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La Tecnologia industriale
L’apparato industriale al servizio della guerra
Con la seconda metà del XIX secolo l’economia capitalista aveva toccato il proprio
punto di massimo splendore e per 25 anni la produzione del mercato mondiale
aveva conosciuto un’espansione senza confronto. Inoltre, venivano sperimentati
volumi di fuoco molto più importanti facendo accrescere il legame tra guerra e
apparato industriale: la guerra moderna mirava alla distruzione sistematica delle
risorse del nemico ed era quindi impossibile vincere un conflitto senza una forte
industria. Le potenze militari potevano mettere in campo un potenziale distruttivo
molto accresciuto: iniziarono a diffondere i meccanismi a retrocarica in tutti i tipi di
arma, furono sperimentate le prime mitragliatrici e il fucile fu dotato di una canna
rigata. In tal modo, le cifre dei caduti delle maggiori battaglie napoleoniche vennero
polverizzate scontri più limitati in quanti a truppe impiegate.
La guerra di logoramento
A causa della maggior bravura delle difesa, da guerra di movimento si passò ad una
di logoramento: era fondamentale per ogni Paese assicurarsi le maggiori risorse
possibili e sottrarle al nemico . La guerra divenne mondiale perché ognuno aveva
bisogno di alleati o altri luoghi in cui prevalere. Gli Imperi centrali non riuscirono a
far entrare in guerra l’Italia : questa rispettò il patto della Triplice Alleanza , che
sanciva un’alleanza di carattere difensivo e impegnava i tre Paesi a soccorrersi solo
in caso di aggressione. L’Italia sondava entrambi i campi belligeranti per capire quale
dei due offrisse di più, decidendo di scegliere l’intesa e dichiarando guerra
all’Impero asburgico nel maggio del 1915.
L’Italia in guerra
La guerra bella dei nazionalisti e dei futuristi
Dopo l’infausta avventura coloniale in Etiopia, in Italia le forze politiche che
volevano la guerra non si erano date per vinte: vi erano, infatti, le gerarchie militari,
la monarchia e il blocco dei grandi interessi protetti da un lato; dall’altro c’era una
componente nuova composta dall’estrema sinistra dei sindacati rivoluzionari e
dall’estrema desta dei nazionalisti che facevano leva su un opinione pubblica
frustrata dalle regole della politica e desiderosa di distruggere la società perbenista
e borghese. Il nazionalismo italiano proseguiva così sulla sua rotta di allontanamento
dalle tendenze democratiche risorgimentali e andava sempre più identificandosi con
le politiche di potenza delle grandi nazioni europee: questo portò all’esaltazione
della guerra bella, capace di ripulire la nazione dai compromessi e dai cedimenti
morali. Il fondatore del Futurismo, Filippo Tommaso Marinetti, fu il massimo
interprete di questa mistica della guerra.
Pacifisti e interventisti
La guerra di Libia aveva suscitato una robusta opposizione: si trattava delle forze
schierate in favore del parlamentarismo e delle regole democratiche. Liberali e
socialisti erano consapevoli che tutta la politica in Italia soffriva di un altro tasso di
corruzione e di immoralità, ma credeva che sarebbe stata la pace a fare da
purificatrice. I socialisti si erano opposti alla guerra, compresi Mussolini e tutta l’aria
rivoluzionaria. Lo scoppio della guerra mondiale riportò la distanza tra pacifisti e
interventisti, con quest’ultimi che sostenevano di scendere in guerra per riunire alla
madrepatria le provincie di Trieste e di Trento.
