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Lavoro dai misteri antichi ai nuovi misteri

Differenza tra mistica e scienza dello spirito

METAMORFOSI DELL’ANIMA
Sentieri di esperienza per l’anima
Parte seconda
OO 59
Tratto da TERZA CONFERENZA:
Che cos’è la mistica

…. Di solito, una cosa che presenta determinate difficoltà per via della sottigliezza dei suoi concetti
viene capita nel modo giusto solo quando la si può paragonare a qualcos'altro che le è affine.
Nelle conferenze tenute in questa sede è stato più volte affermato che esite un percorso di ascesa ai
mondi superiori. Sotto certi aspetti, si tratta di una triplice via. Abbiamo accennato alla via verso
l'esterno e poi a quella verso l'interno, intrapresa non dai mistici degli antichi misteri, ma da quelli
medievali, e ne abbiamo chiariti i limiti. Ora vogliamo distogliere lo sguardo da entrambe le vie e
dirigere la nostra attenzione a quella che può essere definita la via autenticamente scientifico-
spirituale o dell'indagine spirituale.
Abbiamo già detto che questa conoscenza scientifico-spirituale non consiste nel fatto che l'uomo
intraprenda semplicemente una via - quella esteriore verso i fondamenti di ciò che si manifesta ai
sensi, ovvero verso le monadi; o quella interiore verso i fondamenti della propria vita animica, vale
a dire, verso l'unione mistica del mondo. Abbiamo invece sottolineato che il metodo scientifico-
spirituale consiste nell'affermare che l'uomo può non solo percorrere le vie che la conoscenza
immediata di cui dispone gli rende possibili, ma che possiede dentro di sé forze conoscitive
nascoste e assopite, a partire dalle quali trova altre strade rispetto alle due che abbiamo descritto.
Che cosa fa colui che intraprende uno dei due percorsi illustrati? Si dice: orbene, in quanto uomo
rimango quello che sono; questo sono diventato. Posso uscire e cercare di penetrare il velo del
mondo sensibile e spingermi fino alle cause prime dell'esistenza; posso cancellare le esperienze
esteriori e far emergere la piccola scintilla che viene sopraffatta e offuscata dal mondo esterno e che
di solito sfugge all'attenzione.
- Ma alla base della conoscenza scientifico-spirituale c'è l'intenzione dell'uomo di non rimanere così
com'è con le sue forze conoscitive, bensì il suo dirsi: com'è vero che mi sono sviluppato fino a
diventare quello che sono oggi, è altrettanto vero che, a patto di utilizzare il metodo adeguato, posso
evolvermi nella mia anima e sviluppare forze conoscitive superiori a quelle di cui già dispongo.
Se accostassimo quanto è stato detto adesso alla modalità mistica di conoscenza, dovremmo dire:
certo, se si cancella la vita animica esteriore, si può trovare la piccola scintilla interiore e osservare
come risplenda e riprenda vigore dopo che il resto è stato cancellato, ma come si limiti per l'appunto
a osservare ciò che già esiste.
L'indagine scientifico-spirituale direbbe invece al mistico: no, noi non facciamo solo questo;
arriviamo alla piccola scintilla, ma non ci fermiamo lì, cerchiamo invece di procurarci i metodi che
possono permettere a questa scintilla di diventare una luce molto più forte. Intraprendiamo la via
verso l'esterno e quella verso l'interno; sviluppiamo nuove forze conoscitive, quindi non
imbocchiamo subito la via verso l'esterno o quella verso l'interno. Rispetto alla mistica medievale,
alla monadologia e alle antiche dottrine misteriche, la moderna ricerca scientifico-spirituale si
contraddistingue per il fatto di sviluppare le forze conoscitive interiori in modo da unire le due vie,
quella verso l'esterno e quella verso l'interno, volta a scoprire la piccola scintilla del mistico, così da
seguire un percorso che consenta di giungere all'una e all'altra meta nello stesso modo. Come mai?
Questo è dovuto al fatto che lo sviluppo delle forze conoscitive superiori mediante un metodo della
moderna scienza dello spirito fa sì che l'uomo attraversi tre gradi di conoscenza. Il primo stadio, che
trascende la conoscenza ordinaria, viene chiamato conoscenza immaginativa. Il secondo è quello
della conoscenza ispirativa e il terzo è quello che viene chiamato conoscenza intuitiva nel vero
senso della parola.
Come si realizza il primo grado di conoscenza?
Che cosa si fa nell'anima per sviluppare forze conoscitive superiori?
Dal modo in cui si forma la conoscenza immaginativa, potete vedere come la monadologia e la
mistica vengano superate per mezzo di questo percorso conoscitivo della più recente indagine
scientifico-spirituale. L'esempio che introduce con particolare facilità alla comprensione della
conoscenza immaginativa è già stato citato molte volte in questa sede. Si tratta per l'appunto di un
esempio tratto dai metodi che lo scienziato spirituale applica a se stesso; è un esempio fra tanti, che
viene illustrato nel modo migliore riassumendo in un dialogo ciò che avviene fra maestro e
discepolo.
1° esercizio
Il maestro che volesse educare in un discepolo quelle forze (conoscitive superiori che portano
all'immaginazione gli direbbe: guarda la pianta, cresce dal terreno e dispiega foglia dopo foglia fino
alla fioritura. Paragona questa pianta all'uomo che ti sta davanti. Quest'uomo ha qualcosa in più
rispetto alla pianta: il fatto che in lui il mondo si rifletta nelle sue rappresentazioni, emozioni e
sensazioni; ha il vantaggio di possedere quella che chiamiamo coscienza umana, ma l'ha ottenuta a
caro prezzo, nel senso che nel suo percorso per diventare uomo ha dovuto farsi carico di passioni,
istinti e desideri che possono trarlo in errore e indurlo all'ingiustizia e al male. La pianta cresce per
così dire in base alle sue leggi innate, sviluppa il proprio essere secondo tali leggi e sta davanti a noi
pura nella sua verde succosità, senza che le possiamo attribuire, a meno di non essere dei visionari,
passioni, pulsioni e desideri che possano allontanarla dalla retta via. Se ora però osserviamo
l'espressione esteriore della vita cosciente umana, dell'io umano, se osserviamo il sangue che circola
nell'uomo come la verde clorofilla nella pianta, dobbiamo dire: il sangue pulsa e circola nell'uomo,
in quanto è espressione sia della sua elevazione a gradi di coscienza superiori, sia delle passioni e
dei desideri che lo trascinano verso il basso.
2° esercizio
E a questo punto il maestro scientifico-spirituale potrebbe dire al discepolo: immagina che l'uomo
evolva ulteriormente, che grazie al suo io diventi in grado di dominare l'errore, la malvagità e la
cattiveria, tutto ciò che lo vuole trascinare verso il male, e che riesca a purificare le proprie
emozioni e passioni. Immagina un ideale concreto verso il quale l'uomo tende e in cui il suo sangue
non sia più l'espressione di passioni qualsiasi, ma di quello che in lui è il padrone su tutti gli impulsi
che possono attirarlo verso il basso. Allora il suo sangue rosso è paragonabile a ciò che la linfa
verde stessa è diventata nella rosa rossa. Come quest'ultima ci presenta la linfa in casta purezza e ci
mostra a un grado più perfetto ciò che la pianta rappresenta a un livello meno perfetto, così il
sangue rosso nell'uomo purificato ci mostrerebbe quello che è quando l'uomo ha acquisito il
dominio su tutti gli impulsi che lo trascinano verso il basso.
Il maestro spirituale può suscitare queste sensazioni e rappresentazioni nell'animo del discepolo.
3° esercizio
Se quest'ultimo non è un allievo arido e freddo, se non è un pezzo di legno, ma è in grado di
percepire e sentire tutto il mistero che ci si presenta simbolicamente in un simile paragone, allora
questo mistero agirà sulla sua anima e sarà per lui un'esperienza che gli appare come un simbolo di
quanto l'anima sperimenta nella visione spirituale. Questo simbolo può essere la rosacroce: la croce
nera è deputata a esprimere ciò che è stato soppresso nella natura inferiore dell'uomo;
le rose simboleggiano il sangue rosso, elevato e purificato fino alla casta espressione della sua
anima superiore dentro di lui. La croce nera circondata di rose rosse diviene così una sintesi
simbolica di ciò che l'anima sperimenta in quel dialogo fra discepolo dello spirito e maestro. Se il
discepolo si sarà procurato questo simbolo con il sangue della propria anima, avendo lasciato agire
su di essa tutte le rappresentazioni, emozioni e sensazioni che interiormente lo autorizzano a
riassumere qualcosa nella rosacroce, se non si limiterà a credere di porsi semplicemente di fronte
una rosacroce, ma se avrà dentro di sé l'essenza di un atteggiamento interiore superiore, conseguito
pienamente a prezzo dell'anima sanguinante, vedrà che un'immagine di questo tipo e altre immagini
analoghe fanno affiorare qualcosa nella sua anima. E non si tratta più semplicemente della piccola
scintilla spirituale, bensì di una nuova forza conoscitiva che lo rende capace di vedere il mondo in
modo nuovo. Non è rimasto fermo a quello che era stato fino ad allora nella sua vita, ma ha
sviluppato la propria anima. E se lo farà ripetutamente, giungerà infine alla conoscenza
immaginativa, che gli mostra come fuori nel mondo ci sia anche qualcos'altro. Si sviluppa quindi
una nuova forma di conoscenza rispetto a quella che già possiede quando resta fermo al suo grado
di sviluppo precedente.
E adesso esaminiamo il modo in cui si è formata la via. L'uomo si è forse detto che avrebbe seguito
il percorso verso l'esterno andando alla ricerca dei fondamenti delle cose?
Solo in parte. Egli si dice: ora vado nel mondo esterno e non cerco i fondamenti delle cose, e
neppure le molecole e gli atomi, non prendo nemmeno ciò che il mondo esterno mi presenta, ma
conservo in me qualcosa di quello che il mondo mi offre. La croce nera non potrebbe sorgere
nell'anima se fuori non ci fosse il legno; l'anima non potrebbe mai costruirsi la rosa rossa se non ne
avesse un'impressione esteriore. Così quello che nell'anima è il contenuto viene tratto dal mondo
esterno.
Non possiamo dire come il mistico di aver cancellato ogni elemento esterno, di aver completamente
distolto l'attenzione dal mondo esterno; possiamo dichiarare di aver accolto dal mondo esterno
stesso ciò che esso è in grado di darci. Non abbiamo chiuso la porta al mondo esterno, ci siamo
abbandonati a esso; ma non l'abbiamo preso così come ci si presenta, poiché in nessun luogo reale
esiste una rosacroce. Gli elementi a partire dai quali abbiamo costruito il simbolo della rosacroce
sono presenti nel mondo esterno, mentre la rosacroce stessa non esiste. Dove si trova dunque la
ragione per cui abbiamo unito queste due cose, la rosa e il legno, in un unico simbolo?
Il motivo risiede in un'elaborazione della nostra anima. Abbiamo quello che possiamo sperimentare
nella nostra anima quando ci abbandoniamo con essa al mondo esterno, e quello che possiamo
sperimentare nel mondo esterno quando non ci limitiamo a fissarlo così com'è, ma ci immergiamo
profondamente in esso - così facciamo l'esperienza mistica interiore di ciò che ci risulta dal
confronto fra la pianta e l'uomo in corso di evoluzione. Abbiamo rinunciato ad accogliere questa
esperienza animica direttamente come fa il mistico, ma abbiamo sacrificato le esperienze dell'anima
a quanto il mondo esterno ha da dare e, con l'aiuto di ciò che l'anima può procurare interiormente, ci
siamo costruiti un simbolo, nel quale sono confluite la vita mistica interiore e la vita esteriore. Non
potremmo mai sostenere che la rosacroce sia una verità rispetto al mondo sensibile e neppure a
quello interiore; nessuno potrebbe infatti costruire una rosacroce nel mondo interiore senza ricevere
le impressioni dal mondo esterno. Nel simbolo è confluito sia ciò che l'anima può vivere e
sperimentare da se stessa al proprio interno, sia ciò che può ricevere dall'esterno. Perciò questo
simbolo ci appare anche in modo da non condurci dapprima direttamente nel mondo esterno e
neppure in quello interiore, ma agisce come una forza. Se lo poniamo di fronte all'anima nella
meditazione, allora questa forza produce un nuovo occhio spirituale, e ora vediamo il mondo
spirituale che prima non potevamo trovare né dentro né fuori; e cominciamo a farci un'idea di come
ciò che sta alla base del mondo esterno è ciò che ora possiamo sperimentare con la conoscenza
immaginativa siano la stessa identica cosa che abbiamo anche dentro di noi.
4° esercizio
- Se adesso procediamo fino alla conoscenza ispirativa, dobbiamo eliminare qualcosa dalla nostra
immagine. Dobbiamo fare qualcosa di direttamente simile all'intera procedura del mistico che si
dirige verso l'interno. Allora dobbiamo dimenticarci della rosa e della croce di legno. È una
procedura difficile, che tuttavia può essere eseguita. Dobbiamo rimuovere dalla nostra
rappresentazione l'intero simbolo per quanto riguarda il contenuto. Anche se è difficile da
realizzare, dobbiamo comunque riuscirci.
Per presentare all'anima in forma di simbolo il paragone cui abbiamo accennato poco fa, è stata
necessaria un'attività animica.
Dobbiamo osservare l'anima stessa, quello che ha fatto per presentare all'anima la croce nera come
immagine dell'uomo da superare; occorre rappresentarsi le sue impressioni interiori mentre forma i
simboli. Quando l'uomo si immerge in maniera mistica nelle sue esperienze animiche, giunge alla
conoscenza ispirativa.
Allora sperimenta con una nuova facoltà, la facoltà dell'ispirazione, che la piccola scintilla non solo
gli appare nella sua interiorità, ma si illumina fino a diventare una forza conoscitiva intensamente
fiammeggiante, mediante la quale egli fa esperienza di qualcosa che si rivela pienamente affine alla
sua interiorità, eppure del tutto indipendente da essa. Egli infatti non ha osservato la propria attività
come qualcosa di puramente interiore, ma come un'attività esercitata su qualcosa di esteriore. Così,
perfino in questo residuo mistico è presente quella che, pur essendo soltanto una conoscenza
interiore, è comunque una conoscenza di ciò che è connesso con il mondo esterno.
5° esercizio
E adesso arriva un lavoro opposto a quello del mistico. Qui dobbiamo fare qualcosa di simile alle
scienze naturali ordinarie: dobbiamo uscire nel mondo esterno. Questa è la parte difficile, ma
necessaria perché possa formarsi la conoscenza intuitiva. Qui l'uomo deve distogliere l'attenzione
dalla propria attività, deve dimenticare quello che ha fatto per realizzare la rosacroce. Ma se avrà
pazienza, se svolgerà i suoi esercizi abbastanza a lungo e in maniera corretta, vedrà che gli rimane
qualcosa di cui sa con assoluta certezza che è del tutto indipendente dalla sua esperienza interiore,
che non presenta alcuna colorazione soggettiva, ma lo innalza a qualcosa di indipendente dalla sua
personalità soggettiva, qualcosa che tuttavia, per mezzo della propria entità oggettiva, si rivela
uguale al centro dell'essere umano, all'io umano. Per raggiungere la conoscenza intuitiva usciamo
da noi stessi, arrivando però a qualcosa che è uguale al nostro essere interiore. Così, dall'esperienza
vissuta nel nostro intimo ascendiamo allo spirituale, che ora però sperimentiamo non al nostro
interno ma nel mondo esterno.
Nella prima forma di conoscenza, quella immaginativa, l'uomo compie qualcosa che è tanto mistica
quanto monadologia, e che lo solleva al di sopra di entrambe. Nella conoscenza ispirativa, egli fa a
un livello superiore un passo che il mistico, che rimane l'uomo che è, fa a un livello inferiore. Nella
conoscenza intuitiva, il discepolo dello spirito fa un passo che su un corretto gradino, e non
direttamente così com'è, lo conduce fuori nel mondo esterno.
Nell'indagine scientifico-spirituale, elevandoci all'immaginazione, all'ispirazione e all'intuizione,
supereremo proprio i lati negativi sia della monadologia che della mistica ordinaria.

METAMORFOSI DELL’ANIMA
Sentieri di esperienza per l’anima
Parte seconda
OO 59

Tratto dalla NONA CONFERENZA:


La missione dell’arte
(Omero, Eschilo, Dante, Shakespeare, Goethe)

…. La fantasia poetica è una sorta di compensazione per la perduta chiaroveggenza atavica, data
all'umanità dalle potenze che la guidano.
Ora vogliamo ricordarci anche di qualcos'altro. - Nella conferenza dal titolo "La coscienza umana"
abbiamo visto come il ritirarsi delle antiche forze chiaroveggenti dell'uomo sia avvenuto in modi
diversi a seconda dei vari luoghi. In Oriente vediamo come un'antica chiaroveggenza si conservi
nelle anime degli uomini fino a epoche relativamente tarde. E abbiamo anche sottolineato come,
man mano che si procede verso Occidente, le facoltà chiaroveggenti siano sempre meno presenti nei
popoli europei. Questo anche per via del fatto che in questi popoli si andava affermando un forte
senso dell'io nel centro dell'anima, a fronte di altre forze e facoltà animiche ancora relativamente
poco sviluppate. Questa comparsa del senso dell'io nelle varie regioni dell'Europa si era sviluppata
nei modi più diversi, a Nord diversamente che a Ovest, ma ancor più diversamente nell'Europa
meridionale. In epoca precristiana, il senso dell'io si era andato formando con particolare intensità
in Sicilia e in Italia. Mentre in Oriente le forze animiche erano rimaste ancora a lungo al di fuori
dell'uomo, senza un senso dell'io, nelle regioni d'Europa cui abbiamo fatto cenno poco fa c'erano
uomini che avevano sviluppato un forte senso dell'io, poiché non godevano più dell'antica
chiaroveggenza. Nella stessa misura in cui all'esterno il mondo spirituale si sottrae all'uomo,
all'interno sorge il senso dell'io, che si è sviluppato soprattutto nelle aree attualmente corrispondenti
all'Italia e alla Sicilia. - Quanto diverse dovevano quindi essere nei tempi antichi le anime dei popoli
asiatici rispetto a quelle dei popoli che abitavano le regioni cui abbiamo accennato! In Asia
vediamo ancora come i misteri cosmici si dispieghino davanti all'anima in possenti immagini
oniriche, come l'uomo rivolga all'esterno il proprio occhio spirituale e veda svolgersi davanti a sé le
gesta degli dèi. E nelle narrazioni di quegli uomini riscontriamo qualcosa che possiamo definire il
racconto primordiale dei fatti spirituali alla base del mondo. Quando l'antica chiaroveggenza fu
sostituita dalla fantasia, il suo surrogato, in quei popoli si sviluppò particolarmente la vivida
similitudine, l'immagine. - Presso i popoli occidentali, invece, in Italia e in Sicilia, si formò
qualcosa che germogliava da un io consolidato in sé, in grado di generare una forza superiore. In
questi popoli è l'entusiasmo a sprigionarsi dall'anima, senza che essi possiedano una visione
spirituale diretta; sono i presentimenti dell'anima umana a innalzarsi a piani che l'anima non è in
grado di vedere.
