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Russia / Siberia

I piccoli popoli del nord e dell'estremo oriente russo


A cura dell'Associazione per i popoli minacciati - Sudtirolo, Bolzano
1999
INDICE
Thomas Benedikter: I piccoli popoli del nord e dell'estremo oriente russo
Wolfgang Strobl: Breve storia della colonizzazione
Winfried Dallmann: I popoli indigeni del Nord della Russia. Un panorama
geografico ed etnografico
Jeremej D. Ajpin / Valerji B. Shustov: La situazione dei piccoli popoli del Nord
della Federazione Russa
| Cap 1. | Cap. 2. | Cap. 3. | Cap. 4. | Cap. 5. | Cap. 6. | Cap. 7. | Cap. 8. | Cap.
9. |
Florian Stammler: Da dove viene il nostro gas: Hanti e Nenci - Siberia
Occidentale
Larissa Vyntyna: I Ciukci
| Cap 1. | Cap. 2. | Cap. 3. | Cap. 4. | Cap. 5. | Cap. 6. | Cap. 7. | Cap. 8. | Cap.
9. | Cap. 10. | Cap. 11. |
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Quadro dei piccoli popoli del Nord e dell'Est della Russia


Bibliografia

Thomas Benedikter - I piccoli popoli del nord e dell'estremo oriente


russo [ top ]
Il termine Siberia fa subito pensare a un immenso paesaggio di foreste ghiacciate, ad una
regione fra le meno ospitali del mondo. Ma spesso si dimentica che il calore dei nostri
bruciatori proviene in buona parte proprio da quelle terre. Nel 1600 le ricchezze naturali
della Siberia stimolavano gi l'avidit degli Zar. Dopo tre secoli di conquista violenta o di
sottomissione "pacifica" delle popolazioni indigene gli eserciti russi raggiunsero il Pacifico.
E` una storia quasi sconosciuta in Europa, ma molto simile a quella della colonizzazione del
Nordamerica da parte degli Europei occidentali. Solo poco pi di un milione di questi
"indiani della Siberia" sono sopravvissuti alla conquista zarista e alla successiva
russificazione. L'industrializzazione dei primi decenni dell'Unione Sovietica ha avuto un
impatto devastante anche in Siberia.
Oggi in atto una nuova conquista della Siberia, stavolta in chiave capitalistica, e le
risorse della taiga e della tundra attirano le multinazionali di tutto il mondo: le foreste
boreali interessano alle compagnie di legname giapponesi, il petrolio si trova nel mirino di
compagnie statunitensi e canadesi, il gas rimane in buona parte monopolio delle ditte
statali che lo esportano nell'Europa occidentale. L'economia russa malata e ha
urgentemente bisogno dell'ossigeno di valute forti; perci forza l'estrazione di ogni risorsa
che pu essere venduta sul mercato mondiale. Le vittime di tutto questo sono l'ambiente
e con esso gli abitanti della Siberia, primi fra tutti i popoli indigeni.
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Come gli Indiani del Nordamerica anche i "piccoli popoli dell'estremo Nord ed Est della
Federazione russa" - questo il termine ufficiale con cui vengono definiti - stanno
cercando di opporsi a questi mutamenti nefasti. Ma solo dopo lo scioglimento dell'URSS
che la loro voce riuscita a penetrare anche all'esterno. Lo stesso governo russo ha
approvato una serie di misure di protezione, quasi tutte rimaste sulla carta. Siccome la
trasformazione dell'economia russa in un'economia di mercato rafforza l'ingerenza
straniera nella gestione delle risorse di questi territori, i piccoli popoli di queste terre,
analogamente ai loro parenti americani, sono esposti ad una doppia minaccia: le loro
tradizioni di economia sostenibile vengono spazzate via dall'invasione dell'industria
pesante e dall'inquinamento a tutto campo, la loro cultura dall'assimilazione nella cultura
nazionale russa.
Come stanno oggi gli indigeni della Siberia? Un anno fa due dei massimi dirigenti
dell'organismo parlamentare che li rappresenta, Valeri Shustov e lo scrittore Jeremej Ajpin
(gi presidente dell'Assemblea dei piccoli popoli del Nord), hanno scritto un rapporto sulla
situazione attuale dei popoli indigeni. Il rapporto, che stato approvato dall'Assemblea
parlamentare dei popoli indigeni, fornisce un quadro sintetico ma approfondito della
situazione odierna. A questo testo abbiamo aggiunto una breve storia che copre il periodo
dalla colonizzazione zarista fino a Stalin e un panorama geografico-culturale di questi
popoli.
Il nostro fascicolo si conclude con la presentazione di un progetto di cooperazione
proposto dalla stessa Assemblea dei piccoli popoli, che in questo modo cerca di mobilitare
la solidariet internazionale. Ringraziamo in modo particolare gli autori dei testi, il
traduttore Alfons Benedikter, gi consigliere regionale del Trentino-Sudtirolo, e la
redattrice Veronika Dapr, esperta di cultura russa. Speriamo che questo fascicolo possa
stimolare la curiosit e l'attenzione per i piccoli popoli della Siberia, che oggi si trovano
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sull'orlo dell'estinzione.

Wolfgang Strobl - Breve storia della colonizzazione

[ top ]

L'impero plurinazionale russo si formato attraverso un'espansione che durata molti


secoli. Si caratterizza per una grande variet etnica, confessionale, sociale e culturale. I
diritti delle minoranze sono sempre stati rispettati in modo diseguale. All'interno del
grande impero russo, comunque, molte di queste culture non sono riuscite a sopravvivere
fino ad oggi. La lealt zarista era la condizione principale per un rapporto non conflittuale
con Mosca. In seguito al continuo processo di espansione e riordinamento territoriale della
Russia la percentuale dei russi sul totale della popolazione continuava a calare. Mentre alla
fine del 1500 le etnie non russe toccavano appena il 19%, all'inizio del 1700 superavano gi
il 30% e alla fine del '700 arrivavano al 47% della popolazione totale. Altre conquiste fecero
si che nel 1834 i russi arrivassero a meno della met della popolazione, mentre Tartari,
Bielorussi, Ucraini, Polacchi, Ebrei e altre 200 etnie componevano la maggioranza della
popolazione.
Il Nord della Russia e della Siberia tradizionalmente abitato da popoli indigeni che erano
stati padroni di queste terre fino all'arrivo dei conquistatori russi. I russi definiscono
queste etnie, che spesso contano meno di 2.000 persone, popoli del Nord. Secondo i testi
di storia i russi, nella loro espansione verso est e verso nord, trovarono un paese quasi
deserto. L'avanzata della Russia verso il "Far East", il selvaggio Est, ricorda l'espansione
prima europea e poi statunitense nel "Far West" nordamericano. In entrambi i casi i
colonizzatori venivano a sovvertire profondamente l'ordine sociale e politico dei popoli
indigeni. A seconda delle condizioni climatiche, la pesca lacustre e marina, la caccia,
l'allevamento di renne e l'agricoltura a sud della frontiera del "permafrost" erano la
principale base di sussistenza dei popoli indigeni. Prima della colonizzazione russa gli
indigeni professavano in maggior parte un animismo sciamanico. Lo sciamanesimo un
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elemento culturale e religioso comune a tutti i popoli indigeni.


Dal 1000 al 1300 nella parte nordoccidentale del terittorio slavo, attorno alla citt di
Novgorod, si form un'area abitata da ceppi finnici. Fra queste etnie si contavano i Kareli,
i Voti, gli Isciori e i Vepsi nel Nordovest, i Sami (Lapponi) di lingua finna nell'estremo
Nord, i Sirjeni (oggi Komi), Permjaki, Ostjaki, Voguli (oggi Mansi) e Samojedi nel Nordest.
Tutti questi popoli soggiacevano all'amministrazione della repubblica cittadina di
Novgorod. I russi, in un primo momento, portarono avanti una politica di acculturazione
pacifica cercando di integrare queste etnie nel cristianesimo ortodosso. Nel caso del
popolo sirjeno, per esempio, la cristianizzazione and di pari passo con l'integrazione
nell'impero russo. Ma non sempre si evit il ricorso alla violenza. Nonostante l'energica
politica di acculturazione parte di questi popoli (per es. i Kareli, i Komi) hanno potuto
conservare la propria identit etnoculturale fino ai nostri giorni. L'annessione della
repubblica, compiuta dallo Zar Ivan III nel 1478, confer definitivamente al Granducato di
Mosca il carattere di una nazione multietnica.
Dopo la conquista militare dei khanati di Kasan e Astrachan (1556), l'espansionismo russo
verso l'Ovest fu frenato alla fine del secolo dalla guerra di Livonia. Ma restava aperto
l'Oriente transuraliano, dove regnava il Khan di Sibir nella regione dell'alto Ob. Nel '500 e
nel '600 la Siberia era popolata da molte piccole etnie, organizzate prevalentemente in
forma di trib. Nella taiga pi a nord, invece, abitavano i Tungusi manciuri e gli Jukaghiri
che vivevano di caccia e pesca. I Samojedi, i Ciukci, i Kamciadali/Korjaki erano invece
nomadi allevatori di renne che vivevano nella tundra. Nel sud attorno al lago Bajkal si
erano insediati i Burjati, di lingua mongola, i Teleuti e gli Jakuti di ceppo turcomanno, e
infine gli Sciori, pure essi pastori nomadi e allevatori di bestiame. Gli unici agricoltori in
questa vastissima area erano i Tartari, concentrati nelle zone a margine della steppa e gli
Ostjaki (Voguli) di lingua ugra. Sotto il profilo politico tutte queste etnie erano poco
organizzate. Il khanato della Siberia occidentale era l'unico impero di una certa
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importanza.
Per decenni la maggior parte di queste etnie si oppose piuttosto tenacemente all'avanzata
russa. Gi all'inizio del '700 si registravano grandi ribellioni. I popoli si organizzavano in
unit piuttosto piccole ed ovviamente erano molto pi deboli in termini militari. La
resistenza dei popoli siberiani, confrontata a quella dei popoli non russi dell'Occidente, fu
decisamente pi forte, dato che la stessa organizzazione sociale diversa (societ nomade
tribale di fede musulmana rispetto i contadini stanziali di fede cristiana dell'Occidente)
alimentava la resistenza. Le fonti storiche di questo periodo sono scarse ed impediscono
un'esatta ricostruzione delle vicende. Le continue ribellioni del '700 costrinsero Mosca ad
una durissima repressione per poter mantenere il proprio potere. Si applicarono misure
draconiane che arrivarono a vere campagne di sterminio, come nel caso dei Ciukci.
L'opposizione sempre pi compatta delle etnie non russe costrinse Mosca a modificare la
sua politica di integrazione, rendendola pi pragmatica, cauta e tollerante. Mosca
incentiv la formazione di lite locali confermando i privilegi dei capitrib e delegando
ad essi compiti amministrativi minori e la riscossione dello "jasak", i tributi che venivano
pagati sotto forma di pellicce. Per il resto la Russia opt per la non ingerenza negli affari
interni delle singole etnie. Ai popoli venne concessa anche un'ampia libert religiosa. A
popoli quali i Samojedi, i Ciukci, i Ciuvasci e i Ceremissi fu permesso di continuare a
praticare lo sciamanesimo.
I voivoda siberiani, governatori locali nominati da Mosca, spesso venivano esortati dal
governo zarista ad essere tolleranti con le trib ed evitare di riscuotere lo "Jasak" con la
forza. Ma le autorit locali, i commercianti e i coloni non ascoltavano queste esortazioni:
in molte aree regnavano la corruzione, il ricatto, lo schiavismo e la violenza. Nel 1600,
per garantire l'approvvigionamento delle truppe di occupazione, la Russia aveva insediato
numerosi contadini-coloni nella Siberia. Nonostante questa politica di insediamento nei
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territori pi isolati della tundra e della taiga, i popoli indigeni riuscirono a conservare le
loro strutture tribali.
Nel 1719 i popoli del Nord contavano solo 50.000 persone, ma in Siberia i russi erano gi in
minoranza. I contadini russi erano concentrati nella fascia di terre fertili della Siberia
sudoccidentale. La caccia, l'allevamento di renne e la pesca erano le attivit principali dei
popoli indigeni. Nel '700 si registr un rinnovato tentativo di integrazione dei popoli non
russi nella societ russa. Il modello di Novgorod, che consisteva in un controllo indiretto,
fece spazio ad una stretta dipendenza amministrativa, economica e militare da Mosca.
Per lungo tempo la Russia tratt i nomadi come cittadini di serie B. Nel 1767 essi non
potevano ancora partecipare alle assemblee della Commissione legislativa. All'inizio
dell'800 alcuni riformatori, fra i quali il governatore generale della Siberia M.M. Speranskij
(1772-1833), tentarono di "portare le etnie arretrate ad un livello di civilt superiore". I
cosiddetti inorodcy (stranieri) ottennero finalmente uno status giuridico proprio. Lo
statuto del 1822 confer loro ampie competenze amministrative. Attraverso la "legge per
l'amministrazione della popolazione indigena" lo stato tent di proteggerli dalla
prepotenza dei coloni russi e dallo sfruttamento. Ma questo programma di riforme, ispirato
dall'approccio illuminista e nel solco della tradizione pragmatica della politica russa per le
minoranze, pot essere realizzato solo in parte. Impiegati corrotti, che riuscirono a
sottrarsi ai controlli, impedirono l'affermarsi dello stato di inorodocy. Gli indigeni
rimasero cittadini di seconda classe, a dispetto di privilegi e provvedimenti.
La debolezza della Cina a met del XIX secolo favor la conquista russa dei territori a nord
e sud del fiume Amur. Le trib indigene di stirpe manduro-tungusa - i Goldi, gli Oroci, gli
Oroki, gli Ulceni, i Neghidalzi, gli Udeghi i Giljaki - subirono la stessa sorte dei popoli
siberiani. Bench i Russi riuscissero a convertire questi popoli al cristianesimo ortodosso,
questi rimanevano attaccati alle loro religioni animiste. L'alcoolismo, le malattie portate
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dai conquistatori e lo sfruttamento delle risorse naturali ridussero rapidamente il numero


degli abitanti. Le etnie pi numerose e pi compatte riuscirono a difendersi meglio dai
soprusi del governo centrale.
La politica di Nicol I (1825-1855) mir alla conservazione dello status quo. Ogni
mutamento si rivel pericoloso perch la modernizzazione provocava frequenti ribellioni
fra i popoli locali. A partire della met dell'800 si torn nuovamente a una politica
d'integrazione e si rafforz lo studio scientifico delle varie etnie. Alcuni linguisti crearono
alfabeti cirillici per i popoli senza scrittura quali i Ciuvasci, i Votjaki e gli Jakuti. Si
elaborarono vocabolari, grammatiche e testi scolastici; venne fondato anche un istituto
magistrale per la formazione di insegnanti non russi. L'obiettivo primario rimase comunque
quello di diffondere la fede ortodossa. Ma verso la fine dell'800 queste iniziative furono
duramente criticati dai nazionalisti russi. In ultima analisi questa politica ebbe comunque
dei risultati, visto che fra il 1864 e il 1905 non si registr nessuna ribellione significativa da
parte di un popolo non-russo.
All'inizio del secolo XX la Siberia divent meta privilegiata dei coloni russi. Questi in un
primo tempo privilegiavano la Siberia occidentale, ma dopo la costruzione della ferrovia
transiberiana iniziarono a stabilirsi anche nella Siberia orientale. Per molti popoli la
colonizzazione signific un'estensione del loro spazio vitale (Nenzi, Ciukci, Evenki,
Eveni), ma per altri una drastica riduzione (Enzi, Jukaghiri, Korjaki, Itelmeni). Nel corso
di un'ampia politica di rilocazione e migrazione forzata promossa dalla riforma agraria di
Stolypin, entro il 1914 erano stati insediati oltre tre milioni di contadini russi. Spesso la
caccia e la pesca praticate dalle popolazioni locali doverono cedere il passo
all'allevamento di animali da pelliccia, che aveva un potenziale commerciale pi alto.
La maggioranza delle etnie non russe non partecip alla Rivoluzione. Tuttavia vari popoli
non russi della periferia contribuirono alla destabilizzazione dell'ordine politico. Del resto
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la Rivoluzione stimol anche il riscatto nazionale di molti popoli. I loro intellettuali


agitarono rivendicazioni culturali, sociali e politiche. Nel 1905 i Ciuvasci riuscirono a
pubblicare un settimanale nella loro madrelingua. Ma il tentativo degli Jakuti di
organizzarsi a livello politico venne subito soffocato. La "Dichiarazione per i popoli della
Russia", approvata subito dopo la Rivoluzione, non venne mai applicata. Negli anni
successivi all'interno del "Comitato di appoggio per i popoli del Nord" (Comitato del Nord)
ci furono aspre discussioni fra chi voleva concedere ai popoli indigeni il diritto ad un
proprio sviluppo culturale e fra coloro che optavano per integrarli nella classe operaia. Alla
fine si imposero i secondi. Quando la Russia fu divisa nel nuovo assetto amministrativo,
anche certi territori con popolazione indigena ottennero una certa autonomia. Alle terre
degli Jakuti (1922), dei Kareli (1923) e dei Komi (1936) fu riconosciuto la status di
repubblica autonoma. In base alle leggi vigenti i dirigenti delle singole trib (sciamani,
proprietari di renne) non avevano per l'accesso ai ranghi superiori dei Soviet locali e del
Congresso. Tuttavia i Russi avviarono alcune riforme per rilanciare l'economia dei territori
del Nord. Si cerc di elaborare delle lingue scritte per combattere l'analfabetismo, che
era ancora molto diffuso. La politica di Lenin per le minoranze si agganci alla politica
delle nazionalit della Russia premoderna. Per conservare il proprio potere si decise di
concedere pi spazio alle minoranze.
Negli anni Trenta la dittatura di Stalin ebbe un effetto devastante sulle strutture
economiche e sociali dei popoli indigeni. L'industrializzazione dell'URSS aveva bisogno
delle risorse del Nord: la pesca su vasta scala blocc l'accesso degli indigeni a molti fiumi,
l'industria alimentare trasform enormi aree in pascoli, i boschi vennero distrutti per fare
spazio alle miniere e alle centrali idroelettriche. I popoli indigeni non furono mai
coinvolti. Le loro economie venivano meno senza che fossero rimpiazzate da nuove
opportunit di lavoro. Le grandi compagnie importavano i propri operai e tecnici oppure
si servivano dei prigionieri dei gulag, i campi di lavoro forzato istituiti da Stalin. Tutti
questi stranieri non erano sottoposti alla giurisdizione del soviet locale.
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La maggior parte della Siberia fu trasformata in "propriet collettiva". Lo strapotere dei


