Una sintesi
Michele Morreale
Premessa
La Costituzione è l’“insieme delle norme giuridiche che regolano le strutture fondamentali
dello Stato e i suoi rapporti con i cittadini”.1 Si tratta di una definizione abbastanza
semplice e intuitiva, bisognosa tuttavia di qualche precisazione.
Generalmente, si è inclini a credere che sia sufficiente la presenza di una Carta
costituzionale a garantire diritti e libertà ai cittadini. Ebbene, no. Esistono – o sono esistite
- costituzioni illiberali o così flessibili, ovvero modificabili con leggi ordinarie, prive di
questa capacità. Lo Statuto Albertino, per esempio, non impedì l’affermarsi del fascismo
pur disponendo di un articolato che formalmente assicurava le libertà individuali. Come
mai? In ragione proprio della sua flessibilità esso si conformò sia a una monarchia
parlamentare sia a un sistema dittatoriale. In particolare, il fascismo sfruttò
un’interpretazione estensiva dell’articolo 32 dello statuto relativo all’ordine pubblico e al
suo mantenimento.
Perché dunque una Carta costituzionale stia a fondamento e a garanzia delle libertà deve
necessariamente essere improntata ai principi del costituzionalismo. Il costituzionalismo è
quell’insieme di dottrine che ammettono come “costituzionali” solo quelle carte che
garantiscono la divisione dei poteri e le libertà personali. La Costituzione italiana è una di
queste. Un confronto con lo Statuto Albertino servirà a esemplificare meglio.
Nel suo secolo di vita, lo Statuto ha sorretto sistemi politici diversi, quello liberal-
parlamentare e quello totalitario del fascismo. Senza avvertirne la necessità di cambiarlo,
Mussolini si limitò a subordinare alle leggi fascistissime la Carta sabauda, consegnando ad
alcuni articoli – come detto il numero 32 sull’ordine pubblico – un peso maggiore e
un’interpretazione più autoritaria.
A fine giugno dello stesso anno l’Assemblea elegge Enrico De Nicola primo Capo dello
stato. Forma, inoltre, la Commissione per la Costituzione composta da 75 membri – e per
questo chiamata più comunemente Commissione dei 75 – scelti in numero proporzionale ai
voti ottenuti dai partiti. Invero, i lavori dei Padri Costituenti si svolgono in tre
Sottocommissioni, la cui presidenza è affidata a rappresentanti dei maggiori partiti.
Umberto Tupini (DC) è alla guida della Sottocommissione dei Diritti e doveri dei cittadini;
Umberto Terracini (PCI) alla Organizzazione costituzionale dello Stato e Gustavo
Ghidini (PSI) presiede la terza, quella sui Rapporti economici e sociali.
La Commissione dei 75 inizia i suoi lavori il 20 luglio 1946, li conclude con l’approvazione
definitiva dell’Assemblea costituente il 22 dicembre 1947 con 453 voti a favore e 62
contrari. La Costituzione italiana entra in vigore il 1° gennaio 1948.
2
Il cosiddetto Patto o svolta di Salerno, avvenuta nell'aprile del 1944, prende il nome da una iniziativa
di Palmiro Togliatti leader del PCI, probabilmente su impulso dell'Unione Sovietica, finalizzata a trovare
un compromesso tra partiti antifascisti, monarchia e Badoglio, che consentisse la formazione di
un governo di unità nazionale al quale partecipassero i rappresentanti di tutte le forze politiche presenti
nel Comitato di Liberazione Nazionale, accantonando quindi temporaneamente la questione
istituzionale. L'iniziativa si concluse con l'accettazione di una mediazione di Enrico De
Nicola concernente il trasferimento di tutte le funzioni ad Umberto di Savoia, quale Luogotenente del
Regno e l'indizione di una consultazione elettorale per un'Assemblea Costituente per la scelta della
forma dello Stato solo al termine della guerra. [Fonte Wikipedia, con rettifiche]
La Costituzione è dunque frutto di un compromesso tripartito (DC-PCI-PSI) – come
sostenuto da subito da Piero Calamandrei – ma a cui non fece mancare l’appoggio
perplesso ma costruttivo dell’area liberale. Avvocato, giurista e accademico di fama, Piero
Calamandrei – tra i fondatori del Partito d’Azione, gruppo di ispirazione liberal-sociale – è
tra i Padri Costituenti una voce libera e spesso critica rispetto alla scelte compiute 3.
Nonostante ciò , la sua adesione al risultato finale dà il senso e lo spessore storico della
validità della carta costituzionale. In un suo celebre discorso ai giovani universitari, nel
salone degli affreschi della società umanitaria Milano, del 26 gennaio 1955 così si esprime:
In questa nostra Costituzione c’è tutta la nostra storia, tutto il nostro passato, tutti i
nostri dolori, tutte le nostre sciagure, le nostre glorie. Sono sfociati qui, in questi
articoli e, a sapere intendere, dietro questi articoli si sentono le voci lontane … E
quando io leggo nell’art. 2: “l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà
politica, economica e sociale”; o quando nell’art. 11: “l’Italia ripudia la guerra come
strumento di offesa alla libertà degli altri popoli”, la patria in mezzo ad altre patrie
… ma questo è Mazzini! O quando io leggo nell’art. 8 “tutte le confessioni religiose
sono ugualmente libere davanti alla legge”, ma questo è Cavour! O quando io leggo
nell’art. 5: “la Repubblica è una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie
locali”, ma questo è Cattaneo! O quando nell’art. 52 io leggo a proposito delle Forze
armate: “l’ordinamento delle FF.AA. si informa allo spirito democratico, ma questo è
Garibaldi! E quando leggo all’art. 27 “non è ammessa la pena di morte”, ma questo è
Beccaria! […] Ma ci sono anche umili nomi, voci recenti […] dovunque è morto un
italiano per riscattare la libertà e la dignità […] lì è nata la nostra Costituzione.
