In Italia il primo governo successivo alla liberazione fu quello di Ferruccio Parri (P.Azione), composto
dai sei partiti del CLN: il Partito comunista di Togliatti, quello socialista di Pietro Nenni, quello
d’azione di Parri, la democrazia cristiana di Alcide de Gasperi, il Partito liberale di Benedetto Croce e la
democrazia del lavoro ci Bonomi. Parri voleva attuare un processo di epurazione togliendo gli ex
esponenti fascisti dalle cariche elevate, ma accantonò il progetto per evitare conflitti. Inoltre propose
un'imposta tributaria, per portare avanti un processo di normalizzazione del popolo italiano. Ma già al
termine del 45 il governo Parri fu messo in crisi dai liberali e iniziò così una lunga serie di governi
guidati da Alcide De Gasperi. Ma fino al 47 rimase intatta l’unità dei partiti antifascisti.
il 2 giugno 1946 Gli italiani vennero chiamati a scegliere con un referendum la forma istituzionale del
nuovo stato, monarchia o Repubblica, e al tempo stesso ad eleggere per la prima volta suffragio
universale, con la partecipazione al voto anche delle donne, l'assemblea costituente incaricata di
redigere la Costituzione. A favore della Repubblica si pronunciarono comunisti, socialisti, nazionalisti e
repubblicani mentre a favore della monarchia si schierarono il partito liberale e i monarchici. La
Democrazia Cristiana, che era spaccata, ma a prevalenza monarchica, lascò libertà di coscienza agli
elettori nel referendum, per evitare spaccature e scontri, per non perdere il voto dei repubblicani ma
soprattutto per dare una possibilità in più alla monarchia (Repubblica vista con diffidenza -> poteva
sfociare in un governo di sinistra.) Ottenne poi molti consensi anche un gruppo creato da Guglielmo
Giannini nel dicembre del 44, L'Uomo qualunque. esso si fece interprete di una protesta contro tutti i
partiti, si parla di qualunquismo per la mancanza di fiducia verso una democrazia ancora sconosciuta e
verso il fascismo. Il referendum istituzionale vide prevalere La Repubblica, Con uno scarto di due
milioni di voti. La scelta monarchica fu largamente maggioritaria nel mezzogiorno, che aveva
conosciuto la resistenza solo marginalmente.
All'assemblea costituente (556 persone tra cui 21 donne) la democrazia cristiana ottenne molti seggi. fu
scelta poi una commissione di 75 persone divise in 3 sottocommissioni, tutte presiedute da Meuccio
Ruini. le tre sottocommissioni si occuparono la prima, con a capo Umberto Tupini (Dc), di Diritti e
doveri dei cittadini, la seconda, con Umberto Terracini (PC) dell’organizzazione dello stato, e la terza,
con Gustavo Ghidini (PS) dei principi fondamentali. La costituzione fu firmata il 22 dicembre del 47’,
ma entrò in vigore il 1 gennaio del 48. Dal 46 al 48 fu presidente transitorio De Nicola, ma il primo vero
presidente fu Einaudi.
Tuttavia la Costituzione non rinnovò immediatamente lo stato e la società. Per molti anni si ebbe infatti
una democrazia congelata: La Corte Costituzionale non iniziò la sua attività prima del 1956, e solo
allora furono aboliti i codici e leggi del periodo fascista.
Fu un ostacolo anche il clima della guerra fredda, che favorì, nella lotta al comunismo, la permanenza
di leggi, apparati di Stato, personale amministrativo e culture forgiati nel ventennio fascista. Questi
elementi di continuità con il passato contribuirono a limitare l'innovazione, come l'affermarsi del
pluralismo politico o un sistema basato su partiti di massa.
QUESTIONE TRIESTINA
Il confine che corre fra l'Italia e l'ex Jugoslavia è stato a lungo conteso tra la fine della seconda guerra
mondiale e la nascita della Repubblica italiana.
Nella primavera del 1945, dopo un ventennio di dittatura e due anni di guerra civile, a liberare la
Venezia Giulia e la penisola istriana non sono i Partigiani del CLN con gli eserciti alleati, ma gli uomini
del Maresciallo Tito, capo della Resistenza comunista jugoslava, che il primo maggio entrano a Trieste,
una terra di mezzo in cui convivono slavi e italiani, spesso teatro di tensioni.
Tito ha le idee chiare: ovunque vivano sloveni e croati quella dovrà essere Jugoslavia. Per questo ritarda
la liberazione di Lubiana e Zagabria e anticipa quella di Trieste nel tentativo di sottrarre la città e il
territorio circostante all'Italia.
Dal 42 per ordine di Mosca la Resistenza comunista giuliana è sotto il controllo sloveno. Questo ha
comportato una violenta frattura nel CLN locale tra filo titini e non. Ma alla fine del conflitto tutti i
Partigiani italiani vengono tenuti lontani dal fronte Triestino per evitare scontri, e alla fine è la quarta
armata jugoslava a entrare a Trieste. Gli alleati arrivano con un giorno di ritardo, e se gli inglesi
intendono prendere il controllo della città ad ogni costo gli americani non vogliono aprire una crisi con
i sovietici vicini a Tito. (Tito poi è considerato deviazionista da Stalin)
Dopo la liberazione l'Armata jugoslava non intende andarsene. Tito considera la terra sua per diritto,
quindi il suo esercito si comporta come esercito regolare e non di occupazione. Queste settimane sono
segnate dalla violenta repressione di quanti sono considerati avversari della missione jugoslava, e ciò
deriva anche dal fatto che il ventennio fascista era stato tremendo e aveva creato molta tensione e
desiderio di vendetta.
La violenza jugoslava aveva già trovato sfogo dopo l'8 settembre 43 quando alla disfatta dello Stato
Italiano erano seguite sanguinose ritorsioni per i fascisti veri o presunti. così anche ora il Tribunale
militare e la Polizia segreta partigiana realizzano in poche settimane un bagno di sangue.
Nel 43 scoppiano anche in Venezia Giulia le foibe, pratiche correnti nella lotta di liberazione jugoslava.
Le Foibe sono fenditure nel terreno tipiche del territorio carsico, profonde anche molte decine di metri.
Qui gli jugoslavi gettano i corpi di migliaia di italiani, tedeschi e slavi spesso fucilati. In Italia si è a
lungo dibattuto sulle ragioni di questo eccidio: vittime fasciste, si è detto, crimini che possono essere
giustificati. Oggi le interpretazioni sono differenti, molte volte è stato detto che le vittime sono state
uccise soltanto in quanto italiani e questo è contemporaneamente vero e falso: se per italiani lo
intendiamo in senso etnico è falso. L'ordine era epurare non sulla base della nazionalità ma del
Fascismo, non su base etnica ma politica.
Tra gli assassinati ci sono militari e fascisti ma anche membri delle forze dell'ordine Partigiani italiani
anticomunisti, e persone considerate semplicemente ostili agli slavi. Sono migliaia coloro che vengono
deportati con vere e proprie marce della morte.
Nel frattempo un atro problema è la fame: gli alleati impediscono gli approvvigionamenti al Friuli e la
Jugoslavia non ha abbastanza cibo da mandare verso Trieste. In questa situazione il soccorso arriva dal
Vaticano. Nel frattempo però gli americani si sono convinti dell'importanza strategica del Porto di
Trieste, mentre Mosca puntata ad altri territori e ha bisogno di contropartite. Così Stalin intima Tito di
trattare per il ritiro dei suoi dalla città.
Presto arriva l'accordo con il generale Alexander, capo delle forze alleate in Italia, e il 12 giugno i titini si
ritirano oltre la linea Morgan proposta dagli anglo-americani che divide l'intera aria in una zona A
controllata dagli alleati e in una zona B controllata dagli jugoslavi. È una soluzione transitoria e la
definizione dei Confini è rinviata alla conferenza di pace. Quello stesso giorno arrivano i militari alleati
a Trieste.
In quei mesi si cerca la normalità negli eventi mondani o sportivi: il 30 giugno Trieste attende il Giro
d'Italia, e ciò riavvicina simbolicamente la città alla patria. Ma sul destino di Trieste non tutti sono
d'accordo, così a circa 30 km dall'arrivo i ciclisti sono accolti da una violenta sassaiola, poi lo scontro a
fuoco tra manifestanti e polizia Finché la tappa non è annullata.
Nel frattempo ha preso avvio a Parigi la conferenza di pace: si decide il futuro dell'Istria e della Venezia
Giulia.
L'Italia al tavolo non c'è perché è un paese sconfitto, e il suo peso internazionale di fatto è annullato. La
Jugoslavia invece è una nazione vincitrice che può vantare il sostegno di Mosca. Il confine da tracciare
ha assunto un valore di portata mondiale. Winston Churchill richiama la città Giuliana in uno dei suoi
discorsi più celebri, definendola il fronte del nuovo scontro di quella guerra fredda che vedrà per
decenni opporsi democrazie occidentali.
A Trieste in questi anni la maggioranza dei comunisti italiani si schiera a favore dell'annessione alla
Jugoslavia di Tito. La politica dei comunisti jugoslavi era una politica rivoluzionaria che voleva
estendere la rivoluzione in Italia, e questa prospettiva rivoluzionaria interessava moltissimo anche
comunisti italiani.
Sull'altro versante politico intorno alla Democrazia Cristiana convergono le forze che vogliono il ritorno
sotto il tricolore di Trieste. La fattura fra i partiti che In Italia stanno costituendo i governi di unità
nazionale si fa sempre più profonda. A Roma invece i comunisti Tentano la mediazione: Palmiro
Togliatti, Ministro di Grazia e Giustizia del primo governo De Gasperi, seppur vicino a Tito, insiste
perché Trieste resti italiana. A Belgrado nel novembre del 46 Tito comunica la disponibilità alla
cessione di Trieste al prezzo di un'altra città, Gorizia. Ma è uno scambio che De Gasperi rifiuta.
Da Parigi vengono invece inviati nell'area i commissari delle quattro nazioni vincitrici per formulare la
proposta di confine. Gli americani propongono una linea vantaggiosa per gli italiani, l'URSS per i
jugoslavi, finché la Francia non divide il territorio a metà.
Alla conferenza di si affronta anche il tema dell'Alto Adige, dove buona parte della popolazione di
lingua tedesca chiede l'annessione all'Austria. Con gli accordi tra De Gasperi e il ministro austriaco
Kruder viene confermato il confine tracciato dopo la prima guerra mondiale e sono concesse anche
tutele alla minoranza tedesca. Trattare alla pari con Tito invece è impossibile, così prende sempre più
corpo l'ipotesi di fare della città di Trieste territorio libero, ma per De Gasperi è una soluzione
irragionevole.
A Trieste le violenze continuano, ma in molti continuano a sperare l’annessione all’Italia. Un caso
particolare quello di Pola, la principale città dell'Istria, un'enclave occupata dagli alleati nel territorio
jugoslavo. Ci sono molte manifestazioni di vicinanza a Roma->episodio Vergarolla.