Qui infatti non viene narrato con parole proprie ciò che è stato visto sotto forma di gesta degli dèi,
ma nel fervido volgersi dell'anima con la parola o con il canto alle cose che era solo possibile
presagire, dall'entusiasmo scaturisce la preghiera primordiale, l'inno di lode per quelle potenze
divine che risultano invisibili, poiché qui la coscienza chiaroveggente è meno sviluppata. E questi
due mondi confluiscono in Grecia, la terra intermedia. In questa terra si trovano uomini che
ricevono stimoli da entrambe le parti: da Oriente proviene la veggenza immaginativa e da Occidente
l'entusiasmo che nell'inno si abbandona alle potenze divino-spirituali del mondo di cui si intuisce
l'esistenza. Nella civiltà greca, grazie al confluire delle due correnti, la poetica omerica,
temporalmente collocata fra l'VIII e il IX secolo prima dell'era cristiana, poté svilupparsi fino a dare
origine, tre o quattro secoli dopo, alla produzione artistica di Eschilo, anch'essa all'interno della
cultura greca.
Eschilo ci si presenta proprio come un personaggio sul quale non agiva più la piena potenza della
visione immaginativa dell'Oriente, quella forza persuasiva che in Omero, per esempio, permaneva
ancora come un'eco dell'antica visione delle gesta divine e del loro influsso sull'umanità. L'eco si
era ormai affievolita parecchio, diventando talmente debole che nell'anima di Eschilo sorse
dapprima a livello di sentimento una specie di incredulità per ciò che un tempo, nel loro stato di
chiaroveggenza primordiale, gli uomini avevano potuto scorgere del mondo divino sotto forma di
immagini. Vediamo che Omero sa ancora perfettamente come un tempo la coscienza umana si sia
innalzata fino alle potenze divino-spirituali che stanno dietro alle passioni e ai sentimenti umani nel
mondo fisico. Per questo non si limita a descrivere lo svolgersi di una guerra, ma ci mostra perfino
il modo in cui gli dèi vi intervengono. Zeus e Apollo si intromettono laddove agiscono le passioni
umane ed esprimono qualcosa. Gli dei sono una realtà a cui il poeta permette di intervenire nella sua
opera.
Come sono cambiate le cose in Eschilo! Su di lui ha già agito con particolare intensità l'altro
elemento proveniente da Occidente: l'io umano, la coesione interiore dell'anima umana. Per questo
Eschilo è il primo poeta in grado di presentare l'uomo che agisce prendendo le mosse dal proprio io
e che, per mezzo della coscienza, comincia ad affrancarsi dalle potenze divine che si riversano in
lui. Al posto degli dei, ancora presenti in Omero, in Eschilo subentra l'uomo divenuto soggetto
agente, anche se solo ai suoi albori.
Eschilo diviene pertanto il poeta drammatico che pone l'uomo che agisce al centro dell'azione.
Mentre sotto l'influsso della fantasia immaginativa dell'Oriente dovette nascere il poema epico,
sotto l'influenza dell'io personale che andava affermandosi in Occidente si sviluppò la tragedia, che
metteva al centro il soggetto agente.
Prendiamo l'esempio di Oreste, che si è macchiato di matricidio e ora vede le Furie. Sì, l'influsso di
Omero si fa ancora sentire; le cose non svaniscono così in fretta. Eschilo è ancora consapevole del
fatto che un tempo gli uomini vedevano gli dei nelle immagini, ma è ormai prossimo a rinunciare a
questa modalità. È molto significativo che a istigare Oreste al matricidio sia Apollo, che nell'epica
omerica agisce ancora con tutto il suo potere. Ma in seguito il dio non ha più ragione; in seguito l'io
umano, l'uomo interiore, inizia ad agitarsi e ad affermarsi in Oreste. Ad Apollo viene addirittura
dato torto, viene respinto. Proprio riguardo a quello che vuole instillare si dimostra come non sia più
in grado di avere il pieno potere su Oreste. Per questo motivo Eschilo fu anche il poeta designato a
cantare le gesta di una figura come quella di Prometeo, l'eroe divino che rappresenta la liberazione
del genere umano dalle potenze divine, alle quali oppone una ribellione titanica.
Con il risveglio del senso dell'io, portato dall'Occidente attraverso i misteri dell'evoluzione umana, e
che nell'anima di Eschilo si incontra con le reminiscenze della fantasia immaginativa dell’Oriente,
assistiamo alla nascita del dramma. Ed è molto interessante notare come la tradizione ci confermi in
modo mirabile ciò che ora abbiamo cercato di acquisire esclusivamente mediante la conoscenza
scientifico-spirituale.
Esiste una meravigliosa testimonianza che scagiona a metà
Eschilo dall'accusa di aver divulgato i segreti dei riti misterici, in quanto egli non era affatto iniziato
ai misteri eleusini. Eschilo non si prefiggeva per nulla di rappresentare qualcosa che avrebbe potuto
trarre dai segreti dei templi, da cui erano scaturiti i poemi epici di Omero. Sotto un certo aspetto,
Eschilo è estraneo ai misteri. Si narra invece che egli abbia assimilato in Sicilia, a Siracusa, quei
segreti che si riferiscono alla nascita dell'io umano. Questa comparsa dell'io si esprime in modo
diverso laddove vediamo gli orfici sviluppare l'antica forma dell'ode, dell'inno che innalza l'anima
umana ai mondi divino-spirituali che non vengono più visti ma solo intuiti. Qui l'arte ha fatto un
passo avanti. Vediamo che si è sviluppata in modo del tutto naturale dall'antica verità, ma si è
incamminata verso l'io umano ed è diventata quella che è perché doveva afferrare l'io umano
pensante, intraprendente e volente. Mentre l'uomo passava da una vita nel mondo esterno alla
propria interiorità, le figure dei poemi omerici si trasformavano nei personaggi drammatici di
Eschilo, e accanto all'epica nacque la tragedia.
Vediamo quindi le verità primordiali continuare a vivere nell'arte con una forma diversa e
assistiamo alla riproduzione, mediante la fantasia, delle conquiste dell'antica chiaroveggenza. E
quanto l'arte ha conservato dai tempi antichi lo vediamo applicato all'io umano, alla personalità
umana giunta a se stessa.
E ora facciamo un enorme passo avanti attraverso i secoli, fino ad arrivare nel XIII-XIV secolo
dopo Cristo a quella grandiosa figura che a metà del medioevo ci fa salire in modo così avvincente
alla regione che l'io umano può raggiungere quando con le proprie forze si fa strada fino alla
contemplazione del mondo divino-spirituale: passiamo a Dante, che con la sua Commedia ha creato
un'opera a proposito della quale Goethe, dopo averla fatta agire ripetutamente su di sé, avendola
ricevuta di nuovo in tarda età nella traduzione di un conoscente, scrisse le seguenti parole in segno
di ringraziamento al traduttore che gliel'aveva inviata:
Qual gran ringraziamento si dovrà a colui che da poco allo libro ci ha menati che grandiosa fin
ponette, per li travagli sui, a le ricerche tutte al par dei lamenti tribolati!
Quali passi ha fatto l'arte da Eschilo fino a Dante? E quest'ultimo come ci presenta il mondo divino-
spirituale? Come ci conduce attraverso i tre stadi del mondo spirituale - inferno, purgatorio e
paradiso -, attraverso i mondi situati dietro l'esistenza sensibile dell'uomo?
Qui vediamo come però lo spirito fondamentale dell'evoluzione umana abbia per così dire
continuato a lavorare nella stessa direzione. In Eschilo riscontriamo ancora chiaramente dappertutto
le potenze spirituali: a Prometeo muovono incontro gli dêi, quali Zeus, Ermete e così via; e ad
Agamennone pure. Nelle sue opere permane l'eco delle antiche visioni, di ciò che in epoche
primordiali l'antica coscienza chiaroveggente era riuscita ad attingere dal cosmo. Completamente
diverso è Dante, che ci mostra come, "nel mezzo del cammin di nostra vita", per usare una sua
espressione caratteristica, ovvero intorno ai 35 anni, abbia imparato a rivolgere lo sguardo al mondo
spirituale solo immergendosi nella propria anima, sviluppando le forze in essa assopite e
sconfiggendo tutto ciò che può ostacolare lo sviluppo di quelle forze. Quindi, mentre gli uomini
dotati dell'antica chiaroveggenza rivolgevano lo sguardo all'ambiente spirituale circostante ed
Eschilo perlomeno contava ancora sulle antiche divinità, in Dante vediamo un poeta che scende
nella propria anima, si sofferma interamente nella personalità e nei suoi segreti più intimi, e
percorrendo questa evoluzione personale entra nel mondo spirituale, che descrive poi nella
Commedia con immagini così possenti. Li l'anima della singola personalità di Dante è
completamente sola e non tiene conto di ciò che viene rivelato dall'esterno. Nessuno può
immaginare che Dante effettui le proprie descrizioni allo stesso modo di Omero o Eschilo, che
tragga dalle tradizioni le figure dell'antica chiaroveggenza;
egli si basa sulle facoltà che nel medioevo possono essere sviluppate interamente nell'ambito della
forza della personalità umana.
E, come già spesso sottolineato, ci viene presentata la necessità che l'uomo superi ciò che offusca il
suo sguardo chiaroveggente.
Dante ce lo illustra con immagini evocative. Mentre l'uomo greco vedeva ancora delle realtà nel
mondo spirituale, in Dante troviamo solo immagini, immagini di quelle forze animiche che devono
essere superate. Dante accenna alle forze provenienti dall'anima senziente - il nome da noi dato a
questo elemento animico -, e che possono essere forze inferiori e ostacolare l'io nella sua evoluzione
verso gradi superiori. E parimenti vanno superate anche quelle forze dell'anima razionale e
dell'anima cosciente che possono intralciare lo sviluppo superiore dell'io. Già Platone, tuttavia,
aveva accennato alle forze opposte nella misura in cui sono virtù: la saggezza come forza dell'anima
cosciente; il coraggio in se stessi, la forza che proviene dall'anima razionale o affettiva; e la
temperanza, la virtù che l'anima senziente raggiunge al culmine del proprio sviluppo. Quando l'io
attraversa un'evoluzione sostenuta dalla temperanza dell'anima senziente, dalla forza o dalla
coesione interiore dell'anima razionale o affettiva, e dalla saggezza dell'anima cosciente, allora
giunge poco per volta a esperienze animiche superiori che lo innalzano al mondo spirituale. Prima
però occorre superare le forze che contrastano la temperanza, la coesione interiore e la saggezza.
Alla temperanza si contrappone l'intemperanza, l'ingordigia, che deve essere superata. Dante ci
illustra che occorre combatterla e come la si incontra quando si vuole entrare nel mondo spirituale
con le proprie forze animiche. La lupa è per lui l'immagine dell'intemperanza, dei lati oscuri
dell'anima senziente. Poi ci imbattiamo nei lati oscuri dell'anima razionale sotto forma di forze che
si oppongono all'evoluzione: nella fantasia di Dante, le forze insensatamente aggressive dell'anima
razionale, l'assenza di un coraggio conchiuso in sé, ci si presentano come un leone contro cui
combattere. E la saggezza che non aspira alle altezze cosmiche, ma si rivolge soltanto al mondo
come intelligenza e astuzia, ci muove incontro nella terza immagine, quella della lonza, o lince.
L'espressione "occhi di lince" non si riferisce agli occhi della saggezza in grado di guardare il
mondo spirituale, ma a occhi rivolti esclusivamente al mondo dei sensi. E dopo aver mostrato come
si difende da queste forze contrarie all'evoluzione, Dante ci descrive il modo in cui ascende ai
mondi situati dietro l'esistenza sensibile.
In Dante ci sta di fronte un uomo che conta sulle proprie risorse, che cerca dentro di sé, e dal
proprio interno forgia le energie che conducono nel mondo spirituale. Così, l'elemento che crea in
questa direzione è passato completamente dal mondo esterno
all'interiorità umana.
Dante è quindi un poeta che descrive le esperienze che possono essere vissute nell'anima umana.
L'arte poetica, nel suo progredire, si è impadronita un po' di più dell'interiorità umana, ha acquisito
una maggiore intimità con l'io, nel quale si è immersa ancora di più. - Le figure create da Omero
erano ancora intessute nella rete delle potenze divino-spirituali ed egli stesso si sentiva parte di
quella struttura quando invocava: la Musa mi canti le cose che devo dire! Dante ci sta davanti come
un uomo che è solo con la sua anima, la quale adesso sa di dover sviluppare da sé le forze
necessarie per condurre nel mondo spirituale. Vediamo come per l'immaginazione diventi sempre
più impossibile trovare sostegno in quanto le viene suggerito dall'esterno. E da un piccolo fatto può
risultare come qui non si tratti più di semplici opinioni, ma di forze profondamente radicate nella
vita animica dell'uomo.
In tempi recenti, un poeta epico ha voluto diventare il cantore di una narrazione sacra. Si tratta di
Klopstock,
* uomo dal carattere profondamente religioso, con fondamenti ancora più profondi di quelli di
Omero, e che pertanto, cercando di rinnovarne la mentalità, voleva essere consapevolmente per
l'epoca moderna quello che Omero era stato per l'antichità. Klopstock però voleva essere sincero
con se stesso, e non potendo dire "Cantami, o Diva [...]», ha dovuto iniziare il suo Messia con
queste parole: "Canta dell'Uom caduto, Alma immortale, la Redenzion [...]". Vediamo quindi come
in realtà ci sia progresso nella creazione artistica nelle personalità di spicco dell'umanità.
A passi da gigante, portiamoci avanti di un altro paio di secoli e da Dante passiamo a un grande
poeta del XVI-XVII secolo, Shakespeare. Anche in lui riscontriamo un progresso sorprendente - qui
progresso è inteso nel senso di "procedere". Qualunque altra valutazione si voglia dare dell'opera di
Shakespeare, è una questione di sentimento, di critica. Qui invece non si tratta di critica, ma di fatti;
ciò che conta non è attribuire un valore maggiore a questo o a quello, quanto prendere in
considerazione il necessario progresso soggetto a leggi.
In questo campo vediamo l'evoluzione umana prendere singolari direzioni mentre procede da Dante
a Shakespeare. Che cosa ci ha particolarmente colpiti in Dante? Un uomo se ne sta a modo suo solo
con se stesso, con le sue rivelazioni del mondo spirituale, e descrive una grande esperienza che ha
vissuto nella propria anima. Potete immaginare che questo singolo uomo, Dante, agirebbe con la
stessa verità se ci descrivesse le sue visioni cinque o sei volte di seguito in modi diversi? O non
avete forse la sensazione che quando un poeta come Dante descrive qualcosa del genere, allora il
mondo in cui si traspone sia tale per cui lo si possa descrivere una sola volta? Ed è appunto ciò che
ha fatto Dante. Ci ha descritto il mondo di un uomo, ma anche di un istante in cui l'uomo diventa
una cosa sola con quello che è per lui il mondo spirituale. Si dovrebbe perciò dire: Dante si
immedesima nell'elemento umano-personale appropriandosene. Per poterlo fare, è ancora tenuto ad
attraversare in tutti i sensi il suo elemento umano-personale.
E ora passiamo a Shakespeare, che ha creato una moltitudine di personaggi: Otello, Lear, Amleto,
Cordelia, Desdemona. I suoi personaggi sono però plasmati in modo tale per cui dietro di loro non
scorgiamo nulla di divino in senso immediato allorquando l'occhio spirituale li vede nel mondo
fisico dotati di caratteristiche e impulsi esclusivamente umani. Nella loro anima viene cercato ciò
che da essa scaturisce direttamente riguardo al pensare, al sentire e al volere. Quelle descritte da
Shakespeare sono singole individualità umane. Ma le presenta forse in modo da essere presente in
ciascuna di esse, come in Dante vediamo l'uomo solo che si immerge nella propria personalità? No,
anche Shakespeare ha fatto un passo avanti: è penetrato ancora più a fondo nell'elemento personale,
e non in una sola personalità, ma in molte e diverse.
Shakespeare rinnega se stesso ogni volta che descrive Lear, Amleto e via dicendo, e non è mai
tentato di dire cosa egli stesso pensi, ma si dissolve del tutto come individuo per rivivere
pienamente con la sua forza creativa nei vari personaggi, nelle figure delle sue opere. Mentre Dante
ci descrive le esperienze di una persona, che tali devono rimanere, Shakespeare ci presenta nelle
forme più svariate gli impulsi che sorgono dall'interiorità dell'io umano. Dante prende le mosse
dalla personalità umana, ma li si ferma e con essa penetra nel mondo spirituale. Shakespeare fa un
ulteriore passo avanti, nel senso che fuoriesce di nuovo dalla propria personalità per insinuarsi e
immedesimarsi completamente nei singoli personaggi che rappresenta. La sua creazione artistica
non riguarda cio che vive nella sua anima, ma le emozioni presenti nei personaggi che osserva. Così
crea per noi molte individualità, molte singole personalità del mondo esterno, realizzandole però
tutte a partire dal centro di ciascuna di esse.
