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(1947)
I
COMITATO SCIENTIFICO
CENTRO STUDI HISTORIA ITALICA
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INTRODUZIONE
Il Comitato Scientifico.
I
No. 747
N,, 747
No. 747
Registered by the Union ol Soviet Socialist Republics and France on 15 March 1950.
Premesso che a seguito delle vittorie delle Forze alleate e con l'aiuto
degli elementi democratici del popolo italiano, il regime fascista venne
rovesciato il 25 luglio 1943 e l'Italia, essendosi arresa senza condizioni,
firmb i patti d'armistizio del 3 e del 29 settembre del medesimo anno; e
PARTE I
CLAUSOLE TERRITORIALI
SEZIONE I- FRONTIERE
Articolo 1
I confini dell'Italia, salvo le modifiche indicate agli Articoli 2, 3, 4,
11 e 22, rimarranno quelli in esistenza i 10 gennaio 1938. Tali confini sono
tracciati nelle carte allegate al presente trattato (Allegato I). In caso di
discrepanza fra la descrizione dei confini fatta nel testo e le carte, sark il
testo che fark fede.
Articolo 2
Le frontiere fra la Francia e 'Italia, quali erano segnate al 10 gennaio
1938, saranno modificate nel modo seguente:
1. Passo del Piccolo San Bernardo
II confine seguirA lo spartiacque, lasciando il confine attuale ad un
punto a circa 2 chilometri a nord-ovest dell'Ospizio, intersecando la strada a
circa un chilometro a nord-est dell'Ospizio stesso e raggiungendo il confine
attuale a circa 2 chilometri a sud-est dell'Ospizio.
2. Ripiano del Moncenisio
I1 confine lascerA il confine attuale a circa 3 chilometri a nord-ovest
dalla cima del Rocciamelone, intersecherA la strada a circa 4 chilometri a
sud-est dell'Ospizio e si ricongiungerA al confine attuale a circa 4 chilo-
metri a nord-est del Monte di Ambin.
3. Monte Tabor-Chaberton
(a) Nella zona del Monte Tabor, il confine abbandonerA il tracciato
attuale a circa 5 chilometri ad est del Monte Tabor e precederA verso sud-est
per ricongiungersi al confine attuale a circa 3 chilometri ad ovest dalla
Punta di Charra.
1950 Nations Unies - Recueil des Trait&s 375
Articolo 3
Le frontiere fra l'Italia e la Jugoslavia saranno determinate nel modo
seguente:
(i) I1 nuovo confine seguirA una linea che parte dal punto di congiun-
zione delle frontiere dell'Austria, Italia e Jugoslavia, quali esistevano al
10 gennaio 1938 e procederA verso sud, seguendo il confine del 1938 fra
la Jugoslavia e l'Italia fino alla congiunzione di detto confine con la linea
di demarcazione amministrativa fra le province italiane del Friuli (Udine)
e di Gorizia;
(ii) da questo punto la linea di confine coincide con la predetta linea
di demarcazione fino ad un punto che trovasi approssimativamente a mezzo
chilometro a nord del villaggio di Mernico nella Valle dell'Iudrio;
(iii) abbandonando a questo punto la linea di demarcazione fra le
province italiane del Friuli e di Gorizia, la frontiera si prolunga verso
oriente fino ad un punto situato approssimativamente a mezzo chilometro
ad ovest del villaggio di Vercoglia di Cosbana e quindi verso sud fra le
376 United Nations - Treaty Series 1950
Articolo 6
L'Italia cede, mediante il presente Trattato, in piena sovranitA alla
Francia, il territorio giA italiano situato sul versante francese del confine
franco-italiano, quale 6 stato definito all'Articolo 2.
Articolo 7
II Governo italiano consegnerh al Governo francese tutti gli archivi,
storici ed amministrativi, precedenti al 1860 che riguardano il territorio
ceduto alla Francia in base al Trattato del 24 marzo 1860 ed alla Con-
venzione del 23 agosto 1860.
Articolo 8
1. Il Governo italiano collaborerA col Governo francese per reventuale
1950 Nations Unies - Recuei des Traits 379
2. Territorio di Tenda-Briga
Affinch6 l'Italia non debba soffrire alcuna diminuzione nelle forni-
ture di energia elettrica che essa traeva da sorgenti esistenti nel territorio di
Tenda-Briga prima della cessione di tale territorio alla Francia, quest'ul-
tima darer all'Italia, in forza di un accordo bilaterale, le garanzie tecniche
stabilite all'Allegato III.
Articolo 10
1. L'Italia 'concluderk con l'Austria, ovvero confermerA gli accordi
esistenti intesi a garantire il libero traffico di passeggeri e merci fra il
Tirolo settentrionale ed il Tirolo orientale.
380 United Nations - Treaty Series 1950
Articolo 11
1. L'Italia cede, mediante ilpresente Trattato, in piena sovranitA alla
Jugoslavia ilterritorio situato fra i nuovi confini della Jugoslavia, come
sono definiti dagli Articoli 3 e 22 ed i confini italo-jugoslavi, quali esi-
stevano il10 gennaio 1938, come pure ilcommune di Zara e tutte le isole e
isolette adiacenti, che sono comprese nelle zone seguenti:
Articolo 12
1. L'Italia restituirA alla Jugoslavia tutti gli oggetti di carattere arti-
stico, storico, scientifico, educativo o religioso (compresi tutti gli atti, mano-
scritti, documenti e materiale bibliografico) come pure gli archivi ammini-
strativi (pratiche, registri, piani e documenti di qualunque specie) che, per
effetto dell'occupazione italiana, vennero rimossi fra il 4 novembre 1918 ed
il 2 marzo 1924 dai territori ceduti alla Jugoslavia in base ai Trattati firmati
a Rapallo il 12 Novembre 1920 ed a Roma il 27 Gennaio 1924. L'Italia
restituirA pure tutti gli oggetti appartenenti ai detti territori e facenti parte
dalle categorie di cui sopra, rimossi dalla Missione italiana di armistizio
che sedette a Vienna dopo la prima guerra mondiale.
Articolo 13
L'approvvigionamento dell'acqua per Gorizia ed i suoi dintorni sark
regolato a norma delle disposizioni dell'Allegato V.
382 United Nations - Treaty Series 1950
Articolo 14
1. L'Italia cede alla Grecia in sovraniti piena le Isole del Dodecaneso
in appresso indicate e precisamente: Stampalia (Astropalia), Rodi (Rho-
dos), Calki (Kharki), Scarpanto, Casos (Casso), Piscopis (Tilos), Misiros
(Nisyros), Calimnos (Kalymnos), Leros, Patmos, Lipsos (Lipso), Simi
(Symi), Cos (Kos) e Castellorizo, come pure le isolette adiacenti.
PARTE II
CLAUSOLE POLITICHE
Articolo 15
L'Italia prenderA tutte le misure necessarie per assicurare a tutte le
persone soggette alla sua giurisdizione, senza distinzione di razza, sesso,
lingua o religione, il godimento dei diritti dell'uomo e delle libertA fonda-
mentali, ivi compresa la liberti d'espressione, di stampa e di diffusione,
di culto, di opinione politica e di pubblica riunione.
Articolo 16
L'Italia non incriminerA, n6 altrimenti perseguiterh alcun cittadino
italiano, compresi gli appartenenti alle forze armate, pel solo fatto di
avere, durante il periodo di tempo corrente dal 10 giugno 1940 all'entrata
in vigore del presente Trattato, espressa simpatia od avere agito in favore
della causa delle )otenze Alleate ed Associate.
1950 Nations Unies - Recueil des Trait~s 383
Articolo 17
L'Italia, la quale, in conformith dell'articolo 30 della Convenzione di
Armistizio, ha preso misure per sciogliere le organizzazioni fasciste in Italia,
non permetterh, in territorio italiano, la rinascita di simili organizzazioni,
siano esse politiche, militari o militarizzate, che abbiano per oggetto di
privare il popolo dei suoi diritti democratici.
Articolo 18
L'Italia si impegna a riconoscere piena forza ai Trattati di Pace con
la Romania, Bulgaria, Ungheria e Finlandia ed a quelle altre convenzioni
od accordi che siano stati o siano per essere raggiunti dalle Potenze Alleate
ed Associate rispetto all'Austria, alla Germania ed al Giappone, al fine di
ristabilire la pace.
Articolo 19
1. I cittadini italiani che, al 10 giugno 1940, erano domiciliati in
territorio ceduto dall'Italia ad un altro Stato per effetto del presente Trattato,
ed i loro figli nati dopo quella data diverranno, sotto riserva di quanto
dispone il paragrafo seguente, cittadini godenti di pieni diritti civili e
politici dello Stato al quale il territorio viene ceduto, secondo le leggi che
a tale fine dovranno essere emanate dallo Stato medesimo entro tre mesi
dall'entrata in vigore del presente Trattato. Essi perderanno la loro cittadi-
nanza italiana al momento in cui diverranno cittadini dello Stato suben-
trante.
2. I1 Governo dello Stato al quale il territorio 6 trasferito, dovra
disporre, mediante appropriata legislazione entro tre mesi dall'entrata in
vigore del presente Trattato, perch6 tutte le persone di cui al paragrafo 1,
di etit superiore ai diciotto anni (e tutte le persone coniugate, siano esse al
disotto od al disopra di tale eth) la cui lingua usuale l'italiano, abbiano
facolti di optare per la cittadinanza italiana entro il termine di un anno
dall'entrata in vigore del presente Trattato. Qualunque persona ce opti
in tal senso conserverh la cittadinanza italiana e non si considerera avere
acquistato la cittadinanza dello Stato al quale il territorio viene trasferito.
L'opzione esercitata dal marito non verrr considerata opzione da parte della
384 United Nations - Treaty Series 1950
moglie. L'opzione esercitata dal padre, o 'se il padre non vivente, dalla
madre, si estenderA tuttavia automaticamente a tutti i figli non coniugati,
di etA inferiore ai diciotto anni.
mento dei beni appartenenti alle persone che optano per la nazionaliti
jugoslava, in base al presente Articolo.
Articolo 21
1. k, costituito in forza del presente Trattato il Territorio Libero di
Trieste, consistente dell'area che giace fra il mare Adriatico ed i confini
definiti negli Articoli 4 e 22 del presente Trattato. I1 Territorio Libero di
Trieste 6 riconosciuto dalle Potenze Alleate ed Associate e dall'Italia, le
quali convengono che la sua integritA e indipendenza saranno assicurate dal
Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Articolo 22
La frontiera fra la Jugoslavia ed il Territorio Libero di Trieste sari
fissata come segue:
386 United Nations - Treaty Series 1950
Articolo 24
L'Italia rinuncia a favore della Cina a tutti i benefici e privilegi risul-
tanti dalle disposizioni del Protocollo finale, firmato a Pechino il 7 settem-
bre 1901 e dei relativi allegati, note e documenti complementari ed accetta
l'abrogazione, per quanto la riguarda, del detto Protocollo, allegati,'note e
documenti. L'Italia rinuncia egualmente a far valere qualsiasi domanda
d'indennitA al riguardo.
A rticolo 25
L'Italia accetta l'annullamento del contratto d'affitto concessole dal
Governo cinese in base al quale era stabilita la Concessione italiana a
Tientsin ed accetta inoltre di trasmettere al Governo cinese tutti i beni e gli
archivi appartenenti al Municipio di detta Concessione.
Articolo 26
L'Italia rinuncia a favore della Cina ai diritti accordatile rispetto alle
Concessioni internazionali di Shanghai e di Amoy ed accetta che l'ammini-
388 United- Nations - Treaty Series 1950
Articolo 27
L'Italia riconosce e s'impegna a rispettare la sovraniti e l'indipendenza
dello Stato di Albania.
.4rticolo 28
L'Italia riconosce che l'isola di Saseno fa parte del territorio albanese
e rinuncia a qualsiasi rivendicazione a suo riguardo.
Articolo 29
1. L'Italia rinuncia formalmente in favore dell'Albania a tutti i beni
(eccettuati gli immobili normalmente occupati dalle Rappresentanze diplo-
matiche e consolari) a tutti i diritti, concessioni, interessi e vantaggi di ogni
genere spettanti allo Stato italiano o ad enti parastatali italiani in Albania.
L'Italia rinuncia egualmente a rivendicare ogni speciale interesse o influenza
in Albania, acquisita a seguito dell'aggressione del 7 aprile 1939 o in
virtii di trattati od accordi conclusi prima di detta data.
2. Le clausole economiche del presente Trattato, applicabili alle
Potenze Alleate ed Associate, si applicheranno agli altri beni italiani ed agli
altri rapporti economici tra l'Italia e l'Albania.
Articolo 30
I cittadini italiani in Albania godranno dello stesso statuto giuridico
dei cittadini degli altri paesi stranieri; 'Italia tuttavia riconosce la validit!
di tutti i provvedimenti che potranno essere presi dall'Albania per 'annulla-
mento o la modificazione delle concessioni o dei speciali diritti accordati a
cittadini italiani, a condizione che tali provvedimenti siano attuati entro un
anno dall'entrata in vigore del presente Trattato.
Articolo 31
L'Italia riconosce che tutte le convenzioni ed intese intervenute tra
l'Italia e le autorith insediate dall'Italia in Albania tra il 7 aprile 1939 ed il
3 settembre 1943 siano considerate nulle e non avvenute.
1950 Nations Unies - Recueil des Trait~s 389
Articolo 32
L'Italia riconosce la validitA di ogni prowedimento che 'Albania potrA
ritenere necessario di adottare in applicazione od esecuzione delle disposi-
zioni di cui sopra.
Articolo 33
L'Italia riconosce e s'impegna a rispettare la sovranitA e l'indipendenza
dello Stato etiopico.
Articolo 34
1. L'Italia rinuncia formalmente a favore dell'Etiopia a tutti i beni
(eccettuati gli immobili normalmente occupati dalle Rappresentanze diplo-
matiche o consolari), a tutti i diritti, interessi e vantaggi di qualsiasi natura,
acquisiti in qualsiasi momento in Etiopia da parte dello Stato italiano e a
tutti i beni parastatali, quali sono definiti dal 10 paragrafo dell'Allegato
XIV del presente Trattato.
2. L'Italia rinuncia egualmente a rivendicare qualsiasi interesse spe-
ciale od influenza particolare in Etiopia.
Articolo 35
L'Italia riconosce la validiti di tutti i provvedimenti adottati o che
potr, adottare lo Stato etiopico, allo scopo di annullare le misure prese
dall'Italia nei riguardi dell'Etiopia, dopo il 3 ottobre 1935, e gli effetti
relativi.
Articolo 36
I cittadini italiani in Etiopia godranno dello stesso statuto giuridico
degli altri cittadini stranieri; l'Italia tuttavia riconosce la validitA di tutti
i provvedimenti che potranno essere presi dal Governo etiopico per annul-
lare o modificare le concessioni o gli speciali diritti accordati a cittadini
italiani, a condizione che tali provvedimenti siano attuati entro un anno
dall'entrata in vigore del presente Tiattato.
Articolo 37
Entro diciotto mesi dall'entrata in vigore del presente Trattato, l'Italia
390 United Nations - Treaty Series 1950
Articolo 39
L'Italia s'impegna ad accettare ogni intesa che sia giA stata o sia per
essere conclusa per la liquidazione della Societa delle Nazioni, della Corte
Permanente di giustizia internazionale e della Commissione finanziaria
internazionale in Grecia.
Articolo 40
L'Italia rinuncia a ogni diritto, titolo e rivendicazione risultanti dal
regime dei Mandati o da impegni di qualsiasi "natura risultanti da detto
regime, e ad ogni diritto speciale dello Stato italiano nei riguardi di qual-
siasi territorio sotto mandato.
Articolo 41
L'Italia riconosce le disposizioni dell'Atto finale del 31 agosto 1945
e dell'Accordo franco-britannico dello stesso giorno sullo statuto di Tangeri,
come pure ogni disposizione che le Potenze firmatarie potranno adottare,
allo scopo di dare esecuzione ai detti strumenti.
A rticolo 42
L'Italia accetterh e riconoscera ogni accordo che possa essere concluso
dalle Potenze Alleate ed Associate, per modificare i trattati relativi al bacino
del Congo, ai fini di farli conformare alle disposizioni dello Statuto delle
Nazioni Unite.
Articolo 43
L'Italia rinuncia ad ogni diritto od interesse che possa avere, in virtii
dell'Articolo 16 del Trattato di Losanna, firmato il 24 luglio 1923.
1950 Nations Unies - Recueil des Trait6s 391
Articolo 44
1. Ciascuna delle Potenze Alleate o Associate notificherA all'Italia,
entro sei mesi dall'entrata in vigore del presente Trattato, i trattati bilate-
rali conclusi con l'Italia anteriormente alla guerra, di cui desideri il man-
tenimento o la rimessa in vigore. Tutte le disposizioni dei trattati di cui
sopra, che non siano compatibili con il presente Trattato, saranno tuttavia
abrogate.
2. Tutti i trattati che formeranno oggetto di tale notificazione saranno
registrati presso il Segretariato delle Nazioni Unite, in conformitA dell'Arti-
coio 102 dello Statuto delle Nazioni Unite.
3. Tutti i trattati che non formeranno oggetto di tale notifica, si avranno
per abrogati.
PARTE III
CRIMINALI DI GUERRA
Articolo 45
1. L'Italia prenderA tutte le misure necesjarie per assicurare l'arresto
e la consegna ai fini di un successivo giudizio:
(a) delle persone accusate di aver commesso od ordinato crimini di
guerra e crimini contro la pace o 'umanita, o di complicitA in siffatti
crimini;
(b) dei sudditi delle Potenze Alleate od Associate, accusati di aver
violato le leggi del proprio paese, per aver commesso atti di tradimento o
di collaborazione con il nemico, durante la guerra.
2. A richiesta del Governo della Nazione Unita interessata, l'Italia
dovri assicurare inoltre la comparizione come testimoni delle persone sotto-
poste alla sua giurisdizione, le cui deposizioni siano necessarie per poter
giudicare le persone di cui al paragrafo 1 del presente Articolo.
3. Ogni divergenza concernente l'applicazione delle disposizioni dei
392 United Nations - Treaty Series 1950
PARTE IV
CLAUSOLE MILITARI, NAVALI ED AEREE
Articolo 46
Ognuna delle clausole militari, navali ed aeree del presente Trattato
resterk in vigore, finch6 non sari stata modificata in tutto o in parte, me-
diante accordo tra le Potenze Alleate ed Associate e l'Italia, o, dopo che
'Italia sia divenuta membro delle Nazioni Unite, mediante accordo tra il
Consiglio di Sicurezza e 'Italia.
Articolo 47
1. (a) I1 sistema cti fortificazioni ed installazioni militari permanenti
italiane lungo la frontiera franco-italiana e i relativi armamenti saranno
distrutti o rimossi.
(b) Dovranno intendersi comprese in tale sistema soltanto le opere
d'artiglieria e di fanteria, sia in gruppo che isolate, le casematte di qualsiasi
tipo, i ricoveri protetti per il personale, le provviste e le munizioni, gli os-
servatori e le teleferiche militari, le quali opere od impianti siano costruiti
in metallo, in muratura o in cemento, oppure scavati nella roccia, qualunque
sia la loro importanza e l'effettivo loro stato di conservazione o di costru-
zione.
2. La distruzione o la rimozione, prevista dal paragrafo 1, di cui sopra,
dovrh effettuarsi soltanto nel limite di 20 chilometri da qualsiasi punto della
frontiera, quale 6 determinata dal presente Trattato e dovr essere comple-
tata entro un anno dall'entrata in vigore del Trattato.
1950 Nations Unies - Recuei des Trait('s 393
Articolo 48
1. (a) Ogni fortificazione e installazione militare permanente italiana
lungo la frontiera italo-jugoslava e i relativi armamenti dovranno essere
distrutti o rimossi.
