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Delitto politico 29 nov (integrare spiegazione professoressa)

Art. 8 c.p. Il cittadino o lo straniero che commette in territorio estero un delitto politico non compreso tra
quelli indicati al num 1 dell’art 8 c.p., è punito secondo la legge italiana, a richiesta del Ministro della
Giustizia. Se si tratta di delitto punibile a querela della persona offesa, occorre oltra a tale richiesta anche la
querela.

Agli effetti della legge penale è delitto politico ogni delitto che offende un interesse politico dello Stato,
ovvero un diritto politico del cittadino. È anche considerato delitto politico il delitto comune determinato in
tutto o in parte da motivi politici. L’art. 8 regola un caso di applicazione extraterritoriale della legge penale
italiana, ispirato al principio della difesa. Non riguardo al delitto politico commesso all’estero dal cittadino
italiano, al principio della difesa si aggiunge anche quello della personalità attiva.

Mentre nel caso del delitto politico commesso all’estero dallo straniero, vale il principio della difesa o della
personalità passiva.

L’art. 8 c.p. fornisce una duplice nozione di DELITTO POLITICO:

a) NOZIONE OGGETTIVA di delitto politico;

b) NOZIONE SOGGETTIVA di delitto politico.

Nozione oggettiva di delitto politico -> È il delitto che offende un INTERESSE POLITICO DELLO STATO o un
DIRITTO POLITICO DEL CITTADINO.

Per INTERESSE POLITICO DELLO STATO, si intende non un interesse pubblico, di pertinenza dello Stato (es.
amministrazione della giustizia), ma un interesse concernente lo Stato nella sua interezza ed unitarietà,
come ad esempio la sua organizzazione politica, la sua sicurezza interna ed esterna, l’integrità del suo
territorio.

Sono sicuramente delitti oggettivamente politici: I delitti contro la personalità dello Stato, rispetto ai quali la
extraterritorialità della legge penale italiana è già assicurata dall’art. 7 n.1, c.p..

Per DIRITTO POLITICO DEL CITTADINO, si intende un diritto connesso all’esercizio dell’elettorato attivo e
passivo; o all’esercizio delle pubbliche funzioni (es. reati elettorali; militari etc.).

La tutela dello Stato ha ad oggetto l’INTERESSE POLITICO, mentre riguardo al cittadino la norma prende in
considerazione soltanto il DIRITTO, vale a dire una pretesa giuridicamente azionabile con i mezzi di tutela
riconosciuti dall’ordinamento giuridico. Sicuramente offensivo del diritto politico del cittadino è il reato di
cui all’art. 294 c.p. (attentati contro i diritti politici dei cittadini):

Chiunque con violenza, minaccia o inganno impedisce in tutto o in parte l'esercizio di un diritto politico,
ovvero determina taluno a esercitarlo in senso difforme dalla sua volontà, è punito con la reclusione da
uno a cinque anni.

Nozione soggettiva: È politico il delitto comune determinato in tutto o in parte da motivi politici.

Tale nozione è più problematica, in quanto si fonda sulle motivazioni psicologiche che sorreggono la
commissione del reato. La nozione è inoltre ampia perché abbraccia qualunque reato comune che sia
determinato – anche solo in parte – da motivi politici. La nozione è abbastanza indeterminata perché
dipende dalla qualificazione dei motivi dell’azione.

Cosa si intende per MOTIVO POLITICO? Il codice non ne fornisce una definizione che va quindi ricavata sul
piano interpretativo.
Si considera POLITICO ogni motivo che determina ad agire in funzione di una particolare concezione
ideologica riguardante la struttura dei poteri dello Stato ed i rapporti tra lo Stato e i cittadini.

Il motivo politico si distingue dal MOTIVO SOCIALE. Il motivo sociale è il motivo che determina la condotta
dell’agente in funzione di un particolare modo di intendere i rapporti umani che non si riflette
necessariamente nella struttura dello Stato o nei rapporti tra Stato e cittadini.

In base alla distinzione appena proposta, non sarebbe delitto politico l’omicidio del datore di lavoro per
motivi di lotta sindacale.

Nondimeno, il motivo economico sociale collettivo è stato ritenuto motivo politico nella giurisprudenza dei
primi anni del secondo dopoguerra, in pronunce relative all’amnistia concessa all’epoca per i delitti politici.

Ad esempio, si ritenne soggettivamente politico il delitto di sottrazione di cadavere commesso per occultare
un omicidio non politico e tutelare il buon nome delle associazioni partigiane; o il vilipendio alla religione
nella propaganda anarchica etc.

Veniva invece escluso il delitto politico in presenza di un motivo economico sociale individuale. Es.
invasione di terreni da parte dei partigiani per lucro personale.

Grandi perplessità suscita l’equiparazione del delitto soggettivamente politico al delitto oggettivamente
politico, anche per i casi in cui il delitto comune sia stato SOLO IN PARTE DETERMINATO DA MOTIVO
POLITICO.

