con un terzo
concedendogli fittiziamente una garanzia reale.

Dolo specifico: coscienza e volontà di esecuzione di pagamenti o simulazione di titoli


di prelazione più coscienza e volontà di comportamento diretto a favorire alcuni
creditori c.d. privilegiati a danno di altri c.d. chirografari.

Art. 217 l.fall. – Bancarotta semplice


“È punito con la reclusione da 6 mesi a 2 anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore
che, fuori dai casi previsti dall’articolo precedente:
1) ha fatto spese personali o per la famiglia eccessive rispetto alla sua condizione
economica;
2) ha consumato una notevole parte del suo patrimonio in operazioni di pura sorte o
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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

manifestamente imprudenti;
3) ha compiuto operazioni di grave imprudenza per ritardare il fallimento;
4) ha aggravato il proprio dissesto, astenendosi dal richiedere la dichiarazione del
proprio fallimento o con altra grave colpa;
5) non ha soddisfatto le obbligazioni assunte in un precedente concordato preventivo
o fallimentare.
La stessa pena si applica al fallito che, durante i tre anni antecedenti alla
dichiarazione di fallimento ovvero dall’inizio dell’impresa, se questa ha avuto
minore durata, non ha tenuto i libri o le scritture contabili prescritti dalla legge o li
ha tenuti in maniera irregolare o incompleta.
Salve le altre pene accessorie […], la condanna importa l’inabilitazione all’esercizio
di un’impresa commerciale e l’incapacità ad esercitare uffici direttivi presso
qualsiasi impresa fino a due anni.”

Anche questo, come il precedente, è un caso di bancarotta propria, in quanto il fatto è


commesso da parte dell’imprenditore individuale.

Condotte di bancarotta semplice patrimoniale.


Spesa eccessiva: pur essendo simile alla dissipazione di cui all’articolo precedente, se
ne discosta per la presenza di una causa razionale; la prima è dunque ingiustificata, la
spesa eccessiva invece comporta una violazione del dovere di continenza oltre il
normale, imposta da una particolare condizione patrimoniale a tutela dei creditori.
Operazioni di pura sorte o manifestamente imprudenti: atti attraverso i quali si rischia
una parte del proprio patrimonio per uno scopo che ha la sua base nella vita
economica dell’impresa, senza alcuna possibilità di predeterminazione dell’esito
dell’operazione (pura sorte) o con possibilità che alcuno degli elementi della stessa
operazione sia predeterminato dall’imprenditore (imprudenza manifesta).
Aggravamento del dissesto: aggravamento della situazione di illiquidità dell’impresa
dovuto a comportamento sconsiderato dell’imprenditore; il comportamento può
sostanziarsi in operazioni imprudenti considerando la situazione di pre-insolvenza o
insolvenza incipiente dello stesso, o nel ritardo della richiesta di dichiarazione di
fallimento o in azioni contraddistinte materialmente da altra grave colpa (ad es.
ricorso a credito usurario, assunzione di enormi impegni finanziari, ecc.).

Oggetto materiale  patrimonio (v. definizione “beni” bancarotta fraudolenta).

Condotte di bancarotta semplice documentale.


Irregolarità: le scritture non presentano i requisiti di regolarità formale e sostanziale
richiesti dalla legge e dagli usi commerciali.
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Incompletezza: sebbene formalmente regolari, le scritture sono lacunose o


intermittenti a causa della mancata registrazione di alcune operazioni.

Oggetto materiale  v. definizione sotto la voce di bancarotta fraudolenta, e infra.


Rispetto alla fattispecie fraudolenta, la bancarotta semplice documentale:
1- concerne soltanto le scritture obbligatorie;
2- sussiste soltanto entro un limite temporale;
Bancarotta semplice documentale  reato di pericolo presunto: secondo la
giurisprudenza dominante si configura per la semplice possibilità che l’omissione,
l’irregolarità o la incompletezza delle scritture contabili pregiudichi l’interesse dei
creditori ad una pronta ed esatta ricostruzione del patrimonio del fallito, senza che
rilevi la concreta sussistenza di un pericolo di sottrazione dell’attivo.

 Particolarità dell’elemento soggettivo della bancarotta semplice

In base all’art.42, comma 2 del codice penale, la punibilità a titolo di colpa di un


delitto dovrebbe sussistere solo se espressamente prevista, e nell’art. 217 l.fall. ciò
non avviene. La Cassazione ha però ritenuto che per “previsione espressa” non si
intenda “previsione esplicita”, sicché può ben darsi che la colpa sia prevista anche in
modo implicito, desumibile per via di interpretazione sistematica.
Si registrano comunque degli orientamenti così riassumibili:
- c.1 n°1: spesa eccessiva  indifferentemente sia dolo che colpa.
- c.1 n°2: operazioni di pura sorte o manifestamente imprudenti  colpa.
- c.1 n°3: operazioni di imprudente ritardo nella dichiarazione di fallimento  dolo.
- c.1 n°4: aggravamento del dissesto in vario modo  colpa.
- c.1 n°5: omesso adempimento di obbligazioni precedenti  colpa.
- c.2: bancarotta semplice documentale  indifferentemente sia dolo che colpa.

Da segnalare è che:
- al contrario delle ipotesi fraudolente, le quali necessitano di un dolo arricchito, la
bancarotta semplice prevede come titolo di imputazione soggettiva il dolo eventuale.
- il limite minimo della imputazione soggettiva risiede nella colpa grave.

In sintesi, si può dire che le due ipotesi di bancarotta, fraudolenta e semplice, si


ripartiscono due diverse forme di dolo:
1) necessariamente specifico o intenzionale per la forma fraudolenta;
2) sufficientemente eventuale per la forma meno grave di bancarotta semplice,
e che, dato il rapporto che si stabilisce psicologicamente tra il soggetto imprenditore
fallito e il rischio d’impresa gestito oltre i limiti consentiti:

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- vengono punite anche condotte non dolose nella forma meno grave di bancarotta;
- l’imputazione colposa sanzionabile deve possedere carattere di gravità.

Art. 223 l.fall. – Fatti di bancarotta fraudolenta


“Si applicano le pene stabilite nell’art.216 agli amministratori, ai direttori generali,
ai sindaci e ai liquidatori di società dichiarate fallite, i quali hanno commesso alcuno
dei fatti preveduti nel suddetto articolo.
Si applica alle persone suddette la pena prevista dal primo comma dell’art.216 se:
1) hanno cagionato o concorso a cagionare il dissesto della società, commettendo
alcuno dei fatti previsti dagli articoli 2621, 2622, 2626, 2627, 2628, 2629, 2632,
2633 e 2634 del codice civile;
2) hanno cagionato con dolo o per effetto di operazioni dolose il fallimento della
società.
Si applica altresì in ogni caso la disposizione dell’ultimo comma dell’art.216.”

È uno dei due casi di bancarotta impropria, ossia commessa da soggetti differenti
dall’imprenditore individuale ma comunque dotati di specifica qualifica all’interno
dell’impresa collettiva o societaria.

Bancarotta fraudolenta impropria & bancarotta fraudolenta propria:


1) propria  soggetto attivo imprenditore che agisce per se stesso;
impropria  soggetto attivo diverso dall’imprenditore che agisce per conto della
società.
2) propria  oggetto materiale è il patrimonio dell’imprenditore, inteso come
complesso dei beni oggetto della condotta criminosa e che a lui appartengono;
impropria  la titolarità dei beni oggetto del reato non è dei soggetti che realizzano
la condotta incriminata, ma dell’ente che essi rappresentano.
3) condotta incriminata della bancarotta impropria: rinvio ai fatti preveduti per la
bancarotta fraudolenta propria (comma 1).

Bancarotta da reato societario (comma 2, n°1).


È un reato peculiare ed esclusivo del fallimento di società. Occorre:
1) commissione di alcuno dei reati societari previsti dagli articoli del codice civile;
2) successiva dichiarazione di fallimento e dissesto societario;
3) nesso causale tra dissesto e condotte di reato societario.

Bancarotta preordinata (comma 2, n°2).


Ricorre quando la società è stata fatta deliberatamente fallire; il c.d. fallimento
pilotato rappresenta l’evento costitutivo del reato. La condotta criminosa si sostanzia

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in una serie non specificata di comportamenti, con ciò il legislatore volendo ampliare
l’area della condotta sanzionabile.

Elemento soggettivo:
1) bancarotta fraudolenta impropria ipotesi-base  v. art.216 l.fall.;
2) bancarotta da reato societario  ognuna delle fattispecie di reato societario
richiamate rinvia al dolo corrispondente;
3) bancarotta preordinata  il dolo viene nuovamente nominato tramite due
espressioni differenti:
- “con dolo”, è la classica ipotesi in cui il soggetto attivo ha coscienza e volontà che
la sua condotta produce il fallimento  dolo intenzionale;
- “per effetto di operazioni dolose”, denota l’ipotesi in cui il soggetto attivo realizza
dolosamente una operazione il cui effetto immediato potrebbe non essere il
fallimento, il quale potrebbe risultare solo come effetto ritardato, ma la non
immediatezza dell’effetto non esclude il dolo diretto nel senso di chi sia certo
dell’evento  dolo diretto (c.d. arricchito).

Art. 224 l.fall. – Fatti di bancarotta semplice


“Si applicano le pene stabilite nell’art.217 agli amministratori, ai direttori generali,
ai sindaci e ai liquidatori di società dichiarate fallite, i quali:
1) hanno commesso alcuno dei fatti preveduti nel suddetto articolo;
2) hanno concorso a cagionare o ad aggravare il dissesto della società con
inosservanza degli obblighi ad essi imposti dalla legge.”

È il secondo caso di bancarotta impropria.

Per quanto riguarda la condotta, l’articolo fa riferimento:


- ai fatti previsti nell’articolo della bancarotta semplice propria;
- al dissesto della società cagionato o aggravato per effetto dell’inosservanza degli
obblighi legali da parte di alcuno dei soggetti attivi e ad essi imposti.

Nonostante la forte analogia tra il comma 1, n°2 del presente articolo col comma 2,
n°2 dell’art.223 in quanto a condotta, evento pregiudizievole e nesso di causalità tra
questi, la differenza risiede nell’elemento soggettivo che li supporta:
- bancarotta impropria fraudolenta  dolo arricchito;
- bancarotta impropria semplice  dolo eventuale o colpa specifica.

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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

Art. 218 l.fall. – Ricorso abusivo al credito


“Gli amministratori, i direttori generali, i liquidatori e gli imprenditori esercenti una
attività commerciale che ricorrono o continuano a ricorrere al credito, anche al di
fuori dei casi di cui agli articoli precedenti, dissimulando il dissesto o lo stato
d’insolvenza sono puniti con la reclusione da 6 mesi a 3 anni. […].
Salve le altre pene accessorie […], la condanna importa l’inabilitazione all’esercizio
di un’impresa commerciale e l’incapacità ad esercitare uffici direttivi presso
qualsiasi impresa fino a tre anni.”

È reato di pericolo.

Ricorso al credito: va interpretato estensivamente come qualsiasi operazione di dare


correlata ad una restituzione (finanziamenti, prestiti, ecc.).
Dissimulazione: pur potendo essere accostata all’insolvenza fraudolenta, si tratta di
una forma di inganno ma non di artifizio o raggiro, i quali si configurerebbero solo in
caso di produzione di falsa documentazione; la condotta dissimulativa si sostanzia in
un mero atto di nascondimento o anche nel silenzio reticente o omissivo.

Dolo generico: coscienza e volontà di dissimulazione del proprio stato, di ricorso al


credito nonostante la situazione di dissesto/insolvenza.

Art. 219 l.fall. – Circostanze aggravanti e circostanza attenuante


“Nel caso in cui i fatti previsti negli articoli 216, 217 e 218 hanno cagionato un
danno patrimoniale di rilevante gravità, le pene da essi stabilite sono aumentate fino
alla metà.
Le pene stabilite negli articoli suddetti sono aumentate:
1) se il colpevole ha commesso più fatti tra quelli previsti in ciascuno degli articoli
indicati;
2) se il colpevole per divieto di legge non poteva esercitare un’impresa commerciale.
Nel caso in cui i fatti indicati nel primo comma hanno cagionato un danno
patrimoniale di speciale tenuità, le pene sono ridotte fino al terzo.”

Pluralità di fatti commessi: anche se la disposizione si configura come circostanza


aggravante, il risultato pratico è quello di alleggerire il trattamento sanzionatorio.
1- se il fallito pone in essere più condotte omogenee e unitarie, vi sarà un’unica
fattispecie di bancarotta sin dal principio  nessuna aggravante (es: più fatti
distrattivi di un unico disegno criminoso).
2- se le condotte poste in essere sono molteplici, disomogenee, ma alternative tra loro
secondo la formulazione della norma, si ricade nell’unificazione prevista dall’articolo
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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

in questione  aggravante di cui all’art.219, comma 2, n°1 (es: simulazione di titoli


di prelazione e occultamento/dissimulazione di beni).
3- se le condotte assunte saranno molteplici, disomogenee e anche previste in
fattispecie diverse, si ricade nel caso del cumulo materiale  normale disciplina del
concorso di reati, con pena più grave di quella che si otterrebbe dall’art.219 (es:
condotte integranti i reati di bancarotta fraudolenta e di bancarotta semplice).