(b) Si intende che tali fortificazioni e installazioni comprendono sol-
tanto le opere di artiglieria e di fanteria, sia in gruppo che isolate, le cast-
matte di qualsiasi tipo, i ricoveri protetti per ilpersonale, le provviste e le
munizioni, gli osservatori e le teleferiche militari, le quali opere od impianti
siano, costruiti in metallo, in muratura o in cemento, oppure scavati nella
roccia, qualunque possa essere la loro importanza e l'effettivo loro stato di
conservazione o di costruzione.
2. La distruzione o la rimozione, prevista dal paragrafo 1 di cui sopra,
dovrA effettuarsi soltanto nel limite di 20 chilometri da qualsiasi punto della
frontiera, quale 6 determinata dal presente Trattato e dovri essere completa-
ta entro un anno dall'entrata in vigore del Trattato.
394 United Nations - Treaty Series 1950
Articolo 50
1. In Sardegna, tutte le postazioni permanenti d'artiglieria per la
difesa costiera e i relativi ermamenti e tutte le installazioni navali situate
a meno di 30 chilometri dalle acque territoriali francesi, saranno o trasferite
nell'Italia continentale o demolite entro un anno dall'entrata in vigore del
presente Trattato.
Articolo 51
L'Italia non dovrh possedere, costruire o sperimentare: (i) alcuna
arma atomica, (ii) alcun proiettile ad auto-propulsione o guidato, o alcun
dispositivo impiegato per il lancio di tali proiettili (salvo le torpedini o
dispositivi di lancio di torpedini facenti parte dell'armamento normale del
naviglio autorizzato dal presente Trattato), (iii) alcun cannone di una
portata superiore ai 30 chilometri, (iv) mine marine o torpedini di tipo
non a percussione azionate mediante meccanismo ad influenza, (v) alcuna
torpedine umana.
396 United Nations - Treaty Series 1950
Articolo 52
1 vietato all'Italia 'acquisto, sia all'interno che all'estero, o la fabbri-
cazione di materiale bellico di origine o disegno germanico o giapponese.
Articolo 53
L'Italia non dovrA fabbricare o possedere, a titolo pubblico o privato,
alcun materiale bellico in eccedenza o di tipo diverso da quello necessario
per le forze autorizzate dalle seguenti Sezioni III, IV, e V.
Articolo 54
I1 numero totale dei carri armati pesanti e medi delle Forze armate
italiane non dovrh superare 200.
Articolo 55
In nessun caso, un ufficiale o sottufficiale dell'ex-milizia fascista o
dell'ex-esercito repubblicano fascista potrA essere ammesso, con ilgrado di
ufficiale o di sottufficiale, nella Marina, nell'Esercito, nell'Aeronautica
italiana, o nell'Arma dei Carabinieri, fatta eccezione per coloro che siano
stati riabilitati dalle autorit! competenti, in conformitA della legge italiana.
Articolo 56
1. La flotta italiana attuale sark ridotta alle uniti enumerate nell'A1-
legato XII A.
3. Entro due mesi dalla fine di detto periodo, quelle unitA che siano
state prestate alla Marina italiana da altre Potenze, saranno restituite a tali
Potenze e tutte le altre uniti supplementari saranno disarmate e trasformate
per usi civili.
1950 Nations Unies - Recuei des Traits 397
Articolo 57
1. L'Italia disporrh come segue delle uniti della Marina italiana enu-
merate nell'Allegato XII B:
(a) Dette unita dovranno essere messe a disposizione dei Governi
dell'Unione Sovietica, del Regno Unito, degli Stati Uniti d'America e della
Francia.
(b) Le navi da guerra che devono essere trasferite in conformitA
dell'alinea (a) di cui sopra, dovranno essere interamente equipaggiate, in
condizioni di poter operare con armamento completo, pezzi di ricambio di
bordo e tutta la documentazione tecnica necessaria.
(c) I1 trasferimento delle navi da guerra sopra indicate sarA effettuato
entro tre mesi dall'entrata in vigore del presente Trattato. Tuttavia, nel caso
di unita che non possano essere riparate entro tre mesi, il termine per il
trasferimento potrA essere prorogato dai Quattro Governi.
(d) Una riserva di pezzi di ricambio e d'armamento di scorta per le
unitA sopra indicate dovrA essere fornita, per quanto possibile, insieme con
le unitA stesse.
I1 saldo dei pezzi di ricambio di riserva e delle scorte d'armamento
dovrA essere fornito nella misura ed alle date che saranno fissate dai Quat-
tro Governi, ma comunque entro il termine massimo di un anno dall'entrata
in vigore del presente Trattato.
Articolo 58
1. L'Italia dovr, prendere le seguenti misure, per qaanto riguarda i
sommergibili e le navi da guerra in disarmo. I termini di tempo sotto
398 United Nations - Treaty Series 1950
(d) I1 naviglio da guerra affondato nei porti italiani e nei canali d'en-
trata di detti porti, che ostacoli la navigazione normale, dovrA essere, entro
due anni, o distrutto sul posto o recuperato e successivamente distrutto o
demolito per trarne rottame.
Articolo 59
1. Nessuna nave da battaglia potrA essere costruita, acquistata o sosti-
tuita dall'Italia.
Articolo 60
1. Gli effettivi totali della Marina italiana, non compreso il personale
dell'Aviazione per la Marina, non potranno superare i 25 mila uomini, fra
ufficiali e marinai.
2. Durante il periodo del dragaggio delle mine, che sarh fissato dalla
Commissione Internazionale Centrale per la rimozione delle mine dalle
acque europee, l'Italia sark autorizzata ad impiegare a questo scopo un
numero supplementare di ufficiali e di marinai che non dovra superare
2500.
Articolo 61
Gli effettivi dell'Esercito italiano, compresa la guardia di frontiera,
saranno limitati a 185.000 uomini, comprendenti le unitA combattenti, i
servizi ed il personale di comando e a 65.000 carabinieri. Ciascuno dei due
elementi potrA tuttavia variare di 10.000 uomini, purch6 gli effettivi totali
non superino i 250.000 uomini. L'organizzazione e l'armamento delle forze
italiane di terra, e la loro dislocazione nel territorio italiano dovranno
essere concepiti in modo da soddisfare unicamente compiti di carattere
interno, di difesa locale delle frontiere italiane e di difesa antiaerea.
Articolo 62
Ii personale dell'Esercito italiano in eccedenza agli effettivi autorizzati
dall'Articolo 61 di cui sopra, dovrA essere smobilitato entro sei mesi dal-
l'entrata in vigore del presente Trattato.
Articolo 63
Nessun personale che non sia quello incorporato nell'Esercito italiano
o nell'Arma dei Carabinieri potri ricevere alcuna forma di istruzione mili.
tare, secondo la definizione datane nell'Allegato XIII B.
1950 Nations Unies - Recueil des Trait(;s 401
Articolo 64
1. L'Aeronautica militare italiana, compresa tutta 'Aviazione per la
Marina, dovrA essere limitata ad una forza di 200 apparecchi da caccia e da
ricognizione e di 150 apparecchi da trasporto, da salvataggio in mare, da
allenamento (apparecchi-scuola) e da collegamento. Nelle cifre predette
sono compresi gli apparecchi di riserva. Tutti gli apparecchi, fatta eccezione
per quelli da caccia e da ricognizione, dovranno essere privi di armamento.
L'organizzazione e l'armamento dell'Aeronautica italiana e la relativa dislo-
cazione sul territorio italiano dovranno essere concepite in modo da sod-
disfare soltanto esigenze di carattere interno, di difesa locale delle frontiere
italiane e di difesa contro attacchi aerei.
Articolo 66
I1 personale dell'Aeronautica militare italiana in eccedenza agli effet-
tivi autorizzati dall'Articolo 65 di cui sopra, dovrA essere smobilitato entro
sei mesi dall'entrata in vigore del presente Trattato.
Articolo 67
1. Tutto il materiale bellico italiano, in eccedenza a quello consentito
per le Forze armate di cui alle Sezioni III, IV e V, dovrA essere messo a
402 United Nations - Treaty Series 1950
,4rticolo 68
L'Italia s'impegna a prestare alle Potenze Alleate e Associate tutta la
sua collaborazione, allo scopo di mettere la Germania e il Giappone in
condizione di non poter adottare, fuori dei territori della Germania e del
Giappone, misure tendenti al proprio riarmo.
Articolo 69
L'Italia s'impegna a non permettere l'impiego o 'allenamento in Italia
di tecnici, compreso il personale dell'aviazione militare o civile, che siano
o siano stati sudditi della Germania o del Giappone.
1950 Nations Unies - Recueil des Trait( s 403
Articolo 70
L'Italia s'impegna a non acquistare e a non fabbricare alcun apparec-
chio civile che sia di disegno tedesco o giapponese o che comporti importanti
elementi di fabbricazione o di disegno tedesco o giapponese.
Articolo 71
1. I prigionieri di guerra italiani saranno rimpatriati al pif presto
possibile, in conformiti degli accordi conclusi tra ciascuna delle Potenze
che detengono tali prigionieri e l'Italia.
2. Tutte le spese, comprese le spese per il loro mantenimento, incorse
per il trasferimento dei prigionieri di guerra italiani, dai rispettivi centri
di rimpatrio, scelti dal Governo della Potenza Alleata o Associata interessata,
al luogo del loro arrivo in territorio italiano, saranno a carico del Governo
italiano.
Articolo 72
A decorrere dall'entrata in vigore del presente Trattato, rItalia sar
invitata a diventare membro delle Commissione per la Zona Mediterranea
dell'Organizzazione Internazionale per la rimozione delle mine dalle acque
europee e manterrh a disposizione della Commissione Centrale per la rimo-
zione delle mine tutte le sue forze dragamine, fino alla fine del periodo
postbellico di dragaggio delle mine, quale verrA determinato dalla Com-
missione Centrale suddetta.
PARTE V
RITIRO DELLE FORZE ALLEATE
Articolo 73
1. Tutte le forze armate delle Potenze Alleate ed Associate saranno
ritirate dall'Italia al piii presto possibile e comunque non oltre 90 giorni
dall'entrata in vigore del presente Trattato.
404 United Nations - Treaty Series 1950
PARTE VI
INDENNITA IN CONSEGUENZA DELLA GUERRA
SEZIONE I- RIPARAZIONI
Articolo 74
A. Riparazionia Favore dell'Unione delle Repubbliche Sovietiche Socialiste
Articolo 75
1. L'Italia accetta i principi della Dichiarazione delle Nazioni Unite
del 5 gennaio 1943 e restituirA, nel piii breve tempo possibile, i beni sottratti
dal territorio di una qualsiasi delle Nazioni Unite.
2. L'obbligo di restituire si applica.a tutti i beni identificabili, che si
trovino attualmente in Italia e che siano stati sottratti, con la violenza o la
costrizione, dal territorio di una delle Nazioni Unite, da qualunque delle
Potenze dell'Asse, qualunque siano stati i successivi negozi, mediante i quali
l'attuale detentore di tali beni se ne sia assicurato il possesso.
3. I1 Governo italiano restituirA i beni di cui al presente Articolo in
buone condizioni e prenderA a suo carico tutte le spese di mano d'opera,
di materiali e di trasporto che siano state, a tale effetto, sostenute in Italia.
4. Il Governo italiano collaborerA con le Nazioni Unite e provvederk
1950 Nations Unies - Recueil des Trait~s 409
a sue spese tutti i mezzi necessari per la ricerca e la restituzione dei beni
da restituirsi ai sensi del presente Articolo.
5. I1 Governo italiano prenderA le misure necessarie per far luogo alla
restituzione dei beni previsti dal presente Articolo, che siano detenuti in
qualunque terzo Paese da persone soggette alla giurisdizione italiana.
6. Le richieste di restituzione di beni saranno presentate al Govemo
italiano dal Governo del paese, dal territorio del quale i beni furono sot-
tratti, essendo inteso che il materiale rotabile dovrA considerarsi come
sottratto dal territorio al quale esso apparteneva in origine. Le domande
dovranno essere presentate entro sei mesi dall'entrata in vigore del presente
Trattato.
7. Spetterk al Govemo richiedente d'identificare i beni e di fomire la
prova della proprietk, mentre al Governo italiano incombera l'onere della
prova che il bene non fu sottratto con la violenza o la costrizione.
8. I1 Governo italiano restituirh al Governo della Nazione Unita
interessata tutto l'oro coniato, sottratto o indebitamente trasferito in Italia,
oppure consegnerh al Governo della Nazione Unita interessata una quantith
d'oro uguale in peso e titolo a quella sottratta o indebitamente trasferita.
I Governo italiano riconosce che tale obbligo sussiste, indipendentemente da
qualsiasi trasferimento o rimozione di oro che abbia potuto essere effettuata
dal territorio italiano ad altre Potenze dell'Asse o ad un paese neutro.
9. Se, in casi specifici, fosse impossibile per l'Italia di effettuare la
restituzione di oggetti aventi un valore artistico, storico od archeologico e
appartenenti al patrimonio culturale della Nazione Unita, dal territorio della
quale tali oggetti vennero sottratti, con la violenza o la costrizione, da parte
delle Forze Armate, delle autorith o di cittadini italiani, l'Italia s'impegna a
consegnare alla Nazione Unita interessata oggetti della stessa natura e di
valore approssimativamente equivalente a quello degli oggetti sottratti, in
quanto siffatti oggetti possano procurarsi in Italia.
Articolo 76
1. L'Italia rinuncia a far valere contro le Potenze Alleate ed Associate,
ogni ragione di qualsiasi natura, da parte del Governo o di cittadini italiani,
410 United Nations - Treaty Series 1950
che possa sorgere direttamente dal fatto della guerra o dai provvedimenti
adottati a seguito dell'esistenza di uno stato di guerra in Europa, dopo il
1. settembre 1939, indipendentemente dal fatto che la Potenza Alleata
o Associata interessata fosse o non fosse in guerra con l'Italia a quella data.
Sono comprese in tale rinuncia:
(a) le domande pel risarcimento di perdite o danni subiti in conse-
guenza di atti delle Forze Armate o delle autoriti di Potenze Alleate o Asso-
ciate;
(b) le ragioni risultanti dalla presenza, dalle operazioni o dalle azioni
delle Forze Armate od autoriti di Potenze Alleate o Associate in territorio
italiano;
(c) le doglianze rispetto a decreti ed ordinanze dei tribunali delle
Prede di Potenze Alleate o Associate, impegnandosi l'Italia a riconoscere
come validi e aventi forza esecutiva tutti i decreti e le ordinanze di detti
tribunali emessi alla data del 10 settembre 1939 o successivamente e concer-
nenti navi italiane, merci italiane o il pagamento delle spese;
(d) le ragioni risultanti dall'esercizio o dall'asserto esercizio di diritti
di belligeranza.
tare alleata emessa in Italia dalle autoritA militari alleate, compresa tutta
la valuta in circolazione alla data dell'entrata in vigore del presente Trattato.
Articolo 77
1. A decorrere dall'entrata in vigore del presente Trattato, i beni
esistenti in Germania ed appartenenti allo Stato italiano ed a cittadini
italiani, non saranno pia considerati come beni nemici e tutte le restrizioni
fondate su tale qualifica saranno abrogate.
2. I beni identificabili appartenenti allo Stato italiano ed a cittadini
italiani, che le Forze Armate germaniche o le autorit germaniche abbiano
trasferito con la violenza o la costrizione, dal territorio italiano in Germania,
dopo il 3 settembre 1943, daranno luogo a restituzione.
PARTE VII
BENI, DIRITTI ED INTERESSI
Aticolo 78
1. In quanto non l'abbia giA fatto, l'Italia ristabilirA tutti i legittimi
diritti ed interessi delle Nazioni Unite e dei loro cittadini in Italia, quali
esistevano alla data del 10 giugno 1940 e restituirh ad esse e ai loro citta-
dini, tutti i beni ad essi appartenenti, nello stato in cui attualmente si trovano.
Unite, quando tali trasferimenti siano stati effettuati con violenza o costri-
zione da parte di Governi dell'Asse o di loro organi, durante la guerra.
Articolo 79
1. Ciascuna delle Potenze Alleate e Associate avri il diritto di requi-
sire, detenere, liquidare o prendere ogni altra azione nei confronti di tutti
i beni, diritti e interessi, che, alla data dell'entrata in vigore del presente
416 United Nations - Treaty Series 1950
italiano, saranno considerati beni italiani, ai sensi del presente Articolo, per
quanto concerne gli impianti terminali e quella parte dei cavi dhe giace
entro le acque territoriali di detta Potenza Alleata o Associata.
(a) i beni del Governo italiano utilizzati per le esigenze delle Rappre-
sentanze diplomatiche o consolari;
(c) i beni delle persone fisiche, dhe siano cittadini italiani, autorizzati
a risiedere sia sul territorio del paese, dove sono situati i beni, che sul terri-
torio di una qualsiasi delle Nazioni Unite, esclusi i beni, che in qualsiasi mo-
mento, nel corso della guerra, siano stati sottoposti a provvedimenti non
applicabili in linea generale ai beni dei cittadini italiani residenti nello
stesso territorio;
(/) i beni dei cittadini italiani, situati nei territori ceduti, a cui si
applicheranno le disposizioni dell'Allegato XIV;
(g) fatta eccezione per i beni indicati all'Articolo 74, capo A, para-
grafo 2 (b) e capo D paragrafo 1, i beni delle persone fisiche, residenti nei
territori ceduti o nel Territorio Libero di Trieste, che non eserciteranno il
diritto d'opzione per la nazionalitA italiana previsto dal presente Trattato, e
i beni delle societA o associazioni, la cui sede sociale sia situata nei territori
ceduti o nel Territorio Libero di Trieste, a condizione che tali societA o asso-
418 United Nations - Treaty Series 1950
Articolo 80
Le Potenze Alleate e Associate dichiarano che i diritti ad esse attribuiti
in base agli Articoli 74 e 79 del presente Trattato esauriscono tutte le loro
domande e le domande dei loro cittadini per perdite o danni risultanti da
fatti di guerra, ivi compresi i prowedimenti adottati durante l'occupazione
dei loro territori, che siano imputabili all'Italia e che si svolsero fuori del
territorio italiano, eccezione fatta delle domande fondate sugli Articoli
75 e 78.
Articolo 81
1. L'esistenza dello stato di guerra non deve, di per s6, essere conside-
rata come precludente l'obbligo di pagare i debiti pecuniari risultanti da
obbligazioni e da contratti che erano in vigore, e da diritti, che erano stati
acquisiti prima dell'esistenza dello stato di guerra e che erano divenuti
esigibili prima dell'entrata in vigore del presente Trattato e che sono dovuti
dal Governo italiano o da cittadini italiani al Governo o ai cittadini di una
delle Potenze Alleate ed Associate o sono dovute dal Governo o da cittadini
di una delle Potenze Alleate ed Associate al Governo italiano od a cittadini
italiani.
2. Salvo disposizioni espressamente contrarie contenute nel presente
Trattato, nessuna sua clausola dovrA essere interpretata nel senso di preclu-
dere o colpire i rapporti di debito e credito, risultanti da contratti conclusi
prima della guerra, sia dal Govemo, che da cittadini italiani.