Dunque compromesso è stato, ma di alto livello. Risultato del sangue e del genio – per
usare una formula nicciana – della storia recente e meno recente del popolo italiano.
3
Valga per tutte la battaglia - perdente - che Calamandrei intraprese perché il sistema democratico della
Repubblica fosse presidenziale e non parlamentare. I suoi timori di una politica consegnata alla
partitocrazia – secondo il neologismo di Roberto Lucifero – non si sono certo rivelati infondati.
sedute parlamentari di allora ci restituisce infatti appieno l’immagine di un consesso di
persone consapevoli del legame tra parole e concetti.
Se si dovesse dunque indicare un nucleo capace di portare alla luce l’unitarietà dei Principi
fondamentali, che cosa dovremmo riconoscere? Per molti esperti la risposta è il valore
della persona umana.4 Le tre aree culturali dei Padri costituenti – quella cattolica, quella
marxista, quella liberaldemocratica – hanno permesso di declinare in modi differenti,
sorvolando le vicende e gli interessi politici quotidiani 5, i fondamenti della Costituzione.
Limitiamoci a pochi cenni. Senza il lavoro, un individuo ha dignità di persona o diviene una
cosa alla mercé di altri?6 Questo allora è l’Articolo 1 e l’Articolo 4 (L’Italia è una Repubblica
fondata sul lavoro/ La Repubblica riconosce … il diritto al lavoro), nella cui parola-chiave si
condensa la dignità umana (cattolici), la dignità sociale (sinistra) e quella dell’espressione
del proprio merito (liberali). Il valore della persona cambia a seconda le circostanze
storiche? No. L’Articolo 2 “riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo”. Non deve
più accadere che la politica possa definire un uomo una non-persona, come si fece in Italia
con le leggi razziali del 1938. I diritti inviolabili stanno oltre la sfera politica e sociale: non
possono essere dettati dalle diseguaglianze economiche, di genere, di razza, di opinioni
politiche e religiose (Articolo 4), né si può pretendere di toglierli alle minoranze (Articolo
6), agli stranieri (Articolo 10) o di impiegare la guerra per sottrarli agli altri popoli
(Articolo 11).
La formulazione di questi articoli non è stata facile né lineare, tant’è che l’accordo talvolta
non riesce a nascondere tensioni e diversità in alcuni casi palesi. Per citare una sola
questione: l’Articolo 7 a lungo paralizzò i lavori dei Settantacinque. Alla componente
marxista e liberale la menzione esplicita e diretta dei Patti lateranensi e della centralità
assegnata al cattolicesimo pareva contrastare con l’antifascismo costituzionale e
l’uguaglianza delle religioni sancito nell’Articolo 4. Per una decisione inaspettata del
leader comunista Togliatti, nella notte tra il 25 e il 26 marzo del ’47, i lavori poterono
proseguire. Dalla parte laica dei Padri Costituenti – che se compatta costituiva
maggioranza - la concessione di ammettere la formulazione cattolica dell’Articolo 7 fu
vissuta come un tradimento. In ogni caso, i primi dodici articoli – o almeno buona parte di
essi – hanno il merito di fondare una società liberale e sociale che cancellava la struttura
totalitaria del fascismo.
Uguaglianza Libertà
Valore Persona
(della persona) (della persona)
teologia medievale
filosofi antihegeliani e Karl Marx John Locke
Teorici
antiliberali socialisti utopisti John Stuart mill
kierkegaard
4
Stefano Rodotà (1933-2017) – giurista di fama internazionale – ha usato a tal proposito la formula
“costituzionalizzazione della persona” per indicare il processo di acquisizione giuridica dell’idea di
persona.
5
Nei due anni circa in cui rimase operativa, l’Assemblea Costituente funse anche da governo che ebbe
maggioranze varie. Ebbene i lavori della Commissione dei 75 non si fecero influenzare dalla contingenza
del momento politico.
6
Kant distingue l’uomo dalla cosa in relazione all’uso strumentale che possiamo farne. Una persone è
sempre un fine e mai un mezzo.
Padri
costituen Moro, Dossetti, La Pira Togliatti, Jotti, Einaudi, La Malfa
ti
7
Umberto Terracini politico, tra i fondatori con Gramsci del PCI.
8
Mario Cingolani (1883-1971) politico DC, senatore a vita
9
Ovviamente al momento della discussione tra i costituenti della Commissione dei 75, la numerazione
degli articoli non coincideva in genere con quella definitiva
In chiusura proponiamo un articolo di Sergio Bontempelli uscito in occasione della
querelle di cui abbiamo riferito che ricostruisce bene le circostanze entro cui maturò il
dibattito e fornisce una chiave di lettura che condividiamo appieno.