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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

REATI CONTRO L’ECONOMIA (D.LGS. 58/1998 T.U.F.)

Abusi di mercato  ipotesi in cui i risparmiatori, che hanno investito le proprie


risorse nei mercati finanziari, subiscono, direttamente o indirettamente, le
conseguenze negative del comportamento di altri soggetti i quali, mediante
operazioni illecite, utilizzano a vantaggio proprio o altrui, informazioni non
accessibili al pubblico oppure hanno divulgato informazioni false ed ingannevoli o
manipolato il meccanismo di determinazione del prezzo degli strumenti finanziari.

Art. 184 TUF – Abuso di informazioni privilegiate (c.d. insider trading)


“È punito con la reclusione da 1 a 6 anni e con la multa da 20.000 euro a 3 milioni
di euro chiunque, essendo in possesso di informazioni privilegiate in ragione della
sua qualità di membro di organi di amministrazione, direzione o controllo
dell’emittente, della partecipazione al capitale dell’emittente, ovvero dell’esercizio di
un’attività lavorativa, di una professione o di una funzione, anche pubblica, o di un
ufficio:
a) acquista, vende o compie altre operazioni, direttamente o indirettamente, per
conto propri o per conto di terzi, su strumenti finanziari utilizzando le informazioni
medesime;
b) comunica tali informazioni ad altri, al di fuori del normale esercizio del lavoro,
della professione, della funzione o dell’ufficio;
c) raccomanda o induce altri, sulla base di esse, al compimento di taluna delle
operazioni indicate nella lettera a. […]”

Bene giuridico tutelato: interesse degli investitori ad un’informata e consapevole


gestione patrimoniale.
Occorre evitare di rinchiudersi in ricostruzioni formalistiche, facendo riferimento a
concetti come il corretto funzionamento del mercato, il regolare svolgimento delle
operazioni finanziarie, il normale andamento del corso dei titoli, l’integrità del
mercato, et similia. Tant’è vero che:
- il reato non si configura per l’omessa comunicazione al pubblico del dato appreso,
ma esige lo sfruttamento abusivo dell’informazione rilevante;
- l’uso dell’informazione è precluso non solo al possessore, ma anche al titolare della
notizia, la quale non assurge a patrimonio di alcun singolo.

È un reato funzionale  esige l’abuso di un potere e/o la violazione di un dovere


scaturente dall’esercizio di funzioni, pubbliche o private; non esiste un elemento di
disvalore riferibile in sé e per sé ad una condotta contrastante con la corretta
esecuzione di determinate mansioni (“in ragione”, non “in violazione” nel testo).
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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

Soggetti del reato:


1- insider c.d. primario  organi di amministrazione, controllo o direzione
dell’emittente, che possiedono informazioni privilegiate in virtù della loro qualifica.
2- investitori  serie indeterminata di soggetti il cui patrimonio viene offeso.

Informazione privilegiata: informazione di carattere preciso, che non è stata resa


pubblica, riguardante una o più emittenti di strumenti finanziari o uno o più strumenti
finanziari, che, se resa pubblica, potrebbe influire in modo sensibile sui loro prezzi in
conseguenza della valutazione media di un investitore ragionevole.
* Art. 181 TUF – Informazione privilegiata
“Ai fini del presente titolo per informazione privilegiata si intende un'informazione di carattere
preciso, che non è stata resa pubblica, concernente, direttamente o indirettamente, uno o più
emittenti strumenti finanziari o uno o più strumenti finanziari, che, se resa pubblica, potrebbe
influire in modo sensibile sui prezzi di tali strumenti finanziari. […].
Un'informazione si ritiene di carattere preciso se:
a) si riferisce ad un complesso di circostanze esistente o che si possa ragionevolmente prevedere
che verrà ad esistenza o ad un evento verificatosi o che si possa ragionevolmente prevedere che si
verificherà;
b) è sufficientemente specifica da consentire di trarre conclusioni sul possibile effetto del complesso
di circostanze o dell'evento di cui alla lettera a) sui prezzi degli strumenti finanziari. […].
Per informazione che, se resa pubblica, potrebbe influire in modo sensibile sui prezzi di strumenti
finanziari si intende un'informazione che presumibilmente un investitore ragionevole utilizzerebbe
come uno degli elementi su cui fondare le proprie decisioni di investimento.”

Strumenti finanziari: sono elencati nel comma 2 dell’art.1 del TUF; si sostanziano in
azioni e altri titoli rappresentativi di capitale di rischio, obbligazioni e Titoli di Stato,
altri titoli di debito negoziabili sul mercato dei capitali, quote di fondi comuni di
investimento, titoli di mercato monetario, contratti futures, contratti swap, contratti a
termine, contratti di opzione, combinazioni di contratti e titoli citati.

Condotte d’abuso.
1- conclusione di operazioni  è necessario che l’insider perfezioni l’operazione
dopo aver appreso la notizie e propter hoc, ossia servendosene poiché il suo abuso è
determinante per la scelta di concludere l’operazione stessa.
2- comunicazione delle informazioni  si intende il trasferimento, dall’uno all’altro
soggetto, dei dati contenutistici che ne segnano la rilevanza sul piano economico; è
esclusa dall’ambito dell’illecito la notizia comunicata nel normale esercizio del
lavoro, della professione, della funzione o dell’ufficio, con ciò intendendosi ogni
condotta retta da giustificato motivo o espressamente consentita da altre norme.
3- raccomandazione/induzione  deve produrre sia l’evento psicologico interno al

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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

destinatario, sia l’esito materiale esterno della specifica operazione raccomandata,


vero punto di partenza per la ricostruzione della sussistenza di una condotta vietata.

Dolo generico: coscienza e volontà del carattere privilegiato dell’informazione e


della situazione possessoria della stessa, di sfruttamento abusivo dell’informazione.

Illecito amministrativo  art.187bis TUF


L’articolo configura la versione da illecito amministrativo del reato di abuso di
informazioni privilegiate e viene punito solo con sanzione pecuniaria (stessa cornice
edittale della multa di cui all’art.184 TUF). Le condotte incriminate ricalcano quelle
precedentemente viste.
Note differenziali:
1- “La sanzione prevista al comma 1 si applica anche a chiunque, in possesso di
informazioni privilegiate, conoscendo o potendo conoscere in base ad ordinaria
diligenza il carattere privilegiato delle stesse, compie taluno dei fatti ivi descritti.”.
Il comma 4 dell’art.187bis TUF estende la possibilità di irrogare la sanzione
amministrativa all’insider c.d. secondario.
2- “Per le fattispecie previste dal presente articolo il tentativo è equiparato alla
consumazione.”. Il comma 6 dell’art.187bis TUF anticipa la soglia punitiva.
3- L’illecito amministrativo in questione è un delitto colposo, stante il principio
generale che vuole che questa categoria di illeciti venga punita anche a tale titolo
d’imputazione soggettiva, salvo che dalla legge si ricavi la volontà di limitarlo al
dolo.

Art. 185 TUF – Manipolazione del mercato


“Chiunque diffonde notizie false o pone in essere operazioni simulate o altri artifizi
concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti
finanziari, è punito con la reclusione da 1 a 6 anni e con la multa da 20.000 euro a 5
milioni di euro. […].”

In generale, per manipolazioni del mercato si intendono tutti quei comportamenti


messi in atto su strumenti finanziari e che sono atti a mistificare in qualsiasi maniera
la realtà. Ci sono altre norme che, di concerto con l’art.185 TUF, regolano la materia,
ripartendo il sistema in base alle caratteristiche dell’oggetto materiale del reato:

A) Art. 501 c.p. – Rialzo e ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercato
o nelle borse di commercio  punisce la diffusione di notizie false, esagerate
o tendenziose e l’utilizzo di artifici idonei a influire sul prezzo di merci e valori
ammessi alle liste di borsa o negoziabili nel pubblico mercato, con riferimento
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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

a una manovra speculativa connotata da specifica finalità. (“Chiunque, al fine


di turbare il mercato interno dei valori, pubblica o altrimenti divulga notizie
false, esagerate o tendenziose o adopera altri artifici atti a cagionare un
aumento o una diminuzione del prezzo delle merci, ovvero dei valori ammessi
nelle liste di borsa o negoziabili nel pubblico mercato, è punito con la
reclusione fino a 3 anni e con la multa da 516 euro a 25.822 euro.”).
B) Art. 2637 c.c. – Aggiotaggio  punisce l’aggiotaggio su strumenti finanziari
non quotati e la turbativa dell’affidamento nella stabilità di banche o gruppi
bancari. (“Chiunque diffonde notizie false, ovvero pone in essere operazioni
simulate o altri artifici concretamente idonei a provocare una sensibile
alterazione del prezzo di strumenti finanziari non quotati o per i quali non è
stata presentata una richiesta di ammissione alle negoziazioni in un mercato
regolamentato, ovvero ad incidere in modo significativo sull’affidamento che il
pubblico ripone nella stabilità patrimoniale di banche o di gruppi bancari, è
punito con la pena della reclusione da 1 a 5 anni.”).
C) Art. 185 TUF – Manipolazione del mercato  vieta condotte corrispondenti
a quelle descritte nell’art.2637 del codice civile, ma che abbiano ad oggetto
strumenti quotati o per i quali sia stata presentata richiesta di ammissione alla
negoziazione di un mercato regolamentato.
D) Art. 187ter TUF – Manipolazione del mercato (illecito amministrativo) 
mira a punire manovre di carattere artificioso su strumenti finanziari (vedi
infra).

Bene giuridico tutelato.


Vi è l’idea che l’offesa ricada sulla corretta formazione dei prezzi dei titoli oppure
sull’equilibrio del mercato; in realtà espressioni come queste possono al massimo
ritenersi riassuntive dei contenuti delle fattispecie o di singoli elementi di esse, senza
poterne ricavare alcun dato utile per la ricostruzione concreta dell’offesa tipica.

Condotte manipolative.
Diffusione di notizie false (manipolazione informativa)  nei termini della rilevanza
economica della informazione, falsa è la notizia difforme dal vero, che si rivolge al
pubblico o ad una sfera sufficientemente ampia di destinatari; è ammessa la qualifica
di falsità anche in rapporto ad una informazione omessa, qualora ci fossero obblighi
di comunicazioni in capo al soggetto attivo, oppure reticente, cioè che ometta dati
ritenuti essenziali; dall’informazione reticente va tenuta distinta quella negativa, ossia
quella che neghi situazioni o dati di fatto esistenti, che può risultare falsa nella misura
in cui la negazione di un dato sia idonea a determinare l’evento di reato.
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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

Operazioni simulate (manipolazione operativa)  consiste nella conclusione di vere


e proprie operazioni di natura simulata o artificiosa, con ciò intendendosi operazioni
che abbia tali caratteristiche a livello oggettivo, le quali consentano di alterare, per
ragioni di modo, tempo e luogo, il normale gioco tra domanda e offerta: ciò vuol dire
che anche un mezzo lecito nel suo schema fondamentale deve essere ritenuto
artificioso se utilizzato per produrre in ogni caso un certo andamento del prezzo.

Dolo generico: coscienza e volontà di condotta manipolativa informativa ovvero


operativa, dell’idoneità di questa a provocare l’alterazione del prezzo di strumenti
finanziari.
Non è configurabile il dolo eventuale.

Illecito amministrativo  Art. 187ter TUF


“ […] Salve le sanzioni penali quando il fatto costituisce reato, è punito con la
sanzione amministrativa pecuniaria di cui al comma 1 chiunque pone in essere:
a) operazioni od ordini di compravendita che forniscano o siano idonei a fornire
indicazioni false o fuorvianti in merito all'offerta, alla domanda o al prezzo di
strumenti finanziari;
b) operazioni od ordini di compravendita che consentono, tramite l'azione di una o di
più persone che agiscono di concerto, di fissare il prezzo di mercato di uno o più
strumenti finanziari ad un livello anomalo o artificiale;
c) operazioni od ordini di compravendita che utilizzano artifizi od ogni altro tipo di
inganno o di espediente;[…].
Per gli illeciti indicati al comma 3, lettere a) e b), non può essere assoggettato a
sanzione amministrativa chi dimostri di avere agito per motivi legittimi e in
conformità alle prassi di mercato ammesse nel mercato interessato.”

L’articolo configura la versione da illecito amministrativo del reato di manipolazione


di mercato e viene punito solo con sanzione pecuniaria (stessa cornice edittale della
multa di cui all’art.185 TUF).
La particolarità di questo illecito risiede nel fatto che il legislatore ha tipizzato i
connotati oggettivi delle operazioni e degli ordini vietati, vincolandoli ad:
1- un contenuto positivo  comma 3, lettere a, b, c:
- a) è l’idoneità a fornire indicazioni false e fuorvianti sulla domanda, sull’offerta o
sul prezzo a decretare la possibile illiceità di operazioni o ordini sulla carta consentiti;
- b) l’azione concentrata di più persone tesa a fissare un prezzo anomalo o
artificiale disvela nell’operazione eseguita uno strumento speculativo da sanzionare;
- c) viene previsto un mezzo artificioso o ingannatorio o il ricorso a espedienti.

