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SCARCERARE
LA SOCIET
eluthera
INDICE
Prefazione
di Alessandro Dal Lago
Introduzione alledizione italiana
I. Anacronistico, medievale?
II. Una questione politica: la plebe
III. Le mura della vergogna
IV. Dopo la pena di morte...
V. Il decreto dabbandono
VI. La violenza dello Stato
VII. Biopolitica e diritto del sovrano
VIII. Violenza fondatrice, violenza conservatrice del diritto
IX. Il luogo di conservazione delleccezione sovrana
X. Una presa incondizionata sul corpo
XI. Il carcere e la citt
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Postfazione
Tutti dentro. Dallo Stato sociale allo Stato penale
di Simone Lucido
PREFAZIONE
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dulgenza; la Francia alla quale sono rivolti tutti gli sguardi, e dalla
quale si attendono modelli per tutte le parti dellamministrazione,
il Paese che sembra promettere al progetto che vi invio la mi
gliore riuscita3.
Beccaria e Bentham, ognuno a suo modo, si comportano come
esploratori che si assumono il compito del passaggio, nellam
bito del sistema delle pene, da un regime di sensibilit a un altro;
il primo come teorico del diritto, il secondo come architetto; il
primo sforzandosi di formulare un programma giuridico di ad
dolcimento delle pene, il secondo nei termini dellorganizzazione
dello spazio. In entrambi i casi, si tratta di superare il tempo delle
pene crudeli, mal distribuite, sproporzionate, e di far entrare il
sistema delle punizioni nellet della modernit illuminata, cio
di una dottrina punitiva razionalizzata che abbia fatto proprie le
ingiunzioni alla moderazione. Questi motivi sono onnipresenti
sia nelluno sia nellaltro. Nessuna punizione, secondo Beccaria,
deve essere crudele, inumana, degradante; la tortura degli in
diziati, la pena di morte, in quanto sanzioni non solo sono degra
danti, ma sono anche inutili perch inefficaci. Bentham, allo
stesso modo, vanta il suo dispositivo architettonico come un
mezzo per farla finita con le carceri che fino a ora sono state
soggiorno infetto e orribile, scuola di ogni crimine e cumulo di
tutte le miserie. Il carcere non deve pi degradare gli individui
e i corpi, bens deve diventare uno strumento di correzione e di
trasformazione dei criminali.
Entrambi i nostri riformatori si pronunciano a favore di una
sorta di tabula rasa nel regime delle pene. Tutti e due si fanno
guidare dalla loro grande idea: la proporzionalit delle pene
in un caso, un sistema di sorveglianza dei corpi detenuti (un
governo dello sguardo) nellaltro. Ma quale che sia leteroge
neit pratica dei due programmi (se non delle due utopie), la
stessa pulsione riformatrice che allopera, quella che lega
indissolubilmente la questione della razionalit delle modalit
punitive alla considerazione delle esigenze morali di unepoca
divenuta sensibile a una concezione di progresso civile che
esclude le crudelt inutili.
Questa articolazione al cuore dei ragionamenti di Beccaria.
Crudelt delle pene e spirito di giustizia, sostiene con forza,
sono incompatibili. crudele tutto ci che attenta allintegrit
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1. Cesare Beccaria, Dei delitti e delle pene, a cura di Alberto Burgio, Feltri
nelli, Milano, 2003.
2. Citato nella Prefazione di Robert Badinter a Cesare Beccaria, Des dlits et
despeines, GF-Flammarion, Paris, 1991.
3. Lettera di Jeremy Bentham a Jean-Philippe Garran, in The Works o f
Jeremy Bentham [Panopticon, trad. it. di V. Fortunati, Marsilio, Venezia, 1983,
p. 125],
4. Cesare Beccaria, Dei delitti e delle pene, cit., p. 53.
5. Ibid., p. 54.
6. Jeremy Bentham, Panopticon, cit., p. 33.
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ANACRONISTICO, MEDIEVALE?