ministeri dell'industria soffoc i timidi tentativi che erano stati fatti per contenere gli
effetti dell'industrializzazione sui popoli indigeni. Il Comitato del Nord fu sciolto nel 1935.
Successivamente Stalin tent di reprimere i popoli indigeni anche dal punto di vista
culturale. Il dittatore georgiano vedeva in queste differenze culturali qualcosa che
ostacolava la creazione dell'homo sovieticus. Una differenza fu comunque conservata: si
stabil che a parit di lavoro gli indigeni venissero pagati meno dei lavoratori russi. Molti
gruppi di Ciukci e di Eveni, ritirandosi in zone molto remote, riuscirono a sfuggire a
questa sorte.
L'ascesa al potere di Stalin rappresent per i popoli indigeni un peggioramento radicale
della propria situazione. Nei loro territori, ricchi di risorse minerarie e legname, si fece
strada un'industrializzazione in grande stile, senza alcun riguardo per la fragilit
dell'ecosistema nelle zone artiche. Davanti al sorgere di strade, miniere, pozzi di petrolio
fabbriche, le attivit tradizionali degli indigeni dovettero ritirarsi per fare spazio
all'industria mineraria, dell'allevamento, della pesca. Vennero disboscati vasti territori, nei
fiumi vennero versati gli scarichi industriali, si interfer nel ciclo dell'acqua, si
provocarono massicci inquinamenti da petrolio. Gli operai venivano maltrattati, quando
non reclutati nei gulag, cosicch molti indigeni perdettero la loro occupazione. La terra
venne espropriata dallo stato, i suoi abitanti trasferiti in altri territori. Nel 1877 la Russia
aveva annesso l'isola di Novaja Zemlja ("terra nuova") e vi aveva insediato alcune
centinaia di Nenzi (Samojedi). Nel 1955 Mosca decise di effettuare alcuni esperimenti
nucleari su queste isole e perci tutti gli abitanti vennero nuovamente trasferiti nella zona
di Narjan Mar e sulle isole di Kolguev e Vajgac. Ma la distanza dalle zone dei test non fu
sufficiente: ancora oggi numerosi indigeni accusano gli effetti delle radiazioni nucleari.
Nel 1937 un decreto sovietico impose l'uso esclusivo dell'alfabeto cirillico per tutte le
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lingue dell'URSS. A partire del 1957 ogni insegnante poteva essere arrestato se continuava
a parlare la lingua indigena al di fuori della scuola. I genitori vennero costretti a
battezzare i loro figli con nomi russi. Il governo costrinse molti nomadi a diventare
sedentari. Gli abitanti dei piccoli villaggi vennero costretti a trasferirsi in grandi centri
perch i servizi pubblici erano stati chiusi. Dopo il 1970 fra tutte le 26 lingue indigene del
Nord della Russia solo il nencio continuava ad essere insegnato a scuola. Oggi frequente
che solo gli anziani conoscano la propria lingua materna, mentre varie lingue stanno per
scomparire.
Nel secondo dopoguerra la situazione dei popoli indigeni rimase sostanzialmente la stessa.
Alla fine degli anni '50 il governo avvi una politica di reinsediamento forzato della
popolazione indigena nelle maggiori citt della Siberia. Questa politica favor la perdita
definitiva dell'identit culturale, il dilagare dell'alcolismo e della criminalit. Il boom
dell'industria petrolifera petrolio iniziato negli anni '60 sottrasse altri territori a tutta una
serie di etnie (Nenzi, Oroki, Evenki ed altri). In varie occasioni gli operai dell'industria
petrolifera attaccarono fisicamente gli indigeni e saccheggiarono le loro propriet. Se
questi si rivolgevano ai tribunali locali, spesso rischiavano di finire sul banco degli
imputati.
L'evoluzione in senso centralistico del sistema amministrativo sovietico nei prim anni
ottanta, quando persino la parola "minoranza" venne cancellata dai testi di legge, tolse ai
soviet locali le ultime vestigia di autogoverno, mantenendo una mera funzione consultiva.
Fino alla fine degli anni '80 il governo sovietico continu l'industrializzazione selvaggia dei
territori del Nord. La deforestazione e l'estrazione di petrolio e gas naturale continuarono
a pieno ritmo. I popoli indigeni persero vaste aree di pascolo. Solo a partire del 1989
alcuni popoli iniziarono ad organizzarsi in associazioni. Nel 1990 lo scrittore Nivko Vladimir
Sanghi fu eletto presidente dell'Unione dei piccoli popoli del Nord della Russia. Nella
risoluzione finale del congresso convocato per l'occasione i delegati rivendicarono i diritti
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fondamentali dei popoli indigeni, la ratifica della convenzione ILO n.169 da parte della
Russia e altre misure per consentire la sopravvivenza dei popoli indigeni.
Per assicurare il futuro dei popoli del nord si pensa, dalla fine degli anni 80, all'istituzione
di territori nazionali che esercitino l'autodecisione in materia economica. E' necessario
porre fine alla distruzione di insediamenti, mettere un freno all'industrializzazione,
favorire i programmi locali piuttosto che quelli pilotati dal centro. Si incomincia a
reintrodurre l'insegnamento nelle lingue indigene, mentre si sperimentanto programmi di
formazione per l'allevamento delle renne, caccia, allevamento di animali da pelliccia.
Qualora un popolo sia maggioritario in un terriorio, possibile l'introduzione
dell'autogoverno. Il fine principale di questa politica consiste nella creazione di condizioni
per garantire uno sviluppo mirato sui bisogni dei popoli indigeni. Questi tentativi di
riforma sono per gravemente ostacolati da pesanti apparati amministrativi, da crescenti
sussulti nazionalisti, da macchinazioni mafiose, e, non ultima, dalla pesante crisi
economica della Russia.

Winfried Dallmann - I popoli indigeni del Nord della Russia. Un


panorama geografico ed etnografico [ top ]
Il nord della federazione russa si estende per circa 6000 chilometri dal confine finlandese
fino all'Oceano Pacifico. In direzione nord/sud l'estensione di ci che nella federazione
russa viene considerato come "nord" varia dai 1000 chilometri nell'ovest fino ai 3000
chilometri della Siberia asiatica. Questo enorme territorio era abitato prima della
conquista russa (sec. XVI-XVII) da numerosi gruppi etnici, i quali, negli ultimi due secoli,
sono diventati delle piccole minoranze in un ambiente sempre pi russificato.
Le particolarit culturali di questi popoli derivano dalla necessit di sopravvivere in
ambienti scarsamente popolati dominati da condizioni climatiche artiche o subartiche.
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L'incontro con i conquistatori russi e, nel XX Secolo, con la dottrina sovietica, fu


caratterizzato da una reciproca incomprensione. Ci, insieme a interessi politici ed
economici, provoc una grave distruzione delle culture indigene. Di molte per rimasto
un nucleo centrale. Per alcuni popoli si potrebbe essere ancora in tempo per cominciare
una nuova evoluzione sulla base della propria cultura atavica, se solo la societ Russa
lasciasse loro i necessari spazi. Le condizioni attuali della Russia sono per a dir poco
inadeguate, anche se cominciano ad essere presenti delle garanzie di carattere giuridico.
Tundra e Taiga
I territori del nord russo e siberiano si trovano principalmente a nord del confine del
permafrost, che, sull'altopiano siberiano, si protende molto verso sud. Grosso modo
corrisponde al 55. parallelo, pi o meno la latitudine di Amburgo. Fanno parte del Nord
Russo anche i territori lungo la costa del Pacifico che giungono fino al confine russo-cinese
di Vladivostok (limite meridionale dei ghiacci artici invernali). I popoli indigeni, cui
questa smisurata estensione apparteneva prima della conquista russa, vengono chiamati
collettivamente "popoli del Nord".
Nell'estremo nord questo territorio consiste in una fascia di tundra larga alcune centinaia di
chilometri, quasi completamente priva di alberi. Verso sud si passa a una fascia
caratterizzata da gigantesche foreste di conifere, detta Taiga. Ad ovest queste foreste
crescono su terreni prevalentemente paludosi, mentre verso est il terreno quello di un
altipiano. Lungo la costa del Pacifico il paesaggio caratterizzato da numerosi vulcani
attivi. In Siberia scorrono alcuni dei fiumi pi grandi della terra in direzione dell'Artico:
Ob, Jenisej, Lena e Kolyma. Sono da sempre le principali vie di comunicazione di questa
terra, sia durante il periodo della colonizzazione, sia nel successivo periodo di
sfruttamento delle ricche risorse del territorio, sfruttamento che perdura tuttora.
Le isole nell'Artico non hanno mai ospitato una popolazione stabile. Dopo aver annesso la
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Novaja Zemlja nel 1877, la Russia vi insedi alcune centinaia di Nenzi (Samojedi). Quando
l'Unione Sovietica negli anni cinquanta co0mincio i suoi test atomici su quest'isola, i
discendenti di quegli abitanti vennero nuovamente deportati nel territorio Narjan-Mar sul
continente o sulle isole di Kolgujev e Vajga, nel Mare di Barens meridionale.
Origine e lingua
I Popoli del nord appartengono a due gruppi principali. Il primo consiste nei discendenti di
popoli che hanno da sempre abitato queste zone. Essi vivono principalmente nella Siberia
nordorientale e in Kamatka: uki, Koriaki, Jukagiri, uvani, Itelmeni. Sono sopravvissuti
anche altrove altri piccoli gruppi: di Cheti lungo il medio Enisej e i Nivchi nella parte
settentrionale dell'Isola di Sakalin e alle foci dell'Amur. Questi popoli parlano lingue
cosiddette paleo-asiatiche. Tra questi gruppi ancestrali possono venir considerati anche gli
Inuit (eschimesi) e gli Aleutini, le cui lingue formano una famiglia a parte.
Un posto a parte occupato dal popolo degli Ainu, che vive nella parte meridionale di
Sakhalin, nelle isole Kurili e nel nord del Giappone. Gli Ainu sono morfologicamente
europei, mentre tutti gli altri popoli della zona appartengono al ramo mongolico. Secondo
alcune teorie, gli Ainu erano gli abitanti originari dell'arcipelago giapponese, prima di
venir soppiantati da invasori di ceppo mongolico provenienti dal continente. La loro lingua
molto isolata. Oggi gli Ainu sono scomparsi dal territorio Russo; nel censimento del 1926
se ne contavano ancora appena 32
Il secondo gruppo composto da popoli provenienti dall'Asia centrale, che si
sovrapposero, con ondate migratorie che sono proseguite fino al medioevo, ai popoli
paleo-asiatici, oppure vi si mescolarono. Le loro lingue sono di ceppo Uralo-Altaico, la
famiglia cui fanno parte, assieme al Mongolo, Turco, Ungherese e Finlandese. Ad est del
fiume Jenisej predomina il gruppo Altaico, con popoli di origine turca come Jakuti,
Dolgani, e, pi a sud Karagassi. Assieme ad essi popoli di stirpe tungusica come Evenchi,
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Eveni, Nanai, Negidalzi, Udeghi, Oroci, Orochi, e Ulci.


A occidente dello Jenisej, fino al territorio dei Sami nel nord della Russia Europea,
predominano i popoli di lingua rala, divisi in un ramo finnico (Komi, Sami, Careli), uno
ugrico (Canti e Mansi) ed uno samojedo (Nenzi, Selcupi, Enzi, Nganasani). La maggior
parte di questi popoli sono ora un esigua minoranza nei loro territori originari
d'insediamento, con l'eccezione di Komi, Kareli e Jakuti, che sono ancora in maggioranza
nel proprio paese e, essendo organizzati in Repubbliche autonome entro la Federazione
Russa, godono di un certo grado di autonomia.
Pascolo, pesca, pellicce
Come si visto, sotto la definizione "popoli del Nord" si celano grandi differenze
linguistiche e storiche. Tuttavia vi un gran numero di somiglianze culturali, dovute in
gran parte alle pressioni ambientali del territorio artico e subartico, che costringono a
sviluppare economie molto simili. Sono le necessit climatiche e geografiche, piuttosto
che l'origine etnica, a determinare le attivit economiche. Pesca, in mare e in acqua
dolce, caccia e allevamento delle renne sono, con peso diverso, i settori economici
tradizionali della maggior parte dei popoli indigeni del nord. Dall'incontro con i coloni russi
giunto l'allevamento di animali da pelliccia. L'agricoltura praticata solamente a sud del
limite del permafrost, dai Kareli e da una parte dei Canti e degli Jakuti. Nei territori
meridionali di Jakuti ed Evenki estremamente diffuso l'allevamento di bovini ed equini.
I metodi d'esercizio delle attivit economiche, l'utilizzo di strumenti tradizionali,
l'artigianato e le nuove forme artistiche come pittura e letteratura differiscono
naturalmente da popolo a popolo e da zona a zona.
Sciamanesimo
Un tratto culturale comune essenziale rappresentato dalla religione tradizionale, che,
prima della colonizzazione russa, consisteva esclusivamente in forme d'animismo
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sciamanico, la credenza in una natura animata, cio nell'esistenza di entit spirituali in


ogni oggetto e forza naturale. L'uomo pu mettersi in contatto con questi esseri e loro con
lui. Gli sciamani, dopo un periodo di formazione, possono visitare gli spiriti della natura in
uno stato di trance, in modo che la loro anima lasci temporaneamente il corpo e si rechi in
un altro piano della realt, generalmente interdetto all'uomo comune. Questa trance viene
evocata tramite il suono di tamburi e cantilene monotone, e solamente in casi eccezionali
-per quanto sappiamo- tramite stupefacenti.
Lo sciamano compie questi viaggi per mettersi in contatto con gli spiriti al fine di guarire
malattie o altri disagi, per lo pi offrendo sacrifici. Questi viaggi possono essere pericolosi
per gli sciamani; non capitato raramente che l'anima non sia tornata nel corpo e che lo
sciamano sia morto. Molte volte per il viaggio riesce: i disagi vengono eliminati e i
malati guariscono velocemente. In questo ovviamente l'applicazione della medicina
naturale e delle sue varie cure ha un ruolo importante. Un importante piano della realt il
quale deve essere conosciuto dallo sciamano, quello dei geni tutelari. Tra questi esseri,
spesso in forma animalesca, lo sciamano sceglie i suoi alleati, perch essi lo assistano
durante i suoi viaggi pericolosi nel mondo dei deceduti o addirittura nel mondo degli
spiriti creatori. La retribuzione per questi geni tutelari consiste sempre in sacrifici.
La concezione del mondo dell'animismo sciamanico dei piccoli popoli simile a quella
degli indiani americani e di altri popoli indigeni, basata sull'idea di un imprescindibile
equilibrio nella natura. Tutto ci che avviene ha conseguenze e ripercussioni su tutto.
Questa concezione per si limita alla connessione di causa ed effetto al livello del mondo
concepibile intellettualmente. Attraverso la pratica dello sciamanesimo, cio il mutamento
di stati indesiderati tramite l'influenza attiva in altri piani della realt, questi popoli
precedevano i tempi dell'ecologia moderna. L'incomprensione del cosiddetto mondo
moderno, che perdura fino al giorno d'oggi, ha fatto perdere la maggior parte di queste
conoscenze.
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Tra i molti popoli della Siberia la cristianizzazione stata molto meno efficace che per
esempio tra i Sami europei. Oggi spesso s'incontrano religione miste. Ufficialmente lo
sciamanesimo con i suoi pericolosi viaggi dell'anima non pi praticato: c' la speranza
che quest'arte sia sopravvissuta anche se rimane incerto in che grado. Tra molti popoli
come tra gli Evenchi, tra qualche gruppo samoiedo o paleoasiatico la religione atavica
comunque sopravvissuta. A maggior ragione dobbiamo fare in ogni modo da garantire la
sopravvivenza di queste culture anche nell'interesse del futuro del nostro mondo, a
prescindere da aspetti umani come conflitti d'identit e sradicamento culturale, che la
colonizzazione di questi popoli inevitabilmente comporta.
Russificazione: la politica linguistica e scolastica del governo sovietico
Gi durante gli anni 20 venne fatto molto lavoro per elaborare lingue scritte per la maggior
parte dei popoli indigeni. In alcune zone l'analfabetismo fu ridotto drasticamente nel giro
di breve tempo. Ma successivamente l'intero sistema formativo venne conformato ai
principi dello stalinismo. A partire dal 1937, per decreto, tutte le lingue dovevano venir
scritte con alfabeto cirillico, anche quelle per le quali esso era foneticamente inadatto.
Quei linguisti che avevano elaborato alfabeti espressamente per queste lingue furono
arrestati come nemici del popolo.
Nello stesso tempo venne vietato ai genitori di dare nomi non russi ai propri bambini. Si
diffuse la propaganda contro i "primitivi". A partire dal 1957 i maestri potevano essere
puniti se facevano uso della lingua indigena al di fuori delle ore di lezione ad essa
riservate. Negli anni sessanta la propaganda di regime puntava a che sempre pi genitori
vedessero solo i vantaggi della lingua russa e in questa lingua facessero educare i propri
figli. Nel 1970, al di fuori delle tre repubbliche autonome (Komi, Kareli e Jakuti), soltanto
la lingua dei Nenzi veniva ancora utilizzata nell'insegnamento scolastico.
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Anche il sistema degli internati per studenti aveva gravi conseguenze. Pensato
inizialmente per offrire la possibilit di un'educazione scolastica per i figli di famiglie
nomadi, fu successivamente esteso a tutti i bambini, anche quelli residenti. Esso valeva
per le scuole di ogni grado. All'et di 16 anni, poi, questi ragazzi tornavano alle loro
famiglie avendo perso ogni tipo di legame culturale con il proprio popolo. Questo sistema
ora non viene pi praticato, ma ha prodotto gravi danni. Questa politica ha portato
naturalmente a un forte regresso nell'uso della madrelingua, soprattutto per le etnie
numericamente pi deboli. La lingua tradizionale viene oggi usata soprattutto dalle
generazioni pi anziane, il che rende ancora pi difficile un mantenimento di queste
lingue. Un ostacolo ulteriore che molti appartenenti alle generazioni di mezzo non
conoscono n il russo, n la propria lingua materna: un grave ostacolo alla trasmissione
della propria identit culturale.
I popoli indigeni della Russia oggi: sull'orlo dell'abisso?
La dissoluzione dell'Unione Sovietica e l'apertura della Russia verso l'esterno ci ha reso
possibile negli ultimi anni farsi un quadro pi chiaro di quello che successo e sta
succedendo nei vasti territori del nord russo. Sempre pi spesso arrivano all'estero
informazioni autentiche ed attuali. Nello stesso tempo ci rendiamo conto di cosa abbia
significato la conquista e lo sfruttamento della Siberia, costati innumerevoli vite e che
hanno ridotto molti dei popoli indigeni sull'orlo dello estinzione.
L'industrializzazione selvaggia del nord russo durante gli anni trenta venne ripresa vent'anni
pi tardi, all'indomani della seconda guerra mondiale, con rinnovata energia. Il nord era
ricco di foreste, carbone, petrolio, gas, metalli. Territori colossali vennero sottratti con
un tratto di penna alle popolazioni che li abitavano. Miniere, pozzi di petrolio, strade,
fabbriche, disboscamenti, nuove citt industriali e centrali idroelettriche sorsero sul
terreno dove prima erano territori di caccia e pascolo. Scorie metalliche vennero smaltite
liberamente nella tundra. Per chi doveva "portare il paese verso un futuro felice", le leggi
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non avevano valore. Le forze armate esercitavano un potere tirannico sui propri territori
di manovra. Il delicato ambiente artico venne calpestato senza riguardi. L'estremo oriente
perse il 30 % del proprio patrimonio forestale. Negli anni ottanta, infine, vennero concesse
licenze di disboscamento a ditte cubane e nordcoreane, che oltre a questo avvelenarono i
fiumi.
Il boom petrolifero arriv a met degli anni sessanta. Vennero colpiti in maniera pi grave
i territori del medio Ob (territorio dei Canti), la penisola di Jamal (Nenzi) il territorio di
Magadan (Evenki e Eveni) e l'isola di Sakhalin (Orochi e Nivchi). Strade e Ferrovie
tagliarono i territori di pascolo delle renne, nacquero citt, i cingolati calpestarono in
maniera irreparabile il terreno della tundra. Solo nella penisola di Jamal furono resi
inutilizzabili 600.000 ettari di bosco, e 24.000 animali abbattuti. A questo si aggiunsero le
aggressioni da parte degli operai immigrati nei confronti della popolazione originaria.
Questa situazione perdur fino agli ultimi anni ottanta, quando crescenti proteste
finalmente trovarono ascolto. Vennero ritirate alcune concessioni, qualche ditta dovette
andarsene. Ma lasciarono alle loro spalle una terra desolata. Nessuno ha mai pensato a
risarcimenti. Tra gli strascichi pi nefasti dell'epoca sovietica in Siberia sono senz'altro le
conseguenze degli esperimenti atomici, in special modo nelle vicinanze di Novaja Zemlja
(le isole Kolguev e Vajgac) e nella penisola dei uki. La popolazione non venne evacuata
a distanza sufficiente, e tuttora una gran parte della popolazione soffre di malattie dovute
a esposizione a radiazioni.
Insieme siamo pi forti
Soltanto a partire dal 1986 divenne possibile protestare contro questo stato di cose senza
incorrere in conseguenze penali; in quell'anno gli abitanti di Paren (Kamatka), di etnia
koriaka, impedirono con successo la distruzione della loro localit. Soprattutto dopo il
1989 sono nati gruppi di interesse, come la associazione di Nenzi "Jamal per i nostri
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discendenti", "l'Associazione del Selkupi di Tomsk", l' "unione di Sami di Kola" e l' "unione
regionale degli Inuit".
Nel marzo del 1990 rappresentanti dei popoli del nord diedero vita al "Primo congresso dei
piccoli popoli del nord", alla cui Presidenza venne eletto lo scrittore Vladimir Snagi, del
popolo dei Nivchi. Il congresso approv una risoluzione in sette punti, nella quale il
governo dell'allora Unione Sovietica veniva invitato a ratificare la Convenzione
Internazionale per la Tutela dei Popoli Indigeni, oltre che a prendere ulteriori misure
giuridiche, amministrative ed economiche a tutela dei popoli del nord. Nel maggio 1990
venne eletta a mosca una "Unione dei piccoli popoli del Nord", che si dichiar competente
come organo consultivo del governo per tutte le questioni che riguardavano questi popoli.
Loro presidente divenne il anto Eremej Ajpin, membro del Soviet Supremo.
Gia nel 1989 gli esperti sovietici per i problemi delle minoranze avevano convenuto,
durante un simposio a Tjumen (Siberia occidentale), che la via migliore per garantire un
futuro ai popoli indigeni del Nord consiste nell'istituzione di territori nazionali con diritto
di autodecisione in campo economico, nel divieto di trasferimenti di popolazione o della
distruzione di insediamenti. Altres era necessario passare da megaprogetti di sviluppo
gestiti centralisticamente a misure prese e gestite localmente. Il governo centrale decise
contestualmente di reintrodurre classi in lingua madre per Ultschi, Jukagiri, Itelmeni,
Dolgani e Nivci. Vennero varati programmi d'insegnamento per l'allevamento delle renne,
caccia e allevamento di animali da pelliccia. Il primo "Circolo Nazionale" (Even-Bytantaj)
venne dotato di autogoverno per lo sviluppo economico su base nazionale.
Con modifiche di legge venne resa possibile l'istituzione di nuovi territori amministrativi
su base nazionale laddove un popolo indigeno rappresentava la maggioranza locale. Dove
un popolo indigeno rappresenta una minoranza, dovrebbero poter sorgere "unit
territoriali etniche". Questa legge venne fatta propria anche dallo Stato Russo dopo il
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crollo dell'Unione Sovietica nel dicembre 1991.