Anche qui vediamo quindi il modo in cui procede l'evoluzione artistica. Dopo aver avuto origine in
un remotissimo passato dalla coscienza in cui il senso dell'io era ancora del tutto assente, in Dante
arriva a cogliere il singolo individuo al punto che l'io diventa un mondo per se stesso. Ora in
Shakespeare l'arte ha fatto progressi tali per cui gli altri io costituiscono il mondo del poeta.
Affinché si potesse compiere questo passo, anche l'arte ha dovuto per così dire scendere dalle
altezze spirituali da cui ha avuto origine e fare il proprio ingresso nelle realtà fisico-sensibili
dell'esistenza. Ed è appunto questo passo che l'arte compie nel procedere da Dante a Shakespeare.
Proviamo ad accostare queste due figure alla luce delle considerazioni appena fatte.
Gli esteti superficiali possono anche trovare da ridire e rimproverare a Dante di essere un "poeta
didascalico", ma chi lo comprende ed è in grado di lasciar agire su di sé tutta la sua ricchezza, sente
come la grandezza di Dante consista nel fatto che dalla sua anima parlano tutta la saggezza e tutta la
filosofia del medioevo. Lo sviluppo di un'anima siffatta, chiamata a creare il poema dantesco,
doveva necessariamente fondarsi su tutta la sapienza medievale.
Questa agi dapprima sull'anima di Dante, per poi ripresentarsi nel momento in cui la personalità del
sommo poeta si espanse fino a diventare un mondo. Per questo la poesia dantesca, inizialmente del
tutto comprensibile, si manifesta in tutta la sua portata solo a coloro che sono immersi nelle altezze
di quella vita spirituale medievale, dalle quali soltanto si possono raggiungere le profondità e le
sottigliezze del poema di Dante.
Dante, però, aveva fatto anche un passo verso il basso, cercando di portare l'elemento spirituale
negli strati inferiori. E ci è riuscito grazie al fatto di aver composto il suo poema non in latino come
altri suoi predecessori, ma in volgare. È asceso fino alle somme vette della vita spirituale, ma è
sceso nel mondo fisico fino a esprimersi nella lingua di un singolo popolo. - Shakespeare ha dovuto
scendere ancora più in basso. Gli uomini d'oggi si abbandonano alle più svariate fantasticherie su
come siano nate le sue grandi figure poetiche. Volendo comprendere questa discesa della poesia nel
mondo quotidiano, che oggi nelle alte sfere dell'esistenza è ancora abbastanza disprezzato, si deve
immaginare un piccolo teatro in un sobborgo di Londra, in cui recitavano attori che oggi
probabilmente non verrebbero annoverati fra i grandi, ad eccezione di Shakespeare stesso. E chi
andava in quel teatro?
Quelli che venivano disprezzati dalle classi superiori della società londinese! Nella Londra dei
tempi in cui Shakespeare metteva in scena i suoi drammi, era più signorile assistere ai
combattimenti fra galli e a spettacoli del genere che andare in quel teatro dove si mangiava e beveva
e, se non si gradiva la rappresentazione, si lanciavano sul palco i gusci d'uovo vuoti; dove gli
spettatori non sedevano solo nello spazio a loro riservato, ma anche sul palcoscenico stesso, e dove
gli attori recitavano in mezzo al pubblico.
Li, davanti a un pubblico appartenente agli strati più bassi della popolazione londinese, vennero
rappresentate per la prima volta quelle opere teatrali di cui oggi molti tendono a immaginare che fin
dall'inizio fossero messe in scena negli ambienti altolocati della vita culturale. Erano tutt'al più i
figli celibi delle famiglie facoltose, che quando indossavano abiti civili potevano permettersi di
frequentare i bassifondi, a spingersi talvolta fino a quel teatrino dove venivano rappresentate le
opere di Shakespeare. Recarsi in un simile locale sarebbe stato disdicevole per una persona perbene.
Così l'arte poetica era discesa fino a quel sentire che proviene in un certo senso dagli impulsi più
sempliciotti.
Nessuna caratteristica umana era estranea al genio che sta dietro le opere teatrali di Shakespeare e
che creava i suoi personaggi in quel periodo dell'evoluzione umana e artistica. Così l'arte è discesa,
anche riguardo a quelle esteriorità, dai sentimenti provati nella stretta corrente delle classi dirigenti
all'elemento universalmente umano, che scorre in basso, nell'ampio fiume della vita quotidiana
ordinaria. E chi guarda più in profondità sa che è stato necessario far scendere una corrente
spirituale dalle altezze per creare qualcosa di vitale come i personaggi del tutto individuali di
Shakespeare.
Passiamo ora a un'epoca già molto più prossima alla nostra e prendiamo in esame Goethe, cercando
di riallacciarci alla figura poetica in cui ha riposto tutti i suoi ideali, tutte le sue aspirazioni e
privazioni nell'arco di sessant'anni - così a lungo ha lavorato infatti al suo Faust. Tutto quello che,
nel corso della sua ricca esistenza, Goethe ha sperimentato nel profondo dell'anima e nei rapporti
con il mondo esterno, e tutto ciò che, mentre saliva di gradino in gradino la scala della conoscenza,
gli ha permesso di giungere a una soluzione sempre più elevata dei problemi del mondo, si è
immerso nella figura di Faust e da lì ci viene di nuovo incontro.
Che figura è Faust dal punto di vista poetico?
Per quanto riguarda Dante, possiamo dire: quello che ci descrive, lo descrive prendendo le mosse da
una sua visione personale.
Nel Faust di Goethe le cose non stanno così: egli non descrive a partire da una visione, non pretende
affatto di aver ricevuto la rivelazione in un'occasione particolarmente solenne, come accadde a
Dante a proposito della Commedia. In ogni parte del suo Faust, Goethe ci mostra che tutte le cose
rappresentate in quest'opera sono state elaborate interiormente. E mentre le esperienze di Dante
dovevano essere precisamente tali da poter essere rappresentate in quel modo unilaterale, possiamo
dire che le esperienze vissute interiormente e descritte da Goethe sono di natura individuale, ma egli
le ha poi trasposte nella natura oggettiva di Faust. Dante descrive la sua più personale esperienza
interiore. Anche le esperienze di Goethe sono personali, ma le azioni e i patimenti di Faust in
quanto personaggio del poema non coincidono in nessun punto con la vita di Goethe. Si tratta della
libera rielaborazione poetica delle esperienze vissute da Goethe nella propria anima. Mentre Dante
può essere identificato con la sua Commedia, per sostenere che Faust è Goethe bisognerebbe avere
quasi una mente da storico della letteratura! Goethe ha nascosto con grande genialità le proprie
esperienze in questa figura poetica. Affermazioni come
"Goethe è Faust!" o "Faust è Goethe!" non sono altro che un gioco di parole. È vero che Faust è un
personaggio singolo, ma non potremmo immaginarlo creato in tanti esemplari quanti sono i
personaggi shakespeariani. L’io descritto da Goethe nel suo Faust può essere presentato una sola
volta. Oltre ad Amleto, Shakespeare ha potuto creare altri personaggi: Lear, Otello e via dicendo.
Accanto al Faust si possono invero comporre opere come il Tasso o l'Ifigenia, ma essendo ben
consapevoli della differenza che intercorre fra questi poemi. - Faust non è Goethe, ma è
sostanzialmente ogni uomo. Goethe ha inserito nel personaggio di Faust ciò che viveva nelle sue
aspirazioni più profonde, ma in realtà ha creato una figura che, in quanto personalità poetica, si
distacca completamente dalla sua personalità. Ha talmente individualizzato questo personaggio che,
a differenza di quanto avviene con Dante, non abbiamo di fronte una visione individuale, bensì una
figura che in un certo senso vive dentro ciascuno di noi. Questo è l'ulteriore progresso che l'arte
poetica compie arrivando a Goethe. - Shakespeare era stato in grado di concepire personaggi
individualizzati al punto da potervisi immergere egli stesso, creando a partire dal loro centro. -
Goethe non ha potuto creare un secondo personaggio simile a Faust. Realizza una figura
individualizzata, ma questa figura non è un singolo uomo individualizzato: è individualizzata in
rapporto a ogni singolo essere umano. Shakespeare si è calato nel centro animico di Lear, di Otello,
di Amleto, di Cordelia e degli altri suoi personaggi. Goethe si è calato nell'elemento sommamente
umano presente in ogni singolo uomo, e perciò crea un personaggio, Faust, che ha valore per ogni
singolo individuo e si affranca dalla personalità del poeta da cui è stato creato, al punto da stare
davanti a noi come figura esteriore reale e oggettiva.
Questo è di nuovo un progresso compiuto dall'arte lungo il percorso che abbiamo illustrato. L'arte
prende le mosse dalla contemplazione spirituale di un mondo superiore e si impossessa sempre più
dell'interiorità umana. In Dante l'arte agisce nel modo più intimo solo nell'interiorità umana,
laddove un uomo ha a che fare per e con se stesso. In Shakespeare l'io esce di nuovo da questa
interiorità e penetra nelle altre anime. In Goethe l'io va all'esterno, si immerge nell'anima di ogni
uomo, ma - come appunto in Faust - sotto forma di quell'elemento che si trova tipicamente uguale
in ogni singola anima individuale. In Faust vediamo la fuoriuscita dell'io, e poiché l'io può uscire da
se stesso e comprendere l'anima altrui solo se sviluppa dentro di sé le forze animiche e si immerge
nella spiritualità dell'altro, è naturale che, nel progresso della creazione artistica, Goethe sia stato
condotto a descrivere non solo le azioni e le esperienze fisiche esteriori dell'uomo, ma anche
l'elemento spirituale che ogni uomo può sperimentare e trovare nel mondo spirituale quando
dischiude a esso il proprio io.
Dal mondo spirituale la poesia è discesa nell'io umano, e in Dante lo ha afferrato nell'interiorità più
profonda. In Goethe vediamo l'io uscire di nuovo da se stesso e familiarizzare con il mondo
spirituale. Vediamo le esperienze spirituali dell'umanità antica immergersi nell'Iliade e nell'Odissea,
e nel Faust di Goethe vediamo il mondo spirituale riemergere e porsi di fronte all'uomo. Lasciamo
dunque agire su di noi la grandiosa scena finale del Faust, dove l'uomo raggiunge di nuovo il
mondo spirituale dopo essersi immerso e sviluppato dall'interno all'esterno e, grazie al dispiegarsi
delle forze spirituali, ha davanti a sé un mondo spirituale. E una sorta di ripetizione di un coro di
suoni primordiali, totalmente rinnovata ma progredita: dall'immortalità del mondo spirituale risuona
ciò che l'umanità ha acquisito in sostituzione della veggenza spirituale, ciò che in passato ha potuto
ricevere nella fantasia, conferendogli una forma peritura. Dall'immortalità hanno avuto origine le
figure periture della poesia di Omero e di Eschilo. E poi l'arte poetica risale nuovamente dall'
effimero all'imperituro quando, alla fine del Faust, il coro mistico va spegnendosi nel canto:
"Tutto ciò che passa non è che un simbolo". Qui, come mostrato da Goethe, la forza spirituale
umana ascende di nuovo dal mondo fisico a quello spirituale.
Abbiamo visto la coscienza artistica fare passi da gigante nella poesia, attraverso il mondo e le sue
personalità. L'arte prende le mosse dal mondo spirituale, dove aveva la sua originaria fonte di
conoscenza. La veggenza spirituale si ritira sempre più, via via che il mondo esteriore dei sensi si
dispiega dinanzi all'uomo e l'io si sviluppa. In relazione a questi passi dell'evoluzione cosmica,
l'uomo deve seguire il percorso dal mondo spirituale al mondo sensibile, al mondo dell'io. Se
potesse compiere tali passi solo da una prospettiva scientifica esteriore, ne ricaverebbe soltanto una
comprensione intellettuale nell'ambito della scienza esteriore. All'inizio, tuttavia, gli viene fornito
un surrogato. Ciò che la coscienza chiaroveggente non è più in grado di vedere viene creato, come
in un riflesso umbratile, dalla fantasia. Questa deve seguire il cammino dell'umanità fino alla
coscienza di sé, fino a Dante; ma il filo che lega l'uomo al mondo spirituale non può mai spezzarsi,
neppure quando l'arte sprofonda fino all'isolamento dell'io umano. Lungo il suo cammino, l'uomo
prende con sé la fantasia e, al tempo in cui viene composto il Faust, crea di nuovo il mondo
spirituale partendo da essa. *
Il Faust di Goethe si trova quindi all'inizio di un'epoca in cui ci appare chiaramente come l'umanità
torni a sfociare nel mondo da cui anche l'arte ha avuto origine. La missione dell'arte consiste dunque
nel continuare a tessere per gli uomini, che nel frattempo non possono penetrare nel mondo
spirituale tramite un addestramento superiore, i fili che dalla spiritualità primordiale portano alla
spiritualità del futuro. E l'arte è già progredita al punto che la visione del mondo spirituale si
ripresenta nella fantasia, come avviene nella seconda parte del Faust. Da qui può sorgere il
presentimento che l'umanità si trovi davanti a quel punto dell'evoluzione in cui dovrà di nuovo
attingere la conoscenza dal mondo spirituale e immergersi in esso con le proprie forze conoscitive.
L'arte ha quindi continuato a tessere il filo, con l'aiuto della fantasia ha condotto l'uomo nel mondo
spirituale facendoglielo presagire, e ha preparato quella che chiamiamo scienza dello spirito, grazie
alla quale, con piena coscienza dell'io e con luminosa chiarezza, egli tornerà a penetrare con lo
sguardo nel mondo spirituale, dal quale anche l'arte è scaturita e in cui confluirà quell'arte che ora ci
sta davanti come prospettiva per il futuro. Condurre, per quanto possibile già oggi, a questo mondo,
al quale - come abbiamo visto negli esempi dell'arte - tende ogni anelito umano, è il compito della
scienza dello spirito, ed è anche stato il compito delle considerazioni esposte in questo ciclo
invernale.
Vediamo dunque come, sotto un certo aspetto, sia giusta la sensazione di coloro che, anche come
artisti, sentono che quanto hanno da offrire all'umanità sono rivelazioni del mondo spirituale. E
l'arte ha avuto la missione di comunicare le rivelazioni del mondo spirituale nell'epoca in cui le
rivelazioni dirette non erano più possibili. Così, riguardo alle opere degli artisti dell'antichità,
Goethe poté affermare: è la necessità, è Dio! Offrono rivelazioni di misteriose leggi naturali che
senza l'arte non possono essere trovate. E così Richard Wagner poté dire che la musica della Nona
Sinfonia gli consentiva di udire le rivelazioni di un altro mondo, di fronte al quale la coscienza
puramente raziocinante non potrà mai nulla. - I grandi artisti sentivano di portare dal passato al
futuro, passando per il presente, lo spirito da cui ha avuto origine tutto ciò che è umano. E pertanto
possiamo comprendere nel profondo e concordare pienamente con le parole pronunciate da un poeta
che si sentiva artista: "A voi è affidata la dignità dell'uomo" *
Abbiamo quindi cercato di descrivere la natura e la missione dell'arte nel corso dell'evoluzione
dell'umanità, e di mostrare che essa non è così separata dal senso di verità dell'uomo come si
potrebbe facilmente credere oggi, ma che aveva ragione Goethe quando si rifiutava di parlare
dell'idea della bellezza e dell'idea della verità come di due idee separate, ma sosteneva l'esistenza di
una sola idea: quella del divino-spirituale che agisce nel mondo in base a determinate leggi. Per lui,
verità e bellezza sono due rivelazioni di un'unica idea. - In tutti i poeti e anche negli altri artisti
sentiamo risuonare la consapevolezza che a parlare nell'arte sia un principio spirituale primordiale
dell'esistenza umana. D'altra parte, soggetti dotati di una natura artistica più profonda dichiarano
ripetutamente di avere la sensazione che attraverso l'arte sia stata data loro la possibilità di sentire
che quanto esprimono è nel contempo un messaggio della vita spirituale destinato all'umanità. E per
questo gli artisti, anche quando portano a espressione gli elementi più personali, sentono la loro arte
innalzata al livello dell'umano universale e intuiscono di essere veri artisti dell'umanità quando nei
personaggi e nelle manifestazioni della loro arte realizzano le parole che Goethe fa pronunciare al
coro mistico: "Tutto ciò che passa non è che un simbolo". Parole a cui noi, sulla base delle
considerazioni scientifico-spirituali, possiamo aggiungere: l'arte è chiamata a pervadere il simbolo
dell' effimero con il messaggio dell'eterno, dell' imperituro. Questa è la sua missione!
IL KARMA
E LE PROFESSIONI
IN RELAZIONE CON LA VITA DI GOETHE
OO 172

TERZA CONFERENZA
Dornach, 6 novembre 1916

… Il problema cui alludo è in che modo risulti possibile che singoli uomini, come ad esempio
Goethe specialmente con il Faust, siano in grado di creare dalla loro interiorità qualcosa di così
significativo e tale da esercitare un influsso determinante sul resto dell'umanità. Come si spiega che
alcuni uomini vengano separati dal resto dell'umanità e chiamati dal destino cosmico a compiere
qualcosa di tanto importante? Confrontiamo poi queste vite e queste importanti azioni creative con
quelle di ogni singolo uomo e ci chiediamo: quale conclusione possiamo trarre dalla differenza tra
la vita di ogni singolo uomo e quella di personalità che potremmo definire preminenti?