1950 Nations Unies - Recueil des Trait6s 419
PARTE VIII
RELAZIONI ECONOMICHE GENERALI
Articolo 82
1. In attesa della conclusione di trattati o accordi commerciali tra le
singole Nazioni Unite e l'Italia, il Governo italiano dovrh, durante i 18
mesi che seguiranno 1'entrata in vigore del presente Trattato, accordare a
ciascuna delle Nazioni Unite, che giA accordano a titolo di reciprocitA un
trattamento analogo all'Italia in tale materia, il trattamento seguente:
(a) Per tutto quanto si riferisce a dazi ed a tasse sull'importazione e
l'esportazione, alla tassazione interna delle merci importate e a tutti i rego.
lamenti in materia, le Nazioni Unite godranno incondizionatamente della
clausola della nazione pij favorita;
(b) sotto ogni altro riguardo, l'Italia non adotterA alcuna discrimina-
zione arbitraria contro merci provenienti dal territorio o destinate al terri-
torio di alcuna delle Nazioni Unite, rispetto a merci analoghe proveniente
dal territorio o destinate al territorio di alcun'altra Nazione Unita, o di
qualunque altro paese straniero;
PARTE IX
REGOLAMENTO DELLE CONTROVERSIE
Articolo 83
1. Ogni controversia che possa sorgere a proposito dell'applicazione
degli Articoli 75 e 78 e degli Allegati XIV, XV, XVI e XVII, parte B, del
presente Trattato, dovrA essere sottoposta ad una Commissione di Concilia-
zione, composta di un rappresentante del Governo della Nazione Unita
interessata e di un rappresentante del Governo italiano, esercitanti le loro
funzioni su una base di paritk. Se entro tre mesi dal giorno in cui la con-
troversia 6 stata sottoposta alla Commissione di Conciliazione, nessun ac-
cordo 6 intervenuto, ciascuno dei due Governi potri chiedere che sia
aggiunto alla Commissione un terzo membro, scelto di comune accordo tra
i due Governi, tra i cittadini di un terzo paese. Qualora entro due mesi, i
due Governi non riescano ad accordarsi sula scelta di un terzo membro, i
Governi si rivolgeranno agli Ambasciatori a Roma dell'Unione Sovietica,
del Regno Unito, degli Stati Uniti d'America e della Francia, i quali prowe-
deranno a designare il terzo membro della Commissione. Se gli Ambascia-
tori non riescono a mettersi d'accordo entro un mese sulla designazione del
terzo membro, l'una o l'altra parte interessata potri chiedere al Segretario
Generale delle Nazioni Unite di procedere alla relativa designazione.
e degli Allegati XIV, XV, XVI, e XVII, Parte B, del presente Trattato ed
eserciterh le funzioni ad essa devolute dalle dette disposizioni.
PARTE X
CLAUSOLE ECONOMICHE VARIE
Articolo 84
Gli Articoli 75, 78, 82 e 'Allegato XVII del presente Trattato si appli-
cheranno alle Potenze Alleate e Associate e a quelle Nazioni Unite, che
abbiano rotto le relazioni diplomatiche con l'Italia o con cui l'Italia abbia
rotto le relazioni diplomatiche. Questi Articoli e l'Allegato suddetto, si
applicheranno anche all'Albania e alla Norvegia.
Articolo 85
Le disposizioni degli Allegati VIII, X, XIV, XV, XVI e XVII, come
pure quelle degli altri Allegati, saranno considerate come parte integrante
del presente Trattato e ne avranno lo stesso valore ed effetto.
422 United Nations - Treaty Series 1950
PARTE XI
CLAUSOLE FINALI
Articolo 86
1. Durante un periodo che non supererA i diciotto mesi, a decorrere
dall'entrata in vigore del presente Trattato, gli Ambfisciatori a Roma
dell'Unione Sovietica, del Regno Unito, degli Stati Uniti d'America e della
Francia, agendo di comune accordo, rappresenteranno le Potenze Alleate
ed Associate, per trattare con il Governo italiano ogni questione relativa
all'esecuzione e all'interpretazione del presente Trattato.
2. I Quattro Ambasciatori daranno al Governo italiano i consigli, i
pareri tecnici ed i chiarimenti che potranno essere necessari per assicurare
l'esecuzione rapida ed efficace del presente Trattato, sia nella lettera che
nello spirito.
3. I1Governo italiano fornirA ai Quattro Ambasciatori tutte le informa,
zioni necessarie e tutta l'assistenza di cui essi potranno aver bisogno nel-
'esercizio delle funzioni ad essi conferite dal presente Trattato.
Articolo 87
1. Salvo i casi per i quali una diversa procedura sia prevista da un
Articolo del presente Trattato, ogni controversia relativa all'interpretazione
od all'esecuzione del presente Trattato, che non sia stata regolata per via
di negoziati diplomatici diretti, sarA sottoposta ai Quattro Ambasciatori, che
procederanno ai sensi dell'Articolo 86. In tal caso per6 gli Ambasciatori
non saranno tenuti ad osservare i termini di tempo fissati in detto Articolo.
Ogni controversia di tale natura, ch'essi non abbiano regolato entro un
periodo di due mesi, salvo che le parti interessate si mettano d'accordo su
un altro mezzo per dirimere la controversia stessa, sarh sottoposta, a richiesta
di una o dell'altra delle parti, ad una Commissione composta di un rappre-
sentante di ciascuna delle parti e di un terzo membro scelto di comune
accordo tra le due parti tra i cittadini di un terzo paese. In mancanza di
accordo tra le due parti entro un mese sulla questione della designazione di
detto terzo membro, l'una o l'altra delle parti potrA chiedere al Segretario
Generale delle Nazioni Unite di procedere alla relativa designazione.
1950 Nations Unies - Recuei des Traits 423
Articolo 88
1. Ogni altro membro delle Nazioni Unite che sia in guerra conlrItalia
e che non sia firmatario del presente Trattato, e 'Albania, potranno aderire
al Trattato e, dal momento dell'adesione, saranno considerati come Potenze
Associate ai fini del presente Trattatq.
Articolo 89
Le disposizioni del presente Trattato non conferiranno alcun diritto o
beneficio ad alcuno Stato designato nelle Premesse come una delle Potenze
Alleate e Associate o ai rispettivi cittadini, finchi detto Stato non sia divenuto
parte contraente del Trattato, attraverso il deposito del proprio strumento
di ratifica.
Articolo 90
ALLEGATO I
Carte Allegate al Trattato di Pace con 1'Italia
ALLEGATO II
Frontiera Franco-Italiana
tiva, che figura nella carta, segue poi il Vitoun dal punto in cui incontra il
suo braccio settentrionale e ne discende it corso fino alla Rocca della
Torretta.
Prosegue quindi fino alla sommitA del tratto di terreno franoso che
domina Ferrera Cenisio a circa 300 metri da questa e continuando verso
occidente, raggiunge la strada che circonda ad est il Rne. Paradiso, a 400
metri ad ovest dello spiazzo terminale (1854), per lasciarla subito e piegare
a sud.
Taglia la strada di Bar Cenisia in un punto a circa 100 metri a sudest
del Rifugio No. 5, traversa il thalweg in direzione del lago S. Giorgio, segue
al'incirca la costa 1900 fino alla quota 1907, costeggia poi la riva
meridionale del Lago d'Arpon e raggiunge la cima rocciosa che continua
a seguire in direzione sudovest fino alla confluenza dei torrenti che scen-
dono dal Ghiacciaio di Bard ad un punto a circa 1400 metri a sudovest del
lago d'Arpon.
Di qui, piegando verso sud, segue all'incirca la costa 2500, passa per
quota 2579 e poi correndo lungo la costa 2600 raggiunge il Lago della
Vecchia e si ricongiunge, alla linea di demarcazione amministrativa segnata
sulla carta a 700 metri circa a sud est del lago, al sentiero di Passo d'Avanza
che segue lungo le scarpate rocciose fino all'antica frontiera, a meti strada
tra il Col della Vecchia e il Colle del Clapier.
Monte Tabor
Riferimento: carte 1:20.000 di Nevache, N. 1-2, 5-6 e 7-8
Dalla Cima de la Planette al Rocher de Guion (Cima del Sueur)
I1 nuovo confine segue un tracciato che lascia 'attuale frontiera a
Cima de La Planette e, procedendo verso mezzogiorno, segue la cresta attra-
verso le quote 2980, 3178, la Rca. Bernaude (3228), le quote 2842, 2780,
1950 Nations Unies - Recuei des Trait~s 427
2877, il Passo della Gallina (2671), le quote 2720, 2806 e la Punta Quattro
Sorelle (2700).
Discendendo il pendio ad oriente di questa cima, il tracciato lascia
in territorio francese la quota 2420, di dove raggiunge e segue ad est il
sentiero che conduce agli edifici situati a circa 200 metri da quota 2253,
restando detto sentiero e detti edifici in territorio francese. Entra poi in un
thalweg che passa a circa 300 metri a nordest di quota 1915, donde rag-
giunge 'estremith nord-occidentale del bacino che, nella Vall6e Etroite (Valle
Stretta) alimenta le centrali idroelettriche di Sette Fontane, lasciando detto
bacino e dette centrali in territorio italiano. Contornando il bacino a sud,
raggiunge il crocevia a quota 1499.
Segue poi i sentiero che affianca strettamente la costa 1500 lungo
'estremith dei boschi e che conduce a Comba della Gorgia, vicino a costa
1580; risale poi il thalweg verso quota 1974 e raggiunge l'estremith delle
scarpate rocciose di La Sueur, segnate dalle quote 2272, 2268, 2239, 2266,
2267, mantenendosi su detta estremita sinchZ non incontra l'antica frontiera.
La cresta delle roccie ad il sentiero che corre lungo di essa resta in terri-
torio francese.
Chaberton
Riferimento: Carte 1:20.000 di Briangon N. 34
I1 nuovo confine segue un tracciato che abbandona 'antica fjontiera
a quota 3042 (a nord della quota 3070 e della Pointe des Trois Scies) e
segue la cresta rocciosa fino alla Croce del Vallonetto.
Dalla Croce del Vallonetto piega verso sud lungo la cresta rocciosa e
raggiunge la strada del Chaberton nel punto in cui quest'ultima entra nel-
l'avvallamento circolare del Clot des Morts.
Traversata detta strada e il thalweg che la delimita, il tracciato segue
all'incirca per 1250 metri la costa 2300, che, sul terreno, segue verso sud-est
una serie di affioramenti rocciosi e di detriti, poi taglia direttamente il
versante orientale del Monte Chaberton, raggiunge un punto a circa 400
metri ad ovest della quota 2160, lasciando in territorio francese il pilone
intermedio della teleferica che vi si trova.
Di lit si dirige direttamente, attraverso una serie di sbarramenti roc-
428 United Nations - Treaty Series 1950
2867, 2784), Cima del Caire Agnel (2830), Cima Mallariva (2860), Cima
Cairas (2831), Cima Cougourda (2881, 2921), Cima dei Gaisses (2896),
quote 2766, 2824, Cima del Lombard (2842), quote 2831, 2717, 2591,
2600 e 2582, Boccia Forno, Cima delle Finestre (2657), Col delle Finestre,
quote 2634, 2686 e 2917, e raggiunge Cima dei Gelas (3143) e, attraverso
quote 3070, Cima della Maledia (3061), donde segue poi il sentiero di
Passo del Pagari (28.19); quindi, seguendo la linea di demarcazione comu-
nale, segnata sulla carta, raggiunge il Passo di Monte Clapier (2827) e
contorna il Monte Clapier (3045) a nord e ad est, seguendo la linea di
demarcazione amministrativa segnata sulla carta.
ALLEGATO III
Garanzie relative al Moncenisio e alla regione di Tenda-Briga
(vedi Articolo 9)
A-GARANZIE CHE LA FBANCIA DOVR FORNIRE ALL'ITALIA IN RELAZIONE
ALLA CESSIONE DEL RIPIANO DEL MONCENISIO
I. Garanzie relative alla fornitura d'acqua del Lago del Moncenisio per la
produzione d'energia idroelettrica
(a) La Francia controllerA il rifomimento dell'acqua dal Lago del
Moncenisio alle condotte sotterranee che alimentano le centrali idroelet-
434 United Nations - Treaty Series 1950
(f) La Francia prenderh delle intese con l'Italia per quanto riguarda il
collegamento telefonico tra San Dalmazzo e l'Italia e resteri in
contatto con 'Italia per assicurare che le dette centrali idroelet-
triche e le linee di trasmissione siano fatte funzionare in modo
conforme alle garanzie sopraenunciate.
.2. Garanzia relativa al prezzo che la Francia farA pagare all'Italia per
l'energia elettrica messa a disposizione dell'Italia ai sensi del paragrafo 1
di cui sopra, fino alla cessazione della fornitura, in conformitk al del para-
grafo 3 di cui in appresso:
il prezzo che la Francia fisserh e l'Italia dovrA pagare per l'energia
elettrica messa a disposizione dell'Italia e prodotta dalle centrali idro-
elettriche di Le Mesce, San Dalmazzo e Confine, dopo che siano soddisfatti
il fabbisogno della Francia per Sospel, Mentone e Nizza e le necessiti locali
dei dintorni di San Dalmazzo, in conformitA alle disposizioni dell'alinea
(a) della Garanzia 1, dovrA essere eguale al prezzo fissato in Francia per
le forniture di analoghi quantitativi di elettricitA d'origine idroelettrica in
territorio francese, nelle vicinanze dell'Alta Valle della Roya o in altre
regioni in cui si verifichino analoghe condizioni.
438 United Nations - Treaty Series 1950
ALLEGATO IV
Accordi intervenuti tra il Governo italiano ed il Governo austriaco il
5 settembre 1946
(Testo originale inglese quale venne firmato dalle due Parti e comunicato
alla Conferenza di Parigi il 6 settembre 1946)
ALLEGATO V
Approvvigionamento idrico del Comune di Gorizia e dintorni
ALLEGATO VI
Statuto Permanente del Territorio Libero di Trieste
(vedi Articolo 21)
Articolo 6. Cittadinanza
1. I cittadini italiani che, alla data del 10 giugno 1940, erano domi.
ciliati entro i confini del Territorio Libero ed i loro figli nati dopo detta
data, diverranno cittadini originari del Territorio ed avranno pieno godi-
mento dei diritti civili e politici. Diventando cittadini del Territorio Libero,
essi perderanno la cittadinanza italiana.
2. Tuttavia il Governo del Territorio Libero disporrA che le persone
di cui al paragrafo 1, che abbiano superato i 18 anni (e le persone conju-
gate, abbiano o non abbiano superato detta eta), la cui lingua abituale sia
quella italiana, abbiano il diritto di. optare per la cittadinanza italiana,
entro sei mesi dall'entrata in vigore della Costituzione, sotto determinate
condizioni che la Costituzione stessa fisserA. L'esercizio del diritto di opzione
sara considerato come un riacquisto della cittadinanza italiana. L'opzione
del marito non verr considerata opzione da parte della moglie. L'opzione
1950 Nations Unies - Recuei des Trait~s 443
alle disposizioni del presente Statuto e non entrerA in vigore prima dell'en-
trata in vigore dello Statuto stesso.
2. Qualora il Governatore ritenesse che una qualunque clausola della
Costituzione proposta dall'Assemblea Costituente o qualsiasi successivo
emendamento fosse in contraddizione con lo Statuto, egli avrA facoltA di
impedirne l'entrata in vigore, salvo riferire la questione al Consiglio di
Sicurezza, se l'Assemblea non accettasse le sue vedute e le sue raccoman-
dazioni.
2. Nessuna legge potri entrare in vigore fino a che non sia stata
promulgata. La promulgazione delle leggi avra luogo in conformitA delle
disposizioni della Costituzione del Territorio Libero.
precedente saranno applicate al nuovo esercizio, finch non sia stato votato
il nuovo bilancio.
4. I1 Governatore dovrh
ALLEGATO VII
Strumento per il regime provvisorio del Territorio Libero di Trieste
(vedi Articolo 21)
Articolo 1
II Governatore assumerA le sue funzioni nel Territorio Libero, al pitt
presto possibile dopo l'entrata in vigore del presente Trattato di Pace. Fino
all'assunzione dei poteri da parte del Governatore, il Territorio Libero
Treaty Series 1950
454 United Nations
United Nations -
-
Treaty Series 1950
Articolo 4
I1primo dovere del Govematore sarA quello di assicurare ilmanteni-
mento dell'ordine pubblico e della sicurezza. Egli nominerA a titolo provvi-
sorio un Direttore di Pubblica Sicurezza, che riorganizzerA e amministrerA
le forze di polizia e i servizi di pubblica sicurezza.
Articolo 5
(a) Dalla data di entrata in vigore del presente Trattato, le truppe
stazionanti nel Territorio Libero non dovranno superare gli effettivi seguenti:
1950 Nations Unies - Recuei des Traits 455
Regno Unito, 5000 uomini; Stati Uniti d'America, 5000 uomini; Jugoslavia,
5000 uomini.
(b) Queste truppe dovranno essere poste a disposizione del Gover-
natore per un periodo di 90 giorni dalla data in cui i Governatore stesso
avrA assunto i suoi poteri nel Territorio Libero. Alla fine di detto periodo,
le truppe cesseranno di essere a disposizione del Governatore e saranno
ritirate dal Territorio entro un ulteriore termine di 45 giorni, a meno che
il Governatore informi il Consiglio di Sicurezza che, nell'interesse del
Territorio, una parte delle truppe o l'intero contingente non dovrebbe, a
suo parere, essere ritirato. In tal caso le truppe richieste dal Governatore
rimarranno non oltre 45 giorni dalla data in cui il Governatore avrA infor-
mato il Consiglio di Sicurezza, che i servizi di pubblica sicurezza possono
assicurare il mantenimento dell'ordine interno nel Territorio, senza l'assi-
stenza di truppe straniere.
(c) Le operazioni di ritiro delle truppe, di cui al paragrafo (b)
dovranno svolgersi in modo da mantenere, per quanto possibile, il rapporto
previsto al paragrafo (a) tra le truppe delle tre Potenze interessate.
Articolo 6
Articolo 7
Articolo 8
I1 Governatore sarh incaricato di organizzare, consultandosi con il
Consiglio Provvisorio di Governo, relezione dei membri dell'Assemblea
Costituente, nelle condizioni previste dallo Statuto per le elezioni dell'Assem-
blea popolare.
Le elezioni dovranno aver luogo non pih tardi di quattro mesi, dal
giorno in cui il Governatore avrA assunto le proprie funzioni. Nel caso in
cui sia tecnicamente impossibile procedere alle elezioni entro il periodo
predetto, il Governatore dovrh riferirne al Consiglio di Sicurezza.
Articolo 9
I1 Governatore, d'intesa con il Consiglio Provvisorio di Governo,
dovrh preparare il bilancio preventivo prowisorio e i programmi provvisori
per le importazioni e le esportazioni e dovrh assicurarsi che siano adottate
dal Consiglio Prowisorio di Governo misure opportune per la gestione
finanziaria del Territorio Libero.
Articolo 10
Le leggi ed i regolamenti esistenti resteranno in vigore, salvo e fino
a che non siano abrogati o sospesi dal Governatore. I1 Governatore avr!.
il diritto di emendare le leggi e i regolamenti esistenti e di emanare nuove
leggi e nuovi regolamenti, d'accordo con la maggioranza del Consiglio
Prowisorio di Governo. Le leggi e i regolamenti emendati e le leggi e i
regolamenti di nuova emanazione, cosi come gli atti del Governatore, com-
portanti la abrogazione o la sospensione di leggi e regolamenti, rimarranno
in vigore, salvo e fino a che non siano emendati, abrogati o sospesi da atti
dell'Assemblea popolare o del Consiglio di Governo, agenti entro la rispet-
tiva loro sfera di competenza, dopo l'entrata in vigore della Costituzione.
Articolo 11
ALLEGATO VIII
Strumento relativo al Porto Franco di Trieste
Articolo 1
Articolo 2
Articolo 3
1. La zona del Porto Franco comprenderA i territorio e gli impianti
delle zone franche del Porto di Trieste, entro i loro confini del 1939.