La sensazione di vivere un presente accettabile, civilizzato in una parola moderno - indissociabile dal gioco di rimandi
che si stabilisce fra il passato rifiutato e le pratiche, gli oggetti,
che ne simbolizzano linsopportabile arretratezza, se non la bar
barie. Per quanto critica sia la nostra percezione della situazione
attuale, non ci sottraiamo alla fondamentale evidenza di un
buon presente. Questa evidenza si forma in parte negativamente in riferimento a scene, immagini, personaggi emblematici
di quel cattivo passato da cui noi per fortuna ci saremmo
separati, ma in parte mettendo in relazione la nostra percezione
del presente e di noi stessi - in quanto civilizzati - con quelle
soglie dintolleranza, quelle immagini del passato ormai
divenute inaccettabili per la nostra sensibilit.
Nelle societ moderne, tutto ci che riguarda il castigo, la
pena, la violenza dello Stato esercitata contro i delitti e i crimini
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Note al capitolo
1. La storia della prigione moderna , al contempo, la storia della persistenza
nel tempo del tema del cambiamento, della correzione, della cura e del reinseri
mento attraverso la carcerazione, e della sua non meno continua smentita nella
realt dellesperienza penitenziaria. Cosicch la storia di questa istituzione pren
de la forma di una rivendicazione continua nei confronti di quella vocazione
riparatrice ostentata e costantemente tradita. Gi ai tempi della monarchia di
Luglio, il famoso Lacenaire si lamentava del fatto che invece di occuparsi
dellavvenire del condannato e della sua crescita morale, la giustizia non pensa
che al presente, non mira che a sbarazzarsi di lui provvisoriamente, constatando
che il sistema corrompe e perverte invece di permettere al detenuto di rientrare
nella societ. Un secolo e mezzo pi tardi, un altro detenuto, anonimo, riprende
la stessa questione: Si crede veramente che mantenendo in detenzione un indi
viduo per dieci, quindici o vent'anni, se non per tutta la vita, con una pena mini
ma da scontare in carcere di trent'anni, si faciliti la sua guarigione e il suo rein
serimento! [...] Se il carcere deve essere il luogo della sanzione, non potr essere
che quello e basta. Il carcere, invece, deve essere luogo di risocializzazione, di
reinserimento, di guarigione (J.-P. F., Que peut-on attendre aujourd'hui de la
prison?, Mana, numero speciale Prisons: enlre oubli et rformes, n. 5, 1998).
Lincastro perfetto delle due citazioni mostra cos la storia del carcere moder
no: una questione di tempo sospeso, dove tutti gli attori e i testimoni sono con
dannati a ripetere eternamente le stesse cose.
2. Michel Foucault, Postfazione a L Impossible prison, recherches sur le
syslme pnitentiaire au XIX sicle, a cura di Michelle Perrot, Seuil, coll. LUnivers historique, Paris, 1980, p. 317.
3. Parafraso qui Walter Benjamin che ironizza sulla concezione storicista e
progressista di quei marxisti che, di fronte allavanzata del fascismo, si stupisco
no che cose simili siano ancora possibili nel XX secolo: Lo stupore perch le
cose che viviamo sono ancora possibili nel XX secolo tuttaltro che filosofico.
Non allinizio di nessuna conoscenza, se non di quella che lidea di storia da
cui proviene non sta pi in piedi, in Schriften, Suhrkamp Verlag, Frankfurt,
1955 [Angelus Novus. Saggi e frammenti, trad. it. di R. Solmi, Einaudi, Torino,
1962, p. 79],
4. Michel Foucault, Prisons et rvoltes dans les prisons, in Dits et crits,
voi. II, Gallimard, Paris, 1994, p. 425 [Archivio Foucault, 3 voli., Feltrinelli,
Milano, 1996,1997,1998].