…Secondo la scienza dello spirito, noi descriviamo generalmente l'essere umano, quale ci appare
nella vita, come costituito da corpo fisico, corpo eterico, corpo astrale e io. Nel caratterizzare poi la
differenza tra lo stato di sonno e quello di veglia, diciamo che durante la veglia l'io e il corpo astrale
si trovano entro il corpo fisico; durante il sonno ne sono invece fuori. La descrizione risulta così
adeguata a una immediata comprensione, d'altronde rispondendo completamente alle realtà
scientifico-spirituali. Si tratta tuttavia di una descrizione che rende solo una parte della realtà
completa. Con una sola descrizione non possiamo mai abbracciare l'intera verità, ma
necessariamente ne offriamo solo una parte; dobbiamo perciò cercare luce da punti di vista sempre
diversi, per riuscire a illuminare nel modo giusto l'aspetto della verità che abbiamo voluto
presentare. In senso generale diciamo che il sonno e la veglia rappresentano per l'uomo una sorta di
movimento ciclico. Volendo ulteriormente precisare, dobbiamo dire però che nello stato di sonno
l'io e il corpo astrale sono fuori dal corpo fisico e dal corpo eterico dell'uomo soltanto per quanto
riguarda la testa; in quanto poi sono al di fuori del fisico e dell'eterico della testa, essi possono
svolgere una più intensa azione sul resto dell'organismo. Durante lo stato di sonno, in cui l'io e il
corpo astrale operano sull'uomo da fuori, tutta l'organizzazione umana, ad eccezione della testa, si
trova a subire l'influsso dell'io e del corpo astrale in misura assai maggiore che durante lo stato di
veglia. Si può dunque dire: l'azione che l'io e il corpo astrale esercitano durante la veglia sul capo
umano, durante il sonno viene rivolta al resto dell'organismo. Possiamo allora con ragione
paragonare l'io dell'uomo con il sole che illumina durante il giorno la nostra regione mentre, al
sopraggiungere della notte, esso non è semplicemente uscito dal nostro orizzonte, ma risplende
nell'altra parte della Terra dove si è fatto giorno. Analogamente diremo di avere il giorno nel
restante organismo quando la percezione dei sensi, che è essenzialmente legata alla testa, è immersa
nella notte, mentre avremo invece la notte per il resto dell'organismo quando è giorno per il capo;
ciò significa che durante la veglia il nostro restante organismo si sottrae più o meno all'azione
dell'io e del corpo astrale. Ecco dunque qualcosa che è necessario aggiungere per far luce sull'intera
realtà, quando si voglia comprendere l'uomo in senso completo.
Per comprendere bene quanto sono venuto esponendo, si tratta di afferrare giustamente, anche in
questo senso, la connessione tra l'animico e il fisico umani. Ho spesso sottolineato come il sistema
nervoso dell'organismo fisico sia un'organizzazione unitaria, e come sia veramente assurdo e
ingiustificabile dal punto di vista anatomico il voler suddividere i nervi di senso da quelli di moto. I
nervi sono tutti organizzati in modo unitario e hanno tutti una sola funzione. cosiddetti nervi di
moto si differenziano dai cosiddetti nervi di senso per il fatto che questi ultimi sono organizzati per
mediare la nostra percezione del mondo esterno, mentre gli altri, cosiddetti di moto, servono alla
percezione dell'organismo stesso. Un nervo di moto non è destinato ad attuare il movimento della
mia mano (sarebbe una mera assurdità) ma è destinato alla percezione del movimento della mano,
dunque a una percezione interna; il nervo di senso serve invece alla percezione del mondo esterno.
Ecco tutta la differenza. Come si sa, il nostro sistema nervoso si suddivide in tre rami: abbiamo
infatti i nervi che fanno capo al cervello e hanno quindi il loro centro nella testa; i nervi che fanno
capo al midollo spinale, e infine quelli che consideriamo parte del cosiddetto sistema dei gangli.
Sono queste essenzialmente le tre specie di nervi di cui l'uomo è dotato.
Si tratta ora di conoscere quali siano le relazioni che intercorrono tra questi tre sistemi e le parti
costitutive spirituali del nostro organismo. Qual è, diciamo, il ramo più avanzato, più sottile del
nostro sistema nervoso e quale invece il meno avanzato?
E ovvio che chi aderisce alla normale concezione scientifica dei nostri giorni risponderà che il
sistema nervoso cerebrale è naturalmente il più nobile, essendo quello infatti che differenzia l'uomo
dall'animale. Ma non è così. Il sistema nervoso cerebrale è essenzialmente collegato all'intera
organizzazione del nostro corpo eterico. Naturalmente esistono ovunque ulteriori nessi, tanto è vero
che il sistema nervoso cerebrale è in relazione sia con il corpo astrale sia con l'io, ma si tratta
sempre di nessi secondari. La relazione primaria, originaria, esiste tra il nostro sistema nervoso
cerebrale e il nostro corpo eterico. Tutto questo non ha niente a che fare con il punto di vista da me
altrove espresso, secondo il quale il sistema nervoso deve la sua esistenza all'intervento del corpo
astrale; qui il problema è completamente diverso ed è necessario fare una precisa distinzione. Il
sistema nervoso ha preso forma nella sua originaria disposizione durante l'epoca lunare, si è poi
ulteriormente evoluto, e altri nessi sono subentrati dal tempo della sua prima formazione; il nostro
sistema nervoso cerebrale presenta così di fatto un rapporto più profondo e importante con il nostro
corpo eterico. Il sistema nervoso spinale è collegato più intimamente e principalmente con il corpo
astrale, quale l'uomo oggi porta in sé; infine il sistema dei gangli è legato con l'io, con l'io vero e
proprio. Sono queste le principali relazioni, come le abbiamo attualmente.
Considerando quanto si è detto, possiamo facilmente farci un'idea di come la relazione tra l'io e il
sistema dei gangli, che si estende soprattutto nel tronco rivestendo il midollo spinale con le sue
fibre, sia particolarmente efficace durante lo stato di sonno. Durante la veglia questi nessi si
allentano e, pur continuando ad essere presenti, risultano tuttavia allentati. Essi sono più profondi
durante il sonno. Anche i nessi tra il sistema nervoso spinale e il corpo astrale sono più profondi
durante lo stato di sonno di quanto non siano nello stato di veglia. Possiamo anche dire che durante
lo stato di sonno si verificano relazioni particolarmente profonde tra il corpo astrale e il sistema
nervoso spinale, e tra l’io e il sistema dei gangli.
…Ho infatti esposto in precedenti conferenze che il resto dell'organismo si sviluppò in un secondo
tempo, che venne aggiunto più tardi come un'appendice all'organismo del capo già compiuto.
Quando diciamo che l'uomo, riguardo al corpo fisico, ha attraversato stadi più o meno lunghi da
Saturno in poi, ci dobbiamo riferire solamente al capo, alla testa dell'uomo. Il resto che alla testa si
unisce è una creazione ben più tarda, una creazione dell'epoca lunare o addirittura semplicemente
terrestre. Di qui la scarsa coscienza della vita vivace che viene sviluppata durante il sonno e che ha
la sua sede organica nel midollo spinale e nel sistema dei gangli; una vita che non è per questo
meno significativamente vivida. Durante il sonno è offerta all'uomo la possibilità di discendere
entro il sistema dei gangli, così come durante la veglia egli può ascendere ai sensi e al sistema
cerebrale. A questo punto si potrà certamente dire: come si complica e come si confonde in questo
modo tutto ciò che abbiamo già acquisito! Ma l'uomo è un essere complicato, e non riusciamo a
comprenderlo veramente se non lasciamo agire su di noi tale complicazione, tale complessità.
Supponiamo adesso che si verifichi per un uomo quel che ho descritto a proposito di Goethe, cioè
che il corpo eterico sia allentato. Con l'allenamento del corpo eterico subentra infatti una relazione
ben diversa, nello stato di veglia, tra l'elemento animico-spirituale e l'elemento organico, fisico
dell'uomo. Come ho descritto ieri, l'uomo in questo caso viene posto su una specie di piattaforma di
isolamento. Questo fenomeno non può aver luogo senza che un altro ne sia conseguenza immediata.
E molto importante tenerlo presente; una condizione simile non è unilaterale, ma provoca una
conseguenza. Esprimendoci piuttosto semplicemente, diremo che l'allentamento del corpo eterico
influenza in maniera precisa l'intera vita di veglia dell'uomo. Ma questo non può avvenire senza che
ne risulti contemporaneamente influenzata anche la vita di sonno. Quando dunque avviene quello
che ho riferito per Goethe, l'uomo entra in una relazione più mobile, più distaccata con le sue
impressioni cerebrali. Al contempo egli attua una relazione più intensa e profonda, durante la
veglia, col sistema nervoso spinale e con il sistema dei gangli.
Quando Goethe fu colpito da quella grave malattia, si sviluppò contemporaneamente un
allentamento nel suo nesso con il cervello e una più stretta connessione con il sistema dei gangli e
con il midollo spinale.
Qual è il significato di una simile condizione? Che cosa significa dire che si realizza un nesso più
profondo con il sistema dei gangli e con il sistema del midollo spinale? Significa che l'uomo entra
in una relazione diversa con il mondo esterno. Noi siamo sempre in stretta relazione col mondo
esterno, solo che generalmente ce ne sfugge la vera profondità. Ho spesse volte richiamato
l'attenzione sul fatto che l'aria che portiamo in noi in un dato momento, è di nuovo fuori di noi nel
momento successivo mentre subentra della nuova aria; ciò che adesso è fuori avrà nell'attimo
successivo la forma del corpo e si unirà con il nostro corpo. L'organismo umano è solo
apparentemente distinto dal mondo esterno, in realtà esso gli appartiene. Quando dunque avvengono
modificazioni nella relazione col mondo esterno come quella che ho caratterizzato, queste hanno un
peso notevole sulla vita dell'uomo. Possiamo dunque dire che in una personalità come Goethe la
natura inferiore si sia manifestata in modo particolarmente energico (si suole in genere definire
natura inferiore tutto ciò che è collegato con il sistema dei gangli e col midollo spinale). Le forze si
ritraggono dal capo, è il sistema dei gangli e quello spinale ne prendono possesso in maggior
misura.
Si comprenderà questa condizione solo facendo propria la nozione che l'intelletto, la ragione, non è
poi così strettamente legato alla nostra individualità come generalmente si crede. Proprio riguardo a
cose come queste la nostra epoca, con tutte le sue concezioni fondamentali, non ha che idee molto
confuse. Riguardo a cose come queste il modo di vedere contemporaneo non riesce a raccapezzarsi.
…. L'animale è radicato nella saggezza universale così da essere molto intimamente legato ad essa,
assai più dell'uomo. All'animale è stato assegnato un cammino ben più obbligato che non all'uomo;
questi è lasciato molto più libero dell'animale e gli è dunque possibile risparmiare delle forze per la
conoscenza delle interrelazioni. Il punto essenziale è che per gli animali, soprattutto quelli superiori,
il corpo fisico è inserito nelle interrelazioni universali, in cui è inserito solo il corpo eterico
dell'uomo. L'uomo dunque conosce di più questi nessi universali; invece l'animale per così dire vi
affonda, vi è inserito più intimamente. Se consideriamo dunque la ragione obiettiva operante e ci
diciamo: intorno a noi non ci sono soltanto aria e luce, intorno a noi vi è dappertutto ragione
operante; quando camminiamo, non camminiamo soltanto attraverso lo spazio-luce, ma anche
attraverso lo spazio-saggezza, lo spazio-ragione operante, si avrà allora la misura di che cosa
significa che l'uomo, rispetto ai più sottili rapporti dei suoi organi, sia inserito nel mondo in modo
diverso dal solito. Nella vita normale l'uomo è inserito nelle relazioni cosmiche spirituali in modo
che le relazioni tra l'io e il sistema dei gangli, tra il corpo astrale e il sistema spinale risultano
ostacolate nella vita diurna; essendo quelle relazioni ostacolate, offuscate, l'uomo nella vita
consueta, normale, è meno ricettivo per tutto ciò che si svolge intorno a lui e che egli potrebbe
percepire soltanto se fosse in grado di avere attraverso il sistema dei gangli le percezioni che
altrimenti possiede per mezzo del capo.
Se dunque in un caso speciale, come avvenne per Goethe, il corpo eterico si ritira dalla testa e il
corpo astrale e l'io sono portati a un più vivace nesso rispettivamente col sistema spinale e con
quello dei gangli, subentra per l'uomo una relazione più viva con il mondo circostante, con tutto
quanto di solito gli rimane celato per il fatto che solo durante il sonno notturno, nella vita umana
normale, si entra in contatto con il mondo spirituale circostante. In tal modo dovrà risultare
comprensibile che le descrizioni di Goethe fossero fondate su un'effettiva percezione, una
percezione che non poteva certo essere così brutalmente chiara come quella che i sensi ci offrono
del mondo esterno, tuttavia senz'altro più chiara di quelle che l'uomo normalmente possiede per
l'ambiente che lo circonda, quando esso sia spirituale.
…. Goethe poteva sentire così perché ciò che viveva intimamente negli altri uomini gli faceva
un'impressione profonda; cosa che normalmente si verifica solo quando tra gli uomini si
stabiliscono determinati legami, voglio dire quando si sviluppa un rapporto d'amore. In questo caso,
anche se gli uomini non ne sono coscienti, anche nella vita ordinaria è particolarmente attiva
l'unione tra l'io e il sistema dei gangli, tra il corpo astrale e il sistema spinale. Avviene realmente
qualcosa di molto particolare. Ma ciò che è normalmente attivo in un rapporto d'amore, lo era per
Goethe in un ambito più vasto, quando egli provava quella smisurata e più o meno inconscia
compassione per tutti quei poveri diavoli che non sapevano che cosa stesse attraversando la loro
interiorità, mentre essi venivano esteriormente passati da una classe all'altra, da un esame all'altro.
Goethe sentiva tutto questo come una ricca profonda esperienza.
Le esperienze divengono rappresentazioni. Le esperienze usuali divengono le rappresentazioni della
vita quotidiana; le esperienze cui ho appena accennato divennero quel ribollire di idee che Goethe
riversò nel suo Faust. Non si tratta che di esperienze, esperienze che egli aveva nell'ambito più
vasto dato che la vita del sistema dei gangli e del sistema spinale era per lui assai più desta del
consueto. Questo era il polo opposto di quell'attutimento verificantesi nella vita del capo. A questo
egli era predisposto fin dall'infanzia nell'agire puramente spirituale. Egli percepì ciò che
segretamente vive nell'uomo. Ma tutti siamo posti sempre entro questo vivere e tessere: di cosa si
tratta allora? Quando ci troviamo nel mondo durante la solita grossolana vita di veglia, vi siamo
posti con il nostro io e siamo collegati al mondo tramite i sensi e le nostre ordinarie
rappresentazioni. Ma, come abbiamo visto, siamo collegati al mondo anche più strettamente. Il
nostro io è dunque intimamente collegato al sistema dei gangli e il corpo astrale al sistema spinale.
Attraverso questa relazione noi giungiamo a un nesso col mondo circostante ben più ampio di
quello consentitoci dal sistema sensorio e dalla testa. Si consideri ora che l'uomo deve sperimentare
quel ritmo alternato per il quale l'io e il corpo astrale sono presenti nel capo durante la veglia diurna
e ne sono fuori durante il sonno; essi dunque, come già ho accennato, sviluppano un'attiva vita di
relazione con gli altri sistemi, proprio in conseguenza del fatto che durante il sonno non sono
inseriti nel capo. L'io e il corpo astrale richiedono cioè l'alternanza dell'inserirsi nel capo e
dell'uscirne.
Quando l'uomo si trova con l'io e con il corpo astrale fuori del capo, egli non sviluppa soltanto,
come si è detto, un intimo legame con il restante organismo tramite il sistema dei gangli e il sistema
spinale; ma sviluppa anche, dall'altra parte, legami spirituali con il mondo spirituale. Sviluppa
dunque anche questi ultimi. Possiamo dire pertanto che, a una connessione particolarmente attiva
con il sistema spinale e il sistema dei gangli, fa riscontro una viva connessione animico-spirituale
con il mondo spirituale. Ammettendo dunque che durante la notte l'animico-spirituale, non inserito
nel capo, determini questa vita attiva nel resto dell'organismo, dovremo anche dire: durante la vita
di veglia, quando l’io e il corpo astrale sono più presenti nel capo, avremo anche per conseguenza
una vita spirituale in connessione con il mondo spirituale circostante. Durante il sonno ci
immergiamo per così dire in un mondo spirituale interiore; durante la veglia in un mondo spirituale
circostante.
Questa possibilità di incontro con il mondo spirituale circostante è solo più attiva nel caso di
persone come Goethe; egli sogna proprio come sognano tutti gli uomini quando non sono soltanto
sprofondati in un sonno cupo e ottuso.
L'uomo però sogna molto raramente durante la vita di veglia avendone coscienza; a persone come
Goethe, invece, capita di trapassare nel sogno anche nella vita diurna. In tal modo ciò che per gli
altri resta nell'inconscio, diviene per simili uomini una forma-sogno facente parte della vita.
…. Le creazioni di uomini come Goethe sono in relazione con il contenuto delle esperienze
inconsce degli altri uomini, proprio come il sogno è in relazione con il sonno profondo dall'altro
lato della vita. Si tratta di una effettiva realtà: come il sogno sta al sonno, così le creazioni dei
grandi spiriti stanno alle esperienze inconsce degli altri uomini.
Tuttavia notevoli enigmi restano.
…Dunque anche il buono ha naturalmente i suoi lati oscuri. Il mondo, diciamo, deve essere
preservato dalla possibilità di restare fermo. Perciò non tutti gli uomini possono sognare nel modo
che si è detto; l’affermazione può apparire brutale eppure si tratta proprio di una profonda verità dei
misteri. Infatti le forze, con le quali questi uomini sognano, devono essere ancora impiegate
realmente nel mondo esterno per qualcosa di diverso, affinché in questo qualcosa di diverso siano
poste le basi per l'ulteriore evoluzione della Terra che si arresterebbe se tutti gli uomini dovessero
sognare nel modo da me indicato.
Siamo arrivati così a un punto in cui viene in luce un fatto alquanto paradossale. Come vengono
impiegate dagli uomini, nel mondo, le forze di cui ho parlato? Qual è, secondo l'osservazione
scientifico-spirituale, la destinazione delle forze delle quali si potrebbe forse dire: magari tutti gli
uomini le impiegassero nel sogno! (in realtà non si tratta di sogno, ma di sonno profondo) qual è
dunque la loro destinazione? Esse vengono impiegate in tutto ciò che si riversa nell'evoluzione
umana sotto le molteplici forme del lavoro professionale.