Vie verso il futuro
Nella nostra cultura occidentale viene spesso frainteso cosa significa il desiderio dei popoli
indigeni di uno sviluppo che rispetti le proprie caratteristiche culturali. Non significa
tornare indietro nel tempo e vivere nuovamente in tende di pelli o capanne di zolle.
Nessuno vuole questo. Ma popoli derubati di gran parte della loro terra e della loro cultura
devono recuperare almeno il diritto all'autogoverno, progettare e realizzare la propria
evoluzione sulla base dei propri valori. Solo in questo modo, a lungo termine, possibile
evitare conflitti etnici e il sorgere di movimenti separatistici.
Le riforme degli ultimi anni possono essere prese come un segno di buona volont. Ma
numerosi ostacoli si frappongono alla loro realizzazione pratica: in parte a causa di vecchi
appartati di partito cui riesce difficile, soprattutto nell'estrema periferia, assumere nuovi
atteggiamenti, in parte per il rinascente nazionalismo russo, in parte a causa della
difficilissima situazione economica, e non per ultimo, perch in molte zone le leggi non
vengono nemmeno applicate, soprattutto dove dominano bande mafiose o i militari
governano a loro piacimento.
Ora che i paesi occidentali e dell'estremo oriente stanno negoziando con la Russia per
l'apertura del passaggio Nord/Est e che l'opinione pubblica mondiale pu influenzare in
maniera sempre pi profonda gli avvenimenti in Russia, non si dovrebbero raggiungere
accordi con la Russia, se questi prevedono l'ulteriore espropriazione o la distruzione dei
territori e delle risorse dei popoli indigeni della Siberia. La molteplicit culturale della
nostra terra una ricchezza da conservare a tutti i costi. Non si devono pi cacciare
uomini dalla loro patria, e devono essere protetti da violenze da parte dei militari. Ogni
possibile collaborazione economica con Mosca nei territori del Nord deve essere legata a
queste condizioni.
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Winfried Dallmann collabora con l'Istituto polare norvegese e vive a Oslo.

Valerij B. Shustov / Jeremej D. Ajpin - La situazione dei piccoli popoli


del Nord della Federazione Russa [ top ]
1. Introduzione

[ top ]

Sul territorio della Federazione Russa vivono circa 200.000 persone appartenenti ai 30
popoli indigeni del Nord divisi tra 5 repubbliche, 4 territori, 10 regioni e 8 province
autonome. In condizioni artiche vivono 11 piccoli popoli, e cio i Saami, i Nienzi, i
Dolgani, gli Enzi, gli Evenchi, i Chanti, gli Eveni, i Ciukci, gli Eskimo, i Nganasani ed i
Jukaghiri. Il numero complessivo degli appartenenti ai popoli artici ammonta a 130.000. A
prescindere da ci, nelle immediate vicinanze del circolo polare, a livello del 60 grado di
latitudine settentrionale, vivono ancora 5 popoli: i Korjaki, i Keti, i Mansi, i Selkupi ed i
Ciuvanzi, con un numero complessivo di 20.000 uomini.
La caratteristica specifica della vita nell'Artide sono le temperature estremamente basse, i
venti forti, la neve ed il ghiaccio. Gli antenati di questi popoli hanno vissuto per millenni
in questa zona dal clima cos rigido. Hanno sopravvissuto perch si sono adattati alle
condizioni locali e si sono nutriti, in sostanza, di quanto fornisce la natura stessa. Rispetto
al numero complessivo dei territori in cui vivono il numero degli appartenenti ai popoli
indigeni del Nord diminuisce continuamente e ne costituisce soltanto il 1%. La schiacciante
maggioranza, il 75% circa della popolazione aborigene, vive in campagna, dove
rappresenta il 15% della popolazione.
Negli spazi infiniti del Nord della Russia sono concentrate pi del 60% delle riserve
esplorate di materia prima carbonifera, pi della met delle risorse naturali riproducibili,
quale il pellicciame. I territori settentrionali rendono la quinta parte delle entrate
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nazionali della Russia e producono la decima parte della produzione industriale. Nel Nord si
ricavano i del petrolio, il 92% del gas, il 15% del carbone e quasi tutti i fosfati. Alla
regione (del Nord) tocca pi della met della pesca e dei prodotti del mare. Nelle regioni
autonome Chanti-Mansisk e di Jamalo-Nenjez si ricavano giornalmente pi di 200 milioni di
tonnellate di petrolio, circa 500 miliardi di metri cubi di gas naturale. Gli ultimi 10 anni
sono stati caratterizzati da un forte aumento del ruolo della regione artica come territorio
base della Russia per la fornitura di materie prime. L'Artide diventa il centro principale
dell'industria petrolifera e dell'estrazione di metano nonch della metallurgia variegata.
Un ruolo di guida nell'apertura e nello sfruttamento dei territori polari lo riveste
l'arcipelago Novaja Semlja e gli spazi marini adiacenti dello shelf del mare Barents e del
mar Kara. Le riserve geologiche di depositi di condensato di gas dello shelf continentale di
Novaja Semlja vengono stimate in non meno di 10 trilioni di metri cubi. I piccoli popoli
del Nord sono popoli indigeni che hanno vissuto in queste regioni fino alla comparsa di
altre etnie. I piccoli popoli indigeni si sono insediati ed hanno popolato nel corso di secoli
gli immensi territori del Nord e dell'intera Eurasia. In condizioni climatiche naturali
estreme, essi hanno sviluppato il loro tipo di attivit economica, di cultura e di modo di
vivere.
Per tradizione i i popoli del Nord sono prevalentemente nomadi, seminomadi comunque
abitanti delle zone rurali. Tuttavia il loro tradizionale stile di vita stato distrutto dal
governo russo, la cui politica si proponeva di rendere sedentari i nomadi, di inpiantare
industrie e di ingrandire gli insediamenti. Attualmente una parte importante della
popolazione indigena vive in citt ed in abitati di tipo cittadino. per esempio il 50,7
Presso i Nivchi, 40%, presso gli Itelmeni il 40%, presso i Keti il 17,8%, presso i Nienzi il
17,1% e presso i Ciukci il 10% e cos via. La vita in insediamenti e citt contribuisce a
stretti contatti tra indigeni e appartenenti ad altre etnie, ragion per cui il loro modo di
vivere ha assorbito non pochi elementi etnici eterogenei. Questo stile di vita lontano dalla
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tradizione ha comportato per loro non poche conseguenze negative. L'interazione tra
societ industriale e le comunit indigene, relativamente chiusa, con struttura tribale e
con prevalente economia naturale genera numerose contraddizioni sociali, economiche e
giuridiche.
A partire dal 1926 sui problemi dei popoli indigeni sono stati adottati pi di 300 leggi e pi
di 1000 ordinanze ministeriali ed amministrative. Alla loro elaborazione hanno partecipato
importanti istituzioni scientifiche. Tuttavia molte questioni di principio non solo non sono
state risolte, ma in molti casi si sono persino aggravate. La politica dell'intensa
partecipazione dei popoli del Nord alla vita economica del Paese, del passaggio dal
nomadismo alla sedentariet, realizzata senza tener conto delle caratteristiche peculiari
del modo di vivere e della cultura ha condotto alla distruzione del tradizionale complesso
economico nazionale come base del tipo di vita praticato dalle etnie settentrionali. Tale
azione sfavorevole l'ha esercitata anche un'industrializzazione unilaterale delle regioni del
Nord, senza tener conto n delle particolarit di vita dei popoli del Nord. N delle loro
proprie esigenze di sviluppo, n della peculiarit dell'equilibrio ecologico di questi
territori.
Questa miope politica ha seriamente danneggiato lo sviluppo dei popoli settentrionali:
sono andate lentamente perse le peculiarit etniche e culturali e la lingua, le forme
tradizionali dell'economia e l'ambiente sono stati distrutti, il tenore di vita non
cresciuto, e anche dal punto di vista della salute fisica i popoli del nord restano in pericolo
. I tentativi di normalizzare la situazione a livello locale con l'adozione di provvedimenti
per la tutela degli insediamenti e dell'attivit economica dei popoli del Nord, in mancanza
di una vera disponibilit alla soluzione e dei passi necessari nella legislazione della
federazione russa. Il Nord diventato la regione della Russia pi esposta alle crisi. Gli
indici fondamentali del livello di vita e di previdenza qui sono 2-3 volte pi bassi dei
valori medi russi. La met degli arretrati di salario dovuta ai settentrionali, un
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disoccupato su 5 un'abitante di questa zona.


E' peggiorata la situazione dei settore basilari dell'economia degli indigeni. Negli ultimi 5
anni numero di renne si ristretto da 2.304.000 a 1.749.000 unit, la pesca e quanto si
ricava dalla pellicceria e dalla pesca sono diminuiti della met, praticamente cessata la
raccolta di funghi, bacche, noci, di piante medicinali e di alghe. A causa delle alte tariffe
per i trasporti il 60% di quanto prodotto non ha raggiunto i luoghi di lavorazione o di
commercializzazione. Tutto ci ha reso pi complicata la situazione dell'occupazione dei
popoli indigeni. Soltanto nel 1994 il numero dei lavoratori indigeni diminuito quasi del
20%, circa il 25-30% degli abili al lavoro sono disoccupati e non dispongono di mezzi di
sussistenza. Particolarmente alta la percentuale dei disoccupati tra i giovani e le donne.
E' calato il numero degli occupati nei settori tradizionali dell'economia dei piccoli popoli
del Nord.
2. La situazione socio-demografica dei piccoli popoli indigeni del Nord [ top ]
L'aumento demografico dei popoli del Nord supera gli indici medi della Repubblica e per il
periodo tra i censimenti del 1959 e del 1989 questo aumento raggiunse il 39,9% rispetto al
25,4% nell'intera Russia. Sia nel periodo 1959-1970 che nel periodo 1979-1989 il numero dei
popoli del Nord aumentato in egual misura, e cio del 16,6%, nei confronti della Russia in
generale dove diminuito rispettivamente del 10,7 e del 7,1%. Tuttavia, nel periodo tra i
censimenti del 1970 e del 1979 si osservato un acuto abbassamento (del 2,9%) dei tempi
di crescita del numero della popolazione aborigene, verificatesi sullo sfondo del ribasso
anche degli indici generali russi di crescita (5,8%).
Il livello di natalit relativamente alto e supera del 2,5% il valore medio russo. Nel 1989
nella Russia il la crescita media fu del 14,6%, mentre per i popoli del Nord il 31,9%. Nel
1991 secondo i calcoli questi indici erano rispettivamente il 12,1% ed il 30,5%. Fino ad oggi
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le famiglie indigene preferiscono pi figli circa il 40% delle famiglie hanno tre o pi figli
(il 16% nella Russia in generale). Contemporaneamente si osservano significativi divari tra i
livelli di natalit delle diverse etnie indigene. Il pi alto indice del 1989 lo hanno raggiunto
gli Oroci (45.9%), il pi basso gli Oroki (7,9%), mentre il livello di natalit di tutti i piccoli
popoli del Nord (salvo gli Oroki) supera gli indici medi della Russia in generale.
Il tendenziale calo del tasso di natalit viene anche confermato dall'aumento delle famiglie
a uno o due figli e dal calo del numero delle famiglie a cinque o pi figli. Le giovani spose
delle nazionalit indigene sono in sostanza orientate verso un minor numero di figli. Si
registra anche una crescita degli aborti. Questi sviluppi conducono al restringimento della
famiglia media. Nel 1970 la famiglia media contava ancora 4,7 membri, nel 1979 4,3 e nel
1989 soltanto 4 membri. La diminuzione del numero dei figli deriva anche
dall'indebolimento delle relazioni familiari, dovuto al fatto che fino a poco tempo fa
l'istruzione e l'educazione dei bambini si svolgeva separatamente dalla famiglia. Il
passaggio dal nomadismo alla vita stanziale ha messo in crisi l'organizzazione familiare
tribale, e ha reso difficile l'incontro di potenziali coniugi. Il rapporto tra i due sessi
peggiora per i differenti livelli di educazione e di cultura che li contraddistingue: Mentre i
sono occupati nei lavori tradizionali nella tundra, le ragazze vengono educate
nell'ambiente relativamente urbanizzato degli insediamenti permanenti.
Cresce quindi il numero delle femmine e dei maschi non sposati. Inoltre esistono pi
maschi celibi che femmine nubili. In confronto con la popolazione russa media, presso i
Nenzi, gli Evenki, gli Eveni ed i Korjaki la quota dei maschi celibi e delle femmine nubili
due volte pi alta, presso i Saami pi di tre volte pi alta. Spesso le ragazze indigene
preferiscono convivere, senza documento di matrimonio, con giovani che lavorano
temporaneamente nella regione. Secondo stime di esperti presso i popoli del Nord si
registrano, sempre pi spesso nascite extraconiugali. I processi di assimilazione che si
vanno rafforzando condizionano in maniera duratura i problemi della popolazione indigena
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del Nord. Il numero dei matrimoni misti aumenta continuamente. Cos la quota dei
matrimoni misti presso i Saami costituisce l'80-90%. Perci l'aumento del numero
complessivo di alcuni popoli, tra cui i Keti, i Nganasani, i Selkupi, gli Evenki e i Mansi,
dovuto al numero crescente degli "immigrati per matrimonio".
I figli da matrimoni misti in una serie di distretti dei territori di Murmansk e Tjumen
nonch di Krasnojarsk e Chabarovsk costituiscono il 70-90% di tutti i figli da madri
indigene. Per continuare a ricevere i contributi statali questi figli il pi delle volte
vengono registrati come persone di nazionalit indigena. Secondo stime fatte nella
Regione autonoma dei Chanty e Mansi il 20% di tutti i nativi Chanty e Mansi appartengono a
queste etnie soltanto in base al loro passaporto. I processi di assimilazione hanno serie
conseguenze biologiche. Secondo dati di indagini medico-genetiche il mescolamento della
popolazione indigena con gli immigrati pu condurre a quell'indebolimento del sistema di
adattamento dell'organismo che consente il sopravvivere della popolazione in estreme
condizioni ambientali e che in ultima analisi garantisce anche l'esistenza di queste etnie
singolari. Questo aspetto del problema dovrebbe diventare oggetto di indagini accurate
ed a largo raggio.
Una particolare preoccupazione desta il tasso di mortalit della popolazione indigena del
Nord. Presso 12 dei 26 popoli essa supera la media russa. Il tasso di mortalit specialmente
presso i maschi tra i 24 e i 34 anni in media 1,5 volte pi alto di quello presso gli altri
abitanti dei territori settentrionali (10,4 0/00 rispetto a 6,6 nel 1989). Vi una grande
differenza tra le diverse etnie: 6,2 per mille presso gli Aleuti e fino a 28,3 per mille presso
gli Oroci. Lo stesso vale anche per la mortalit in et di lavoro. Questa presso gli aborigeni
3-4 volte superiore a quella degli immigrati da altre regioni della Russia (1989).
La mortalit infantile presso la popolazione indigena del Nord (30 per mille) supera
egualmente 1,5 volte la media dei rispettivi distretti in cui tale popolazione vive e 1,7
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volte la media russa. Cos nel 1989 nella Regione Irkutsk (Evenki e Tofalari) la mortalit
infantile (dei bambini fino ad un anno) ammontava a 57 su 1000 nati, nel territorio di
Krasnojarsk (Dolgani, Evenki, Nenzi, Nganasani, Keti) a 48 rispetto a 17,17 in tutto lo
Stato. Presso singoli popoli la mortalit nel primo anno di vita molto pi alta e supera i
valori medi della Russia da 5 fino a 7 volte. Particolarmente alti sono i tassi presso i
Korjaki (52,7 per mille) e gli Eskimo (47,6 per mille).
Tra le cause di morte (anche degli uomini in et lavorativa) spiccano i traumi le
intossicazioni alcoliche, le malattie dell'apparato respiratorio e le malattia infettive. Il
tasso di mortalit specifico supera 2,5 volte i dati statistici medi della Russia. Il
peggioramento delle condizioni di vita sociali e -igienico sanitarie (abitazione di qualit
scadente, modo di vita instabile, cura insufficiente della salute) fa aumentare la mortalit.
Nei centri abitati manca lo spazio abitativo. Le costruzioni risalgono agli ultimi anni '50 ed
ai primi anni '60. Lo spazio abitativo in media non raggiunge 4 m2 a persona. Pi del 30%
degli aborigeni vive in tende da nomadi (cium). Mancando i mezzi per la manutenzione, lo
spazio abitativo medio disponibile per gli indigeni diminuito del 40%( rispetto a una
diminuzione del 23% in tutta la Russia). La cattiva situazione abitativa diventa ancora
peggiore nelle campagne, perch qui prevalgono edifici monofamiliari, il cui costo, per la
maggior parte delle famiglie, troppo alto.
Il forte inquinamento dei grandi fiumi e dei mari dovuto allo scarico di acque di rifiuto
industriali, a mancati investimenti nella tutela delle acque, alla scarsa efficienza degli
acquedotti danneggiano gravemente l'ecosistema. Una grande percentuale delle campioni
di acqua potabile (40-65%) non corrisponde n chimicamente n batteriologicamente ai
limiti di legge. Questa situazione compromessa si ripercuote negativamente sulla crescita
della popolazione. La mortalit generale superiore 1,7 volte e quella infantile 2 volte a
quella della popolazione non-indigena della regione. La durata media della vita 10-20
anni inferiore alla media russa.
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Le cause di questa evoluzione o meglio involuzione sono da ricercare nel sovvertimento