Nel 1947 viene firmato il Trattato tra l'Italia e le Nazioni vincitrici. l'Italia dice addio ai possedimenti
coloniali. Lungo il confine nord orientale la linea di confine ricalca proprio la proposta francese: alla
Jugoslavia vanno tutta la penisola istriana, Zara, Fiume, le Isole dalmate del Quarnaro e gran parte
della Venezia Giulia; Gorizia e la sua provincia vengono divise. Ma la linea francese aveva un pregio
lasciava Trieste all'Italia, il Trattato invece dichiara Trieste territorio libero, cioè uno stato neutrale
sotto l'egida delle Nazioni Unite.
Il governo italiano ha però chiesto che il trattato sia ratificato dalla Costituente. I mesi che seguono la
firma sono turbolenti e segnano la fine dei governi di unità nazionale: Il Partito Socialista di Pietro
Nenni vive una scissione, Alcide De Gasperi esclude i comunisti dall'esecutivo. Personalità di spicco si
oppongono alla ratifica, tra loro Don Luigi Sturzo, l'ex presidente del consiglio Vittorio Emanuele
Orlando e il filosofo Benedetto Croce.
É il ministro degli Esteri Carlo Sforza a comunicare all’Italia la ratifica, proprio lui che 27 anni prima
aveva firmato il Trattato di Rapallo, annetteva al Regno d'Italia Trieste, Pola e il resto di quell'aria che
ora viene ceduta agli jugoslavi.
Gli italiani ormai oltre confine devono affrontare non solo il dolore per l'addio alla patria, ma anche la
paura del trattamento riservato loro: le partenze degli italiani diventano un fenomeno di massa. Esodo
giuliano-dalmata.
De Gasperi tenta di scoraggiare l'emigrazione di massa, perché sperava nella revisione del trattato di
pace, una modifica delle frontiere. Ma ciò si poteva rivendicare solo se il territorio continuava ad essere
abitato da italiani. Tuttavia nel territorio jugoslavo la situazione è tesa e dopo le foibe le violenze non si
sono fermate. Le persone lasciano tutto e fuggono, per essere ospitati negli oltre 100 centri di raccolta
sparsi in tutte le regioni italiane. l'Italia li accoglie spesso contro voglia.
Contro gli esuli vi è un forte pregiudizio, e quando arrivano Italia trovano accoglienza molto variegate
da parte della popolazione: in moltissimi casi ci sono delle vere e proprie gare di solidarietà patriottica;
tuttavia c'è una forte propaganda del Partito Comunista secondo la quale chi abbandona la Jugoslavia
comunista è fascista. Allora abbiamo episodi anche di odio. Celebre l'episodio alla stazione di Bologna,
dove i ferrovieri si rifiutano di rifornire di acqua e cibo un treno che trasporta i profughi.
Per Trieste sono ancora anni tormentati ma la rottura tra Tito e Stalin segna un punto di svolta.
Belgrado non accetta di sottomettersi allo stato guida, e così Tito e i suoi vengono accusati di
deviazionismo dal Cominform.
La Jugoslavia perde l'appoggio di Mosca ma diviene un potenziale alleato delle democrazie occidentali,
che ora lo sostengono. Per questo quando nel 53 De Gasperi si dimette, Tito dichiara la necessità di
liquidare il problema, facendo di Trieste una città internazionale e annettendo il retroterra alla
Jugoslavia. Il nuovo presidente del consiglio Giuseppe Pella non accetta intimidazioni, mobilita le
truppe al confine e propone il referendum popolare per un'area abitata in maggioranza da italiani.
Si voleva chiedere il plebiscito per Trieste, ma probabilmente si sarebbe perso, e poi si sarebbe dovuto
fare anche quello per il Brennero che sicuramente sarebbe stato perso.
In seguito le trattative trovano un nuovo vigore grazie anche alla mediazione di inglesi e americani.
Il 5 ottobre 1954 i governi coinvolti firmano il memorandum di Londra, si accordano per il passaggio
della zona A con la città di Trieste all'amministrazione Civile italiana e della zona B da quella militare a
quella civile jugoslava. Si dovranno però attendere il 1975 e il trattato di Osimo perché il confine
tracciato a Londra diventi definitivo. Il 26 ottobre 1954 il contingente alleato lascia la città ed entrano i
bersaglieri, i carabinieri, le navi italiane. È una festa per migliaia di persone, si intonano l'inno di
Mameli e Va pensiero.
Gli italiani che vivono nella zona istriana continuano invece a soffrire la sconfitta.
CENTRISMO
Nel giugno del 1947 ci fu una svolta che porterà al fenomeno del centrismo, ovvero l'estromissione delle
sinistre dal governo e la rottura del governo di unità nazionale, a seguito del viaggio diplomatico di De
Gasperi negli Stati Uniti e la scissione di palazzo Barberini. De Gasperi cercava il sostegno politico e
finanziario da parte dell'America, e dovette quindi unirsi alla sua lotta contro il comunismo. Questo per
avere accesso al piano di aiuti economici ai paesi dell'Europa occidentali messo a punto dall'America, il
piano Marshall. Questo percorso porterà successivamente alla nascita della NATO, un'alleanza militare
in funzione antisovietica a cui parteciperanno gli Stati Uniti e paesi dell'Europa Occidentale. Nel
frattempo si era verificata la scissione Barberini, una spaccatura all'interno del partito socialista che
porta la nascita del partito socialdemocratico presieduto da Saragat, che seguiva la linea atlantista
aderendo ai governi di centro. (Togliatti invece collaborava con Stalin, che gli propose addirittura di
assumere la guida del Cominform). De Gasperi ne approfittò per creare una crisi di governo, operare un
rimpasto di governo ed estromettere le sinistre.
La fase del centrismo va dal 18 aprile del 48, quando alle elezioni la DC ottenne la maggioranza dei voti
e dei seggi, al 7 giugno del 53, quando con la legge truffa, De Gasperi uscì di scena. Si tratta di anni
complicati, di grandi riforme ma anche di grandi scontri.
Fino a un anno prima la DC aveva governato insieme ai comunisti e ai socialisti, per poi diventare
primo partito. Comunisti e socialisti, uniti nel movimento del fronte Popolare, ottennero solo il 31%.
De Gasperi scelse comunque di formare il governo insieme a repubblicani democratici e liberali. Si
parla per questo di centrismo. Furono molte le questioni che il centrismo dovette affrontare, perché
l'Italia aveva bisogno di grandi riforme per ripartire dopo la guerra. La DC aveva interessi interclassisti
e anche dirigenti avevano idee diverse. Le due anime della DC erano quella dei dossettiani, più di
sinistra, detti anche professorini, con esponenti come Fanfani, Dossetti e la Pira, e i liberali con De
Gasperi. Questi due gruppi avevano una diversa visione sulle scelte dell'esecutivo: a sinistra si volevano
riforme più radicali.
Tra queste riforme vi era innanzitutto la Legge agraria. L'Italia aveva ancora un’economia rurale. I
contadini vivevano in miseria e le terre erano in mano a pochi, grandi latifondisti. Per questo si voleva
la redistribuzione delle terre ai contadini. Inizialmente gli interessi dei grandi latifondisti vennero difesi
da De Gasperi e dai liberali. Ma poi in seguito a varie proteste, De Gasperi, nell’ ottobre del 50, varò
riforma solo per alcune zone d'Italia; quindi la riforma rimase parziale.
Un'altra importante riforma fu il piano Ina casa Fanfani, per costruire edifici e alloggi per gli operai con
il finanziamento dello Stato e dei lavoratori, attraverso la cessione di una parte dello stipendio. Dal 49 a
56 furono costruite 4700 nuovi alloggi e ciò diede anche una spinta al settore edilizio. Un’altra riforma
fu la legge tributaria di Vanoni del 51 che introdusse la dichiarazione dei redditi e un sistema più equo
delle tassazioni. Nello stesso anno fu anche istituita la cassa del Mezzogiorno per favorire la costruzione
di infrastrutture nel sud. Si voleva portare avanti anche una riforma della Pubblica amministrazione
che però fu abbandonata a causa di contrasti interni.
La DC fu sostenuta anche dalla mobilitazione del mondo cattolico e delle varie associazioni da esso
create, ma riuscì a strappare consensi anche ai partiti di sinistra, i lavoratori. Nacque la CDL,
Confederazione lavoratori cattolici, con segretario Giulio Pastore.
Il Partito Comunista nel frattempo aveva il vertice Palmiro Togliatti. Tuttavia il 14 luglio del 48 subì un
attentato da un estremista di destra, Pallante, che gli sparò tre colpi di pistola mentre usciva da
Montecitorio con Nilde Iotti. In poche ore si svilupparono molte proteste e fu dichiarato lo sciopero
generale. Si sviluppò un clima da guerra civile: secondo il vicesegretario Pietro Secchia, il PCI non
aveva intenzione di insorgere, mentre secondo Giorgio Amendola alcuni militanti del PC che
aspettavano l'ora X della rivoluzione avevano visto nell’attentato a Togliatti un'occasione per salire al
governo con le armi. Per questo il PCI chiese agli iscritti di riporre le armi. Per molti anni il PCI
conservò la doppiezza, cioè l'equilibrio tra le spinte rivoluzionarie e l'accettazione del sistema
democratico. Ambiguo era anche il rapporto con l'URSS, che nel 51 rischiò di rompersi, poiché Togliatti
rifiutò l'incarico che gli era stato offerto da Stalin di guidare il Cominform, l'organismo che coordinava
l'azione dei partiti comunisti europei. Togliatti avrebbe dovuto lasciare l'Italia per dirigersi a Praga in
un luogo segreto e guidare un'organizzazione di tipo cospirativo. Tuttavia Togliatti rifiutò perché voleva
che il PCI si affermasse nella democrazia in modo legale.
Nel 48 la divisione tra blocco Atlantico e Sovietico si fece più netta. Truman promise aiuti a chi fosse
passato al Blocco Atlantico, mentre Stalin aumentò la sua influenza in Europa con un colpo di stato in
Cecoslovacchia e con il blocco degli accessi a Berlino ovest. Era quindi un clima di tensione, si temeva lo
scoppio della terza guerra mondiale. Per questo l'Inghilterra, la Francia e paesi del Benelux firmarono il
patto di Bruxelles, trattato di assistenza militare in caso di attacco. L'intervento sovietico in una di
queste Nazioni avrebbe causato la reazione dell'America. Questo patto è alla base del Patto Atlantico tra
America e stati alleati. Inizialmente L'Italia non era compresa nel patto, ma De Gasperi sviluppò le
condizioni affinché l'Italia potesse entrare. Tuttavia dovette fronteggiare due oppositori: gli inglesi e il
mondo cattolico.
De Gasperi e Sforza quindi negoziarono con l'Inghilterra e trattarono con la Chiesa fino a quando Pio
XII del discorso natalizio del 48 accennò a “grandi alleanze” per mantenere la pace.