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II
UNA QUESTIONE POLITICA: LA PLEBE
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Note al capitolo
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Ili
Oggi, in un contrasto che colpisce rispetto allapproccio foucaultiano, il carcere messo in questione da un duplice punto di
vista: quello umanitario, come luogo di sofferenza eccessiva dei
detenuti, e quello giuridico, come spazio di non-diritto. E stato il
libro di Vronique Vasseur, Mdecin-chef la prison de la Sant,
che ha dato lultima spinta in ordine di tempo ai sussulti umani
tari a proposito delle carceri e del loro stato, riunendo in un unico
inorridito movimento, tanto intenso quanto passeggero, opinione
pubblica, media, uomini politici e accademici1. Questo libro de
scrive quel simbolo dellistituzione penitenziaria che la Sant lunico carcere rimasto dentro Parigi - come una grossa verruca
con mura da fortezza punteggiate da piccole finestre, una corte
dei miracoli, un ghetto, vestigia di tempi che si credevano pas
sati, vergogna incancellabile della Rpublique2. Ratti, scara
faggi, sudiciume ormai impossibile da pulire, odori ripugnanti,
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IV
DOPO LA PENA DI MORTE..
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Note al capitolo
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V
IL DECRETO D ABBANDONO
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Note al capitolo
1. Nello stesso senso Benjamin Constant rifiuta con veemenza ogni ricorso a
giurisdizioni deccezione contro quei crimini supposti essere particolarmente
atroci, prendendo cos decisamente le parti del diritto comune.
Mi permetto di rinviare qui al capitolo Le monstre inclus nel mio saggio Le
Corps de l'ennemi, hyperviolence et dmocratie, La Fabrique, Paris, 1998.
2. Si vedano i risultati della com m issione d inchiesta del Senato e
dellAssemblea nazionale, Des tablissement vtustes et surpeupls dans
lesquels les conditions d'enfermement sont inhumaines (Le Monde, 6 luglio
2000). Si veda anche linchiesta dello stesso giornale (6-7 febbraio 2000): Voya-
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ges au bout de lhorreur dans les prisons frangaises, dove sono riportati casi di
violenza sessuale, di ripetute sevizie inflitte da detenuti ad altri detenuti, e di
mancanza di cure a detenuti in pericolo di vita.
3. Paroles de dtenus, Librio/Radio France, Paris, 2000.
4. Friedrich Nietzsche, Zur Genealogie der Moral. Eine Streilschrift [Genea
logia della morale, lino scritto polemico, trad. it. di Ferruccio Masini, Adelphi,
Milano, 1984, p. 53].
5. Au pied du mur, 765 raisons d en finir avec toutes les prisons, LInsomniaque, Paris, 2000.
6. Friedrich Nietzsche, Genealogia della morale, cit., p. 60.
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VI
LA VIOLENZA DELLO STATO
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Note al capitolo
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VII
BIOPOLITICA E DIRITTO DEL SOVRANO
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Note al capitolo
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8. Vedere, a questo proposito, Claude Lefort, Essais sur le politique, X IX r sicles, Esprit/Seuil, Paris, 1986.
9. Si veda Michel Foucault, Anti-Rtro, in Dils et crits, voi. II, cit., p. 646:
Il nazismo non ha mai dato una libbra di burro alle persone, non ha mai dato
altra cosa che potere [...]. Pensiamo al potere che un individuo poteva avere
sotto il regime nazista nel momento in cui era semplicemente un SS o un iscritto
al partito! Si poteva effettivamente uccidere il proprio vicino, prendersi sua
moglie, la sua casa....
10. Michel Foucault, Bisogna difendere la societ, cit., p. 207.
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Vili
VIOLENZA FONDATRICE,
VIOLENZA CONSERVATRICE DEL DIRITTO
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Note al capitolo
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4. Nel luglio 2000, lisabeth Guigou rifiut di liberare Patrick Henry con
dannato al carcere a vita nel 1977. La libert condizionale venne finalmente
concessa al condannato da un tribunale regionale nellaprile 2001 grazie a una
modifica delle procedure di concessione della condizionale nei casi di lunghe
condanne.
