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πολιτεία

Deriva dal greco antico πολιτεία,πολιτείας di prima declinazione femminile in α


puro, la cui radice πόλις, πόλεως. Viene generalmente tradotto in italiano con
“costituzione”, ma al tempo stesso indica il regime politico, la partecipazione
alla vita civile e il diritto di cittadinanza.

Nasce e si afferma con la polis greca, dove si era cittadini in quanto nati da
genitori entrambi liberi e cittadini, e si esercitavano i diritti civili, di norma,
appena raggiunti i 20 anni, ma a determinate condizioni (proprietà fondiaria,
raggiungimento di un determinato censo minimo ecc.). Negli Stati federali
(lega acarnana, achea, beotica, licia ecc.), i cittadini avevano una doppia
cittadinanza, federale e municipale. Ovunque lo status di cittadino era
permanente: si perdeva solo per atimia o per esilio.

Tanto per la Grecia classica, quanto per Roma, si è spesso parlato della
cittadinanza come di un ‘mestiere’, a significare l’estremo grado di
partecipazione tanto pratica quanto emotiva del cittadino al suo ruolo, ma
anche l’articolato complesso di competenze tecniche e istituzionali necessarie
alla sua espressione. Non è un caso se Atene (ancor più che Roma, spesso
affiancata a Sparta) ha da sempre costituito un punto di riferimento per ogni
grande riformulazione dell’etica comunitaria in termini di civismo,
partecipazione alla cosa pubblica e impegno nella vita collettiva.

Non si deve però dimenticare che la costituzione di un uomo in polítes ha


sempre obbedito a meccanismi di esclusione assai rigorosi: a Sparta, per
esempio, essa coincide con l’opposizione fra l’aristocrazia ristretta degli
Spartiati (l’unica a godere di autentica cittadinanza) e l’insieme, determinato
anche dal punto di vista razziale, dei suoi sottoposti (perieci e schiavi di tipo
ilotico). Ad Atene, nella sua fase di massimo splendore, era cittadino a pieno
titolo soltanto il maschio adulto libero, purché nato da genitori ateniesi e liberi
anch’essi; sin dal VI secolo a.C.

Da questa prima in italiano derivano i termini:

● cosmopolita κοσμοπολίτης, da κόσμος (=mondo) e πολίτης


(=cittadino);
● metropoli μητροπολις da μήτηρ (=madre) e πολις (=città);
● apolita α (=senza) +πολιτεία.
Il contrario ξένος, η, ον (=straniero) è un aggettivo di prima classe a tre uscite,
che presenta la caduta del 𝙁 (ξέν𝙁ος).

Ricordiamo “Costituzione degli Ateniesi” (Αθήναιον πολιτεία) di pseudo-


Senofonte che discute la forma di governo democratica e la società dell’Atene
classica.

In latino deriva da cīvĭtās, civitatis ovvero la condizione di cittadino, diritto di


cittadinanza, designava la città-stato; indicava inoltre l’insieme dei cittadini,
distinguendosi in ciò da urbs, che indicava invece la città come complesso di
edifici e mura. Derivato da cīvis, civis, da cui è nota l’espressione “Civis
Romanus sum” che significa “Sono cittadino romano”: è una locuzione che
indicava l’appartenenza all’Impero Romano. Coloro che non avevano la
cittadinanza erano gli schiavi (servus, servi), le donne (femină, feminae) e i
forestieri (peregrinus, peregrini). Il contrario di cives è lo straniero: advena,
advenae. I Romani chiamavano gli stranieri in più modi: barbarus, barbari per
indicare gli stranieri alla civiltà latina; hostis, hostis per indicare gli stranieri
visti come nemici di Stato e peregrinus, peregrini per indicare lo straniero
privo dei diritti dei cittadini. Nella lingua italiana il termine entrò in
composizione con altri determinativi per formare il nome di diverse città come
ad esempio Civitavecchia. Dall’italiano deriva città, cittadella, cittadino e
dall’inglese deriva city.

SITOGRAFIA:
https://education.rai.it
https://mondadorieducation.it
https://www.sapere.it/enciclopedia/civitas.html
http://www.uciimtorino.it/i_romani_e_gli_stranieri.htm
Dizionario Rocci Greco-Italiano
Dizionario Castiglioni-Mariotti Latino-Italiano

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