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L’ACCUMULAZIONE
DEL CAPITALE
97
EINAUDI EDITORE
NUE
NUOVA UNIVERSALE EINAUDI
L ’ACCUMULAZIONE D EL CAPITALE
Contributo alla spiegazione economica dell’imperialismo
e
C IÒ CH E G L I E P IG O N I H ANNO FATTO
D ELLA TEO R IA M A R XISTA
Una anticritica
I.
XI.
1 Sia Marx che Rosa Luxemburg usarono nei loro schemi numeri specifi
ci invece di simboli, ma questo serve solo a complicare la spiegazione e non
altera minimamente la sostanza dell’argomento.
XV III PAUL M . SW EEZY
III.
1 T ra d u z io n e d i G u g lie lm in a S p ie re r.
CRONOLOGIA D E L L A V IT A E D E L L E O P E R E
D I R O SA L U X E M B U R G
a cura di Luciano Amodio
Dicembre 1912.
OGGETTO D E L L ’ INDAGINE
1 K. Marx , Das Kapital, libro I, 4a ed. 1890, p. 529 [sez. V II, cap. XXI],
OGGETTO D E L L ’INDAGINE II
1 I n q u e s t ’ e s p o s i z i o n e c o n s i d e r ia m o i l p l u s v a l o r e c o m e id e n t ic o a l p r o
f itto , id e n t if ic a z i o n e l e g i t t i m a in q u a n t o r i f e r i t a a l l a p r o d u z io n e t o t a l e , d i
c u i q u i e s c lu s iv a m e n t e s i t r a t t a . P r e s c i n d ia m o i n o lt r e d a l l a s u d d i v i s i o n e d e l
p lu s v a lo r e n e l l e s u e p a r t i c o m p o n e n t i - u t i l e d e l l ’ i m p r e n d it o r e , i n t e r e s s e
d e l c a p i t a l e , r e n d i t a - in q u a n t o ir r i l e v a n t e in r a p p o r t o a l p r o b le m a d e l l a ri-
p r o d u z io n e .
16 IL PROBLEM A DELLA RIPRODUZIONE
4 4 c + i i t > - t - i i p = 66
L ’A N A L IS I D E L P R O C E SSO D I R IP R O D U Z IO N E
IN Q U E S N A Y E IN A D A M S M IT H
Das Kapital, libro II, 2a ed. 1893, p. 332 [sez. I l l , cap. XIX, 1].
28 IL PROBLEM A DELLA RIPRODUZIONE
s u o l a v o r o , e g l i n o n c a u s a a l p a d r o n e a lc u n a s p e s a , g ia c c h é g l i e l a r i f o n d e , d i
r e g o la , m a g g i o r a t a d i u n u t i l e g r a z i e a l l ’a u m e n t a t o v a l o r e d e l l ’ o g g e t t o t r a
sfo rm a to ».
1 « G l i u o m i n i i m p i e g a t i n e l la v o r o a g r i c o l o ... n o n r i p r o d u c o n o s o l t a n t o ,
co m e g li o p e r a i d i fa b b r ic a , u n v a lo r e p a r i a l lo r o c o n su m o o a l c a p ita le ch e
l i im p i e g a c o n i n p i u Vutile del capitalista, m a u n v a l o r e m o l t o m a g g i o r e , in
q u a n t o , o l t r e a l c a p i t a l e d e l l ’ a ff i t t u a r io e a l s u o u t i l e r i p r o d u c o n o a n c h e r e
g o la r m e n t e l a r e n d i t a p e r i l p r o p r i e t a r i o t e r r i e r o » ( l i b r o I I , c a p . V ) .
2 L ib r o I I , c a p . I I I . G i à n e lla fr a s e su c c e ssiv a , t u tta v ia , S m ith tra sfo r m a
in t e r a m e n t e i l c a p i t a l e in s a l a r i , in c a p i t a l e v a r i a b i l e : « T h a t p a r t o f t h e a n
n u a l p r o d u c e o f t h e l a n d a n d l a b o u r o f a n y c o u n t r y w h ic h r e p la c e s a c a p i t a l ,
3» IL PROBLEM A DELLA RIPRODUZIONE
L ib r o I I , ca p . I I I .
40 IL PROBLEM A DELLA RIPRODUZIONE
C R IT IC A D E L L ’A N A L IS I SM IT H IA N A
LO SC H E M A D E L L A R IPR O D U Z IO N E S E M P L I C E
IN M A R X
Consideriamo la formula
c+v + p
1 Das Kapital, libro II, pp. 443-45 [sez. I l l , cap. XX, n ] , Cfr. anche,
per la necessità della riproduzione allargata dal punto di vista del fondo di
assicurazione in generale, ibid., p. 148 [sez. II, cap. XVII, 1].
2 Theorien über den Mehrwert, p. 248 (corsivo di Marx) [trad. it. cit.,
vol. II, pp. 529-30].
LO SCHEMA DELLA RIPRODUZIONE S E M P L IC E IN MARX 75
LA C IR C O L A Z IO N E M O N E T A R IA
' Das Kapital, libro II, p. 448 [sez. I l l , cap. XX, 12].
86 I L P R O B L E M A D E L L A R IP R O D U Z IO N E
1 Das Kapital, libro II, p. 449, nota 55 [sez. Ill, cap. XX, 12, nota].
2 Ibid., p. 466 [cap. XXI],
L A C IR C O L A Z IO N E M O N E T A R IA 87
zione semplice è valido come fondamento e punto di par
tenza del processo riproduttivo non solo per il regime eco
nomico capitalistico, ma anche —mutatis mutandis —per o-
gni regime economico regolato e pianificato, per esempio
quello socialista. Per contro, la produzione del denaro cessa
con la forma mercantile dei prodotti, cioè con la proprietà
privata dei mezzi di produzione. Essa rientra nei «falsi co
sti» del modo anarchico di produzione del capitalismo, è
uno specifico onere della società a base economica priva
ta, che si manifesta nell’erogazione annua di una notevole
quantità di lavoro per la creazione di prodotti non utilizza
bili né come mezzi produttivi né come mezzi di consumo.
Questa specifica erogazione di lavoro nella società a produ
zione capitalistica, destinata a cessare in una economia re
golata socialmente, trova la sua espressione piu precisa co
me sezione staccata nel processo generale di riproduzione
del capitale totale. Non importa che ci si riferisca a un pae
se diretto produttore di oro o ad uno costretto a importar
lo: in quest’ultimo caso, lo scambio media solo la stessa
spesa di lavoro sociale che era stata direttamente necessaria
alla produzione dell’oro.
Da quanto sopra, appare chiaro che il problema della ri-
produzione del capitale totale non è cosi semplice come
spesso lo si configura ponendosi dal puro punto di vista del
le crisi, dove il problema si pone press’a poco cosi: com’è
possibile che, in un’economia non pianificata di innumere
voli capitali singoli, i bisogni complessivi della società siano
coperti dalla loro produzione complessiva? E si risponde
col rinvio alle continue oscillazioni della produzione intor
no alla domanda, cioè all’alternarsi periodico delle fasi di
congiuntura. In quest’impostazione, che considera il pro
dotto sociale totale come un guazzabuglio indifferenziato di
merci e il fabbisogno sociale in un modo altrettanto astru
so, si perde di vista proprio l’essenziale: la differentia spe
cifica del modo di produzione capitalistico. Il problema del
la riproduzione capitalistica cela in sé, come abbiam visto,
una quantità di rapporti esatti che si riferiscono tanto alle
categorie specificamente capitalistiche, quanto — mutatis
mutandis - alle categorie universali del lavoro umano, e la
88 I L P R O B L E M A D E L L A R IP R O D U Z IO N E
cui sintesi, sia nella loro contraddizione che nella loro ar
monia, costituisce appunto il problema da risolvere. Lo
schema marxiano è la soluzione scientifica del problema.
Dobbiamo ora chiederci quale senso lo schema analizza
to del processo di riproduzione abbia nella realtà. Secondo
questo schema, il prodotto sociale totale passa tranquilla
mente e senza residui nella circolazione, i bisogni di consu
mo sono complessivamente soddisfatti, la riproduzione pro
cede liscia, la circolazione monetaria segue alla circolazione
delle merci, il circuito del capitale sociale si chiude felice
mente. Come si presenta la cosa, nella realtà? Per una pro
duzione diretta secondo un piano, lo schema offre nelle sue
articolazioni una base esatta alla divisione del lavoro socia
le - sempre presupponendo una riproduzione semplice, un
raggio di produzione sempre uguale. Nell’economia capita
listica, un’organizzazione pianificata del processo comples
sivo manca: in essa, perciò, le cose non vanno lisce secondo
la formula matematica, come apparirebbe dallo schema. Al
contrario, il circuito della riproduzione si svolge con conti
nue deviazioni dai rapporti dello schema, traducendosi
in quotidiane oscillazioni dei prezzi,
in continue oscillazioni dei profitti,
in incessanti fluttuazioni dei capitali da un ramo del
la produzione agli altri,
in periodici passaggi ciclici della riproduzione dall’al
ta congiuntura alla crisi.
Ad onta di queste deviazioni, lo schema rappresenta tut
tavia la media socialmente necessaria intorno alla quale quei
movimenti si svolgono, e alla quale continuamente tendo
no dopo essersene allontanati. Questa media fa sì che i mo
vimenti oscillatori dei capitali singoli non degenerino nel
caos, ma vengano ricondotti ad una certa normalità, che as
sicura la sopravvivenza della società capitalistica nonostan
te la mancanza di un piano.
Un confronto fra lo schema della riproduzione in Marx e
il Tableau économique di Quesnay mette in evidenza tanto
le affinità quanto l’enorme divario fra loro esistenti. I due
schemi, pietre miliari all’inizio e al termine dell’intera evo-
L A C IR C O L A Z IO N E M O N E T A R IA 89
luzione dell’economia politica classica, sono gli unici tenta
tivi di rappresentazione esatta dell’apparente caos del movi
mento complessivo della produzione e del consumo capita
listici, nel loro mutuo intreccio e nel loro spezzettarsi in u-
na molteplicità di produttori e di consumatori privati. En
trambi riducono l’intrico arruffato del movimento dei capi
tali singoli ad alcuni grandi rapporti semplici, ai quali è
ancorata la possibilità di esistenza e sviluppo della società
capitalistica nonostante il suo funzionamento anarchico e
sregolato. Entrambi, cioè, riuniscono i due presupposti che
stanno a base del movimento complessivo del capitale so
ciale: il fatto ch’esso è, come movimento di capitali, produ
zione e appropriazione di plusvalore, e insieme, come mo
vimento sociale, produzione e consumo di oggetti materiali
necessari all’esistenza civile dell’umanità. In entrambi, la
circolazione dei prodotti come circolazione di merci fa da
intermediario all’intero processo; in entrambi, il movimen
to del denaro segue in superficie il movimento della circo
lazione delle merci, come sua manifestazione esteriore.
Nella realizzazione pratica di questi criteri generali, il di
vario fra i due schemi è tuttavia notevole. Il Tableau di
Quesnay eleva bensì la produzione di plusvalore a pietra
angolare della riproduzione totale, ma concepisce il plusva
lore sotto la ingenua forma feudale della rendita fondiaria;
scambia dunque una parte per il tutto. Allo stesso modo,
fa della divisione materiale della massa del prodotto socia
le totale l ’altra pietra angolare della riproduzione sociale,
ma la concepisce sotto l’ingenua contrapposizione dei pro
dotti agricoli ai manufatti, scambia perciò differenze estrin
seche nelle sostanze sulle quali il lavoro umano si esercita
per categorie fondamentali del processo del lavoro umano.
In Marx, la produzione di plusvalore è intesa nella for
ma pura e generale, e perciò assoluta, della produzione ca
pitalistica. Nello stesso tempo, le condizioni materiali per
manenti della produzione vengono analizzate nella loro fon
damentale distinzione in mezzi di produzione e mezzi di
consumo, e il rapporto fra gli uni e gli altri viene ricondot
to a un rapporto esatto di valore.