5. Walter Benjamin, Per la critica della violenza, cit., p. 15.
6. Pensiamo qui fra laltro alla sbrigativa eliminazione del malvivente Jac
ques Mesrine e dellattivista Khaled Kelkal.
IX
IL LUOGO DI CONSERVAZIONE
DELLECCEZIONE SOVRANA
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Note al capitolo
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X
UNA PRESA INCONDIZIONATA SUL CORPO
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Note al capitolo
1. Queste formule, inventate da Le Peletier de Saint-Fargeau nel 1791, cer
cavano di definire le linee guida per unalternativa al sistema penale dellAncien
Rgime.
2. Serge Livrozet, De la prison la rvolte, LEsprit frappeur, Paris, 1999
(1973), p. 163.
3. Vedere a questo proposito Ivan Turgenev, L esecuzione capitale di Troppman, trad. it. di E. Damiani, e/o, Roma, 1995.
4. Una prigione rappresenta, sia per coloro che ci vivono dentro sia per
coloro che la temono dallesterno, una certa immagine della sovranit di un
Paese, estratto dalla legge del 22 giugno 1987 (programma dei 15.000), citato
da Den Touam, Espace et imaginaire de la prison, www.inside.fr/interdit.
5. Jean Carlier, Postfazione a Louis Perego, Retour la case prison, cit., p.
269.
6. Personalmente sono contro lingresso della televisione in cella. Il sinda
cato dei direttori delle carceri invece certamente favorevole dato che la televi
sione spinger i detenuti a rinchiudersi da soli in cella. Sono contro perch con
sidero la televisione come una droga! Per me la televisione pi che una nuova
libert una catena! (Philippe Maurice, in Au pied du mur, cit.).
7. Recentem ente installata in un confortevole cam pus vicino ad Agen,
l'cole nationale de ladministration pnitentiarie (ENAP) forma linsieme del
personale appartenente a questa istituzione.
8. Gli educatori specializzati testimoniano del trauma al quale vanno incontro
i giovani detenuti soprattutto al momento della loro prima detenzione (crisi di
pianto, tentativi di suicidio, ecc.). Il carcere si conferma nel suo ruolo di luogo di
conservazione del terrore. Coloro che sono abbastanza incoscienti per non avere
paura del carcere prima (perch non immaginano lesistenza di una tale figura
della legge) sono molto rapidamente istruiti. Ma proprio questa iniziazione alla
sofferenza resta langolo morto dellapproccio umanitario al carcere.
9. Si dice dopo due secoli: Il carcere ha fallito perch fabbrica delinquen
ti. Io direi piuttosto: Esso ha centrato il suo obiettivo perch proprio questo
quello che gli si chiede (Michel Foucault, Des supplices aux cellules, in Dits
et crits, voi. II, cit., p. 716.
10. Su questo punto si veda Lonore Le Caisne, Prison. Une ethnologue en
centrale, Odile Jacob, Paris, 2000.
11. Claude Lucas, Suerte. L exclusion volontaire, cit., p. 45.
12. Il ricorso alla restrizione sempre possibile nel caso di detenuti restii ad
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XI
IL CARCERE E LA CITT
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nita, ma come? Ebbene, sono stati i due ostaggi che avevano pas
sato alcune ore con lui che al telefono hanno trovato le parole per
evitare il peggio. Formidabile, no?6.
Lo scandalo delle carceri ridotto a unemozionante, dramma
tica, trasmissione televisiva: formidabile in effetti. Non meno
dellergastolo ormai promesso ai due infelici candidati che nel
linguaggio ministeriale si designa come il peggio evitato. Quan
do si discute del carcere i media dimostrano tutta la loro incoe
renza mettendo laccento talvolta sulla drammaturgia oscura e
affascinante di cui esso il luogo (dove c il baluginio del cri
mine e della violenza, lorrore dei castighi, il vento della rivolta
o dellevasione...), talaltra su ci per cui il nostro animo sensibi
le si adombra (miseria, derelizione, abbandono, crudelt, indiffe
renza...). E la stessa stampa che enfatizza la vicenda degli ostag
gi di Fresnes con il suo epilogo morale (la legge e lordine
hanno la meglio) e che accoglie con favore limplacabile librorequisitoria della sociologa Anne-Marie Marchetti contro il
sistema delle lunghe pene come sostituto della pena di morte7.
