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I MALAVOGLIA: prefazione

Al momento della scrittura de i Malavoglia verga ha ben chiaro e definito il progetto di una tragedia umana di
cui il romanzo costituisce il primo atto. Nella Prefazione al romanzo Verga dichiara il suo intento narrativo,
fondato sul tentativo di comprensione del senso delle azioni umane e della vita, appunto le ragioni dietro le
azioni umane che producono la fiumana del progresso, e che l’autore rintraccia nella bramosia dell’ignoto,
l’accorgersi che non si sta bene, o che si potrebbe stare meglio.

Verga indaga questo processo a livello più elementare possibile, quello di una famigliola di pescatori, i
Malavoglia. Lo scrittore ritiene opportuno iniziare questa sua analisi dal livello più basso della scala sociale in
quanto il meccanismo è più semplice, ma ambisce a delineare un quadro complessivo della società italiana e
intende descrivere l’ansia di miglioramento nelle forme cui essa si esprime in tutte le classi sociali. Le
motivazioni materiali sono quelle che ispirano i malavoglia, che si configura come lotta per i bisogni materiali,
per la sopravvivenza; l’azione di mastro don Gesualdo si configura come lotta per l’acquisizione della roba e di
uno status sociale più elevato: e queste motivazioni muovono la plebe e la borghesia. Motivazioni più astratte
sono quelle relative ai ceti sociali più elevati.

L’ansia di miglioramento è la principale pulsione che influenza sia le azioni del singolo individuo, volto alla
ricerca del meglio, sia quelle dell’intera umanità, legate al progresso.

Naturalmente anche il linguaggio dovrà adattarsi alla differente materia, così da poter rappresentare in modo
adeguato le realtà sempre più complesse e artificiali delle città e delle classi elevate, di contro a quelle più
semplici e primitive delle classi popolari.

L’autore si focalizza poi sul progresso e l’attenzione si sposta dal quadro generale, grandioso nel suo risultato
se visto nell’insieme e da lontano, alla dimensione particolare e tragica del singolo individuo che rimane
schiacciato da questo movimento incessante e fatale. Ma questa concezione di verga, che ritiene la storia non
progressiva ma ciclica, fa sì che anche colui che momentaneamente risulta vincitore sarà in futuro un vinto.
Coscienza di tutto questo può averla solo chi riesce ad osservare questo processo sottraendosi alla fiumana:
questo significa guardare con distacco i modi in cui il progresso si realizza e non accettare con ottimismo i suoi
risultati perché, alla luce dei drammi degli individui, inducono al pessimismo e alla riflessione.

Quindi la storia è un susseguirsi di eventi regolati da un’immutabile legge naturale, fondata sulla lotta per la
sopravvivenza. Poiché la storia non si può modificare, allo scrittore è solo consentito il compito di osservare e
descrivere questo processo di cui egli stesso è vittima: non ha diritto di giudicarlo, deve limitarsi a studiarla
senza essere coinvolto e a rappresentarla con precisione.

CAPITOLO 1

Il capitolo iniziale è incentrato sulla presentazione dei protagonisti del romanzo e sull’antefatto della vicenda
narrata nel romanzo. A causa delle difficoltà provocate dalla cattiva stagione e dalla partenza del nipote ‘Ntoni,
che viene arruolato nella marina militare, padron Ntoni si lascia convincere dall’usuraio zio Crocifisso a
comprare a credito una partita di lupini che, trasportati con la Provvidenza, barca dei Malavoglia, saranno
venduti altrove. I lupini, però, sono avariati e l’usuraio conta di speculare su questo: c’è infatti un guadagno
immediato, che deriva dall’avere venduto la merce avariata, che difficilmente avrebbero potuto piazzare e un
guadagno futuro, qualora padron ntoni non fosse in grado di salvare il debito, assicurato dall’ipoteca sulla casa
del nespolo, la dimora della famiglia Malavoglia.