Si chiederà: perché la soluzione del problema cosi felice-
90 I L P R O B L E M A D E L L A R IP R O D U Z IO N E
L A RIPR O D U Z IO N E A LLA RG A T A
1600 c + 800 V
1 Das Kapital, libro II, pp. 487-90 [sez. I ll, cap. XXI, 3, i° es.].
104 I L P R O B L E M A D E L L A R IP R O D U Z IO N E
A N A L IS I D E L L O SC H E M A
D E L L A R IPR O D U Z IO N E A LLA R G A T A IN M A R X
sezione II, circostanza che impone una verifica dei nessi in
terni dell’analisi.
Si potrebbe forse pensare che la scelta dell’esempio non
sia stata particolarmente felice. Lo stesso Marx, insoddisfat
to del primo schema, ne costruisce un altro, a chiarimento
del processo dell’accumulazione, in cui le cifre si presenta
no ordinate come segue:
I. 5000 c + 1000 v + 1000 p = 7000 1 totaje 0 0 0 i
II. 1430C+ 285 v + 283 p = 2000 J o a e 9
Come si vede, a differenza dell’esempio precedente, la
composizione del capitale è, nelle due sezioni, identica, cioè
il rapporto fra capitale costante e capitale variabile è di
5 : I. Il suo presupposto è uno sviluppo già avanzato della
produzione capitalistica e perciò della forza produttiva del
lavoro sociale; un sensibile, preesistente sviluppo della sca
la di produzione; infine, la maturazione di tutte le circo
stanze che determinano una sovrapopolazione relativa nella
classe lavoratrice. Non facciamo piu, come nel precedente
esempio, il primo passo dalla riproduzione semplice alla ri-
produzione allargata - che del resto ha un valore puramen
te teorico —, ma cogliamo il processo dell’accumulazione nel
suo svolgersi, ad un grado di evoluzione già abbastanza ele
vato. Ipotesi di questo genere sono perfettamente legitti
me, e non cambiano nulla alle regole che devono guidarci
nell’analisi dei singoli giri della spirale della riproduzione.
Anche qui, Marx prende come punto di partenza la capita
lizzazione della metà del plusvalore della sezione I :
«Poniamo che la classe capitalistica I consumi la metà
del plusvalore (= 500) e accumuli l’altra. Ne risulterebbe
che (1000 V + 300 p ) I = 1300 dovrebbero essere converti
ti in 1500 II c. Poiché II c è uguale soltanto a 1430, biso
gnerà aggiungervi 70 dal plusvalore: detratto 70 da 283
II p, rimane 213 II p . Otteniamo cosi:
« I . 5000C + 300P (da capitalizzare) + 1 3 0 0 { v + p ) in
fondo di consumo dei capitalisti e degli operai.
II. 1430 c + 70 p (da capitalizzare) + 283 v + 215 p. Poi-
1 Das Kapital, libro II, p. 491 [sez. I l l , cap. XXI, par. in , 2].
n o I L P R O B L E M A D E L L A RIPRO D UZIO N E
1 Prescindiamo qui dai casi in cui una parte del prodotto, per esempio
carbone nelle miniere di carbone, può rientrare direttamente, senza scambio,
nel processo produttivo. Nel complesso della produzione capitalistica, sono
questi, tuttavia, casi eccezionali. Cfr. K. MARX, Theorien über den Mehrwert,
vol. II, parte II, pp. 255 sgg. [trad. it. cit., vol. II, pp. 536 sgg.].
2 Das Kapital, libro II, p. 409 [sez. II, cap. XX, par. vin].
C A P IT O L O OTTAVO
L E S O L U Z IO N I T E N T A T E D A M A R X
Das Kapital, libro II, pp. 466-68 [sez. Ill, cap. XXI].
128 I L P R O B L E M A D E L L A RIPRO D UZIO N E
Das Kapital, libro II, p. 469 [sez. I ll, cap. XXI, par. x, 1].
130 I L P R O B L E M A D E L L A RIPR O D U ZIO N E
1 Das Kapital, libro II, p. 473 [sez. Ill, cap. XXI, par. 1, a],
2 Das Kapital, libro II, p. 474-
132 I L P R O B L E M A D E L L A RIPR O D U ZIO N E
1 Das Kapital, libro II, p. 477 [sez. Ill, cap. XXI, par. 1, 3].
L E SO LU Z IO N I T E N T A T E DA M A R X 135
ne di mezzi di sussistenza). Perciò l’accumulazione nei B, B'
ecc. porta già alla circolazione fra I e II: lo stesso svolgi
mento dell’analisi di Marx conferma che, se all’interno della
sezione II deve verificarsi accumulazione, dev’esservi alla
fine, direttamente o indirettamente, nella sezione mezzi di
sussistenza, un’aumentata richiesta di mezzi di produzione.
Gli acquirenti del prodotto addizionale della sezione I do
vranno dunque essere cercati qui, fra i capitalisti II.
In realtà il secondo tentativo fatto da Marx per risolvere
il problema punta sulla domanda dei capitalisti II. La loro
richiesta di mezzi di produzione addizionali può avere sol
tanto un senso: eh’essi aumentino il loro capitale costante
II c. Ma è proprio qui che tutta la difficoltà balza agli occhi:
«Ammettiamo che A (I) traduca in denaro il suo sovra-
prodotto vendendolo a B della sezione II. Ciò può avvenire
in un solo modo: che egli, dopo di aver venduto mezzi di
produzione a B (II), non compri mezzi di consumo; cioè so
lo mediante una vendita unilaterale da parte sua. Ma II c
può passare dalla forma di capitale merci alla forma natura
le di capitale costante produttivo all’unica condizione che
non soltanto I v ma anche una parte almeno di I p si scambi
contro una parte di II c, quest’ultimo esistente in forma di
mezzi di consumo; d ’altronde, A traduce in denaro il suo
I p solo se questo scambio non si verifica, cioè se A ritira
dalla circolazione il denaro ricavato dalla vendita del suo I
p a II, invece di convertirlo in acquisto di mezzi di consumo
II c. Ne segue che in A (I) ha bensì luogo la formazione di
un capitale monetario virtuale aggiunto, ma una parte di pa
ri grandezza di valore del capitale costante in B (II) rimane
immobilizzata sotto forma di capitale merci senza potersi
convertire nella forma naturale di capitale costante produt
tivo. In altri termini: una parte delle merci di B (II), e cioè,
prima facie, una parte senza vendere la quale gli è impossi
bile riconvertire in forma produttiva il suo capitale costan
te, è divenuta invendibile: nei suoi riguardi si verifica per
ciò una sovraproduzione che, anche rimanendo invariata la
scala, intralcia la riproduzione» '.
Das Kapital, libro II, p. 478 [sez. Ill, cap. XXI, 3].
136 I L P R O B L E M A D E L L A RIPRO D UZIO N E
1 Das Kapital, libro II, p. 309 [sez. Ill, cap. XVII, 1].
LA D IF F IC O L T À D E L P R O C E S S O D I C IRC O LA Z IO N E 15 1
1 Das Kapital, libro II, p. 318 [sez. II, cap. XVII, 2].
152 I L P R O B L E M A D E L L A RIPRO D UZIO N E
1 Das Kapital, libro II, p. 322 [sez. II, cap. XVII, 2].
IM I L P R O B L E M A D E L L A RIPRO D UZIO N E
1 [Trad. it. cit., vol. I, pp. 162-248; vol. II, pp. 391, 420, 317-42].
2 Cfr. ad esempio, Das Kapital, libro II, pp. 343, 424, 431.
Parte seconda
Esposizione storica del problema
Una prima schermaglia
Polemiche fra Sismondi-Malthus
e Say-Ricardo-MacCulloch
CAPITOLO DECIM O
1 H , P. 358-
i6 8 E S P O S IZ IO N E ST O R IC A D E L P R O B L E M A
1 I, XIX.
LA TEO R IA SISM O N D IA N A D E L L A RIPR O D U Z IO N E 169
s
C A P IT O L O U N D I C E S I M O
profoundly ignorant of all the laws which regulate the production and distri
bution of wealth». E, da Owen, MacCulloch passa a Sismondi, formulando
cosi la controversia: «He [Owen] conceives that when competition is un
checked by any artificial regulations, and industry permitted to flow in its
natural channels, the use of machinery may increase the supply of the seve
ral articles of wealth beyond the demand for them, and by creating an excess
of all commodities, throw the working class out of employment. This is the
position which we hold to be fundamentally erroneous; and as it is strongly
insisted on by the celebrated M. de Sismondi in his Nouveaux Principes
d’Economie Politique, we must entreat the indulgence of our readers while
we endeavour to point out its fallacy, and to demonstrate, that the power of
consuming necessarily increases with every increase in the power of pro
ducing» («Edinburgh Review», ottobre 1819, p. 470).
1 Non avendo potuto trovar l’originale, citiamo dalla 2* ed. dei Nou
veaux principes in cui fu riprodotto.
182 E S P O S IZ IO N E ST O R IC A D E L P R O B L E M A
nel tentativo di spiegare le vere e proprie crisi industriali con le crisi fittizie
del mercato librario a Lipsia, la tempesta nell’oceano con la tempesta in un
bicchier d’acqua, il grande uomo non ha fatto, come in tanti casi messi in
luce da Engels, che contrarre silenziosamente un debito con altri.
M A C C U L LO C H CONTRO SISM O N D I 185
bio fra diverse merci prodotte privatamente può essere av
viato sebbene le loro quantità, i loro costi di produzione, la
loro utilità sociale siano differenti, parte da due quantità
esattamente uguali di merci dello stesso costo di produzione
e della stessa necessità generale per la società. Insomma,
per dimostrare l’impossibilità di una crisi nell’economia pri
vata capitalistica, nell’economia non regolata, costruisce
una produzione strettamente pianificata in cui nessuna so-
vraproduzione si verifica.
Ma l’imbroglio maggiore risiede altrove. Il tema del di
battito era il problema dell’accumulazione. Ciò che tormen
tava Sismondi, e per cui egli tormentava Ricardo e i suoi
epigoni, era la domanda: dove trovare acquirenti per l’ec
cedenza di merci, se una parte del plusvalore, invece di es
sere consumata personalmente dai capitalisti, è capitalizza
ta, cioè impiegata all’allargamento della produzione al di
sopra del reddito della società? Che ne sarà del plusvalore
capitalistico, chi comprerà le merci in cui si annida? Questo
chiedeva Sismondi. E l’ornamento della scuola ricardiana,
il suo rappresentante ufficiale alla cattedra dell’università di
Londra, l’autorità massima sia per i ministri liberali inglesi
dell’epoca che per la City, il molto onorevole MacCulloch,
risponde costruendo un esempio in cui non si produce plus
valore! I suoi «capitalisti» si affannano nell’agricoltura e
nell’industria per puro amor cristiano: l’intero prodotto so
ciale, unito alla «eccedenza», basta appena per i bisogni dei
lavoratori, per i salari; «fittavolo» e «industriale» dirigono
affamati e nudi produzione e scambio.
Ha perciò ragione Sismondi di esclamare spazientito:
«Quando ci arrabattiamo a cercare che cosa avvenga del
l’eccedenza della produzione oltre il consumo dei lavorato
ri, non è lecito prescindere proprio dall’eccedenza che costi
tuisce il necessario utile del lavoro e la necessaria parte del
datore di lavoro».
Senonché, MacCulloch centuplica la sua disinvoltura pre
supponendo l’esistenza di «mille fittavoli» che si comporta
no con la stessa genialità di quell’uno, e di altrettanti «indu
striali»: inutile dire che lo scambio si svolge senza incon
venienti. Infine, fa raddoppiare la produttività del lavoro
i8 6 E S P O S IZ IO N E ST O R IC A D E L P R O B L E M A
1 È caratteristico che, eletto nel 1819 deputato, Ricardo, già famoso per
i suoi studi economici, scrivesse agli amici: «Sapete che sono entrato alla
Camera dei Comuni. Temo però di non esservi di grande utilità. Ho cercato
ben due volte di prender la parola, ma parlavo con gran trepidazione, e du
bito assai di poter vincere l’orgasmo che mi prende a sentir la mia voce».
Simili «orgasmi» quel chiacchierone di MacCulloch non li conosceva certo.