4. Nel caso in cui sia necessario di allargare l'area del Porto Franco,
ci6 potrA farsi su proposta del Direttore del Porto Franco, con decisione del
Consiglio di Governo e con l'approvazione dell'Assemblea popolare.
Articolo 4
Salvo che non sia diversamente stabilito dal presente Strumento, le
leggi ed i regolamenti in vigore nel Territorio Libero si applicheranno alle
persone e ai beni entro i confini del Porto Franco e le autorith incaricate
di assicurare la loro osservanza nel Territorio Libero, eserciteranno le
proprie funzioni entro i confini del Porto Franco.
A rticolo 5
1. Le navi mercantili e le merci di tutti i paesi godranno senza restri-
zione del diritto di accesso al Porto Franco per il carico e la discarica sia
di merci in transito, cbe di merci destinate al Territorio Libero o da esso
provenienti.
2. Le autorita del Territorio Libero non percepiranno sulle merci in
importazione, in esportazione od in transito attraverso il Porto Franco n6
dazi doganali, n. altri gravami, che non siano in corrispettivo di servizi
prestati.
3. Per quanto si riferisce tuttavia alle merci importate attraverso il
Porto Franco, per essere consumate entro il Territorio Libero od alle merci
esportate dal Territorio Libero attraverso il Porto Franco, saranno applicate
le relative leggi e regolamenti in vigore nel Territorio Libero.
Articolo 6
I1 deposito, il magazzinaggio, la verifica, la cernita delle merci, l'im-
ballaggio ed il riimballaggio e le operazioni consimili, che era costume
1950 Nations Unies -- Recueil des Trait(;s 459
per il passato di svolgere nelle zone franche del Porto di Trieste, saranno
autorizzate nel Porto Franco, in conformitZ dei regolamenti generali ema-
nati dal Direttore del Porto Franco.
Articolo 7
Articolo 8
Articolo 9
1. Le autoritA del Territorio Libero saranno autorizzate a determinare
ed a percepire i diritti portuali nel Porto Franco.
2. I1 Direttore del Porto Franco determinerA la tariffa per l'uso delle
installazioni e dei servizi del Porto Franco. Tale tariffa dovri essere mante.
nuta ad un livello ragionevole ed essere in funzione del costo di funziona-
mento, di amministrazione, di manutenzione e di sviluppo del Porto Franco.
Articolo 10
Articolo 11
L'entrata e l'uscita di tutte le persone in e dal Porto Franco sarh
sottoposta a queUe norme che verranno stabilite dalle autorith del Terri-
torio Libero. Tali norme tuttavia saranno formulate in modo da non
intralciare eccessivamente l'entrata e l'uscita dal Porto Franco dei cittadini
di qualunque Stato, i quali esercitino un'attivitA legittima nella zona del
Porto Franco.
Articolo 12
Le norme e regolamenti in vigore nel Porto Franco e le tariffe dei
diritti e delle tasse percepite nel Porto Franco devono essere rese pubbliche,
Articolo 13
I1 cabotaggio ed il traffico costiero entro il Territorio Libero saranno
esercitati in conformitA delle norme emanate dalle autorita del Territorio
Libero, le disposizioni del presente Strumento non dovendo considerarsi
come implicanti alcuna restrizione al riguardo per le predette autoritA.
Articolo 14
Nell'ambito del Porto Franco i provvedimenti sanitari e le disposizioni
relative alla lotta contro le malattie degli animali e delle piante, per quanto
concerne le navi da passeggieri e da carico, saranno applicate dalle autoritA
del Territorio Libero.
Articolo 15
Le autorith del Territorio Libero saranno tenute a fornire al Porto
Franco l'acqua, il gas, la luce e l'energia elettrica, i mezzi di comunica-
zione, i mezzi per il drenaggio ed altri servizi pubblici ed a assicurare i
servizi di polizia e la protezione contro gli incendi.
Articolo 16
1. I1 Territorio Libero e gli Stati, i cui territori sono attraversati da
merci trasportate per ferrovia tra il Porto Franco e gli Stati che esso serve,
assicureranno alle merci stesse libertA di transito, in conformitA delle con-
suete convenzioni doganali, senza alcuna discriminazione e senza percezione
1950 Nations Unies - Recuei des Trait~s 461
Articolo 17
Articolo 18
1. Ii Porto Franco sara amministrato da un Direttore del Porto
Franco, che ne avrA la legale rappresentanza, in quanto persona giuridica.
I1 Consiglio di Governo sottoporrh al Governatore un elenco di candidati
idonei per il posto di Direttore del Porto Franco. Il Governatore nominera
il Direttore, scegliendolo tra i candidati a lui segnalati, dopo essersi con-
sultato con il Consiglio di Governo. In caso di disaccordo, la questione
462 United Nations - Treaty Series 1950
3. Tutti gli altri impiegati del Porto Franco saranno nominati dal
Direttore. Nella nomina degli impiegati, dovrt essere data preferenza ai
cittadini del Territorio Libero.
Articolo 19
Articolo 20
Articolo 21
A rticolo 22
Articolo 23
Articolo 24
Articolo 25
Articolo 26
Ai fini del presente Strumento, uno Stato sarh considerato aver assunto
le obbligazioni nascenti dallo Strumento stesso, se esso sia parte contraente
del Trattato di Pace con l'Italia o se esso abbia notificato al Governo della
Repubblica francese l'assunzione da parte sua di dette obbligazioni.
1950 Nations Unies - Recueil des Traits 465
ALLEGATO IX
Disposizioni techniche relative al Territorio Libero di Trieste
(vedi Articolo 21)
ALLEGATO X
Disposizioni economiche e finanziarie relative
fronti dei detentori di titoli, i quali siano persone fisiche che continuino a
risiedere nel Territorio Libero, o persone giuridiche che vi conservino la
loro sede sociale od il centro principale dei loro affari, nella misura in cui
dette obbligazioni corrispondano alla parte di tale Debito, emessa prima
del 10 giugno 1940, che sia attribuibile ad opere pubbliche od a servizi
amministrativi civili di cui detto Territorio abbia beneficiato e non attri-
buibile direttamente od indirettamente a scopi militari.
PotrA richiedersi ai detentori dei titoli di fornire piena prova del-
'origine dei titoli stessi.
L'Italia e il Territorio Libero concluderanno un accordo per deter-
minare la parte del Debito Pubblico italiano, a cui si riferisce il presente
paragrafo e i metodi da applicare per 'esecuzione delle disposizioni relative.
pensioni civili o militari acquisite alla data dell'entrata in vigore del pre-
sente Trattato, al servizio dello Stato italiano o di municipi od altri Enti
pubblici locali, da persone che acquistino la cittadinanza del Territorio
Libero, in virtii del presente Trattato. Tale obbligazione riguarda anche il
diritto a pensioni non ancora maturate. Accordi saranno conclusi tra l'Italia
e il Territorio Libero, per determinare le condizioni, in cui detta obbliga.
zione sarA soddisfatta.
19. Ogni controversia che possa sorgere in merito alla attuazione delle
disposizioni del presente Allegato, sari regolata nel modo previsto dall'Arti.
colo 83 del presente Trattato.
20. I paragrafi 1, 3 e 5 dell'Articolo 76, l'Articolo 77, il paragrafo 3
dell'Articolo 78, l'Articolo 81, l'Allegato XV capo A, l'Allegato XVI e
'Allegato XVII capo B, si applicheranno al Territorio Libero nello stesso
modo in cui si applicheranno all'Italia.
ALLEGATO XI
Dichiarazione comune dei Governi dell'Unione Sovietica, del Regno
Unito, degli Stati Uniti d'America e della Francia, concernente i
possedimenti territoriali italiani in Africa
ALLEGATO XII
(vedi Articolo 56)
I nomi delle navi elencate nel presente allegato sono quelli usati dalla
Marina italiana alia data del 10 giugno 1946.
Dragamine R. D. N0 20, 32, 34, 38, 40, 41, 102, 103, 104, 105, 113, 114,
129, 131, 132, 133, 134, 148, 149, assieme a 16 unitA del tipo YMS
fornite dagli Stati Uniti d'America.
Vedette VAS N* 201, 204, 211, 218, 222, 224, 233, 235.
NAVIGLIo AUSILIARIO
Navi-cisterna Rimorchiatori
petroliere .... .Nettuno (grandi) .... Abbazia
Lete Asinara
Atlante
Navi-cisterna Capraia
da acqua .... Arno Chioggia
Frigido Emilio
Mincio Gagliardo
Ofanto Gorgona
Oristano Licosa
Pescara Lilibeo
Po. Linosa
Sesia Mestre
Simeto Piombino
Stura Porto Empedocle
Tronto Porto Fossone
Vipaccio
476 United Nations - Treaty Series 1950
Motosiluranti .... M.S. N 11, 24, 31, 35, ,52, 53, 54, 55, 61, 65, 72, 73,
74, 75;
MAS N' 433, 434, 510, 514, 516, 519, 520, 521, 523,
538, 540, 543, 545, 547, 562;
M.E. N' 38,40,41.
Vedette ........ VAS N' 237, 240, 241, 245, 246, 248;
Unita da sbarco. .MZ N' 713, 717, 722, 726, 728, 729, 737, 744, 758, 776,
778, 780, 781, 784, 800, 831.
NAVIGLIO AUSILIARIO
ALLEGATO XIII
Definizioni
A. TERMINI NAVALI
Stazza media
La stazza media di un'unitA di superficie 6 la stazza dell'uniti con
l'equipaggio al completo, le sue macchine e le sue caldaie, pronta a pren-
dere il mare, con tutto il suo armamento e le sue munizioni, le sue installa-
zioni ed attrezzature di bordo, i viveri, 'acqua dolce per 1'equipaggio, prov-
viste diverse e utensili di ogni tipo necessari in tempo di guerra, ma senza
combustibile o riserve di acqua per 'alimentazione delle macchine e delle
caldaie.
La stazza media 6 espressa in tonnellate di 2.240 libbre (1.016 chilo-
grammi).
Navi da Guerra
Una nave da guerra, qualunque sia la sua stazza, 6:
480 United Nations - Treaty Series 1950
Nave da battaglia
Una nave da battaglia 6 una nave da guerra, che non sia una nave por-
taaerei, la cui stazza media 6 superiore alle 10 mila tonnellate o che porta
un cannone di calibro superiore a 8 pollici (203 millimetri).
Nave-portaaerei
Sommergibile
Un sommergibile 6 una nave progettata per navigare sotto la superficie
del mare.
1950 Nations Unies - Recuei des Trait s 481
Motosilurante
Categoria I.
Categoria II.
1. Veicoli da combattimento blindati; treni blindati, che non possano,
per ragioni tecniche, essere trasformati per usi civili.
1950 Nations Unies - Recuei des Trait6s 483
Categoria III.
Categoria IV.
Categoria V.
1. Aerei, montati o smontati, pii pesanti o piA leggeri dell'aria, con-
cepiti o adattati per il combattimento aereo attraverso l'impiego di mitra-
gliatrici, di lanciarazzio di pezzi d'artiglieria, o per il trasporto e il lancio
di bombe o che siano provvisti di uno qualunque dei dispositivi di cui
all'alinea 2 di cui in appresso o che, a ragione del loro disegno o della loro
costruzione, siano atti a ricevere uno dei suddetti dispositivi.
5. Palloni di sbarramento.
Categoria VI.
Categoria VII.
Propulsori, esplosivi, materiale pirotecnico, gas liquidi destinati alla
propulsione, all'esplosione, alla carica del materiale bellico previsto dalle
presenti categoric o destinati ad essere usati in relazione al materiale bellico
stesso, e che non siano suscettibili di utilizzazione a fini civili o siano
fabbricati in quantitativi che eccedano i bisogni civili.
1950 Nations Unies - Recuei des Trait~s 485
Categoria VIII.
Macchinario e utensili industriali, specialmente concepiti ai fini della
produzione e manutenzione del materiale sopra enunciato e, per ragioni tec-
niche, non trasformabili per usi civili.
ALLEGATO XIV
Disposizioni economiche e finanziarie relative ai territori ceduti
del Debito, i cui titoli siano stati emessi prima del 10 giugno 1940, 6 che sia
attribuibile ad opere pubbliche ed a servizi amministrativi civili, di cui il
territorio ceduto abbia beneficiato, ma non direttamente od indirettamente a
scopi militari.
Si potrh esigere che i detentori dei titoli forniscano piena prova sul-
l'origine dei titoli stessi.
Lo Stato successore e l'Italia concluderanno un accordo per determinare
la parte del Debito Pubblico italiano a cui si dovrA riferre il presente
paragrafo e i metodi per dare esecuzione alle disposizioni relative.
7. Lo Stato successore e l'Italia regoleranno con speciali accordi le
condizioni in base alle quali saranno trasferite ad organizzazioni analoghe
esistenti nel territorio ceduto le obbligazioni verso gli abitanti del territorio
ceduto di organizzazioni italiane per le assicurazioni sociali, sia pubbliche
che private, come pure una parte proporzionale delle riserve accumulate da
dette organizzazioni.
Accordi analoghi saranno anche conclusi tra lo Stato successore e
l'Italia per regolare le obbligazioni di organizzazioni per le assicurazioni
sociali, pubbliche e private, la cui sede sociale sia nel territorio ceduto,
verso detentori di polizze o sottoscrittori, residenti in Italia.
8. L'Italia continuer& a rispondere del pagamento delle pensioni civili
o militari, acquisite, alla data dell'entrata in vigore del presente Trattato, al
servizio dello Stato italiano o di Enti pubblici locali da persone che, in
virtdi del presente Trattato, acquistino la cittadinanza dello Stato successore.
Tale obbligazione riguarda anche il diritto a pensioni non ancora maturate.
Accordi saranno conclusi tra lo Stato successore e l'Italia per determinare
il modo con cui la suddetta obbligazione sarA soddisfatta.
9. I beni, diritti e interessi dei cittadini italiani, che siano residenti
permanenti nei territori ceduti alla data dell'entrata in vigore del presente
Trattato, saranno rispettati, su una base di parith rispetto ai diritti dei citta-
dini dello Stato successore, purch6 siano stati legittimamente acquisiti.
I beni, diritti e interessi entro i territori ceduti degli altri cittadini
italiani e quelli delle persone giuridiche di nazionalith italiana, purch6
legittimamente acquisiti, saranno sottoposti soltanto a quei provvedimenti
che potranno essere via via adottati in linea generale rispetto ai beni di citta-
dini stranieri e di persone giuridiche di nazionalitA straniera.
488 United Nations - Treaty Series 1950
ALLEGATO XV
Disposizioni speciali relative a certi tipi di beni
B. AssICURAZIONI
ALLEGATO XVI
Contratti, prescrizione e titoli all'ordine
A. CONTRATTI
1. Salve le eccezioni di cui agli infrascritti paragrafi 2 e 3, ogni
contratto che implicasse, ai fini della sua esecuzione, la necessitA di contatti
fra le parti contraenti, le quali fossero divenute nemiche, secondo la defi-
nizione datane nella parte D del presente Allegato, si avrA per risolto a
far tempo dal momento in cui una delle parti contraenti sia divenuta nemica.
Tale risoluzione peraltro non influira su quanto dispone l'Articolo 81
del presente Trattato, n6 libererA alcuna delle parti contraenti dall'obbliga-
zione di rimborsare le somme che avessero ricevuto come anticipi, o paga-
menti in conto, e rispetto alle quali la parte medesima non abbia fornito
la relativa controprestazione.
B. TERMINI DI PRESCRIZIONE
C. TITOLI ALL'ORDINE
1. Nei rapporti fra nemici, non si avri per invalido alcun titolo all'or-
dine fatto prima della guerra, soltanto per il fatto della mancata sua pre-
sentazione nel termine prescritto per l'accettazione o per il pagamento o pel
fatto dell'omissione dell'avviso di mancata accettazione o di mancato paga-
mento ai traenti o ai giranti, ovvero per l'omissione del protesto, owero per
la mancata osservanza di qualsiasi formalitA, durante la guerra.
D. DISPOSIZIONI SPECIALI
ALLEGATO XVII
Tribunali delle Prede e giudizi
A. TRIBUNALI DELLE PREDE
B. GIUDIZI
En foi de quoi, les Plni. In faith whereof the un- B y,10VT0oi'p..lillte 'l 0 In fede di fhi i sottos,i itti
potentiaires soussign a ont I'nipo lenziati ali,
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dersigned Plenipotentiaries
apposi leurs signatures et have signed the present HoMoqlltUe llpeCraitTIIT.1 tI juont Ic I.or firne v i Inr
leurs cachets au bas du Treaty and have affixed IIOXII
nca it naIII0CTOA1ll/|ll
sigilli al pre-,ntc Trattato.
prisent Traiti. thereto their seals. ,AoroBop ii nflpn.toi.il K Fatio a Pirigi in lingua
Fait a Paris, le dix fJvrier Re my c1011 lilal~n.
Done in the city of Paris francese, inghlse. russa e
mil neuf cent quarante-sept, in the French, English, Rus- Conepiseno it lplaptiC ita italiana, il dieci febbraio
en langues frangaise, an. sian and Italian languages, pycCeOSi, aIr.tmhnltox, millenovecentoquaranta-
glaise, russe et italienne. this tenth day of February, lfpanity3Ceo a urIitIji- settc.
One Thousand Nine Hun. CroM RsitEIx, 4)ebpal
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498 United Nations - Treaty Series 1950
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FOR FRANCE:
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PER LA FRANCIA:
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500 United Nations - Treaty Series 1950
POUR L'AUSTRALIE:
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POUR LA BELGIQUE:
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PER IL BELGIO:
1950 Nations Unies -- Recueil des TraitWs 501
POUR LE BRESIL:
FOR BRAZIL:
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PER IL BRAM1hE:
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502 United Nations - Treaty Series 1950
POUR LE CANADA:
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1950 Nations Unies - Recueil des Trait6s 503
POUR L'ETHIOPIE:
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504 United Nations - Treaty Series 1950
POUR L'INDE:
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506 United Nations - Treaty Series 1950
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POUR L'UNIoN Su-AFrnc
FOR THE UNION OF SOUTH AFRICA:
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1950 Nations Unies - Recuei des Trait6s 507
POUR L'ITALIZ:
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APPENDICE
DISCORSO
PRONUNCIATO DA BENEDETTO CROCE
IL 24 LUGLIO 1947 ALLASSEMBLEA COSTITUENTE
Io non pensavo che la sorte mi avrebbe, negli ultimi miei anni, riserbato un cos
trafiggente dolore come questo che provo nel vedermi dinanzi il documento che siamo
chiamati ad esaminare, e nell'essere stretto dal dovere di prendere la parola intorno ad
esso. Ma il dolore affina e rende pi penetrante l'intelletto che cerca nella verit la sola
conciliazione dell'interno tumulto passionale.
Noi italiani abbiamo perduto una guerra, e l'abbiamo perduta tutti, anche
coloro che l'hanno deprecata con ogni loro potere, anche coloro che sono stati
perseguitati dal regime che l'ha dichiarata, anche coloro che sono morti per
l'opposizione a questo regime, consapevoli come eravamo tutti che la guerra sciagurata,
impegnando la nostra Patria, impegnava anche noi, senza eccezioni, noi che non
possiamo distaccarci dal bene e dal male della nostra Patria, n dalle sue vittorie n
dalle sue sconfitte. Ci pacifico quanto evidente.
Sennonch il documento che ci viene presentato non solo la notificazione di
quanto il vincitore, nella sua discrezione o indiscrezione, chiede e prende da noi, ma un
giudizio morale e giuridico sull'Italia e la pronunzia di un castigo che essa deve espiare
per redimersi e innalzarsi o tornare a quella sfera superiore in cui, a quanto sembra, si
trovano, coi vincitori, gli altri popoli, anche quelli del Continente nero.