La nozione diventa infatti in tal caso ampia in quanto comprensiva anche dei delitti comuni per i quali il
motivo politico non sia ESCLUSIVO, MA PREVALENTE O ANCHE SOLO CONCORRENTE con altri motivi.

Nozione autonoma (costituzionalmente orientata) -> Per superare i limiti della nozione codicistica, la
dottrina più recente ha tentato di delineare una nozione autonoma di delitto politico, svincolata dall’art. 8
c.p. e desunta dalla Costituzione. In base a tali nozioni, sarebbe politico soltanto il delitto degno di tutela
alla stregua delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione. Tale nozione equipara il delitto politico
di cui al Codice penale al delitto politico previsto in Costituzione come limite al potere di estradizione e
concepito quale forma di protezione delle libertà democratiche contro i regimi dittatoriali.

Critiche:

Il concetto costituzionale di delitto politico è ampio ed indeterminato perché ispirato ad una ratio diversa da
quella di cui all’art. 8 c.p. Nonostante i difetti della nozione di delitto politico fornita dall’art. 8 c.p. essa non
è sovrapponibile con quella indicata dalla Costituzione ai fini del divieto di estradizione.

La giurisprudenza distingue in modo netto la nozione di delitto politico di cui all’art. 10 Cost. con la nozione
di delitto politico di cui all’art. 8 c.p. in quanto le due norme operano su piani giuridici differenti.

La norma costituzionale considera il reato politico un parametro a garanzia della persona umana entro i
limiti in cui tale garanzia è costituzionalmente giustificabile; la norma penale invece considera il delitto
politico una funzione repressiva (Cass. pen. 12.9.2003).

ESTRADIZIONE: Consiste nella consegna che uno Stato fa di un individuo che si trova nel suo territorio ad
un altro Stato, perché ivi sia sottoposto al giudizio penale o alle sanzioni penali.

Si distinguono due tipi di estradizione:

1) ESTRADIZIONE ATTIVA, quando lo Stato italiano chiede ad uno Stato estero la consegna;

2) ESTRADIZIONE PASSIVA, quando lo Stato estero chiede allo Stato italiano la consegna.
Trattandosi di un istituto del diritto internazionale essa è in primo luogo regolata dalle Convenzioni
internazionali. Le norme convenzionali, se divergenti, hanno funzione derogatoria rispetto alla disciplina
interna contenuta nella legge ordinaria (art. 13 c.p. e artt. 697 c.p.p.) ma non rispetto alle previsioni
costituzionali.

Regole per l’estradizione

• Vige il divieto generale di estradizione del cittadino (art. 26, comma 1 Cost.; e art. 13, comma 4
c.p.) che può però essere derogato solo quando la estradabilità del cittadino sia espressamente
prevista dalle convenzioni internazionali. Il che comporta che nel caso di estradizione
extraconvenzionale potrà essere estradato soltanto lo straniero.

La ratio del divieto è di tutelare il cittadino che si preferisce vengano giudicati nel territorio nazionale.

• Vige il principio della doppia incriminazione il fatto deve costituire reato sia nell’ordinamento dello
Stato richiedente, sia nell’ordinamento dello Stato richiesto.

La ratio del principio va individuata nell’esigenza di evitare la collaborazione con Stati che non condividono
le medesime scelte repressive.

Non occorre una perfetta identità delle previsioni normative, è sufficiente che un fatto sia oggetto di due
valutazioni di disvalore sostanzialmente omogenee.

• Vige il divieto di estradizione per delitti politici previsto all’art. 26, comma 2 Cost. per il cittadino e
dell’art. 10, comma 4 Cost. per lo straniero.

Per comprendere la ratio del divieto occorre premettere che la nozione di delitto politico utile ai fini del
divieto di estradizione è distinta dalla nozione di delitto politico fornita dall’art. 8 c.p. di ai fini
dell’applicabilità della legge penale nello spazio.

Nessuno Stato che si ispiri a principi liberaldemocratici, può accettare di farsi strumento, anche indiretto, di
persecuzioni politiche.

Alla base del divieto vi sono dunque sia esigenze di GARANZIA dell’individuo sia ESIGENZE DI VIETARE LA
COLLABORAZIONE TRA STATI, quando essa non sia fondata sulla condivisione di un modello di giustizia
penale condiviso.

Ai fini del divieto di estradizione si considera delitto politico:

1) Il delitto che corrisponde all’esercizio delle libertà democratiche costituzionalmente riconosciute


(es. i delitti di mera opinione).

2) Il delitto rispetto al quale via siano fondati motivi per ritenere che lo Stato richiedente intende
sottoporre il colpevole ad un trattamento persecutorio o discriminatorio per ragioni politiche.

In tal caso, a prescindere dal tipo di reato commesso, il divieto di estradizione è motivato dalla natura
POLITICA dell’azione giudiziale che rivolge con il soggetto autore del reato.

• Vige il principio della specialità, in base al quale l’estradizione può essere concessa a condizione
che lo stato richiedente, una volta ottenuta la consegna dell’estradato, non lo sottoponga ad alcuna
restrizione della libertà personale per fatti anteriori e diversi da quelli per cui l’estradizione è
concessa.

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