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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

2- un contenuto negativo  comma 4:


- motivazione legittima: deriva dal senso economico complessivo della condotta
tenuta dal singolo operatore di mercato;
- conformità alla prassi: l’ammissione dipende dalla delibera della Consob.

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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

REATI CONTRO LA FEDE PUBBLICA (Titolo VII)

Bene giuridico tutelato: fede pubblica.


- dottrina risalente  oggetto giuridico unico: fede pubblica come fiducia che la
collettività ripone negli oggetti, segni e forme esteriori ai quali l’ordinamento
giuridico riconosce valore probatorio;
- evoluzione dottrina maggioritaria  oggetto giuridico unico: fede pubblica come
genuinità e veridicità dei mezzi di prova (il segno esteriore in sé e per sé considerato);
- dottrina più recente  oggetto giuridico plurimo: fede pubblica come fiducia e
sicurezza nelle relazioni giuridiche + interesse specifico di volta in volta tutelato dalla
necessaria genuinità e veridicità dei mezzi di prova.
Alla base di quest’ultima teoria sta l’idea che chiunque realizzi una condotta di falso,
oltre ad offendere la fede pubblica, agisce per uno scopo ulteriore che si eleva a vero
obiettivo dell’attività criminosa nel caso concreto: l’interesse generale alla pubblica
fede è quindi funzionale alla tutela dell’interesse specifico collegata alla
falsificazione del mezzo probatorio.
Non è però esente da critiche: infatti non sempre risulta possibile individuare, in via
preliminare, i singoli interessi garantiti dai mezzi probatori, soprattutto dai
documenti. Inoltre l’offesa al bene giuridico specifico varierebbe da fatto a fatto, con
potenziale violazione del principio di legalità e manipolazione del tipo legale in sede
interpretativa giudiziale.
- teoria della seriazione dei beni giuridici  distinzione fondamentale tra:
1- beni giuridici finali: la loro tutela si giustifica in sé;
2- beni giuridici strumentali: tutelati solo in vista di un’ulteriore entità.
Questa teoria prospetta un rapporto di seriazione tra la fede pubblica come bene
giuridico strumentale alla tutela di un bene giuridico diverso e finale, nel quale
risiede concretamente il disvalore di evento, non ravvisabile invece nella semplice
violazione di norme penali a difesa del bene strumentale.
Perché un fatto possa ritenersi penalmente rilevante è necessario che esso si sostanzi
anche nell’offesa del bene tutelato; sulla base di tale principio, l’interprete dovrà
individuare esattamente il bene giuridico che il legislatore ha inteso proteggere
tramite l’introduzione di una determinata figura di reato, e in secondo luogo
verificare se quel ben sia stato leso o minacciato dalla condotta posta in essere.
In sintesi, il vero momento finale della tutela nei delitti di falso è rappresentato da
quell’interesse tutelato dalla funzione probatoria del documento:
a) lesione della funzione probatoria documentale come bene intermedio;
b) particolare modalità della condotta come suo disvalore;
c) offesa di un interesse sostanziale come bene finale (disvalore di evento).

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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

Falso: tutto ciò che è contrario al vero, ma che si presenta in modo tale da sembrarlo.

Casi di falsità non punibili: ricade nella sfera di sanzionabilità soltanto la falsità
idonea ad ingannare la generalità delle persone, facendo loro credere alla genuinità o
alla veridicità dell’oggetto, del segno, del documento, ecc., in realtà non genuino o
non veritiero; tollerabili, quindi penalmente irrilevanti, sono:
- falso grossolano  azione inidonea all’offesa del bene protetto in quanto
immediatamente riconoscibile e macroscopicamente rilevabile; è dunque necessario:
a) che la falsità appaia senza alcuna indagine supplementare;
b) che sia percepibile da chiunque e non soltanto da un esperto;
c) che sia ravvisabile anche in circostanze di intensa attività o di disattenzione.
L’inidoneità della condotta va valutata ex ante, poiché se la falsità non ha prodotto
l’inganno ma per le particolari capacità del destinatario dell’atto, allora ciò non può
incidere sulla punibilità.
- falso innocuo  azione inidonea alla produzione del risultato tipico dell’alterazione
o della contraffazione in quanto, pur astrattamente idonea, non lo è nel caso concreto.
- falso inutile  azione inidonea all’effetto di falsificazione per l’inesistenza assoluta
dell’oggetto materiale della stessa condotta di falsità.

È, peraltro, evidente che soltanto i principi elaborati dalla giurisprudenza possono


fornire criteri unitari per tutte le figure di falso, criteri del resto strettamente aderenti
al dettato dell’art. 49, cui si ispirano.

In applicazione di tali criteri, dunque, si può concludere nel senso che:


- la falsità sussiste sempre nel caso in cui la vittima predestinata sia stata tratta in
inganno;
- quando la vittima, invece, non è stata ingannata, per escludere il delitto ex art. 49,
occorre che il falso stesso, per il suo modo di presentarsi, per l’esistenza di
grossolane differenze, deformazioni o evidenti alterazioni oppure per inesistenza
dell’oggetto, non sia idoneo in modo assoluto ad ingannare nessun’altra persona.
* Art. 49 – Reato erroneamente supposto e reato impossibile
“ […] La punibilità è […] esclusa quando, per la inidoneità dell’azione o per la inesistenza
dell’oggetto della stessa, è impossibile l’evento dannoso o pericoloso.”

Le falsità in atti.
- orientamento risalente  binomio esteriorità-contenuto:
1- l’offesa alla forma esteriore dell’atto, riconoscibile attraverso segni esterni,
veniva fatta rientrare nell’alveo della falsità materiale.
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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

2- l’offesa al contenuto di un atto materialmente integro, non riconoscibile


esteriormente, veniva catalogata tra le falsità ideologiche.
- orientamento attuale  le falsità intaccano due sfere di verità diverse:
1- genuinità, dalla cui offesa deriva la falsità materiale in atti e si concreta nella
dissociazione tra autore apparente e autore reale dell’atto (la falsificazione porta ad
attribuire la paternità di un atto a un soggetto diverso dall’autore reale);
2- veridicità, dalla cui offesa deriva la falsità ideologica in atti ed è ravvisabile
nell’alterazione del contenuto ideologico-intellettuale dell’atto, del suo significato
rappresentativo (es: il pubblico ufficiale che attesta come avvenuti in sua presenza
fatti che in realtà non si siano verificati dinanzi a lui, ovvero che dichiara come rese o
non rese dichiarazioni che invece determinati soggetti non gli hanno o gli hanno
effettivamente reso).
- indirizzo normativo  le falsità documentali presuppongono un dovere giuridico di
correttezza nella formazione dell’atto, quindi la distinzione deve fondarsi sulla
diversa struttura del dovere giuridico violato che qualifica la condotta falsificatoria:
A) rapporto tra chi redige il documento e momento della falsificazione:
1- falso materiale si ravvisa nelle falsificazioni successive alla redazione del
documento, frutto di una condotta che viola l’obbligo di lasciare immutato lo stato
delle cose inerenti ai documenti;
2- falso ideologico, invece, si avrebbe nelle falsificazioni aventi ad oggetto la
violazione dell’obbligo di veritiera attestazione posto in capo al soggetto redigente.
B) esistenza o meno della legittimazione all’esercizio dei poteri documentali:
1- nel falso ideologico appare centrale la violazione dei doveri inerenti l’esercizio
delle proprie funzioni, dunque il nucleo di disvalore della condotta risiede nella
infedeltà che determina la formazione di un atto diverso da quello che in origine
doveva essere redatto (es: il pubblico ufficiale che, pur possedendo i poteri necessari
alla redazione dell’atto, ne abusa, contravvenendo ai doveri funzionali attestando fatti
non conformi al vero);
2- nel falso materiale, pur essendo parimenti ravvisabile l’infedeltà del soggetto
agente, si registra la totale assenza delle condizioni che legittimano l’uso attuale dei
poteri documentali (es: il pubblico ufficiale che, pur essendo astrattamente titolare del
potere di formare l’atto, agisce in assenza di presupposti di legittimazione all’utilizzo
di detto potere, e dunque l’atto è falso per il solo fatto di essere stato redatto).

Oggetto materiale dei reati di falso  documento.


1- estrinsecazione di un pensiero: qualunque dichiarazione di volontà o di verità che
sia destinata alla prova di una pretesa o di un diritto, incorporata, attraverso la
scrittura, in qualsiasi base materiale che le conferisca durata;

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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

2- riconducibilità ad un autore: è necessaria la riconoscibilità della provenienza del


documento e a tal fine è richiesta la sottoscrizione, la quale riveste la duplice
funzione di individuare l’autore del contenuto del documento e anche colui che
assume la paternità della scrittura (autore del contenuto e redattore del documento
spesso non coincidono);
3- rilevanza giuridica: al momento della falsificazione, in relazione alle funzioni e
agli scopi svolti dal singolo atto, quest’ultimo deve acquistare rilievo rispetto allo
svolgimento delle relazioni giuridiche sottostanti (la rilevanza penale del falso
sarebbe esclusa soltanto in presenza di un atto inesistente, sempre che l’inesistenza o
l’invalidità non siano conseguenza della falsificazione).

Art. 476 – Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici
“Il pubblico ufficiale che, nell’esercizio delle sue funzioni, forma, in tutto o in parte,
un atto falso o altera un atto vero, è punito con la reclusione da 1 a 6 anni.
Se la falsità concerne un atto o parte di un atto, che faccia fede fino a querela di
falso, la reclusione è da 3 a 10 anni.”

Atto pubblico.
- codice civile  documento redatto, con prescritte formalità, da un pubblico
ufficiale che esercita un potere di certificazione, capace di dare certezza assoluta alla
dichiarazione e che fa fede fino a querela di falso
*Art. 2699 c.c. – Atto pubblico
“L’atto pubblico è il documento redatto, con le richieste formalità, da un notaio o da altro pubblico
ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo dove l’atto è formato.”
* Art. 2700 c.c. – Efficacia dell’atto pubblico
“L’atto pubblico fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal
pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il
pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti.”
- codice penale  qualsiasi documento che il pubblico agente forma nell’esercizio
delle sue funzioni o attribuzioni (v.artt.357-358). Dunque:
1- il requisito dell’efficacia probatoria fino a querela di falso del documento, viene
preso in considerazione solo come circostanza aggravante speciale di cui al comma 2,
non rilevando come requisito essenziale dell’atto pubblico a fini penali.
2- esistono atti pubblici suscettibili di falsificazione penalmente rilevante, anche se
formati da soggetti diversi dai pubblici ufficiali in senso stretto:
Art. 493 – Falsità commesse da pubblici impiegati incaricati di pubblico servizio
“Le disposizioni degli articoli precedenti sulle falsità commesse dai pubblici ufficiali si
applicano altresì agli impiegati dello Stato, o di un altro ente pubblico, incaricati di un

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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

pubblico servizio, relativamente agli atti che essi redigono nell’esercizio delle loro
attribuzioni.”

Formazione di atto falso: il pubblico ufficiale realizza un atto prima inesistente, ma in


assenza delle condizioni di legittimazione all’utilizzo dei poteri certificativi.
Alterazione di atto vero: il pubblico ufficiale modifica alcune parti costitutive di un
documento preesistente, ma in difetto della legittimazione all’esercizio dei poteri con
riferimento a quelle parti; l’alterazione deve essere in grado di incidere sul significato
del documento (non è punibile una semplice correzione di errori materiali, risiedendo
in ciò la volontà, in capo all’agente, di perfezionare l’atto); modalità di alterazione:
- soppressione di una parte della dichiarazione preesistente;
- aggiunta di una dichiarazione;
- sostituzione e soppressione.

Atto fidefacente: documento il cui contenuto fa fede fino a riconoscimento o


accertamento giudiziale che lo priva di tale idoneità; la tutela rafforzata di cui gode
questo tipo di atto si collega alla sua destinazione probatoria genetica, tale da
produrre effetti in termini di prova legale in sede processuale.

Dolo generico: coscienza e volontà di falsificazione formativa o alterativa dell’atto


redatto o modificato nell’esercizio delle pubbliche funzioni.

Art. 477 – Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in certificati o


spazio per autorizzazioni amministrative
“Il pubblico ufficiale che, nell’esercizio delle sue funzioni, contraffà o altera
certificati o autorizzazioni amministrative, ovvero, mediante contraffazione o
alterazione, fa apparire adempiute le condizioni richieste per la loro validità, è
punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni.”