E qui mi duole di dovere rammentare cosa troppo ovvia, cio che la guerra
una legge eterna del mondo, che si attua di qua e di l da ogni ordinamento giuridico, e
che in essa la ragion giuridica si tira indietro lasciando libero il campo ai combattenti,
dall'una e dall'altra parte intesi unicamente alla vittoria, dall'una e dall'altra parte
biasimati o considerati traditori se si astengono da cosa alcuna che sia comandata come
necessaria o conducente alla vittoria.
Chi sottopone questa materia a criteri giuridici, o non sa quel che si dica, o lo sa
troppo bene, e cela l'utile, ancorch egoistico, del proprio popolo o Stato sotto la
maschera del giudice imparziale. Segno inquietante di turbamento spirituale sono ai
nostri giorni (bisogna pure avere il coraggio di confessarlo) i tribunali senza alcun
fondamento di legge, che il vincitore ha istituiti per giudicare, condannare e impiccare,
sotto nomi di criminali di guerra, uomini politici e generali dei popoli vinti,
abbandonando la diversa pratica, esente da ipocrisia, onde un tempo non si dava
quartiere ai vinti o ad alcuni dei loro uomini, e se ne richiedeva la consegna per metterli
a morte, proseguendo e concludendo con ci la guerra. Giulio Cesare non mand
innanzi a un tribunale ordinario o straordinario l'eroico Vercingetorige, ma, esercitando
vendetta o reputando pericolosa alla potenza di Roma la vita e l'esempio di lui, poich
gli si fu nobilmente arreso, lo trascin per le strade di Roma dietro il suo carro trionfale
e indi lo fece strozzare nel carcere.
Parimenti si preso oggi il vezzo, che sarebbe disumano, se non avesse del
tristemente ironico, di tentar di calpestare i popoli che hanno perduto una guerra, con
l'entrare nelle loro coscienze e col sentenziare sulle loro colpe e pretendere che le
riconoscano e promettano di emendarsi: che tale pretesa che neppure Dio, il quale
permette nei suoi ascosi consigli le guerre, rivendicherebbe a s, perch egli non scruta
le azioni dei popoli nell'ufficio che il destino o l'intreccio storico di volta in volta loro
assegna, ma unicamente i cuori e i reni, che non hanno segreti per lui, dei singoli
individui. Un'infrazione della morale qui indubbiamente accade, ma non da parte dei
vinti, si piuttosto dei vincitori, non dei giudicati, ma degli illegittimi giudici.
Noi italiani, che abbiamo nei nostri grandi scrittori una severa tradizione di
pensiero giuridico e politico, non possiamo dare la nostra approvazione allo spirito che
soffia in questo dettato, perch dovremmo approvare ci che sappiamo non vero e
pertinente a transitoria malsania dei tempi: il che non ci si pu chiedere. Ma altrettanto
dubbio suscita questo documento nell'altro suo aspetto di dettato internazionale, che
dovrebbe ristabilire la collaborazione tra i popoli nell'opera della civilt e impedire, per
quanto possibile, il rinnovarsi delle guerre.
Il tema che qui si tocca cos vasto e complesso che io non posso se non
lumeggiarlo sommariamente e in rapporto al solo caso dell'Italia, e nelle particolarit di
questo caso.
L'Italia, dunque, dovrebbe, compiuta l'espiazione con l'accettazione di questo
dettato, e cos purgata e purificata, rientrare nella parit di collaborazione con gli altri
popoli. Ma come si pu credere che ci sia possibile, se la prima condizione di ci che
un popolo serbi la sua dignit e il suo legittimo orgoglio, e voi o sapienti uomini del
tripartito, o quadripartito internazionale, l'offendete nel fondo pi geloso dell'anima
sua, perch, scosso che ebbe da s l'Italia, non appena le fu possibile, l'infesto regime
tirannico che la stringeva, avete accettato e sollecitato il suo concorso nell'ultima parte
della guerra contro la Germania, e poi l'avete, con pertinace volont, esclusa dai
negoziati della pace, dove si trattava dei suoi pi vitali interessi, impedendole di fare
udire le sue ragioni e la sua voce e di suscitare a s spontanei difensori in voi stessi o tra
voi? E ci avete fatto per avere le sorti italiane come una merce di scambio tra voi, per
equilibrare le vostre discordi cupidigie o le vostre alterne prepotenze, attingendo ad un
fondo comune, che era a disposizione.
Cos all'Italia avete ridotto a poco pi che forza di polizia interna l'esercito,
diviso tra voi la flotta che con voi e per voi aveva combattuto, aperto le sue frontiere
vietandole di armarle a difesa, toltole popolazioni italiane contro gli impegni della
cosiddetta Carta atlantica, introdotto clausole che violano la sua sovranit sulla
popolazioni che le rimangono, trattatala in pi cose assai pi duramente che altri Stati
ex nemici, che avevano tra voi interessati patroni, toltole o chiesta una rinunzia
preventiva alle colonie che essa aveva acquistate col suo sangue e amministrate e
portate a vita civile ed europea col suo ingegno e con dispendio delle sue tutt'altro che
ricche finanze, impostole gravi riparazioni anche verso popoli che sono stati dal suo
dominio grandemente avvantaggiati; e perfino le avete come ad obbrobrio, strappati
pezzi di terra del suo fronte occidentale da secoli a lei congiunti e carichi di ricordi della
sua storia, sotto pretesto di trovare in quel possesso la garanzia contro una possibile
irruzione italiana, quella garanzia che una assai lunga e assai fortificata e assai vantata
linea Maginot non seppe dare.
Non continuo nel compendiare gli innumeri danni ed onte inflitte all'Italia e
consegnati in questo documento, perch sono incisi e bruciano nell'anima di tutti gli
italiani; e domando se, tornando in voi stessi, da vincitori smoderati a persone
ragionevoli, stimate possibile di avere acquistato con ci un collaboratore in piena
efficienza per lo sperato nuovo assetto europeo.
Il proposito doveroso di questa collaborazione permane e rimarr saldo in noi e
lo eseguiremo, perch corrisponde al nostro convincimento e l'abbiamo pur ora
comprovato col fatto: ma bisogna non rendere troppo pi aspro all'uomo il gi aspro
suo dovere, n dimenticare che al dovere giova la compagnia che gli recano
l'entusiasmo, gli spontanei affetti, l'esser libero dai pungenti ricordi di torti ricevuti, la
fiducia scambievole, che presta impeto ed ali.
Noi italiani, che non possiamo accettare questo documento, perch contrario
alla verit, e direi alla nostra pi alta coscienza, non possiamo sotto questo secondo
aspetto dei rapporti fra i Popoli, accettarlo, n come italiani curanti dell'onore della loro
Patria, n come europei: due sentimenti che confluiscono in uno, perch l'Italia tra i
popoli che pi hanno contribuito a formare la civilt europea, e per oltre un secolo ha
lottato per la libert e l'indipendenza sua, e, ottenutala, si era per molti decenni
adoperata a serbare con le sue alleanze e intese difensive la pace in Europa.
E cosa affatto estranea alla costante sua tradizione stata la parentesi fascistica,
che ebbe origine dalla guerra del 1914, non da lei voluta ma da competizioni di altre
potenze; la quale, tuttoch essa ne uscisse vittoriosa, nel collasso che segu dappertutto,
la sconvolse a segno da aprire la strada in lei alla imitazione dei nazionalismi e
totalitarismi altrui.
Libri stranieri hanno test favoleggiato la sua storia nei secoli come una
incessante aspirazione all'imperialismo, laddove l'Italia una sola volta fu imperiale, e
non propriamente essa, ma l'antica Roma, che peraltro valse a creare la comunit che si
chiam poi l'Europa e, tramontata quell'egemonia, per la sua posizione geografica
divenne campo di continue invasioni e usurpazioni dei vicini popoli e stati.
Quei libri, dunque, non sono storia, ma deplorevole pubblicistica di guerra, vere
e proprie falsificazioni. Nel 1900 un ben pi sereno scrittore inglese, Bolton King, che
con grande dottrina narr la storia della nostra unit, nel ritrarre l'opera politica dei
governi italiani nel tempo seguito all'unit, riconosceva nella conclusione del suo libro
che, al confronto degli altri popoli d'Europa, l'Italia "possedeva un ideale umano e
conduceva una politica estera comparativamente generosa".
Ma se noi non approveremo questo documento, che cosa accadr? In quali
strette ci cacceremo? Ecco il dubbio e la perplessit che pu travagliare alcuno o
parecchi di voi, i quali, nel giudizio di sopra esposto e ragionato del cosiddetto Trattato,
so che siete tutti e del tutto concordi con me ed unanimi, ma pur considerate
l'opportunit contingente di una formalistica ratifica.
Ora non dir ci che voi ben conoscete; che vi sono questioni che si sottraggono
alla spicciola opportunit e appartengono a quella inopportunit opportuna o a quella
opportunit superiore che non del contingente ma del necessario; e necessaria e
sovrastante a tutto la tutela della dignit nazionale, retaggio affidatoci dai nostri padri,
da difendere in ogni rischio e con ogni sacrificio.
Ma qui posso stornare per un istante il pensiero da questa alta sfera che mi sta
sempre presente e, scendendo anch'io nel campo del contingente, alla domanda su quel
che sar per accadere, risponderei, dopo avervi ben meditato, che non accadr niente,
perch in questo documento scritto che i suoi dettami saranno messi in esecuzione
anche senza l'approvazione dell'Italia: dichiarazione in cui, sotto lo stile di Brenno,
affiora la consapevolezza della verit che l'Italia ha buona ragione di non approvarlo.
Potrebbero bens, quei dettami, venire peggiorati per spirito di vendetta, ma non credo
che si vorr dare al mondo di oggi, che proprio non ne ha bisogno, anche questo
spettacolo di nuova cattiveria, e, del resto, peggiorarli mi par difficile, perch non si
riesce a immaginarli peggiori e pi duri.
Il governo italiano certamente non si opporr alla esecuzione del dettato; se sar
necessario, coi suoi decreti o con qualche suo singolo provvedimento legislativo, la
seconder docilmente, il che non importa approvazione, considerato che anche i
condannati a morte sogliono secondare docilmente nei suoi gesti il carnefice che li mette
a morte.
Ma approvazione, no!
Non si pu costringere il popolo italiano a dichiarare che bella una cosa che
esso sente come brucia, e questo con l'intento di umiliarlo e di togliergli il rispetto di se
stesso, che indispensabile ad un popolo come a un individuo, e che solo lo preserva
dall'abiezione e dalla corruttela.
Del resto, se prima eravamo soli nel giudizio dato di sopra del trattamento usato
all'Italia, ora spiritualmente non siamo pi soli: quel giudizio si avvia a diventare
un'opinio communis e ci viene incontro da molti altri popoli e perfino da quelli
vincitori, e da minoranze dei loro parlamenti che, se ritegni molteplici non facessero per
ora impedimento, diventerebbero maggioranze, E fin da ora ci si esorta a ratificare
sollecitamente il Trattato per entrare negli aeropaghi internazionali, da cui siamo esclusi
e nei quali saremmo accolti a festa, se anche come scolaretti pentiti, e ci si fa
lampeggiare l'incoraggiante visione che le clausole di esso pi gravi e pi oppressive
non saranno eseguite e tutto sar sottoposto a revisione.
Noi non dobbiamo cullarci nelle facili speranze e nelle pericolose illusioni e
nelle promesse pi volte trovate fittizie, ma contare anzitutto e soprattutto su noi stessi;
e tuttavia possiamo confidare che molti comprenderanno la necessit del nostro rifiuto
dell'approvazione, e l'interpreteranno per quello che esso : non un'ostilit contro il
riassetto pacifico dell'Europa, ma, per contrario un ammonimento e un contributo a
cercare questo assetto nei modi in cui soltanto pu ottenersi; non una manifestazione di
rancore e di odio, ma una volont di liberare noi stessi dal tormento del rancore e dalle
tentazioni dell'odio.
Signori deputati, l'atto che oggi siamo chiamati a compiere, non una
deliberazione su qualche oggetto secondario e particolare, dove l'errore pu essere
sempre riparato e compensato; ma ha carattere solenne, e perci non bisogna guardarlo
unicamente nella difficolt e nella opportunit del momento, ma portarvi sopra
quell'occhio storico che abbraccia la grande distesa del passato e si volge riverente e
trepido all'avvenire. E non vi dir che coloro che questi tempi chiameranno antichi, le
generazioni future dell'Italia che non muore, i nipoti e pronipoti ci terranno responsabili
e rimprovereranno la generazione nostra di aver lasciato vituperare e avvilire e
inginocchiare la nostra comune Madre a ricevere rimessamnte un iniquo castigo; non
vi dir questo, perch so che la rinunzia alla propria fama in certi casi estremi richiesta
all'uomo che vuole il bene o vuole evitare il peggio; ma vi dir quel che pi grave, che
le future generazioni potranno sentire in se stesse la durevole diminuzione che
l'avvilimento, da noi consentito, ha prodotto nella tempra italiana, fiaccandola.
Questo pensiero mi atterrisce, e non debbo tacervelo nel chiudere il mio
discorso angoscioso. Lamentele, rinfacci, proteste, che prorompono dai petti di tutti, qui
non sono sufficienti.
Occorre un atto di volont, un esplicito no .
Ricordare che, dopo che la nostra flotta, ubbidendo all'ordine del re ed al dovere
di servire la Patria, si fu portata a raggiungere la flotta degli alleati e a combattere al
loro fianco, in qualche loro giornale si lesse che tal cosa le loro flotte non avrebbero mai
fatto.
Noi siamo stati vinti, ma noi siamo pari, nel sentire e nel volere, a qualsiasi pi
intransigente popolo della terra.
(Applausi - Congratulazioni).
DISCORSO
PRONUNCIATO DA VITTORIO EMANUELE ORLANDO
IL 30 LUGLIO 1947 ALLASSEMBLEA COSTITUENTE
ORLANDO. Da parte mia, prendo impegno di contenermi entro quel tempo in cui si usa
o si tollera che si vada al di l dei limiti fissati. (Si ride. Applausi).
E allora, secondo il titolo di un famoso monologo, condensiamo.
Argomenti di esordio ne avrei parecchi. Per esempio, vorrei spiegare come, a
proposito del Trattato di Versaglia, avesse ragione Nitti quando diceva che poteva
firmarlo e non volle, e avevo ragione io quando, alla mia volta, dicevo che potevo
firmarlo e non volli. Ed ecco. Io, come Presidente del Consiglio, provocai la crisi il 19
giugno del 1919 e mi succedette il Ministero Nitti, costituitosi il 23 giugno. Or il 29
giugno, a Parigi si firmava il Trattato di pace colla Germania. Io avrei dovuto firmarlo
come Presidente della Delegazione, poich rappresentavo l'Italia alla Conferenza non
per la mia qualit di Presidente del Consiglio, ma per le credenziali che mi affidavano la
Presidenza nella Delegazione. Nitti, nuovo Presidente del Consiglio, poteva, e
normalmente avrebbe dovuto, esonerarmi senz'altro da questo mandato specifico per
assumerlo egli stesso col suo Ministro degli esteri. Prefer correttamente di lasciare a noi
il compito della firma conclusiva, dato che noi avevamo operato e, direi, sofferto,
durante tutto il periodo della preparazione; la sostituzione come delegati avvenne
subito dopo la .firma. In questo senso, dunque, giusto dire che egli prefer di non
firmare. In conseguenza di ci, io, alla mia volta, avrei dovuto firmare come Presidente
della Delegazione, qualit che avevo serbata sia pure per quei pochi giorni. Or io ero a
Roma, dove ero venuto per la crisi; ma l'apporre la firma a un documento storico di cos
enorme importanza avrebbe indotto a sacrifici di gran lunga maggiori del viaggio che
sarebbe occorso per recarmi a Parigi. Invece, io preferii non muovermi da Roma e in
questo senso pu dirsi che non volli firmare quel Trattato. Il che indica pure che non
l'ammiravo affatto; ma se, a questo punto, spontanea viene la suggestione del confronto
di esso con l'attuale documento, di quanto si avvantaggia il primo! Non sarebbe per
questo un momento adeguato per tali discussioni. Meglio parlarne in altra sede.
Avrei pure voluto, in questa occasione, parlare a proposito di quella famosa
frase la guerra continua del manifesto badogliano, la cui origine mi stata attribuita,
dapprima in maniera obiettiva, poi con commenti estensivi di una disapprovazione,
necessariamente vaga, perch dietro quelle tre parole non c'era altro. Or io riconosco alla
stampa, in tutte le sue forme, come giornale, come diario, come storia, come politica,
riconosco il diritto di ricostruire fatti e di esprimere giudizii come meglio o peggio
creda. Non riconosco per il diritto di chiamare davanti a s l'uomo politico come un
incolpato che debba giustificarsi. Di fronte a tutto quanto si potuto dire a proposito di
tutta la grande storia cui ho partecipato, io rispondo, se lo credo, quando lo credo, e,
soprattutto, in quella sede che mi appare legittima. Nel caso attuale, il momento storico
cui si riferiva quel mio intervento era estremamente delicato; complessi e formidabili
erano gli argomenti che vi si collegavano. Posso oggi, ma solo oggi, discorrerne qui, al
cospetto di un'Assemblea che rappresenta il Paese e in una discussione attinente al
tema. Non altrove, n altrimenti.
Con quella brevit imposta dall'ora, dir dunque che, in sostanza, io non ebbi
pi rapporti politici col Re dopo quello che fu il vero colpo di Stato del 3 gennaio 1925;
avevo mandato l'ultima avvertenza, nel dicembre del 1924. E diceva quel mio
messaggio: finora pu il Re riprendere la situazione in mano, e dominarla; d'ora in poi
non lo potr pi; prima d'ora sentivo che del mio consiglio si sarebbe fatto a meno, ma
senza danno irreparabile; dopo di ora, il consiglio non sarebbe pi utile poich l'autorit
della Corona verr a cessare costituzionalmente, col cessare dell'autorit del
Parlamento. Tutti sanno quel che segu. Non ebbi altri rapporti politici col Capo dello
Stato. Con le mie dimissioni nel 1925, dopo la magnifica battaglia antifascista di
Palermo, dichiarai di ritirarmi da ogni forma di attivit politica, poich, dissi, la forma
di regime non. consentiva ad un uomo della mia fede di restare nella vita pubblica,
neanche all'opposizione.
Questa lunghissima interruzione dei miei rapporti con la Corona ebbe una
parentesi quando si preparava il 25 luglio 1943. Allora fui richiesto di consiglio. In
generale, chi d un consiglio per accondiscendere ad una richiesta, dovrebbe aspirare a
questa garanzia minima: che non si cerchi, dopo gli eventi, di riversare sul consigliere
una quota di responsabilit di un'azione cui questi non ha partecipato; il che vale tanto
pi, quando il dare un consiglio costituisce un dovere verso il rappresentante della
sovranit dello Stato. Ci fu chi non osserv questo dovere. Comunque, i consigli che
diedi non furono seguiti. Non furono seguiti nel modo con cui l'intervento ebbe luogo.
Poich il trionfo del fascismo si era affermato con un colpo di Stato contro il Parlamento
contro la libert e contro gli organi costituzionali, io pensavo che vi dovesse
corrispondere un colpo di Stato inverso, diretto alla reintegrazione dello stato giuridico
violato, e quindi attraverso un intervento della Corona, che sotto la sua esclusiva
iniziativa e responsabilit restituisse al Paese quelle garanzie parlamentari e quella
libert statutaria che gli erano state tolte.