delle fondamenta della vita economica, culturale e intellettuale e nel cambiamento
profondo dell'ambiente abitativo e dell'alimentazione degli aborigeni. Cos l'alimentazione
di tipo europeo dimostra una composizione di microelementi non corrispondente
all'organismo dell'indigeno settentrionale ed una quantit insufficiente di calorie. Perci il
mantenimento della dieta tradizionale (carne di renna, pesce, piante) non costituisce solo
la soluzione di un problema di approvvigionamento, ma anche una questione di
conservazione delle caratteristiche etniche.
Contribuisce all'alta mortalit e la scarsa salute psichica della popolazione. In seguite alla
perdita del lavoro e del modo di vita tradizionali, sorto una classe di sottoproletariati.
Pi del 30% delle morti presso i popoli indigeni avvengono violentemente. Si commettono
tre, quattro volte pi suicidi che nella Russia in generale. La densit degli ospedali nelle
zone di insediamento dei popoli indigeni raggiunge solo il 67% della norma. Di 19 centri di
assistenza al parto solo 4 sono stati costruiti dopo il 1970, gli altri risalgono al periodo
1934-1948. Inoltre questi centri nei piccoli insediamenti sono male attrezzati. Le cause
principali della decadenza sono da ravvisare nella distruzione dell'ambiente, nel rapido
mutamento delle abitudini alimentari, nell'alimentazione non equilibrata dei bambini e
nell'aumentata sensibilit degli aborigeni rispetto alle malattie infettive. La rottura
radicale con il modo di vita e valori tradizionali dev'essere considerata come ulteriore
causa dell'aumento dei suicidi tra la popolazione abile al lavoro e dell'alcoolismo molto
diffuso.
Nel complesso il sopravvivere dei piccoli popoli dipende dalla loro capacit di
adattamento sociale, psicologica e fisiologica. Secondo indagini della sezione siberiana
dell'accademia russa delle scienze mediche la riserva di salute storica degli aborigeni del
Nord di fronte alle tendenze che si profilano potrebbe essere esaurita in due-tre
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generazioni. C' quindi la necessit urgente di elaborare un modello di controllo medicodemografico per seguire la dinamica dei cambiamenti genetici ed altri nella popolazione
ed elaborare su questa base un piano di neutralizzazione delle influenze dannose.
3. La salute [ top ]
Per via delle peculiarit del cosiddetto "polmone settentrionale" le malattie degli organi
respiratori presso i popoli indigeni hanno un andamento pi lungo e pi grave. Per la
popolazione immigrata tipico l'andamento acuto della malattia, per gli aborigeni quello
cronico. Le malattie infettive ed infiammatorie costituiscono il 57-80% di tutte le
patologie. L'andamento cronico presso la popolazione indigena stanziale si riscontra 16-18
volte pi spesso che presso quella immigrata. Gli aborigeni sono 2,5-3 volte pi spesso
colpiti dalla tubercolosi degli abitanti della Russia in media.
Il passaggio dall'alimentazione tradizionale a quella di tipo europeo con il caratteristico
prevalere degli carboidrati genera malattie gastrointestinali 2,5 volte pi diffuse presso la
popolazione aborigene che altrove. Fino al 95% degli esaminati soffrivano di carie o
ipovitaminosi. Indagini svolte nella Regione autonoma Nenjetz hanno dimostrato che la
diffusione di malattie presso gli abitanti di insediamenti stabili nel complesso 1,5 volte
pi alta che presso gli abitanti della tundra, per le malattie infettive e parassitarie 2,5
volte pi alta, per le malattie degli organi digestivi e respiratori 1,5 volte pi alta e per
la malattie psichiche persino 5 volte pi alta. Dal 1970 le malattie psichiche sono
aumentate di 6,5 volte, le malattie cutanee 7,2 volte, le intossicazioni (acqua malsana,
generi alimentari, alcool) ed i traumatizzati 65,5 volte.
Gli abitanti del Nord possiedono una particolare facolt visiva: vedono meglio a lunga
distanza, mentre hanno difficolt a guardare a breve distanza: (per es. per leggere o
guardare la Tv). Perci la lettura di libri presso il 90-97% degli scolari provoca forti
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tensioni psichiche e stanchezza. Di conseguenza nell'et infantile prevalgono oggi le


malattie degli occhi (conseguenti a malformazioni nello sviluppo dei vasi cardiaci e da
malattie dei nervi e della psiche). Le peculiarit mediche e sociali della popolazione
aborigene si ripercuotono sulla durata della vita: Nel 1989 la durata media della vita degli
uomini era 54 anni, quella delle donne 65 anni. Questi valori sono di 10 anni pi bassi della
media russa e di 16 anni della media dei popoli del Nord dell'Europa e dell'America.
4. L'occupazione [ top ]
Fino all'inizio del 1992 presso i popoli indigeni del Nord il numero degli occupati
cresciuto continuamente. Nel periodo dal 1981 al 1991 il numero dei lavoratori, impiegati
e contadini di aziende collettive aumentato mediamente del 22%, la manodopera
cresciuta in quasi tutti i settori dell'economia, pi rapidamente quella femminile. Col
passaggio all'economia di mercato il numero dei lavoratori aborigeni impiegati in aziende
collettive diminuita. Questo processo ha colpito 21 su 25 popoli del Nord. I pi
gravemente colpiti sono stati gli Esquimesi (-30,1%), i Ciukci (-28,6%), i Saami (-22,1%) e
gli Itelmeni (-19,5%). Solo nel 1992 il numero degli aborigeni occupati sceso quasi del
10%: nell'agricoltura del 7,9%, nell'industria pesante del 13,5%, nell'edilizia quasi del 28%,
nel commercio, nel settore alimentare, nell'industria manifatturiera del 23,7% e nei
trasporti del 15,8%.
Contemporaneamente avvenuta una crescita insignificante dell'occupazione indigena nel
settore dell'istruzione (del 4,3% nel 1992 dovuto in parte al sorgere di piccole scuole
nazionali. Causa principale del calo del numero degli aborigeni occupati nella produzione
la diminuzione dei branchi delle renne, a sua volta connesso con la riorganizzazione delle
aziende di tipo kolchos e sovchos, con lo scioglimento delle unit selvi culturali, con il
calo degli investimenti nell'edilizia, con la privatizzazione del commercio e
dell'alimentazione pubblica. Sono calati in primo luogo i posti di lavoro che non
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richiedevano alcuna qualificazione e perci occupati soprattutto da indigeni.


A questa perdita di posti di lavoro per gli aborigeni fa riscontro l'aumento della
popolazione abile al lavoro. Fino al 25-30% degli abili al lavoro dei piccoli popoli si
trovano, oggi, senza occupazione, cosicch possono assicurarsi l'esistenza solo con la
raccolta di piante selvatiche, con la pesca, la caccia e l'allevamento di piccoli greggi di
renne. Circa il 15% degli abili non possono o non vogliono inserirsi nel processo di lavoro.
La disoccupazione particolarmente diffusa tra la giovent e tra le donne. La scarsa
mobilit della popolazione indigena costituisce un'ulteriore causa dell'alto tasso di
disoccupazione. Secondo i dati di un'indagine sociologica il 20% dei non indigeni in caso di
perdita del posto di lavoro disposto a cercare lavoro fuori della propria regione, ma solo
il 2% della popolazione indigena farebbe lo stesso. Molti aborigeni uscenti dal processo di
lavoro ritornano nella tundra o accrescono l'esercito del sottoproletariato nei nuovi
insediamenti.
4.1. L'occupazione nei settori tradizionali dell'economia
L'economia tradizionale costituisce l'elemento pi importante, formatosi storicamente,
degli ecosistemi settentrionali. Questi territori forniscono il mercato russo di merci rare.
Cos l'allevamento delle renne assicura il 96% di tutto l'effettivo russo di renne, la caccia il
52% degli acquisti russi di pelliccia ed il 58% della selvaggina. All'inizio degli anni 90 la
popolazione indigena lavorava in 278 aziende sovchos, 87 aziende kolchos, 353 imprese
ausiliarie e 336 aziende di caccia. Nei settori tradizionali dell'economia dei popoli
indigeni (allevamento renne, pesca, caccia, preparazione e lavorazione di piante
selvatiche, produzione di abiti da pelliccia e calzature ed altro) sono occupati attualmente
circa 30.000 persone ed il 55% degli abili al lavoro indigeni. Essi costituiscono la parte
essenziale (pi del 70%) degli occupati nell'agricoltura.
All'inizio del 1993 il pi alto tasso di occupazione in agricoltura lo si riscontrava presso gli
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Onoki (96,4%), gli Eveni (77,8%), i Ciukci (70,2%) e presso una serie di altri popoli. Molti
Tofalari e Udeghi sono occupati nella pesca e vengono considerati come occupati
nell'industria. Per il ministero del lavoro non soddisfacente il fatto che per es. tra i
Tofalari due persone (il 0,9%) vengono contate come occupati nell'agricoltura, ma il 56,4%
come occupati in altri settori. Presso gli Udeghi i dati corrispondenti sono 4 e 31,9%.
Simili rapporti si riscontrano presso i Mansi, i Nanaizi, gli Ulci ed altri popoli. I seguenti
fattori negativi determinano la situazione occupazionale della popolazione indigena nel
settore tradizionale dell'economia:
mancanza di posti di lavoro nei settori tradizionali dell'occupazione;
mancanza dell'interesse, tra la giovent, di lavorare nei settori tradizionali;
il basso livello di istruzione e la mancanza della necessaria capacit di gestire
l'economia in condizioni di passaggio all'economia di mercato e la mancanza di
strutture tecniche per il lavoro tradizionale;
la crescita dei gruppi marginali che hanno completamente perso l'interesse per il
lavoro.
La sistemazione dei popoli nomadi in centri abitati, nei quali non era stata predisposta
alcuna struttura artigiano-industriale corrispondente alle loro capacit lavorative, ha
sottratto alla popolazione abile al lavoro la possibilit di seguire un lavoro regolare. Non
mancarono le conseguenze per il benessere materiale delle famiglie. Inoltre il calo dello
standard di vita della popolazione russa durante gli anni 1991-1993 si ripercosso pi
fortemente sulla situazione degli aborigeni. Inoltre la prevalente maggioranza dei piccoli
popoli dispone di un reddito largamente inferiore al minimo esistenziale e persino al di
sotto del salario minimo.
La lesione dell'equilibrio ecologico del territorio causa la diminuzione del numero dei posti
di lavoro nei settori tradizionali dell'economia. Soltanto nelle Regioni autonome Chantyopen in browser PRO version

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Mansijsk e Jamalo-Nenjezki , per lo sfruttamento dei giacimenti di petrolio e di metano si


sono persi irrecuperabilmente 1,1 milioni di ettari di pascolo per le renne. Pi di 100
grandi e piccoli fiumi sono inquinati, pi di 500.000 ettari di bosco e pascolo sono stati
espropriati. A causa l'inquinamento dell'acqua nel corso dell'estrazione del metano
periscono annualmente pi di mille tonnellate di pesce pregiato. Nell'apertura dei
giacimenti Medjeshev, Urengoi, Jamburg le misure di protezione della natura non sono
state prese in considerazione nei progetti del complesso petrolmetanifero. Va da s che
ci si immancabilmente ripercosso sulla situazione dell'occupazione nei settori
economici tradizionali degli indigeni. Nella Regione autonoma Nenjez nell'anno 1979 erano
occupati ancora 713 pescatori, nel 1989 sono rimasti soltanto 308. Inoltre gli immigrati
hanno scacciato la popolazione indigena dai loro posti di lavoro nella pesca, nella caccia e
parzialmente anche nell'allevamento delle renne.
L'abbandono, da parte della popolazione indigena e specialmente della giovent,
dell'economia tradizionale viene provocato anche dal peggioramento delle condizioni di
vita e di lavoro. L'allevatore di renne deve sottostare a un doppio carico: da un lato
infatti deve condurre la sua vita in condizioni climatiche estremamente pesanti, e d'altro
canto deve affrontare il non meno pesante lavoro giornaliero con il gregge; in queste
condizioni sorgono difficolt nel costituire una famiglia.
Nelle regioni ed economie in cui gli itinerari del nomade non superano i 300-400 km e l'
azienda viene gestita col metodo della guardia, gli allevatori delle renne vivono gran
parte dell'anno con le loro famiglie in condizioni relativamente gradevoli. Ci favorisce il
consolidamento di gruppi di lavoro nei settori tradizionali dell'economia. Per una vita
nomade che si protrae fino a 1000 km occorre che lungo gli itinerari si facciano sforzi
aggiuntivi per creare quelle condizioni di lavoro e di vita che non siano in alcuna maniera
meno accettabili delle comodit degli insediamenti stabili. Soltanto allora per le donne si
aprirebbe la possibilit di lavorare e vivere non soltanto negli insediamenti, ma anche
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sugli itinerari delle migrazioni. Il ripristino delle aziende comunali e rispettivamente


tribali comporta il riesame dell'atteggiamento verso la vita nomade. Soltanto nel 1992 il
numero dei nomadi cresciuto di 586 persone a 16.426 persone (3625 gruppi di lavoro ed
altri gruppi minori).
Un nuovo mestiere l'allevamento di animali selvatici. Cos nel distretto Providenskij
della Regione autonoma dei Ciukci pi di 2000 aborigeni sono occupati in questo ramo, il
30% di tutti gli aborigeni occupati nell'agricoltura in questo circondario. La soluzione dei
problemi sociali ed economici dei piccoli popoli del Nord deve basarsi sulla conservazione
e sullo sviluppo di nuove tecniche per il loro modo di lavorare e di vivere tradizionale. Il
funzionamento dell'economia tradizionale costituisce il fondamento dello sviluppo,
questa l'opinione degli aborigeni. Le nuove forme aziendali ed occupazionali (farmer,
economie comunali, piccole imprese familiari e cooperative) si sono molto sviluppate
nell'ambito dell'economia tradizionale . Nel corso della riorganizzazione dei kolchos e dei
sovchos vengono create molte nuove entit economiche, che costituiscono un ritorno alle
forme tradizionali familiari e tribali dell'economia. In una tale azienda contadina sono
occupati in media da tre a sei persone.
Il numero di queste aziende aumenta continuamente: nel territorio del Magadan (compresa
la Regione autonoma dei Ciukci) il numero delle nuove aziende di allevamento delle renne
soltanto nel primo semestre del 1993 aumentato da 27 a 42 unit, nel territorio di
Archangelsk (compresa la Regione autonoma Nenjez) da 30 a 50 unit. Inoltre all'inizio del
1993 nei distretti dell'estremo Nord funzionavano 25 imprese nazionali (familiari), circa 30
cooperative e 7 associazioni. La popolazione aborigena costituisce la maggioranza degli
occupati in queste nuove forme aziendali. Cos per es. nel 1993 nella Regione Kamciatka
vennero fondate 9 cooperative nazionali, 4 imprese nazionali e la corporazione
"Vosroshdenie" ("Rinascita"). Nella Regione Sachalin venne eretta la ditta agroindustriale
"Aborigen Sachalina". Nella Regione autonoma Nenjez venne creata l'associazione degli
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allevatori di renne "Erv" e nel territorio di Krasnojarsk l'associazione industriale di caccia


dei piccoli popoli del Nord. Nella Regione autonoma degli Evenki vennero istituite 60
aziende contadine, 23 aziende industriali per l'allevamento delle renne, 11 comunit tribali
nei settori tradizionali dell'agricoltura e dell'industria: allevamento di renne, fornitura e
lavorazione di pellicciame, allevamento di animali selvatici, allevamento cani ed altro
dove lavorano circa 700 uomini (4,3% degli occupati nella Regione).
Nella legge "Sulla privatizzazione delle imprese statali e comunali nella Federazione Russa"
stabilito il diritto di prelazione degli abitanti indigeni sull'acquisto della propriet delle
imprese industriali ed artigianali tradizionali. Causa la tecnologia primitiva usata nella
produzione, lo scarso funzionamento del mercato di materie prime e le difficolt di
smercio, l'industria tradizionale finora costituiva spesso un'attivit deficitaria. Per gli
esercizi organizzati ex novo per ora non ci sono mezzi di promozione, bench, secondo
valutazioni, per esempio soltanto nella Regione Evenka lo sviluppo dell'industria
tradizionale potrebbe assicurare un posto di lavoro a 20.000 persone, cio a tutte le donne
disposte a lavorare appartenenti alla popolazione indigena. Attualmente in questo settore
sono occupate soltanto 260 persone.
Negli ultimi anni i capi di renne sono calati drasticamente. Rispetto alla media annua 19861990 nel 1992 gli acquisti statali di carne (peso vivo) sono calati di 2,7 volte, l'acquisto di
pelli di renna di 3,6 volte. E' diminuita fortemente la prole, le perdite dovute alle
epidemie sono aumentate del 43%. Se nel 1986 soltanto il 10% dell'effettivo delle renne era
vittima di epidemie, tale quota nel 1992 sal al 16%. Dati questi presupposti per le imprese
si crearono difficolt nel rifornimento con materie prime, le quali difficolt a loro volta si
ripercuotevano sulla lavorazione dei prodotti delle renne, per cui diminuiscono i posti di
lavoro, cala il salario e cresce la disoccupazione latente (tempo di attesa imposto,
settimane di lavoro incomplete, aumento delle attivit stagionali).
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4.2. L'occupazione nei nuovi settori dell'economia