Certificato  documento col quale la pubblica amministrazione attesta la sussistenza


di circostanze di fatto o di diritto riferibili alla persona cui è intestato; ha una efficacia
meramente dichiarativa, trattandosi di attestazioni di verità nelle quali il pubblico
ufficiale attesta quanto non è stato da lui compiuto né caduto sotto la sua diretta
percezione, ma che a lui risulta da una situazione preesistente.
Autorizzazione  atto diretto a permettere l’esercizio di un diritto c.d. in attesa di
espansione o di una facoltà, rimuovendo in via permanente o temporanea
l’impedimento legale fino a quel momento frapposto e avente effetti limitativi.

Contraffazione  riproduzione di un documento in modo del tutto simile a quello


originale, al fine di trarre in inganno sulla sua essenza.
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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

Alterazione  modificazione dell’aspetto, della sostanza o della natura del


documento di certificazione, autorizzazione ovvero di adempimento delle condizioni
per la loro validità.

Condizioni di validità  ci si riferisce ai c.d. elementi complementari, i quali per


legge devono accompagnare il rilascio di atti di per sé già perfetti (ad es. vidimazioni,
pagamenti di tasse, legalizzazioni di firme, ecc.).

Dolo generico: coscienza e volontà di contraffazione/alterazione di certificati o


autorizzazioni amministrative ovvero di documenti che accedono a fini di
convalidazione degli atti citati, nell’esercizio delle pubbliche funzioni.

Art. 478 – Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in copie autentiche
spazio peridi atti pubblici o privati e in attestati del contenuto di atti
“Il pubblico ufficiale che, nell’esercizio delle sue funzioni, supponendo esistente un
atto pubblico o privato, ne simula una copia e la rilascia in forma legale, ovvero
rilascia una copia di un atto pubblico o privato diversa dall’originale, è punito con
la reclusione da 1 a 4 anni.
Se la falsità concerne un atto o parte di un atto che faccia fede fino a querela di falso
la reclusione è da 3 a 8 anni.
Se la falsità è commessa dal pubblico ufficiale in un attestato sul contenuto di atti,
pubblici o privati, la pena è della reclusione da 1 a 3 anni.”

Copia autentica o conforme  riproduzione fedele e autentica di un documento,


attraverso qualunque mezzo, integralmente o parzialmente, ad opera di autorità che
abbia il potere di attestare l’identità della copia rispetto all’originale riprodotto.
Attestato sul contenuto di atti  atto rilasciato da un pubblico ufficiale che certifica
l’esistenza di un altro atto e ne riproduce in forma sintetica o parziale il contenuto.

Rilascio  immissione dell’atto nel traffico giuridico-economico; è necessario ai fini


della consumazione del reato.

Modalità di condotta.
- rilascio in forma legale di copia simulata: l’atto pubblico o privato che viene
simulato e rilasciato viene supposto come esistente; qualora l’originale, pur esistente,
non fosse più reperibile, la falsa copia redatta dal pubblico ufficiale sarebbe punibile
come falso atto pubblico formato ex novo, ossia ai sensi dell’art.476;
- rilascio di copia diversa dall’originale: al contrario della prima ipotesi, in cui l’atto è
inesistente, in questo caso l’atto esiste, ma la copia è difforme dall’originale;
- rilascio di falso attestato sul contenuto di atti.
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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

Dolo generico: coscienza e volontà di falsificazione in copia conforme o di attestato


sul contenuto di atti, nell’esercizio delle pubbliche funzioni.

Art. 479 – Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici
“Il pubblico ufficiale che, ricevendo o formando un atto nell’esercizio delle sue
funzioni, attesta falsamente che un fatto è stato da lui compiuto o è avvenuto alla sua
presenza, o attesta come da lui ricevute dichiarazioni a lui non rese, ovvero omette o
altera dichiarazioni da lui ricevute, o comunque attesta falsamente fatti dei quali
l’atto è destinato a provare la verità, soggiace alle pene stabilite nell’articolo 476.”

Modalità di condotta  sono tutte accomunate dal fatto che l’atto, pur genuino
perché proveniente effettivamente dal suo autore, non è veridico, poiché contenente
dichiarazioni menzognere.
- falsa attestazione di un fatto compiuto dal pubblico ufficiale ovvero avvenuto in sua
presenza;
- attestazione di ricezione di dichiarazioni in realtà non rese a lui;
- omissione di dichiarazioni da lui ricevute: trattandosi di condotta omissiva prevista
in modo esplicito dal legislatore, è necessario che sussista, in capo al pubblico
ufficiale e ai fini dell’integrazione del reato, un obbligo di attestazione di verità);
- alterazione di dichiarazioni da lui ricevute;
- falsa attestazione di tutti i fatti la cui verità è comprovata dall’atto così viziato: per
fatto si intende tutto ciò che rientra nella diretta percezione sensoria del pubblico
ufficiale e che è suscettibile di prova storica attraverso la sua attestazione.

Falso ideologico in rapporto ad alcuni atti  L’immutatio veri in senso proprio può
essere ipotizzata solo rispetto a un tipo di atto che abbia un contenuto narrativo, ossia
che contenga una dichiarazione di verità circa un fatto giuridicamente rilevante e che,
come tale, è suscettibile di essere predicata in termini di vero-falso. Sennonché:
- atto dispositivo  delibera che esprime la volontà negoziale di un organo
amministrativo: questo tipo di atto ha contenuto performativo, ossia contenente
dichiarazioni produttive di effetti giuridici in sé e per sé; la falsità ideologica è
configurabile ove questo atto contenga in via esplicita la falsa attestazione circa
l’esistenza di presupposti di fatto che costituiscono la premessa per l’emanazione
dell’atto stesso.
- atto valutativo  atti strumentali che si traducono in manifestazioni di giudizio; il
falso ideologico risulta configurabile laddove l’atto risulti diretto ad accertare
accadimenti o comunque circostanze direttamente percepite dal pubblico ufficiale
senza che di esse debba essere fornito alcun apprezzamento, ed egli le riporti in modo
non veridico nell’atto redatto.

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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

Dolo generico: coscienza e volontà di attestazione difforme dal vero ovvero di


contravvenzione all’obbligo di attestare il vero, nell’esercizio delle pubbliche
funzioni.

Art. 480 – Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in certificati o in


spazio per autorizzazioni amministrative
“Il pubblico ufficiale che, nell’esercizio delle sue funzioni, attesta falsamente, in
certificati o autorizzazioni amministrative, fatti dei quali l’atto è destinato a provare
la verità, è punito con la reclusione da 3 mesi a 2 anni.”

In merito a false attestazioni, concetto di certificati/autorizzazioni amministrative,


portata generale del concetto di fatti, vedi articoli precedenti.

Dolo generico: coscienza e volontà di falsa attestazione, negli atti amministrativi


riportati e dunque nell’esercizio di pubbliche funzioni, di fatti la cui verità è
comprovata dall’atto così viziato.

Art. 481 – Falsità ideologica in certificati commessa da persone esercenti un


spazio per servizio di pubblica necessità
“Chiunque, nell’esercizio di una professione sanitaria o forense, o di un altro
servizio di pubblica necessità, attesta falsamente, in un certificato, fatti dei quali
l’atto è destinato a provare è la verità, è punito con la reclusione fino a 1 anno o con
la multa da 51 euro a 516 euro.
Tali pene si applicano congiuntamente se il fatto è commesso a scopo di lucro.”

Servizio di pubblica necessità  attività esercitata da privati, in nome e per conto


proprio, svincolata a livello soggettivo da legami con la Pubblica Amministrazione,
ma che oggettivamente si caratterizza in quanto diretta a soddisfare un bisogno o un
interesse pubblico e in virtù di ciò sottoposta a controllo da parte dello Stato.
*Art. 359 – Persone esercenti un servizio di pubblica necessità
“[…] Sono persone che esercitano un servizio di pubblica necessità:
1) i privati che esercitano professioni forensi o sanitarie, o altre professioni il cui esercizio sia per
legge vietato senza una speciale abilitazione dello Stato, quando dell’opera di essi il pubblico sia
per legge obbligato a valersi;
2) i privati che, non esercitando una pubblica funzione, né prestando un pubblico servizio,
adempiono un servizio dichiarato di pubblica necessità mediante un atto della Pubblica
Amministrazione.”

Certificato  nonostante la rilevanza pubblica dell’attività svolta dai soggetti


indicati, si deve considerare il certificato come scrittura privata, in quanto frutto
dell’attività di soggetti privati.
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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

Dolo generico: coscienza e volontà di falsa attestazione, nei certificati emessi a titolo
di servizio di pubblica necessità, di fatti la cui verità è comprovata dall’atto così
viziato.

Art. 482 – Falsità materiale commessa dal privato


“Se alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 476, 477 e 478 è commesso da un
privato, ovvero da un pubblico ufficiale fuori dall’esercizio delle sue funzioni, si
applicano rispettivamente le pene stabilite nei detti articoli, ridotte di un terzo.”

Soggetto attivo  il pubblico ufficiale che assume la condotta di falso in un contesto


che non inerisce le sue pubbliche funzioni viene equiparato al soggetto privato; i
documenti oggetto di falso, dunque, non sono considerati atti pubblici, ma scritture
private.
Per scrittura privata si intende, in via residuale rispetto alla nozione penale di atto
pubblico, ogni documento che:
- non proviene da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio;
- pur provenendo da tali soggetti qualificati, è redatto fuori dall’esercizio delle loro
funzioni o attribuzioni;
- proviene da un soggetto esercente un servizio di pubblica necessità;
- anche se pubblico, proviene da un pubblico ufficiale incompetente (per materia o
per territorio) o incapace (per incapacità naturale o legale) o senza il rispetto delle
formalità prescritte (in tal caso deve essere sottoscritto dalle parti ai fini della
conversione in scrittura privata, con relativa efficacia probatoria) (v.art.2701 c.c.).

Dolo generico: coscienza e volontà di falsificazione materiale, al di fuori


dell’esercizio di pubbliche funzioni.

Art. 483 – Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico


“Chiunque attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali
l’atto è destinato a provare la verità, è punito con la reclusione fino a 2 anni.”

Falsa attestazione  requisiti:


1- deve essere resa ad un pubblico ufficiale che sta redigendo o che deve redigere un
atto pubblico;
2- il pubblico ufficiale deve essere competente per materia e per territorio;
3- sul soggetto agente deve gravare l’obbligo giuridico di attestare il vero, dovere che
deve essere stabilito in modo espresso ed indiscutibile dalla norma che regola l’atto
destinato a provare quella data verità.

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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

Dolo generico: coscienza e volontà di falsa attestazione, in fase di redazione di un


atto pubblico o in contesto rivolto a tale redazione, di fatti la cui verità è comprovata
dall’atto così viziato.

 Ripercussioni della falsa attestazione e rilevanza penale

Se la condotta falsificatoria posta in essere dal privato produce i suoi effetti in via
esclusiva nell’ambito dell’atto pubblico in cui essa sia contenuta, e non li diffonde su
altri e diversi atti pubblici redatti dal pubblico ufficiale, il fatto ricade sotto l’art.483.
Potrebbe però accadere che l’atto in questione produca effetti su altri atti pubblici di
competenza del pubblico ufficiale; in tal caso:
- si avrà un atto pubblico che falsamente attesta fatti dei quali l’atto è destinato a
provare la verità, fattispecie di cui all’art.479;
- di tale reato il pubblico ufficiale potrebbe non esserne responsabile, in virtù del fatto
che la base di redazione degli ulteriori atti pubblici risulta essere l’atto originario
viziato dalla falsa attestazione resa dal privato, inquadrabile nell’art.483.

Viene dunque in gioco l’art.48 del codice penale.


Art. 48 – Errore determinato dall’altrui inganno
“Le disposizioni dell’articolo precedente [ndr, l’art.47 disciplina l’errore di fatto,
escludendo la punibilità a titolo di dolo nei casi in cui il soggetto abbia agito in autonome
condizioni di errore sul fatto che costituisce reato] si applicano anche se l’errore sul fatto
che costituisce reato è determinato dall’altrui inganno; ma, in tal caso, del fatto commesso
dalla persona ingannata risponde chi l’ha determinata a commetterlo.”
Il risultante falso per induzione determina che l’extraneus risponderà del reato, anche
se proprio, commesso dal pubblico ufficiale, in qualità di autore mediato del falso
ideologico in atto pubblico, in tutti i casi in cui, inducendo in errore il pubblico
ufficiale mediante false dichiarazioni rilasciategli in occasione della redazione
dell’atto pubblico, lo abbia altresì indotto ad attestare il falso negli atti pubblici
concatenati all’originale così viziato.
La responsabilità appena descritta dipende dalla inclusione delle dichiarazioni
mendaci del privato nell’atto pubblico redatto dal pubblico ufficiale, quindi tutte le
volte che questi adotti un provvedimento, a contenuto sia descrittivo sia dispositivo,
dando in atto in premessa, anche implicitamente, dell’esistenza delle condizioni
richieste per la sua adozione, desunte da atti o attestazioni non veri prodotti dal
privato.

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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

Art. 484 – Falsità in registri e notificazioni


“Chiunque, essendo per legge obbligato a fare registrazioni soggette all’ispezione
dell’autorità di pubblica sicurezza o a fare notificazioni all’autorità stessa circa le
proprie operazioni industriali, commerciali o professionali, scrive o lascia scrivere
false indicazioni, è punito con la reclusione fino a 6 mesi o con la multa fino a 309
euro.”