Non mi fu detto, n io pensavo, che si sarebbe ricorso ad una forma pseudo
parlamentare di un voto di sfiducia, come sarebbe stata la votazione del 24 luglio in
Gran Consiglio, famosa votazione, poi tragica. Gli eventi dimostrarono come l'uso di
una tal forma fosse un grave errore, anche a parte ogni riflesso interno, soprattutto nei
rapporti internazionali, poich si determin un dubbio sulla sincerit della rottura
definitiva con il fascismo, essendo il mutamento avvenuto sulla base di un voto dato dai
gerarchi e che poteva supporsi derivato da una loro persistente autorit.
Or per 1'appunto, in quel momento, la questione pi essenziale, questione di
vita o di morte, e nel tempo stesso la pi delicata e la pi pericolosa, era di sciogliersi
dall'alleanza nazista e di liberarsi da quella guerra sciagurata: il quale argomento,
dunque, era compreso ed anzi dominava nelle conversazioni cui presi parte e per cui
preparai, sempre richiesto, bozze di atti o proclami che sarebbero potuti occorrere. Or su
quel punto il mio consiglio fu questo: prima fase, prima dichiarazione, la guerra
continua e l'Italia non manca agli impegni contratti. Come poteva essere diversamente?
Era una questione di onore, che si poneva al di sopra di tutti gli interessi politici e di
tutti i pericoli paventati; era anche una questione di tecnica militare, a causa della
impossibilit materiale di una immediata separazione fra due eserciti, che avevano
combattuto e combattevano insieme. Pensate! In quel momento, combattevano fianco a
fianco, proprio nella mia Sicilia, truppe tedesche e truppe italiane. Come potevano,
immediatamente, rompersi l'unit del fronte e l'unit del comando?
Prima dichiarazione, dunque: la guerra continua. Ma questa prima fase doveva
superarsi rapidissimamente, nelle prime 24 ore. Nelle seconde 24 ore, doveva iniziarsi
una seconda fase con questa comunicazione all'Ambasciatore tedesco: L'Italia non in
condizione di andare avanti; l'Italia deve chiedere l'armistizio. Lo chieder per voi, non
per s, sacrificando, se occorre, se stessa per tener fede all'alleanza contratta. Come?
Chiedendo agli alleati di concedere il tempo tecnicamente necessario, alle
truppe tedesche, per ritirarsi: lealt elementare, necessit militare. Ricordo che indicai
un precedente da me vissuto, per dimostrare che gli alleati non potevano rifiutare il loro
consenso, poich l'avevan gi dato un' altra volta in condizioni eguali: il precedente
dell'armistizio chiesto dall'esercito bulgaro nel settembre del 1919, in cui la Bulgaria
avea curato di stipulare un termine di 15 giorni per dar modo alle due divisioni
austriache e tedesche, impegnate nel fronte macedone, di ritirarsi. Termine che fu
accordato, proprio da quelle medesime nazioni cui ora si doveva chiedere. Vi era poi
un'altra questione, che dovea trattarsi nelle condizioni dellarmistizio: l'occupazione
interalleata avvenuta. Noi tenevamo dei territori anche per conto della Germania e cos
reciprocamente. Questa comunicazione costituiva la seconda fase nelle seconde 24 ore.
Doveva poi seguire la terza fase, con la stessa rapidit. A queste dichiarazioni
del Governo italiano doveva darsi pubblicit e diffusione larghissime. Con l'aiuto della
radio tutto il mondo doveva conoscerle. Si determinava cos per l'Italia una situazione di
una lealt perfetta e, in pratica, la pi favorevole, relativamente alle formidabili
difficolt.
La Germania, infatti, o poteva aderire, e noi ci saremmo trovati nella pi
onorevole maniera a trattare con gli alleati un armistizio in quelle chiare condizioni; o la
Germania, come per verit io pensavo, si sarebbe orgogliosamente rifiutata, ed allora era
la guerra immediata fra noi e la Germania, per una causa nobilissima di perfetta lealt
italiana. E questa guerra noi avremmo combattuta quando in Italia le divisioni tedesche
erano cinque o sei, in luogo delle 27, che Hitler vi concentr, poi, fra luglio. e settembre!
E ci saremmo trovati spontaneamente accanto agli Alleati; e non avremmo avuto la
vergogna e la rovina dell'armistizio! ..
Questo era il contenuto della mia frase: La guerra continua. Beninteso: io non
intendo trarre da questi ricordi alcuna gloria o semplicemente alcun merito: so bene che
altro un consiglio astratto, altro un'azione concreta. E ne avrei taciuto certamente,
come mio costume, se non fossi stato costretto da una pubblicazione proveniente da
una fonte che ignoro e che riferiva quelle parole in forma tronca, interpretata poi da altri
in un senso diverso ed anzi difforme dal mio pensiero.
Ma lasciamo stare queste vecchie storie e veniamo al solenne tema odierno.
L'onorevole Togliatti, ieri, nel considerare la situazione italiana, diceva: Dove
andiamo?. un problema angoscioso. Poi egli rispose, che andare bisogna con la
visione di una politica estera da fare, con un sistema di politica estera da seguire. Vi
corrisponde il discorso di oggi dell' onorevole Nenni. Dove andiamo?. Onorevoli
colleghi, certamente un problema, questo, che pu essere di vita o di morte per l'Italia
nostra, ma problema che io non mi pongo; mi giova in ci la mia vecchiezza, poich mi
mancher il tempo di godere del meglio o di soffrire del peggio.
Ma la questione del dove andiamo? preceduta da quest' altra: Dove
siamo?. E la questione dove siamo preceduta da quest'altra: Come ci siamo
arrivati?. Problemi non scindibili; quando sapremo bene dove siamo? avremo
necessariamente conosciuto come ci siamo arrivati?.
Questo secondo problema per se stesso storico, ma in un certo senso si collega
con tutta la politica attuale; per, in questo secondo senso, quando alludo ai nessi della
politica passata con quella attuale, vogliate credere, colleghi tutti, in qualunque settore
sediate, e voi particolarmente che siete al banco del Governo e che non avete mai potuto
concepire dubbi sulla mia lealt politica, e oso aggiungere anche sul mio perfetto
disinteresse: vogliate credere che io non intendo menomamente ricercare le colpe o i
torti di questo o quel Gabinetto, o Partito, o Ministro, n sollevare dai ricordi delle
azioni od omissioni nella storia politica di questo triennio, il problema delle
responsabilit. Io penso che sia un ben piccolo argomento, in confronto di cos grande
tragedia, l'attribuire questa o quella colpa all'onorevole Tizio o all'onorevole Caio.
Ma l'esame di tali questioni, se si eleva dalle persone alle cose, ha un'importanza
che non si pu trascurare senza una leggerezza imperdonabile, e questa importanza si
pone sotto due aspetti:
l) per trarre dal passato il pi realistico insegnamento per il futuro;
2) per servire di guida nella giusta comprensione della situazione attuale.
Come ci siamo arrivati?
Sono tre anni di vita vissuti, e quali anni! Per il 1870-71, la Francia trov e
mantiene l'espressione: lanne terrible; per noi sono, invece ben tre questi anni terribili.
Cos' avvenuto in questo periodo cos denso di storia, come mai, incomparabilmente,
alcun altro periodo? E pi particolarmente, cos' successo che ci riguarda, che ci tocca?
Ahim! Per varie ragioni, vere e proprie discussioni di politica estera non sono
mai in questa Assemblea avvenute. Tutti gli eventi che si sono seguiti, tutti i problemi
che vi si collegano e son tanti e cos complessi e cos formidabili! possono dirsi
affatto nuovi non voglio dire ignoti in questa Assemblea in cui dovrebbe
manifestarsi la massima espressione del pensiero politico d'Italia. Ognuno intende come
sia impossibile l'esaminare oggi quei problemi anche di sfuggita. E allora ho pensato di
trattarne uno solo, semplicemente come un esempio, cio come mezzo di dimostrazione
di un assunto, come un caso che serve ad una dimostrazione.
Non ho assolutamente nessun secondo fine, che mi abbia indotto a scegliere
questo fra i vari momenti storici attraversati. Non so e non mimporta di sapere chi fosse
il Presidente del Consiglio e chi il Ministro degli esteri: mi potrebbero solo interessare
quei chiarimenti di fatto, che potesse darmi l'attuale Ministro, non come persona, che
non c'entra, ma come capo dell'ufficio rappresentativo della diplomazia italiana.
Purtroppo per vi da ritenere che nulla gli risulti, come implicitamente apparir dalla
stessa esposizione del precedente.
Or, dunque, il 27 luglio 1944 il New York Times (voi sapete l'autorit di questo
giornale, il quale non pubblicherebbe notizie di questa importanza senza un sicuro
controllo) riprodusse una notizia che proveniva dallAssociated Press, fonte per se
stessa autorevole, che diceva: Washington, 26 luglio. Si appresa oggi una proposta
britannica nel senso che gli Alleati stipulino una pace provvisoria con l'Italia, la quale ha
ora la condizione combinata di nemica sconfitta e di cobelligerante. Questa proposta
nelle mani delle autorit militari. Il piano prevede la discussione con la Russia e con gli
altri Paesi interessati alla sistemazione italiana. Ci servirebbe a regolare le relazioni
dell'Italia con le Nazioni Unite e a chiarire la posizione dei prigionieri di guerra italiani,
che furono tanto tempo e cos ingiustamente trattenuti.
Il Governo d'Italia ha chiesto che l'armistizio degli Alleati con l'Italia sia
pubblicato, presumibilmente in vista del fatto che la reazione pubblica ai suoi termini
forzerebbe una revisione.
Su questa notizia sopravvenne un articolo pubblicato nei giornali del tempo
(credo nel Giornale d'Italia) da Don Luigi Sturzo, che si trovava allora in America, nel
quale egli diceva: Mi ricordai allora che alla fine di giugno o al principio di luglio era
stato riferito da Londra che il Gabinetto britannico aveva discusso la richiesta del
Governo italiano del riconoscimento dell'Italia come alleata, e questo formava il
substrato di quella proposta.
Volli profittare della presenza qui dell'insigne uomo ed ho avuto con lui un
lungo colloquio proprio in questi giorni. Egli mi ha dato tutti i particolari dei passi da
lui allora fatti, recandosi espressamente a Washington, ricorrendo a fonti della cui
autorit nessuno vorr dubitare. La conclusione cui si perviene sicura: vi fu quella
proposta britannica e fu accolta dal dipartimento di Stato americano. E badate alla
coincidenza cronologica con altri eventi, onde si pu risalire alle cause determinanti. La
notizia data dallAssociated Press il 27 luglio; il 5 giugno 1944 avviene lo sbarco a
Cherbourg; il 15 agosto lo sbarco in Provenza; nella stessa estate coincide il risoluto
inizio della marcia in avanti degli eserciti sovietici per la cacciata dei Tedeschi dal
territorio nazionale.
Quale il rapporto causale fra questi eventi coincidenti nel tempo?
Evidente.
Quegli sbarchi in Francia erano stati richiesti dalla Russia, che faceva valere
verso gli Alleati gli impegni da essi assunti dell' apertura di un secondo fronte in
Europa. Il nuovo ingente sforzo militare richiesto dagli Alleati doveva determinare quel
rallentamento delle operazioni militari in Italia, il quale culmin nel famoso arresto
dell'autunno del 1944, sulla linea gotica. Il fronte italiano era in certo senso abbandonato
a se stesso: tragica situazione, cui corrisposero le dichiarazioni di Alexander, tremende,
quando disse che la campagna d'Italia aveva ormai il solo scopo di attirare e mantenere
in Italia truppe tedesche. Tremende parole, per le quali facilmente poteva prevedersi la
sensazione di dolore e di pena, che doveva destare in Italia l'attribuire al nostro fronte la
missione di trattenere qui quanti pi tedeschi fosse possibile, con un prolungamento,
presentato come indefinito, di quella crudele separazione delle due Italie, che
virtualmente era guerra civile. Sempre con quel suo proclama, Alexander dichiar che i
partigiani dovevano considerarsi in stato di smobilitazione. Come si smobilita il
partigiano sulla montagna, che il suo fronte di battaglia? Come pu egli tornare a casa
se non per consegnarsi al plotone di esecuzione? Tremendo proclama, che dava il senso
immediato di un sacrificio immane, che si chiedeva all'Italia, a quell'Italia in cui pur si
combatteva, in cui pur sostavano corpi d'armata alleati, che non potevano restare
ndifesi , tanto pi quanto meno potevano essere protetti dall'invio di altre truppe.
Ecco, dunque, il nesso causale che lega quegli eventi: il bisogno, avvertito dagli
Alleati, di dare un compenso all'Italia in un momento in cui esso doveva sopportare un
cos immane sacrificio per una causa che, per ci solo, diventava pi che mai comune.
Questo compenso, che spontaneamente prendeva le mosse dalla concessione
dell'inestimabile beneficio dell'alleanza, si concret alla fine nel comunicato di Hyde
Park del 26 settembre 1944, dopo un Incontro Roosevelt-Churchill che faceva all'Italia le
seguenti concessioni:
l) la Commissione alleata di controllo si sarebbe chiamata semplicemente
Commissione alleata. Si levava la parola controllo. Questo fu il primo beneficio.
Cospicuo, come ognun vede;
2) uno scambio di rappresentanti diretti sarebbe avvenuto tra Roma Londra e
Washington; Mosca non aveva aspettato e aveva consentito reciprocit di
rappresentanza diplomatica, gratuitamente, sin dal 14 marzo. In ottobre avvenne, con
Inghilterra e Stati Uniti, lo scambio degli ambasciatori che non presentarono per
credenziali, come del resto non le hanno presentate sinora;
3) aiuti sanitari e rifornimenti essenziali all'Italia mediante l'UNRRA;
4) modifica della legge per il commercio col nemico, in guisa da permettere
allItalia la ripresa dei rapporti commerciali con gli Alleati.
Si aggiungeva che tutti questi provvedimenti avevano lo scopo essenziale di
gettare nella lotta parole testuali tutte le risorse dell'Italia e del popolo italiano per
la sconfitta della Germania e del Giappone. Quale abisso fra la prima forma (l'alleanza
conteneva tutto) e quella finale!
Dalla montagna quale piccolo topo era nato! Come avvenne un mutamento cos
disastrosamente radicale? Temo che di questa storia si siano perdute le tracce e che lo
stesso Ministro degli esteri ed il Presidente del Consiglio non ne siano informati. Ma, a
parte l' enigma che tormenter gli storici futuri, vi una materia viva che qui interessa,
come lezione da trarre dalle cose; e a tal fine pu bastare un semplice processo
induttivo. certo che la situazione dianzi descritta determinava negli alleati la
spontanea suggestione di dare allItalia un compenso, e quello cui pensarono pure
spontaneamente era di un valore inestimabile. Dunque, essi, in quel momento avevano
bisogno dell'Italia. Questo proposito in seguito svanisce; dunque, un'altra forza si
oppose e prevalse. Ma come si pu non pensare che, se da parte dellItalia fosse stata
opposta una resistenza pi risoluta, pi energica, piu decisa a tutto (per esempio, le
dimissioni in massa del Governo, con conseguente impossibilit di sostituirlo) la forza
che si oppose a quella prima proposta, sarebbe potuta essere superata? Ecco lutilit
dellinsegnamento che deve trarsi dalle stesse delusioni sofferte: la nostra politica stata
sempre quella di accondiscendere; stata politica di assoluta remissivit. Il motto, per
cui il rispetto verso un'autorit si circonda di misticismo: Parum de principe, nihil de
deo, si rovesci: parum de deo, nihil de principe ... alleato! Se in quel momento si fosse
osato e si fosse detto: non possiamo restare in questa condizione di abbandono militare
senza che la solidariet del popolo non ne resti turbata e scossa; occorre una concessione
che sia di conforto e di incitamento insomma, se si fosse mostrata allora la decisione
energica di chi non vuol soffrire un torto, proprio in un momento in cui gli stessi alleati
lo ammettevano spontaneamente, si deve riconoscere che le cose sarebbero potute
andare altrimenti. Invece, si ceduto e questa stata la politica dell'Italia per tre anni.
(Commenti al centro).
Venne assunta e mantenuta un'aria di umilt, sino a vedere i Ministri d'Italia
deferire a funzionari relativamente modesti. Del resto, e da un punto di vista pi
generale, governare sotto il controllo straniero, mai! (Commenti e interruzioni al centro)
Eh! s, lo so che c'era l'armistizio, ma non pensabile una clausola che obbligasse i
Ministri italiani ad essere organi sovrani ed uffici subordinati nel tempo stesso! (Rumori
al centro). Resistere si poteva e si doveva, anche sotto l'aspetto dell'utilit. Io non
escludo, che la politica in una grande storia imponga, nell'interesse dello Stato, atti di
remissione, e persino di umiliazione. Per ci ho detto che non intendo qui far questioni
di responsabilit contro alcuno. Ci sono momenti in cui l'uomo di Stato si deve umiliare
e se obbedisce a questo imperativo, quello un momento di grandezza per lui. Io verso
il mio paese non ho nessun titolo che sia di credito da parte mia ... (Interruzioni al centro).
Ripeto: non ho verso il mio Paese nessun credito, perch la Patria ha tutti i diritti
sopra i suoi figli sino al sacrificio della vita. Eppure, poich l'onore vale pi della vita,
per una sola cosa, dico la verit, mi sento creditore verso il mio Paese: l'umiliazione, che
consapevolmente dovetti soffrire quando tornai a Parigi dopo la partenza determinata
dal famoso proclama di Wilson ...
[ .. ]
ORLANDO. Ma guardi che c'. L'articolo continua: Molti hanno rilevato l'errore di
questa affermazione. Ma che cosa significa essa dal punto di vista internazionale?
diceva giustamente Pacciardi La Sicilia parte integrante dello Stato italiano, e quando
lo straniero stacca una regione italiana dal complesso nazionale e ci dice che quella
regione non matura per un regime democratico, abbiamo diritto di domandarci che
cosa significa. Il Texas non ha lo stesso sviluppo politico dello Stato di Nuova York, ma
gli Americani troverebbero assai curioso che noi dicessimo che il Texas non maturo
per la democrazia. E continua ( molto bello tutto l'articolo, ma io debbo qui limitarmi
a citarne solo quest'altra parte): I nostri confini meridionali non si discutono;
bisognerebbe occupare militarmente non soltanto la Sicilia, ma tutta l'Italia per un
secolo, per impedire che la generosa isola, da cui part la falange garibaldina per l'unit
nazionale, sia unita nella forma che gli Italiani stessi desidereranno di dare alla Nazione
italiana.
Per un secolo avrebbero dovuto occupare l'Italia! Non poteva dirsi n pi
energicamente, n pi nobilmente. Ma oggi, per evitare la firma spontanea di un
Trattato disonorante, io non le chiedo che di aspettare soltanto un mese, onorevole
Pacciardi! (Applausi a destra e a sinistra). Occorrerebbe ora considerare io la prego,
signor Presidente, di scusarmi se mi dilungo...
ORLANDO. No, no, verso l'autorit del Presidente io sono sempre disciplinato; se egli
trova che io troppo ecceda, desisto.
Occorrerebbe dunque considerare come sia venuto formandosi questo singolare
Trattato, del quale, pur sempre con esclusione rigorosa, quando non fu anche scortese,
dell'Italia da ogni negoziato, le condizioni nei nostri riguardi ebbero questo carattere: di
diventare sempre pi dure. Soprattutto a Parigi, dove era avvenuta la effettiva
definizione di tutte le clausole per la volont assoluta dei quattro Grandi, ricordate in
qual modo? Il pubblico italiano veniva a conoscere attraverso indiscrezioni di stampa,
sapientemente manovrate, che si era discussa una data questione e, dopo varie
alternative di timore e di speranza, veniva a sapere che fra le varie tesi era prevalsa la
peggiore. Ma dopo qualche tempo apprendeva che la questione era stata ripresa e che la
soluzione finale era... ancora peggiore. All'italiano, col solito sistema ottimistico, si era
fatto vagamente sperare, dopo il disastro di Parigi, che a Nuova York qualcuna delle pi
dure clausole fosse potuta essere migliorata. Nessun miglioramento avvenne; ma le
modificazioni non mancarono del tutto: alcune ne furono introdotte, ma tutte in senso
peggiorativo per noi! Insomma tutto questo lungo procedimento stato per l'Italia una
via crucis; sempre di male in peggio.