Le opportunit occupazionali della popolazione indigena possono essere accresciute
attraverso una migliore formazione professionale. Gli indigeni non lavorano volentieri nei
nuovi ambiti industriali non collegati con il loro settore tradizionale di attivit. Nel
complesso la parte degli indigeni occupati nell'industria non supera di molto il 9% del totale
degli occupati. La percentuale varia notevolmente da popolo a popolo. Cos solo circa il
3% degli Evenki, il 2,6% dei Korjaki e l'1% dei Ciukci lavorano nell'industria.
Contemporaneamente il 16,2% dei Nenzi, il 20% dei Nanaizi, il 24% dei Nivchi, il 29,6%
degli Ulci sono occupati prevalentemente nell'industria di lavorazione del pesce. Questo
ramo industriale costituisce la continuazione tecnologica della pesca tradizionale.
Poco pi dell'1% lavora nell'edilizia, circa il 2,5% nei trasporti e nelle comunicazioni, dove
occupano soprattutto posti di lavoro non richiedenti alcuna qualificazione speciale, perch
la loro formazione generale e professionale molto bassa. Dei rappresentanti della
popolazione aborigena nel servizio sanitario il 90% lavora nei servizi di livello basso o
medio e solo il 10% costituito da medici o dirigenti di case di salute.
4.3. La formazione professionale
Il 48% della popolazione aborigena ha ricevuto soltanto l'istruzione elementare. Nel 16,9%
manca persino questa, la met di essi costituita da analfabeti. Indagini svolte nei
circondari autonomi della Regione Tjumen hanno dimostrato che solo il 5% di coloro che
frequentano la 1 classe concludono con successo l'ottava e la decima classe. Fino ad un
terzo degli scolari della 1 classe deve ripetere tale anno scolastico. Meno del 22%
continuano fino alla 7 classe o fino ad una classe superiore. Questo basso livello di
educazione non consente agli adulti di abbracciare una professione moderna e li costringe
ad accettare lavori non richiedenti alcuna o soltanto una scarsa qualificazione. Le cause
principali di questo inconveniente sono le seguenti:
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molti bambini d'et scolastica pi giovane non sono in grado di superare le difficolt
del passaggio in un altro settore sociale;
siccome l'educazione si svolge all'infuori della famiglia, manca l'azione regolatrice
dei genitori sul bambino;
l'istruzione non tiene conto delle peculiarit psicosociali e del modo di vivere
tradizionale degli aborigeni nonch della loro speciale percezione della realt;
l'inizio relativamente tardo dell'istruzione (spesso solo ad 8, 9 o persino 11 anni).
Meritano il massimo aiuto le piccole scuole per nomadi che si trovano pi vicine alle
aziende dei genitori ed il cui sistema di istruzione corrisponde al sistema economico degli
aborigeni. I gruppi di lavoro qualificati della popolazione indigena del Nord nella
formazione tecnico-professionale vengono preparati in primo luogo per i settori
tradizionali dell'economia. Ma negli anni 1987-1992 il numero degli iscritti diminuito da
1.510 a 940 persone (-36,7%). Gran parte dei giovani e si orienta verso le professioni
odierne nei nuovi settori di produzione. Per, non appena i giovani hanno concluso gli
istituti di istruzione tecnica, si trovano senza lavoro. A Sachalin pi del 35% dei
disoccupati sono giovani al di sotto dei 25 anni, nel distretto Beresov del circondario
Chanty-Mansijsk lo il 40%. In realt le cifre sono pi alte perch molti di coloro che
hanno perso il proprio lavoro non si fanno pi registrare perch abitano troppo lontani
dagli uffici del lavoro.
5. La situazione culturale

[ top ]

Con la scomparsa delle forme tradizionali dell'attivit economica sono state minate le basi
della cultura autoctona degli aborigeni. Gli istituti e le forme tradizionali spirituali e
religiosi, ed i riti connessi sono stati annientati. L'etnicit era considerata come qualcosa
di arcaico, folcloristico ed esotico. Perci il lavoro culturale fino ad oggi indirizzato
all'assistenza culturale ed all'attivit di spiegazione culturale.
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La mancanza completa di aiuti finanziari ritarda la ripresa culturale. La maggioranza delle


case di cultura, biblioteche e scuole rurali si trova in uno pessimo stato. Vanno
scomparendo le feste tradizionali ed i mestieri dell'artigianato artistico. Sullo sfondo dei
cambiamenti radicali svoltisi nella Russia in generale, la cultura variegata dei popoli del
Nord ha bisogno di creativit. L'intellighentsija dei popoli indigeni molto preoccupata
per la decadenza delle relazioni intellettuali, per la liquidazione del sistema statale della
distribuzione dei libri e per i finanziamenti estremamente esigui erogati per la cultura.
Vengono elaborati programmi per lo sviluppo del potenziale spirituale dei popoli del Nord,
senza coinvolgere le forze creative degli indigeni. Tutto ci si ripercuote negativamente
sulla letteratura di questi popoli. Tuttavia sono ancora state conservate le fondamenta
spirituali per la sopravvivenza. La ripresa culturale sembra costituire la condizione
principale per il recupero della situazione sociale, perch soltanto con essa pu essere
evitato il nichilismo etnico e l'estremismo.
6. Il settore sociale

[ top ]

L'infrastruttura sociale dei distretti di vita dei piccoli popoli del Nord stata organizzata
praticamente nell'ambito del programma di industrializzazione dei territori settentrionali.
I collegamenti con la metropoli hanno garantito alla popolazione locale la disponibilit di
generi alimentari, merci industriali, , linee di trasporto ed energia elettrica. Partendo da
questo dato di fatto, si spiega l'alta vulnerabilit dell'infrastruttura sociale nell'attuale fase
di recessione economica attuale.
Rimangono del tutto irrisolti importanti problemi riguardanti l'approvvigionamento
elettrico od il trasporto e l'edilizia. Dei 29 centri abitati dell'Altai non provvisti di
corrente elettrica 19 appartengono ad insediamenti permanenti degli aborigeni. Nei
distretti rurali a causa del terreno impervio reso pi difficile il lavoro della posta.
Mancano comunicazioni telefoniche. In molti villaggi della popolazione indigena non
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funziona alcuna radio. Dappertutto manca spazio abitativo e mancano presupposti


elementari per vivere. In tutto il Nord (anche l dove viene estratto gas naturale) solo il
3% degli insediamenti provvisto di gas, solo il 4% ha un acquedotto, lo 0,1% un
riscaldamento centrale. Nell'edilizia manca un'industria orientata verso la costruzione e
l'utilizzo di edifici in condizioni climatiche estreme. Il settore edilizio esistente si trova in
una grave crisi per il forte rincaro ed il difficile trasporto dei materiali di costruzione che
inoltre devono essere pagati al 100% in anticipo.
Tra la popolazione non indigena attualmente sale il tasso di emigrazione, il che porta
all'abbandono di insediamenti finora abitati. Ci comporta a sua volta gravissime
conseguenze per i minuscoli popoli perch cessano le forniture di generi alimentari e di
prodotti industriali nonch l'erogazione di servizi importanti per la popolazione. Pi di 2
milioni di abitanti del Nord non indigeni attualmente pensano di emigrare. Gi adesso nel
Magadan sono stati abbandonati gli insediamenti Moja Rusta, Burkandja ed altri. Nel 1994 la
popolazione della Ciukcia diminuita del 10,5%, quella del Magadan dell'8,1%, quella della
Kamciatka del 3,8%, quella di Sachalin del 2,6%, quella della Jacuzia del 2,4%. Il calo della
produzione nelle citt, l'economia tradizionale non redditizia, il restringimento delle zone
di caccia e pesca provocano disoccupazione. La gran maggioranza della popolazione
indigena del Nord vive al di sotto del limite di povert.
All'inizio del 1995 la maggioranza della popolazione disponeva di un'entrata di 30.00040.000 rubli al mese. L'entrata minima per sopravvivere corrispondeva a 120.000 rubli. I
problemi fin qui prospettati sono stati affrontati dal 1991 al 1995 nell'ambito del
programma statale per lo sviluppo dell'economia e della cultura dei piccoli popoli del
Nord. Questo programma stato confermato con ordinanza del consiglio dei ministri della
Federazione Russa dell'11 marzo 1991, n.145. Sono state emanate la Costituzione della
Russia ed una serie di importanti leggi e decreti e sono stati varati altri programmi di
importanza federale e regionale ("I bambini del Nord", "La tecnica del Nord" ed altri).
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Tutte queste misure hanno avuto un effetto positivo, ma non riuscivano a neutralizzare
completamente il generale peggioramento della situazione dei piccoli popoli. Siccome i
mezzi assegnati dal bilancio federale non sono stati pagati completamente, molte delle
misure previste non potevano essere realizzate. Secondo il programma statale tra il 1991
ed il 1995 sono state realizzati 405.530 metri quadrati per case di abitazione, 302 posti
letto in ospedali, 1690 posti di studio scolastici, 6 stabilimenti per la lavorazione di carne
e pesce, 7 stabilimenti per la lavorazione delle pelli e la cucitura delle pellicce. Tali dati
corrispondono rispettivamente al 20,9% 12,6% 8,8% 13,6% - 8,2% delle opere
progettate dallo Stato.
In base al decreto del governo della Federazione Russa del 28 febbraio 1996, n.295, venne
effettuata un'analisi dell'attuazione del programma statale n.145 che ha messo in luce
rilevanti ritardi. Le ragioni sono da ricercarsi nel calo annuo dei fondi di investimento e
nel ritardo del trasferimento dei finanziamenti da parte del ministero delle finanze. In
conformit al fabbisogno medio annuo, fissato in 1,28 miliardi di rubli (decreto 845, a
prezzi dell'anno 1984) sarebbero occorsi (a prezzi del 1991) 2,4 miliardi, nel 1992 42,8
miliardi, nel 1993 492,66 miliardi, nel 1994 2611.10 miliardi e nel 1995 6632,20 miliardi per
questo programma.
Dei mezzi richiesti vennero effettivamente trasferiti nel 1991 il 31,4%, nel 1992 il 16,5%,
nel 1993 il 4,4%, nel 1994 il 5,9% e nel 1995 il 2,2%. Ma anche per i progetti di
investimento approvati il finanziamento dei programmi non avvenuto per intero. Nel
1993 vennero trasferiti il 71,8%, dei mezzi previsti, nel 1994 l'83,1%, nel 1995 il 62,2%. Il
debito creditizio per il 1993 ammonta a 31,5 miliardi di rubli. E' interrotto il
finanziamento del programma statale per lo sviluppo dell'assistenza sanitaria,
dell'educazione, della cultura, non essendo stati previsti, nel 1994 e nel 1995, stanziamenti
per questi scopi. I nuovi sviluppi politici e socio-economici (lo sfascio dell'Unione
sovietica, il passaggio all'economia di mercato, l'orientamento sui valori umani generali,
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l'osservanza di norme internazionali) impongono ora nuovi approcci ai problemi dei piccoli
popoli.
7. La situazione ecologica nelle zone di abitazione dei popoli indigeni

[ top ]

L'economia del Nord della Russia negli ultimi trent'anni ha subito enormi cambiamenti.
Proprio in questo periodo i giacimenti di petrolio e gas nella Jamalia e nella Siberia
occidentale venivano sfruttati senza alcun riguardo, i minerali del nichel venivano sfruttati
nel Taimyr, i fosfati e i fosfati nella penisola Kola, il carbon fossile e i metalli non ferrosi
nella Ciukcia. Lo sviluppo industriale del Nord sin dall'inizio era in netto contrasto con il
modo di vita tradizionale della popolazione indigena. Purtroppo nella politica statale di
sfruttamento e sviluppo si poco pensato alla garanzia della sistemazione stabile dei
popoli locali, con riguardo alle forme tradizionali di sfruttamento dell'ambiente.
Il pi delle volte i territori tribali dei popoli indigeni venivano espropriati, senza consenso
e senza indennizzo, dalle societ e dai complessi industriali. Le riserve petrolifere e di gas
naturale nella Siberia occidentale e nella Regione Chanty-Mansijsk finora non hanno portato
ricchezza, ma profonde ferite e dolori per i popoli della terra Jugorska dei Chanty e
Mansi. Da sempre gli uomini di questa regione sentivano un profondo amore e rispetto
verso la madre natura, custodendola come un santuario, vivendo in piena armonia con essa
e prendendosi soltanto il minimo necessario per vivere.
Gli impianti di estrazione di gas metano e di petroli, sorti in breve tempo, le nuove citt
ed i nuovi insediamenti hanno avuto ripercussioni molto sfavorevoli sulla ambiente artico,
molto delicato. Si pensi soltanto alle "dune di sabbia" nel distretto Nuovo-Urengoi. D'estate
la tundra del bosco ricorda qua e l i paesaggi centro-asiatici. Attorno al noto giacimento
del Samotlor stanno morendo, a causa dell'inquinamento e degli interventi nel ciclo
dell'acqua, gigantesche quantit di pini cembri. Qualcosa di simile avviene sotto Surgut,
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Neftejugansk e nel distretto Ottobre della Regione Chanty-Mansijsk. Nel fiume Ob, fiume
sacro per i Chanti, sono scomparse le zone di accoppiamento e riproduzione di preziose
specie di pesci. Cala il numero degli animali da pelliccia e degli uccelli, mentre non molto
tempo fa la Regione Chanty-Mansijsk era ancora una zona di straordinaria purezza
ecologica.
Il kombinat di Norilsk distrugge il Taimyr. Migliaia di chilometri quadrati di fondi per
l'allevamento delle renne, per la pesca e per la caccia vengono sottratti all'economia
tradizionale. Nell'ultimo decennio intorno agli insediamenti dei Ciukci Krasnoarmeisk e
Komsomolz si sono formati giganteschi depositi di scorie. Scompaiono dozzine di fiumi e
laghi. Per tutto l'anno le falde vengono inquinate da infiltrazioni di acido muriatico
provenienti dagli impianti di estrazione intorno al centro abitato di Majski. La costa dei
mari artici e la tundra sono inquinati da materiale inerte e da rottami di ferro. Le
condizioni sanitarie nei centri abitati della Ciukcia destano preoccupazione.
Per gli aborigeni nella Regione autonoma Nenjetz sulla costa del Mare Bianco l'impianto di
un'area di prova per armi nucleari sull'arcipelago Novaja Zemlja ha cagionato immani
privazioni. Reattori non pi utilizzabili vengono gettati nel serbatoio vicino, navi e
contenitori con detriti radioattivi vengono semplicemente sommersi. Dal 1954 al 1992 nel
poligono vennero eseguite 132 esplosioni nucleari sotterranee, 87 sopra terra e 3
subacquee. Secondo quanto dicono gli esperti, la forza complessiva di tutte le esplosioni
corrispondeva a 300 megatoni. Come risultato delle esplosioni nell'atmosfera, vennero
osservate precipitazioni contenenti radionucleidi longevi (cesio 137, stronzio 90 e
carbonio 14). Secondo informazioni del comitato sugli effetti della radiazione atomica
nell'estremo Nord, la radiazione interna supera di 35 volte la quantit media. Il che
significa che la popolazione che si nutre quasi esclusivamente di carne di renna e di
pesce, riceve una dose di cesio 137 che supera da 100 a 1000 volte la dose media
individuale del resto della popolazione. Di conseguenza lo stato di salute della popolazione
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peggiora visibilmente e la mortalit aumenta.