194 E S P O S IZ IO N E ST O R IC A D E L P R O B L E M A
den Mehrwert [trad. it. dt., vol. Ili, p. 56], si legge: «Escludo Sismondi
dal mio compendio storico, perché la critica delle sue opinioni rientra in
una parte che potrò trattare soltanto dopo questo scritto, cioè nel movimen
to reale del capitale (concorrenza e credito)». Un po’ piti avanti, tuttavia,
Marx dedica a Sismondi, in relazione a Malthus, un brano ch’è, pur nelle
sue grandi linee, esauriente: «Sismondi ha l’intima sensazione che la produ
zione capitalistica si contraddica; che le sue forme, i suoi rapporti di pro
duzione, da un lato spingano allo sfrenato sviluppo della forza produttiva e
della ricchezza; ma che dall’altro questi rapporti siano condizionati; che le
contraddizioni fra valore d’uso e valore di scambio, merce e denaro, acquisto
e vendita, produzione e consumo, capitale e lavoro salariato, ecc., assumano
dimensioni tanto più grandi, quanto piu si sviluppa la forza produttiva. Egli
sente specialmente la contraddizione principale: da un lato lo sfrenato svi
luppo della forza produttiva e l’accrescimento della ricchezza, che consta
nello stesso tempo di merci e deve essere trasformata in denaro; dall’altro,
come fondamento, la limitazione della massa dei produttori ai mezzi di sus
sistenza necessari. Quindi per lui le crisi non sono, come per Ricardo, sem
plici accidenti, ma esplosioni essenziali delle contraddizioni immanenti su
grande scala e in determinati periodi. A questo punto, egli resta continua-
mente indeciso: deve lo Stato porre vincoli alle forze produttive, per ren
derle adeguate ai rapporti di produzione, o porre vincoli ai rapporti di pro
duzione, per renderli adeguati alle forze produttive? Spesso si rifugia nel
passato; diventa laudator temporis acti e, con una diversa regolazione del
reddito in rapporto al capitale o della distribuzione in rapporto alla produ
zione, vorrebbe domare le contraddizioni, senza rendersi conto che i rappor
ti di distribuzione non sono che i rapporti di produzione sub alia specie.
Egli critica in maniera convincente le contraddizioni della produzione bor
ghese, ma non le capisce, e quindi non capisce neppure il processo della loro
dissoluzione. Ma, in fondo, egli intuisce che alle forze produttive sviluppa
tesi nel seno della società borghese, alle condizioni materiali e sociali della
creazione della ricchezza, devono corrispondere nuove forme d’appropriazio
ne di questa ricchezza; che le forme borghesi non sono che transitorie e
piene di contraddizioni, e che in esse la ricchezza assume sempre un’esisten
za antitetica e appare ovunque, nello stesso tempo, come il suo contrario. È
ricchezza, che ha sempre per presupposto la povertà e si sviluppa soltanto
perché sviluppa questa» (ibid., voi. Ill, sez. I, 3 [trad. it. cit., vol. Ili,
pp. 59-60]).
Nella Miseria della filosofia, Sismondi è spesso contrapposto a Proudhon,
ma esplicitamente se ne parla solo in un punto: «Quelli che, come Sismon
di, invocano un’equa proporzionalità della produzione, pretendendo però di
mantenere le basi attuali della società, sono dei reazionari, perché dovreb
bero, per esser conseguenti, sforzarsi di riportare a condizioni storiche passa
te anche le altre premesse dell’industria». Nella Critica dell’economia poli
tica Sismondi è citato di sfuggita, una volta come l’ultimo classico dell’eco
nomia politica borghese in Francia, come Ricardo in Inghilterra, e l’altra co
me colui che ha messo in luce contro Ricardo lo specifico carattere sociale
del lavoro produttore di valore. Infine, nel Manifesto dei Comunisti, è ricor
dato come esponente del socialismo piccolo-borghese.
CAPITOLO QUATTORDICESIM O
M A LTH U S
1 Voi. I, p. 99-
2 Ibid., p. I7J.
3 Ibid., p. 176.
4 Vol. II, p. 6.5.
230 E S P O S IZ IO N E ST O R IC A D E L P R O B LE M A
1 Vol. IV , p. 22 y
LA C R IT IC A D E L L A SC U O L A C L A S S IC A IN R O D B E R T U S 233
1 Vol. I l i , p. 182.
238 E S P O S IZ IO N E ST O R IC A D E L P R O B L E M A
1 Vol. I, p. 59.
C A P IT O L O D I C I A S S E T T E S I M O
1 Voi. I l i , p. 176.
L ’A N A L ISI D E L L A RIPRO D UZIO N E IN R O D B E R T U S 241
teoria secondo la quale i continui spostamenti nel rapporto
fra la domanda rappresentata dalla parte della classe lavo
ratrice e quella determinata dalla parte della classe capitali
sta, devono necessariamente provocare una sproporzione
cronica fra produzione e consumo: «Non avviene forse che
gli imprenditori cercano di tenersi nei limiti di quelle par
ti, ma per la grande maggioranza della società, per i lavora
tori, queste vengono continuamente ridotte da una forza
inavvertita e tuttavia irresistibile? Che, in tali classi, esse
si rimpiccioliscono nella stessa misura in cui la loro produt
tività cresce? Non avviene forse che i capitalisti, mentre si
basano nel regolare la produzione sulla grandezza passata
di quelle parti, producono tuttavia sempre di piu, e deter
minano così una costante insoddisfazione che finisce per
tradursi in arresto dello smercio?»
Le crisi andranno dunque spiegate così: il prodotto na
zionale consta di un certo numero di «merci ordinarie», co
me dice V. Kirchmann, per i lavoratori, e di un certo nume
ro di merci di maggior pregio per i capitalisti: il complesso
delle prime rappresentato dalla somma dei salari, il com
plesso delle seconde dal plusvalore totale. Se i capitalisti re
golano la produzione in base ad esse, e la produttività cre
sce, si determinerà immediatamente uno scompenso, giac
ché la parte dei lavoratori non è piu, oggi, quella di ieri, ma
minore; se ieri la domanda di «merci ordinarie» costituiva,
poniamo, sei settimi del prodotto nazionale, oggi non ne
costituisce che i cinque settimi, e gli imprenditori, che si e-
rano basati su sei settimi di «merci ordinarie», avranno la
spiacevole sorpresa di constatare che ne hanno prodotto un
settimo di troppo. Se poi, ammaestrati dall’esperienza, si
mettono in testa di regolare domani la produzione, in modo
da produrre soltanto cinque settimi dell’intero valore del
prodotto nazionale in «merci ordinarie», una nuova delu
sione li attende, perché dopodomani la parte del salario sul
prodotto nazionale non rappresenterà piu che quattro setti
mi, e così via.
Questa originale teoria fa sorgere subito una quantità di1
1 Vol. I, p. 206.
L ’A N A L ISI D E L L A RIPR O D U ZIO N E IN R O D B E R T U S 243
1 Vol. I, p. 19.
2 Vol. II, p. n o.
IO
244 E S P O S IZ IO N E ST O R IC A D E L P R O B L E M A
1 Vol. I, p. 250.
25 2 E S P O S IZ IO N E ST O R IC A D E L P R O B L E M A
_ 1 Vol. I, p. 295. Anche qui, Rodbertus rimasticò per tutta la vita le idee
già manifestate nel 1842 (Zar Erkenntnis unserer staatswirtschaftlichen Zu
stände): «Si è arrivati oggi fino a calcolare nei costi del podere non soltanto
il salario del lavoro, ma anche le rendite e il profitto. Questa concezione me
rita di essere criticata a fondo. Essa ha origine in: 1) una visione erronea del
capitale, per cui si calcola come capitale il salario del lavoro allo stesso titolo
delle materie prime e degli attrezzi, mentre in realtà si trova sulla stessa li
nea soltanto con le rendite e il profitto; 2) uno scambio fra costi del podere
e spese dell’intraprenditore, o costi di esercizio» (Zar Erkenntnis, G. Barne
witz, Neubrandenburg und Friedland 1842, p. 14).
* Vol. I, p. 304. Lo stesso nel Zar Erkenntnis: «Occorre distinguere il
capitale in senso stretto, o proprio, dal capitale in senso lato, 0 fondo d’in-
trapresa. Il primo comprende la scorta reale di attrezzi e materie prime, il
secondo l’intero fondo necessario, in base allo stato attuale della divisione
del lavoro, per l’esercizio di un’azienda. Il primo è il capitale assolutamente
necessario per la produzione, il secondo ha una necessità relativa solo per
effetto delle condizioni attuali. Solo il primo è perciò capitale in senso stret
to, e solo con esso coincide il concetto di capitale nazionale» (pp. 23-24).
L ’A N A L ISI D E L L A RIPR O D U ZIO N E IN R O D B E R T U S 253
1 V o l. I , p. 292.
254 ESPO SIZIO N E STORICA DEL PROBLEM A
1 Voi. I, p. 61.
256 ESPO SIZIO N E STORICA D EL PROBLEM A
1 Del resto, il peggior monumento gli è stato elevato dai suoi editori po
stumi. Questi dotti signori professor Wagner, dottor Kozack, Moritz Wirth,
e come diavolo si chiamano, che nelle prefazioni ai volumi inediti litigano
come un branco di servi villani in anticamera, mettono in piazza le loro pic
cole invidie e vanità e si insultano a vicenda coram populo, non si sono dati
la minima cura di stabilire la data di nascita dei manoscritti ritrovati di Rod
bertus. Hanno dovuto aspettare, per esempio, che Mehring insegnasse loro
che il piu antico manoscritto inedito di Rodbertus non è del r837, come il
professor Wagner aveva sovranamente deciso che fosse, ma al massimo del
r839, giacché proprio nelle prime righe vi si parla di circostanze storiche del
movimento cartista che, come un professore di economia politica avrebbe al
meno il dovere di sapere, risalgono al 1839. Il professor Wagner, che nelle
sue prefazioni a Rodbertus ci soffoca con le sue arie d’importanza e col suo
«terribile da fare», e solo coi suoi «colleghi di specialità» parla dall’alto
del pulpito, ha, da grand’uomo, incassato in silenzio l’elegante lezione da
tagli da Mehring al cospetto dei suoi compari. Altrettanto silenziosamente il
professor Diehl, nello Handwörterbuch der Staatswissenschaften, corresse la
L ’ANALISI DELLA RIPRODUZIONE IN RODBERTUS 257
data 1837 in 1839 senza spiegare neppure con una sillaba quando e da chi
avesse ricevuto quel chiarimento.
Ma il colmo è raggiunto dalla «nuova edizione riveduta» e «per il popo
lo», pubblicata da Puttkammer e Mühlbrecht nel 1899, che riunisce in buo
na armonia alcuni dei signori editori leticanti e, nelle prefazioni, le loro mi
serabili beghe; edizione in cui il precedente vol. II di Wagner diventa vol. I,
ma, nella prefazione al III, Wagner continua tranquillamente a parlare di
«vol. II»; in cui la Prima lettera sociale finisce nel vol. Ili, la seconda e la
terza nel II, la quarta nel I; in cui la successione di Soziale Briefe, Kontro
versen, parti di Zur Beleuchtung, rapporti logici e cronologici, date di pub
blicazione e date di nascita degli scrittori, formano un caos inestricabile co
me gli strati della crosta terrestre dopo un’eruzione vulcanica, e in cui - nel
1899 - per amore del professor Wagner la data del piu antico studio di Rod
bertus è riportata al 1837, sebbene l’intervento di Mehring fosse già avvenu
to nel 1894. Si confronti invece l’edizione delle opere inedite di Marx ad
opera di Mehring e Kautsky, e si constaterà il diverso modo di trattare anche
questioni apparentemente secondarie: cosi si cura il patrimonio scientifico
del Maestro del proletariato cosciente, e cosi i luminari ufficiali della cultura
borghese manipolano il retaggio ideologico di quello che la loro interessata
leggenda definisce un «genio di prima grandezza». Suum cuique era il motto
di Rodbertus...
258 ESPO SIZIO N E STORICA D EL PROBLEM A
CAPITOLO D IC IO TTESIM O
[ Lenin].