Il 4 aprile del 49 l'Italia entrò ufficialmente nel Patto Atlantico, ma De Gasperi incontrò l'opposizione di
socialisti e comunisti. Nonostante ciò il 10 agosto del 49 il patto fu ratificato.
A questo punto De Gasperi si adoperò per l'integrazione tra i paesi dell'Europa Occidentale e per la
creazione di una comunità europea. Questo progetto iniziò con gli accordi economici: nel 1950 la
Francia propose la creazione di un ente comune per la gestione della produzione Carbo Siderurgica, a
cui aderirono Germania Benelux e Italia. Nacque la Ceca (Comunità Europea Carbone Acciaio). Fu
proposto anche un primo tentativo di collaborazione militare, la CED (Comunità Europea di Difesa), un
esercito comune che avrebbe portato anche all'unità federale dell’Europa. Ma nel 54 il progetto venne
accantonato.
Nelle elezioni del 51 la DC perse il 10% dei voti che andarono alla nuova alleanza di destra tra
monarchici e neofascisti. Anche il governo si indebolì poiché uscirono dall'esecutivo i liberali e i
socialdemocratici. Solo il partito repubblicano rimase ad appoggiare De Gasperi. Dossetti nel frattempo
lasciò la politica poiché riteneva che gli spazi fossero chiusi per realizzare ciò che voleva, ovvero riforme
più importanti, e che De Gasperi fosse troppo preoccupato della scissione a destra del partito.
Invece nelle elezioni del Consiglio di Roma del 52 la destra assunse più peso a causa della parte più
conservatrice dei cattolici. Più XII suggerì alla DC un’alleanza con le destre per impedire che Roma
diventasse comunista. Egli individuò in Luigi Sturzo, ex leader del Partito Popolare, l'uomo perfetto per
questa alleanza. Ma l'operazione Sturzo fu bloccata da De Gasperi, che temeva il crollo del sistema
politico da lui creato, il centrismo. Inoltre non voleva che si rompesse la divisione tra stato e chiesa.
La DC vinse l’elezione senza l'appoggio dei neofascisti, ma il pontefice fece pesare a De Gasperi la sua
scelta.
Nel 52 molte città come Bari e Foggia passarono alle destre. Anche a Napoli il monarchico Achille
Lauro prima tentò un accordo con la DC, per poi presentarsi da solo e diventare sindaco. Nel nord e nel
centro avanzavano invece che sinistre con Nenni.
L'alleanza centrista sentiva quindi di non avere più una solida maggioranza. Appunto per questo
innanzitutto propose un progetto di Legge in difesa dell'ordine pubblico, la Polivalente. Questa
prevedeva la riduzione del diritto allo sciopero e l'eliminazione del disfattismo. Addirittura si pensò di
rendere illegale Il Partito Comunista il Movimento Sociale, fondato nel ’46, che richiamava la
Repubblica di Salò. Ma dopo l'opposizione anche interna la legge decade. Fu approvata solo la legge
Scelba che vietava la ricostituzione del partito fascista.
La seconda proposta della DC fu una Legge elettorale per favorire l'alleanza centrista, che assegnava un
premio a chi avesse ottenuto la maggioranza con il 50% dei voti + 1. Il premio consisteva nel 65% dei
seggi.
Le opposizioni la chiamarono Legge truffa; anche all'interno della DC alcuni esponenti ritenevano che il
premio fosse sproporzionato, ad esempio Corbino che propose di ridurre il premio a metà. Corbino
diede poi vita nuovo partito, Alleanza Democratica Nazionale, mentre Parri e Calamandrei fondarono il
partito Unità Popolare, uscendo dalla maggioranza. Alla fine, con voto di fiducia, la legge passò nel 53.
Nelle elezioni del 53 si votò per il rinnovo del Parlamento italiano. La DC vinse ma non riuscì a ottenere
il 50% dei voti più 1, ma solo il 49%. I pochi voti di differenza andarono proprio all’Alleanza
Democratica Nazionale e al Partito di Unità Popolare. La colpa ricadde su De Gasperi che dopo 7
governi, si dimise indicando lui stesso il successore, Fanfani, che salì nel 54 e favorì un'apertura a
sinistra. Poche settimane dopo De Gasperi morì.
BOOM ECONOMICO
Nella seconda metà degli anni 50 si assiste a un grande sviluppo economico. L'Italia passa dall'essere
un paese rurale e arretrato ad essere uno dei più moderni di Europa. Il reddito Nazionale sale e anche
quello pro capite. La ricchezza del paese raddoppia, e l'industria che fino ad allora era limitata nel
triangolo industriale che aveva per vertici Milano Torino e Genova, si estese ad altre zone. Gli operai
superarono gli agricoltori e dall'economia di sussistenza si passa al consumismo. Ciò determina un
nuovo stile di vita.
In pochi anni un paese da poco uscito dalla guerra si allinea con le potenze europee, tanto che si parla
di miracolo economico. Nel 1960 a Roma si svolsero anche i giochi olimpici che mostrarono al mondo
la ripresa italiana.
Il boom economico determina anche una rivoluzione nelle famiglie: se prima i figli non potevano
aspirare a prospettive diverse da quelle dei loro avi e c'era la tendenza a seguire la professione del
genitore, con il miracolo economico vi sono la fiducia nel futuro e la consapevolezza di poter aspirare a
cose nuove e migliori. È per questo che molti giovani si trasferiscono in città, cercando un lavoro che gli
permetta di godere delle novità del periodo. Cambia anche il ruolo della donna: la società, pur
rimanendo prettamente maschilista e patriarcale, vede la ricerca d'indipendenza della donna, che
comincia a lavorare, a guadagnare, a viaggiare per piacere e guidare, pur dovendo continuare a
sopportare pregiudizi e critiche. Come disse nel 1961 Italo Calvino, se prima la gente vedeva la vita
come qualcosa di teso e spinoso, ora è come uno spettacolo di cui godere tutti i particolari.
I fattori che hanno permesso il Boom economico risalgono agli anni precedenti: alla fine della Seconda
guerra mondiale l'Italia disponeva già di una base industriale solida su cui impostare lo sviluppo. Nel
1933, ad esempio, ci fu la fondazione dell'IRI. Tuttavia nel regime fascista le capacità imprenditoriali e
industriali rimasero chiuse e solo in potenza. Questo accumulo di potenziale ha dato poi vita allo
sviluppo industriale, reso possibile solo da un'economia libera.
Grandi passi in avanti si fecero anche grazie all’ Eni (Ente Nazionale Idrocarburi), voluta da Enrico
Mattei. Enrico Mattei fu inizialmente un imprenditore; durante il fascismo entrò nella Resistenza e si
appassionò di politica, per poi entrare nella DC e diventare un parlamentare. Durante gli anni del Boom
economico Mattei si impegnò affinché l'Italia raggiungesse l'autosufficienza energetica, prendesse cioè
la propria energia dal petrolio in forma diretta e non mediata.
Particolarmente importante era il settore automobilistico. La Fiat di Valletta è proprio uno dei simboli
del boom economico, perché modello di avanguardia. Con la comparsa sul mercato di trasporti e veicoli
a motore ci fu una vera e propria motorizzazione di massa. Grazie a questi veicoli, le persone avevano
maggiore mobilità, la possibilità di scegliere quando e dove viaggiare. Con gli scooter, i giovani
potevano girare i paesi e fare gite durante il fine settimana, e anche l'automobile diventa un simbolo di
libertà. Per questo molte famiglie erano disposte a pagarle a rate, con non pochi sacrifici. La Lambretta,
la Vespa, la Fiat 500 sono alcuni dei simboli di questa vera e propria rivoluzione, che tuttavia ha avuto
anche effetti negativi, come ad esempio il traffico e la confusione, in mancanza di regole generali. Anche
la rete stradale fa modernizzata: molto importante ad esempio l'Autostrada del Sole, costruita nel 64.
Un altro protagonista del boom economico fu Adriano Olivetti, definito "un imprenditore atipico" in
quanto portatore di una cultura riformatrice. Adriano Olivetti nacque a Ivrea nel 1901. Il padre era
ebreo, mentre la mamma era valdese. Tramite un certificato di battesimo valdese riuscì a sfuggire alle
persecuzioni antisemite. Divenne presto un “sovversivo”, combattendo attivamente per la causa
antifascista. Adriano Olivetti divenne direttore della società Olivetti nel 1932. Alle spalle aveva
maturato anche esperienze come operaio. Fin da giovane il padre lo aveva infatti mandato a lavorare in
fabbrica, dove aveva potuto toccare con mano gli effetti devastanti di un lavoro alienante e ripetitivo.
Per questo, una volta assunto il comando dell’azienda, cercò un modo per salvaguardare lo spirito dei
suoi dipendenti. Da qui nacque l’idea di una fabbrica che rispondesse a ritmi ed esigenze umane, in cui
il lavoro si potesse trasformare in libertà e piacere. Tra le icone dell'azienda vi è la macchina da scrivere
portatile.
Anche la mentalità delle persone cambiò: se prima c'era la propensione al risparmio, durante questi
anni si tende a spendere anche soldi che non si hanno: grazie al pagamento a rate, infatti, anche le
classi meno abbienti parteciparono alla corsa al consumismo.
Tra gli status symbol del miracolo economico troviamo anche gli elettrodomestici, quali lavatrici,
aspirapolveri e frigoriferi, e i televisori, che verso la fine degli anni 60 sono presenti nelle case di tutti
gli italiani. Grazie al frigorifero e alla conseguente possibilità di conservare gli alimenti, le abitudini
alimentari degli italiani cambiano. Prima le famiglie potevano permettersi cibi poveri, come legumi,
pane, mais, poca carne, poco pesce e verdure fresche. Ma con il boom economico le persone cominciano
a consumare alimenti costosi come carne, zucchero e caffè, che vengono venduti nei nuovi supermercati
di tipo americano. È proprio durante questi anni che nasce la dieta mediterranea come la intendiamo
oggi, e inoltre le persone entrano in contatto con cibi di altre regioni, surgelati, frutti esotici e prodotti
nuovi.
Tra i lati negativi troviamo sicuramente l'accentuazione del divario tra nord e sud, che portò
all'abbandono delle Campagne e l'immigrazione a nord di molti meridionali, e anche grandi problemi
ambientali che derivarono dall'eccessiva industrializzazione. Anche le aree urbane furono compromesse
dalla eccessiva affluenza.
IMMIGRAZIONE
Dalla fine del 1800 sono circa 27 milioni i cittadini italiano che emigrano verso Il Brasile, l'Argentina,
l'Uruguay che chiedono manodopera.
Tra gli anni ’50-’60, un flusso notevole di persone scorre verso le città del centro-nord Italia, in
particolare verso le metropoli di Milano, Torino e Genova, ai vertici del “triangolo industriale”. Gravi
condizioni di vita e di lavoro al sud spingono gli uomini ad andare via: i meridionali avevano un tasso
più alto di analfabetismo, e guadagnavano la metà dei lavoratori del nord. L'emigrazione è incoraggiata
dalle autorità perché si riteneva servisse da antidoto alle tensioni sociali e perché avrebbe fornito una
via “naturale” e “spontanea” alla soluzione della questione meridionale, che non si era risolta dopo la
legge agraria.