La Regione autonoma Nenjetz negli ultimi dieci anni ha registrato un aumento del 49,1%
del cancro all'esofago. La frequenza del cancro ai polmoni si triplicata. Le nascite
diminuiscono, la mortalit infantile aumentata. La percentuale degli uomini ammalati e
morti da tumori maligni tra il 1965 ed il 1991 salita dal 46,4 al 75%. I distretti siti lunga la
costa del Mar Bianco sono particolarmente colpiti da malattie oncologiche ai vasi cardiaci
ed urogenitali. Negli ultimi 30 anni il numero dei tumori maligni nella Regione Nenjetz si
moltiplicato per 7 volte (dal 2,2 per mille nel 1961 al 30,7 nel 1989). Nell'ultimo decennio
si sono anche verificati pi di frequente gli handicap congeniti (13,9 per mille nel 1969 e
30,7 per mille nel 1989). Tali handicap risultano essere la causa principale delle malattie
infantili. Tutti i composti chimici (anche entro le concentrazioni esistenti, ancora
ammissibili) che si compongono in processi di ossidoriduzione (composti organici di
carbonio, fluoro, cloro) agiscono sfavorevolmente sull'organismo umano.
A tale riguardo devono essere elaborati valori-limite regionali delle concentrazioni di
inquinanti ancora ammesse per l'Artide. Devono essere esaminate questioni di protezione
sociale della popolazione con riguardo all'indennizzo per danni alla salute derivanti da
diverse produzioni ecologicamente dannose. Pi di ogni altra cosa preoccupa gli aborigeni
il fatto di non potersi sentire padroni di casa nella terra natia. I popoli indigeni pongono
sempre la stessa domanda: dove pascolare le renne, dove cacciare gli animali selvatici,
dove pescare, dove raccogliere bacche e funghi, da dove prendere il suolo? Dove
dobbiamo vivere? Nelle imprese che estraggono il petrolio e il gas naturale lavorano
soltanto immigrati ai quali la cultura locale non familiare. Va da s che in questo modo
sono sorti molti problemi sociali, tanto pi che la popolazione indigena non ha ricevuto
alcun indennizzo per i danni subiti. Anzi, a questa popolazione venne proposto di
abbandonare la vita nomade. Dal che sono risultati molti fenomeni negativi: il degrado
della personalit, la sensazione di venir espulsi dalla propria terra natia.
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8. La situazione legale degli indigeni

[ top ]

L'industrializzazione dei territori abitati tradizionalmente da questi popoli stata attuata


senza riguardo alle conseguenze ecologiche, economiche e sociali, alle opinioni, ai diritti
ed agli interessi legittimi. In seguito alla lesione dello spazio vitale naturale di questi
popoli le aree idonee all'esercizio di attivit economiche tradizionali si sono diradate. Nel
corso degli ultimi decenni lo Stato ha rivolto poca attenzione ai piccoli popoli. Di
conseguenza la loro cultura ed il loro modo di vita sono degenerati. Fino ad oggi non
esistono garanzie giuridiche che riconoscano a questi popoli la libert di esprimere la
propria volont su questioni giuridiche. Essi non sono rappresentati negli organi del potere
statale ed in quelli dell'amministrazione autonoma locale. Tutto ci esige innanzitutto la
costituzione di un proprio status giuridico di questi popoli.
La legislazione deve fondarsi sugli accordi internazionali esistenti. Di questi accordi,
determinanti lo status giuridico dei popoli indigeni, fa parte innanzitutto la convenzione
ILO n.107 del 26 giugno 1957 ("Sulla protezione ed integrazione della popolazione indigena
e di altra specie che in paesi indipendenti segue un modo di vita tribale o semitribale") e
n.179 del 26 giugno 1989 ("Sui popoli indigeni e sui popoli che in paesi indipendenti
conducono un modo di vita tribale"). Per prevenire discriminazioni e proteggere
minoranze nell'ambito delle Nazioni Unite stato elaborato dalla sottocommissione un
progetto sui diritti dei popoli indigeni. La legge federale ancora da elaborare (secondo
l'art.69 della Costituzione della Federazione Russa); questo sistema dovr essere
imperniato sulle "Fondamenta dello stato giuridico dei piccoli popoli indigeni della Russia".
Questa legge dovr creare il fondamento per la successiva legislazione della Federazione e
dei soggetti della Federazione concernente questi popoli. Questi problemi sono stati
considerati parzialmente nelle seguenti leggi federali:
"Sulle fondamenta della disciplina statale dello sviluppo economico-sociale del Nord
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della Federazione Russa";


"Sull'autonomia nazional-culturale".
Ordinanza della Duma del 26 maggio 1995 n.816 1 GD, Sulla situazione critica
dell'economia e della cultura dei piccoli popoli indigeni del Nord della Federazione
Russa"
I diritti collettivi di questi popoli devono essere giuridicamente garantiti.
Contemporaneamente questi piccoli popoli hanno bisogno dell'aiuto e dell'appoggio da
parte di organi federali del potere statale, dei soggetti della Federazione Russa ed anche
degli organi dell'amministrazione autonoma locale. E' dovere degli organi statali elaborare
speciali programmi federali e regionali che promuovano l'avvio e lo sviluppo dei piccoli
popoli e concedere loro il necessario aiuto finanziario e di altra specie. Devono essere
identificate le fonti dei diritti di questi popoli. I piccoli popoli della Russia secondo la
Costituzione godono degli stessi diritti di tutti gli altri popoli della Federazione Russa;
questi diritti sono stati stabiliti in atti internazionali ratificati dalla Federazione. E'
indispensabile un elenco di tutti i diritti sociali, politici ed economici di questi popoli
nonch dei diritti nell'ambito culturale e nei confronti degli organi della giustizia. Nel
territorio di abitazione dei piccoli popoli deve essere costituito un sistema di
amministrazione autonoma locale, il quale, nell'ambito dei suoi poteri, decide
autonomamente le questioni di importanza locale, quali il modo di vita, la lingua, gli usi,
le tradizioni e le forme di realizzazione dei diritti dell'autoamministrazione locale
(referendum, elezioni, assemblee, comuni, associazioni pubbliche ecc.)
Le misure legislative devono tener conto dei punti di vista dei piccoli popoli o delle loro
associazioni. Ci riguarda soprattutto i diritti e gli interessi legittimi di questi popoli; lo
svolgimento di referendum, la creazione di consigli di rappresentanti presso il governo
della repubblica, dell'amministrazione di un territorio, di una provincia, di una regione, di
un distretto, di una citt, di un quartiere di una citt e presso un'amministrazione rurale. E'
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necessario determinare un meccanismo di realizzazione del diritto al possesso ed all'uso


del territorio e delle altre risorse naturali e creare la possibilit di trasferire nella
propriet comune terreni di propriet statale o comunale. E' dovere degli organi statali e
dell'autoamministrazione locale assicurare le necessarie condizioni-quadro per lo sviluppo
dell'economia tradizionale. Per la conservazione dell'ambiente naturale e lo sviluppo dei
settori economici tradizionali dei piccoli popoli prevista la formazione di territori di
sfruttamento tradizionale della natura. Questi territori non possono essere espropriati o
sfruttati a scopi industriali senza l'assenso dei piccoli popoli. Le imprese e le
organizzazione su questi territori possono funzionare soltanto in conformit ai programmi
statali di sfruttamento dell'ambiente naturale. Deve sempre essere acquisita
preventivamente una perizia ecologica ed etnologica. Garanzie giuridiche per i diritti di
questi piccoli popoli sono elementari per la loro sopravvivenza.
9. I problemi di sopravvivenza dei piccoli popoli L'aspetto politico

[ top ]

Il decennio dei popoli indigeni ha iniziato nel 1995. Il loro status viene disciplinato da una
serie di documenti emanati sul piano internazionale, russo e locale (pi di 170). La
situazione peculiare dei piccoli popoli esige la creazione di diritti complementari che
creano i presupposti per la loro effettiva parit con altre nazioni e gruppi etnici. Occorre
la protezione effettiva dello spazio vitale originario e del modo di vita tradizionale
mediante sforzi comuni degli organi amministrativi federali, delle repubbliche, dei
territori, delle province e delle regioni autonome nonch delle amministrazione locali. Per
strappare le regioni in cui sono insediati i piccoli popoli dalla crisi e per creare i
presupposti per lo sviluppo costante dell'economia di questi popoli occorre un aiuto
massiccio da parte del bilancio federale.
Gli aborigeni degli Stati Uniti, del Canada e di altri paesi godono, in condizioni simili,
dell'aiuto statale. Questo aiuto finalizzato alla garanzia dello sviluppo costante dei
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piccoli popoli viventi nelle loro sedi avite. Il ripristino e l'utilizzo razionale delle risorse
naturali del Nord devono contribuire all'occupazione degli aborigeni, il lavoro deve far
riferimento soprattutto alla conservazione ed allo sviluppo dei settori economici
tradizionali. La soluzione dei compiti posti strettamente connessa con l'assistenza
medica e sanitario-epidemiologica degli aborigeni. Causa le distanze estreme tra i singoli
insediamenti, le cattive comunicazioni ed i bassi redditi, questo problema pu essere
risolto soltanto con misure che si distinguono da quelle applicate nei distretti centrali della
Russia. Devono essere creati gruppi mobili di assistenza medica disposti non soltanto ad
aiutare in casi di necessit, ma ad eseguire una profilassi regolare. E' molto attuale anche
la soluzione del problema delle comunicazioni per i piccoli popoli aborigeni del Nord,
tanto pi in condizioni di economia di mercato. Qui non si pu fare a meno dell'aiuto del
bilancio federale per l'acquisto dei mezzi di trasporto e la dotazione delle imprese di
trasporto del Nord.
Uno sviluppo ulteriore presuppone la rinascita culturale, la conservazione dei costumi e del
modo di vita ancestrale e la cessazione dell'assimilazione. E' in gioco la sopravvivenza di
molti popoli i quali non sono pi in grado di ripristinare l'economia tradizionale senza
l'appoggio statale, senza aiuto dall'esterno. La prospettiva dello sviluppo duraturo dei
piccoli popoli indigeni stato esaminata in una serie di conferenze internazionali e
riconosciuta come fondamentalmente necessaria. Il contenuto concreto di questa
prospettiva considera le condizioni naturali, climatiche di ciascun popolo nel suo spazio
vitale. Esso promuove la conservazione dei diritti e delle libert dei cittadini di ciascuna
nazionalit, stabiliti in documenti fondamentali internazionali: Dichiarazione universale
dei diritti dell'uomo del 10 dicembre 1948, Patto internazionale sui diritti economici,
sociali e culturali (approvato dall'assemblea generale il 16 dicembre 1966 e ratificato dalla
presidenza del soviet supremo dell'Unione sovietica il 18 dicembre 1973), il documento
della conferenza di Copenaghen sulla dimensione umana della CSCE (approvato il 29 giugno
1990 da 35 Stati partecipanti), la convenzione n.107 sulla protezione ed integrazione della
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popolazione indigena (approvata dalla conferenza generale dell'Organizzazione


internazionale del Lavoro il 26 giugno 1957), la convenzione n.169 sui popoli indigeni e sui
popoli che conducono un modo di vita tribale in paesi indipendenti (approvata dalla
conferenza generale dell'OIL il 26 giugno 1989).
Il problema pi importante consiste nell'adempimento delle legittime rivendicazioni dei
popoli indigeni rispetto agli spazi originari di vita ed attivit economica e nella creazione
di una base economica per la loro esistenza ed il loro sviluppo. Il diritto ad uno spazio
vitale uno dei diritti prioritari, ma la rivendicazione di questo diritto solleva accese
discussioni e non di rado resistenze attive. La Russia non fa eccezione a questo riguardo.
Si potrebbe pensare che ci derivi dall'ignoranza del modo di vita indigeno, ma il motivo
principale pare che sia rsi nel fatto che i territori degli aborigeni sono ricchi di petrolio,
di gas naturale e di altre ricchezze del suolo. Al diritto degli aborigeni al loro spazio vitale
si contrappone la posizione dei governi che temono di perdere il controllo di questi
territori e delle relative risorse naturali. Non vogliono quindi tener conto della posizione
di questi popoli e tenerli sotto il proprio controllo. Esiste il pericolo di far sorgere uno
strato sociale privilegiato con diritti speciali, il quale a sua volta deve essere protetto
contro altri gruppi (non indigeni) spesso altrettanto bisognosi. Contemporaneamente
questo problema fondamentale costituisce il problema chiave per i popoli indigeni,
perch la terra per loro il fondamento materiale e spirituale della loro esistenza. Senza
di essa gli aborigeni sono consacrati allo sterminio fisico o per lo meno culturale.
Non si deve dimenticare che i popoli indigeni erano i primi ad insediarsi nelle loro attuali
sedi. Privarli della possibilit di vivere e svolgere un'attivit economica su questi fondi,
specialmente se ci avviene non volontariamente e senza procedure giuridiche, non
lecito per uno Stato che pretende di essere democratico e di essere uno Stato di diritto. Il
diritto degli aborigeni alla loro terra si rivela quale fondamento che d vita al sistema del
loro status di diritto pubblico. Con questo diritto collegato il diritto di autonomia e di
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partecipazione al godimento delle ricchezze del suolo. In questo modo vengono creati i
presupposti per il consolidamento del popolo, per il migliore sviluppo della lingua, della
cultura e per la soluzione di questioni sociali. Il tramonto di questi popoli spesso
collegato con la mancanza dei loro diritti allo spazio vitale e ad altre risorse.
Con la privatizzazione e col conseguimento di terreni mediante contratti d'affitto, la
questione della propriet fondiaria acquista oggi un'importanza speciale per i popoli
indigeni. Senza garanzie giuridiche gli indigeni possono essere esclusi dalla possibilit di
sfruttamento delle risorse naturali. Ogni tanto parti di terreno vengono cedute, senza il
consenso della popolazione aborigene, a persone e ditte straniere che non hanno nulla da
fare con l'economia tradizionale. Nella Russia non esiste per ora una precisa idea n per
quanto riguarda l'utilizzo tradizionale della natura, n per quanto riguarda una suddivisione
secondo criteri ecologici ed etnologici del territorio del Nord. Non determinata
l'estensione geografica delle forme speciali dell'economia. Finora non esiste nessun
inventario delle risorse biologiche e naturali dell'Artide. Il compito consiste nel conservare
la cultura ed i valori dei popoli indigeni nelle condizioni della societ dell'Artide che sta
cambiando. A questi popoli deve essere assicurata la possibilit di partecipare a pari
diritto all'economia ed alla vita della societ e di proteggere e conservare la natura,
l'ambiente e la riproduzione biologica dell'Artide.
Nell'aprire il Nord allo sfruttamento economico, lo Stato ha commesso gravi errori: negli
anni 50 e 60 prevaleva, in questi territori, "l'interesse delle autorit", cosicch l'esperienza
della popolazione indigena nell'ambito dell'utilizzo tradizionale della natura non ha potuto
farsi valere. Tanto l'organizzazione governativa e statale quanto le amministrazioni
industriali e le imprese devono riconoscere il valore dell'esperienza tradizionale degli
aborigeni e delle loro cognizioni in ordine alla conservazione dell'ambiente, accumulatesi
nel corso dei secoli. Apprezziamo il lavoro coscienzioso di indagine scientifica, che aiuta
tutti a capire meglio i segreti dell'Artide. Ma gli abitanti dei distretti relativi chiedono
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ovviamente che venga sentita anche la loro opinione e che verso le loro esperienze e
cognizioni si abbia il rispetto dovuto. Questi popoli possiedono una grande conoscenza del
sistema ecologico dell'Artide, del ghiaccio e della neve, delle correnti oceaniche, del
comportamento degli animali , dei pesci ecc. I rappresentanti delle imprese industriali,
delle amministrazioni e degli organi dell'autonomia locale cercano per di convincerci che
loro sanno tutto e che delle cognizioni tradizionali dei popoli indigeni attualmente non ha
bisogno quasi nessuno.
Un tale comportamento non solo offensivo, ma anche sbagliato. Le cognizioni dei popoli
indigeni sull'ambiente e sulla natura selvatica sono il risultato di osservazioni immediate
avvenute nel corso di molte generazioni. Le cognizioni tradizionali sono importanti sia per
gli stessi popoli indigeni nella loro vita quotidiana, sia per comprendere i processi connessi
con l'utilizzo delle risorse naturali dell'Artide. Esiste la possibilit di creare un'unica bancadati delle cognizioni tradizionali dei popoli indigeni del Nord. Contemporaneamente esiste
la necessit di limitare quei tipi di produzione che fanno peggiorare la situazione
ecologica dell'Artide. Lo Stato deve contenere entro limiti ragionevoli il rischio di
possibili conseguenze negative. Al processo di elaborazione di misure restrittive deve
partecipare anche la popolazione indigena locale. Ci non altro che giusto perch in
caso di errori essa ne soffre pi di tutti.
Un altro problema importante quello dell'informazione sistematica dei popoli indigeni
sullo stato della situazione ecologica nel loro spazio vitale e specialmente nell'ambiente
artico. In fondo i popoli indigeni vengono a sapere qualche cosa sull'effettivo stato
ecologico del loro spazio vitale soltanto quando i loro rappresentanti partecipano a
conferenze, simposi o dibattiti internazionali. Sul luogo la gente spesso non sa nulla sullo
stato dell'inquinamento del proprio spazio vitale. Un ulteriore problema consiste nella
rivendicazione di una giusta parte dell'utile economico derivante dalle risorse naturali nel
loro originario spazio vitale. Attualmente in Russia i funzionari statali si sforzano a coprire
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il problema col silenzio, e si sottraggono in qualsiasi maniera alla soluzione di questo


problema. Le organizzazioni dei rappresentanti dei popoli indigeni insistono sulla
elaborazione di un corrispondente ordinamento per il pagamento di indennizzi per i danni
ai loro terreni di abitazione e di sfruttamento economico.
L'assemblea dei deputati dei piccoli popoli di fronte alla situazione critica creatasi ritiene
necessario trovare, tramite trattative tra il governo della Russia ed i piccoli popoli
indigeni del Nord, rappresentati dalle loro organizzazioni societarie, un approccio
accettabile per entrambe le parti per la soluzione dei seguenti problemi:
il regolamento del pagamento immediato di indennit per danni da espropriazione
ed urbanizzazione industriali alle organizzazioni ed alle imprese del Nord;
l'ancoraggio giuridico dei loro terreni abitativi ed economici nonch il rilascio di
licenze per la progettazione e lo sfruttamento delle risorse di ossido di carbonio e
materie prime minerali;
rapporti garantiti da trattati tra il governo della Russia e le comunit etnicoterritoriali dei popoli del Nord;
la rappresentanza proporzionale dei popoli del Nord negli organi regionali e federali
del potere legislativo ed esecutivo;
l'istituzione del plenipotenziario per i diritti dei piccoli popoli indigeni del Nord;
l'organizzazione del sistema dell'autonomia etnica locale dei popoli del Nord;
la creazione di un fondo governativo di sostegno dei piccoli popoli indigeni del
Nord;
la ratifica della convenzione ILO n.169 del 1989 sui popoli indigeni che conducono un
modo di vita tribale in paesi indipendenti;
misure per la tutela dei diritti costituzionali dei piccoli popoli indigeni del Nord in
condizioni di economia di mercato;
la protezione della cultura e dell'arte dei piccoli popoli indigeni del Nord.
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Finch non troppo tardi, finch le speranze dei popoli sono ancora vive, ci appelliamo
al presidente della Russia, al presidente del Governo, ai presidenti del consiglio della
Federazione e della Duma, di esaminare accuratamente le richieste dei popoli indigeni e
di non permettere la loro completa scomparsa. Ci rivolgiamo ai partiti, ai movimenti ed
alla generalit della Russia, a tutti gli uomini di buona volont cui sono cari la vita ed i
diritti di ciascun popolo, di appoggiare l'aspirazione dei popoli, numericamente piccoli,
del settentrione della Russia all'autoconservazione.
In questo tempo difficile per i popoli indigeni volgiamo lo sguardo alla comunit
internazionale ed invochiamo l'assemblea generale e la commissione sui diritti umani delle
Nazioni Unite, i Governi ed i Parlamenti, le organizzazioni e gli istituti statali e non statali
e tutti i cittadini onesti e probi che hanno contatti sociali e di altra specie con i supremi
organi di potere della Federazione Russa, perch si adoperino per la conservazione dei
popoli indigeni viventi nelle condizioni climatiche estreme dell'Artide. Testo approvato il
4 dicembre 1997 dalla Presidenza dell'Assemblea dei Deputati dei piccoli popoli del Nord,
della Siberia e dell'estremo oriente della Federazione Russa.