264 ESPO SIZIO N E STORICA DEL PROBLEM A
NIKOLAJ-ON
mente di far capire a Nikolaj-on che per la Russia lo sviluppo della grande
industria era inevitabile e che le sofferenze di quel paese non erano se non i
tipici contrasti del capitalismo. Scrive il 22 settembre 1892: «Io sostengo
che, ai nostri giorni, produzione industriale significa grande industria, con
vapore, elettricità, filatoi e telai automatici e, infine, macchine che produco
no macchine. Dal momento che la Russia ha introdotto le ferrovie, l’intro
duzione di questi moderni mezzi di produzione le si è imposta come necessi
tà inderogabile. Voi dovete riparare le vostre locomotive, i vostri vagoni, i
vostri tronchi ferroviari, e potete farlo a buon mercato solo mettendovi in
grado anche di costruire in casa vostra ciò che intendete riparare. Dal mo
mento che la guerra come tecnica è divenuta un ramo particolare della gran
de industria (corazzate, artiglieria pesante, cannoni e fucili a ripetizione e a
fuoco rapido, pallottole con rivestimento di acciaio, polvere senza fumo
ecc.), la grande industria senza la quale nessuna di queste cose si può fabbri
care è divenuta una necessità politica. Non si può produrre nulla di tutto
ciò senza un’industria metalmeccanica altamente sviluppata; e questa è im
possibile senza uno sviluppo corrispondente in tutte le altre branche indu
striali, specialmente in quella tessile».
E piu avanti nella stessa lettera: «Finché l’industria russa si limita a
rifornire il mercato interno, la sua produzione non può soddisfare che il con
sumo nazionale; ma questo può crescere solo lentamente e, date le odierne
condizioni della Russia, dovrebbe perfino ridursi. Uno dei fenomeni che ac
compagnano necessariamente lo sviluppo della grande industria, è che que
sta distrugge il proprio mercato interno con lo stesso processo mediante il
quale lo crea. Lo crea distruggendo le basi dell’industria domestica contadi
na; e senza industria domestica i contadini non possono vivere. Come colti
vatori essi sono rovinati, il loro potere d’acquisto viene ridotto al minimo;
e, finché non si saranno adattati alle nuove condizioni di esistenza come
proletari, costituiscono per le fabbriche nascenti un mercato da poco.
«La produzione capitalistica, essendo una fase transitoria, è irta di con
traddizioni intrinseche, che si svolgono e appaiono evidenti man mano che
essa si sviluppa. Una di tali contraddizioni è appunto la tendenza a distrug
gere il proprio mercato interno nell’atto stesso in cui lo crea. Un’altra è la
via senza uscita alla quale essa porta, e che, in un paese senza mercato este
ro come la Russia, si profila prima ancora che in paesi piti o meno in grado
di competere sul mercato mondiale. Per questi, tale situazione senza sbocco
apparente si risolve in cataclismi commerciali, cioè nell’apertura di nuovi
NIKOLAJ-ON 279
“ baionette e knut” [come i rivoluzionari populisti imma
ginavano che avrebbe fatto. R. L .]... Sotto la pressione del
le imposte e dell’usura la proprietà comune del suolo ces
sa d ’essere un bene, per diventare una catena. I contadini
spesso l’abbandonano, con o senza famiglia, per trovar la
voro come operai vaganti, e lasciano la terra. Come si vede,
la proprietà comune in Russia ha da tempo chiuso il suo pe
riodo di fioritura e con tutta probabilità scivola verso la de
cadenza». Cosi, Engels, diciotto anni prima del fondamen
tale scritto di Nikolaj-on, aveva, nella questione déü’obsêi-
na, afferrato il toro per le corna '. Quando Nikolaj-on rievo-
mercati con la forza; ma anche cosi, è evidente che ci si muove in un circolo
vizioso. Prendete l’Inghilterra. L’ultimo mercato nuovo che possa alimenta
re una ripresa almeno temporanea della sua prosperità è la Cina; ecco perché
il capitale inglese insiste per costruirvi ferrovie. Ma queste significano la di
struzione delle fondamenta della piccola agricoltura e dell’industria dome
stica patriarcale e, in Cina, dove manca il controveleno di una grande indu
stria indigena, centinaia di individui sono ora minacciati di indigenza com
pleta. L ’effetto sarà un’emigrazione in massa come il mondo non ne ha mai
viste; un’inondazione dell’America, dell’Europa e dell’Asia da parte degli
odiati Cinesi; una loro concorrenza con la manodopera americana, australia
na ed europea, sulla base del concetto cinese di un livello di vita tollerabile,
che è notoriamente il piu basso di tutto il mondo; finché il sistema di pro
duzione, se non sarà già stato rivoluzionato, lo sarà per forza di cose» [trad,
russa delle lettere di Marx ed Engels a Nikolaj-on, a cura di G. Lopatin,
Pietersburg 1908, p. 79; qui riprodotte da m a r x -e n g e l s , India, Cina, Rus
sia, Il Saggiatore, 2a ed., Milano 1965, pp. 265, 266-67]. Pur seguendo at
tentamente lo sviluppo della situazione russa e interessandovisi vivamente,
Engels rifiutò tuttavia di immischiarsi in alcun modo nella polemica. In una
lettera del 24 novembre 1894, di poco anteriore alla sua morte, cosi diceva:
«I miei amici russi mi tempestano quasi ogni giorno e ogni settimana di
inviti a intervenire contro riviste e libri russi nei quali le parole del nostro
autore [cosi Engels chiama Marx nell’epistolario] sono non soltanto inter
pretate a sproposito, ma citate scorrettamente; e mi si assicura che bastereb
be il mio intervento per mettere le cose in chiaro. Io, invece, rispondo co
stantemente picche, non potendo, senza interrompere l’attività seria, lasciar
mi trascinare in una polemica condotta in un paese lontano, in una lingua
che non conosco correntemente come le lingue a me piu note dell’Occidente
europeo, e in una letteratura della quale non mi capitano sott’occhio che ca
suali frammenti, senza permettermi di seguire la discussione in modo siste
matico e serio in tutte le sue fasi e particolarità. V’è un po’ dappertutto gen
te che, una volta presa una posizione, non si perita, per difenderla, di ricor
rere alla falsificazione del pensiero altrui e alle manipolazioni piu sfrontate,
e se ciò è accaduto per il nostro autore, temo forte che finirebbe per accadere
anche per me, ed io sarei costretto a intervenire nel dibattito prima per la
difesa altrui, poi per la mia» {ibid., p. 90).
1 [Per una raccolta praticamente completa degli articoli, lettere e giudizi
sulle prospettive di evoluzione economica della Russia dopo il i860, cfr. In
dia, Cina, Russia, pp. 211-304].
28o ESPO SIZIO N E STORICA D EL PROBLEM A
1 Del resto, nonostante tutto ciò che è avvenuto in Russia, i teorici so
pravvissuti del pessimismo populista, come Voroncov, sono rimasti fedeli
fino all’ultimo alle loro concezioni, cosa che fa più onore al loro carattere
che al loro cervello. Nel 1902, riferendosi alla crisi 1900-902, V. V. scrive
va: «La teoria dogmatica del neomarxismo perde rapidamente la sua influen
za sugli spiriti, e la mancanza di radici dei piu recenti successi dell’indivi
dualismo è apparsa chiara anche ai suoi apologeti ufficiali... Così, nel primo
decennio del secolo xx, torniamo alla stessa interpretazione dello sviluppo
economico della Russia che la generazione dell’ottavo decennio del seco
lo XIX aveva lasciato in eredità alle generazioni successive» (cfr. la rivista
«L ’economia popolare», ottobre 1902, cit. in A. finn -enotaevskij, L’attuale
economia russa, Petersburg 1911, p. 2). Gli ultimi mohicani della populiste-
ria concludono, invece che alla «mancanza di radici» della propria teoria,
alla «mancanza di radici» della... realtà economica - vivente smentita alla
frase di Barère: «Il n’y a que les morts qui ne reviennent pas».
CAPITOLO V EN TU N ESIM O
L E « T R E P E R S O N E » E I T R E IM P E R I MONDIALI
DI STR U V E
BULGAKOV E IL SUO «C O M P L E T A M E N T O »
D E L L ’A N A LISI MARXIANA
vero». Sombart si scaglia con sdegno contro l’ipotesi di una crescente divi
sione internazionale del lavoro, di un crescente bisogno di mercati esteri di
sbocco non essendo il mercato interno passibile di allargamento, ed è con
vinto che «le singole economie nazionali diventino sempre piu completi
microcosmi, e che per tutte le attività produttive il mercato interno superi
sempre piu in importanza il mercato mondiale» (Die deutsche Volkswirt
schaft im neunzehnten Jahrhundert, 2* ed., 1909, pp. 399-420). Questa mi
rabolante scoperta presuppone naturalmente che si accetti il bizzarro schema
elaborato dal professore secondo cui, non si sa bene perché, paese esporta
tore è solo quello che paga le sue importazioni con l’eccedenza di prodotti
agricoli sopra il fabbisogno proprio. Secondo questo schema, Russia, Rume-
nia, Stati Uniti, Argentina, sono «paesi esportatori»; Germania, Inghilterra
e Belgio no! E poiché presto o tardi l’evoluzione capitalistica dovrà assorbire
l’eccedenza di prodotti agricoli, ai fini del fabbisogno interno, anche in Rus
sia e negli Stati Uniti, il numero dei «paesi esportatori» va sempre piu ridu
cendosi e l’economia mondiale sparisce. Un’altra scoperta di Sombart è che
i grandi paesi capitalistici non «esportatori» ricevono le loro importazioni
sempre pili «gratuitamente», come interessi sui capitali esportati. Ma per il
professor Sombart neppur l’esportazione di capitali conta: «Giungeremo col
tempo a importare senza esportare» (ibid., p. 422). Moderno, sensazionale e
spiritoso!
3OO ESPO SIZIO N E STORICA D EL PROBLEM A
LA «SP R O P O R Z IO N A LIT À »
D EL SIG. TUGAN-BARANOVSKIJ
12
308 ESPOSIZIONE STORICA DEL PROBLEMA
non corrisponda alla realtà. Secondo: l ’aumento del consumo, al quale Kaut
sky si riferisce, è a sua volta non base e fine della riproduzione allargata ma
sua conseguenza, e deriva essenzialmente dall’aumentato capitale variabile,
dal crescente impiego di nuovi lavoratori. Ma il mantenimento di questi la
voratori non può essere considerato fine e compito dell’allargamento della
riproduzione, come non può esserlo d’altronde il crescente consumo perso
nale dei capitalisti. Le osservazioni di Kautsky demoliscono dunque il gio
chetto di Tugan consistente nel costruire una riproduzione allargata nel qua
dro di una diminuzione assoluta del consumo, ma non toccano la questione
fondamentale dei rapporti fra produzione e consumo dal punto di vista del
processo di riproduzione. È vero che in altra parte dello stesso articolo si
legge: « I capitalisti e i lavoratori da essi sfruttati costituiscono un mercato
dei prodotti di consumo della grande industria capitalistica, che, se cresce
continuamente con l’aumento della ricchezza dei primi e del numero dei se
condi, non cresce però con la stessa rapidità dell’accumulazione del capitale
e della produttività del lavoro, e perciò non basta per se stesso a smaltirli.
I mezzi di consumo di cui sopra devono perciò trovare un mercato supple
mentare fuori del proprio raggio, nelle professioni e nelle nazioni non-capi-
talistiche. Questo mercato essi lo trovano e lo dilatano sempre piu, ma non
con la rapidità che sarebbe necessaria. Infatti questo mercato addizionale
non possiede minimamente l’elasticità e capacità di allargamento propria del
processo di produzione capitalistico. Appena la produzione capitalistica è
divenuta una grande industria sviluppata, com’è accaduto in Inghilterra già
nel primo quarto del secolo xix, le si rende possibile un allargamento tal
mente vertiginoso, che ben presto supera di gran lunga l ’allargamento del
mercato. Perciò ogni periodo di prosperità seguito ad un sensibile allarga
mento del mercato è destinato in partenza a breve vita, e sua fine inevitabile
è la crisi. Questa, a grandi tratti, la teoria delle crisi fondata da Marx e ac
cettata in generale dai marxisti “ ortodossi” » (ibid., p. 80). Ma Kautsky
non si preoccupa di conciliare questa concezione della realizzazione del pro
dotto totale con lo schema della riproduzione allargata in Marx, forse per
ché, come dimostra anche la citazione, affronta il problema sotto il puro an
golo visuale delle crisi, cioè dal punto di vista del prodotto sociale come
massa indifferenziata di merci nella loro quantità complessiva, invece che da
quello della sua articolazione nel processo di riproduzione.