Sono per l’Italia “gli anni del più rapido sviluppo economico”, in cui è relativamente facile trovare un
posto di lavoro nel nord. Tuttavia l'emigrazione se da una parte giova all'economia del nord, dall’altra
elimina ogni possibilità di sviluppo nel mezzogiorno. Questa manodopera disperata e a buon mercato
giunge sui treni della speranza soprattutto dalla Puglia e dalla Sicilia, ma anche le altre regioni
meridionali partecipano: la Calabria, la Sardegna e la Campania.
Un fenomeno particolare riguarda il Lazio, interessato ai movimenti migratori soprattutto per la natura
amministrativa e terziaria di Roma. Gli emigranti al loro arrivo nelle città del nord o nella capitale
soprattutto si impiegano nell’edilizia, un lavoro che richiedeva un numero consistente di operai per
costruire i palazzoni nelle periferie metropolitane.
L'Italia prende molti accordi anche con paesi europei che avevano abbondanti risorse ma scarsa
manodopera, come Belgio, Germania e Svizzera. Non gli era concesso di portare le famiglie, in Svizzera
quindi crearono un programma tv "un'ora per voi" destinato ai lavoratori italiani, dove potevano
rivedere i loro luoghi, e una rubrica grazie alla quale potevano rivedere sullo schermo i loro cari.
Durante questi anni avvengono episodi molto importanti e tragici per l’Italia.
Nel 1957 viene fondata la CEE, Comunità Economica Europea che permetteva la libera circolazione
delle merci europee e dei lavoratori per i paesi che avevano aderito alle CECA
Durante il fascismo era stata fatta una legge contro l'urbanismo, cioè non ci si poteva trasferire nelle
grandi città se non si aveva un lavoro. Nel 1961 fu abolita e questo dette un'accelerazione al fenomeno
dell'immigrazione. Al loro arrivo, il primo problema era trovare un alloggio: spesso si rivolgevano a
persone che erano arrivate prima di loro, affittavano camere in comune, scantinati, soffitte. Questo
perché non c'era un piano amministrativo di accoglienza.
Spesso i meridionali subivano episodi di razzismo, respingimento. Alcuni non affittavano locali ai
meridionali, e nacquero delle specie di ghetti in periferia. Erano esclusi dal benessere che stava
colpendo tutti gli altri.
Spesso l'emarginazione era anche in fabbrica: i lavoratori specializzati guardavano con disprezzo i
meridionali che invece erano lavoratori generici, dato che il lavoro meccanico nella catena di montaggio
era semplice da apprendere. Ma con il tempo iniziano anche loro a seguire corsi di specializzazione e
anche a partecipare alle assemblee sindacali. Anche le donne lavorano, spesso in fabbrica, o come
domestiche nelle famiglie, nonostante l'opposizione dei mariti. Al sud invece le donne hanno preso il
posto dei mariti nelle campagne.
Al sud si verifica un vero e proprio spopolamento, una desertificazione, interi paesi si spopolano, molte
famiglie si dividono. È stato stimato che circa un terzo degli immigrati sia tornato al paese d'origine, ma
solo pochi sono riusciti ad aprire delle attività con i soldi guadagnati.
DISASTRO DI MARCINELLE
Poiché alla fine della Seconda Guerra Mondiale il Belgio aveva bisogno di manodopera nelle miniere,
stipulò un patto con l'Italia, che invece non aveva abbastanza carbone. Secondo questo patto del 1946 il
Belgio avrebbe ceduto carbone all'Italia in cambio di 50000 minatori.
Una delle più gravi tragedie minerarie della storia si verificò l’8 agosto 1956, nella miniera di carbone di
Bois du Cazier (appena fuori la cittadina belga di Marcinelle) dove si sviluppò un incendio che causò
una strage.
262 minatori morirono, per le ustioni, il fumo e i gas tossici. 136 erano italiani. Causa dell’incidente fu
un malinteso sui tempi di avvio degli ascensori. Si disse che all’origine del disastro fu
un’incomprensione tra i minatori, che dal fondo del pozzo caricavano sul montacarichi i vagoncini con
il carbone, e i manovratori in superficie. Il montacarichi, avviato al momento sbagliato, urtò contro una
trave d’acciaio, tranciando un cavo dell’alta tensione, una conduttura dell’olio e un tubo dell’aria
compressa. le scintille causate dal corto circuito fecero incendiare 800 litri di olio in polvere e le
strutture in legno del pozzo. L’incendio si estese alle gallerie superiori, mentre sotto, a 1.035 metri
sottoterra, i minatori venivano soffocati dal fumo. Solo sette operai riuscirono a risalire. In totale si
salvarono in 12. Dopo due settimane di ricerche, uno dei soccorritori che tornava dalla miniera
confermò l'assenza di superstiti. Ci furono due processi, che portarono nel 1964 alla condanna di un
ingegnere.
La tragedia della miniera di carbone di Marcinelle è soprattutto una tragedia degli italiani immigrati in
Belgio nel dopoguerra. Gli italiani trovarono innumerevoli difficoltà di integrazione con la comunità
belga, almeno fino a quell'8 agosto 1956.
CENTRO SINISTRA
Il 9 marzo del 1953 Stalin muore e l’URSS perde la sua guida. Tre anni dopo il nuovo segretario del PC
sovietico, Kruscev, denuncia i crimini di Stalin, ma le sue aperture infiammano i paesi dell'est Europa. I
carrarmati russi invadono l’Ungheria.
Confusione anche per i comunisti italiani. I dirigenti del PCI appoggiano l'invasione sovietica in
Ungheria, anche se molti intellettuali lasciano il partito con la pubblicazione dei Manifesto dei 101, in
cui condannano l’accaduto.
I socialisti, con a capo Nenni, invece condannano la repressione sovietica. I fatti di Ungheria quindi
accentuano il divario tra i due partiti della sinistra, poiché i socialisti si allontanano sempre più da
Mosca.
Anche la DC cerca nuovi equilibri politici dopo la crisi del centrismo. Tra il 53 e il 60 i governi DC
cadono l'uno dopo l'altro, ed è evidente che c'è bisogno di nuovi alleati. Anche il nuovo presidente della
repubblica, Gronchi, favorì l’apertura ai socialisti.
Ma le difficolta maggiori per la nuova alleanza sia la DC che il PSI le trovano al proprio interno. Nenni
afferma che il fronte popolare, l’alleanza tra socialisti e comunisti, è superato, ma l'ala sinistra del
partito non vuole rompere con i comunisti per unirsi alla DC.
Nella DC i fautori dell'alleanza con i socialisti sono i seguaci di Fanfani, segretario del partito dal 54 e
presidente del consiglio nel 58. Tuttavia c’è una forte opposizione interna, per cui nel 59 Fanfani, messo
in minoranza, si dimette. Anche la sua corrente si spacca: da una parte i seguaci del segretario,
dall'altra i dorotei, ala moderata del partito che chiedono prudenza nel gestire l'aperura a sinistra. Tra
loro vi sono Segni, Rumor e Colombo. A guidare il partito viene chiamato Aldo Moro.
I dorotei sono anche attenti alle richieste della chiesa. Ma con l'elezione di papa Giovanni 23 le cose
cambiano: nel 58 egli indice il Concilio vaticano II con cui vuole aprire un nuovo dialogo con il mondo,
aperto ai segni del tempo.
Quando il 24 febbraio del 60 cade il governo DC di Segni, a formare il nuovo esecutivo viene chiamato
Tambroni, esponente della sinistra della DC. Tuttavia, nel discorso con il quale, il 6 aprile, Tambroni si
presenta alle Camere per chiedere la fiducia non compare alcun riferimento all’apertura ai socialisti, e
viene espresso un indirizzo politico ispirato al binomio “legge e ordine”. In questo modo Tambroni
riesce a ottenere la fiducia grazie ai voti del Movimento Sociale Italiano, determinando uno
spostamento a destra degli equilibri politici.
Tambroni concede al MSI la possibilità di celebrare il proprio Congresso a Genova. Medaglia d’oro per
la Resistenza al nazi-fascismo, la città insorge. Di fronte al tentativo dei neofascisti di tenere il loro
congresso nella città medaglia d’oro della Resistenza, il 30 giugno la popolazione scende in
piazza; scoppiano violenti scontri fra manifestanti e forze dell’ordine che si protraggono per quattro
giorni. Di fronte alla dura reazione della polizia le manifestazioni si allargano ad altre città, provocando
numerosi morti. Gli scontri più gravi in Reggio Emilia.
Non è solo il governo a entrare in crisi ma tutta la DC. Il Premier cerca di respingere in ogni modo le
critiche ma, quando anche la stessa DC lo sfiducia, è costretto a capitolare. Il 19 luglio Tambroni dà le
dimissioni.
L'unica strada per un nuovo governo è il centro sinistra. Anche il cinema e la letteratura recuperano i
valori della resistenza, che erano stati abbandonati negli anni 50: al festival di Venezia vince "Il
generale della Rovere" che esalta l'antifascismo e la resistenza.
Il clima è cambiato in Italia, ci sono meno scontri nelle piazze, si svolgono le Olimpiadi a Roma, che
ridanno slancio e fiducia al paese; la produzione e la ricchezza crescono, film d'autore e prime marche
di moda conquistano il pubblico internazionale.
In questo contesto sociale anche la politica di muove: alla fine del luglio 1960 si è formato un governo
Fanfani, un monocolore democristiano appoggiato da repubblicani e socialdemocratici. Ma riceve
l'astensione dei socialisti e monarchici. Moro parla di “convergenze parallele”, alludendo a un governo
organico di centrosinistra.
Con il suo programma di riforme Fanfani vuole rispondere ai cambiamenti della società. La rai, con
Ettore Bernabei, è il simbolo di questa operazione: con una seria di programmi didattici, la tv diventa la
scuola degli italiani; ma approda sullo schermo anche la politica, con il programma "tribuna elettorale".
Ogni partito politico trova il suo spazio in televisione.
In vista delle elezioni amministrative Nenni tenta l'alleanza con i democristiani, e segue la politica del
doppio binario: nelle roccaforti rosse resta alleati con i comunisti, nelle città in bilico si unisce alla DC.
Cattolici e socialisti governano insieme in molte città, come Genova e Firenze, dove si ha un primo
esperimento di governo di centrosinistra.
Un clima nuovo c'è anche in America: dopo Eisenhower sale Kennedy, che nel Discorso di Nuova
Frontiera enuncia ideali di democrazia giustizia e libertà. Kennedy guarda con simpatia il tentativo
italiano del centrosinistra, se questo era ciò di cui l'Italia aveva bisogno.