Gli imperi centrali offrivano tutti i territori di lingua italiana del Trentino e del
Friuli e un protettorato sull’Albania;
Inghilterra, Russia e Francia offrivano il Tirolo meridionale fino al confine con il
Brennero, tutta la Venezia Giulia e la Dalmazia; inoltre, il protettorato
sull’Albania, sulla base di Valona e sulla provincia turca di Adalia. Infine, l’Italia
avrebbe avuto un’ulteriore espansione coloniale in Africa orientale;
La guerra di trincea
Le trincee e le perdite umane
Nella battaglia della Grande Guerra l’unico mezzo per difendersi dalla potenza di
fuoco nemica erano le trincee: i soldati vivevano in questi fossati, esposti alle
intemperie, infestati dai parassiti e privi di un pasto caldo. Ogni assalto veniva
preparato dall’artiglieria e poi, dopo diverse ore, la fanteria usciva allo scoperto a
ondate distanti un centinaio di metri tra di loro armati di fucile con baionetta
innestata. Molto spesso questi venivano falciate dalle mitragliatrici scampate al
fuoco dell’artiglieria e dai colpi dei fucili : queste sortite al massimo facevano
spostare il fronte di pochi chilometri in una direzione o nell’altra.
L’uso di gas letali
Nel 1915 presso la città di Ipres, i tedeschi sperimentarono l’impiego di un gas
mortale , che dalla città prese il nome di iprite: da questo momento gli eserciti
vennero dotati di maschere antigas. Nel febbraio del 1916 i tedeschi sferrarono un
violentissimo attacco a Verdun e il contrattacco degli anglo-francesi avvenne sul
fiume Somme: in queste due battaglie persero la vita circa due milioni di soldati.
La grande stanchezza
Insubordinazioni e diserzioni
Con il protrarsi delle operazioni belligeranti, l’adesione dell’opinione pubblica alla
guerra veniva a mancare: innanzitutto quello dei soldati, che si sentivano traditi
dalla patria che li aveva abbandonati . Questo senso di appartenenza alla comunità
di soldati traditi e abbandonati, generò un forte senso di rivolta all’interno delle
trincee: vi furono unità decimata dall’eccessivo zelo nell’applicare la disciplina da
parte dei superiori, altri soldati si mutilavano per sfuggire alla trincea e altri
disertavano consegnandosi al nemico come prigionieri
L’inutile strage
Nella ritirata dopo la disfatta, intere unità si rifiutarono di combattere per un senso
di rivolta contro il generale Luigi Cadorna , che aveva condotto la guerra senza
curarsi dei costi umani. Il fronte arretrò fino al Piave e il Veneto sembrò perduto : si
formò però un governo di un’unità nazionale presieduto da Vittorio Emanuele
Orlando. Il comando militare passò al generale Armando Diaz, che promise terra ai
militari contadini: la nuova linea difensiva sul Piave bloccò l’avanzata austriaca. In
Italia, Francia, Inghilterra e in Germania, gli scioperi illegali avevano cominciato a
danneggiare la produzione e nel 1918 in Germania si arrivò ad una vera e propria
insurrezione. La guerra si avviava al termine per l’estremo disgusto e per lo
sfinimento dei popoli.
La fine di un conflitto
Tra il marzo e il luglio del 1918 i tedeschi passarono all’offensiva sfondando le linee
nemiche fino alla Marna, ma non riuscirono ad andare oltre. I francesi iniziarono
quindi a contrattaccare, avviando l’offensiva finale dell’Intesa sul fronte occidentale.
Gli sfondamenti delle linee francesi e italiane, i soldati austriaci e tedeschi si resero
conto che le retrovie dei paesi dell’Intesa erano ricche in confronto alle loro. Una
novità degli ultimi mesi del conflitto fu l’impiego dei carri armati, insieme al
perfezionamento degli aerei . Ai primi di settembre, la Germania avviò trattative per
l’armistizio, firmato l’11 novembre. Il 4 novembre era sta siglato quello fra l’Italia e
l’Impero austro-ungarico, dopo la decisiva vittoria nella battaglia di Vittorio Veneto.
Aveva prestato capitali necessari alla vittoria: i paesi vinti erano distrutti e i
vincitori indebitati;
Gli USA si erano schierati dalla parte delle democrazie contro i regimi
autoritari: la vittoria del bene sul male, di un capitalismo democratico mirato
alla convivenza pacifica delle nazionalità e al progresso al vecchio
autoritarismo illiberale.