A quest’ultimo problema sembra avvicinarsi L. Boudin nella sua brillan
te critica di Tugan-Baranovskij: «Il sovraprodotto generato nei paesi capita
listici non ha - con qualche eccezione citata più avanti - frenato nel loro
moto gli ingranaggi della produzione non perché questa sia stata più abil
mente distribuita nelle diverse sfere o perché dalla produzione di cotonate
si sia passati a una produzione di macchine, ma perché, in base al fatto che
alcuni paesi si sono evoluti in senso capitalistico prima di altri e anche oggi
ne rimangono che non hanno subito tale evoluzione, i paesi capitalistici han
no un mondo esterno in cui possono gettare i prodotti da loro non consuma
bili, sia che si tratti di cotonate o di articoli in ferro. Con ciò non si vuol
dire che il passaggio dalla produzione di cotonate a quella di prodotti side-
3IO ESPOSIZIONE STORICA DEL PROBLEMA
rurgici come merce dominante dei maggiori paesi capitalistici sia senza im
portanza: al contrario. Ma è un’importanza del tutto diversa da quella che
Tugan-Baranovskij le attribuisce. Essa mostra il principio della fine del ca
pitalismo. Finché i paesi capitalistici esportavano merci per il consumo, il
capitalismo in quei paesi aveva ancora qualche speranza: non ci si chiedeva
quale ampiezza e durata potesse avere la capacità di assorbimento dei paesi
non capitalistici in merci prodotte capitalisticamente. L ’aumento del peso
dei prodotti metallurgici nell’esportazione dei principali paesi capitalistici a
danno dei beni di consumo mostra che regioni un tempo estranee al capita
lismo, e perciò fungenti da sbocco del suo plusprodotto, sono state assorbite
nell’orbita del capitalismo e, sviluppando un’industria capitalistica locale,
producono i beni di consumo a loro necessari. Oggi, trovandosi allo stadio
iniziale della propria evoluzione capitalistica, hanno ancora bisogno delle
macchine prodotte dalle antiche industrie capitalistiche, ma ben presto que
sto bisogno cesserà, ed essi le produrranno allo stesso modo che hanno co
minciato a produrre cotonate ed altri articoli di consumo. Allora, non sol
tanto cesseranno di rappresentare un luogo di assorbimento del sovraprodot-
to dei paesi capitalistici veri e propri, ma produrranno a loro volta un sovra-
prodotto che ben difficilmente potranno consumare nel proprio ambito»
(.Mathematische Formeln gegen Karl Marx, in «Die Neue Zeit», anno xxv,
I, p. 604). Boudin affonda qui lo sguardo nei grandi intrecci dello sviluppo
internazionale del capitalismo, e, piu avanti, affronta logicamente il proble
ma dell’imperialismo. È un peccato che la sua analisi acuta scivoli verso la
fine su un terreno falso, raggruppando l ’intera produzione bellica e il siste
ma dell’esportazione internazionale dei capitali verso paesi non capitalistici
sotto il concetto di «spreco». Importa d’altronde stabilire che tanto Boudin
quanto Kautsky considerano la legge del pili rapido sviluppo della sezione
mezzi di produzione in confronto alla sezione mezzi di consumo un errore di
Tugan-Baranovskij.
« SPROPORZIONALITÀ» DI TUGAN-BARANOVSKIJ 3 11
za non col lavoro vivo ma solo con la parte pagata del lavo
ro vivo. Il limite minimo di impiegabilità della macchina
nella produzione capitalistica è dato dai costi della forza-la
voro da essa cacciata. Ciò significa che per i capitalisti una
macchina assume interesse solo quando i suoi costi di pro
duzione —a parità di rendimento —sono piu bassi dei salari
dei lavoratori da essa eliminati. Dal punto di vista del pro
cesso lavorativo sociale, l’unico che in una società socialista
può decidere, la macchina dovrà entrare in concorrenza
non col lavoro necessario al mantenimento dei lavoratori,
ma col lavoro da essi erogato. Ciò vuol dire che per una so
cietà in cui sono decisivi criteri non di profitto ma di ri
sparmio del lavoro umano, l’impiego della macchina si pre
senta come economico già quando la sua produzione costa
meno lavoro di quanto risparmia in lavoro vivo. Prescin
diamo dal fatto che in molti casi, in cui entrano in conside
razione la salute e interessi simili degli operai, l’impiego
della macchina può imporsi anche quando non raggiunge
questo limite minimo di risparmio: comunque, lo scarto fra
l’impiegabilità economica della macchina nella società capi
talistica e in quella socialista è perlomeno uguale alla diffe
renza fra il lavoro vivo e la parte pagata di esso, cioè può
essere esattamente misurato dall’intero plusvalore capitali
stico. Ne segue che, eliminati gli interessi capitalistici al
profitto e introdotta un’organizzazione sociale del lavoro,
il limite all’impiego delle macchine si sposta di colpo per
tutta la grandezza del plusvalore capitalistico, e alla loro
trionfale marcia di conquista si apre un campo immenso.
Dovrebbe dunque apparir evidente che il modo di produ
zione capitalistico, che si pretende stimoli lo sviluppo mas
simo della tecnica, in realtà crea con l’interesse capitalistico
al profitto un alto limite sociale al progresso tecnico, e che,
eliminata questa barriera, il progresso tecnico prenderà u-
no slancio in confronto al quale i miracoli tecnici della pro
duzione capitalistica appariranno come giochi da ragazzi.
Espresso nella composizione del prodotto sociale, que
sto rivoluzionamento tecnico può significare soltanto che la
produzione di mezzi di produzione —misurata in tempo di
lavoro - crescerà in modo incomparabilmente piu rapido
314 ESPOSIZIONE STORICA DEL PROBLEMA
I L PU N TO D I APPRO DO
D E L M A R X IS M O « L E G A L E » R U S S O
schio della vita per gli ideali di una società chiamata a col
locare il fine (l’uomo) al di sopra del mezzo (la produzione),
l’«individuo» si diede alla macchia e trovò in Kant il suo
appagamento filosofico e morale. I marxisti legali russi fini
rono praticamente dove la loro posizione teorica li portava:
nel campo delle «armonie» borghesi.
Parte terza
Le condizioni storiche dell’accumulazione
C A P IT O L O V E N T IC IN Q U E SIM O
Vol. II, parte II, p. 263 [trad. it. cit., vol. II, p. 344].
CONTRADDIZIONI DELLA RIPRODUZIONE ALLARGATA 325
Primo anno:
I. 3000 c + 1000 v + 1000 p = 7000 (mezzi di prod.)
II. 1430 c + 2831;+ 283 p = 2000 (mezzi di cons.)
Secondo anno:
I. 3428% c + i o 7 I% z> + i o 83 p = 7383 (mezzi di prod.)
II. 1387%«:+ 3ii%t >+ 316 p = 2213 (mezzi di cons.)
Terzo anno:
I. 3903 c + 1139 r>+ 1173 p = 8213 (mezzi di prod.)
IL 1726C+ 3311;+ 342 p = 2399 (mezzi di cons.)
Quarto anno :
I. 6424 c + 1203 v + 1271 p = 8900 (mezzi di prod.)
II. 1879 c + 330 v + 371 p = 2600 (mezzi di cons.)
1 T h e o rie n ü b e r d en M e h rw e rt, vol. II, parte II, p. 2,52 [trad. it. eit.,
vol. II, p. 534].
336 LE CONDIZIONI STORICHE D ELL’ACCUMULAZIONE
1 D a s K a p it a l, libro III, parte I, pp. 224 sgg. [cap. XV, 1, Legge della
caduta tendenziale del saggio del profitto].
CONTRADDIZIONI DELLA RIPRODUZIONE ALLARGATA 339
della società esca dai suoi «rapporti antagonistici di distri
buzione». Questo sviluppo automatico dell’allargamento,
della accumulazione è, si, «legge per la produzione capitali
stica... sotto pena di rovina»; ma, secondo l’analisi del III
libro, «il mercato deve essere continuamente allargato», e-
videntemente oltre il consumo dei capitalisti e dei lavora
tori. E se Tugan-Baranovskij prende la frase di Marx im
mediatamente successiva: «L a contraddizione interna cer
ca di compensarsi mediante allargamento del campo ester
no della produzione» e la interpreta nel senso che Marx ab
bia voluto intendere con «campo esterno della produzione»
la produzione medesima, egli violenta in tal modo non sol
tanto il senso letterale ma anche il chiaro ragionamento di
Marx. Il «campo esterno della produzione» è qui indubbia
mente non la produzione medesima ma il consumo, che
«deve essere continuamente allargato». Che Marx inten
desse dir questo e non altro lo mostra, fra l’altro, il seguen
te passo delle Theorien über den Mehrwert: «Ricardo ne
ga quindi conseguentemente la necessità di un allargamen
to del mercato con l’allargamento della produzione e l’au
mento del capitale. Tutto il capitale esistente in un paese
può essere vantaggiosamente impiegato in questo paese. E-
gli polemizza quindi contro A. Smith il quale, da un lato,
ha sostenuto la sua (di Ricardo) opinione» *.
E, a dimostrazione che a Marx l ’idea di Tugan-Baranov
skij di una produzione per la produzione era del tutto estra
nea, valga un altro passo: « D ’altronde, come abbiamo vi
sto (libro II, sezione III), ha luogo fra capitale costante e
variabile (anche prescindendo dall’accumulazione accelera
ta) una circolazione continua che è indipendente dal consu
mo individuale in quanto non si risolve in esso, ma ne è in
ultima analisi limitata in quanto la produzione di capitale
costante non avviene mai per amore di se medesima, ma so
lo perché se ne richiede di più nelle branche produttive i
cui prodotti passano nel consumo individuale»12.
Secondo lo schema del libro II, al quale Tugan-Baranov-
1 Theorien über den Mehrwert, vol. II, parte II, p. 305 [trad. it. cit.,
vol. II, p. 579].
2 Vas Kapital, libro III, parte I, p. 289.
13
340 L E CONDIZIONI STORICHE D ELL’ACCUMULAZIONE
L A R IPR O D U Z IO N E D E L C A P IT A L E
E I L SU O A M B IE N T E
cui manufatti cotonieri 1300 milioni di marchi pari al 28%, ferro e prodotti
metallurgici 22%.
Si confrontino le cifre per la Germania:
1898: esportazione complessiva 4010 milioni di marchi, di cui manufatti
cotonieri 23t,9 milioni di marchi pari al 3,75%.
Inoltre, su 5,25 miliardi di yarde di cotonate, 2,25 miliardi esportati nel
1898 etano diretti verso l ’India anteriore (e. jaffé, V ie e n g lisc h e B a u m
w o llin d u str ie u n d d ie O rg a n isa tio n d e s E x p o r th a n d e ls, in «Schmollers Jahr
bücher», XXIV, p. 1033).
Nel t9o8 l ’esportazione dall’Inghilterra dei soli filati di cotone raggiunse
i 262 milioni di marchi («Statist. Jahrb. für das Deutsche Reich», 1920).
1 Per esempio, un quinto dei coloranti derivati dal catrame e la metà del
l’indaco prodotti in Germania vanno in paesi come Cina, Giappone, Indie
Britanniche, Egitto, Turchia asiatica, Brasile, Messico.
RIPRODUZIONE DEL CAPITALE E SUO AMBIENTE 347
1 Le recenti rivelazioni del Libro Azzurro inglese sulla prassi della Pe
ruvian Amazon Co. Ltd. a Putumayo hanno mostrato come il capitale inter
nazionale sappia, nella libera repubblica del Perii, legare a sé in un rapporto
che rasenta la schiavini la popolazione indigena anche senza la forma politi
ca del predominio coloniale, per arraffare dai paesi primitivi mezzi di produ
zione attraverso una forma di pirateria in grande stile. Dal 1900, la suddetta
società di capitalisti inglesi ed esotici ha gettato sul mercato londinese circa
4000 tonnellate di caucciù del Putumayo. Nello stesso tempo, 30 mila nativi
sono stati uccisi, e la maggioranza dei io mila sopravvissuti ridotti a zoppi.