Florian Stammler - Da dove viene il nostro gas: Hanti e Nenci - Siberia


Occidentale [ top ]
Il cielo immerso in una luce arancione, come un tramonto. Atmosfera romantica, ma
ingannevole: nel piccolo insediamento di Trom-Agan, Siberia occidentale, mezzanotte e
la temperatura di 20 gradi sotto zero. Bagliori si agitano irrequieti nel cielo: non si tratta
di un tramonto, e nemmeno di un'aurora boreale. Il villaggio circondato da quattro
depositi di petrolio. 24 ore su 24, 365 giorni l'anno si alzano verso il cielo i gas in fiamme
che accompagnano l'estrazione del petrolio. In estate gli incendi boschivi si moltiplicano,
e migliaia d'uccelli muoiono tra le fiamme. Un volo notturno su Surgut, capitale del
petrolio nella Siberia occidentale, mostra che Trom Agan non un caso isolato:
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innumerevoli punti arancione, sparsi a perdita d'occhio, sono l'impronta notturna che
l'industrializzazione ha lasciato nella tundra artica e nella taiga subartica.
Il cuore dell'industria estrattiva russa si trova nel Territorio di Tjumen, Siberia
Occidentale. Col, nel territorio autonomo degli Hanti e dei Mansi, sono state estratte nel
1997 162 milioni di tonnellate di petrolio. Poco pi a nord, nella penisola di Jamal,
territorio dei Nenci, sono stati estratti 534.9 miliardi di metri cubi di gas. I dati economici
di queste zone sono tra i migliori di tutta la Russia: nonostante il calo dei prezzi del
greggio, Gas e petrolio qui estratti contribuiscono per il 40% alla bilancia commerciale
russa. Da quando l'industria arrivata in queste zone le popolazioni indigene dei Nenci,
Mansi e Hanti devono lottare duramente per sopravvivere. Sin dall'inizio dell'attivit
estrattiva, durante gli anni 60, centinaia di migliaia di lavoratori sono emigrati in queste
zone, attirati da una serie di privilegi materiali che dovevano servire a rendere pi
attraente la vita nei selvaggi territori della Siberia. Cos la percentuale di popolazione
rappresentata dagli indigeni calata all'1,4%.
E, in effetti, il clima della Tundra e della Taiga siberiana mette a dura prova sia uomini
che animali. Il terreno coperto dalla neve per nove mesi l'anno. Durante la breve estate
si sgela solo lo strato superiore del terreno, che si trasforma su entrambe le rive dell'Ob in
una palude difficilmente attraversabile. Hanti e Nenci si sono adattati a questo ambiente
con il loro stile tradizionale di vita: praticano la pesca, caccia e allevamento di renne. Per
non esaurire i pascoli durante l'anno cambiano pi volte le zone di pastura, perch,
durante la breve estate, le piante crescono troppo poco per poter garantire un pascolo
annuale. Le zone di caccia, di pesca o di pascolo nella Taiga sono divise tra i diversi clan
secondo regole ancestrali, in modo che ognuno utilizzi solo determinate. Un'importanza
particolare hanno i luoghi sacri, dove vivono divinit delle acque o dei boschi, oppure gli
spiriti degli antenati.
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Abituati ad un tale legame tra uomo e terra, doloroso per gli Hanti vedere la loro terra
perforata, il sottosuolo scosso da esplosioni, enormi quantit di petrolio giacere nei
depositi, pompare acqua nei giacimenti per elevare la pressione del petrolio in uscita. Gi
molti fiumi, laghi, piccoli corsi d'acqua sono biologicamente morti. I pescatori devono
spostarsi verso i corsi superiori degli affluenti minori. Ma anche l vengono superati
abbondantemente i limiti di legge per l'inquinamento. A causa dell'industrializzazione e
della massiccia immigrazione, le renne selvatiche sono quasi scomparse dal territorio degli
Hanti e Mansi. Il governo ha dovuto ammettere che la caccia ha perso qualsiasi importanza
come risorsa tradizionale dell'economia indigena. Ciononostante impedisce l'istituzione di
una riserva UNESCO in un area sulle rive del fiume Jugan - uno degli ultimi rifugi per il
bestiame selvatico - dove 900 Hanti sono riusciti fino ad oggi a mantenere il loro modo di
vita tradizionale.
Anche il settore dell'allevamento delle renne gravemente compromesso
dall'industrializzazione. L'apertura di campi petroliferi ingoia annualmente da 20 a 30 mila
ettari. A questo si somma il sempre maggiore inquinamento da petrolio: nel 1996, solo a
causa del cattivo stato degli oleodotti, sono affluite nell'ambiente 7,5 milioni di tonnellate
di petrolio, il 5% della produzione totale. Il disastro ambientale aumentato dai non meno
dannosi fanghi che sono prodotto di scarto dell'estrazione. Le Aziende estrattive devono
pagare un rimborso per ogni danno registrato, ma la distruzione ambientale supera di otto
volte i pagamenti, anche se il risanamento ambientale prescritto per legge. Quando,
verso la fine degli anni 80, le trib indigene, assieme ai movimenti ecologisti, riuscirono a
bloccare grandi progetti industriali, nacque una grande speranza. Tra il 1990 e il 1993
vennero attuate alcune importanti legge nel territorio degli Hanti e dei Mansi, cosicch
oggi 454 famiglie sono registrati come famiglie tribali. Per costoro l'usufrutto del
territorio (non la propriet) viene ereditato gratuitamente. I diritti sulle risorse minerarie
restano sotto responsabilit statale.
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Hanti e Mansi tradizionalisti cercano, in condizioni molto difficili, di reinsediarsi della


Taiga, acquistando renne e ritornando negli insediamenti degli antenati. Acuni fondano
cooperative economiche nei settori tradizionali dell'economia, che ottengono una certo
grado di autonomia. Lo scopo di tutti questi tentativi di far rivivere le tradizioni degli
antenati. A questo fine essenziale trovare un compromesso con le industrie estrattive.
Lo Stato Russo sta cercando di privatizzare l'industri petrolifera. Per mantenere attiva la
pi importante voce dell'esportazione sono necessari investimenti miliardari. E spesso, per
le multinazionali occidentali, pi conveniente aprire nuovi campi petroliferi con grandi
riserve, che rinnovare quelli vecchi. Lo stato quindi apre allo sfruttamento sempre nuovi
giacimenti che si trovano nei territori indigeni.
Per evitare conflitti, vengono stipulati le cosiddette Convenzioni tra popolazioni
indigene e industrie petrolifere. Le disposizioni in campo ecologico ed economico,
comunque insufficienti, spesso non vengono rispettate. E questo comporta un ulteriore
irrigidimento delle posizioni. Nel marzo 1998, nel capoluogo distrettuale di ChantyMansijsk, si svolta una conferenza attorno ai rapporti tra popolazioni indigene e
industrie, durante la quale ci vennero fissati dei punti irrinunciabili per le future
convenzioni:
Partecipazione degli indigeni all'amministrazione e ai profitti dello sfruttamento
minerario
una pi equa compensazione dei danni ecologici
partecipazione degli indigeni all'elaborazione dei piani di recupero ecologico
Applicazione del principio di responsabilit in caso di perdite e delle altre emissioni
nocive
Elaborazioni di convenzioni tipo
Istituzione di un'istanza di tutela legale per i popoli indigeni
Sostegno alla cultura indigena.
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Queste richieste non sono nuove. Nuovo che esse vengano fatte proprie da una
conferenza alla quale partecipavano industrie petrolifere e governo. Si tratta purtroppo di
semplici raccomandazioni, cosicch sono i rappresentanti indigeni nei parlamenti locali a
doverle portare avanti. Nel passato non hanno avuto molto successo, il che dipende da una
carente attivit di lobby oltre al fatto che i rappresentanti indigeni stesso sono ora lontani
dal modo di vita tradizionale nella Taiga. Gli indigeni si stanno chiedendo ora quanto si
possano sentire rappresentati dai propri deputati nei parlamenti locali.
Non vi erano rappresentanti di imprese occidentali in questa conferenza: In caso di
problemi legali ed ecologici esse preferiscono scaricare la responsabilit sui loro partner
russi; ma una gran parte del metano consumato in Italia proviene da questo territorio. Con
il nostro comportamento anche noi abbiamo un'influenza su catastrofi ecologiche o
violazioni dei diritti umani. La prossima volta che faremo una doccia calda, pensiamo che
ci sono persone che vivono su uno delle pi grandi riserve di acqua potabile del mondo,
interamente ricoperta da uno strato di olio, e i cui animali annegano nei fanghi di scarto
dell'estrazione del petrolio.
Florian Stammler docente di Etnologia a Colonia e ha svolto due viaggi nei territori degli Hanti, Mansi e
Nenci.

Larissa Vyntyna - I Ciukci

[ top ]

Forse per qualcuno il nome "Ciukci" non significa nulla. Prendiamo una carta dell'Asia, e
vedremo all'estremit nordorientale una frastagliata penisola pi o meno triangolare che si
staglia tra il Pacifico e il Mare Artico. E' questa la penisola dei Ciukci. Lo stretto di Bering
la separa dall'Alaska. Unite fino a 30.000 anni fa sono state separate dalla deriva dei
continenti, ma sembrano tuttora due sorelle che si tendono la mano. In questa terra aspra
stata istituita un'unita amministrativa della Russia, il cui nome : "Regione autonoma dei
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Ciukci"
1. La "Regione autonoma dei Ciukci"

[ top ]

La Regione autonoma dei Ciukci esiste ufficialmente dal 10.12.1930. Dapprima faceva
parte della regione di Chabarowsk, in seguito del territorio della Kamciatka e quindi di
quello di Magadan. Nel 1992 essa diventata membro autonomo della repubblica
federativa russa. Copre una superficie di 737.000 kmq, che comprende 8 circoscrizioni, 3
citt, 18 insediamenti urbani, 50 villaggi e altri insediamenti minori. Centro
Amministrativo la citt di Anadyr. Gli organi principali sono la Duma (assemblea)
regionale e la giunta regionale, cui capo posto un governatore. Il presidente della Duma
e il governatore fanno parte di diritto della camera alta del parlamento federale russo.
Ciascuna circoscrizione rappresenta un'unit amministrativa paragonabile ad un comune. Le
elezioni degli organi rappresentativi e del governatore sono universali e dirette. Gli
indigeni, nella Duma dei Ciukci, sono meno del 2%. Tutti gli uffici e i principali posti di
responsabilit sono occupati da rappresentanti non indigeni. Non sono previste forme di
autogoverno della popolazione indigena. Gli indigeni sono rappresentati nell'Unione dei
piccoli Popoli del Nord, della Siberia e dell'estremo Oriente (RAIPON), creata dalle
autorit federali russe nel 1990. Negli ultimi anni stata inoltre istituita una sezione per i
Ciukci presso la Conferenza Circumpolare degli Inuit (ICC).
2. Composizione e distribuzione della popolazione

[ top ]

La penisola dei Ciukci contava nel 1993 circa 124.000 abitanti, ridottisi ora a ca. 90.000;
questo a causa di una forte emigrazione da parte degli abitanti non indigeni delle zone
centrali. La popolazione non ciucka consiste principalmente di russi ed ucraini. Nella
Regione dei Ciukci, oltre ai Ciukci (11.000) vivono anche Eschimesi (1.500), Eveni (1.200)
Ciuvachi (400) Jukagiri (120) Coriacchi (30) e Cherecchi. I Ciukci vivono sull'intero
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territorio della regione, gli Eschimesi occupano il Nord/Est, gli Eveni il Sud/Ovest, mentre
Ciuvachi, Cioracchi, Cherechi e Jucagiri occupano il centro. Tutte queste trib fanno
parte dell'Unione dei piccoli Popoli del Nord, della Siberia e dell'estremo Oriente
(RAIPON). In tutto 30 popoli, per un totale di ca. 150.000 persone, si riconoscono in questa
organizzazione.
3. Insediamento, trasporti e comunicazioni

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La maggior parte della popolazione indigena vive in villaggi o altri insediamenti minori.
Una parte dei Ciukci risiede solo formalmente in questi insediamenti, in quanto non
possiede abitazione fissa e vive nella tundra. Molti hanno abitudini nomadi. La distanza
che pu esistere tra questi nomadi e i villaggi cui essi fanno capo arriva fino a 400 km.
Non esistono vie di comunicazione praticabili per tutto l'anno. I trasporti avvengono
durante l'estate per via aerea (elicotteri o aeroplani), per via terra, con mezzi
fuoristrada, e per via fluviale. In inverno vengono approntate piste invernali, sfruttando
anche i fiumi ghiacciati. Nella penisola dei Ciukci gli approvvigionamenti sono molto
difficili, per via di una rete di comunicazioni insufficiente e delle condizioni climatiche
estreme. Anche i collegamenti via radio sono embrionali. Il collegamento tra i nomadi e i
villaggi, che negli anni scorsi era garantita soprattutto da radio portatili, molto
peggiorato negli ultimi tempi, perch viene trascurata la manutenzione delle attrezzature
e mancano i soldi per l'acquisto dei pezzi di ricambio.
4. Economia: allevamento di renne e pesca

[ top ]

I settori principali dell'economia della popolazione indigena sono l'allevamento delle


renne, la caccia e la pesca, in mare e in acqua dolce. La fonte pi sicura di introiti
l'allevamento di grandi greggi di renne. Si tratta di un'attivit economica particolare, che
pu sopravvivere solo mantenendo lo stile di vita tradizionale. I pastori di renne vivono
come nomadi per la maggior parte dell'anno, spostandosi alla ricerca di nuovi pascoli.
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Interrompono le loro migrazioni solo quando la stagione, o la qualit del pascolo, oppure
altri motivi lo rendono necessario. Nel corso dell'anno le mandrie di renne si separano e si
riuniscono alcune volte. In questi periodi anche gli uomini si separano, e ogni gruppo segue
un percorso differente. Nel passato anche donne vecchi e bambini si separavano dagli
uomini che seguivano le mandrie e costruivano un accampamento estivo. Generalmente si
cercava un luogo di sosta nelle vicinanze di un fiume pescoso dove ci fossero alberi o
cespugli (per il rifornimento di legna).
Donne e bambini conciavano le pelli, cucivano vestiti, essiccavano pesci e preparavano le
scorte di radici, mentre gli anziani costruivano slitte da renne o finimenti per i cavalli.
Erano i preparativi per l'inverno. Nel frattempo gli adulti e gli adolescenti seguivano le
mandrie, le pascolavano con speciali metodi appresi dagli antenati, cercando di ingrassare
le renne il pi possibile. Per fare questo era necessario possedere un'ottima conoscenza
del territorio, delle erbe, delle tecniche di selezione delle renne, oltre che del loro
comportamento. La renna un'animale semiselvatico, pauroso e molto veloce, il che
rende il lavoro del pastore molto difficile. E' necessario percorrere molti chilometri,
superare fiumi, paludi, nevai e piccoli vulcani. In inverno si possono usare traini da renna
o sci. In estate tutto molto pi faticoso soprattutto per via di zanzare e tafani, e dei
funghi, di cui le renne sono ghiottissime. Un altro pericolo sono le renne selvatiche. Sono
pi grosse e pi forti, e, vedendole, le renne semidomestiche riscoprono il loro passato
non lontano e fuggono assieme a loro. E' quasi impossibile trattenerle, e il pastore, per
qualche tempo, pu restare senza gregge. In questi casi le uniche cose che possono essere
d'aiuto sono una buona conoscenza delle abitudini delle renne e un gruppo di sentinelle
disposte attorno alla mandria. Una vista acuta ed un udito fine sono indispensabili per i
pastori. Numerosi predatori (Orsi, lupi, ghiottoni) sono in agguato lungo il cammino. Una
volta i cacciatori non si opponevano con le armi agli animali selvatici, ma cercavano di
convincerli ad allontanarsi: nei casi estremi gli gettavano addosso serpi, oppure provavano
a fargli il solletico. Funzionava.
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In autunno, i gruppi dispersi di renne si riuniscono e ritornano sulle piste invernali, dove in
Agosto- settembre hanno luogo gli accoppiamenti. I vitelli nascono in primavera, ed in
questo periodo si incontrano gli allevatori di diversi gruppi, si aiutano nel separare le
madri dal resto della mandria, e festeggiano la nascita dei primi vitelli. E' il periodo pi
allegro e luminoso dell'anno. L'allevamento delle renne garantiva agli uomini nutrimento,
vestiti, scarpe e casa. Per la cultura materiale degli indigeni allevatori, le renne
significavano moltissimo, anche se non tutto.
Non era meno interessante la pesca marittima. Lungo quasi tutta la costa veniva praticata
la caccia a balene, trichechi e foche, cacciati con arpioni ricavati dai denti dei trichechi.
Alcuni di essi avevano le estremit girevoli, ed erano capolavori di capacit tecnica per il
loro tempo. Si cacciava durante tutto l'anno, in estate in canoa, in inverno sul ghiaccio. I
prodotti della caccia bastavano a soddisfare tutte le esigenze degli abitanti della costa.
Essi festeggiano tuttora molte feste particolari, delle quali la pi importante la festa
della balena. La vita dei pescatori per molto cambiata negli ultimi 70/80 anni.
5. Geografia: clima, flora e fauna

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La penisola dei Ciukci occupata in gran parte da altipiani e catene montuose. Le zone
pianeggianti consistono soprattutto in tundra paludosa. I confini meridionali e occidentali
sono segnati dal fiume Kolyma. Il pi grande fiume della penisola, l'Anadyr, forma numerosi
laghi. Naturalisticamente molto interessante il lago Elgygytgyn, profondo 160 metri,
formatosi probabilmente in seguito ad un impatto meteoritico. Sono presenti inoltre alcuni
vulcani spenti. L'inverno dura otto mesi. Il clima molto aspro: sulla costa predominano
venti fortissimi, che spesso si trasformano in bufere di neve. All'interno predomina il clima
continentale. In inverno la temperatura, nella regione di Bilibinsk raggiunge i - 60, mentre
la media annuale si aggira attorno ai 12 gradi. La parte settentrionale della regione si trova
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al di l del circolo polare artico, e il permafrost presente quasi dappertutto. La


vegetazione scarsa; nella tundra si trova muschio, licheni, erbe palustri, alberi nani;
nelle valli e nel sud della regione crescono pioppi e betulle.
La fauna si adattata all'asprezza della natura. Nella Penisola vivono soprattutto renne,
alci, capre delle nevi, orsi bruni e bianchi, lupi artici, ghiottoni, volpi, zibellini, aquile,
pernici bianche, urogalli e, in estate, corvi, oche e anatre. La fauna acquatica
caratterizzata da trichechi, foche, balene, temoli, salmoni siberiani, Omul, e altri
salmonidi. La Penisola dei Ciukci confina con l'Alaska, e, geologicamente, assieme formano
la Zona di Bering. La gran parte di questa zona si trova sott'acqua, mentre fino a 12.000
anni fa un ponte di terra congiungeva le due penisole. I rispettivi ecosistemi sono molto
simili. Negli ultimi anni stata esaminata la possibilit di creare un parco internazionale
dello stretto di Bering, ma la decisione in merito tuttora in sospeso per via di momenti
tesi nelle relazioni russo-americane.
6. Primi insediamenti