Questa constatazione paradossale ha trovato non solo una conferma ma una
espressione particolarmente incisiva proprio nella relazione della maggioranza della
Commissione, affidata (rivolgendosi al centro) ad uno dei vostri migliori, a quell'
onorevole Gronchi, verso cui io provo una simpatia particolare, perch egli un
Toscano intellettualmente fine come i Toscani sanno essere, anche se la finezza
qualche volta sottigliezza. Or fra i Toscani egli forse il pi sottile di tutti; e la frase di
cui si servito questa volta, si risolve in un tale epigramma che vien fatto di
domandarsi: Ma, l'ha fatto apposta?. (Ilarit). Non lo credo; sinceramente, non lo
credo. Ma direi quasi che quanto pi quel senso dell' espressione non fosse stato voluto
ma gli fosse stato invece suggerito dal subcosciente, tanto maggior valore acquisterebbe,
perch tanto pi spontaneo. Nella relazione, dunque, della maggioranza della
Commissione, l'onorevole Gronchi ha avuto cura di enumerare in forma sistematica le
ragioni per cui convenga ratificare subito. E viene cos un numero 2 in cui si dice:
Lontana da noi ogni idea di speculare sui dissensi altrui od ogni speranza di trarne
qualche profitto ....
Consentite, onorevoli colleghi, che a proposito di quest'ultima frase, io apra qui
una parentesi. il tempo stringe e posso accennare solo per incidenza ad un argomento di
una tale autonomia logica e politica che si dovrebbe considerarlo adeguatamente in una
sede propria: si tratta infatti, dello spirito generale che dovrebbe animare la nostra
politica estera. Io qui mi pongo all'estremo, in una posizione intransigente, poich
dissento profondamente dai mezzi con cui stata sin ora condotta questa nostra
politica, la quale culmina nell' atto che oggi ci si richiede: di accettare un Trattato
disonorante senza almeno la scusa della necessit. Ma non dissento sugli scopi
essenziali. Assicurare la pace: ma chi quel pazzo delinquente che in Italia possa in
questo momento non desiderare la pace? Io pi di ogni altro, perch nessuno pi di me
ha presenti i tremendi lutti, che sarebbero riservati al Paese proprio per questo Trattato
costruito appositamente in vista di un'Italia destinata ad essere il campo di battaglia di
una guerra futura. Ed pure il mio augurio pi fervido, se anche affidato ad una opera
pur troppo modesta, che si raggiunga l'unione, l'accordo fra Oriente e Occidente, che si
crei una salda unione internazionale per la pace; tutte queste cose sono anche per me
sommamente desiderabili, ed hanno, se mai, questo solo difetto: che tendono a divenire
degli slogan ripetuti in maniera automatica senza pi penetrarne il profondo significato.
Ma chiudiamo la parentesi. Continua la relazione della maggioranza: Se un
simile modo di concepire il ruolo dell'Italia non dovesse essere respinto per molte e
validissime ragioni morali e politiche, sarebbe pur sempre contro di esso una
constatazione amara: che cio la nostra pace, da Potsdam in poi (e Potsdam - osservo io
- succede al famoso periodo che si concluse cos ironicamente ad Hyde Park) la nostra
pace, da Potsdam in poi, ha conosciuto soltanto peggioramenti e aggravamenti, e che
ogni transazione successiva fra i Grandi si risolta con un ulteriore crescente nostro
danno. Il ratificare, dunque, vale a segnare una linea di arresto sul pericoloso piano
inclinato di patteggiamenti rinnovantisi senza di noi e contro di noi.
ORLANDO. Per carit, ratifichiamo subito! Guai se si ritarda, guai! Chiss dove ci porta
ogni nuova attesa! una rovina di pi che ci aspetta! Questo dice Granchi con spietata
chiarezza. Per ci io vi dicevo che questo giudizio, pronunziato in sede cos solenne, si
risolve in un epigramma, sia pure involontario. E tanto pi s'impone la ricerca del modo
con cui si pervenuti a questo incomparabile paradosso storico, la quale ricerca, come
ho detto e ripeto, non serve per attribuire responsabilit politiche ma per trarre
insegnamenti che ci proteggano dalla persistenza in un sistema fallito, cos miseramente
fallito. Se, per riferirmi a quanto diceva ieri Togliatti, ha sempre fatto difetto nell'azione
di Governo una decisione ferma e risoluta, un senso di fierezza e di dignit, non
dovrebbe esser questa una ragione sufficiente per la condanna del sistema? Per
raggiungere questo scopo io, nel silenzio degli altri, mi sono dovuto assumere il
compito duro e amaro di precisare con franchezza, anche se dovesse sembrare brutale,
come il Trattato cui siamo pervenuti, attraverso un triennio di questa politica, ferisca la
libert, l'indipendenza e l'onore stesso dell'Italia.
Nell'accingermi a questa dimostrazione, necessariamente rapida, non mi
soffermer sull'angoscia delle mutilazioni sofferte. Esse aprono nel corpo della Patria
ferite che non potranno mai rimarginarsi senza una restaurazione. Trieste, travestita in
uno Stato ridicolo, se non fosse anche tragico, che manca di tutto, a cominciare dalla
sovranit per finire con l'acqua da bere, e Pola e Fiume e Zara: nomi di citt che
ricapitolano tutte le ansie e tutte le speranze, tutti i dolori e tutte le gioie della storia
d'Italia dal 60 al 1919, redente dal sangue di seicentomila caduti, fiore della giovinezza
italiana; citt, che danno al mondo la lezione eroica di un plebiscito in cui il voto
espresso col sacrificio supremo dell'abbandono in massa della propria terra e di ogni
cosa diletta pi caramente; la feroce amputazione di questa Venezia Giulia, che da secoli
difende la sua italianit contro tutte le invasioni di tutti i barbari calati in Italia in tutti i
tempi, onde, fucinata in queste prove, quella, fra tutte le altre Regioni, dove l'italianit
pi profonda, pi intima, pi pura.
Questa inaudita violenza contro una giustizia, che pure gli stessi Alleati
avevano riconosciuta e proclamata, super le peggiori aspettative, e tuttavia non bast;
anche al confine di occidente stata imposta una mutilazione in cui l'arbitrio prescinde
da ogni ipocrisia con cui giustificarsi. Sia pure per un ingiusto crudele destino, l'Istria
nei secoli stata la posta di un gioco tremendo. Perduta, ripresa, riperduta; auguriamo,
speriamo, di riprenderla. Ma il Moncenisio? Ma la Val di Roja? Chi ne ha mai contestata
l'italianit nel nostro versante? E il Col di Tenda? L'Alpe, questa cintura che separa
l'Italia, ma nel tempo stesso la protegge contro l'invasione, tende, attraverso quel colle
ad addolcirsi verso l'Appennino, cos puramente, cos esclusivamente italiano. Con
pensiero commovente quei due sindaci montanari, e per ci incorruttibili, il sindaco di
Tenda e il sindaco di Briga, issavano la bandiera tricolore sul loro Municipio; ed
proprio notizia di ier l'altro quella del reclutamento militare: si sono presentati alla leva
tutti gli iscritti, quasi tutti validi. Bella, brava gente! magnifico! Onde oggi il dolore e
le proteste del vecchio Piemonte, pilone dell' estremo Nord, trovan la loro espressione
accorata in una voce di Sicilia, pilone dell'estremo Sud, congiunto all'altro, attraverso il
grande ponte d'Italia.
Ma ogni rimpianto per questi brani di carne, anzi di organi vitali, strappati alla
Patria, viene dai cinici, che si dicono realisti, qualificato come rettorica nazionalista.
Procediamo oltre. Ho detto che questo Trattato toglie all'Italia quella indipendenza che
non sopporta altri limiti che non siano comuni a tutti gli altri Stati sovrani. Or bene,
approvando questo Trattato, voi approvate un articolo 15, il quale dice: L'Italia prender
tutte le misure necessarie per assicurare a tutte le persone soggette alla sua giurisdizione, senza
distinzione di razza, sesso, lingua o religione, il godimento dei diritti dell'uomo e delle libert
fondamentali, ecc..
Questo articolo si collega con quella rieducazione politica di cui sembra che
abbisogni l'Italia, e cio la Nazione del mondo che arriv per la prima all'idea di Stato, e
l'apprese a tutti i popoli civili. Dovevamo proprio noi ricevere lezioni di tal genere! E
meno male se fosse soltanto un corso di lezioni: ma si tratta di un umiliante limite alla
nostra sovranit. Voi capite che qualunque degli Stati che figurano vincitori anche
l'Etiopia, che compresa tra questi ed tra i firmatari del Trattato pu sollevare la
questione se le libert fondamentali siano state rispettate a proposito di una qualsiasi
legge italiana, per esempio di una legge per listruzione, come quella che potrebbe
presentare l'onorevole Gonella (si ride Commenti) e che fosse da alcuni, anche in Italia,
considerata come lesiva della libert di coscienza, che libert fondamentale. Un Paese
che nell'esercizio del pi sovrano dei diritti, che il potere legislativo, sia soggetto a tali
controlli, non pi un Paese indipendente! Qualche cosa di simile poteva forse avvenire
nell'antico impero Ottomano, la vecchia Turchia; ma la nuova Turchia ha superato
questa possibilit d'interventi. L'Italia l'ammette con questo articolo 15, che vorreste
approvare d'urgenza, senza necessit, ma bens come un'accettazione, sia pure
rassegnata, ma pur sempre volontaria. .
Poi c' l'articolo 16, il quale si presenta a prima vista semplicemente privo di
senso, perch dice: L'Italia non incriminer n altrimenti perseguiter alcun cittadino
italiano, compresi gli appartenenti alle Forze armate, pel solo fatto di avere, durante il periodo di
tempo corrente dal giugno 1940 all'entrata in vigore del presente Trattato, espressa simpatia o
d'aver agito in favore della causa delle Potenze alleate od associate.
Salvo l'oscura allusione agli appartenenti alle Forze armate, l'articolo manca
di seriet quando dispone che l'onorevole De Gasperi non potrebbe incriminare me o
l'onorevole Pacciardi o persino se stesso, per avere espresso simpatia alla causa degli
alleati!
E c' poi l'articolo 17 che dice: L'Italia, la quale, in conformit dell'articolo 30 della
Convenzione di armistizio, ha preso misure per sciogliere le organizzazioni fasciste in Italia, non
permetter, in territorio italiano, la rinascita di simili organizzazioni, siano esse politiche,
militari o militarizzate, che abbiano per oggetto di privare il popolo dei suoi diritti democratici.
Or ecco. Non c' nessuno che sia stato pi intransigente di me contro il fascismo.
Nessuno pi di me avverte l'inesorabile nesso causale, che lega la nostra presente
catastrofe a quel terribile fenomeno verso cui non abbiamo neanche il conforto di una
immunizzazione, come c' stata negli altri Paesi. Perch non vero che il fascismo sia
stato un fenomeno esclusivamente italiano. Gli stessi inglesi hanno avuto qualche
anticipazione di metodi fascisti verso la fine del Governo di Cromwell: lord Protettore
affine, anche nel significato della parola, a Duce o a Fhrer. Certamente, egli fu un
grand'uomo; e fu fortuna dell'Inghilterra, che quella parentesi nella grande storia delle
libert di essa non abbia nociuto ma giovato alla sua potenza. Eppure il ricordo di
questo Protettore fu cos esecrato da arrivare sino alla profanazione di una tomba e ad
atti feroci contro un cadavere. La Francia ebbe il suo secondo Impero, che rassomiglia al
fascismo come due gocce d'acqua. E fin nel disastro, come fu per l'Italia. Il ricordo per,
direi l'orrore per quel regime, per quel periodo, si perpetu talmente che a Milano, dove
si era preparata una statua equestre per Napoleone III artisticamente assai bella, non si
pot farla uscire dal magazzino dov'era custodita, perch discretamente il Governo
italiano era avvertito che l'impressione in Francia sarebbe stata penosa
Il fascismo come il vaiuolo: chi lo ha avuto ha almeno il vantaggio che non lo
avr pi. (Ilarit). In Italia, purtroppo, dobbiamo sentire parlare di neofascismo; temo
che, in gran parte ci si debba agli errori dell'immediato antifascismo.
Non gi, dunque, che l'articolo 17 mi dispiaccia per s stesso, ma mi ripugna
come un'offesa intollerabile alla sovranit del nostro Stato. Qualunque atto di Governo
pu prestarsi ad una interpretazione che dia luogo all'accusa della violazione dell'
articolo 17. Intanto, tutte le espressioni in esso usate sono elastiche, atte a favorire ogni
punto di vista soggettivo. Una organizzazione dei cos detti giovani esploratori potr
essere considerata come militarizzata; e del resto, le organizzazioni di cui si vieta la
rinascita sono anche quelle politiche: ogni associazione, la stessa organizzazione dei
partiti pu esservi compresa. Che cosa sono, poi, questi diritti democratici la cui
privazione violerebbe l'articolo 17?
Vorrei conoscere il collega che ha inventato frasi cos bislacche. Certo che vi
qui un vastissimo campo, a proposito del quale il nostro Ministero degli esteri potr
bruscamente ricevere da parte di un diplomatico etiopico o lussemburghese una
protesta formale perch un qualsiasi provvedimento avrebbe violato l'articolo 17. E
badate che le censure contro provvedimenti od atti accusati aver carattere fascistico,
sono continue e reciproche anche in questa Aula: in discussioni di politica interna sono
forme polemiche quasi ordinarie. Quante volte non abbiamo inteso noi un deputato di
quei settori (accenna all'estrema sinistra) accusare di fascismo questo o quell'atto di
Governo, questa o quell' altra opinione e quante volte la stessa accusa stata ritorta dai
settori opposti! Lo straniero, pertanto, che vorr sollevare una questione di quel genere,
potr sempre fondarsi sull' autorit di ammissioni italiane, ed anche autorevoli, a favore
del suo assunto!
E non mi sento di andare oltre. C' tutta una collezione di articoli, mortificanti
quando non sono umilianti. Quelli sul disarmo sono orribili. Si potr entrare in ogni
casa italiana per vedere se c' nascosto un ordigno pi progredito, utile all'offesa e
difesa militare. Le poche truppe che ci lasciano devono avere un armamento ridotto, che
pu dirsi primitivo in questa epoca dei carri armati e dei cannoni a grande portata. Al
Paese di Galileo, di Volta, di Marconi vietato persino di fare scoperte che valorizzino
di pi il proprio esercito. gi una prepotenza odiosa; ma chi pu dire se e sino a qual
punto una scoperta in qualsiasi campo possa avere applicazioni militari? In conclusione
anche i gabinetti delle nostre Universit potrebbero essere assoggettati ad un controllo,
capace di impedire il proseguimento di uno studio scientifico!
Or questa non pi indipendenza. La sovranit italiana non pi completa, e,
in questa .materia delicatissima, un limite qualunque si pone per s come una negazione
totale. Anche grammaticalmente, sovrano un superlativo; se se ne fa un comparativo,
lo si annulla. L'indipendenza sovrana del nostro Stato vien dunque meno formalmente,
cio come diritto.
Ma che dire dell'indipendenza come fatto? Argomento forse ancor pi doloroso.
Non pi un segreto l'intervento degli stati maggiori e degli ammiragliati nella
formazione di questa camicia di forza, che toglie all'Italia ogni possibilit di difendersi.
Questa imposizione di pace fatta in maniera da trasformare immediatamente l'Italia
nel campo di battaglia della guerra futura, fra Occidente ed Oriente, se questo orrore
non sar evitato. Peggio ancora, l'Italia stata considerata come un territorio alla merc
degli eserciti combattenti, tanto di oriente che di occidente.
Tutto ci stato fatto consapevolmente, con quello scopo preordinato. Aperta la
frontiera orientale, dove avevamo la chiusura delle Alpi culminante al monte Nevoso,
l'eventuale esercito dall'Oriente gi in territorio italiano e si assicurata la demolizione
delle nostre fortificazioni per venti chilometri. Quindi il giorno Dio non voglia
(nessuno pi di me pu presentirne l'angoscia) in cui avvenisse l'irruzione, noi
sappiamo che essa non potr essere arrestata ma solo contenuta ritardandone l'afflusso
in quella Valle Padana che stata nei secoli, e tornerebbe ora ad essere, campo di
battaglia in tutte le guerre europee. Si ripeter quella che stata la storia dei mille
cinquecento anni seguiti alla caduta di Roma. E gli stati maggiori dell'altra parte han
facilmente previsto l'evento di un insuccesso in pianura ed han pensato alle Alpi. Cos si
arriva alla frontiera occidentale: Briga e Tenda.
Appena si intese parlare di Briga e Tenda, nessuno pot credere che lo scopo
fosse di annettersi quelle poche migliaia di montanari italianissimi. Vero che vi un
tesoro di energia elettrica. Non so a questo proposito se l'onorevole Ministro Sforza,
quando mise a disposizione del piano Marshall tutta la forza derivante dalle acque delle
nostre Alpi, si sia astenuto per cortesia verso il collega Bidault, dall'includervi anche
quelle della Roia e quelle del Moncenisio. Ad ogni modo prescindiamo dal lato
economico; a titolo di riparazioni si potevan dare le ore di energia desiderate. Ma il
passo del Col di Tenda dato alla Francia significa il punto di arresto dell'invasioni
orientali. Le Alpi non servono pi a difendere l'Italia, ma gli altri paesi dopo il sacrificio
dell'Italia!
Quello che accade poi, a proposito del disarmo navale, rappresenta un mistero
inspiegabile o, peggio, profondamente conturbante, quando si pensa alle spiegazioni
possibili, poich qui l'incredibile che le limitazioni sarebbero state richieste proprio
dagli Stati che hanno rispetto a noi una schiacciante superiorit navale.
Perch ci hanno portato via tutte le motosiluranti e tutti i sommergibili e ci
hanno vietato di costruirne o di acquistarne? Non sono queste per eccellenza armi
difensive? Chi dunque poteva avere interesse che l'Italia non potesse neanche
difendersi?
Si dice che siano stati gli Inglesi. Ma, almeno, a Parigi si erano salvati gli
antisommergibili. A Nuova York per, davanti ai 21, sarebbe stata la Francia a rilevare
che una tale concessione fosse eccessiva. E fu cos che ci furono definitivamente negati
anche gli antisommergibili!
Questo l'atto che per beffarda antifrasi si chiama Trattato di pace; con cui l'Italia
perde l'indipendenza in diritto, la perde in fatto, perche non pu pi difenderla; e perde
l'onore. Perde l'onore! Tutto il testo e tutto il contesto, ma soprattutto lo spirito del
Trattato consiste in questo, o signori, nel dare il pi duro, il pi inesorabile rilievo a
questo punto: che durante la guerra e dopo, sinora, sempre, noi siamo stati considerati
come nemici. Ce l'hanno detto in tutti i toni: nemici! Ed allora i partigiani che si sono
battuti ed il corpo di liberazione e gli aviatori veramente eroici che hanno volato con i
loro apparecchi vecchi, logori e stanchi, perch non davano loro quelli nuovi e buoni e
partivano senza sapere se avrebbero fatto ritorno, tutti questi per chi si sono dunque
battuti? Per un nemico?
Quale maggiore offesa? E noi dobbiamo tollerarla: intendo non in quanto ci
venga imposta per legge di necessit, ma per atto volontario e in certo senso spontaneo?