354 LE CONDIZIONI STORICHE D ELL’ACCUMULAZIONE
LA L O T T A CONTRO L ’ECO N O M IA N A T U R A L E
14
372 LE CONDIZIONI STORICHE DELL’ACCUMULAZIONE
piute dai francesi sul suolo algerino, dal peso delle imposte
e dall’indebitamento da esso provocato, si dichiarava unica
medicina il completo abbandono degli arabi in balia degli
usurai. Questa beffa fu sottoposta con perfetta serietà al
l ’Assemblea e con altrettanta serietà approvata dal degno
consesso. La spudoratezza dei «vincitori» della Comune
parigina celebrava le sue orge trionfali.
Due argomenti servirono soprattutto, nell’Assemblea Na
zionale, a varare la nuova legge. Gli stessi arabi, ripeterono
su tutti i toni i difensori del progetto, desideravano la sol
lecita introduzione della proprietà privata. Ed era vero: la
desideravano gli speculatori e gli usurai locali, urgentemen
te interessati a «liberare» le loro vittime dalla fascia protet
tiva delle tribù e dalla loro solidarietà. Infatti, vigendo in
Algeria il diritto musulmano, il pignoramento della terra
trovava un ostacolo insormontabile nell’inalienabilità dei
beni familiari e gentilizi. Solo la legge del 1863 aveva aper
to una piccola breccia in questi tradizionali rapporti: si trat
tava ora di rimuovere ogni ostacolo per lasciar mano libera
all’usuraio. Il secondo argomento era di natura «scientifi
ca», e lo si attinse allo stesso arsenale ideologico dal quale
il degno James Mill aveva derivato la sua incomprensione
per i rapporti di proprietà dell’India: l’economia politica
classica inglese. La proprietà privata è la necessaria premes
sa di una piu intensiva e razionale lavorazione del suolo,
l’unico mezzo per eliminare la carestia, essendo chiaro che
nessuno vorrà mai investire capitale o lavoro intensivo in
un terreno che non gli appartiene e i cui frutti non saranno
goduti esclusivamente da lui —declamarono con enfasi i di
scepoli scientificamente ferrati di Smith e Ricardo. Ben al
tro linguaggio parlavano i fatti. Essi dicevano che gli specu
latori francesi sfruttavano la proprietà privata creata in Al
geria per ben altro scopo che per una coltivazione piu in
tensiva e tecnicamente perfezionata del suolo. Dei 400 mila
ettari di terra appartenenti nel 1873 ai francesi, 120 mila si
trovavano in mano di due società capitalistiche, la Compa
gnia Algerina e la Setif, che, lungi dal coltivare esse stesse i
loro fondi, li riaffittavano ad indigeni, i quali, a loro volta,
li lavoravano coi metodi tradizionali: un quarto dei rima
LA LOTTA CONTRO L ’ECONOMIA NATURALE 381
1 Un editto imperiale del terzo giorno dell’ottava luna del decimo anno
Hsien-Feng (6 settembre i860) dice fra l’altro:
«Non abbiamo mai proibito né all’Inghilterra né alla Francia di com
merciare con la Cina, e per molti anni fra noi e loro è regnata la pace. Ma
tre anni fa gli inglesi sono penetrati con brutti propositi nella nostra città
di Canton e hanno imprigionato i nostri funzionari. Non chiedemmo allora
riparazioni perché fummo costretti ad ammettere che la cocciutaggine del vi
ceré Yeh aveva prestato il fianco all’attacco nemico. Due anni fa, il capo-bar
baro Elgin si spinse verso nord e noi ordinammo al viceré di Chihli, T ’an
Ting-Hsiang, di esaminare bene la situazione prima di passare a trattative.
Ma il barbaro sfruttò la nostra impreparazione, assaltò i forti di Taku e
giunse davanti a Tientsin. Preoccupati di risparmiare al nostro popolo gli
orrori della guerra, non chiedemmo neppure questa volta riparazioni e ordi
nammo al Kuei-Liang di trattare la pace. Nonostante le svergognate richieste
dei barbari, ordinammo al Kuei-Liang di recarsi a Scianghai in vista del pro
posto trattato di commercio e autorizzammo perfino la sua ratifica come se
gno della nostra bona fides.
«Ciò nonostante, il capo-barbaro Bruce mostrò di nuovo una sragionevo
le intransigenza, e apparve nell’ottava luna, con una squadra di navi da guer
ra, nella rada di Taku. Ma Seng Ko Liu Ch’in passò ad un rabbioso contrat
tacco e lo obbligò a ritirarsi precipitosamente. Da quanto sopra appare chia
ro che la Cina non ha rotto nessun patto e che il torto è dalla parte dei bar
bari. Nel corrente anno i capi-barbari Elgin e Gros sono nuovamente apparsi
sulle nostre coste, ma la Cina, aliena dal prendere provvedimenti estremi, ha
permesso loro lo sbarco e la visita a Pechino per la ratifica del trattato.
«Chi avrebbe potuto credere che per tutto questo tempo i barbari non
avevano fatto che tessere intrighi, e portavano seco un esercito di soldati e
di artiglierie con cui hanno preso alle spalle i forti di Taku e, cacciatane la
guarnigione, hanno marciato su Tientsin?» (China unter der Kaiserin-Wit
we, Berlin 1912, p. 25. Cfr. anche, nello stesso libro, il capitolo La fuga ver
so Jebol).
2 Le operazioni degli eroi europei per l’apertura della Cina allo scambio
delle merci si intrecciano anche con un bel frammento della storia interna
della Cina. Fresco del sacco del palazzo d’estate della dinastia mancese, il
« Gordon cinese» si lanciò nella campagna contro i ribelli Taiping e nel 1863
390 LE CONDIZIONI STORICHE DELL’ACCUMULAZIONE
L A L O T T A CONTRO L ’E CO N O M IA CONTADINA
1 «The necessity of the situation, the critical state of the country, the
urgent need of revenue, may have justified this haste, which, it is safe to
say, is unexampled in the history of civilized countries» (f . w. taussig ,
The Tariff History of the United States, p. 168).
LA LOTTA CONTRO L ’ECONOMIA CONTADINA 399
già lavorata in forma di tela o di vestito. I suoi abiti il farm
er non li fa piu cucire in casa, ma li compra in città. Invece
di fabbricarsi gli attrezzi agricoli necessari, va a comprarli
al mercato; compra corde e canapi, stoffe e abiti, frutta con
servata e lardo, carne e prosciutto; compra oggi quasi tutto
ciò che ieri produceva, e ha perciò bisogno di un mucchio di
denaro. Soprattutto strano è questo: mentre prima la casa
dell’americano era libera e senza debiti, e non in un caso
su mille la si ipotecava per ottenere un prestito in denaro,
mentre, occorrendo poco denaro per la conduzione del fon
do, fra i contadini il denaro non mancava mai, ora che ne
occorre dieci volte tanto ce n’è poco o nulla. Circa la metà
delle fattorie hanno contratto debiti ipotecari che ne divo
rano l’intero reddito, e gli interessi sono esorbitanti. Causa
di questa stupefacente metamorfosi sono i manufatturieri
con le loro fabbriche di filati e tessuti di lana e lino, di lavo
razione del legno, di filatura e tessitura del cotone, di pre
parazione di frutta e carne conservate ecc.; i piccoli labora
tori artigiani delle fattorie hanno ceduto il passo alle grandi
fabbriche cittadine. Il vicino atelier del carrozziere ha fatto
posto all’enorme stabilimento industriale in cui si produco
no cento o magari duecento carri la settimana; in luogo del
la miriade di piccoli artigiani calzolai c’è oggi la grande fab
brica cittadina in cui la maggior parte del lavoro è eseguita
da macchine» '. Infine, anche il lavoro strettamente agrico
lo del farmer si meccanizzava. «O ggi il farmer ara, semina e
miete a macchina; la macchina taglia e lega i covoni, e si
trebbia a vapore. Mentre ara il farmer può leggere il giorna
le del mattino, e miete seduto al riparo sulla macchina»12.
Questa trasformazione dell’agricoltura americana a par
tire dalla «grande guerra» non fu però la fine, ma l’inizio
del ciclone in cui il farmer doveva esser travolto. La sua sto
ria ci porta naturalmente alla seconda fase di sviluppo del
1 w. A. peffer , T h e F a r m e r ’s S id e . H i s T r o u b le s a n d T h e ir R e m e d y ,
p. 58.
2 I b i d ., In tr o d u c tio n , p. 6. Verso il i 88j , il denaro liquido necessario
per un «modestissimo inizio» nella piu piccola fa rm della zona nordocci
dentale era calcolato a 1200-1400 dollari ( sering, D ie la n d w irtsc h aftlic h e
K o n k u rre n z N o r d a m e r ik a s, Leipzig 1887, p. 431).
400 LE CONDIZIONI STORICHE D ELL’ACCUMULAZIONE
Tabella 1.
Tempo Idem
di lavoro con impiego
con impiego di solo
macchine per unità lavoro
di prodotto manuale
Lavoro ore minuti ore minuti
Piantagione granaglie 32,7 io 55
Raccolta e trebbiatura granaglie I - 46 40
Piantagione mais 3 7 ,3 6 15
Taglio mais 3 4 ,3 5
Sgranatura mais 134 3 ,2 66 40
Piantagione cotone 3 ,6 8 48
Coltivazione cotone I 3 60
Falciatura fieno 12 3,1 7 20
Falciatura raccolta e imballo I 0,6 35 30
Piantagione patate il 3 ,4 15
Piantagione pomodoro I 2,5 IO
Coltivazione e raccolta pomodori I 4 324 20
Tabella 2.
L ’esportazione di grano dagli Stati Uniti in Europa raggiunse in milioni
di bushels:
1868-69 17,9 1885-86 3 7 ,7
1874-75 7 1 ,8 1890-91 3 3 ,1
1879-80 153,2 1899-1900 101,9
(Jurascheks Übersichten der Weltwirtschaft, voi. VII, I, P. 3 2 ).
Contemporaneamente, il prezzo del grano per bushel loco farm scendeva
in cents come segue:
1870-79 103 1896 73
1880-89 83 1897 8r
1895 51 1898 58
Dal r899, raggiunto il minimo di 58 cents per bushel, il prezzo riprende
a salire:
1900 62 1903 7O
1901 62 1904 92
1902 63
(ibid., p. 18).
Il prezzo del grano per tonnellata nel giugno 1912, espresso in marchi te-
deschi, risultava di:
Berlino 227,82 New York 178,08
Mannheim 247,93 Londra 170,96
Odessa 173,94 Parigi 243,69
15
404 LE CONDIZIONI STORICHE D ELL’ACCUMULAZIONE
1 w. A. peffer , T h e F a r m e r 's S id e . H is T r o u b le s a n d T h e ir R em ed y ,
p. 48.
2 SERiNG, D ie la n d w irtsc h a ftlic h e K o n k u rre n z N o rd a m e rik a s, p. 433.
4 o6 LE CONDIZIONI STORICHE D ELL’ACCUMULAZIONE
1 w . a . PEFFER, T h e F a r m e r ’s S id e . H i s T r o u b le s a n d T h e ir R e m e d y ,
PP- 3J-36.
LA LOTTA CONTRO L ’ECONOMIA CONTADINA 407
grande azienda era bensì poco diffusa fra I’8o e il ’90 nel Canada, ma già
Sering descrive la «Bell-Farm», appartenente a una società per azioni, che
abbracciava non meno di 22 680 acri ed era condotta sull’esempio della Dal-
rymple-Farm. Sering, che considerava con molto scetticismo le prospettive
di sviluppo della concorrenza canadese, calcolò come «fascia fruttifera» del
West canadese una superficie di 311 mila kmq, cioè un territorio pari a tre
quinti della Germania, dei quali riteneva effettivamente coltivati a cultura
estensiva solo 38,4 milioni di acri e 15 al massimo come eventuale zona a
frumento ( ib id ., pp. 337-38). Secondo i calcoli del «Manitoba Free Press»,
13 giugno 1912, la superficie coltivata a grani primaverili raggiungeva in
quella stagione gli 11,2 milioni di acri contro una superficie di 19,2 milioni
a grano primaverile negli Stati Uniti (cfr. «Berliner Tageblatt», n. 305, 18
giugno 1912).