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Non si sa con certezza a quando risale la prima presenza umana nella penisola, ma
ritrovamenti archeologici fanno ritenere che i primi abitanti siano arrivati dal continente
americano attraverso la lingua di terra che univa Alaska e Siberia.
La parentela con l'Alaska, quindi, non solo geografica ma anche antropologica. Questo
fatto confermato da una serie di affinit tra i nativi americani e i popoli indigeni della
Penisola. L'insediamento avvenuto in condizioni climatiche estreme, nel pieno della
cosiddetta "glaciazione sartanica" che ha interessato la Siberia. La vita si svolgeva
prevalentemente nelle valli tra i ghiacciai, o nella tundra davanti alla calotta glaciale.
Allora popolavano la penisola mandrie di Mammut, rinoceronti pelosi e buoi uri, di cui
tuttora gli abitanti ritrovano i resti. Le attivit principali dei primi abitanti erano caccia,
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raccolta e pesca. Col tempo le popolazioni dell'interno (i progenitori degli attuali Ciukci)
si specializzarono nell'allevamento delle renne, mentre le popolazioni della costa (che
sarebbero diventati gli Eschimesi) si dedicarono alla pesca. Queste attivit economiche
crearono le condizioni per il passaggio dalla comunit tribale alla famiglia patriarcale e per
l'affermarsi delle diseguaglianze economiche.
7. La colonizzazione russa

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Nel XVII sec. apparvero i primi esploratori nella penisola, e posero fine all'isolamento che
aveva mantenuto gli indigeni nell'et della pietra. I coloni russi riuscirono a superare la
distanza tra gli Urali ed il Pacifico in soli 60 anni. La spinta alla conquista di queste nuove
terre aveva molti motivi, il pi importante dei quali era la ricerca di uno sbocco al mare
per l'impero degli Zar. Tutti i nuovi territori furono annessi alla Russia. Questo doloroso
processo cost ai popoli indigeni un alto tributo di sangue. Gli Zar, comunque, non
intendevano sterminare o cacciare gli indigeni, ma "unicamente" sottometterli. A questo
scopo fu introdotta la Jasak - un particolare genere di tributo - che nella Russia degli Zar
ha svolto da sempre una duplice funzione. In primo luogo era un'entrata per lo Stato,
dall'altra era una conferma della volontariet della sottomissione.
Successivamente i russi si appropriarono anche dell'Alaska; solo nel 1867 essa fu venduta
agli Stati Uniti. Il destino delle due gemelle era deciso per sempre: l'Alaska cadde in mano
ad un popolo di pragmatici "civilizzati" e calcolatori, ricevendo da loro un corredo di
pipeline, una rigida organizzazione degli indigeni e la "benedizione" della cultura
occidentale, mentre gli altri furono affidati alle cure di un pazzo megalomane che si
premur di donarle il disastro economico dei Kolkos e la diffusione dell'alcoolismo. I Ciukci
sono famosi per essere stato l'unico dei popoli del nord a non essersi sottomessi alla
politica zarista della Jasak. Il successo della resistenza armata e gli assalti agli insediamenti
dei cosacchi costrinsero i russi a rinunciare repressione violenta. John Mur, che visit la
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penisola nel secolo scorso, scriveva: " I Ciukci non sono affatto dei selvaggi, ma lavoratori
tranquilli e diligenti, che pensano al loro futuro e sono in grado di prevederlo, e per la
loro laboriosit e intelligenza riescono a sopravvivere ad ogni vicenda, anche quando
epidemie, fame e altri flagelli colpiscono loro e le loro mandrie di renne. Essi danno
l'impressione di gente buona, loquace, allegra, piena di passione e, per quanto ho potuto
vedere, giusta nel rapporto con gli altri, indipendentemente se questi siano civili o
selvaggi".
8. Concezioni religiose

[ top ]

Uno dei principi della politica degli zar nei confronti dei popoli del nord era la tolleranza
rispetto alla loro vita materiale e spirituale. Una particolarit della vita spirituale degli
indigeni erano le loro concezioni religiose caratterizzate da animismo e sciamanismo. I
Ciukci credono che il creatore abbia creato gli uomini e gli altri esseri. Gli uomini morti
con dignit (in guerra, durante la caccia, etc.) raggiungevano la sfera celeste, quelli che
morivano indegnamente raggiungevano la sfera sotterranea. In questo modo una grande
popolazione di spiriti abita il mondo, per aiutare o danneggiare gli uomini. Si deve essere
molto attenti e sapere come essi si comportano per sopravvivere in un mondo complesso
e sconosciuto, dove in ogni zolla o palo di tenda si pu nascondere uno spirito che ne il
padrone. Nella vita di tutti i giorni gli uomini devono cavarsela con l'esperienza e le
regole di sopravvivenza. Inoltre ci si difende da attacchi con amuleti e preghiere.
Occasionalmente per si verificano casi insoliti, per esempio che uno spirito malvagio
rapisca l'anima di un uomo. In questi casi necessario l'aiuto di un guaritore, che ha il
dono di mettersi in contatto con il mondo degli spiriti e l compiere le azioni giuste per
salvare l'anima rapita. Quest'uomo lo sciamano. Essere sciamano non un lavoro, ma una
vocazione, o una malattia.
9. Oppressione e sfruttamento
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I cambiamenti pi radicali nel modo di vita dei Ciukci avvennero dopo la rivoluzione
d'ottobre e la presa del potere da parte dei Soviet. Ubbidienti alle proprie concezioni
ideologiche, essi presero misure radicali nei confronti degli indigeni, il cui fine era di
portare i popoli del nord dallo stato di natura al comunismo senza passare per gli stadi
intermedi del feudalesimo e del capitalismo. Si pensava che questi popoli possedessero
gi elementi di vita comunitaria e che quindi fossero in grado di superare con successo
questo salto. Sulle prime vi furono dei successi.
I Ciukci impararono a leggere e a scrivere, ricevettero assistenza medica, e supporto
organizzativo. Presto per si videro i primi segni di fallimento, perch la dimensione, la
radicalit e la velocit dei cambiamenti introdotti non era compatibile con la mentalit
indigena. Vennero collettivizzate le mandrie di renne e gli attrezzi da lavoro, vennero
vietati gli usi e i costumi tradizionali e la religione, i bambini furono isolati dai genitori e
allevati in asili e collegi. In questo modo lo Stato Sovietico intervenne in profondit nel
modo di vivere dei Ciukci. Molti "riformatori" credevano sinceramente di strappare dei
"selvaggi" ad una vita primitiva, per portarli al livello della loro cultura c.d. progredita.
In questo periodo furono cambiati i confini degli insediamenti e le piste sulle quali le trib
si muovevano, i clan vennero trasformati in collettivi di produzione e aziende familiari.
Ne segu una grave crisi. Le comunit indigene e le loro forme economiche per riuscirono
a sopravvivere. Durante il periodo sovietico la vita degli indigeni era programmata dalla
nascita alla morte. Il controllo era esercitato da operai russi che facevano parte del
Partito, dei Sindacati, delle Giovent Comunista, che formavano la gran parte della
popolazione dei villaggi (talvolta la percentuale di indigeni non raggiungeva il 10%) Il
lavoratori immigrati assicuravano l'organizzazione di tutte le attivit, economiche, sociali
e culturali degli indigeni.
Negli anni che precedettero e seguirono la seconda guerra mondiale i sovietici si
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impadronirono anche delle risorse del territorio. Vennero cominciate ricerche geologiche,
vennero aperte miniere, estratti oro, zinco, uranio, volframio. Fino all'inizio degli anni 50
lo sfruttamento delle risorse era compiuto soprattutto da internati dei Gulag. In seguito
incominci la costruzione di un gran numero di insediamenti industriali e il trasferimento
di popolazione dalle regioni centrali dell'unione sovietica.
L'industrializzazione comport l'appropriazione dei territori che una volta appartenevano
agli indigeni, appropriazione dettata solo da motivi di profitto. I diritti degli indigeni e
l'importanza dell'utilizzo tradizionale del territorio, vennero completamente dimenticati.
In breve tempo vennero distrutti enormi estensioni di terra prima riservate alla caccia,
alla pesca, al pascolo. I rappresentanti della "cultura sviluppata" distrussero con ogni mezzo
ogni cosa vivente. Con fuoristrada ed elicotteri si dava la caccia a alci, orsi, ghiottoni,
renne. I fiumi venivano imbrigliati in reti metalliche, il loro corso alterato facendo ricorso
ad esplosivi. Gli indigeni vennero avvelenati con la vodka. Per gli indigeni fu un disastro.
Essi erano culturalmente abituati ad assumere funghi come stupefacenti, e avevano gli
strumenti culturali per farlo senza rischi. Il diffondersi dell'alcoolismo distrusse tutto
questo. Era il trionfo dell'ipocrisia, secondo il motto: "d una cosa, fanne un'altra, pensane
una terza". La crisi interiore si manifest in un'aumentata morbilit e mortalit.
In quegli anni sia gli indigeni che gli studiosi riconobbero l'avanzamento del degrado fisico
e psicologico, ma non venne fatto nulla. I risultati di ricerche sugli indigeni venivano
tenuti segreti. Tra gli abitanti "ciucko" divenne sinonimo di imbecille. Fu persino
pubblicato un libro di barzellette, e nel 1998 il vocabolario ufficiale della lingua russa
accoglieva la parola "ciucko" nel senso di "persona ingenua, limitata". Grazie alle cure del
"buon popolo russo" i Ciukci erano stati trasformati, da popolo libero, in una mandria di
beoni, sporchi e indecenti. Viene di che chiedersi chi venga umiliato maggiormente dalle
trasformazioni imposte agli indigeni e dalle storielle volgari: se i Ciukci stessi, o la Russia.
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10. Gli ultimi 10 anni

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Con la fine del periodo sovietico emerse la crisi dei popoli del nord emerse in tutta la sua
gravit. Glasnost e riforme cambiavano l'Unione Sovietica. Questo, per i popoli del nord,
signific il passaggio da un estremo ad un altro. Al periodo della politica della
regolamentazione segui quello dell'assenza di ogni politica. Ci si lavava le mani dei crimini
e degli errori del passato senza per prendere alcun provvedimento concreto per i popoli
del nord. Si preferiva parlare dei mali che affliggevano gli indigeni. In innumerevoli
congressi e conferenze si ricamava attorno alle idee astratte di partnership e
reintegrazione. Vennero creati numerosi fondi, vennero pubblicati libri, messi in scena
spettacoli, concerti di gala, party d'addio. I capi dei governi locali (non indigeni)
riuscirono ad ottenere, per la tutela degli interessi degli indigeni, aiuti, o nuovi poteri per
la loro regione o per la loro amministrazione. Non significava altro che prendere le
sofferenze dei popoli indigeni come scusa per continuare a "prendersi cura" di loro, e per
il profitto degli stessi che avevano causato la crisi.
Venne reso pubblico che in alcune regioni l'aspettativa di vita degli indigeni non arrivava a
40 anni, e che il numero dei suicidi era spaventosamente aumentato. In alcuni distretti
riesplosero epidemie che si credevano dimenticate dal secolo scorso (tubercolosi,
echinococcosi ed altre malattie parassitarie). Nonostante le preoccupanti condizioni
igenico-sanitarie, venne smantellata l'assistenza medica nei luoghi di residenza dei popoli
del nord. Le fattorie collettive vennero privatizzate con l'introduzione dell'economia di
mercato, lottizzate e vendute al tutti - compresi i lavoratori immigrati. Gli indigeni non
ricevettero quello che loro spettava, n sapevano utilizzare o costudire quello che
riuscirono ad ottenere. Le renne e i terreni di caccia finirono in mano altrui. I programmi
statali per il sostegno dei popoli indigeni offrivano fin troppi spiragli per abusi e
malversazioni.
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Gli esperti, i Leader dei popoli del nord che hanno interesse alla difesa degli indigeni,
ritengono necessario che vengano emanate leggi che sanciscano lo status particolare degli
indigeni, il loro autogoverno, i loro diritti sulla terra e sulle risorse. La Russia deve
abbandonare la politica paternalistica e passare a rapporti di partnership. Il paternalismo
dello Stato Russo una bugia: questo pseudopaternalismo, infatti, ha ridotto gli indigeni
del nord in una condizione che ha poco in comune con lo stato degli indigeni degli altri
territori circumpolari.
L'erosione dei diritti politici, economici e culturali degli indigeni non una conseguenza
del capitalismo sovietico, ma della sfortunata convergenza di fattori etnici interni, senza
il superamento dei quali ogni provvedimento rimarr senza esito. I Ciukci non sono stati
sottomessi con una campagna aperta di distruzione, ma sono stati piegati con metodi
sottili ed inconsci, tanto che verrebbe voglia di dire: meglio una crudelt dichiarata, che
questa parodia del bene. Si fa sempre pi largo oggi la convinzione che la pi utile ed
urgente misura per la tutela degli indigeni del nord di dichiarare questi popoli oppressi,
perch esporre queste popolazioni, pochissimo preparate e particolarmente vulnerabili, a
interventi come quelli attuati fino ad oggi equivale a proseguire nell'oppressione, se non
nella forma, certamente nella sostanza.
11. Cenni sull'arte dei Ciukci

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Nonostante nelle anime degli indigeni che ancora vivono nella penisola dei Ciukci sono
sopravvissute piccole isole di ricordo etnico, che talvolta si manifestano nei
comportamenti, nella visione del mondo, in frammenti di usi e costumi, e nell'arte. Qui
dobbiamo distinguere tra l'arte autentica e quella calata dall'alto, come "dimostrazione del
trionfo della cultura e dell'arte di tutte le nazioni nella famiglia dei popoli sovietici".
Bisogna riconoscere che anche alcuni esempi di queste forme artistiche si distinguono per
chiarezza e forza, ma si tratta comunque soltanto di abili riproduzioni di ci che veniva
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ideato sotto la supervisione di professionisti russi, e fabbricato in serie. Non si tratta


quindi di un'eco o un manifestarsi dello spirito del popolo, ma piuttosto di una loro
manipolazione.
L'incontro con artisti autentici della tundra o della taiga, che cercano di comunicare il loro
sentimento del mondo, un'esperienza che riempie di gioia. Questi artisti lavorano nella
tundra, accanto al fuoco, oppure alla luce di una candela in una capanna di caccia, oppure
ancora in una jaranga stretta e fumosa sulla costa. Osservando gli oggetti creati dalle mani
di questi maestri, anche senza volerlo si costretti a riflettere radici della creazione di
questi oggetti. Perch questi uomini, in particolare i pi giovani, non basano la loro
attivit artistica sulle conoscenze tecniche, bens su un atavico senso per il bello.
Questi lavori potrebbero servire come oggetti di ricerca non solo per gli amanti dell'arte,
ma anche per antropologi, etnopsicologi, filosofi. Gli artisti che li hanno creati lavorano
nella tundra allevando renne, cacciando o pascolando, e non sono artisti accademici.
Evitano qualsiasi istruzione artistica, per paura di diventare dipendenti e semplici
imitatori di modelli. Preferiscono trarre i loro motivi e i loro mezzi d'espressione
direttamente dalla Tundra.
Testo: Larissa Vyntyna. Traduzione dal russo Dr. Alfons Benedikter.

Quadro dei piccoli popoli del Nord e dell'Est della Russia

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Descrizione

Popolazione secondo il
censimento

Parlanti la lingua madre


in %

1926

1959

1959

1989

1979

Popoli di stirpe finnica


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Sami, Lapponi

1.720

1.792

1.890

70

53

Finnici

77.000

Kareli

167.000

138.000

71

56

Komi Siriani

287.000

344.500

Hanti, Ostiachi

17.334

19.410

22.521

77

68

Mansi, Voguli

6.095

6.449

8.461

59

50

Popoli di stirpe ugrica

Popoli di stirpe samojeda (Nenzi)


Nenci, Samoiedi dello
Jurak

16.217

23.007

34.665

85

80

Scelkup, Samoiedi
dell'Ostiak

1.630

3.768

3.621

51

57

Enci, Samoiedi dello


Jenisej

482

350

209

Nganasani, Samoiedi di
Tawgi

867

748

1.278

Evenki, Tungusi

18.805

24.710

30.163

56

43

Eveni, Lamuti

2.044

8.121

17.199

81

57

Negidal

683

350

622

44

Nanai, Goldi, Cotso

5.860

8.026

12.023

Orocci

647

782

915

Olci

723

2.055

3.233

68

41

Popoli di stirpe tungusa

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Oroki

162

450

190

Udeke

1.357

1.444

2.011

74

31

Jakuti

283.000

382.000

98

95

Dolgati

656

3.934

6.932

94

90

Caragassi, Tofalari

415

731*

Popolazioni turche

Popoli di stirpe paleo-asiatica


Ciukci

2.332

11.727

15.184

94

78

Coriacchi

7.439

6.287

9.242

91

69

Itelmeni

859

1.109

2.481

36

24

Iukaghiri

443

442

1.142

53

38

Ciuvani

705

1.511

Nivci, Ghiliacchi

4.076

3.717

4.673

76

31

Keti, Ostiacchi dello


Jenisej

1.428

1.019

1.113

Ainu

32

Popoli di stirpe eschimese - aleutina


Inuit, Eskimo

1.293

1.118

1.719

84

61

Aleutini

3.534

421

702

22

18

* Dal censimento 1979


Nota: 26 di questi popoli appar tengono all'"Unione dei piccoli popoli del Nor d", e vengono definiti, nell'elenco ufficiale del Gover no r usso come "
popoli del nor d numer icamente piccoli": Dolgani, Nganasani, Nenzi, Sami, Ciukci, Evenki, Eveni, Enci, Inuit, Jukaghir i, Cor iacchi, Keti, Mansi,
Selkupi, Ciuvani, Aleutini, Itelmeni, Nanai, Negildazi, Nivci, Or oki, Or oci, Udeke, Ulci, Tofalar i (Kar agassi).

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Complessivamente questi popoli ammontano, secondo i dati del censimento del 1989 a 183.700. Il totale della popolazione indigena ammonta a
1.048.200 per sone. Il ter r itor io di insediamento compr ende cir ca 10 milioni di chilometr i quadr ati, cir ca il 60% del ter r itor io r usso. Nel 1993
all'elenco dei popoli indigeni del nor d sono stati aggiunti i popoli della Siber ia mer idionale dei Kumandi, Teleuti e Snor zi. I popoli o gr uppi etnici di
seguito elencati non appaiono nei dati del censimento per via del lor o numer o tr oppo limitato (o della lor o completa spar izione): Aliutor zi, Ker eki,
Tasi, V oti, Kamciadali, Ciulmimzi. Gli Aliuor zi e i Ker eki sono stati consider ati assieme ai Cor iacchi, i Tasi assieme agli Udeke, i Ciulmimzi tr a i
Tatar i e i Ciakassi. I Kamciadali non sono consider ati pi gr uppo etnico a par te, pr obabilmente per ch par lano r usso. I V epsi sono un popolo che
non consider ato tr a gli abitanti indigeni del nor d.
Fon ti: Vocabolario Enciclopedico Sovietico (M osca 1987) e materiali dal censimento 1989 ("Composizione nazionale della popolazione
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Vedi anche:
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