È ritenuto un caso di falso ideologico.

Registrazioni  quelle da sottoporre unicamente all’autorità di pubblica sicurezza.


Notificazioni  quelle previste unicamente da norme giuridiche.

Lasciar scrivere  oltre alla condotta assunta in prima persona, viene punita anche
quella permissiva/tollerante nel caso in cui sul soggetto gravi l’obbligo giuridico di
impedire le false indicazioni (il terzo che ha scritto la falsa indicazione risponde del
reato a titolo di concorso materiale o morale).

Dolo generico: coscienza e volontà di obbligo giuridico di registrazione/notificazione


delle proprie operazioni, di scrittura di false indicazioni ovvero di atteggiamento
permissivo o tollerante in merito ad esse.

Art. 485 – Falsità in scrittura privata +++ ABROGATO +++


“Chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un
danno, forma, in tutto o in parte, una scrittura privata falsa, o altera una scrittura
privata vera, è punito, qualora ne faccia uso o lasci che altri ne facciano uso, con la
reclusione da 6 mesi a 3 anni.”

I casi dapprima previsti ai sensi di tale articolo sono rifluiti sotto la disciplina
dell’articolo 482, con l’eliminazione di alcuni requisiti:
- uso della scrittura privata falsa o alterata come espressa condizione di punibilità (ciò
non vuol dire che in alcuni casi sia comunque necessario, ai fini della punibilità del
fatto, che il documento esca dalla sfera privata di chi lo ha contraffatto o alterato ed
entri nel traffico economico-giuridico, rendendosi in concreto idoneo a produrre
effetti giuridici nell’ambito di un determinato rapporto. V.artt.482&478);
- vantaggio procurato o danno arrecato come oggetto di dolo specifico.

Art. 486 – Falsità in foglio firmato in bianco. Atto privato +++ ABROGATO +++
“Chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un
danno, abusando di un foglio firmato in bianco, del quale abbia il possesso per un
titolo che importi l’obbligo o la facoltà di riempirlo, vi scrive o fa scrivere un atto
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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

privato produttivo di effetti giuridici diverso da quello a cui era obbligato o


autorizzato, è punito, se del foglio faccia uso o lasci che altri ne facciano uso, con la
reclusione da 6 mesi a 3 anni.”

I casi dapprima previsti ai sensi di tale articolo sono rifluiti sotto la disciplina di cui
all’art.488, così come da ultima modifica (v.infra), con l’eliminazione dell’uso come
condizione di punibilità e del vantaggio/danno come oggetto del dolo specifico.

Art. 487 – Falsità in foglio firmato in bianco. Atto pubblico


“Il pubblico ufficiale che, abusando di un foglio firmato in bianco, del quale abbia il
possesso per ragione del suo ufficio e per un titolo che importa l’obbligo o la facoltà
di riempirlo, vi scrive o vi fa scrivere un atto pubblico diverso da quello a cui era
obbligato o autorizzato, soggiace alle pene rispettivamente stabilite negli articoli 479
e 480 del codice penale.”

Foglio firmato in bianco: qualsiasi documento contenente la sola firma di colui che lo
ha rilasciato ovvero una dichiarazione incompleta da completarsi in un momento
successivo.
Titolo obbligante/facoltizzante: in quanto presupposto della condotta è il possesso del
foglio in capo al soggetto attivo, il titolo del possesso deve essere valido ed efficace.
Difformità: ai fini dell’integrazione del reato, è sufficiente la mera compilazione
irregolare del foglio, non rilevando l’effettivo uso dell’atto abusivamente formato.

Dolo generico: coscienza e volontà di abuso di foglio firmato in bianco e di


conseguente falsificazione di un atto pubblico.

Art. 488 – Altre falsità in foglio firmato in bianco. Applicabilità delle portento
spazio per disposizioni sulle falsità materiali
“Ai casi di falsità su un foglio firmato in bianco diversi da quelli preveduti
dall’articolo 487 si applicano le disposizioni sulle falsità materiali in atti pubblici.”

Per mezzo della modifica legislativa ad opera del d.lgs. 7/2016:


- è stato eliminato il richiamo all’abrogato articolo 486
- è stata esclusa l’applicabilità delle disposizioni sulle falsità materiali in scritture
private.
Rientrano nell’attuale novero dell’articolo in questione tutti i casi in cui il soggetto
attivo sia entrato in possesso del foglio firmato in bianco illegittimamente o per un
titolo diverso da quello che importa l’obbligo o la facoltà di riempirlo:
- possesso illegittimo per provenienza da altro reato: l’agente risponderà del reato di
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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

falsità in concorso con l’altro reato che ha determinato il possesso illegittimo;


- possesso per titolo diverso da quello obbligante/facoltizzante: sono i casi di
a) riempimento del foglio senza mandato o dopo la revoca di esso;
b) riempimento del foglio da parte di chi lo deteneva solo a titolo di custodia.

Art. 489 – Uso di atto falso


“Chiunque, senza essere concorso nella falsità, fa uso di un atto falso soggiace alle
pene stabilite negli articoli precedenti, ridotte di un terzo.”

Uso  ogni utilizzazione giuridica del documento, anche diversa dalla normale
destinazione.

È stato abrogato il secondo comma, secondo cui, in caso di uso di scrittura privata
inficiata da falsità, la punibilità veniva ammessa soltanto se l’utilizzatore avesse agito
al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno.

Dolo generico: coscienza e volontà di fare uso di un atto falso.

Art. 490 – Soppressione, distruzione e occultamento di atti veri


“Chiunque distrugge, sopprime od occulta,in tutto o in parte, un atto pubblico vero
ovvero, al fine di recare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno,
distrugge, sopprime od occulta un testamento olografo, una cambiale o un altro
titolo di credito trasmissibile per girata o al portatore veri, soggiace rispettivamente
alle pene stabilite negli articoli 476, 477 e 482, secondo le distinzioni in esse
contenute.”

Atto pubblico vero: il documento pubblico genuino e veridico, sia originale che in
copia conforme all’originale.

Distruzione: eliminazione materiale, disintegrazione del documento in modo che non


possa più avere uso alcuno.
Soppressione: eliminazione dell’atto con mezzi diversi dalla materiale distruzione in
modo da annullare quanto in esso disposto (es: eliminazione della firma).
Occultamento: nascondimento, per azione o per atteggiamento reticente, del
documento, in modo da non renderne possibile l’utilizzo.

Testamento olografo: testamento scritto per intero, datato e sottoscritto di mano dal
testatore.
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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

Cambiale: titolo di credito la cui funzione tipica è quella di rimandare il pagamento di


una somma in denaro.

Dolo generico: coscienza e volontà di eliminazione materiale o funzionale dell’atto


pubblico.
Dolo specifico: coscienza e volontà di eliminazione materiale o funzionale di uno
degli atti indicati più coscienza e volontà di trarre vantaggio o recare un danno
tramite la condotta di eliminazione.

 Il dolo nei reati di falso

La prassi applicativa dei reati di falso tende alla svalutazione del requisito di
offensività nei detti reati, tanto che il giudice, posto dinanzi a una condotta di
falsificazione, sarebbe esonerato dalla prova del dolo in capo all’agente rispetto al
fatto concreto.
Dolus in re ipsa  inclinazione dell’elemento soggettivo dei reati di falso per cui
momento rappresentativo e volitivo tipici dell’agire doloso si potrebbero desumere
implicitamente dal fatto materiale della falsificazione; sarebbe dunque sufficiente la
coscienza e la volontà della semplice immutatio veri, a prescindere da una sua
incidenza concreta sugli interessi tutelati.

È un orientamento da criticare perché produce un non auspicabile impoverimento dei


contenuti psicologici del dolo.
L’oggetto del dolo è il fatto tipico, rivestito del suo contenuto di disvalore e cioè
munito della sua carica offensiva nella situazione concreta, con la conseguenza che,
affinché sia rispettato il principio costituzionale di responsabilità penale personale, è
l’evento offensivo concreto che deve rispecchiarsi nella rappresentazione e volizione
dell’agente nei suoi contenuti di effettivo e attuale influsso sugli interessi tutelati al
fine di dare a quel bene un completo e tangibile valore giuridico-sociale.
Appare dunque necessario che, alla coscienza dell’idoneità ingannatoria della
condotta di falsificazione, acceda una precisa messa in pericolo degli interessi
protetti, stante il fatto che l’erroneo convincimento dell’inidoneità offensiva del falso
dovrebbe portare ad escludere il dolo (essendo questo immanente al fatto tipico e
quindi, in tal caso, investito dall’errore di fatto di cui all’art.47).

Diversa valutazione sembra doversi fare sul caso in cui il soggetto agente compia la
falsa attestazione per un errore derivante dalla violazione dell’obbligo di informarsi o
di controllare in modo diligente la situazione di fatto oggetto dell’attestazione: il
soggetto non versa in dolo, pur prefigurando un elemento soggettivo assimilabile alla
colpa.
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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

Tuttavia, innegabile è la difficoltà di ricostruzione dei fatti interiori; allora il giudice,


per accertare il dolo nei reati di falso, dovrà ricorrere a degli indici fattuali, ovverosia
dei parametri esteriori che consentano di riconoscere la dolosità del fatto, dunque
anche la sua sanzionabilità. A tal proposito, dottrina e giurisprudenza ritengono
centrali le c.d. massime d’esperienza, che esprimono la regolarità fra l’adozione di un
certo tipo di condotta e la prospettiva di produrre, per mezzo di essa, un evento tipico
(sovrapponibilità tra evento naturalistico prodotto e evento previsto dalla fattispecie
astratta, sorretta da un atteggiamento soggettivo che abbia un quid pluris rispetto a
uno semplicemente colposo).

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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

REATI AMBIENTALI (D.LGS. 152/2006 T.U.A. – Titolo VI-bis)

Bene giuridico tutelato: ambiente.


- concezione unitaria  l’ambiente è l’entità comprensiva di tutto ciò che configura
l’habitat dell’essere umano; nonostante le diverse oggettività materiali o i diversi
fenomeni cui di volta in volta si riferiscono, le norme ascrivibili al paradigma
ambientale sarebbero tutte indirizzate alla tutela di quest’unico bene giuridico.
- concezione pluralistica  per tutela dell’ambiente si deve intendere una somma di
tutele fra loro diverse quanto all’oggetto, ma unificate dal concetto di sviluppo
sostenibile come unico modello di sviluppo economico. Dunque, oltre a
modernizzare la tutela già offerta a beni superindividuali tradizionali legati alla salute
pubblica, si è individuato un autonomo ed inedito bene giuridico collettivo attorno al
quale costruire un nuovo settore dell’ordinamento giuridico. Ogni specifica qualità od
utilità sociale dell’habitat umano è stata settorializzata e dotata di propria autonomia
giuridica tramite l’apprestamento di tutela penale. I settori individuabili sono quattro:
1- equilibrio ecologico di acque, aria e suolo  in questa veste, l’ambiente viene
tutelato dagli inquinamenti (immissione di sostanze in grado di alterarlo e legate
all’esercizio di attività economico-produttive) e dallo svolgimento di attività di
massa; ciò che concretamente viene tutelato come oggetto materiale è l’ambiente nei
suoi elementi fondamentali della biosfera, difesi in quanto ecosistemi (spazi nei quali
e grazie ai quali si svolge un certo ciclo biologico); in sintesi, per tutela dell’ambiente
si intende la tutela dell’equilibrio degli ecosistemi naturali, e per inquinamento si
intende la grave alterazione dell’equilibrio ecologico di acqua, aria e/o suolo.
2- paesaggio e bellezze naturali  sono i c.d. beni ambientali, espressamente
protetti già nel testo costituzionale all’articolo 9, nonché da alcune norme
incriminatrici contenute in leggi complementari al codice penale, ma anche nello
stesso codice agli artt. 733, 733bis e 734.
3- salute pubblica e igiene dei luoghi  la tutela della salute è innanzitutto imposta
dall’articolo 32 della Costituzione; il legislatore ha poi preso atto della particolare
attitudine offensiva di alcune condotte nei confronti dell’equilibrio ecologico ed ha
isolato, all’interno di un sistema diretto alla tutela globale e funzionale degli
ecosistemi, alcune situazioni normative rivolte alla protezione della salute.
4- integrità del territorio  questo aspetto viene tutelato sia nei confronti dello
sviluppo urbanistico ed edilizio, sia da ingerenze manipolative in grado di esporre le
popolazioni al pericolo di calamità naturali.