■
LA LOTTA CONTRO L ’ECONOMIA CONTADINA 409
stirli del diritto di disporre delle terre. Anzi, nei limiti del
possibile, trasformò i capitribù —secondo un metodo sanci
to dalla esperienza - in proprietari del suolo comune. Ciò
urtava in pieno con la tradizione e coi rapporti sociali dei
negri, giacché la terra era possesso collettivo delle tribù in
digene, e perfino i capi più crudeli e dispotici, come il mata-
belese Lobengula, avevano soltanto il diritto e il dovere di
assegnare ad ogni famiglia un appezzamento, che però ri
maneva in suo possesso solo finché effettivamente coltiva
to. L ’obiettivo finale della politica inglese era chiaro: pre
parare di lunga mano la spoliazione in grande stile del suo
lo, facendo dei capitribù i propri strumenti. Frattanto, si li
mitava alla «pacificazione» dei negri mediante grandi ope
razioni militari: nove sanguinose guerre contro i cafri si
succedettero fino al 1879 nell’intento di spezzar la resisten
za dei bantù.
Il capitale inglese svelò apertamente e con energia i suoi
propositi solo quando due avvenimenti decisivi —la scoper
ta del campo diamantifero di Kimberley (1867-70) e quella
delle miniere d ’oro del Transvaal (1882-85) - aprirono una
nuova era nella storia del Sud Africa. La Compagnia britan
nica del Sud Africa, cioè Cecil Rhodes, entrò in azione, e
nell’opinione pubblica inglese si compì una subitanea svol
ta. La brama dei tesori sudafricani spinse il governo a prov
vedimenti radicali: nessun sacrificio di denaro e di sangue
parve troppo grave alla borghesia britannica pur di impa
dronirsi delle terre. Un flusso poderoso di immigranti si ro
vesciò sulla colonia. L ’immigrazione, rimasta fin allora mo
desta per l’attrazione prevalente che esercitava l’America,
crebbe a sbalzi: dal 1885 al 1895, centomila inglesi si sta
bilirono nel Witwatersrand. La piccola economia contadina
passò in secondo piano, balzò in prima fila l’attività estrat
tiva a base capitalistica. Fu allora che la politica inglese
cambiò bruscamente faccia. Verso la metà del secolo, coi
trattati del Sand-River e di Bloemfontein, l’Inghilterra ave
va riconosciuto le repubbliche boere. Ora cominciò un ac
cerchiamento politico degli stati contadini mediante occu
pazione di tutti i territori circostanti al fine di impedirne
ogni eventuale allargamento, e contemporaneo assorbimen-
LA LO TT A CONTRO L ’ECO N O M IA CONTADINA 413
to dei negri a lungo protetti e favoriti. Il capitale inglese a-
vanzava, un colpo dopo l’altro. Nel 1868 passò sotto la so
vranità inglese - naturalmente dietro «ripetute preghiere»
dei nativi' - il Basutoland. Nel 1871 i campi diamantife
ri sul Witwatersrand vennero sottratti all’Orange come
«West-Griqualand» ed elevati a colonia della corona; nel
1879 fu sottomesso, per poi essere incorporato alla colonia
del Natal, lo Zululand; nel 1885 fu la volta del Bechuana-
land, in seguito annesso alla Colonia del Capo; nel 1888
furono soggiogati i Matabele e il Maschonaland; nel 1889
la Compagnia britannica del Sud Africa ottenne una paten
te sui due territori —anche questo, inutile dirlo, solo per ri
guardo agli indigeni e dietro loro richiesta2; nel 1884 e
1887 la baia di Santa Lucia e l’intera costa orientale fino ai
possedimenti portoghesi furono annessi dall’Inghilterra;
nel 1894 il Tongaland. I Matabele e i Mashona si buttaro
no in una disperata lotta di difesa, ma la Compagnia, con
Cecil Rhodes in testa, soffocò nel sangue la rivolta, per poi
impiegare il mezzo brevettato di civilizzazione e pacifica
zione degli indigeni: la costruzione di due grandi ferrovie
nel territorio dei rivoltosi.
Cosi accerchiate, le repubbliche boere ebbero vita sem
pre piu difficile. Ma anche all’interno le tradizionali basi
della loro vita vacillavano. Il potente flusso dell’immigra
zione e le ondate della nuova e febbrile economia capitali
stica minacciavano di far saltare le barriere dei piccoli stati
contadini. In realtà il contrasto fra l’economia contadina
nei campi come nello stato e le esigenze e i bisogni dell’ac
cumulazione del capitale era sempre piu stridente. Un pas-
1 «Moshesh, the great Basuto leader, to whose courage and statesman
ship the Basutos owed their very existence as a people, was still alive at the
time, but constant war with the Boers of the Orange Free State had brought
him and his followers to the last stage of distress. Two thousand Basuto
warriors had been killed, cattle had been carried off, native homes had been
broken up and crops destroyed. The tribe was reduced to the position of
starving refugees, and nothing could save them but the protection of the Bri
tish Government, which they had repeatedly implored» (c. p . lucas , A H i
sto r ic a l G e o g ra p h y o f th e B ritish C o lo n ie s, Oxford, vol. IV, p. 60).
2 «The eastern section of the territory is Mashonaland, where, with the
permission of King Lobengula, who claimed it, the British South Africa
Company first established themselves» ( c . p. LU C A S, A H is to r ic a l G e o g ra p h y
o f th e B r itish C o lo n ie s , Oxford, vol. IV, p. 77).
414 L E CONDIZIONI ST O R IC H E D E L L ’A C C U M U LA Z IO N E
Quella che per Marx era la premessa del suo schema del
l’accumulazione, corrisponde dunque solo alla tendenza sto
rica obiettiva del movimento dell’accumulazione, e al suo
risultato teorico finale. Il processo di accumulazione tende
a sostituire ovunque all’economia naturale l’economia mer
cantile semplice, all’economia mercantile semplice l’econo
mia capitalistica, a imporre in tutti i paesi e in tutti i setto
ri il dominio assoluto della produzione del capitale, come
modo di produzione unico ed esclusivo.
Ma qui comincia il vicolo cieco. Una volta raggiunto il ri
sultato finale —che rimane tuttavia una costruzione teori
ca - , l’accumulazione diventa impossibile: la realizzazione
e capitalizzazione del plusvalore si trasforma in un proble
ma insolubile. Nel momento in cui lo schema marxiano del
la riproduzione allargata corrisponde alla realtà, esso segna
la fine, il limite storico del movimento dell’accumulazione,
il termine della produzione capitalistica. La impossibilità
dell’accumulazione significa, dal punto di vista capitalisti-
co, l ’impossibilità di un’ulteriore espansione delle forze pro
duttive, e perciò la necessità storica obiettiva del tramonto
del capitalismo. Di qui il moto contraddittorio della fase
ultima, imperialistica, come conclusione della parabola sto
rica del capitale.
Lo schema marxiano della riproduzione allargata non
corrisponde alle condizioni dell’accumulazione finché que
sta si sviluppa: impossibile chiudere l’accumulazione nei
rapporti reciproci e nelle mutue dipendenze, rigide e immu
tabili, fra le due grandi sezioni della produzione sociale
(produzione di mezzi di produzione e produzione di mezzi
di consumo), che lo schema formula. Essa non è soltanto
un rapporto interno fra rami dell’economia capitalistica,
ma, prima di tutto, un rapporto fra capitale e ambienti non
capitalistici, in cui ognuno dei due grandi settori della pro
duzione può compiere in parte per conto suo, indipenden
temente dall’altro, il processo dell’accumulazione, senza che
tuttavia il moto dell’uno non cessi d’incrociarsi e intrecciar
si ad ogni passo col moto dell’altro. I rapporti complessi
che se ne originano, le diversità nel tempo e nella direzione
del processo di accumulazione dei due settori, le relazioni
LA LO TT A CONTRO L ’ECO N O M IA CONTADINA 417
I P R E S T I T I IN TE R N A Z IO N A LI
Percentuali di aumento:
1840-50 710 215 - - -
1850-60 121 237 - - -
1860-70 102 73 486 350 350
1870-80 61 88 99 156 333
1880-90 32 89 107 104 142
1890-1900 27 21 79 114 27
420 LE CONDIZIONI STORICHE D ELL’ACCUMULAZIONE
F erro 2 1 ,8 3 1 ,6
M a c c h in e 10,1 1 6 ,4
C arb o n e 9 ,8 19
426 LE CONDIZIONI STORICHE D ELL’ACCUMULAZIONE
!
I PRESTITI INTERNAZIONALI 435
16
436 LE CONDIZIONI STORICHE D ELL’ACCUMULAZIONE
l’ingegner Pressel, che prese parte alle operazioni tecniche e finanziarie nella
Turchia asiatica come aiuto del barone v. Hirsch, offre i seguenti dati:
Lunghezza Garanzia
in km pagata in franchi
Tre linee della Turchia europea 1888,8 33 099 352
Rete della Turchia asiatica costruita fino
al 1900 2513,2 33 s u 538
Commissioni ed altri versamenti alla
Dette Publique in conto garanzia per km 9 351 209
T otale 96 262 099
Tutto questo, si noti bene, fino alla fine del 1899, data a partire dalla
quale la garanzia chilometrica è, in parte, per la prima volta pagata. Già al
lora, non meno di 28 sangiaccati su 74 della Turchia asiatica avevano impe
gnato per la garanzia le loro decime. Con tutto ciò, dal 1856 al 1900 furono
costruiti in tutto, nella stessa Turchia asiatica, soli 2 ^ 3 km (w. V. pressel,
Les chemins de fer en Turquie d'Asie, Zürich 1900, p. 39).
Quanto alle manipolazioni compiute in materia ferroviaria a spese della
Turchia, Pressel ne dà la seguente prova. La Società anatolica avrebbe pro
messo, nella convenzione del 1893, di portare la ferrovia, per Angora, fino a
Bagdad, e successivamente avrebbe dichiarato irrealizzabile il suo stesso pia
no, per abbandonare al proprio destino questo tronco a garanzia chilometrica
e iniziare un nuovo tracciato via Qonia. «Nel momento in cui le società riu
sciranno ad assicurarsi la linea Smirne-Aidin-Diner, le vedrete chiedere il
suo prolungamento fino alla linea di Qonia. Compiuto questo tronco sussi
diario, le società metteranno in moto cielo e terra per impadronirsi del traf
fico e assumere questa nuova linea che non ha garanzia chilometrica e, cosa
ben più importante, non deve in nessun caso dividere col governo i suoi
utili, mentre le altre linee devono, a partire da un certo livello dell’utile
lordo, cedere al governo una parte dell’eccedenza. Risultato: il governo non
ricaverà nulla dalla linea di Aidin e le società ne incasseranno milioni. Il
governo pagherà per la linea di Qassaba e Angora pressoché l ’intero am
montare della garanzia chilometrica, né potrà mai sperare di ottenere il 25%
assicuratogli per contratto dell’eccedenza oltre i 13 mila franchi di utile lor
do» (ibid., p. 7).
444 LE CONDIZIONI STORICHE D ELL’ACCUMULAZIONE
P R O T E Z IO N ISM O E A C C U M U L A Z IO N E
già il fatto che la suddetta società, arma scientifica di questo movimento li
bero-scambista, sollecitava fra il 1890 e il 1900 la riforma del sistema prote
zionista concepito come mezzo per l’«artificiale trapianto» dell’industria ca
pitalistica in Russia e, nello spirito del «populismo» reazionario, denuncia
va nel capitalismo la culla del moderno proletariato, «di quelle masse di uo
mini inadatti al servizio militare, senza proprietà né patria, che non hanno
nulla da perdere e che da molto tempo non godono buona fama» (ibid., p.
171). Cfr. anche K. lodyschensky, Geschichte des russischen Zolltarifs, Pe
tersburg 1899, pp. 239-58.