Questo libro analizza lallungamento costante delle pene negli
ultimi decenni (I detenuti che scontano una pena di cinque anni
e pi rappresentavano il 37,8% dei condannati al 19 luglio 1999
contro il 24% al 1 luglio 1975) come dispositivo d ordine e
non solamente come tendenza. Mostrando per esempio che il
nuovo codice penale del 1994, in alcuni ambiti tendenzialmente
pi repressivo del precedente, favoriva lallungamento delle
pene; ricordando che la sinistra di governo aveva contribuito a
fare entrare nel nuovo codice penale un tempo di detenzione di si
curezza pari a trentanni; sottolineando che labolizione della
pena di morte aveva ulteriormente spinto alla produzione di un
arsenale legislativo che ha segnato un arretramento rispetto al
movimento progressista e umanista che laveva suscitata; e in
sistendo su questo punto chiave: le pene di lunga durata hanno la
funzione di rassicurare unopinione pubblica sensibile alle que
stioni della sicurezza e sono la chiave di volta dellarsenale de
stinato a governare securitariamente. Le pene di lunga du
rata (detenuti condannati a dieci o pi anni) sono il nodo
essenziale di questa politica destinata a rassicurare comminando
ad alcune categorie di infrattori pene terribili e devastanti.
Inteso come dispositivo di terrore e desclusione, il sistema
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Note al capitolo
1. Claude Lucas, Suerte. L'exclusion volontaire, cit, p. 425.
2. In questo caso non la base dellistituzione penitenziaria che parla, ma
un funzionario.
3. Partendo dal principio che il carcere debba in primo luogo incutere sogge
zione e insegnare a obbedire, Tocqueville (con de Beaumont) si dichiara un
sostenitore della carcerazione dura.
4. Prisons: un lat d exception permanerli?, convegno organizzato dal dipar
timento di sociologia dellUniversit di Caen, 24-25 novembre 2000.
5. Les gardiens rinventent leurs prisons, Le Nouvel Observateur, 7 giu
gno 2001.
6. Ibid.
7. Anne-Marie Marchetti, Perptuits, le temps infini des longues peines,
Plon, coll. Terre Humaine, Paris, 2001.
8. Ibid.
9. Le Nouvel Observateur, 7 giugno 2001.
10. BenoTt Dauver, La folie en prison, Libration, 7 aprile 2001.
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XII
COME ELIMINARLO?
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Note al capitolo
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XIII
DOPO I FERRI
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Note al capitolo
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XIV
UNA FRATTURA IRRIMEDIABILE
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Note al capitolo
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XV
UNISTITUZIONE TOTALITARIA?
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Note al capitolo
L ancien directeur de la centrale de Riom poursuit en diffamation l Observatoire desprisons. l audience, des gardiens ont dcrit la terreur q u il imposait,
Le M onde, 22 giugno 2000.
2. M ontesquieu, L Esprit des lois, libro VI, capitolo III (Lo spirito delle
leggi, trad. it. di B. Boffito Serra, Rizzoli, M ilano, 1999, p. 225): Negli Stati
dispotici non v legge: il giudice egli stesso la regola. Negli Stati monarchici
v una legge: laddove precisa, il giudice la segue; laddove non lo , ne cerca
lo spirito. Nel governo repubblicano, nella natura stessa della costituzione che
i giudici seguano la lettera della legge. Non lecito interpretare una legge a
danno di nessun cittadino, quando si tratta dei suoi beni, del suo onore, o della
sua vita.