Per permettere l’accesso dei socialisti al governo, l’America vuole però che il socialismo tronchi ogni
legame con Mosca e riconosca l'appartenenza dell’Italia alla Nato. Ma l’Italia non dipende più dalle
potenze esterne. Fanfani vuole maggiore autonomia politica; il dialogo con il medio oriente è fitto, e
l’ENI di Mattei ha dialoghi con arabi, iraniani, e contrasta con gli interessi petroliferi americani. Mattei
è favorevole al governo di centrosinistra, come anche Valletta, poiché ritenevano che potesse
modernizzare la società, e che potesse aiutare industrie e lavoratori. Alla svolta a sinistra invece si
oppongono piccoli e medi imprenditori italiani che temono di perdere le condizioni che hanno creato il
boom, i bassi salari e la debolezza dei sindacati, e sono spaventati da possibili tentazioni dirigistiche
dello stato; si teme cioè lo statalismo. Ma lo sviluppo va controllato: nonostante il boom molti
lavoratori sono in condizioni precarie. Il governo Fanfani vara importanti riforme: aumenta il sussidio
di disoccupazione, disciplina l'affitto di manodopera, stabilisce la parità delle donne sul lavoro.
All'ottavo congresso della DC che si svolge a Napoli nel 62, Moro formula la proposta di un governo di
centrosinistra, e vuole convincere tutto il partito ad accettare i socialisti. I dirigenti del partito, dopo il
suo discorso, approvano la linea.
Nel febbraio del 62 Fanfani presenta alle camere un nuovo governo; i socialisti danno l’appoggio
esterno ed entrano in maggioranza. Le linee guida del programma sono indicate nel documento redatto
da La Malfa.
Le riforme promesse sono tante: riforma della scuola, urbanistica, attuazione delle regioni,
nazionalizzazione delle imprese elettriche.
Ma ci sono molti ostacoli, il primo nel maggio del 62 con l'elezione del nuovo presidente della
repubblica. I socialisti puntano su Saragat, ma Moro deve rassicurare l'ala moderata del partito, e
quindi sale Segni.
Il secondo ostacolo si presenta nel luglio 62, quando si devono rinnovare i contratti dei metalmeccanici.
Vi è un violento scontro tra operai e polizia a Piazza Statuto. Per trovare un accordo, la CISL propone
un tavolo di lavoro con imprenditori sindacati e governo, e nasce così la Concertazione.
Nel dicembre del 62 vengono nazionalizzate le imprese produttrici dell'energia elettrica, seppur dopo
molte opposizioni, che vengono superate con il risarcimento offerto alle aziende private del settore.
Nasce così l'ENEL (Ente nazionale energia elettrica)
Sempre nel 62 arriva la riforma della scuola che prevede l'estensione della scuola dell’obbligo a 14 anni
e la nascita della scuola media unificata.
Nell'ottobre del 62 in un incidente aereo muore Enrico Mattei. La sua morte produce un irrigidimento
di posizione. Gli oppositori della svolta a sinistra tornano a farsi sentire, la borsa vacilla, i giornali
attaccano il governo.
Le altre riforme, istituzione delle regioni e riforma urbanistica, non passano. La prima perché
l'autonomia delle regioni rosse metterebbe in pericolo l'unità del paese. La seconda, proposta da Sullo,
prevede lo sviluppo dell'edilizia popolare con espropri di terreni e vincoli per la salvaguardia del
territorio, con lo scopo di frenare l'azione selvaggia di speculazione che stava deturpando il Paese. Ma la
DC si dissocia dal progetto di legge.
Il 28 aprile del 63 si tengono le elezioni politiche, ma i risultati non premiano il centro sinistra. La DC
perde 4 punti, i socialisti non ottengono i voti sperati. Invece il PCI e il Partito Liberale crescono.
Fanfani, contestato dall'ala destra del partito, deve ammettere la sconfitta e a maggio si dimette. Moro
ottiene l'incarico di formare il nuovo governo, in cui far entrare anche i socialisti che però inizialmente
respingono l'accordo. Ma dopo 6 mesi di un governo ponte presieduto da Leone, si arriva all'accordo.
Il 4 dicembre del 63 si insedia il primo vero governo organico di centro sinistra, presieduto da Aldo
moro, con Nenni come vicepresidente.
I socialisti vogliono grandi riforme, la DC riforme moderate, per riottenere il consenso dei partiti che
l'hanno abbandonata. Vuole assicurare che questo governo di centrosinistra non mira alla rivoluzione.
Nel gennaio del 64 l’ala sinistra del PSI si scinde e dà vita al PSIUP (Partito Socialista Italiano di Unità
Proletaria). I comunisti si schierano all'opposizione: per Pietro Ingrao, leader dell'ala sinistra del
partito, il centrosinistra è funzionale al neocapitalismo; invece Giorgio Amendola, leader dell'ala destra,
è per il dialogo con il PSI. Togliatti media e applica una doppia strategia: opposizione morbida in
parlamento e dura nelle piazze.
Nel corso del 64 ci sono due scomparse importanti: papa Giovanni 23 e Kennedy. I loro successori,
Johnson e Paolo 6 non si allontanano dalla linea tracciata, cosi il centrosinistra può andare avanti.
Ma nei primi mesi del 64 l'economia rallenta, tanto che si parla di congiuntura. Gli imprenditori
premono sul governo, poiché vogliono che si abbandonino le riforme e ci si concentri sull’economia. Il
ministro del tesoro Colombo annuncia una politica di due tempi che prevedeva prima il risanamento
della situazione economica e poi le riforme. C’è una grande tensione, poiché i socialisti non accettano
questa politica. Il governo è in crisi, e nel 64 vi è la scissione tra democristiani e laici a causa dei
finanziamenti alla scuola privata.
Nel periodo di stallo si diffondono voci di un colpo di stato; solo in seguito, nel 67, dopo un'inchiesta si
parla del Piano Solo, un piano di intervento militare che prevedeva che i carabinieri da soli attuassero
un piano di emergenze, che consisteva nell'arrestare e deportare in appositi luoghi di concentramento i
capi della sinistra, piano che però viene bloccato da Moro.
Nenni è costretto a rinunciare alle riforme.
Il primo agosto del 64 nasce il nuovo governo Moro; una settimana dopo il presidente della Repubblica
Segni muore ed è Saragat a succedergli con un'elezione tormentata, che avviene solo al 21esimo
scrutinio.
Nonostante ciò il centrosinistra rallenta, e molte riforme saltano: tra queste la riforma tributaria e
quella della pubblica amministrazione. A compensarle ci pensa però lo sviluppo economico, che riparte
dopo la congiuntura.
Il 30 novembre del 66 il partito socialista e socialdemocratico si riuniscono, nasce il PSU (PS unificato),
con presidente Nenni.
Cominciano inoltre ad arrivare i risultati delle riforme; nel campo del lavoro vengono aumentate le
pensioni, introdotte nuove leggi sul licenziamento, che mostravano grande assistenza.
Dopo una nuova crisi di governo, nel 66 vi è il terzo governo Moro, ma ormai la spinta riformista si è
esaurita.
Il consumismo determina un cambiamento dei costumi, e molti giovani iniziano a contestare la società
borghese e capitalistica. Ben presto scoppiano rivolte contro le istituzioni, sia da parte dei giovani, sia
dei lavoratori. I governi di centro sinistra rispondono con fatica alle nuove esigenze. Nelle elezioni del
68 il PSU non raggiunge grandi risultati, per cui si dividono di nuovo.
La DC tiene, ma il PCI cresce sempre più. Il governo entra in crisi e Moro si dimette; al suo posto sale
Rumor col nuovo governo. Per rispondere alle proteste egli vara una legge che consente il libero accesso
alle università. Rumor vara delle importanti riforme: l’eliminazione del codice fascista, l'introduzione
del divorzio, l'istituzione del referendum, il libero accesso alle università, il varo delle regioni e
l'approvazione dello Statuto dei Lavoratori. Ma non ottenne comunque il consenso di massa.
68 E AUTUNNO CALDO
Il 1968 è passato alla storia come l'anno della contestazione studentesca. In realtà è il culmine di una
contestazione che ha inizio il 24 gennaio del 1966, quando gli studenti occupano la facoltà di sociologia
dell'università di Trento, con il pretesto della riforma degli studi universitari proposta dal Ministro
Luigi Cui, che prevedeva l'accorpamento delle cattedre in dipartimenti e tre livelli di laurea. Secondo gli
studenti ciò favoriva la selezione e svalutava i titoli di studio.
Da qui parte una critica a tutto il sistema universitario e la richiesta di modernizzazione.
Gli studenti di sociologia elaborano il concetto di "università negativa", una forma di didattica
alternativa, dove gli studenti, in piena autogestione, stabiliscono nuovi metodi di studio e contenuti,
perché "...l'Università trasmette soltanto quella particolare ideologia della classe dominante, formando
ingegneri sociali privi di capacità critica e passivi a qualsiasi lotta per la radicale trasformazione
dell'attuale struttura sociale". In Italia infatti, da poco entrata nell'era del consumismo, sempre più
giovani rinnegano la società borghese e capitalista.
Il nuovo soggetto politico degli studenti era in realtà nato in America, nel 64, con la protesta
all'università di Berkeley, in California. Il nuovo movimento studentesco nacque per richiedere una
maggiore libertà di parola e una diversa condizione dello studente, che non doveva più essere
subordinato al professore ma doveva potersi esprimere liberamente anche su temi politici, come la
guerra in Vietnam. Al centro delle proteste vi è infatti anche la difesa dei diritti civili.
La protesta contro la guerra in Vietnam è uno dei temi principali delle rivolte studentesche, sia in
America sia in Europa. Ma mentre gli Americani non sperano di fondare un sistema politico ed
economico alternativo a quello capitalistico, in Europa la rivolta si scaglia contro il sistema per
abbatterlo.
Ben presto le rivolte escono dalle aule e arrivano in piazza, poiché in Italia il movimento studentesco è
anche una manifestazione del rigetto dei partiti tradizionali. Molti abbandonano il PCI per aderire a
partiti più radicali. Si parla di Controcultura, una rivolta contro ogni tipo di Autorità, familiare,
studentesca, politica, militare ed ecclesiastica. Si divide il mondo in oppressi ed oppressori, e si vuole la
rivolta degli oppressi. Ci sono anche primi fermenti ecologisti, le prime sperimentazioni personali
anche con la droga.
Molti giovani si ispirano alle teorie del filosofo tedesco Herbert Marcuse, autore dell’“Uomo a una
dimensione", in cui denuncia la società tecnologica in quanto superficiale, conformista e manipolatrice.
Secondo Marcuse questo tipo di società fa perdere il pensiero critico, abusa delle proprie risorse, e
accresce le ricchezze solo di una parte della popolazione, ignorando l'altra. Ed ha inoltre permesso che
si combattesse una delle guerre più crudeli e inutili della storia.
Marcuse, Marx e Mao, sono le icone, gli idoli dei giovani, che nutrono per loro una sorta di venerazione,
tanto che di parla di Mamamaismo. Nelle manifestazioni le loro foto venivano innalzate insieme a
quelle di Che Guevara.