L’inizio del capitolo descrive brevemente la storia della famiglia Toscano, soprannominata Malavoglia ad
indicare per antifrasi la buona volontà e la dedizione al lavoro dei Toscano, una famiglia economicamente
solida, proprietaria da sempre di barche e di case. Il soprannome Malavoglia allude però anche a quel cattivo
desiderio, appunto mala voglia, di miglioramento che, come detto nella Prefazione al romanzo, conduce alla
rovina. Subito dopo si passa al presente, quell’adesso al rigo 7 irrompe nel racconto e ci dice che nel presente
della grande e numerosa famiglia Toscano sono rimasti solo i malavoglia di padron ntoni, proprietario della
barca provvidenza e della casa del nespolo. Anche il nome della barca è di segno antifrastico, tutto sarà meno
che provvidenziale; l’ironia del suo nome verrà sottolineata da don Franco nel cap. III: bella provvidenza eh
padron ntoni.

Segue poi la presentazione di padron ntoni e dei componenti della sua famiglia. Padron ntoni è depositario di
una saggezza antica, che si esprime attraverso proverbi e similitudini sentenziose (moraleggianti, atte ad
esprimere giudizi).

NOVELLE RUSTICANE

Dopo l’insuccesso de I Malavoglia, Verga prende una pausa momentanea dal progetto del ciclo dei vinti, infatti
nel 1883 pubblica le Novelle Rusticane, un grande affresco della società siciliana e della storia della seconda
metà dell’Ottocento, in cui si registra il fallimento degli ideali risorgimentali basati sul patriottismo eroico e
sugli ideali astratti di libertà; nella raccolta, quindi, è descritta l’ìmpari lotta dell’uomo, impotente nei confronti
della violenza della natura e della prepotenza del potere religioso, politico, giudiziario ed economico. La
raccolta costituisce una sorta di laboratorio per il secondo romanzo del ciclo dei vinti, Mastro don Gesualdo, del
1889: si nota infatti la presenza di alcuni personaggi, ad esempio Mazzarò, che preannunciano il romanzo.
Tuttavia questo personaggio rappresenta un’eccezione, infatti il focus delle novelle rusticane non è tanto
incentrato sul singolo individuo, quanto sulla dimensione collettiva analizzata nelle sue dinamiche sociali ed
economiche.

Protagonista della novella La roba è Mazzarò, un contadino siciliano che accumula una fortuna con una tenacia
e un’abnegazione che ne fanno una sorta di asceta (chi fa vita di penitenze e rinunce) dell’accumulazione
patrimoniale; dal momento che il senso dell’esistenza sta tutta nell’acquisizione della roba, quando giunge la
morte, egli prende coscienza dell’inutile e dolorosa sopravvivenza dei suoi averi a se stesso e tenta
grottescamente di portare con sé la sua ricchezza uccidendo gli animali e distruggendo le cose.
La novella inizia con la descrizione non del personaggio ma con quella dei suoi possedimenti: a un ipotetico
viandante che chiede chi sia il proprietario delle terre che attraversa, invariabilmente viene risposto: Di
Mazzarò, che viene ad essere figura emblematica del latifondista siciliano: i possedimenti di Mazzarò
comprendono infatti l’intera tipologia del paesaggio siciliano, dalle paludi agli aranceti, dagli ulivi alle vigne; si
tratta di possedimenti tanto vasti che non basta una giornata a percorrerli tutti.

Entra poi in scena un secondo punto di vista, che apre una nuova sequenza narrativa in cui un narratore
popolare ci presenta i costi materiali e le ragioni economiche dell’ascesa del protagonista. La storia di Mazzarò
è quella di un uomo che ha costruito dal niente un’enorme fortuna, quindi il clima è favolistico perché narra la
fortunata ascesa di un povero, con il tipico ribaltamento di situazione dalla miseria alla ricchezza: infatti
Mazzarò è diventato padrone di quelle terre che una volta lavorava come contadino.

L’epilogo ci mostra un Mazzarò pensoso, in atteggiamento contemplativo e malinconico, seduto con il mento
sulle mani a guardare le sue terre; ma non matura una riflessione sulla vita, ma sulla roba che dovrà lasciare
quando morirà. Per questo motivo l’esito della novella, definita favola tragica, finisce con il tragicomico e
grottesco tentativo di Mazzarò di far morire la roba insieme con lui.

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