1 Anche F. Engels condivideva questa concezione. Si legge in una sua
lettera a Nikolaj-on del 18 giugno 1892: «Scrittori inglesi interessati posso
no non capacitarsi che il loro esempio libero-scambista venga dappertutto ri
pudiato a favore del protezionismo. Evidentemente, non osano riconoscere
che questo sistema - oggi divenuto quasi universale - è un mezzo di autodi
fesa contro quello stesso free trade che portò all’apogeo il monopolio indu
striale britannico: un mezzo pili o meno intelligente e, in qualche caso, asso
lutamente idiota, per es. in Germania, paese che si è industrializzato in re
gime di libero scambio, e dove la protezione è stata estesa ai prodotti agri
coli e alle materie prime provocando un aumento dei costi della produzione
industriale. Ora, io considero il ricorso generale alla protezione non come
un fatto casuale, ma come una reazione all’intollerabile monopolio dell’in
dustria inglese: la forma di questa reazione può essere, come ho detto, ina
deguata e peggio ancora, ma la necessità storica della reazione in sé e per sé
mi sembra evidente» (Briefe, p. 71 [qui citato da India, Cina, Russia, pp.
262-63]).
452 LE CONDIZIONI STORICHE D ELL’ACCUMULAZIONE
I L M IL IT A R IS M O C O M E C A M PO D I A C C U M U L A Z IO N E
D E L C A P IT A L E
1 Questo concetto è posto dal dottor Renner a base del suo studio sulle
imposte: «Tutto ciò ch’è prodotto in valori nel corso di un anno - dice -
si divide in queste quattro parti, e solo da esse si possono attingere annual
mente le imposte: profitto, interesse, rendita, salario sono le quattro parti
colari sorgenti delle imposte» (Dar arbeitende Volk und die Steuern, Wien
1909, P- 9). Tuttavia, subito dopo, Renner si ricorda dell’esistenza dei con
tadini; ma li liquida con una frase: «Un contadino, per esempio, è nello
stesso tempo imprenditore, lavoratore e proprietario fondiario, e ricava dal
suo raccolto il salario, il profitto e la rendita». È chiaro che una simile di
visione del contadiname nelle tre categorie della produzione capitalistica e
la raffigurazione del contadino come imprenditore, salariato e proprietario
terriero in una persona sola, rappresentano vuote astrazioni. La peculiarità
economica della classe contadina - la si voglia pur considerare, come Renner,
una categoria indifferenziata - è proprio il fatto che non appartiene né alla
classe imprenditrice capitalistica né al salariato e che rappresenta una pro
duzione mercantile non capitalistica, ma semplice.
MILITARISMO COME ACCUMULAZIONE DEL CAPITALE 457
1 In una risposta a Voroncov, molto lodata dai marxisti russi del suo
tempo, il professor Manuilov scriveva per esempio: «Bisogna distinguere
nettamente fra il gruppo di imprenditori che producono gli oggetti del fab
bisogno di guerra e l’insieme della classe capitalistica. Per i fabbricanti di
cannoni, fucili e altro materiale bellico, 1’esistenza dell’esercito è senza dub
bio vantaggiosa e indispensabile. È ben possibile che l’eliminazione del^ si
stema della pace armata sarebbe per la ditta Krupp una rovina, ma qui si
462 LE CONDIZIONI STORICHE D ELL’ACCUMULAZIONE
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468 LE CONDIZIONI STORICHE D ELL’ACCUMULAZIONE
gatto dietro la propria coda senza approdare a nulla e concludere che la cosa
«non è affatto semplice e chiara». D ’accordo: molto piu semplici e chiare
un paio di frasi futili.
UNA A N T IC R IT IC A 479
mentari bisogni di ogni società umana, lo sviluppo della ci
viltà, il progresso, sarebbero impossibili. Anche la produ
zione capitalistica deve, pur con tutta la sua anarchia e in
dipendentemente dall’interesse per il profitto, tener esatto
conto di queste elementari esigenze.
Di conseguenza, nel magazzino generale di merci capita
listiche da noi immaginato, si troveranno anzitutto un grup
po di merci a sostituzione dei mezzi di produzione consu
mati nell’ultimo anno: le nuove materie prime, le macchi
ne, i fabbricati, ecc. (ciò che Marx chiama «capitale costan
te»), che i diversi capitalisti producono gli imi per gli altri
nelle loro aziende, e che debbono reciprocamente scambiar
si perché in tutte le aziende la produzione possa essere ri
presa sulla precedente scala. Poiché (secondo la nostra ipo
tesi) sono le aziende capitalistiche a fornire tutti i mezzi di
produzione richiesti per il processo lavorativo della società,
10 scambio delle merci corrispondenti sul mercato sarà an
che, per così dire, una pura faccenda interna, domestica, dei
capitalisti nei loro reciproci rapporti. Il denaro necessario
per mediare in tutti i suoi aspetti lo scambio delle merci e-
sce, naturalmente, dalle tasche della medesima classe capi
talistica —dovendo ogni capitalista disporre a priori del ca
pitale-denaro necessario per il proprio esercizio - e, com
piuto lo scambio, ritorna altrettanto naturalmente dal mer
cato nelle sue tasche.
Poiché fino a questo punto non consideriamo che il rin
novo dei mezzi di produzione sulla scala precedente, la stes
sa somma di denaro basta anche, anno per anno, a mediare
periodicamente l’approvvigionamento reciproco dei capita
listi in mezzi di produzione, e ritornare sempre, per un pe
riodo di riposo, nelle loro tasche.
Una seconda grande sezione della massa delle merci ca
pitalistiche deve, come in ogni società, contenere i mezzi di
sussistenza della popolazione. Ma come si articola, nella
forma sociale capitalistica, la popolazione, e come ottiene i
mezzi per vivere? Due forme fondamentali caratterizzano il
modo di produzione capitalistico. Primo: scambio generale
di merci, il che significa, in questo caso, che nessuno riceve
11 piu piccolo mezzo di sussistenza dalla massa sociale delle
480 EPIG O N I E TE O R IA M A R X IST A
18
^oo EPIG O N I E T E O R IA M A R X IST A
che uno sguardo allo schema marxista della riproduzione documenta gli a s
su r d i cui porta la confusione dei mezzi di scambio coi mezzi di produzio
ne. Ed ecco il bravo Eckstein rinfacciarmi lo schema di Marx, che io critico,
e sulla sua base condannarmi per non aver compreso «la tecnica di questi
schemi».
Secondo esempio. Nel cap. XVII del II libro, Marx presenta il suo pri
mo schema dell’accumulazione, dove immagina che i capitalisti di una se
zione capitalizzino sempre il 50% del plusvalore, e quelli dell’altra quel che
piace a Dio, senza alcuna regola fissa, in base unicamente al fabbisogno del
la I. Io cerco di criticare come arbitraria questa ipotesi. Ed Eckstein: «L ’er
rore sta nel modo del suo calcolo, e questo dimostra eh’e ssa n on h a c a p ito la
n atu ra d e g li sc h em i d i M a rx . Essa crede infatti che alla loro base stia l ’esi
genza di un uguale tasso di accumulazione, cioè presuppone che in entrambe
le sezioni fondamentali della produzione sociale si accumuli sempre nello
stesso rapporto; che, in altre parole, la stessa parte di plusvalore sia messa
a capitale. Ma questa è un’ipotesi gratuita che contraddice ai fatti... In real
tà, n on e sis te un ta sso u n ifo rm e d i ac cu m u la z io n e, ch e sa re b b e teo ricam en te
u n a ss u r d o ». È questo «un incomprensibile errore dell’autrice, la quale di
mostra di non aver affatto compreso la natura degli schemi di Marx». La ve
ra legge del saggio uniforme del profitto sta «in completa antitesi con la fan
tasticata legge di un tasso uniforme di accumulazione», e così via allegramen
te. Senonché, c in q u e p a g in e p iù a v a n ti, Marx presenta un secondo schema
dell’accumulazione, quello essenziale e con cui esclusivamente lavora fino al
la fine, mentre l ’altro era solo un tentativo, uno schizzo preliminare. E in que
sto secondo e definitivo esempio, Marx ammette sempre un tasso u g u a le d i
a c cu m u la z io n e (la «fantasticata legge») in e n tram b e le s e z io n i ! L ’«assurdo
teorico», «in completa antitesi con la vera legge del saggio uniforme del
profitto», questa somma di tutti i peccati mortali, si trova dunque a p. 496
del II libro del C a p ita le di Marx, e Marx vi insiste fino alla fine dell’opera.
L ’accusa rimbalza dunque sul povero Marx, è lui che non ha «assolutamente
capito la natura» dei suoi stessi schemi! Disgrazia che ha in comune non sol
tanto con me, ma con Otto Bauer, il quale parte anche nel suo schema
«ineccepibile» dal presupposto «che il tasso di accumulazione sia uguale
nelle due sfere della produzione» («Neue Zeit», 1913, n. 24, p. 838). A que
sto si riduce la critica di Eckstein! Ed io dovrei lasciarmi fustigare da un ra
gazzino che non ha neppur sfogliato il II libro del C a p ita le ? Che poi una
simile «recensione» sia potuta apparire sul «Vorwärts» è un segno caratte
ristico del dominio della scuola degli epigoni «austro-marxisti» nei due or
gani centrali della socialdemocrazia, e, se Iddio mi concederà di assistere alla
seconda edizione del mio libro, non mancherò certo di salvare a edificazione
dei posteri queste perle!
II.
1 Dopo di aver tirato le somme delle sue tabelle a base di capitale rapi
damente crescente, ma di saggio del plusvalore invariabile, Pannekoek scri
ve: «Allo stesso modo si può tener conto anche di una graduale modifica
zione del tasso di sfruttamento» («Bremer Bürgerzeitung» del 29 gennaio
1913), ma anche lui ne lascia la briga al lettore.
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532 EPIG O N I E T E O R IA M A R X IST A
3 Avvertenza
Parte prima
I l problem a della riproduzione
7 I . O g g e t t o d e ll’in d a g in e
26 i l . L ’a n a lis i d e l p r o c e s s o d i r ip r o d u z io n e in Q u e s n a y e in
A d a m S m ith
57 IV . L o sc h e m a d e lla r ip r o d u z io n e s e m p lic e in M a r x
76 V. L a c ir c o la z io n e m o n e t a r ia
92 v i . L a r ip r o d u z io n e a lla r g a t a
106 v ii. A n a lis i d e llo sc h e m a d e lla r ip r o d u z io n e a lla r g a t a in
M arx
125 V ili. L e s o lu z io n i t e n ta te d a M a r x
142 i x . L a d iffic o ltà d a ll’ a n g o lo v is u a le d e l p r o c e s s o d i c ir c o la
z io n e
6 oo IN D IC E
Parte seconda
Esposizione storica del problem a
Seconda schermaglia
La controversia fra Rodbertus e v. Kirchmann
215 X V . L a te o r ia d e lla r ip r o d u z io n e in v . K ir c h m a n n
226 X V I . L a c r itic a d e lla s c u o la c la s s ic a in R o d b e r t u s
240 X V I I . L ’a n a lis i d e lla r ip r o d u z io n e in R o d b e r t u s
Terza schermaglia
Struve, Bulgakov, Tugan-Baranovskij contro
Voroncov, Nikolaj-on
239 XVIII. U n a n u o v a v e r s io n e d e l p r o b le m a
265 XIX. I l sig n o r V o r o n c o v e la s u a « e c c e d e n z a »
273 XX. N ik o la j-o n
281 XXI. L e « tr e p e r s o n e » e i t r e im p e r i m o n d ia li d i S t r u v e
288 XXII. B u lg a k o v e il s u o « c o m p le t a m e n t o » d e ll’a n a lis i m a r
x ia n a
301 XXIII. L a « s p r o p o r z i o n a l i t à » d e l s ig . T u g a n - B a r a n o v s k ij
313 XXIV. I l p u n t o d i a p p r o d o d e l m a r x is m o « l e g a l e » r u s s o
Parte terza
Le condizioni storiche dell’accumulazione
3 21 XXV. C o n tr a d d iz io n i d e llo schem a d e lla r ip r o d u z io n e a lla r
g a ta
341 XXVI. L a r ip r o d u z io n e d e l c a p it a le e il s u o a m b ie n te
IN D IC E 6oi
Appendice