Quest'ultimo è in relazione con il tipo di lavoro svolto nella creazione del Faust e del Wallenstein di
Schiller, come il sonno profondo è in relazione con il sogno. Nel nostro lavoro noi realmente
dormiamo. La cosa stupirà e certo si obietterà che nella nostra professione siamo ben desti. Vi è
però una grande illusione nella convinzione di essere desti, perché in tutto quanto viene realizzato
nel lavoro professionale non vi è nulla cui l'uomo partecipi con piena coscienza di veglia. Di alcuni
effetti prodotti dal lavoro sulla propria anima l'uomo ha certamente coscienza; ma di tutto quanto è
veramente presente nel tessuto di lavoro che gli uomini vanno instancabilmente intessendo intorno
alla Terra, essi non sanno proprio nulla. E sorprendente davvero conoscere come queste cose siano
connesse fra loro. Hans Sachs era « calzolaio e poeta », Jakob Böhme calzolaio e filosofo mistico.*
Attraverso una particolare costellazione di cui potremo parlare ancora, abbiamo qui un'alternanza di
sonno e di sogni. Si può passare da uno stato all'altro.
Che cosa significa per un uomo come Jakob Böhme questo gioco combinato di forze, questo ritmo
alterno di vita fra il lavoro professionale, poiché egli fece davvero le scarpe per i bravi cittadini di
Görlitz, e le sue composizioni di carattere mistico-filosofico? Alcune persone hanno in proposito
opinioni alquanto strane.
…Con un simile atteggiamento di pensiero non bisogna aver nulla a che fare. Scrivendo le sue
grandi concezioni mistico-filosofiche, un uomo come Jakob Böhme operava movendo dai risultati il
cui conseguimento fu possibile perché l'uomo si andò evolvendo attraverso l'epoca di Saturno,
l'epoca solare, l'epoca lunare fino a quella terrestre; perché, potremmo dire, abbiamo lo scorrere di
un'ampia corrente che è giunta finalmente ad espressione in questi effetti. Ora, secondo particolari
nessi karmici, questa corrente giunge ad espressione in una personalità come Jakob Böhme. Ma
come tutto ciò che ha attraversato in precedenza le epoche solare e lunare è specialmente necessario
per ogni uomo sulla Terra, così naturalmente lo è stato per creare ciò che fu presente in Jakob
Böhme.
Jakob Böhme riprese poi il suo posto a sedere e si mise a fare le scarpe per i bravi cittadini di
Görlitz. Come si collega tutto questo? Certamente anche l'essersi conquistata l'abilità di fare le
scarpe è qualcosa che è in relazione con la corrente di cui abbiamo parlato. Le scarpe poi, una volta
pronte, servono ad altri uomini, prendono la loro strada, si separano dalla persona e la loro funzione
non ha più niente a che fare con l'abilità ma piuttosto con il tener caldi e protetti i piedi. Esse
prendono la loro strada e svolgono determinate funzioni; si distaccano completamente dalla persona
e la loro azione produrrà effetti solo più tardi; questo è soltanto un inizio. Se volessi rappresentare
l'azione iniziale che determinò poi l'attività mistico-filosofica di Jakob Böhme ponendone il primo
germe in questo punto (nel disegno, la croce sotto il primo cerchio, di Saturno), dovrei indicare qui
il primo germe dell'abilità di fare le scarpe (croce nel quarto cerchio, stato terrestre); da qui esso
continuerà nel suo corso

per giungere nella futura evoluzione di Vulcano alla perfezione già raggiunta dagli impulsi che,
dall'evoluzione di Saturno, sono fluiti nell'attività mistico-filosofica di Jakob Böhme.
Possiamo considerare questa come una fine (cerchio piccolo sotto il quarto cerchio); l'abilità di fare
le scarpe è invece un inizio (cerchio piccolo con la croce entro il quarto cerchio).
Noi diciamo che la Terra è oggi Terra, ed è naturalmente così.
Se potessimo seguirla a ritroso, andando da Saturno ancora ulteriormente indietro, potremmo allora
dire: riguardo a determinate cose la Terra è Vulcano; in questo punto (a sinistra, esterno) dovremmo
considerare Saturno. Tutto può venire considerato in modo relativo. Possiamo dire: la Terra è
Saturno, e Vulcano è in certo qual modo la Terra. Tutto ciò che sulla Terra avviene in un lavoro,
come nel caso di Jakob Böhme (non nella libera produzione che egli esplica oltre il suo lavoro, ma
proprio nel lavoro stesso) rappresenta un punto di partenza per qualcosa che solo su Vulcano sarà
così avanzato come lo è oggi sulla Terra ciò che si è preparato su Saturno.
Perché Jakob Böhme potesse produrre sulla Terra la sua filosofia mistica, fu necessario che su
Saturno avvenisse qualcosa di simile a ciò che egli stesso compì attraverso la capacità di fare le
scarpe da cui si potrà realizzare, su Vulcano, qualcosa di simile alla creazione degli scritti mistico-
filosofici qui sulla Terra.
In tutto questo è contenuto qualcosa di straordinario: vi è infatti indicato come ciò che sulla Terra è
spesso poco apprezzato, lo è proprio perché rappresenta un punto di partenza per qualcosa che verrà
apprezzato solo nel futuro. Gli uomini, secondo il loro essere interiore, sono naturalmente molto più
legati al passato; devono invece cominciare a familiarizzarsi con ciò che è soltanto un inizio. Perciò
quel che rappresenta un inizio ci è spesso assai meno caro di tutto ciò che deriva dal passato.
Dall'ambito completo di tutti i fatti in cui dobbiamo ancora essere inseriti nell'epoca terrestre,
proprio perché su Vulcano possa realizzarsi qualcosa di particolare dopo che la Terra avrà
attraversato gli stadi evolutivi di Giove e di Venere, proprio da questo ambito si svilupperà una
piena coscienza quale noi possediamo oggi sulla Terra per cose come la filosofia di Jakob Böhme.
Un germe assai prezioso è avvolto oggi nell'elemento inconscio del lavoro esteriore umano, proprio
come l'uomo stesso era avvolto nell'incoscienza su Saturno; egli soltanto sul Sole sviluppò una
coscienza di sonno che divenne coscienza di sogno sulla Luna e infine, sulla Terra, coscienza di
veglia per quanto riguarda le attuali condizioni umane.
L'uomo dunque vive davvero in una profonda coscienza di sonno per tutto ciò in cui si trova inserito
quando esplica una certa attività lavorativa; nella sua attività lavorativa, ma non in ciò che gli piace
del suo lavoro, bensì in quello che si sviluppa senza che egli sia in grado di penetrarlo, nella sua
attività lavorativa l'uomo crea i valori del futuro. Quando un uomo fabbrica chiodi, la sua attività
non può certo procurargli alcun particolare piacere. Ma il chiodo si stacca da lui per svolgere poi
determinati compiti. Di quel che avverrà per mezzo di quel chiodo l'uomo non si preoccupa
davvero; egli non può certo tener dietro a ogni chiodo che ha prodotto. Ma tutto ciò che qui è
avvolto nell' incoscienza, nel sonno profondo, sarà destinato ad aver nuova vita nel futuro.
Abbiamo così potuto fare un accostamento tra ciò che l'uomo svolge come attività lavorativa nel
lavoro più insignificante, e ciò che si manifesta come il più elevato risultato.
Le opere più importanti rappresentano sempre una conclusione; il lavoro più insignificante è sempre
un inizio.
Ho voluto dapprima ravvicinare questi due concetti, perché non è possibile considerare i vari modi
in cui l'uomo si trova legato al proprio lavoro per mezzo del karma, se non si conosce come l'attività
lavorativa, spesso del tutto esteriormente connessa con l'uomo, si ricollega all'intera evoluzione
entro la quale l'uomo è inserito. Dovremo adesso procedere oltre per elaborare l'effettivo problema
karmico connesso al lavoro. Ho dovuto comunque far precedere queste considerazioni, perché si
possedesse almeno un concetto universale di ciò che dall'essere umano fluisce nell'attività
lavorativa. Queste cose sono veramente molto adatte a conformare nel giusto modo la nostra
sensibilità morale. Le nostre valutazioni infatti sono spesso arbitrarie, in quanto non vediamo le
cose nella giusta maniera. Il seme appare talvolta del tutto insignificante in confronto al fiore
pienamente e armonicamente compiuto. Ma nel seme è proprio racchiuso il futuro sviluppo del fiore
perfettamente compiuto. Oggi, riferendomi all'azione creativa dell'uomo, ho voluto parlare del
legame tra seme e fiore nell'evoluzione umana.
Tratto dalla NONA CONFERENZA

….. Dal nostro punto di vista dobbiamo chiederci: che rappresentazione si fa effettivamente del
proprio Dio, chi dice di voler ascendere direttamente dalla propria anima alla Divinità, senza la
mediazione di altri spiriti? Si rappresenta davvero Dio, quando vi pensa o ne parla? Si fa un'idea di
ciò che si deve veramente intendere quando l'uomo parla del suo Dio nel modo giusto?
No, essi si rappresentano tutt'altro. Passando in rassegna tutti i concetti sui quali si fonda la
rappresentazione di Dio di tali uomini, che cosa troviamo veramente? Null'altro che un essere
angelico, un angelo; tutti coloro che dichiarano di voler contemplare immediatamente Dio dalla
propria anima, non contemplano altro che un angelo. Si ricerchino tutte le descrizioni che questi
uomini fanno, per quanto sublimi possano risonare, e si troverà che essi descrivono soltanto un
angelo.
In tal modo si trova soltanto la via al proprio angelo.
Ho detto al « proprio » angelo, e questo è importante. Considerando ora le entità delle gerarchie
inferiori: archai - detti anche spiriti della personalità - arcangeli, angeli, arriviamo poi all'uomo e
quindi al regno animale, al regno vegetale, al regno minerale.
archai - spiriti della personalità
arcangeli
angeli
uomo
animale
pianta
minerale
Tenendo presenti queste entità relativamente basse, dobbiamo anche ricordarci di qualcosa già
precedentemente esposto, e sapere che le archai, gli spiriti della personalità, sono anche spiriti del
tempo. Sono le forze reggenti dell'intero periodo, sono gli spiriti che vivono nell'intero periodo di
tempo. Oggi viviamo in tutt'altre connessioni spirituali che non gli antichi greci o gli antichi romani
perché ci troviamo sotto la reggenza di un altro spirito del tempo. Un tale spirito del tempo è già
un'entità molto elevata. Abbiamo poi gli esseri che denominiamo arcangeli. Essi sono chiamati a
stabilire l'armonia tra gli uomini sulla Terra e perciò, per certi riguardi, sono anche reggitori e guide
dei popoli. Gli angeli, le entità immediatamente al di sopra dell'uomo, hanno il compito di guidarlo
attraverso la porta della morte, così che l'uomo ha in certo modo accanto a sé il proprio angelo dalla
morte alla nuova nascita, ed è quindi da questi guidato fin nella nuova vita. Gli angeli sono dunque
chiamati ad accompagnare la singola individualità umana attraverso le ripetute
vite terrene.
Scendiamo adesso all'uomo stesso. Per come è oggi sulla Terra, l'uomo ricorda soltanto la sua vita
terrena entro il corpo fisico. La memoria degli angeli arriva molto più lontano, ed è solo per questo
che essi possono dirigere e guidare le ripetute vite terrene dell'uomo.
….. Tutto questo ha un grande significato pratico, è di grande importanza, poiché reca in sé un certo
germe: gli uomini parlano di un Dio unico, ma questo loro parlare è mera fantasticheria, perché in
verità nell'abbandonarsi a questa fantasticheria, ciascuno parla del proprio Dio, vale a dire del suo
angelo. La conseguenza sarà che nel corso del tempo ciascuno adorerà il proprio Dio, il proprio
angelo. Vediamo già quanto sia forte l'impulso degli uomini ad adorare ciascuno il proprio Dio. Nei
tempi moderni è diventato ben raro che gli uomini si trovino insieme nelle divinità che sono comuni
a tutti. C'è invece la tendenza particolarmente spiccata a che ciascuno si faccia forte del proprio
Dio. Il genere umano si è atomizzato. Resta soltanto la parola ' Dio' che risuona comune a tutti gli
uomini di una stessa lingua; ma con questa parola unica ciascuno si rappresenta qualcosa di diverso
e precisamente il proprio angelo. Non si arriva nemmeno fino all'arcangelo che guida una comunità
di uomini.
Alla base di tutto questo vi è un certo egoismo nascosto che gli uomini non vogliono ammettere.
Con queste considerazioni si è detto tuttavia qualcosa di importante, poiché gli uomini vivono nella
menzogna quando non ammettono di contemplare il proprio angelo, ma ritengono di contemplare la
Divinità unica e universale. Essi vivono in una rappresentazione nebulosa, in un intimo inganno, in
una maja interiore.
Tutto ciò produce gravi conseguenze poiché, mentre l'uomo si abbandona a questo intimo inganno,
avviene un fatto ben preciso. Nell'abbandonarci
a rappresentazioni fantastiche, noi non cambiamo le realtà spirituali che pur si avverano come
conseguenza di ciò che ci rappresentiamo in modo giusto o sbagliato. Quando l'uomo, senza
ammetterlo, volge lo sguardo al suo angelo ritenendo invece di averlo innalzato alla Divinità
(mentre non giunge neanche all'arcangelo), egli ottunde in un certo senso la sua anima attraverso
questa falsa rappresentazione. Tale ottundimento dell'anima è davvero generale ai nostri giorni; esso
rappresenta qualcosa di straordinariamente fatale per la nostra attuale evoluzione dell'umanità.
Infatti per questo ottundersi dell'anima si comprime e si intorbida l'io, e quindi si insinuano
nell'anima stessa altre forze che non dovrebbero agirvi. Al posto dell'angelo, che si voleva dapprima
adorare scambiandolo per la 'Divinità', si insinua l'angelo luciferico, e a poco a poco si arriverà ad
adorare quest'ultimo anziché il proprio angelo. A questo punto però è molto vicina la china per la
quale l'uomo può scivolare in basso; infatti è molto vicino il momento in cui egli rinnegherà
addirittura Dio (cioè rinnegherà il suo angelo) il che è sempre connesso con il rinnegare il suo vero
io umano, come ho indicato nel libro di Leblais Matérialisme et spiritualisme in cui si afferma che
l'io del gatto non differisce da quello umano e si parla anche del 'Grand prêtre du chien'.
Dobbiamo riconoscere che, per molti aspetti, dovendo dar risposta al quesito di chi sia la colpa del
materialismo del nostro tempo, dovremo dire: la colpa è delle religioni, delle confessioni religiose
in quanto offuscano la coscienza degli uomini, ponendo al posto di Dio un angelo al quale poi si
sostituisce l'angelo luciferico corrispondente; e l'angelo luciferico non fa altro che precipitare subito
l'uomo nel materialismo. Ecco il segreto nesso tra le orgogliose ed egoistiche confessioni religiose,
che non vogliono saper nulla
di ciò che sta al di sopra dell'angelo, ma che con smisurata superbia affermano di parlare di Dio,
mentre parlano solo di un angelo e neanche in modo esauriente. Questa superbia smisurata, che
spesso viene anzi spacciata per umiltà, è la causa del materialismo.
…. Esiste un solo mezzo contro la falsa interpretazione della divinità: riconoscere le gerarchie
spirituali. Sappiamo bene infatti come le attuali confessioni religiose non arrivino più su della
gerarchia degli angeli.
….invece il nesso dell'uomo con la gerarchia degli arcangeli, ci troviamo in una sfera di cui l'uomo
conosce ben poco; ne parla a volte molto, ma ne sa ben poco. Oggi abbiamo veramente professioni
di fede dirette non alla gerarchia degli arcangeli, ma spesso a un solo arcangelo; professioni di fede
non chiaramente espresse, ma piuttosto un'inclinazione del sentimento verso questo o
quell'arcangelo. Nel secolo diciannovesimo questo fatto portò evidenti frutti almeno in un campo:
nel sorgere di idee nazionalistiche alla cui base sta inconsciamente la non considerazione della
cooperazione fra gli arcangeli, in favore dell'inclinazione verso un solo arcangelo. Abbiamo qui
qualcosa di altrettanto egoistico, però in senso sociale, quanto nella tendenza verso il proprio
angelo.
Si potrebbe ora descrivere che cosa si associa a questa tendenza, alla tendenza socialmente egoistica
verso un arcangelo, come abbiamo descritto l'associarsi cosciente del materialismo alla falsa
interpretazione dell'angelo. Così facendo si metterebbe il piede su un terreno sdrucciolevole perché
non sono argomenti di cui si possa parlare ai nostri giorni.
Ancora più oscuro è il nesso dell'uomo con le archai, con gli spiriti del tempo. Tale rapporto vive
già in sostrati assai profondi. Con gli angeli gli uomini hanno almeno una certa connessione;
sebbene non vogliano ammetterla, dicendo di credere in Dio essi la ammettono, nel modo errato che
ho indicato. Con gli angeli, gli uomini vogliono almeno stabilire una relazione. Il nesso con gli
arcangeli, presente nel sentimento e nelle emozioni quando gli uomini riconoscono certi legami
attraverso il sangue o qualcosa di simile, è oggi tuttavia falsato. Esso porta a deviazioni che, come
ho detto, non voglio e non posso descrivere oggi. A deviazioni analoghe si perviene riguardo agli
spiriti del tempo. Ma anche qui per solito gli uomini si attaccano all'unico Spirito del tempo che si
presenta loro quale spirito della loro epoca. Pensiamo soltanto come attraverso la scienza dello
spirito noi cerchiamo di reagire contro simili egoistiche rappresentazioni, parlando del succedersi
dei vari periodi con le loro particolarità, e facendo agire su di noi tali descrizioni per abbracciare
con il cuore e con l'anima tutta l'evoluzione terrestre, anzi tutta l'evoluzione cosmica, affinché
almeno nel pensiero si possa conseguire un nesso con i vari spiriti del tempo. Gli uomini di oggi
rifiutano tutto questo. Sarebbe necessaria una descrizione approfondita di ciò che ho accennato ieri,
per indicare tutte le deviazioni in cui gli uomini incorrono per via di questo egoismo nei confronti
degli spiriti del tempo.
…. Ma quando penetriamo fino allo spirito del tempo e cadiamo in errore nei confronti di questo,
allora il nostro errore colpisce il cosmo. Esiste un nesso misterioso fra gli errori nei confronti dello
spirito del tempo e gli inizi di ciò che in un certo senso l'uomo si addossa cosmicamente.