I giovani europei quindi, pur vivendo nei paesi più ricchi del mondo, di fatto aderiscono al Maoismo,
l'ideologia di un paese povero. Quindi il consumismo, il capitalismo, la corsa al denaro, creano disgusto
nei giovani che quindi si rivolgono a correnti lontane.
Vi è una vera e propria critica al progresso: il capitalismo limita la libertà, e crea una visione malata
della felicità, che ormai dipende dal possesso. Mentre per i giovani la felicità deriva dalla liberazione
dall'oppressione di questo sistema.
Ben presto la protesta si espande: nel 67 arriva a Pisa e a Torino. In quest'ultimo caso parte dalla
decisione di dislocare la facoltà scientifiche fuori città, senza consultare gli studenti.
Si discute quindi sul rapporto studenti-professori. Gli studenti volevano scardinare il rapporto di
subordinazione tra alunno e professore, che dovevano essere posti sullo stesso piano.
Per questo chiedevano l'abolizione delle lezioni, una forma di imposizione autoritaria di contenuti scelti
soltanto dal professore, e degli esami, una forma di controllo gerarchico. Proponevano piuttosto letture
collettive, discussioni, anche politiche, lavori di gruppo e seminari.
Ben presto vengono coinvolte anche Genova, Cagliari, Napoli, e Roma, spesso teatro di guerriglia
urbana.
Un esempio è la protesta davanti alla facoltà di architettura a Valle Giulia, il 1 marzo del 68. Gli studenti
si scontrarono con le forze dell'ordine, causando 178 feriti e 10 arresti. Sull'accaduto, anche Pasolini si
pronuncia. Pasolini non supporta gli studenti di fronte ai fatti di Valle Giulia. Nella sua poesia, "Il PCI
ai giovani", fa notare agli studenti, "figli di papà", prepotenti, ricattatori, sfacciati, che i poliziotti che
hanno picchiato, a differenza loro, sono figli di povera gente, la stessa gente di cui i ragazzi si
proponevano di prender le difese.
Le proteste cominciano a invadere ogni spazio: il 7 dicembre ad esempio un gruppo di manifestanti
lanciò uova e ortaggi contro autorità e vip che entravano alla Scala in occasione dell'inaugurazione della
stagione lirica. (Don Carlos di Verdi)
Oppure il 31 dicembre del 68 un gruppo di giovani attacca la Bussola, uno dei locali più in voga, e
innalza barricate fatte di barche bloccando l'accesso. La polizia interviene, e spara ferendo un ragazzo
che rimane invalido a vita.
Le rivolte studentesche non hanno alcun esito pratico, le istituzioni non appoggiano le loro proposte e
anche l'opinione pubblica è ostile. Quindi il movimento studentesco confluisce nell'altro movimento
che sta nascendo, quello operaio.
Si inizia con battaglie sindacali per richiedere salari più alti e migliori condizioni di lavoro, ma presto
escono fuori dalle fabbriche. I sindacati, dopo la rottura del 48, si riuniscono perché il clima politico è
cambiato con l'avvento del centro sinistra, i blocchi che li dividevano politicamente si erano attenuati. I
sindacati volevano questa unità per raggiungere l'autonomia dai partiti.
Il 12 febbraio del 69 Cgil, Cisl e Uil organizzano uno sciopero dei lavoratori dell'industria contro la
disparità dei salari tra nord e sud e le Gabbie Salariali, un sistema di calcolo che regolava la
retribuzione in base al costo della vita di un luogo. In seguito si raggiunge un accordo e i salari minimi
vengono parificati su tutta la Nazione. Tuttavia la tensione rimane alta.
Il 2 dicembre 1968 ad Avola, in Sicilia, la polizia apre il fuoco durante una manifestazione di braccianti,
uccidendo due persone. Lo stesso avviene a Battipaglia in occasione di una protesta contro la chiusura
di uno zuccherificio. Nei giorni successivi si dichiara sciopero nazionale.
Il PCI si trova in difficoltà. Al suo interno, alcuni guardano ai movimenti rivoluzionari nati in Asia e in
America Latina, e si battono per un ritorno del PCI al suo ruolo con un'azione di tipo rivoluzionario.
Fondano per questo la rivista Il Manifesto, che mostra apertura verso la sinistra extraparlamentare e
radicale e condanna l'URSS per la Primavera di Praga, denunciando il PCI che invece aveva sostenuto e
giustificato l’accaduto.
Si giunge quindi alla scissione tra i due gruppi. La condanna del PCI è una costante nella sinistra
extraparlamentare, che punta tutto sulla lotta al sistema, nell'attesa che dalla continua tensione si
creino le condizioni necessarie per la rivoluzione a opera della classe operaia. Nascono nuovi gruppi,
come La Classe, Potere Operaio e Lotta Continua. Invece il movimento studentesco si avvicina ai gruppi
Marxisti e Leninisti.
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L'autunno caldo è una stagione di grandi lotte operaie e sindacali per il rinnovo dei contratti collettivi di
lavoro. Ha inizio il 9 settembre del 69 con lo sciopero generale dei metalmeccanici, che vogliono salari
più alti, migliori condizioni di lavoro, e più diritti.
L'inizio dell'autunno caldo era stato preceduto dall'episodio dell'avvertenza Fiat: il 2 settembre del 69
più di 28000 operai vengono sospesi a causa di uno sciopero non autorizzato, che aveva causato il
blocco della produzione. Lo sciopero era uno sciopero articolato, che ha coinvolto progressivamente i
lavoratori reparto per reparto. Era uno sciopero breve e di poche persone, ma bastava a paralizzare
l'intera linea.
I metalmeccanici quindi scioperano.
Partono quindi le trattative tra sindacati e industriali. A fare da mediatore è il ministro del lavoro Donat
Cattin, che ascolta le richieste dei lavoratori, e se ne fa portavoce con il presidente della Fiat, Agnelli. Al
colloquio partecipano anche i dirigenti di Confindustria e i 3 segretari generali della Fim, Fion e Uilm.
Alla fine la Fiat ritira le sospensioni.
Nel 70 viene firmato un accordo che prevede la riduzione dell'orario settimanale a 40 ore, l'aumento
retributivo mensile per tutti, e la conquista di importanti diritti, come il diritto a 10 ore di assemblea
sindacale retribuite e il riconoscimento dei rappresentanti sindacali in azienda.
Tutto ciò porta alla realizzazione dello Statuto dei Lavoratori, il 14 maggio del 1970.
ANNI DI PIOMBO
Gli anni di piombo iniziano il 12 dicembre del 69 con la strage di Piazza Fontana, che getta un'ombra
sul Paese, e genera una grande commozione. È l'episodio più grave della sua storia dai tempi della
WWII. L'attentato avviene alla Banca Centrale dell'Agricoltura, e a morire non sono personaggi
particolari, ma uomini comuni: 17 persone e 88 feriti. l'opinione pubblica lo avverte come il punto più
alto di un'onda iniziata nel 68, che sembra scuotere l'ordine costituito. Nei mesi precedenti c'erano stati
molti alti attentati da parte dell'estrema destra, specie sui treni. La Strage di Piazza Fontana è l'apice
dell'ondata, e apre la cosiddetta Strategia della tensione.
La guerra fredda nel frattempo si sposta sempre più verso il campo tecnologico e scientifico, tanto che
si parla di Coesistenza pacifica, cioè un raffreddamento della tensione, che viene percepita dalla destra
ma anche dall'opinione moderata come un cedimento dell'occidente alla penetrazione del comunismo.
Il giorno del 12 dicembre si dice che l’Italia perde la sua innocenza, perché anche la sinistra da lì
comincia la sua opposizione violenta al "regime". In realtà ai primi di novembre tanti estremisti si
erano riuniti e avevano annunciato l'inizio della lotta armata, e molti brigatisti hanno affermato che
avevano deciso di agire e fondare le Brigate Rosse già prima della strage di piazza fontana.
Il paese è smarrito, le indagini sono confuse e si indirizzano sugli anarchici: ci sono più di 300
perquisizioni negli ambienti di sinistra e solo 50 a destra. La sera stessa della strage viene interrogato
Pinelli, ferroviere anarchico. Ma il 15 dicembre precipita da una finestra della questura di Milano. Il
giorno dopo viene arrestato Valpreda, un ex ballerino anarchico indicato come responsabile della
strage. Ma l'iter di indagini continua per anni, e non porta all'arresto dei responsabili, la verità ancora
non è stata raggiunta. Ma ormai è certo che i veri responsabili siano stati gli estremisti di destra, di
Ordine Nuovo, e pare che anche i servizi segreti avessero collaborato.
La strage determina una crisi morale: la gente sente di non potersi fidare dello stato, perché non può
assicurare la giustizia.
L’ espressione “strategia della tensione” appare per la prima volta nel settimanale britannico “The
Observer” in un articolo del 1969. Questa implica una strategia volta a provocare, con attacchi
terroristici e un senso di paura generale, l’instaurazione di regimi dittatoriali in Europa, sul modello
greco.
In Italia il piano si mette in opera nel momento in cui il paese vive l'ascesa delle sinistre nel 68, l'entrata
degli operai e degli studenti in politica. A sinistra del PCI sono nati gruppi che contestano la linea del
partito e vogliono la rivoluzione. Alcuni di loro scelgono la clandestinità e la lotta armata.
Si formano cosi le Brigate Rosse, animati da un odio profondo nei confronti del capitalismo e della
società borghese.
A destra le organizzazioni sono oiù vicine al mondo dell'eversione e hanno contatti con gli apparati di
sicurezza dello stato. Tra questi, Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale, a sud. Nel 1970 i gruppi di
destra entrano in connessione con la criminalità organizzata: durante la rivolta di Reggio Calabria gli
avanguardisti camminano a braccetto con uomini della 'ndrangheta.
Pochi mesi dopo si verifica un altro episodio ambiguo: il tentativo di golpe attuato da Junio Valerio
Borghese. l’intento era l’occupazione di alcuni punti strategici a Roma e Milano. Tuttavia è probabile
che si trattasse solo dell’annuncio di un colpo di stato, senza metterlo in pratica effettivamente, per
frenare l’ascesa della sinistra.
Lo Stato non sa come affrontare questi episodi: tutti tendono ad attribuire le colpe ai partiti nemici. Al
governo c'è la DC, che negli anni matura le idee di Moro che portano al dialogo con i Comunisti di
Berlinguer, che però ci mette del tempo a capire cosa si muove alle sue spalle.
Il rapporto tra PCI e Brigate Rosse era di contrapposizione, perché le BR ritenevano che il PCI fosse un
partito corrotto e molle.
Nel 1972 a Milano si consuma il rapimento di Macchiarini, il primo di una lunga serie.
Il 1974 è un anno di stravolgimenti; nel frattempo ci sono stati molti altri rapimenti, come quello di
Amerio, capo del personale della Fiat, sequestrato nel 73. il rapimento dura 10 giorno ed è il primo in
cui il sequestrato è interrogato dai brigatisti. Ciò che volevano era colpire il cuore dello stato; attaccano
i punti forti. All'evoluzione delle brigate rosse corrisponde una crescente violenza nel paese. Siamo nel
pieno degli anni di piombo. I brigatisti si dicono drogati di ideologia.