L’ambiente, dunque, possiede un significato poliedrico ed onnicomprensivo, ma al


contempo ristretto ai soli cicli biologici che avvengono negli e grazie agli elementi
fondamentali della biosfera.
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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

Soggetti attivi.
- persone fisiche  reato comune commettibile da chiunque.
- persone giuridiche  un soggetto avente funzioni di rappresentanza, direzione o
amministrazione di un ente (c.d. soggetti apicali) ovvero una persona sottoposta alla
vigilanza o alla direzione di quegli stessi soggetti commette, nell’interesse o a
vantaggio dell’ente, uno dei reati elencati dagli articoli 25 e ss. del d.lgs. 231/2001; è
però necessario che all’ente possa imputarsi una colpa d’organizzazione, per la quale
l’ente è responsabile se non si è dotato e/o non ha implementato una serie di misure
cautelari (indicate dagli articoli 6 e 7 del decreto) idonee ad evitare, da parte di chi
agisce nel suo interesse, reati dello stesso genere di quello commesso.
Fatto commesso da soggetto apicale -> la colpa si presume e in sede processuale
spetta all’ente produrre la prova della sua insussistenza.
Fatto commesso da soggetto non apicale -> valgono i normali principi di formazione
della prova, quindi spetta al PM dimostrare il ricorrere della colpa d’organizzazione.

Elemento oggettivo.
Le aggressioni all’ambiente vengono spesso punite quando si realizzano oltre
specifiche soglie di rischio di volta in volta individuate o aggiornate da autorità
pubbliche distribuite nel territorio; per questo motivo il diritto penale dell’ambiente
finisce per assumere un carattere quantomeno parzialmente sanzionatorio, e da ciò
consegue la distinzione di tre tipologie di incriminazione:
1- reati di esercizio non autorizzato o non segnalato di attività rischiose  si tratta
di attività standardizzate di massa, particolarmente pericolose per le condizioni
ambientali (es: scarico o smaltimento di rifiuti, emissioni di fumi), che non siano state
comunicate all’autorità competente per territorio ovvero che non siano dalla stessa
autorizzate.
2- reati di disobbedienza a disposizioni dell’autorità di controllo  ricalcano lo
schema delle norme penali in bianco, in quanto il nucleo della fattispecie consiste
nella mera inosservanza di disposizioni amministrative contenute in altra fonte o
impartite da una certa autorità, con relativi profili problematici riguardo la loro
compatibilità col principio di riserva di legge e di offensività della condotta.
3- reati di superamento dei limiti  la condotta punibile è costituita dal
superamento di limiti di emissione e/o immissione di sostanze nocive per l’ambiente,
i quali sono indicati da norme extra-penali (perlopiù allegati o tabelle), richiamate a
loro volta dalla fattispecie incriminatrice e create e/o aggiornate da fonti extra-penali.

Per queste tipologie di incriminazione, la fonte amministrativa, per potersi conciliare


con la riserva di legge, deve assumere un ruolo marginale nell’ambito dell’illecito: il
modello ideale è costituito dalle ipotesi, c.d. parzialmente in bianco, in cui l’atto
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amministrativo sulla cui disobbedienza si fonda l’illecito è semplice elemento


normativo di una fattispecie già descritta dal legislatore nel suo nucleo essenziale di
illiceità, che dunque non consente all’autorità di rinvio di creare nuove figure di
reato, ma solo di completare i caratteri di un fatto definito nei suoi contenuti minimi
di disvalore. Tale nucleo minimo ed essenziale di illiceità di stretta competenza
legislativa risiede nei caratteri dell’offesa: è imprescindibile che caratteri,
presupposti, contenuto e limiti degli atti amministrativi cui si fa rinvio siano
tassativamente indicati dalla legge statale.

Quasi tutti i reati ambientali sono riconducibili alla categoria dei reati di pericolo
astratto, per cui al giudice penale non si chiede di accertare se una certa condotta è
stata causa di un danno o di una specifica situazione di pericolo per l’equilibrio
ecologico di un territorio, ma di verificare se le condotte ritenute per scienza o per
esperienza pericolose abbiano rispettato quegli standard di sicurezza imposti dalla
legge in via preventiva e la cui osservanza ne diminuisce la pericolosità.
È una struttura di reato che nasce dalla difficoltà di provare l’effettiva pericolosità o
dannosità per i beni ambientali, derivando i danni all’ambiente da migliaia di
condotte analoghe, il cui diffondersi incontrollato produce un deterioramento
graduale delle condizioni ecologiche; il rischio è che in alcuni casi vengano punite
condotte che, pur formalmente riconducibili alla fattispecie tipica, tuttavia siano prive
di concreta carica offensiva.
Giurisprudenza  la pericolosità si deve ritenere presunta, indi per cui l’offesa al
bene giuridico ambientale di volta in volta considerato deve ritenersi comunque
realizzata.
Dottrina  più opportuno sarebbe armonizzare questa tipologia di reati col dettato
costituzionale, cercando strumenti volti ad evitare che il giudice punisca fatti
apparentemente tipici ma sostanzialmente inoffensivi.

Tuttavia, sono rinvenibili schemi di incriminazione diversi da quelli sinora


considerati.
Innanzitutto, per effetto della L.68/2015, sono stati introdotti nuovi delitti:
Art. 452bis – Inquinamento ambientale
“È punito con la reclusione da 2 a 6 anni e con la multa da 10.000 euro a 100.000 euro
chiunque abusivamente cagiona una compromissione o un deterioramento significativi e
misurabili:
1) delle acque o dell’aria, di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo;
2) di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna. […]”
Connotazione innovativa di tale reato è il duplice requisito strutturale di illiceità e
offensività concreto del comportamento; innovando rispetto alla tradizione in materia

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di reati ambientali, si supera il modello del reato contravvenzionale di mera condotta,


incentrato sull’esercizio dell’attività inquinante senza autorizzazione o in
superamento dei valori-soglia, per abbracciare lo schema del delitto di evento.
Inoltre, si tratta di delitto di danno, rappresentato dalla compromissione o dal
deterioramento rilevante della qualità del suolo, del sottosuolo, delle acque o
dell’aria, ovvero dell’ecosistema, della biodiversità, della flora o della fauna.
Abusivamente  condotta di violazione di leggi statali o regionali, ancorché non
strettamente pertinenti al settore ambientale, ma anche di prescrizioni amministrative.
Compromissione e deterioramento  alterazione, modifica dell’originaria
consistenza della matrice ambientale o dell’ecosistema.
Significativo  denotato da incisività e rilevanza.
Misurabile  ciò che è quantitativamente apprezzabile o comunque oggettivamente
rilevabile, in una situazione concretamente accertabile.
Art. 452quater – Disastro ambientale
“Fuori dai casi previsti dall’articolo 434, chiunque abusivamente cagiona un disastro
ambientale è punito con la reclusione da 5 a 15 anni. Costituiscono disastro ambientale
alternativamente:
1) l'alterazione irreversibile dell'equilibrio di un ecosistema;
2) l'alterazione dell'equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente
onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali;
3) l'offesa alla pubblica incolumità in ragione della rilevanza del fatto per l'estensione della
compromissione o dei suoi effetti lesivi ovvero per il numero delle persone offese o esposte
a pericolo. […]”
In sede giurisprudenziale è sovente accaduto che si forzassero i confini del reato di
disastro di cui all’art.434 c.p., ricomprendendo nella sua formulazione indeterminata
(descritta come fenomeno genericamente idoneo a cagionare il crollo di costruzioni o
altro disastro) anche i gravi danni all’ambiente; sulla scorta di questo orientamento, si
verificava l’ampliamento dello spettro d’incriminazione ai casi di danni all’ambiente
di enormi proporzioni cagionati da una cattiva gestione del rischio ecologico
connesso allo svolgimento di talune attività industriali.
Viene ora incriminata, pur con clausola di sussidiarietà, la sola realizzazione del
disastro e non la commissione di un fatto ad esso diretto, come nell’art.434.
Art. 452sexies – Traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività
“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da 2 a 6 anni e con
la multa da 10.000 euro a 50.000 euro chiunque abusivamente cede, acquista, riceve,
trasporta, importa, esporta, procura ad altri, detiene, trasferisce, abbandona o si disfa
illegittimamente di materiale ad alta radioattività.
La pena di cui al primo comma è aumentata se dal fatto deriva il pericolo di
compromissione o deterioramento:
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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

1) delle acque o dell'aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo;
2) di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna. […]”

Altra materia particolare è quella relativa alla disciplina sui rifiuti. Nella sue linee
essenziali, essa si basa sulla distinzione tra:
- rifiuto  qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia
l’intenzione o l’obbligo di disfarsi [Art. 183, co.1, lett.a) T.U.A.] + elenco di
sostanze da considerarsi iuris et de iure come rifiuti [Allegato D al T.U.A.]; elemento
centrale è l’inutilizzabilità successiva del materiale o della sostanza da parte del
produttore.
- sottoprodotto  qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa le condizioni seguenti
[Art.184bis T.U.A.]:
“a) la sostanza o l’oggetto è originato da un processo di produzione, di cui
costituisce parte integrante e il cui scopo primario non è la produzione di tale
sostanza od oggetto;
b) è certo che la sostanza o l’oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un
successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di
terzi;
c) la sostanza o l’oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore
trattamento diverso dalla normale pratica industriale;
d) l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo
specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute
e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla
salute umana.”

Elemento soggettivo.
Gran parte degli illeciti ambientali è costituita da contravvenzioni, pur essendo
previsto un ammontare di ammenda superiore ai massimali di multa previsti per i
delitti. Ai fini della punibilità in materia ambientale, in linea di massima, non è
necessario accertare la volontà e la rappresentazione, da parte dell’agente, del fatto
tipico, bastando che la condotta sia rimproverabile a titolo di colpa: la responsabilità
per negligenza, imperizia, imprudenza o inosservanza di leggi o regolamenti ben si
adatta alla struttura di quei reati caratterizzati dalla pericolosità rispetto alla salute
collettiva e all’equilibrio ambientale degli ecosistemi e dall’utilità e necessarietà.
A questa logica non possono rispondere i nuovi delitti di cui al Titolo VI-bis del
codice penale, ad eccezione di quelli di cui agli articoli 452bis e 452quater, le cui
corrispondenti fattispecie colpose sono previste per il disposto dell’art. 452quinquies.
Art. 452quinquies – Delitti colposi contro l’ambiente
“Se taluno dei fatti di cui agli articoli 452bis e 452quater è commesso per colpa, le pene
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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

previste dai medesimi articoli sono diminuite da un terzo a due terzi.


Se dalla commissione dei fatti di cui al comma precedente deriva il pericolo di
inquinamento ambientale o di disastro ambientale le pene sono ulteriormente diminuite di
un terzo.”
Il senso dell’ulteriore diminuzione di pena risiede nel fatto che gli articoli 452bis e
452quater prevedono le ipotesi-base di inquinamento ambientale e disastro
ambientale dolosi, che sono reati di evento dannoso: dunque se dalla commissione dei
fatti astrattamente previsti derivi soltanto il pericolo di inquinamento o disastro, in
regime di imputazione soggettiva colposa e non dolosa, allora ben si può dire che il
disvalore di condotta e di evento è più mite.

Apparato sanzionatorio.
Si tratta di sanzioni che spesso interagiscono con quelle penali detentive o pecuniarie.
- sanzioni amministrative pecuniarie  hanno carattere meramente afflittivo,
consistente nel pagamento di una somma di denaro;
- sanzioni amministrative interdittive  incidono sulla capacità del soggetto agente
di esercitare una facoltà o un diritto, secondo la normativa che di volta in volta le
prevede;
- sanzioni amministrative ripristinatorie  sono finalizzate ad eliminare il danno
provocato dall’agente o a ripristinare una situazione di conformità.
L’intervento del giudice penale potrebbe essere subordinato al fallimento di una
strategia sanzionatoria di tipo amministrativo (spesso per mancata risposta da parte
del sanzionato), ovvero vi sono casi in cui una stessa condotta è assoggettabile
cumulativamente a sanzione amministrativa, soprattutto, in questi casi, di tipo
interdittivo o ripristinatorio, e sanzione penale.
Un caso particolare di attenuazione della sanzione è previsto dal codice penale.
Art. 452decies – Ravvedimento operoso
“Le pene previste per i delitti di cui al presente titolo […] sono diminuite dalla metà a due
terzi nei confronti di colui che si adopera per evitare che l’attività delittuosa venga portata
a conseguenze ulteriori, ovvero, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di
primo grado, provvede concretamente alla messa in sicurezza, alla bonifica e, ove possibile,
al ripristino dello stato dei luoghi, e diminuite da un terzo alla metà nei confronti di colui
che aiuta concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nella ricostruzione del
fatto, nell’individuazione degli autori o nella sottrazione di risorse rilevanti per la
commissione dei delitti. […]”

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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

REATI CONTRO LA PERSONALITÀ DELLO STATO (Titolo I)

Bene giuridico tutelato: personalità dello Stato  sicurezza dello Stato e del
complesso di interessi politici fondamentali, riguardanti lo Stato stesso ovvero i
cittadini, rispetto ai quali lo Stato intende affermare il suo ruolo di garante.
Il suo concetto si sostanzia negli elementi essenziali della fisionomia costituzionale
dell’ordinamento, nel rispetto dei principi del pluralismo politico, della libertà di
manifestazione del pensiero e del metodo democratico di lotta politica (c.d.
personalità interna), nonché a tutela delle condizioni basilari di esistenza territoriale
ed istituzionale dello Stato nei rapporti esterni (c.d. personalità internazionale).