Tale nesso sfugge assolutamente a chi rifiuta di innalzare lo sguardo al di sopra dell'angelo. Che
ciascuno accolga le mie parole come può. Tutto questo scaturisce dalla scienza dello spirito come
frutto di profonde investigazioni, ma dovrei parlare per mesi se volessi esporre queste investigazioni
in ogni singolo particolare.
In un tempo non lontano l'umanità si convincerà forse che attraverso certe azioni umane sul piano
fisico, quando siano di natura tale da spingersi su fino allo spirito del tempo, vengono evocate
nell'evoluzione terrestre forze distruttive i cui effetti arrivano fino alla malattia e alla morte. A
questo punto, chiedendosi secondo i punti di vista così acquisiti, se alcuni dei recenti avvenimenti
non siano forse un errore nei confronti dello spirito del tempo, si potrà da soli trovare la risposta
riguardo ai nessi profondi che si estendono fino alla malattia e alla morte, per mezzo delle quali
viene introdotto un pareggio per ogni sorta di peccati perpetrati dall'uomo nei riguardi dello spirito
del tempo.
…. Il nostro presente manca di serietà, perché possa darsi una reale concezione del mondo atta a
sostenere la vita umana.
Una delle prime richieste che vengono fatte a chi entra nella scienza dello spirito è di sviluppare
questa serietà nella concezione del mondo e di approfondirsi veramente un poco nel corso
dell'evoluzione umana. Abbiamo spesso sottolineato il fatto che l'evoluzione terrestre ha senso solo
attraverso il mistero del Golgota, e abbiamo inoltre presentato vari aspetti che mostrano il mistero
del Golgota in una luce significativa.
E però necessaria una caratterizzazione sempre più precisa quando si voglia comprendere il mistero
del Golgota in tutto il suo significato. Qualcuno potrebbe oggi chiedersi: in che modo può arrivare
al Cristo l'anima umana? Si potrebbe allora rispondere che, essendo il Cristo un'entità più alta di
tutte le archai, la via al Cristo deve essere trovata. Infatti per la via che oggi seguono normalmente
le confessioni religiose non si può trovare il Cristo ma tutt'al più un angelo, come abbiamo visto.
Gli uomini possono ancora comportarsi come si comportano oggi nel nome dei vari angeli o perfino
dei vari arcangeli, quando gli esseri luciferici siano subentrati al posto degli esseri progredienti. Nel
nome del Cristo tutto ciò è impossibile. È assolutamente impossibile che due uomini
reciprocamente ostili, possano entrambi professare la fede nel Cristo. Voglio dire che non è difficile
ammetterlo perché si tratta di cosa ovvia. Sarebbe possibile sulla base del presupposto che una
persona, pronunciando il nome 'Cristo' o ' Signore' (come ha indicato il Cristo stesso) si riferisse in
realtà soltanto al proprio angelo; ma ciò non è possibile quando si parla realmente del Cristo. Sorge
a questo punto la domanda: come giunge l'anima a una via che conduca al Cristo? Per risolvere
questo problema si possono imboccare varie strade.
Ne imboccheremo oggi una che ci si è offerta naturalmente nel corso di varie considerazioni.
Oggi gli uomini conoscono ben poco del passato; soprattutto ignorano perché determinate cose ci
sono state tramandate. Certamente essi sanno ancora che certe cose sono state tramandate, ma ne
ignorano il perché. Si tramanda ad esempio (lo si può leggere oggi in qualsiasi libro esoterico,
compresi quelli della massoneria) che in antichi tempi esistevano i misteri; questi erano istituzioni
segrete ove, come risulta dalla parola stessa, si custodivano segreti che erano effettivamente tali
anche nel senso esteriore della parola. Vale a dire: chi aveva trovato accesso ai misteri riceveva
determinate comunicazioni e si impegnava a trasmetterle solo a chi condivideva i medesimi
insegnamenti; la regola di non svelare le comunicazioni dei misteri era anticamente molto severa.
Secondo tale regola, il fatto di comunicare un segreto dei misteri all'orecchio di un non iniziato era,
così si diceva, un reato dei più gravi; ma altrettanto grave era ascoltare un segreto dei misteri, non
essendo autorizzato a farlo. Finché durarono i misteri nel senso antico, queste consuetudini furono
rispettate con la massima severità. Perché tutto ciò?
Perché le cose andarono così?
…..Vorremmo ora richiamare davanti alla nostra anima una reale caratteristica, risultata
dall'evoluzione dell'umanità in relazione alle pratiche dei misteri. Ho già avuto spesso occasione di
ripetere che l'umanità è cambiata nel corso dell'evoluzione terrestre, e che un'importante cesura si
ebbe nell'evoluzione al tempo in cui il Cristo attraversò il mistero del Golgota. Richiamando una
caratteristica essenziale dell'evoluzione accanto alle altre, che abbiamo già esposte, dovremo dirci:
se risaliamo nel tempo oltre il periodo greco-latino, se oltrepassiamo il quarto secolo a. C. e
arriviamo al quinto, sesto, settimo secolo (potremmo anche fermarci al periodo greco-latino, ma
l'egizio-caldaico o il persiano presentano un campo più ricco) troviamo ovunque che ciò che gli
uomini pronunciavano allora aveva un significato completamente diverso, per il resto dell'umanità,
da quanto avvenne in seguito, ad esempio già nei secoli settimo e ottavo dopo il mistero del
Golgota. La parola che veniva detta da un uomo a un altro nel tempo in cui l'anima possedeva
ancora le facoltà ataviche da cui poteva ancora scaturire una forma di atavica chiaroveggenza,
aveva un significato completamente diverso da quello che ebbe più tardi o che ha ai giorni nostri.
La parola possedeva allora, se posso dir così, una specie di valore suggestivo mediante la propria
forza intrinseca, perché era pregna di forza divino-spirituale ereditata. Quando qualcuno parlava, si
esprimeva sempre nelle sue parole l'angelo dalle gerarchie superiori.
Si può dunque immaginare come le comunicazioni in parole fossero in quegli antichi tempi
qualcosa di profondamente diverso da oggi. Noi non abbiamo più alcuna possibilità di esprimerci,
mediante le parole, come avveniva nei tempi antichi, pur essendo a conoscenza di tutti quei segreti,
perché oggi dobbiamo servirci delle parole, quali sono diventate attraverso il linguaggio. Nelle
parole abbiamo effettivamente dei segni convenzionali. Oggi non è più possibile andare da
qualcuno e parlargli con la medesima forza ancora esistente nel terzo, quarto, quinto secolo a. C., e
con le parole «l'angelo tuo ti vuol bene » far sì che quell'anima sia attraversata da un lieve tremore
che era forza terapeutica. Oggi non è più possibile; le parole hanno perduto la loro forza, il loro
antico valore suggestivo. Quando gli uomini parlavano
Fra loro nei tempi antichi, fluiva da anima ad anima una forza di umana comunanza. Quando noi
siamo riuniti in una sala, respiriamo un'aria comune, proprio come anticamente viveva nelle
comunicazioni verbali degli uomini una forza spirituale dell'essere uniti. Nel progredire
dell'evoluzione dell'umanità tutto ciò si è perduto. La parola è andata perdendo il suo contenuto
divino.
Se lasciamo che il nostro sguardo, il nostro sguardo spirituale, si soffermi su tutto questo, potremo
dirci che è certo possibile che siano esistite delle parole ben precise, delle combinazioni verbali,
delle formule verbali, che avevano un effetto maggiore delle altre parole di uso comune. Tali
formule verbali, la cui azione trascendeva di gran lunga la sfera dell'abituale, venivano comunicate
nei misteri. Adesso si comprenderà come esse non dovessero venir svelate, poiché la conoscenza di
tali formule conferiva un alto potere sopra gli altri uomini, di cui non si doveva abusare. E una
verità assolutamente reale che quando l'antico sacerdote del tempio ebraico pronunciava ciò che
nella vita ordinaria si chiamava la « Parola », una determinata combinazione di suoni (e la
pronunciava nel modo giusto, poiché in quegli antichi tempi tale combinazione di suoni era pregna
di forza), avveniva che gli uomini cui questa era diretta si ritrovassero effettivamente in un mondo
diverso, un mondo spirituale di una spiritualità assolutamente reale.
Si potrà comprendere come non soltanto fosse delittuoso rivelare le formule misteriche a chi non
fosse autorizzato a riceverle, perché si sarebbe esercitato un ingiustificato potere su quelle persone,
ma come fosse proibito ascoltarle, per il pericolo che si sarebbe corso di mettersi completamente in
balia di altri. Le cose non sono così astratte come certe persone vogliono presentarle oggi, sono
invece concrete e reali, i tempi sono cambiati e di tale cambiamento si deve tener conto. Con il
mistero del Golgota le parole hanno perduto l'antico significato, perché non si sarebbe potuta avere
alcuna effettiva libertà fra gli uomini se le parole avessero conservato quei significati. Gli uomini
infatti sarebbero stati in certo modo soltanto il prodotto del linguaggio, riguardo alle loro anime. Le
parole dovevano perdere la forza intrinseca. Ma un'altra forza è subentrata nell'evoluzione terrestre,
e se essa troverà un giusto nesso con l'umanità, potrà a poco a poco sostituire per gli uomini ciò che
prima scaturiva dalle parole.
Gli uomini antichi imparavano a pensare dalle parole e non esisteva allora altro genere di pensieri se
non quelli originati dalle parole. Ma solo parole quali quelle che ho descritte possedevano la forza
dei pensieri. Con l'andar del tempo questa forza cessò di esistere. Venne allora l'Essere che poteva
restituire ai pensieri quella forza, quando essi fossero compenetrati da Lui; l'Essere che poteva dire:
« Io sono la Parola », l'Essere del Cristo. Gli uomini devono soltanto trovare la via per render
vivente il Cristo nella loro anima. Il Cristo è qui. Noi sappiamo che con il mistero del Golgota Egli
è una forza reale. Poiché sono qui ora a parlare del karma, vorrei anche indicare il nesso del Cristo
col karma. Mentre l'angelo entra in relazione soltanto con il singolo uomo, il Cristo può avere un
significato ben più alto dell'arcangelo, giacché Egli non unisce soltanto gli uomini sulla Terra
secondo lo Spirito del tempo, ma unisce i vivi con i defunti, le anime che sono qui organizzate nei
loro corpi e quelle che hanno attraversato la porta della morte. A questo proposito dobbiamo
imparare a comprendere un po' meglio come si possa trovare il Cristo secondo lo spirito del nostro
tempo, e precisamente come si possa trovare la via al Cristo. Infatti è proprio da questa domanda
che siamo partiti: come può trovare l'uomo di oggi una via verso il Cristo?
Soprattutto è necessario che l'uomo si liberi dall'egoistico « vivere solo nella propria anima ». Una
parola di verità dei Vangeli (ci sono tante parole nei Vangeli che non vengono intese in tutta la loro
verità, perché questa non è gradita agli uomini) dice infatti: « Dove due saranno uniti nel mio nome,
io sarò in mezzo a loro »*. Lo spirito del vano misticismo che dichiara: « porterò il Cristo entro la
mia anima » non risponde allo spirito del cristianesimo; vero spirito cristiano è invece quello che
dice: « Dove due saranno uniti nel mio nome, io sarò in mezzo a loro ». Al fine di spiegare tutto lo
spirito di questo detto anche riguardo alle ripetute vite terrene, argomento delle nostre attuali
considerazioni, e per darne una caratterizzazione adatta al nostro tempo che si riconnetta ad ogni
aspetto della vita in cui l'uomo è inserito oggi per mezzo della sua professione, dovrò addentrarmi
in alcuni elementi caratteristici del nostro tempo. Dobbiamo infatti imparare a sollevarci oltre
l'egoistica limitatezza umana. Il senso di una tale azione nel nostro tempo, è quello di ritrovare una
conoscenza del cosmo con il quale l'uomo è in rapporto e dal quale ha avuto origine; di apprendere
la capacità di pensare l'uomo nel suo legame con il cosmo.
Si crede forse che la scienza odierna riesca a pensare il cosmo in relazione con l'uomo? Basti
ricordare l'affermazione di Hermann Grimm *, da me citata anche in conferenze pubbliche: la
scienza pensa una sorta di meccanismi entro i quali l'uomo non può esistere. La concezione
scientifica di oggi non è in grado di pensare l'uomo in relazione con il cosmo; per farlo dovrebbe
prima riuscire a vedere le cose in modo concreto. Quando oggi si costruisce una macchina, si ritiene
che con questo non sia avvenuto niente di più che la costruzione, o al massimo quello che può
derivare dal funzionamento della macchina stessa. Affidarsi a un simile convincimento significa
ribadire ciò che è tanto diffuso oggi, ciò
che possiamo chiamare superstizione negativa. Superstizione significa credere a spiriti che in realtà
non esistono; si può anche però non credere a spiriti che invece esistono, incorrendo così nella
superstizione negativa. Ad essa l'umanità si abbandona completamente senza rendersene conto, dato
che non ha l'abitudine di riguardare come parte di una connessione cosmica totale, e da
un'angolazione morale, le cose che entrano nell'evoluzione umana e che sono pensate invece
soltanto dal punto di vista del meccanismo.
Scegliamo un fatto solo caratteristico del nostro tempo, simile però a molti altri che dominano per
tanti aspetti la nostra attuale vita esteriore: la macchina a vapore. Quale importanza ha assunto la
macchina a vapore nel nostro tempo!
Che cosa si sottrae al suo dominio nella nostra vita? Pensiamo un momento a quante cose non
esisterebbero se non esistesse la macchina a vapore. Non voglio dire che tutto ciò che gli uomini
possiedono oggi debba essere il prodotto della macchina a vapore; tuttavia molte cose vengono
realizzate in connessione ad essa, secondo il vero spirito del tempo.
L'invenzione della macchina a vapore risale effettivamente al secolo diciottesimo, dato che i
tentativi precedenti non erano passibili di applicazione pratica. La macchina a vapore, divenuta oggi
di uso comune e cui si annette una così grande importanza, si può dire che sia stata resa utilizzabile
in senso pratico prima nel 1713 da Newcomen e più tardi da Watt nel 1763 *. Si può effettivamente
parlare di questi due come degli inventori della macchina a vapore, almeno nel senso in cui se ne
parla oggi e di tutto ciò che vi si riconnette.
Dove risiede dunque la possibilità di avere le macchine a vapore che, come abbiamo visto, sono
relativamente recenti?
Qual'è la base di questa possibilità? Dirò adesso qualcosa di terribilmente stravagante per una
mentalità scientifica: il 1763, anno in cui Watt perfezionò al punto giusto la macchina a vapore, non
è affatto lontano dalla concezione del Faust di Goethe. Per le nostre considerazioni potremo forse
scoprire altre curiose correlazioni tra la macchina a vapore e la concezione del Faust, malgrado
l'enorme distanza fra le due cose.
A questo proposito dobbiamo prima portare dinanzi alla nostra anima qualcosa che si riconnette
all'ingresso della macchina a vapore nell'evoluzione umana. Su che cosa si basa dunque la macchina
a vapore? Si basa sulla possibilità di creare uno spazio vuoto d'aria o riempito di aria rarefatta.
La possibilità di costruire macchine a vapore risiede nel creare uno spazio vuoto d'aria e
nell'impiegarlo proficuamente. In tempi antichi, ormai molto lontani, si parlava di horror vacui,
della paura per il vuoto. Si intendeva con ciò qualcosa di obiettivo. Si voleva dire che lo spazio
richiede sempre di essere riempito di qualcosa, che non si può produrre qualcosa di vuoto, che la
natura stessa ha un certo orrore del vuoto. Perché si arrivasse alle macchine a vapore fu necessario
che scomparisse dall'umanità la fede nell'horror vacui e si creasse la possibilità di produrre uno
spazio pieno di aria rarefatta, pressoché vuoto. Si dovette eliminare l'aria da determinati spazi.
Mediante una considerazione meccanica non si arriva a conquistare una concezione cosmica morale
nuova, nei confronti dell'antica concezione cosmica morale dell'horror vacui. Che cosa avviene in
realtà quando produciamo uno spazio vuoto o uno spazio di aria rarefatta con l'intenzione di porre al
servizio dell'evoluzione terrestre i risultati di una tale operazione?
I documenti biblici dicono come Jahve insufflasse nell'uomo il respiro vivente, l'aria, rendendolo
così un'anima viva. L'uomo doveva essere compenetrato di aria perché potesse divenire uomo
terrestre. Per molti secoli, anzi per millenni, l'uomo si è servito solo della rarefazione o
condensazione d'aria che avveniva automaticamente in una connessione cosmica. Poi arrivò l'età
moderna. L'uomo cominciò a rarefare da sé l'aria, a eliminare ciò che Jahve aveva immesso, ad
agire in senso contrario a quella che può essere l'azione di Jahve, dal momento che pose l'uomo
sulla Terra. Che cosa avviene in realtà quando l'uomo si serve di uno spazio di aria rarefatta, cioè
quando elimina l'aria dallo spazio? Avviene una opposizione a Jahve. Possiamo ben pensarlo:
mentre Jahve fluisce nell'uomo attraverso il calore, l'uomo allontana Jahve, creando uno spazio di
aria rarefatta. Arimane conquista la possibilità di stabilirsi come démone fin entro il fisico, per il
fatto che l'uomo ha costruito la macchina a vapore in questo modo. Con la costruzione della
macchina a vapore si crea l'occasione per l'incarnazione di démoni. Si è liberi anche di non credervi:
è appunto una superstizione negativa. La superstizione positiva fa sì che si creda a spiriti che non
esistono; la superstizione negativa nega gli spiriti là dove esistono. Nelle macchine a vapore démoni
arimanici sono realmente portati fino al corpo fisico. Vuol dire che mentre il cosmo è disceso con il
suo spirito mediante ciò che è stato riversato nell'evoluzione umana, lo stesso spirito cosmico viene
scacciato con tutto quanto viene creato sotto forma di démoni. Il grande mirabile progresso
moderno ha non solo provocato una demonologia, ma anche una demonomagia; per molti aspetti la
tecnica moderna è demonomagia.