Il 17 maggio del 72 a Milano viene ucciso il commissario Calabresi, e un anno dopo si effettua il Rogo di
Prima Valle a Roma il 16 aprile 1973 da alcuni membri del movimento extraparlamentare 'Potere
Operaio', di estrema sinistra. Nel 'rogo di Primavalle' perdono la vita Stefano e Virgilio Mattei.
Con il sequestro del giudice Sossi poi le Brigate Rosse escono dalla fabbrica e si pongono come soggetto
politico nazionale. L’Italia si divide tra partito della fermezza e fronte della trattativa. Alla fine si
prendono trattative e l'ostaggio è liberato.
In quell'anno, il 74, in cui il PCI si avvicinava al governo, la destra fa la scelta stragista, poiché era
impressionata dal progresso della sinistra.
Le istituzioni mettono fuori leggi alcuni gruppi, ma la linea stragista di estrema destra continua
colpendo bersagli riconoscibili, come la manifestazione sindacale a Piazza della Loggia a Brescia il 28
maggio del 74. Una bomba collocata in un cestino dei rifiuti esplode facendo 8 morti e 102 feriti. È
detta la più politica delle stragi, perché non colpisce indistintamente, ma colpisce una manifestazione
antifascista. il bersaglio è specifico, politico.
Il 4 agosto del 74 una boba scoppia sul treno Italicus, in uscita da una galleria sull'appennino Emiliano.
A morire sono 12 persone, 48 i feriti.
La strategia delle stragi senza nomi aveva come scopo destabilizzare il paese, mostrare che il governo
non era in grado di svolgere la sua funzione primaria, quella di difendere i cittadini.
Questo per favorire una svolta autoritaria, l'instaurazione di regimi dittatoriali.
A settembre del 74 vengono catturati Curcio e Franceschini, capi della BR, e l'anno dopo viene uccisa
Gagor. I tre capi delle BR vengono quindi eliminati.
Tra il 75-76 vengono attaccate 4 caserme dei carabinieri, e lo stato agisce sul piano legislativo con le
Legge Reale.
Nel maggio del 76 si apre il processo di Torino con i brigatisti. I brigatisti si dichiarano prigionieri
politici.
Il processo si arena subito, e dopo poco viene ucciso il magistrato Coco che si era opposto alla
liberazione dei membri di un gruppo terroristico, "22 ottobre", durante il sequestro Sossi.
La strategia brigatista punta a ottenere un riconoscimento politico come organizzazione combattente.
L'omicidio Coco mostra la disponibilità all'omicidio mirato come strumento politico. Lo slogan delle
Brigate Rosse "Colpirne uno per educarne cento" fa riferimento al fatto che quest'organizzazione
colpisse singoli uomini, che però erano simboli del sistema che volevano distruggere.
Una strategia che anche la destra farà sua. il 10 luglio del 76, l'estremista Concutelli uccide il magistrato
Occursio che aveva indagato su Piazza Fontana e si occupava delle indagini sull'estrema destra.
Qualcosa cambia anche nello scenario politico: nel 76 il PCI ottiene molti voti; viene varato il governo
della non sfiducia, ed esponenti della sinistra occupano incarichi istituzionali.
Ciò viene percepito dalle BR come una minaccia per ogni tentativo rivoluzionario, e anche per il
terrorismo nero l'asse politico che si sposta a sinistra è negativo.
Nel 77 si va sempre più verso lo spontaneismo armato, in particolare nell'estrema destra. Ne è prova
l'omicidio del giovane di sinistra Walter Rossi, ucciso a Roma durante uno scontro con i neofascisti il
30 settembre del 77.
Le BR invece scelgono di colpirei giornalisti, come il direttore del Tg1 Emilio Rossi o Indro Montanelli.
Nasce il termine "gambizzare", cioè sparare alle gambe.
Ma a fine anno alzano il tiro, e il 16 novembre del 77 sparano in faccia a Casalegno, vicedirettore della
Stampa, impegnato contro il terrorismo. Viene colpito per le cose che scriveva.
Alla fine del 77 si conclude un'altra stagione. L’Italia sta per vivere i giorni più drammatici della sua
storia: il sequestro Moro.
Gli anni 80 sono difficili. L'onda della contestazione si sta ritirando, dopo 10 anni si passa dal pubblico
al privato. Sono gli anni del riflusso.
Esce un film, Ecce Bombo, che ha per protagonisti due giovani leggermente depressi che sembrano
propensi a riscoprire il privato e i sentimenti, abbandonando la politica. Anche le famiglie riscoprono il
privato, seguendo soap opera in tv e comprando saggi sull'amore
Il riflusso, l'ondata di ritiro dall'impegno politico, viene annunciato dalla rivista Panorama. Il sintomo
più eclatante del riflusso è Tony Manero, che la sera dimentica la vita quotidiana e diventa il re della
discoteca. sono 3 milioni i giovani che lo imitano e affollano le discoteche. Si parla di Disimpegno.
Il sogno della rivoluzione si è dissolto, e le persone deluse si rivolgono a pratiche orientali, religioni
mistiche dell'India e l'Asia. Altri giovani disillusi, disoccupati, depressi, mal consigliati, cercano
conforto nella droga.
Nel 78 in Italia si contano 30000 consumatori di eroina, con molte vittime. La droga dilaga in Italia
attraverso traffici sempre più fitti.
Al centro del discorso di fine anno del 1979 ci sono proprio questi temi: giovani, droga, disoccupazione.
il discorso è tenuto dal nuovo Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, eletto nel 78. Pertini parla in
modo diretto, e in Quirinale con lui cambiano stili e procedure. Nel 78 viene inoltre eletto Papa
Giovanni Paolo II. È un papa moderno, che usa i nuovi mezzi di comunicazione, combatte marxismo e
liberismo e riporta ordine e serenità nella Chiesa, stordita dal 68.
Nel 78 a capo del governo c'è Andreotti. il suo è ancora il governo della solidarietà nazionale sostenuto
dal PC. Ma dopo la morte di Aldo Moro la formula è entrata in crisi, il PC si scaglia dalla maggioranza e
nel 79 il governo si dimette.
Le elezioni anticipate che si svolgono a giugno sanciscono la fine di una stagione politica; sconfitti alle
urne, i comunisti tornano all’opposizione, invece i socialisti si mostrano disponibili a supportare un
nuovo esecutivo a guida DC, presieduto da Cossiga. I socialisti nel 1980 entrano a pieno titolo nella
compagine di governo, facendosi interpreti dei cambiamenti economici e culturali del paese:
sostengono infatti i settori della moda, della pubblicità e delle telecomunicazioni. Nel frattempo nel
mondo delle tv private sta assumendo un ruolo importante l'emittente dell'imprenditore Silvio
Berlusconi, TeleMilano58, che nel 1980 diventa Canale5. Per contrastare la diffusione delle televisioni
locali, la Rai inaugura una nuova rete, rai3.
Fellini si congeda con una metafora, attraverso il suo film Prova d’orchestra (...)
In America sale Reagan, che promuove una rivoluzione liberista, per limitare al massimo l'intervento
statale nella società.
Il 14 ottobre del 1980 a Torino gli impiegati della Fiat manifestano contro gli operai che hanno
occupato gli stabilimenti e bloccano gli accessi alla fabbrica da 34 giorni, poiché vogliono tornare a
lavorare. Lo sciopero era iniziato perché l'azienda voleva mettere in cassa integrazione 23000 operai e
licenziarne 61 accusati di violenze in fabbrica. I sindacati appoggiano lo sciopero, ma molti operai no.
Questi formano la cosiddetta "Maggioranza silenziosa". Alla fine il sindacato viene sconfitto. Le
ripercussioni della vertenza sono immediate: nei sindacati si acuiscono le divisioni, la Fiat attiva una
massiccia ristrutturazione, e nel corso di 6 anni gli operai dimezzano.
All'inizio del 1983 la Fiat presenta una nuova vettura, la Fiat1; la produttività aumenta e i costi
diminuiscono, questo grazie alla robotizzazione. L'industria italiana torna a crescere, grazie alle piccole
e medie imprese del Veneto, Toscana, Marche, Emilia Romagna che formano i "distretti industriali".
Sono queste aziende a creare il Made in Italy. Il settore più in fermento è quello della moda, che ottiene
un grande successo sul mercato mondiale. Alla qualità del prodotto abbinano nuove tecniche di
promozione; l'imprenditore non è più nemico del popolo, ma un modello da seguire.
Gli italiani che si arricchiscono si lanciano sul mercato delle azioni: alla borsa di Milano aumenta il
volume degli scambi, e milioni di italiani comprano titoli azionari.
C'è una propensione sempre crescente a perseguire benessere e felicità in forma privata e non più
collettiva, e si ha un passaggio dalle masse (operaie, studentesche, femministe) alla massa indistinta. Il
cambio di decennio è sancito nel 1980 dal Carnevale di Venezia e le grandi mostre a Roma dei Bronzi di
Riace, con code chilometriche. Anche i soldi cominciano a interessare di più, con l'avvento della moda.
In questi anni la maggioranza degli Italiani diventa "ceto medio", dove si uniformano consumi e
costumi.
l’Italia quindi riparte, ma a un prezzo molto alto. Infatti il debito pubblico aumenta, a causa del costo
dell'energia, del petrolio, e inoltre il governo, presieduto dal repubblicano Spadolini avvia un
programma per la costruzione di centrali termiche a carbone e atomico. Un altro fattore che causa il
debito pubblico è lo sviluppo dello stato sociale, l'aumento di pensioni anticipate e di invalidità. Questo
perché si è convinti di essere in un'età di grandi sviluppo, il paese spende al di sopra delle proprie forze
e lascia il conto alle generazioni future. Anche l'alto tasso di evasione fa crescere il debito. Ciò segnala
un distacco tra lo stato e il cittadino: c'è voglia di arricchirsi senza pensare al benessere della comunità,
quindi la lotta allo stato perde il carattere collettivo e ideologico, e si concentra sui problemi personali e
particolari.
In Veneto nasce un nuovo soggetto politico, la Liga Veneta, che vuole l’autogestione del proprio
territorio, l'indipendenza dall'Italia.
Ma accanto all'orgoglio locale, esplode anche un nuovo orgoglio nazionale, provocato dalla vittoria dei
campionati mondiali di calcio dell'82, che riunisce e rivitalizza il paese.
CRAXI E IL PENTAPARTITO
Il 16 luglio 1976 all'Hotel Midas a Roma Bettino Craxi viene eletto segretario del PSI. Craxi, leader degli
Autonomisti Nenniani, corrente di minoranza rispetto ai seguaci di De Martino e alla sinistra di
Lombardi, dovrebbe essere un segretario di transizione.
