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Quando l’Italia entra in guerra non aveva ancora un esercito pronto a sostenere un conflitto impegnativo
e subito furono evidenti le difficoltà organizzative, le carenze nell’armamento e la scarsa preparazione tecnica.
Inoltre, la linea del fronte italo-austriaco, che andava dal passo dello Stelvio alle foci del fiume Isonzo, rendeva
difficile la tenuta della posizione per le truppe italiane; lo schieramento presentava un punto debole al confine
tra Trentino e Veneto, dove i nemici avrebbero potuto cogliere alle spalle gran parte dell’esercito italiano.
Luigi Cadorna fu nominato capo dell’esercito italiano e subito si distinse per la rigida disciplina imposta
ai soldati: i tentativi di diserzione erano piniti con la fucilazione e ricorse a gravi punizioni per ogni mancanza.
Il generale Cadorna decise di sferrare un attacco frontale all’esercito austriaco schierato lungo l’Isonzo e
sul Carso. Fra giugno e dicembre 1915 si svolsero le prime quattro battaglie dell’Isonzo, che provocarono
numerose vittime, ma senza ottenere successo.
Nel giugno del 1916 gli Austriaci scatenarono la spedizione punitiva contro l’ex alleato ritenuto
colpevole di tradimento. Le truppe austriache attaccarono l’esercito italiano colpendolo nel suo punto debole e
penetrarono nel territorio fino ad occupare Asiago. Tuttavia l’offensiva si arrestò di fronte alla tenace resistenza
italiana, ma anche perché i russi aprirono un altro fronte contro l’austria.
Cadorna approfitta della situazione e prepara una controffensiva, sempre sull’isonzo, che portò alla
liberazione di Gorizia, poi si tornò alla guerra di logoramento nelle trincee.