Farò adesso un'altra affermazione paradossale: molto diviene manifesto quando si riesce a leggere
nel giusto senso ciò che spesso è ritenuto assolutamente insignificante. Disegnando una i senza il
puntino, si è pur sempre scritta la parte principale riguardo alla materia, tuttavia è soltanto il puntino
a renderla una i. Si consideri quanta materia in meno della parte rimanente contenga il puntino;
tuttavia è solo in virtù di esso che si ottiene una i. Chi nell'evoluzione dell'umanità si attacca solo
all'elemento materiale, vedrà in esso soltanto la parte che contiene cento volte di più del puntino,
mentre quest'ultimo gli passerà inosservato. Ma un osservatore più profondo, che non si limiti a
spalancare gli occhi dinanzi ai fenomeni, ma impari invece a leggerli, imparerà a indicare nel modo
giusto le cose anche dove siano appena accennate. Vi è un fatto sorprendente: leggendo una
biografia di James Watt, vi si trova accennato il fatto che ricorderò adesso in un modo che, per ogni
uomo moderno e intelligente, non potrà apparire folle. Ma dovremo naturalmente comprenderne
l'interpretazione. Watt non poté subito eseguire ciò che si proponeva con la sua invenzione, con la
sua macchina a vapore. I fatti si svolsero nell'arco di tempo dal 1713 al 1763. Quando una persona
fa un'invenzione, altri fanno naturalmente ripetute imitazioni. Si costruì molto fra quelle due date.
Allorché Watt, mediante altri accorgimenti, ebbe costruito una macchina utilizzabile, aveva però in
essa un dispositivo di cui un altro possedeva già il brevetto; per questo motivo non poteva far nulla
finché non avesse escogitato qualcosa di diverso. Riuscì a trovare poi, in un modo assai strano, quel
che doveva escogitare. Egli viveva in un tempo in cui si era già da parecchio acquisita la concezione
copernicana che ho caratterizzato come qualcosa corrispondente soltanto alla nostra epoca. Watt
viveva dunque in un tempo in cui la concezione copernicana si era già da parecchio acquisita.
Effettivamente gli capitò di costruire tutta la sua combinazione, il suo congegno mobile, in modo da
poterlo chiamare moto del Sole e dei pianeti. Diede questo nome alla sua macchina per il fatto che
egli fu veramente guidato a ciò che si concepiva nel sistema copernicano come rivoluzione dei
pianeti intorno al Sole. Egli aveva effettivamente portato giù e celato nella sua macchina a vapore il
movimento dei corpi celesti che era stato conosciuto nell'epoca moderna.
Teniamo presente adesso qualcosa di cui recentemente ho detto che accadrà, ma che per ora è
soltanto all'inizio: la possibilità che delicate vibrazioni si assommino, e che imponenti effetti
vengano così prodotti. Grazie a Dio, non vi si è ancora arrivati sulla Terra! Dobbiamo però scorgere
un inizio nel fatto che il movimento del Sole e dei pianeti venga copiato.
Si pensa forse che, giacché il moto del Sole e dei pianeti con il suo irradiare ha grande importanza
per la nostra Terra, non ne abbia alcuna quando viene copiato in miniatura facendo sì che torni a
irradiare nello spazio cosmico? Tutto ciò che avviene in tal modo, ha grande importanza per il
cosmo. Vediamo ora come siano aggiunte al démone anche le vibrazioni mediante le quali esso può
esplicare la sua attività nello spazio cosmico.
Nessuno deve naturalmente credere che le mie parole stiano a significare la necessità di abolire le
macchine a vapore.
Molte cose si dovrebbero eliminare allora, dato che le macchine a vapore non sono certo
l'invenzione più demoniaca.
Ovunque si usi l'elettricità ed altro ancora, ivi troviamo ben maggiore demonomagia, poiché si
opera con forze totalmente diverse che hanno un'importanza ancora maggiore per il cosmo.
Naturalmente chi comprende la scienza dello spirito capirà che tutte queste cose non devono essere
eliminate, che non possiamo essere dei reazionari o dei conservatori nel senso di opporci al
progresso. Demonomagia significa progresso, e la Terra di questi progressi ne farà sempre più. Si
arriverà al punto che si avranno effetti veramente imponenti, fuori nel cosmo. Non si tratta dunque
di eliminare o di criticare, dal momento che tutto questo ha la sua giustificazione. Dato che questi
fatti devono entrare nel progresso dell'umanità, l'importante è creare delle forze opposte per stabilire
l'equilibrio.
Tali forze devono essere create. Per poter creare forze riequilibratrici è necessario che l'umanità
torni a comprendere il principio Cristo, che l'umanità ritrovi la via al Cristo. Per un certo tempo
l'umanità è stata distolta dal Cristo. Perfino coloro che si chiamano rappresentanti ufficiali del
Cristo ricercano invece soltanto un angelo. Si dovrà però trovare la via che l'anima deve percorrere
per giungere al Cristo. Infatti, proprio nel modo stesso in cui, attraverso i démoni delle macchine,
spingiamo la nostra azione fino alle stelle fisiche fuori nel cosmo, dovremo trovare spiritualmente la
via per quei mondi entro ai quali l'uomo si trova tra la morte e una nuova nascita, entro i quali si
trovano gli esseri delle gerarchie superiori. Tutto ciò che ho accennato adesso si riconnette a quanto
ho già esposto: da un lato, gli uomini entreranno sempre di più in un karma professionale, come ho
descritto; dall'altro, il karma professionale deve venir controbilanciato dalla comprensione per il
mondo spirituale, che a sua volta può avviare gli uomini a trovare una via al Cristo.
Di questi argomenti continueremo a parlare domani.

Tratto dalla DECIMA CONFERENZA


….Se cerchiamo di comprendere in un senso più profondo il significato dell'Essere-Cristo per la
Terra, dovremo prima aver ben chiaro che è essenziale per l'evento del Cristo che il mistero del
Golgota si sia verificato una volta in un preciso momento, dunque nel tempo e nello spazio.
Tenendo presente tutto questo, troveremo subito una contraddizione in una opinione generale che
deve essere anche la nostra; una contraddizione che non dobbiamo rimuovere discutendola, perché
giustificata in sé, ma che dobbiamo invece riconoscere se vogliamo allontanarla dalla nostra anima.
Il mistero del Golgota non può essere altro se non ciò su cui abbiamo sempre insistito: il senso
dell'evoluzione terrestre, posto che il mistero del Golgota abbia un'intima, reale verità. Sappiamo
però che tutto quanto accade nel tempo e nello spazio appartiene al regno della maja, della grande
illusione; non appartiene dunque alla reale eterna essenzialità delle cose. Ci troviamo così di fronte
alla significativa contraddizione dell'appartenenza del mistero del Golgota al regno della maja, della
grande illusione. Si tratta di una contraddizione importante che dobbiamo porre dinanzi all'anima
nostra, in tutta la sua validità.
Dato che il mistero del Golgota si è svolto nel tempo in cui l'evoluzione del genere umano
appartiene alla Terra, consideriamo un poco l'evoluzione del genere umano qui sulla Terra. Per
quanto concerne tale evoluzione, noi sappiamo che l'uomo proviene da mondi precedenti e che,
secondo quanto abbiamo esposto nella Scienza occulta, in un momento ben preciso fu sottomesso a
quella che possiamo chiamare la seduzione, la tentazione luciferica. Abbiamo spesso considerato la
tentazione, la seduzione luciferica, nel senso che ci viene indicato dalla ricerca scientifico-
spirituale; sappiamo che essa è stata portata a espressione in un quadro grandioso all'inizio
dell'Antico Testamento, nel quadro grandioso del cosiddetto peccato originale, di Lucifero in forma
di serpente nel paradiso terrestre, uno dei quadri più potenti nel campo dei documenti religiosi.
Se abbracciamo con lo sguardo il periodo di tempo che l'evoluzione dell'umanità ha trascorso dalla
tentazione luciferica fino al mistero del Golgota, questo ci si presenta come un tempo in cui gli
uomini erano gradualmente discesi da una originaria, pertanto atavica, rivelazione chiaroveggente,
frutto di precedenti stadi planetari, mediante la quale i mondi spirituali si presentavano al loro
sguardo animico; così nei secoli precedenti il mistero del Golgota l'umanità non si trovava più nella
condizione di poter alzare lo sguardo ai mondi spirituali come prima, ma possedeva ora soltanto
un'eco delle antiche conoscenze di questi mondi.
Prendiamo ora un periodo relativamente breve (non possiamo certo risalire fino alla tentazione
luciferica) e facciamo passare davanti alla nostra anima la successione degli stadi discendenti
dell'evoluzione umana fino al mistero del Golgota.
Risalendo allora abbastanza indietro, troveremo la saggezza atavica che gli uomini anticamente
possedevano come reale visione dei mondi spirituali, espressa nell'eco di concezioni religiose del
mondo, tramite il fatto che gli uomini veneravano un antenato più o meno importante e altamente
rispettato.
Questo significa che in varie regioni della Terra noi troviamo un tipo di culto religioso che
possiamo indicare come culto degli antenati. Tale culto sopravvive ancora presso popolazioni
rimaste più o meno a gradi evolutivi precedenti. Gli uomini dunque venerano o innalzano uno
sguardo reverente a un antenato. Che cosa sta alla base di questo riguardare con reverenza un
antenato? Quale è la realtà di questo innalzare lo sguardo verso gli antenati in antichi tempi, nei
tempi più antichi fino ai quali può ancora risalire la storia? Si deve risalire a tempi molto remoti per
trovare una determinata epoca in cui fu vivo il culto degli antenati (vedi schema più avanti).
Il culto degli antenati non si fondava sul fatto che le persone immaginassero di dover innalzare lo
sguardo a un antenato, come crede la scienza superficiale di oggi; i più antichi culti degli antenati
avvenivano in modo che gli uomini, in determinati periodi della loro vita, avevano effettivamente
un'immediata visione dell'antenato. Chi innalzava lo sguardo all'antenato-dio, in determinati periodi
della vita e nei momenti tra la veglia e il sonno, molto comuni in tempi antichi, perveniva a una
reale unione con quello che egli venerava come suo antenato. L'antenato gli appariva non solo in
sogno, ma anche in un'immagine sognante che per la persona in questione possedeva carattere di
realtà. Si riunivano insieme in un unico culto degli antenati coloro ai quali appariva un antenato
comune. Ciò che gli uomini vedevano in spirito era veramente una figura umana salita a un livello
elevato; tuttavia dietro quella figura umana si celava ancora qualcosa di totalmente diverso.
Volendo conoscere che cosa si celasse veramente dietro quella figura spirituale, bisogna tener
presente che l'antenato era morto, che aveva abbandonato la Terra come persona assai rispettata
dopo aver operato molto per il bene di una comunità umana. L'antenato era passato attraverso la
porta della morte e dunque, quando gli uomini innalzavano a lui il loro sguardo, egli si trovava sulla
via tra la morte e una nuova nascita. Che cosa vedevano dell'antenato quegli uomini, quando
innalzavano a lui il loro sguardo?
Sappiamo bene che quando un uomo passa attraverso la porta della morte, rimane per breve tempo
ancora entro il suo corpo eterico; poi il corpo eterico viene deposto. Questo fatto significa però che
il corpo eterico passa nei mondi spirituali, nel mondo eterico. L'uomo continua a evolversi nell'io e
nel corpo astrale; il corpo eterico passa nel mondo eterico.
Dato che l'uomo in questione aveva svolto sulla Terra qualcosa di duraturo, la memoria del corpo
eterico rimaneva a lungo. Nella loro antica chiaroveggenza atavica sognante quelle persone
percepivano il corpo eterico del loro antenato, veneravano ciò che si rivelava loro attraverso quel
corpo eterico.
Ma tra la morte e una nuova nascita il corpo eterico viene in contatto con gli spiriti delle gerarchie
superiori, principalmente con gli spiriti della gerarchia delle archai, degli spiriti del tempo. Dato che
l'uomo preso in considerazione era stato una personalità importante per l'evoluzione dell'umanità,
egli si univa allo spirito del tempo che stava portando l'umanità un grado in avanti.
Quello che si manifestava attraverso questo spettro, diciamo così, dell'antenato, era
fondamentalmente lo spirito del tempo, uno degli spiriti del tempo, e quindi la venerazione dei più
antichi culti religiosi era offerta allo spirito del tempo.
Risalendo ai tempi che la storia presenta ancora come molto remoti, troviamo ovunque che gli
uomini veneravano i corpi eterici dei loro antenati come tramite per la rivelazione degli spiriti del
tempo. Risalendo dunque fino al culto degli antenati, abbiamo in realtà la venerazione degli spiriti
del tempo, delle archai.
Gli uomini continuarono poi a discendere e cominciarono a venerare le divinità che ci sono note
dalle diverse mitologie e da noi conosciute come arcangeli; lo stesso Zeus nella mitologia greca,
come altri, hanno il valore di apparizioni arcangeliche. Nei tempi più antichi gli uomini guardavano
su agli spiriti del tempo; poi innalzavano lo sguardo agli spiriti che non erano più spiriti del tempo,
ma spiriti dello stesso grado di quelli che sono anche le guide dei popoli, cioè gli arcangeli.
Possiamo quindi dire che il politeismo succede al culto degli avi, e gli uomini venerano gli
arcangeli.
Si arriva poi al tempo in cui gli uomini discendono ulteriormente, al tempo in cui a poco a poco
deve nascere l'io del singolo uomo. Troveremo allora che nazioni progredite relativamente presto,
altre più tardi (gli egizi ad esempio già nel secondo secolo, i popoli dell'Asia anteriore più tardi)
passano al monoteismo, vale a dire iniziano a venerare non più arcangeli ma angeli, ciascuno il
proprio angelo. Essi discendono dal superiore politeismo all'inferiore monoteismo. Dopo quanto è
stato esposto ieri non dovrà più sembrare strano quel che dirò adesso; si vedrà come gli uomini
debbano venir curati dell'orgoglio che permea tutta la scienza religiosa, dell'opinione secondo la
quale ciò che generalmente si chiama monoteismo debba guardare al politeismo come a una
religione subor-dinata. Non si tratta di questo infatti; le cose stanno proprio come sono state esposte
adesso.
Perché i popoli antichi potevano ancora venerare archai, arcangeli, angeli? Essi lo potevano perché
possedevano ancora un residuo o un'eco delle antiche ataviche capacità chiaroveggenti. Perciò essi
potevano elevarsi a ciò che era sovrumano; potevano per così dire sollevarsi al di sopra dell'umano,
elevarsi al sovrumano. Negli antichi misteri questo elevarsi al sovrumano veniva particolarmente
coltivato. Gli uomini venivano condotti a sviluppare ciò che usciva dai confini dell'umano,
permettendo all'anima di elevarsi al regno della spiritualità.
Venne poi il tempo in cui nacque per gli uomini l'io umano, come vive fra nascita e morte. Era
questo il periodo che coincide col mistero del Golgota. Se il mistero del Golgota non fosse
avvenuto, gli uomini sarebbero degenerati; sarebbero discesi dalla venerazione degli angeli alla
venerazione della gerarchia subito inferiore: all'uomo stesso. Ci basti ricordare come i cesari romani
si siano lasciati venerare quali dèi, come essi fossero ritenuti veramente dei dal popolo, e vedremo
dunque che al tempo del mistero del Golgota gli uomini erano tanto avanti nella loro degenerazione,
da non rivolgere più la loro preghiera ad archai, arcangeli o angeli, bensì all'uomo stesso. Era
dunque venuto il tempo in cui, per salvare gli uomini dal rivolgere la loro preghiera all'uomo
terreno, doveva apparire l'Uomo-Dio.

Il fatto che l'Uomo-Dio sia entrato nella storia, indica un modo essenzialmente nuovo di porsi nella
vita religiosa. Infatti dove è da ricercarsi la venerazione di angeli, arcangeli, archai, e infine anche la
venerazione dell'uomo, come per i cesari ro-mani? Nell'uomo stesso; poiché nessuno venerava i
cesari attraverso i cesari, ma naturalmente attraverso se stesso; la venerazione era sorta nell'uomo
stesso, scaturiva dall'anima umana. Il Cristo dovette entrare nell'evoluzione dell'umanità come fatto
storico, dovette venir percepito dall'esterno come un fenomeno di natura, dovette avvicinarsi agli
uomini per una via diversa da quella per la quale si erano avvicinati agli uomini gli dei delle antiche
religioni. « Dove due sono uniti nel mio nome, io sarò fra loro » è un assioma del cristianesimo; ciò
significa che se angeli, arcangeli, archai si potevano ancora incontrare sulla via della mistica
individuale, su quella via è impossibile trovare il Cristo. Chi desidera praticare un misticismo
individuale, come spesso viene descritto anche fra i teosofi, di regola non giunge che all'angelo; non
fa che interiorizzare maggiormente l'angelo, talvolta rendendolo perfino più egoistico di quanto non
facciano altre persone nei confronti del loro Dio. Il Cristo si trova in altro modo; non attraverso un
mero sviluppo dell'interiorità, ma rendendosi soprattutto coscienti che il Cristo appartiene alla
comunità umana, a tutta la comunità umana.
Giungiamo ora a un'importante differenziazione che, dobbiamo ammetterlo, viene accolta
nell'anima umana solo con grande difficoltà. È però assolutamente necessario sollevarsi al suo
livello. Quando durante la vita incontriamo un altro uomo, è nell'ambito della maja che noi, quali
uomini, stiamo di fronte all'altro essere umano. Proprio come dei fenomeni naturali abbiamo di
fronte soltanto la maja, così avviene anche per l'altro uomo di cui abbiamo dinanzi a noi soltanto la
maja. Nell'ambito della maja dunque quest'uomo ci sta di fronte, prima come appare quale persona
ai nostri sensi esteriori e a tutto ciò che si riconnette al mondo dei sensi; poi ci sta davanti quale
appartenente a una famiglia, a un popolo, al suo tempo. Se lo si abbracciasse con lo sguardo in
modo completo, si scorgerebbero dietro di lui l'angelo, l'arcangelo, l'arché; tutti però si esprimono
in quell'uomo. Proprio in virtù del fatto che arcangeli e archai stanno dietro di lui, l'uomo è inserito
quale membro in un determinato gruppo di uomini.