Quei nostri soldati, partigiani, aviatori, marinai sarebbero considerati peggio dei
mercenari guidati dal condottieri, da un Alberigo da Barbiano o da un Muzio Attendolo
Sforza (ilarit) o da un Giovanni delle Bande Nere, perch quelli almeno si battevano per
un compenso; onestamente e, in generale, valorosamente si battevano per colui che li
aveva ingaggiati. Ma questi nostri, secondo la definizione del Trattato, si sarebbero
battuti per un nemico!
E ancora ancora, minore sarebbe l'offesa rapporto agli uomini. Ordinati essi in
unit militari, di queste, quando sono disciolte, non rimane che un nome; e l'onore dei
morti e dei vivi dipende dalla causa per cui si sono battuti, giudicata secondo quella
giustizia ideale, che ben pi grande di tutti i quattro Grandi messi insieme.
Ma la questione dell'onore rimane invece ed ardente per la Marina.
Qui, l'uomo si fonde con la cosa: la nave. E la nave continua ad esistere con la
sua bandiera e voi intendete quel che ci significhi per il marinaio, il quale deve morire,
prima della sua nave o con essa. E si sono battute queste navi, infaticabilmente, in tutti i
mari, ed hanno corso tutti i rischi; hanno tutta la legione eroica dei loro morti. Ed ora si
viene a dir loro: queste vostre navi debbono esserci consegnate come bottino di guerra,
cio come navi nemiche; come quelle che battendosi per noi, alleati, si sarebbero battute
per un nemico. Si pu dare ingratitudine pi atroce?
Queste navi si trovavano nel porto di Spezia o altrove; ricevono lordine di
sottrarsi ai Tedeschi di raggiungere Malta per mettersi a disposizione dell'Ammiragliato
inglese. La flotta francese si trov in una situazione simile, quando il 27 novembre 1940
Tolone fu occupata dai Tedeschi; le navi furono autoaffondate: bel gesto, in quanto
imposto dalla impossibilit dei movimenti. Ma la nostra usc senza alcuna protezione
aerea e sapendo a quali rischi si esponeva. E la nave ammiraglia, la bella corazzata
Roma, affond sotto bombe di aeroplani tedeschi col suo Ammiraglio, coi suoi 1800
marinai. Queste navi, dicevo, hanno continuato a battersi ed ora sono bottino di guerra,
e debbono ora esser consegnate come se fossero state vinte e prese! E noi, per secondare
il piano Marshall o per contendere alla Bulgaria l'onore di entrar prima nell'ONU,
approviamo tali iniquit, senza almeno la scusa di una urgenza improrogabile.
Badate! non domandate ai nostri marinai i quali hanno fatto prodigi di
disciplina, che coraggio morale, oltre che di coraggio fisico non domandate loro di
ammainare la loro bandiera, per farla sostituire da un' al- tra, come dei vinti. Essi non lo
tollererebbero, non potrebbero tollerarlo; vi qualcuno, qua dentro, che darebbe loro
torto? Evitatelo. Non so; credo che ci siano forme da studiare capaci di togliere alla nave
la sua qualit di militare e di combattente. Credo che si dica: rendere le navi borghesi.
Tra le altre cose, il Trattato impone all'Italia non solo la consegna delle navi, ma anche
che esse siano rimesse in efficienza, cosa che non si chiese alla Germania, nel 1919. Il
Trattato di pace con la Germania fu allora incomparabilmente pi mite di questo nostro
attuale. L'Italia deve spendere alcuni miliardi per mettere in efficienza le navi
danneggiate nella lunga campagna fatta a favore degli stessi alleati. Cos perdiamo le
nostre navi migliori: le ammirabili Italia e Vittorio Veneto; nomi cos cari ad ogni cuore
d'italiano. Pensateci! I nostri marinai han meritato che il loro onore, per quanto
possibile, sia salvo.
Ma ormai tempo di avviarmi alla conclusione. La critica da me fatta al
cosiddetto Trattato, per quanto prolungata anche troppo, resta sempre inferiore a tutto
quello che si potrebbe e dovrebbe dire per un'analisi appena adeguata. Ma l'ora non lo
consente. Or la conclusione in forma di questo dilemma: dare o negare
l'approvazione? Parecchi oratori, l'onorevole Gasparotto, l'onorevole Corbino ed altri
hanno avuto per me un pensiero affettuoso e deferente, quando hanno riconosciuto che
la storia da me vissuta, 1'avere avuto la fortuna e 1'onore di legare il mio nome alla
vittoria della Patria, vittoria che ci diede quello che ora perdiamo, costituiscono per me
un titolo quasi personale, che mi consenta di rifiutare 1'approvazione. In altri termini,
l'approvazione per s cosa amarissima, ma a cui non ci si pu sottrarre; a me questa
esenzione consentita.
Ringrazio del pensiero, ripeto, affettuoso e deferente; ma dico subito che se pure
avessi questo titolo di immunit non vorrei servirmene in via pregiudiziale.
Un'umiliazione che io riconoscessi necessaria alla salvezza del Paese dovrebbe essere
accettata da me come dagli altri: nel rifiuto a priori io troverei i segni di quel
nazionalismo, che la degenerazione del patriottismo e di esserne immune io lo
dimostrai in memorandi eventi. Che se lo storico futuro volesse riconoscere in quegli
eventi un titolo di merito per me, penso che dovrebbe riscontrarlo nell'essere io stato
sempre al centro di due estremi, esposto al fuoco incrociato delluna parte e dellaltra, in
questa Italia sulla quale o almeno su alcune regioni di essa pesa la sciagurata
tradizione delle divisioni estreme ed irriconciliabili: Guelfi e Ghibellini.
Cos io ebbi contro con pari veemenza, non meno i rinunciatari che i
nazionalisti. Quanto a questi ultimi, se qualcuno pensasse che io con il mio
atteggiamento di intransigenza contro il trattato, riveli tendenze nazionalistiche, lo
pregherei di andare alla Biblioteca della Camera a consultare il giornale, organo di quel
partito: LIdea Nazionale. Se mai vi fu un uomo cui nessun oltraggio fu risparmiato, fui
io quello. Ci fu un famoso articolo che aveva questo titolo abbastanza significativo:
Tagliategli la lingua. Se quindi gli antinazionalisti vogliono tagliarmi qualche altro
organo, mi rimetto alla loro discrezione. (Ilarit). Per ci, ho detto e ripeto che se
ritenessi necessario un atto di umilt per la salvezza della Patria, chiederei di essere io
stesso il primo a compierlo. Ma, per 1'appunto, mi sono soffermato sulla storia di questa
politica triennale fatta di sottomissione e di umilt, perch sia a tutti presente il rapporto
con lo stato cui quella politica ci ha ridotti; stato di cos estrema miseria da giustificare
l'atto inverso, cio di una ribellione che si ponga, non foss'altro, come una sfida al
destino, quando tutto perduto e non resti che salvare l'onore.
Ringrazio vivamente l'onorevole Gasparotto del pensiero, che ha avuto, di citare
oggi qui quel mio telegramma a proposito della decisione di quella che fu la battaglia di
Vittorio Veneto. Or mi importa di precisare che la copia di quel telegramma egli non la
ebbe da me; io non me ne sono mai vantato, ed anzi di quel mio intervento non ho mai
parlato.
ORLANDO. Certamente; voglio solo dire che la rivelazione di quello storico episodio
non proviene da me. Ma una volta che essa avvenuta, ho bene il diritto di metterne in
rilievo il significato, in quanto abbia rapporto col solenne momento storico attuale. E il
significato questo: che come ci sono momenti in cui bisogna umiliarsi e sottomettersi,
ci sono pure i momenti in cui bisogna osare. L'uomo di Stato si rivela proprio in questi
momenti, quando si tratta di assumere le grandi responsabilit dell'azione, e non gi di
abbandonarsi a quella sostanziale fuga da ogni responsabilit che la sopportazione. Ed
io dissi che l'episodio di quel mio telegramma dell'ottobre del 1918 poteva avere un
rapporto con la discussione odierna, sotto questo aspetto: che la responsabilit da me
allora assunta fu cos grave che se Vittorio Veneto fosse stato una sconfitta io avrei
dovuto essere mandato in Alta Corte di Giustizia e condannato forse anche alla
fucilazione.
Certamente, io ritenevo e continuo a ritenere che il Capo del governo civile,
nelle guerre di popolo e non solo di eserciti come le due recenti, ha il diritto ed il dovere
di ingerirsi in ci che riguarda landamento della guerra anche dal lato puramente
militare; da qui il mio insanabile dissenso con il generale Cadorna. Ma non men vero
che anche quel diritto ha dei limiti ed io confesso che con quel telegramma avevo quei
limiti sorpassati, esponendomi con ci a quelle estreme conseguenze, che, qualora
l'evento fosse stato avverso, avrebbero comportato un giudizio ed una severa condanna.
Per ci, dunque, pur rinnovando i miei ringraziamenti ai colleghi che han
voluto attribuire a me una specie di asilo spirituale per sottrarmi ad un voto
amarissimo, dico che non intendo servirmi di questo titolo. Se io sono risolutamente,
irriducibilmente ostile all'approvazione che ci si chiede, egli perch sento come una
morale impossibilit, superiore ad ogni utilit (se pure ci fosse!) di dare un consenso, sia
pure coatto, ad un documento che, in fatto di iniquit e di ingiustizia, raggiunge una
delle vette pi elevate fra le tante prepotenze ed arbitri onde contaminata la storia dei
rapporti internazionali. Ma tanto pi poi e tanto peggio per il momento e per il modo
onde il voto ci si chiede, pregiudicando dinanzi alla storia lunica scusa e cio di aver
ceduto ad una legge di necessit. Questo sentimento ha carattere ideale: ma trova altres
conforto in una ragione d'ordine pratico, la quale avverte di essere ormai venuto il
momento di interrompere il sistema di cedere ed accondiscendere finora seguito e di
compiere finalmente un atto di fierezza e di dignit. Per tre anni ci siamo sottomessi
continuamente, e ne vedete i risultati. Ora, basta.
Non mi soffermo sulla causa specifica della ratifica che manca. Per me basta
l'articolo 90, cos brutale per noi, poich quanto all'esecuzione dell'atto prescinde
totalmente dalla nostra volont; ma, per ci stesso, ci fa sapere che. sino a quando le
quattro ratifiche non siano depositate, l'atto non entra in vigore e noi non siamo
obbligati a subirlo e tanto meno a riconoscerlo. Se dunque quella condizione manca, il
nostro consenso si presenta libero e volontario e ci determina la mia ribellione. Che poi
la potenza la cui ratifica sinora manchi, sia la Russia o l'America o la Gran Bretagna o la
Francia, mi perfettamente indifferente. I colleghi Nenni e Togliatti, che mi furono
compagni nella Commissione dei Trattati mi han dato atto di ci ed uno di essi ha
ripetuto una mia frase detta allora e cio che per me la ratifica che manca basta che sia
attribuita ad una potenza X.
Quanto alla Russia, peraltro, vi fu un curioso documento che l'ANSA diram
come proveniente da un portavoce di Palazzo Chigi e secondo il quale la ratifica della
Russia era l l per venire e sarebbe arrivata fra pochi giorni. Sono ora invece passate
varie settimane e non se ne vede il principio. Ah, questi portavoce! Ad ogni modo,
ripeto, a me che sia la Russia a non ratificare non importa nulla e si dovrebbe
aggiungere che anche per la Russia non vi nessun rapporto fra la sua astensione e la
ratifica che pur hanno fatta alcuni degli Stati che si dicono satelliti di essa. Il mio intento
puramente obbiettivo: il Trattato per ora ineseguibile.
Perch, dunque, questa fretta di approvarlo spontaneamente, proprio noi, i
sacrificati e gli offesi? Tutto ci assorbe la questione della utilit poich la soverchia di
gran lunga. Ma, ad ogni modo, in che consisterebbe questa utilit? Prima ci si disse, in
Commissione dei Trattati, che occorreva la ratifica per l'ammissione dell'Italia al
convegno di Parigi per il piano Marshall; l'evento dimostr che non era cos. Ora ci si
dice che occorre per l'ammissione all'ONU. Ma dove la disposizione che subordina
l'ingresso nell'ONU alla ratifica? Dove ? Ho qui lo Statuto, dove si parla dell'
ammissione dei nuovi membri e se ne stabiliscono le condizioni; nulla, in esse, che si
colleghi con la ratifica.
Se sbaglio, mi si interrompa e mi si dica quale sia l'articolo, il capoverso, la
parola che importi una tale conseguenza. Dunque, questa ragione non sussiste.
Non vero nemmeno l'hanno ingannata, onorevole Ministro quando si dice
che se passa il 10 agosto non potremo avere questa fortuna di essere ammessi e
perdiamo l'anno. Neanche ci vero, perch l'anno scorso il Siam fu ammesso a
novembre. La procedura la seguente. In agosto avviene un esame preliminare da parte
di una Commissione, che nei suoi membri riproduce le undici potenze del Consiglio di
sicurezza. Quando si tratt del Siam, siccome pendeva una contestazione con la Francia
per i confini con l'Indocina, la Francia chiese ed ottenne che la domanda del Siam non
fosse ammessa. Senz'altro. In seguito, il dissidio si compose e il Siam fu ammesso, come
ho detto, in novembre. A voler chiamare le cose col loro nome e senza ipocriti
infingimenti, la verit che per l'ammissione all'ONU tutto dipende dall'accordo delle
cinque Potenze che hanno il seggio permanente e quindi il diritto di veto. L'opposizione
di una sola di esse basta a fermare l'ammissione. D'altro lato, per il noto contrasto fra i
due gruppi di Potenze, avviene che se non si arriva ad un compromesso, l'uno impedir
l'ammissione favorita dall'altro, e reciprocamente. Cos, l'anno scorso, la Russia ha
messo il veto all'ammissione del Portogallo e dell'Irlanda, dando per ragione che non
avevano curato di avere rappresentanza diplomatica a Mosca e quindi non davano
nessuna garanzia di essere amici della pace. Allora, per evidente contraccambio, gli Stati
anglosassoni misero il veto all'ammissione dell'Albania voluta dai Sovietici. Il Governo
britannico ha ora fatto sapere che non dar l'assenso neppure alla Romania, per i recenti
episodi che voi conoscete.
Quindi, tutto un gioco di veti. Lascio poi stare, per l'ora che urge, l'altra
indagine pi sostanziale per cui si pretende che l'ammissione nell'ONU sia un cos
grande beneficio da valere come una giustificazione di questa sciagurata ratifica. Io non
solo contesto risolutamente che vi sia un vantaggio qualsiasi, ma ritengo invece che si
tratti di cosa non desiderabile e mi asterrei, nonch dal chiederla, dall'accettarla,
considerandola come un' altra mortificazione inflitta al nostro Paese. Il posto che esso
prenderebbe lo graduerebbe dopo Stati minuscoli; diciamolo francamente: sarebbe come
una firma apposta alla nostra rinuncia alla qualit di grande Potenza. Ammetto che
questa sia purtroppo la situazione attuale; ma perch andare verso il riconoscimento di
questa nostra decadenza con cos premurosa e soddisfatta sollecitudine?
Ma anche a parte tutto ci, lo Statuto dell'ONU contiene quei due famosi
articoli, 53 e 57, che non leggo, ma il cui senso, per quanto poco chiaro, importa che,
mentre la garanzia essenziale per i membri dell'ONU che nessuno possa essere
aggredito senza violare solenni impegni dando luogo all'immediato soccorso di tutte le
nazioni unite, a questa regola si introduce con quegli articoli un'eccezione pel caso che
l'iniziativa provenga da uno degli Stati alleati ed associati contro uno Stato ex nemico. In
altri termini, la Jugoslavia o l'Etiopia potrebbero aggredirci senza che noi fossimo
protetti dalle garanzie che proteggono gli altri Stati dell'ONU!
Il Ministro si rende conto della enormit di queste disposizioni e dice di aver
avuto l'affidamento che saranno soppresse, poich tutte le repubbliche del Sud America
si son dichiarate contrarie. S, ma gli debbo ricordare il veto che, da solo, annulla tutte le
maggioranze. In ogni caso io vorrei che quei due articoli fossero gi soppressi, prima di
accettare la situazione che ne deriva, la quale ci mette in uno stato di inferiorit verso gli
altri membri dell'Associazione, sin dal momento in cui entreremmo a farne parte.
Nessuno, dunque, dei vantaggi che si fanno sperare come conseguenza di
questa approvazione anticipata pu dirsi sussistente ed effettivo; la stessa condizione
armistiziale continua formalmente immutata, perch il termine dei 90 giorni fissato per
la cessazione di essa, non comincia a decorrere se non dal deposito delle quattro
ratifiche. Ma ci fossero pure dei vantaggi, nulla essi varrebbero, per me, in confronto dei
sacrifici estremi che ci si vogliono imporre, come ho dimostrato in questo mio discorso,
incompleto se pur lungo.
Perci io sono, in ogni caso e in ogni tempo, contrario alla approvazione, perch
non vale vivere quando si perdono le ragioni di vivere. L'Italia non pu opporre al
disfacimento cui l'atto la vorrebbe condannare che il fatto della sua esistenza come
grande e gloriosa Nazione; e questo fatto insopprimibile, malgrado ogni iniquit. Che
se, per, questa mia decisione estrema la maggioranza di voi non crede di consentire, io
posso rispettare codesta perplessit. Ma considerate almeno questo lato della decisione
odierna, il significato di questa accettazione, che avviene in un momento in cui essa non
necessaria; onde il vostro voto acquista il valore di un'accettazione volontaria di
questa che una rinuncia a quanto di pi caro, di pi prezioso, di pi sacro vi stato
confidato dal popolo quando vi elesse: l'indipendenza e l'onore della Patria.
Vi prego, vi scongiuro, onorevoli colleghi, al di l e al di sopra di qualunque
sentimento di parte quale stolto potrebbe attribuirmelo? non mettete i vostri partiti,
non mettete voi stessi di fronte a cos paurosa responsabilit. Questi sono voti di cui si
risponde dinanzi alle generazioni future; si risponde nei secoli di queste abiezioni fatte
per cupidigia di servilit.
(Vivissimi applausi a sinistra e a destra. Proteste vivaci al centro e al banco del Governo.
Rumori vivissimi. Scambio di epiteti fra sinistra e centro. Ripetuti richiami del Presidente.
Nuovi prolungati applausi a sinistra e a destra. Proteste e rumori vivissimi al centro. Scambio di
apostrofi fra il centro e le sinistre. Viva agitazione).
[ .. ]
[ .. ]
ORLANDO .... io voglio che, come mi sempre accaduto nella mia lunga vita
parlamentare, il mio appello sia per la concordia o, almeno, contro l'esasperazione dei
contrasti inevitabili e riunisca l'animo di tutti. E dico ai colleghi di tutte le parti
dell'Assemblea: convenite con me, obiettivamente, indipendentemente da ogni giudizio
politico, indipendentemente da ogni preferenza verso questa o quella linea di condotta,
convenite con me, tutti, che questo Trattato di pace una solenne ingiustizia?
[]
DE GASPERI, presidente del Consiglio. Onorevole Orlando, avrei aspettato dalla sua
lealt che ella avesse dichiarato che le parole cupidigia di servilit non si riferivano a
coloro che propongono in buona fede e con retta coscienza d! ratificare il Trattato. Avrei
preferito che lo avesse dichiarato.
La ristampa del presente volume stata possibile grazie alla digitalizzazione del
volume originale.
Questa pubblicazione diffusa in maniera totalmente gratuita e non parte
integrante di nessun periodico a pagamento; il Centro Studi Historia Italica non pu
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fini non commerciali"), e ai sensi della Legge numero 62 del 7 Marzo 2001, si dichiara che
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Impaginato nel Maggio 2015.
Edizioni Historia Italica