Craxi aveva un'impronta proveniente dalle rivolte studentesche. É chiamato "il tedesco" dalla Stampa,
perché prima di diventare segretario era stato vicesegretario del partito con delega agli affari esteri, e
aveva stretto rapporti con la SPD (partito socialdemocratico della repubblica federale tedesca), e in
particolare con Willy Brandt; e inoltre perché Craxi e i suoi costituivano una macchina politica ben
organizzata.
Al momento dell'elezione, il PSI è ai minimi storici, in quanto subordinato al PCI e senza una strategia.
Il distacco del PSI dal PCI è maturato negli anni 50, ai tempi dell'Ungheria. Ma il socialismo è
comunque subordinato al partito più forte della sinistra, il PCI, poiché hanno ideologie simili. Ma Craxi
vuole assumere un ruolo di protagonista. L'esigenza di marcare la differenza favorisce una discussione
tra gli intellettuali socialisti: emergono molte riviste che affrontano i problemi della sinistra riformista.
Perché in Italia il PCI continua a guardare a Mosca, e non c'è un forte partito socialdemocratico
riformista? Si intuisce che il sistema è bloccato.
Nel marzo del 78 i socialisti tengono a Torino il primo congresso della segreteria Craxi. Il partito cerca
una nuova identità che lo allontani dal PCI: anche il simbolo cambia, un garofano, non più falce e
martello. Ma nella fase iniziale Craxi non contesta la formula che lo vede partner di maggioranza nei
governi di solidarietà nazionale di Andreotti.
La prima frattura si verifica nei giorni del sequestro Moro, quando Craxi si dissocia dalla linea della
fermezza sostenuta soprattutto dal PCI, e si batte perché venga tentato il salvataggio dell'ostaggio.
La frattura si allarga fino a toccare le questioni ideologiche: nel 78 sull'Espresso compare un articolo
intitolato Il Vangelo Socialista, redatto da Pellicani e sottoscritto da Craxi. Esso esalta il pensiero di un
socialista che era stato definito da Marx utopista, ovvero Pierre Joseph Proudhon. Il PSI quindi abiura
Marx e Lenin, da cui, afferma Craxi, il PCI non ha saputo emanciparsi.
Intanto l'esperienza della solidarietà nazionale si va esaurendo: nel 79 il PCI ritira l'appoggio al
governo, e si va a nuove elezioni che lo vedono in calo.
Si creano le condizioni per un ritorno al centro-sinistra. L'economia nel frattempo torna a crescere:
l'Italia sta di nuovo cambiando, gli impiegati superano gli operai, ed emerge la piccola e media impresa
come fenomeno portante dell'economia. Inizia l'era post-industriale.
Craxi intuisce che la fine dei grandi aggregati rappresenta anche la fine del PCI, che li rappresenta.
Quindi si propone come interprete delle aspettative della nuova Italia, ma è sottoposto fin da subito a
critiche. Il PCI lo accusava di essere l'equivalente italiano della Thatcher e di Reagan, che erano su una
linea economica liberista. In realtà Craxi non era un liberista, ma un socialdemocratico classico. Anche
grazie al nuovo orientamento che Craxi dà al suo partito, agli inizi degli anni 80 si afferma una nuova
formula politica, in cui la guida del paese non è nelle mani solo del partito di maggioranza (DC).
Iniziano gli anni del Pentapartito, l'alleanza di 5 partiti (DC, PSI, Partito Repubblicano, I
socialdemocratici e il Partito Liberale) che prevedeva l'alternanza alla guida del governo di esponenti di
tutti i partiti della coalizione.
Il 28 giugno dell'81 diventa presidente del consiglio Spadolini, leader del partito repubblicano.
Nel giugno dell'83 si tengono le nuove elezioni politiche; il PCI continua la sua perdita di consensi, così
come la DC, mentre i socialisti crescono. il 5 agosto Craxi viene incaricato dal presidente Pertini di
formare il governo. È la prima volta che un socialista diventa premier.
Già nel 79 Craxi aveva organizzato riforme economiche e istituzionali.
Per realizzarle viene
Una commissione bicamerale guidata da un esponente del partito liberale, Aldo Bozzi, già membro
dell'Assemblea Costituente. Il PSI vorrebbe l'elezione diretta del capo dello stato, la DC solo una
riforma elettorale, il PCI vuole conservare lo status quo.
Per quanto riguarda le riforme economiche, il 14 febbraio dell'84, con la Riforma di San Valentino, il
governo Craxi taglia 4 punti della scala mobile, il meccanismo che prevede l'adeguamento automatico
dei salari all'inflazione. Il taglio è ridotto, ma consentiva una riduzione dell'inflazione, il problema
principale dell'economia di quel periodo.
Il mondo sindacale si spacca: Cisl e Uil sono dalla parte del governo, Cgil e PCI si oppongono al
provvedimento.
Il 24 marzo dell'84 600.000 persone protestano contro il decreto, ma il governo non retrocede. A metà
maggio c'è un nuovo congresso del PSI a Verona, a cui partecipa anche Berlinguer, che viene fischiato
dai partecipanti. Il PCI accetta la sfida, convinto di avere con sé i lavoratori, ma in realtà gli operai non
scioperano per la riduzione dei punti. Era anche una guerra tra due leader.
Il 7 giugno dell'84 durante un comizio a Padova, Berlinguer è colpito da un'emorragia celebrale; muore
tre giorni dopo. Ai funerali, i comunisti restituiscono i fischi a Craxi.
Il 10 giugno dell'85 si svolge il referendum abrogativo sul taglio dei punti della scala mobile, ma prevale
il no. Vince quindi Craxi.
Gli anni del Pentapartito e del governo Craxi sono importanti, nel febbraio dell'84 Craxi firma un nuovo
concordato con il Vaticano, l'accordo di Villa Madama, ina revisione dei Patti Lateranensi, per adeguarli
ai cambiamenti sociali e politici della nazione. Una nazione che in quel periodo si espone con una
politica estera più decisa: dall'82 all'84 il Paese partecipa a un'operazione militare nel Libano
attraversato dalla guerra civile. Si tratta di un'operazione pericolosa che vede la morte di un giovane
soldato, Filippo Montesi.
Quando nei primi anni 80 l'America chiede di installare dei missili sul territorio italiano puntati
sull'URSS, non Sicilia, Craxi conferma la disponibilità del governo, nonostante le proteste dei pacifisti.
La scelta nell'83 viene ratificata dal parlamento.
Il 7 ottobre dell'85 un commando palestinese prende il controllo della nave da crociera italiana Achille
Lauro, con a bordo 500 persone tra equipaggio e passeggeri.
Il governo italiano cerca di mediare ricorrendo ai buoni rapporti intessuti negli anni con l’Olpe, guidato
da Arafat, benché i terroristi appartengano proprio a una sua frangia estrema. A condurre il negoziato è
Abu Abas, leader del fronte di liberazione della Palestina. Intanto sull'Achille Lauro l'8 ottobre i
sequestratori uccidono un passeggero paraplegico americano in quanto ebreo. Il governo Italiano saprà
dell'assassinio solo all'atto di liberazione della nave.
Il 10 ottobre i terroristi si arrendono consegnandosi alle autorità egiziane. I membri del commando e
Abu Abas sono fatti salire a brodo di un aereo egiziano che viene dirottato da caccia americani nella
base Americana in Sicilia. Qui Craxi rifiuta di consegnare l'aereo agli Americani. Tra carabinieri e
marines si sfiora il conflitto, ma alla fine gli USA cedono, e i membri del commando vengono arrestati
dalle autorità Italiane, mentre l'aereo con ancora Abu Abas a brodo decolla verso Roma, dove lo stesso
viene fatto ripartire su un aereo jugoslavo per Belgrado.
I ministri del partito repubblicano, tradizionalmente filoatlantico, lasciano per protesta il governo. Il 6
novembre dell'85 Craxi ribadisce il sostegno all'Olp, pur condannando il terrorismo, e riottiene la
fiducia del Parlamento.
La vicenda dell'Achille Lauro mette in evidenza un sentimento di amor patrio.
Nella prima metà degli anni 80 il paese attraversa un nuovo periodo di floridità economica.
In questa ripresa ha un ruolo anche l'industria produttrice di auto, oltre che la moda.
Il debito pubblico è un problema da affrontare, approfittando delle favorevoli condizioni economiche. Il
governo introduce quindi delle riforme in campo tributario, come lo scontrino fiscale, introdotto dal
ministro Visentini.
Per molte persone erano riforme intollerabili. La riforma fiscale viene vista come la rottura di un patto
tra stato e cittadini per cui l'inefficienza dello stato era compensata dall'evasione.
Nonostante ciò il governo Craxi è un successo ed egli ottiene molti consensi, anche all'estero. La
stabilità del governo è però fragile. Nel maggio dell'86 Ciriaco De Mita viene riconfermato segretario
della DC; egli ritiene che sia il momento opportuno per allontanare Craxi dal governo e farci salire un
esponente della DC, come voleva il patto del pentapartito.
L'occasione sembra arrivare il 27 giugno dell'86, quando la maggioranza è battuta su un decreto in
materia di politica finanziaria su cui l'esecutivo ha posto la fiducia. Craxi si dimette. Ma il nuovo
Presidente Della Repubblica, Cossiga, gli rinnova l'incarico.
Il secondo governo Craxi ottiene la fiducia l'8 agosto, ma il leader deve garantire al suo avversario che
entro la primavera successiva lascerà la presidenza del consiglio alternandosi con un esponente della
DC.
Questo succede il 3 marzo dell'87.
Un evento che apre una lunga crisi di governo. Tutto il sistema politico comincia a dar segno di grande
logoramento, a causa di partiti che rinunciano al loro ruolo.
Cresce nel frattempo il fenomeno della corruzione: cominciano gli arresti di politici, per lo più
amministratori locali.
Nell'87 termina la nona legislatura, e si va a nuove elezioni. La DC recupera terreno nel quadro del
pentapartito, il PCI continua a perdere voti, e anche il PSI ne ottiene pochi, nonostante le aspettative.
Craxi è costretto a restituire la guida del governo alla DC.
Dall’elezione emergono nuovi soggetti politici contrari al Pentapartito che vogliono contrastare il
sistema bloccato che chiamano Partitocrazia. I primi sono i Verdi, legati ai temi ambientalistici, e poi ci
sono i radicali di Pannella che denunciano i limiti di un sistema bloccato, poi c'è l'affermarsi della Lega
Lombarda, che riesce a eleggere senatore il suo leader, Bossi.
Tra il 9-10 giugno del 91 gli italiani votano il primo dei referendum proposti da Segni, per abolire ad
esempio la possibilità nelle elezioni politiche di esprimere preferenze multiple per i candidati; questo
per evitare i voti di scambio e gli accordi sottobanco.
Viene approvato, i cittadini si mostrano favorevoli al sistema maggioritario.
È la sconfitta della Partitocrazia, che invece aveva sistema proporzionale.
Negli anni 90, si assiste al crollo del sistema politico che ha retto l'Italia dalla nascita della repubblica, e
che si è retto negli anni 80 con la formula del Pentapartito. A pagarne le conseguenze è Craxi, il più
grande esponente.