Considerazioni in chiave storica del bene giuridico tutelato.


1- In considerazione del clima storico-politico nel quale il codice penale ha trovato la
sua genesi, i delitti perpetrati ai danni della personalità dello Stato sono tutti
contraddistinti da una sensibile anticipazione della soglia punitiva; le difficoltà
maggiori risiedono dunque nel bilanciare le esigenze di sicurezza, soprattutto quelle
di nuova matrice terroristica, con una necessaria attenzione per le ragioni del
garantismo penale. Nei delitti previsti dal Titolo I si colgono difetti di determinatezza
del fatto, mancanza di elementi tipici in grado di agganciare la punibilità a evidenze
materiali che siano oggettivamente passibili di un giudizio circa la loro offensività, né
può venire in soccorso il giudizio di pericolosità alla loro base, dal momento che i
profondi innesti illiberali della materia in questione puntavano a sopprimere ogni
proposito di ostilità, ribellione o attentato all’assetto unitario dello Stato a prescindere
dalla effettiva carica offensiva del fatto. Lo strumento penale veniva piegato a mezzo
persecutorio attraverso un’ampia anticipazione della punibilità e soprattutto tramite lo
sbilanciamento della fattispecie di reato sull’atteggiamento soggettivo di infedeltà al
regime: un chiaro esempio è dato dai delitti contro la personalità dello stato che si
esprimono nella forma associativa, sanzionati più per la finalità illecita della
associazione che per il concreto grado di pericolosità oggettiva, finanche in
riferimento a organizzazioni talmente leggere da confondersi con il concorso di
persone nel reato; l’illiceità di queste associazioni sovversive non derivava dall’esser
dotate di un apparato in grado di sovvertire o sopprimere l’ordinamento, ma dal
programma ideologico in quanto contenente il germe teorico della violenza
rivoluzionaria. Così anche i delitti di opinione, configurabili tramite l’istigazione –
concepita nella sfera del pericolo presunto, come modello di responsabilità per le
opinioni illegali professate – o il vilipendio – considerato come mancato rispetto
dovuto alle istituzioni.
2- Dopo la caduta del fascismo (e dopo la svolta del diritto penale a livello
internazionale segnata dal processo di Norimberga), il rovesciamento della logica del
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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

crimen leasae maiestatis e l’esigenza di reprimere ogni forma di persecuzioni dei


diritti umani vengono corroborati dai principi penali sanciti dal testo della
Costituzione: materialità, offensività, determinatezza e responsabilità personale della
fattispecie criminosa (cfr. artt. 13, 25 e 27 Cost). Inoltre:
a) lo Stato riconosce ora le autonomie locali ed ammette limiti di sovranità, alla pari
con gli altri Stati, nella prospettiva di sviluppo di organismi internazionali in grado di
assicurare la pace a livello mondiale (cfr. artt. 5 e 10 Cost).
b) vengono riconosciuti come diritti inviolabili della persona la libertà di
associazione e di manifestazione del pensiero (cfr. artt. 18 e 21 Cost).
Se si passa però alla struttura delle figure di reato, i rilievi non sono confortanti:
l’originario difetto di tipizzazione non solo non è stato eliminato dal legislatore, ma
non è neppure stato adeguatamente compensato da evoluzioni interpretative conformi
ai principi costituzionali, in primis quello di offensività. Questo dato evidenzia come,
anche in piena democrazia, siano prevalse esigenze repressive contro l’invadenza
della criminalità organizzata, terroristica in particolar modo. Ancora una volta questa
situazione si riflette soprattutto sui reati di tipo associativo, la cui struttura è
deficitaria di materialità, anche per effetto di una giurisprudenza che continua a
ritenere sufficiente l’esistenza di una organizzazione rudimentale e, a livello di
singoli soggetti, una semplice messa a disposizione all’interno del sodalizio senza
bisogno di concrete estrinsecazioni del ruolo ricoperto. Tuttavia, in termini di
principio è stato quantomeno raggiunto il rifiuto della vecchia criminalizzazione delle
associazioni in funzione dell’ideologia sovversiva perseguita: l’art.18 della
Costituzione riconosce al cittadino piena libertà di associazione, salvo che per il
perseguimento di fini che sono vietati ai singoli dalla legge penale, vietando altresì le
associazioni segrete e quelle che perseguono scopi politici mediante organizzazioni di
carattere militare. In sintesi, vietato penalmente è l’impiego, da parte del singolo e
dell’associazione, di metodi che superino il rischio consentito segnato dalle tipiche
offese alla libertà di autodeterminazione: violenza, minaccia, abuso di potere ed
inganno. Ciononostante, emerge una contraddizione interna all’ordinamento: nel
momento in cui le fattispecie associative politiche vengono prevalentemente
ricostruite come reati di pericolo presunto, ciò finisce per contraddire il principio
liberale di tolleranza del dissenso, il che consente di dire che soltanto lentamente e
parzialmente procede l’armonizzazione di questi delitti col principio di offensività.
Anche per quanto riguarda i delitti di opinione, i cambiamenti avvenuti non sono stati
di portata radicale, persistendo la punibilità dell’apologia e, pur con sanzione di
carattere pecuniario, del vilipendio; inoltre i delitti di istigazione, anche se sottoposti
a revisione critica della Corte Costituzionale (con l’affermazione della concreta
pericolosità dell’azione istigatrice o apologetica ai fini della punibilità), sono oggetto
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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

di giudizio altamente discrezionale: il giudice deve tener conto di tutte le circostanze


del caso concreto per accertare se la condotta fosse di tale intensità da determinare o
rafforzare il proposito dei destinatari di commettere il fatto oggetto di istigazione; è
questo un giudizio di prognosi postuma che rischia di risultare eccessivamente vago.
3- Nel corso degli ultimi 40 anni, un compiuto sviluppo nel modo di ridefinire i delitti
di attentato alla luce della Costituzione è stato ulteriormente ritardato dai fenomeni di
terrorismo, ideologico-politico prima e da ultimo anche quello di matrice religiosa. I
reati legati alle finalità di terrorismo o di eversione ricalcano la povertà descrittiva dei
precedenti paradigmi normativi, così determinando un ritorno di questa categoria di
delitti alla loro origine storica extra ordinem e di deroga al diritto penale ordinario.
Né una forte disciplina di premialità in caso di collaborazione (c.d. pentitismo) può
essere accolta come un equo contrappeso, anzi acuisce quella logica eccezionale di
rottura della consequenzialità reato-pena e contribuisce ad una vistosa asimmetria del
sistema rispetto al principio di eguaglianza del trattamento. Le fattispecie criminose
sono col tempo proliferate invece di essere sterilizzate e riordinate: una impacciata
risposta ai nuovi fenomeni sociali di violenza che determina un progressivo
discostarsi della politica criminale dai principi liberali. L’arcipelago dei delitti contro
la personalità dello Stato avrebbe bisogno di una risistemazione all’insegna del
generale principio della extrema ratio. In particolare:
a) delitti di attentato  estensione espressa dei criteri d’idoneità e univocità;
b) delitti associativi  revisione della struttura tuttora impalpabile nei suoi concreti
elementi materiali ed eliminazione di alcune figure ormai superflue;
c) delitti di opinione  maggiore selezione improntata al superamento di alcune
fattispecie che non hanno più ragione di rispondere al vecchio principio di ossequio e
rispetto formale verso le istituzioni.

Art. 241 – Attentati contro l’integrità, l’indipendenza e l’unità dello Stato


“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque compie atti violenti diretti e
idonei a sottoporre il territorio dello Stato o una parte di esso alla sovranità di uno
Stato straniero, ovvero a menomare l’indipendenza o l’unità dello Stato, è punito con
la reclusione non inferiore a 12 anni. […]”

Delitto di attentato, di pericolo concreto.


Personalità dello Stato  integrità, indipendenza e unità del territorio.

Così modificato dalla L.85/2006:


- prima  a consumazione anticipata caratterizzato dal semplice compimento di
fatti diretti alla realizzazione di risultati dannosi;

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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

- ora  punito per il compimento di atti violenti diretti e idonei, rendendo dunque
necessario una condotta causalmente idonea alla produzione di uno degli eventi
dannosi, salvo il fatto che il loro effettivo verificarsi non incide sulla punibilità.

Sottoposizione al dominio straniero: si intendono le azioni tese a far sì che uno Stato
straniero eserciti un potere materiale completo su almeno una parte del territorio
italiano, tale da instaurare una nuova sovranità.
Menomazione: si riferisce a una compressione dell’indipendenza o dell’unità dello
Stato che non assume un carattere territoriale o materiale, ma che prefigura una
illecita ingerenza da parte di uno Stato straniero negli altri diversi aspetti del potere
statuale, come per esempio a livello economico o di risorse militari.

Dolo generico c.d. intenzionale: coscienza e volontà di compimento di atti violenti,


di direzione e idoneità degli stessi a cagionare la sottoposizione al dominio straniero
ovvero la menomazione dell’indipendenza e dell’unità dello Stato.

Art. 283 – Attentato alla Costituzione dello Stato


“Chiunque, con atti violenti, commette un fatto diretto e idoneo a mutare la
Costituzione dello Stato o la forma di Governo è punito con la reclusione non
inferiore a 5 anni.”

Delitto di attentato, di pericolo concreto.


Personalità dello Stato  legittima evoluzione costituzionale coi mezzi propri e
consentiti dall’ordinamento giuridico.

Così modificato dalla L.85/2006:


- prima  venivano menzionati:
a) la sola direzione degli atti, caratteristica classica del pericolo solo presunto;
b) i mezzi non consentiti dall’ordinamento costituzionale, ossia innanzitutto i
mezzi violenti, ma anche quelli illeciti diversi dalla violenza (frode, falsità, ecc.).
- ora  vengono menzionati:
a) l’idoneità degli atti oltre alla loro direzione non equivoca, in quanto reato di
pericolo concreto;
b) la violenza degli atti, volendo il legislatore escludere ogni altro tipo di
metodologia della condotta anche se giuridicamente illecita.

Costituzione dello Stato: si intendono qui norme e principi contenuti nella


Costituzione e nelle leggi costituzionali, che costituiscono il complesso giuridico
relativo all’organizzazione, al funzionamento ed ai fini dello Stato (da qui il motivo
per cui la dottrina maggioritaria ritiene superfluo il richiamo alla forma di governo).
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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

Dolo generico c.d. intenzionale: coscienza e volontà di compimento di atti violenti,


di direzione e idoneità degli stessi a mutare la Costituzione dello Stato.

Art. 289 – Attentato contro organi costituzionali e Assemblee regionali


“È punito con la reclusione da 1 a 5 anni, qualora non si tratti di un più grave
delitto, chiunque commette atti violenti diretti ad impedire, in tutto o in parte, anche
temporaneamente:
1) al Presidente della Repubblica o al Governo l’esercizio delle attribuzioni o delle
prerogative conferite dalla legge;
2) alle assemblee legislative o ad una di queste, o alla Corte Costituzionale o alle
assemblee regionali l’esercizio delle loro funzioni.”

Delitto di attentato. Dovrebbe considerarsi non di pericolo presunto come sostengono


alcuni, ma di pericolo concreto nonostante il legislatore non abbia inserito il requisito
della idoneità degli atti (il quale avrebbe sicuramente fatto propendere per una lettura
di questo tipo) e questo per ragioni generali legate all’allineamento di questa
categoria di reati ai principi costituzionali.
Personalità dello Stato  regolare funzionamento e libero esercizio delle prerogative
e delle attribuzioni degli organi e delle assemblee.

Così modificato dalla L.85/2006:


- prima  veniva prevista, con una sanzione più mite, la direzione degli atti al mero
turbamento dell’esercizio delle funzioni, inteso come una semplice intromissione per
ostacolarne lo svolgimento;
- ora  si considera penalmente rilevante l’impedimento (v.infra) e inoltre si
restringe il campo di metodologia della condotta alla sola violenza.

Soggetto attivo: si ritiene che il reato possa essere commesso da persona sia
all’esterno sia all’interno delle istituzioni impedite nel loro funzionamento, a patto
che, in riferimento agli atti di ostruzionismo interno, non si considerino illeciti gli atti
di opposizione, dissenso e resistenza da parte della minoranza.
Impedimento: creazione di ostacoli ed effettuazione di coartazioni sui vari organi per
ottenerne un esercizio difforme dalla volontà di questi.
Presidente della Repubblica: la tutela del capo dello Stato viene qui intesa in senso
funzionale e non individuale (v.infra, art.276).

Dolo generico c.d. intenzionale: coscienza e volontà di commissione di atti violenti


diretti all’impedimento funzionale di uno degli organi citati.

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Art. 276 – Attentato contro il Presidente della Repubblica


“Chiunque attenta alla vita, all’incolumità o alla libertà personale del Presidente
della Repubblica è punito con l’ergastolo.”