3. Serge Livrozet, De la prison la rvolte, cit., p. 86.
4. Philippe Maurice, De la haine la vie, c it, p. 47.
5. Alexandre Jacob, A bus les prisons, toutes les prisons!, c it, p. 33.
6. O bservatoire International des Prisons (OIP), sezione francese, Prisons, un
tat des lieux, L Esprit frappeur, Paris, 2000. Cfr. soprattutto p. 28.
7. Paroles de dtenus, Postfazione dellOIP, cit., pp. 185 e sgg.
8. Peut-on obtenir plus de scurit avec moins de prison? Nous le croyons,
ibid.
9. M auzac (Dordogne): carcere modello costruito dallarchitetto Christian
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XVI
LETERNIT PRIGIONIERA
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Note al capitolo
1. Auguste Blanqui, lnstructions pour une prse d armes e L'tem it par les
aslres, ditions de la Tte de feuilles, Paris, 1972 [Leternit attraverso gli
astri, Theoria, Roma, 1983],
2. Gustave Geoffroy, L Enferm, Fasquelle, Paris, 1987, p. 399.
3. Auguste Blanqui, lnstructions pour une prise d'armes, cit., p. 168.
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Note al capitolo
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XVIII
PER FARLA FINITA CON IL CARCERE
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opponeva una risposta netta che ancor oggi conserva tutta la sua
attualit. Ricordando la posizione del G IP , diceva: Ci che si
dice : basta carceri. E quando di fronte a questa critica le persone
ragionevoli, i legislatori, i tecnocrati, i governanti domandano:
M a che volete allora?, la risposta : Non sta a noi dire di che
morte dobbiamo morire; non vogliamo pi giocare questo gioco
della penalit; non vogliamo pi giocare il gioco delle sanzioni
penali; non vogliamo pi giocare il gioco della giustizia2.
Quando prendiamo posizione sulle carceri rimettiamo in gioco
le scelte etiche e le decisioni razionali pi antiche, pi fondamentali, affrontiamo una visione del mondo. E questa riguarda,
fra laltro, il valore che diamo alle cose, alla propriet, soprat
tutto il valore che accordiam o in term ini di sofferenza umana
(quella del ladro che espia dietro le sbarre) ai nostri beni (quale
tariffa ci sembra equa per il furto di una vettura?). Ma anche:
legittimo incarcerare i consumatori di cannabis? Si possono im
porre i trattamenti psichiatrici raddoppiando la pena della reclu
sione per alcune categorie di criminali? Ecco, il carcere rivela
quali siano le nostre posizioni generali sul bene e sul giusto. Ed
anche rivelatore delle nostre sensibilit politiche nella misura in
cui questa istituzione si presenta come un punto di cristallizza
zione dellinsormontabile disputa fra padrone e servo. Certo,
evidente che se ci si mettesse dalla parte dello Stato e dei guar
diani dellordine, si accetterebbe quellinattaccabile buon senso
per il quale il carcere, in un mondo che ha messo al bando pi o
meno tutte le altre forme di punizione, un male tanto necessa
rio quanto ineliminabile. Ma se, come Foucault o Benjamin, ci si
mette dalla parte dei perdenti, dei senza voce e dei vinti della sto
ria, allora si percepisce il carcere come la reificazione della regola
di un gioco che ci sconfigge (anche noi che non siamo reclusi) e
come lo sbocco di ogni movimento contestatario (per poco vio
lento che sia) messo in atto per sottrarci allordine vigente. In
breve, in tutti i discorsi sul carcere c un sottofondo poco visibile
nel quale sindovina il nome di quello o di quelli di cui facciamo
nostro il punto di vista; che sia quello di Marceau o quello del
marchese de la Chesnaye, le cose sono rimaste pi o m eno le
stesse fin dal tempo de La Rgie du jeu di Renoir. La stessa cosa
vale in letteratura: non potete stare contem poraneamente con
Jean Genet e con Bertrand Poirot-Delpech.
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