Delitto di attentato. È un delitto diverso dai precedenti per la tecnica prescelta:


- attentare  è un concetto più scarno e riassuntivo rispetto a quello dei precedenti
articoli (compimento di atti violenti diretti e idonei), ma che comunque, in base ai
principi dell’art.56, sottintende i requisiti dell’idoneità e della non equivocità della
direzione degli atti posti in essere; inoltre, si esclude la possibilità di una rilevanza
penale, perlomeno ai sensi del presente articolo, di un comportamento omissivo di un
eventuale garante della vita del Presidente (es: guardia del corpo.
- beni tutelati  non sono di carattere direttamente istituzionale, ma si riferiscono ai
beni della persona (vita, incolumità psicofisica, libertà personale).
Personalità dello Stato  inviolabilità fisica della persona che ricopre la carica
attuale di Capo dello Stato, considerato come presidio costituzionale delle istituzioni.

Dolo generico: consapevolezza della qualifica formale della vittima.


Dolo generico c.d. intenzionale: coscienza e volontà di compiere atti diretti e idonei
ad aggredire la vita, l’incolumità o la libertà personale del Capo dello Stato.

Art. 280 – Attentato per finalità terroristiche o di eversione


“Chiunque, per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico, attenta
alla vita od alla incolumità di una persona, è punito, nel primo caso, con la
reclusione non inferiore ad anni 20 e, nel secondo caso, con la reclusione non
inferiore ad anni 6.
Se dall'attentato alla incolumità di una persona deriva una lesione gravissima, si
applica la pena della reclusione non inferiore ad anni 18; se ne deriva una lesione
grave, si applica la pena della reclusione non inferiore ad anni 12.
Se i fatti previsti nei commi precedenti sono rivolti contro persone che esercitano
funzioni giudiziarie o penitenziarie ovvero di sicurezza pubblica nell'esercizio o a
causa delle loro funzioni, le pene sono aumentate di un terzo.
Se dai fatti di cui ai commi precedenti deriva la morte della persona si applicano nel
caso di attentato alla vita, l'ergastolo e, nel caso di attentato alla incolumità, la
reclusione di anni 30. […]”

Delitto di attentato a consumazione anticipata, di pericolo concreto.


Introdotto dalla L.15/1980.
Personalità dello Stato  sicurezza della vita e della incolumità della popolazione
civile tramite la tutela delle istituzioni che sostanziano l’ordinamento democratico.
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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

Terrorismo: indica un insieme di atti feroci e sistematici, indeterminati nel bersaglio,


idonei a spargere il classico e diffuso effetto psicologico del clima di terrore, anche se
diretti al raggiungimento di obiettivi non necessariamente politico-eversivi, ma che in
ogni caso riposi su una base oggettiva in riferimento alla condotta.
[La L.155/2005 identifica il terrorismo comprendendo “le condotte che per loro natura o contesto
possono arrecare grave danno ad un Paese o ad un’organizzazione internazionale e sono compiute
allo scopo: - di intimidire la popolazione; - di costringere i poteri pubblici o un’organizzazione
internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto; - di destabilizzare o distruggere
le strutture politiche fondamentali di un Paese o di un’organizzazione internazionale,
nonché le altre condotte definite terroristiche o commesse con finalità di terrorismo da convenzioni
o altre norme di diritto internazionale vincolanti.”]
Eversione: attività consistente nello sconvolgimento dell’ordine costituzionale,
tramite lo scompiglio delle strutture sociali e democratiche al fine di scardinarle.
Attentato: formula generica che rinvia ai criteri generali del tentativo consistenti nella
non equivocità della direzione degli atti e della loro idoneità (anche solo potenziale,
ma concreta nel rischio) alla produzione dell’evento dannoso; ai fini del presente
articolo, il disvalore del tentativo viene modulato in base al fatto che si stia attentando
alla vita o solo alla incolumità di una persona.

Delitti aggravati dall’evento: la dottrina è divisa sul fatto che siano circostanze
aggravanti o autonome ipotesi di reato:
- comma 2  lesione gravissima o grave, in conseguenza dell’attentato;
- comma 4  morte in conseguenza dell’attentato;
(anche se si tende principalmente a considerarle come circostanze),
mentre è indubbio che si tratti di circostanza aggravante speciale quella di cui al
comma 3.

Dolo specifico: coscienza e volontà di compiere atti idonei e univocamente diretti


contro la vita/incolumità di una persona più coscienza e volontà di effettuare violenza
a fini terroristici o eversivi.

Art. 270 – Associazioni sovversive


“Chiunque nel territorio dello Stato promuove, costituisce, organizza o dirige
associazioni dirette e idonee a sovvertire violentemente gli ordinamenti economici o
sociali costituiti nello Stato ovvero a sopprimere violentemente l’ordinamento
politico e giuridico dello Stato, è punito con la reclusione da 5 a 15 anni.
Chiunque partecipa alle associazioni di cui al primo comma è punito con la
reclusione da 1 a 3 anni.”

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Delitto associativo, di pericolo concreto: l’associazione deve soddisfare il requisito di


idoneità strutturale e funzionale rispetto all’obiettivo sovversivo.
Personalità dello Stato  integrità dello Stato nei confronti delle aggressioni interne
che tendono a sovvertire violentemente l’ordinamento.

Sovversione: sconvolgimento dell’ordine costituito che si realizza quale finalità tipica


di ideologie o movimenti che mirano all’eliminazione di ogni struttura sociale;
elemento di base è la violenza, che presuppone l’uso della forza fisica o della
coazione psichica contro persone e/o cose.

Promotore: chi dà impulso alla costituzione dell’associazione, mediante propaganda o


istigazione altrui, indipendentemente dalla partecipazione in prima persona o dalla
preesistenza di un nucleo di partecipanti.
Costitutore: chi determina la nascita dell’associazione, imprimendole il carattere
violento e sovversivo.
Organizzatore: chi partecipa attivamente all’associazione, assicurandone la
prosecuzione, l’efficienza o lo sviluppo.
Dirigente: chi regola, in tutto o in parte, l’attività associativa, esercitando poteri di
comando su altri associati.
Partecipante: chi svolge attività fungibili tipicamente esecutive, che prescindono dai
compiti di direzione o comando; deve tuttavia trattarsi di attività non occasionale,
utile all’associazione anche quando svolta con l’aiuto di altri.

Dolo generico c.d. intenzionale: coscienza e volontà di promozione, costituzione,


organizzazione, direzione o semplice partecipazione all’associazione, di direzione e
idoneità di sovversione o soppressione violenta dell’ordinamento.

Art. 270bis – Associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale e di


spazio per si eversione dell’ordine democratico
“Chiunque promuove, costituisce, organizza, dirige o finanzia associazioni che si
propongono il compimento di atti di violenza con finalità di terrorismo o di eversione
dell’ordine democratico è punito con la reclusione da 7 a 15 anni.
Chiunque partecipa a tali associazioni è punito con la reclusione da 5 a 10 anni.
Ai fini della legge penale, la finalità di terrorismo ricorre anche quando gli atti di
violenza sono rivolti contro uno Stato estero, un’istituzione o un organismo
internazionale.
Nei confronti del condannato è sempre obbligatoria la confisca delle cose che
servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo,
il prodotto, il profitto o che ne costituiscono l’impiego.”
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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

Delitto associativo, permanente, di pericolo concreto: l’associazione deve soddisfare


il requisito di idoneità strutturale e funzionale rispetto ad un preciso programma di
violenza con finalità terroristica o eversiva.
Personalità dello Stato  integrità dello Stato, degli Stati esteri e degli organismi
internazionali nei confronti di aggressioni che mirano a sconvolgere l’ordinamento
con finalità di terrorismo o di eversione della democrazia.

Soggetti attivi  v.art 270 più:


Finanziatore: chi rifornisce denaro ad associazioni dedite al terrorismo internazionale.
In ogni caso, l’apporto individuale deve essere accertato ex post in termini causali e
deve essere dimostrativo dell’inserimento organico, stabile e continuo del soggetto
nella societas, non bastando una mera accettazione formale del ruolo.

La struttura oggettiva del reato ricalca quella di cui all’art.270 (con l’aggiunta del
carattere internazionale che può rivestire il significato di terrorismo), con la
previsione di pene più aspre dovuta al particolare disvalore di condotta.

Dolo specifico: coscienza e volontà di promozione, costituzione, organizzazione,


direzione, semplice partecipazione o finanziamento riferiti all’associazione, di
utilizzo della violenza più coscienza e volontà del fine terroristico o eversivo.

Art. 302 – Istigazione a commettere uno dei fatti preveduti dai capi primo e
spazio per secondo
“Chiunque istiga taluno a commettere uno dei delitti, non colposi, preveduti dai capi
primo e secondo di questo titolo, per i quali la legge stabilisce l'ergastolo o la
reclusione, è punito, se l'istigazione non è accolta, ovvero se l'istigazione è accolta
ma il delitto non è commesso, con la reclusione da 1 a 8 anni. La pena è aumentata
se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici.
Tuttavia, la pena da applicare è sempre inferiore alla metà della pena stabilita per il
delitto al quale si riferisce l'istigazione.”

Delitto d’istigazione, di pericolo concreto. È in rapporto di specialità rispetto


all’art.414.
La punibilità dell’azione istigatrice ai sensi del presente articolo è prevista a
condizione che essa non sia accolta o, se accolta, che il reato non sia commesso,
altrimenti l’istigatore risponderebbe di concorso nel reato.

Dolo generico c.d. intenzionale: coscienza e volontà di rafforzamento dell’altrui


proposito criminoso preesistente e consistente in uno dei delitti contro la personalità
internazionale o interna dello Stato.
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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

Art. 266 – Istigazione di militari a disobbedire alle leggi


“Chiunque istiga i militari a disobbedire alle leggi o a violare il giuramento dato o i
doveri della disciplina militare o altri doveri inerenti al proprio stato, ovvero fa ai
militari l’apologia di fatti contrari alle leggi, al giuramento, alla disciplina o ad altri
doveri militari, è punito, per ciò solo, se il fatto non costituisce un più grave delitto,
con la reclusione da 1 a 3 anni.
La pena è della reclusione da 2 a 5 anni se il fatto è commesso pubblicamente. […]
Ai fini della legge penale, il reato si considera avvenuto pubblicamente quando il
fatto è commesso:
1) col mezzo della stampa o con altro mezzo di propaganda;
2) in luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone;
3) in una riunione che, per il luogo in cui è tenuta, o per il numero degli intervenuti,
o per lo scopo od oggetto di essa, abbia carattere di riunione non privata.”

Delitto d’istigazione, di pericolo concreto: l’azione di condizionamento istigatorio o


apologetico deve essere idonea a provocare comportamenti altrui lesivi dei beni
tutelati dalla norma incriminatrice. Il giudizio di pericolo si dovrà effettuare ex ante,
in base a tutte le circostanze del fatto concreto, dovendo il giudice accertare che
l’istigazione o l’apologia abbiano raggiunto una forza di persuasione intensa a tal
punto da potersi considerare essa stessa azione, idonea alla induzione a commettere
un fatto illecito tra quelli richiamati dalla norma.
Personalità dello Stato  difesa della patria come dovere spettante alle forze armate.

Istigazione alla disobbedienza: consiste nella induzione a commettere illeciti anche di


solo rilievo disciplinare ovvero di una qualunque legge che si riferisca ai militari
intesi come facenti parte di un corpo delle forze armate dello Stato.
Pubblicità: è una circostanza aggravante che si giustifica in ragione della maggiore
diffusività della condotta penalmente rilevante quando si versa in una situazione o in
un luogo in cui può confluire un numero indeterminato di persone.

Dolo generico c.d. intenzionale: coscienza e volontà di rafforzamento del proposito


di disobbedienza preesistente in capo al militare.

Art. 290 – Vilipendio della Repubblica, delle Istituzioni costituzionali e delle


spazio per Forze armate
“Chiunque pubblicamente vilipende la Repubblica, le Assemblee legislative o una di
queste, ovvero il Governo o la Corte Costituzionale o l’ordine giudiziario, è punito
con la multa da 1000 euro a 5000 euro.

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Esame Diritto Penale II Dati aggiornati giugno 2017 mat. 1489082

La stessa pena si applica a chi pubblicamente vilipende le forze armate dello Stato o
quelle della liberazione.”

Delitto di opinione, di pericolo presunto. Con la L.85/2006 si è passati dalla pena


detentiva della reclusione da 6 mesi a 3 anni, alla attuale pena pecuniaria.
Personalità dello Stato  sentimento nazionale e simboli rappresentativi dello Stato
nell’ottica del prestigio delle istituzioni.

Vilipendio: manifestazione di disprezzo e di critica volgare oltre i limiti leciti della


libera manifestazione del pensiero.
Pubblicità: per una parte della dottrina è condizione obiettiva di punibilità; per altra
parte è elemento costitutivo del reato, con evidenti riflessi circa l’elemento soggettivo
della fattispecie.
Istituzioni: il catalogo ottenuto dal primo e dal secondo comma è tassativo e dunque
non estendibile.

Dolo generico: coscienza e volontà di dispregio delle istituzioni nominate, e secondo


parte della dottrina anche di pubblicità della situazione o del luogo.

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