In altre parole, egli si trova così inserito nella linea ereditaria, nei rapporti ereditari. E solo per una
nostra limitatezza, umanamente comprensibile, che non giudichiamo sempre con coscienza l'essere
umano che abbiamo di fronte secondo questa sua appartenenza, perché inconsciamente noi lo
facciamo sempre. Senza averne coscienza noi ci stiamo reciprocamente di fronte in questa
differenziazione che di necessità deve venir introdotta nell'umanità attraverso queste tre gerarchie.
Ma il Cristo richiede di più; il Cristo richiede qualcos'altro. Il Cristo richiede in realtà questo:
quando incontri un uomo tu devi riguardarlo in modo da sentire che, in ciò che così ti appare nel
mondo esteriore, non risiede l'uomo completo; tu devi guardare quest'uomo in modo da sentire che
il suo essere reale non proviene soltanto da archai, arcangeli, angeli, bensì da spiriti superiori che
non appartengono più all'evoluzione terrestre e nemmeno all'evoluzione planetaria (che inizia con le
archai come sappiamo dalla Scienza occulta); devi sentire che l'essere dell'uomo proviene da
superiori spiriti celesti e che con esso entra nella maja qualcosa di soprannaturale.
Per comprendere appieno ciò che ho espresso ora, è necessario trasferire completamente nel
sentimento questo contenuto, ed evitare che rimanga un semplice concetto. Bisogna comprendere in
tutta chiarezza che con ogni uomo ci viene incontro qualcosa la cui natura è soprannaturale e tale da
non esser comprensibile con mezzi umani terreni. Allora ogni uomo si sentirà compenetrato da
un'intima venerazione nei confronti di tutto ciò che è umano. Ma prima del mistero del Golgota gli
uomini avevano gradualmente perduto questo elemento sovrumano ed erano discesi al livello
umano. Avevano perduto il sovrumano perché, nel momento in cui un uomo (si osservi bene questa
frase) quale cesare romano si fa adorare come una divinità, perde la sua umanità e sprofonda nel
sub-umano. Egli cessa di essere uomo quando si lascia adorare come qualcosa di sovrumano
nell'ambito della vita sociale. Gli uomini dunque erano sovrastati dalla minaccia di perdere la loro
umanità; essa fu resa loro dall'apparizione del Cristo sulla Terra. Si legga il ciclo di Karlsruhe * in
cui ho esposto come a ciascun uomo sia stato realmente comunicato qualcosa dal fatto che il Cristo
fu presente sulla Terra. L'evento del Cristo ha fatto sì che in ogni uomo terreno, anche se peccatore
o pubblicano (ed è per questo che il Cristo si associa a queste persone), si riconosca il Cristo che sta
dietro di lui, e insieme la verità delle parole: « Ciò che farai al più piccolo dei miei fratelli sarà
come fosse fatto a me ». Come ho detto, è necessario trasferire completamente questo concetto nella
sfera del nostro sentire, poiché solo allora ne conquisteremo la piena verità. Dinanzi a ciò che si
vede vengono infatti a cadere tutti i concetti e le rappresentazioni che separano gli uomini; qualcosa
di comune a tutti gli uomini aleggia come un'aura intorno alla Terra quando ci si convinca che non
basta spingere la nostra ricerca fino alle archai, ma è necessario pervenire a ciò che si trova al di
sopra delle archai, ogni qualvolta ci si trova di fronte a un altro uomo.
Se volgiamo ancora una volta lo sguardo agli antichi misteri, troveremo che in essi l'uomo cercava
di elevarsi al di sopra di se stesso per conseguire nella sua anima un'unione col mondo spirituale.
Tutto questo è possibile solo fino a un certo grado, in conseguenza del fatto che ebbe luogo la
tentazione luciferica. Nella sua ascesa l'umanità perse la possibilità di elevarsi ulteriormente. Non si
può portare più nulla su nei mondi superiori. Qual è la ragione di tutto ciò? Troveremo risposta a
questo quesito se avremo ben presente il significato più profondo della tentazione luciferica. Che
cosa vuole veramente Lucifero dall'umanità? Abbiamo spesso insistito su questo punto. L'umanità
vive nella maja, in ciò che è soltanto uno specchio del mondo e non il mondo reale. Ma che cosa
vuole allora Lucifero? In questo specchio l'uomo può elevarsi di alcuni gradi al di sopra di se stesso
fino all'arché. Per procedere ulteriormente nello spirituale deve poi esser accolto da Lucifero, deve
fare di Lucifero, che è la luce, la guida che può condurlo oltre. Se ci si fosse arrestati all'evoluzione
luciferica, se il Cristo non fosse entrato nell'evoluzione umana, dal tempo immediatamente
successivo al mistero del Golgota (supponendo che quest'ultimo non avesse avuto luogo), gli
uomini si sarebbero tanto evoluti nell'ambito dei misteri da avere una chiara percezione delle archai.
Ma poi sarebbero entrati nel mondo luciferico. Quindi sarebbe rimasto sulla Terra tutto ciò che fu
istituito da spiriti superiori, ad esempio dagli exusiai, entro l'evoluzione terrestre quale elemento
terrestre-umano, tutto ciò che sulla Terra è terrestre-umano. Gli uomini si sarebbero dunque
spiritualizzati in modo per così dire completamente ascetico, e in tale ascetica spiritualizzazione,
lasciando indietro la corporeità, sarebbero entrati nel mondo spirituale luciferico. Le anime umane
avrebbero trovato la loro salvazione, ma la Terra avrebbe perduto il suo scopo. I corpi non
avrebbero potuto rendere alle anime il servizio loro imposto. Nell'aver impedito una simile
eventualità è riposto il significato del mistero del Golgota.
Dobbiamo ora riguardare ancora una volta all'evoluzione precedente il mistero del Golgota, se
vogliamo comprendere bene questo problema. Dall'inizio dell'evoluzione terrestre, Lucifero aveva
l'intenzione di distaccare gli uomini dalla Terra, attirandoli su nei suoi regni spirituali. Lucifero non
aveva interesse per il resto dell'evoluzione terrestre; voleva soltanto avere per sé ciò che le divinità
superiori avevano posto nell'evoluzione con l'uomo. Questo egli voleva sottrarre, come anima,
all'evoluzione terrestre, dopo che avesse dimorato un certo tempo nella forma fisica conferita dagli
exusiai, dagli spiriti della forma. Egli voleva dunque condurre via le anime, abbandonando la Terra
al suo destino. Come mai nel tempo precedente il mistero del Golgota gli uomini non hanno seguito
l'impulso di Lucifero mirante a condurli in un mondo pieno di luce? Perché essi non seguirono
quell'impulso? Il perché di tutto questo si può desumere da alcuni accenni che ho già fatto anche qui
durante queste conferenze. Gli uomini non seguirono quell'impulso perché le divinità superiori
introdussero nell'evoluzione terrestre qualcosa che impedì all'uomo, vorrei dire, di divenire tanto
leggero nel corso della sua evoluzione da poter immediatamente seguire Lucifero.
Come ho già indicato, venne introdotto in antichi tempi nell'evoluzione terrestre ciò cui si dà il
nome di ottava sfera.
Uno degli aspetti di questa ottava sfera consiste nel fatto che l'uomo acquisisce un tale impulso e
una tale inclinazione verso la propria natura inferiore, che Lucifero non è in grado di estrarre da
quest'ultima la natura superiore. Ogni volta che in tempi antichi Lucifero fece il tentativo di
spiritualizzare gli uomini, questi erano troppo avvezzi alla carne per poterlo seguire. Se non
avessero avuto questa inclinazione per la natura fisica, la carne, gli uomini avrebbero seguito
Lucifero. È uno dei grandi misteri dell'esistenza cosmica che un elemento divino sia stato
effettivamente immesso nella natura umana, al fine di conferirle un peso maggiore di quello che
avrebbe avuto senza l'immissione di quell'elemento, divino e necessario. Senza l'introduzione di tale
elemento, le anime umane avrebbero seguito Lucifero. Se risaliamo ad antichi tempi troveremo
ovunque che le religioni facevano in modo che gli uomini venerassero ciò che è terrestre, ciò che
offre connessioni terrestri, ciò che vive nella carne e nel sangue, perché gli uomini fossero in tal
modo appesantiti tanto da non essere trascinati fuori nell'universo. Dato poi che per le cose
riguardanti sia l'elemento umano sia quello cosmico non bastano disposizioni sul piano umano ma
sono necessarie ovunque anche disposizioni sul piano cosmico, avvenne dunque ciò che si trova
descritto nella mia Scienza occulta, avvenne cioè che in un determinato momento fu non solo
conformata la Terra con la sua orbita intorno al Sole ma le venne anche assegnata la Luna in qualità
di satellite.
Che cosa significa dunque che la Terra abbia ricevuto la Luna come satellite? Dire che la Terra
ricevette la Luna come satellite non significa altro che questo: la Terra acquisì una forza tramite la
quale poter tenere la Luna nel proprio ambito, poter attrarre la Luna. Se la Terra non avesse ricevuto
questa forza di attrazione nei confronti della Luna, l'elemento spirituale correlativo di tale forza non
avrebbe vincolato l'uomo alla sua natura inferiore; riguardata infatti da un punto di vista spirituale,
la forza che lega gli uomini allo loro natura inferiore è la medesima mediante la quale la Terra
esercita attrazione sulla Luna. Pertanto possiamo dire: la Luna è posta nell'universo come
oppositrice di Lucifero, per ostacolare l'elemento luciferico. Ho già una volta accennato qui a
questo mistero *. Ho accennato al fatto che al tempo del materialismo del secolo dicannovesimo
questa verità fu assolutamente invertita nel libro di Sinnet * Buddismo esoterico: ivi la Luna veniva
descritta come qualcosa di ostile all'uomo. In verità, essa non gli è affatto ostile; gli impedisce anzi
di cadere vittima della tentazione luciferica, quale elemento correlativo di ciò che si presenta
all'uomo come adesione alla natura inferiore.
Per spiritualizzare la natura inferiore, non per strappare le anime dalla natura inferiore ma per
spiritualizzarla, era necessario disporre qualcosa che agisse nel subconscio. Se questo avesse avuto
luogo sul piano cosciente gli uomini sarebbero sprofondati al livello animale, avrebbero seguito
coscientemente la natura inferiore. Era necessario che nella natura inferiore vi fosse qualcosa di cui
l'uomo non avesse coscienza, che non seguisse coscientemente; era necessario che come uomo,
come essere sulla Terra, egli seguisse l'elemento divino che fluiva nella sua natura inferiore. Il Dio
dell'Antico Testamento, il Dio Jahve, aveva soprattutto il compito di trattenere l'uomo sulla Terra, e
pertanto Jahve è misteriosamente connesso alla Luna, così come è esposto nella mia Scienza
occulta.
Da quanto ho detto si può valutare quanto sia materialistico indicare la Luna precisamente come
l'ottava sfera, quando l'ottava sfera è la forza, la sfera che attrae la Luna. Anche la Blavatsky, nella
sua deviazione, ha sviluppato qualcosa di particolarmente maligno, presentando calunniosamente
nella Dottrina segreta il Dio-Jahve come una semplice divinità lunare e volendo mettere al posto di
questi Lucifero, rappresentandolo come amico dello spirito; esso lo è certamente, nel senso da me
esposto. Ella volle rappresentare il Dio-Jahve come il Dio della mera natura inferiore, mentre
proprio ciò che costituisce l'opposizione a Lucifero venne immesso nella natura inferiore.
Si vede dunque quanto sia pericoloso presentare delle verità che possono venir invertite nel loro
opposto. La Blavatsky subì la seduzione di determinati esseri che avevano interesse a condurla a
porre Lucifero al posto del Cristo; perché tutto questo fosse raggiunto si doveva introdurre nel
mondo il contrario della verità a proposito dell'ottava sfera e calunniare il Dio-Jahve, presentandolo
semplicemente come il Dio della natura inferiore. Così operarono nell'interesse del materialismo le
potenze cosmiche che vollero promuoverlo anche tramite ciò che si definiva teosofia; infatti il
materialismo sarebbe sprofondato nel peggiore degli abissi se gli uomini fossero giunti a credere
che la Luna fosse realmente l'ottava sfera, nel senso indicato dal Sinnet e dalla Blavatsky, e che il
cristianesimo dovesse essere assolutamente combattuto.
L'aver posto l'oppositore di Lucifero nella natura inferiore servì solo fino a che l'uomo non ebbe
sviluppato l'io, come avvenne al tempo del mistero del Golgota. Si sottovaluta veramente troppo il
grado di attutimento dell'io negli antichi tempi. L'io era attutito. Esso si presentò soltanto nei secoli
intorno al mistero del Golgota. Non fu più sufficiente l'aver posto solo nel subconscio, nella
subcosciente natura inferiore, l'oppositore di Lucifero; doveva ora venire qualcosa che l'uomo
potesse accogliere nella coscienza: il Cristo, che rappresenta l'ulteriore evoluzione del Dio-Jahve. Il
Cristo doveva venire affinché in modo ora cosciente, attraverso l'adesione al Cristo, l'uomo si
opponesse alla mera spiritualizzazione perseguita da Lucifero. Il Cristo è infatti disceso per tutti gli
uomini. Soltanto per il fatto di sentirci connessi con tutti gli uomini noi apparteniamo alla Terra;
realmente per questo motivo apparteniamo alla Terra. In questo legame con gli uomini e in ciò che
noi portiamo avanti per questo legame, per un legame completo e totale con gli uomini, in questo
dunque, risiede la più profonda comprensione per il Cristo.
Fintanto che gli uomini vissero con un io non ancora interamente sviluppato, prima del mistero del
Golgota, essi passavano nel mondo spirituale attraverso la porta della morte, entrando ivi in contatto
con angeli, arcangeli, archai. Ma dal momento che non avevano ancora sviluppato completamente
l'io qui sulla Terra, non avevano nemmeno bisogno, dopo aver passato la porta della morte, di
sviluppare un rapporto cosciente con le entità spirituali superiori. Tutto ciò era regolato dalle forze
ataviche presenti negli uomini. Ma a partire dal mistero del Golgota, e non a motivo di esso, ogni
cosa è diventata essenzialmente diversa per gli uomini. Basterà guardare noi stessi per vedere come
le cose siano mutate.
Un uomo passa attraverso la porta della morte, ed altri uomini anche passano attraverso la porta
della morte; oppure: un uomo attraversa la porta della morte ed altri rimangono qui sulla Terra.
L'uomo rimane però tale anche dopo aver attraversato la porta della morte, ed il nostro nesso con lui
non può cambiare, quanto si desideri rimanere con lui in una giusta connessione. Riflettiamo però
su questo fatto: ascendendo ai mondi spirituali, ora che viviamo in un tempo posteriore al mistero
del Golgota, l'uomo passa nella sua ascesa attraverso le gerarchie degli angeli, degli arcangeli, delle
archai; dato poi che si trova in un tempo in cui qui sulla Terra si è sviluppato il suo io, egli possiede
pure una coscienza per le altre gerarchie che si trovano al di sopra. Ciò significa che egli sviluppa
coscientemente le forze che sono fluite in lui da entità ancora superiori alle archai. Che cosa
significa tutto questo? Consideriamo un caso preciso, supponiamo che a qualcuno sia morta una
persona molto cara, e che egli sia rimasto in vita. La persona che è passata attraverso la porta della
morte, come sappiamo, mantiene per anni determinate inclinazioni e tendenze che le erano proprie
qui durante la vita; ma per il fatto di aver sviluppato come uomo un io qui sulla Terra, passando
attraverso la porta della morte qualcosa in lui si impegna subito coscientemente riguardo alla
prospettiva della successiva incarnazione. Questo avviene in modo decisivo nel momento che ho
indicato nei miei misteri drammatici * come la mezzanotte dell'esistenza; ma già qualcosa si
presenta alla coscienza umana dopo la morte, allorché l'uomo ha attraversato la porta della morte.
Quando un uomo si trova dunque in questa condizione, vive in lui qualcosa che lo allontana da tutto
ciò che gli era connaturato nell'ultima vita. Per esempio, nell'ultima incarnazione quell'uomo era
appartenuto a una determinata nazione. La persona che è rimasta in vita continua ad appartenere a
quella nazione entro il suo corpo fisico. Ma una forza appartenente a una nazione completamente
diversa prende possesso del disincarnato. Il legame tra il vivo e il defunto come può dunque essere
un legame reale che continua senza indebolirsi al di là della morte? Tutto questo è possibile se chi
rimane sulla Terra ha una comprensione per ciò che trascende angeli, arcangeli, archai, vale a dire
se si trascendono le inclinazioni che si possono sviluppare qui nell'ambito del proprio nesso con
gruppi di esseri umani. Se rimanesse qui sulla Terra una persona appartenente a un determinato
popolo ed a questa morisse qualcuno che già si prepara a diventare appartenente a un altro popolo, il
legame di amore con il defunto non potrebbe che esserne offuscato. Solo per il fatto che entrambi
questi uomini professino la propria fede nel Cristo e comprendano il Cristo in ciò che trascende
tutte le differenziazioni tra gli uomini, soltanto per questo il loro legame può avere carattere sopran-
naturale. Che cosa disse infatti Giovanni Battista quando il Cristo si presentò al battesimo? «
Vedete, ecco l'agnello di Dio che porta i peccati del mondo »; sono parole il cui pieno significato
dovrebbe far impallidire se lo si accogliesse in tutta la sua gravità.
Potrebbe sorgere questa domanda: perché il Cristo è stato vittorioso e non Mitra? Nel tempo in cui
il cristianesimo si diffuse da oriente verso occidente, il culto di Mitra si diffuse
contemporaneamente seguendo il corso del Danubio verso l'Europa occidentale, fino alla Francia e
alla Spagna. Ma il culto del Cristo riuscì vittorioso su quello di Mitra. Perché?
Il culto di Mitra si era sviluppato ascendendo al di sopra di angeli, arcangeli, archai, e tramite questa
ascesa voleva raggiungere la Luce del mondo, il Reggitore del mondo. Come si presenta al
contrario il Cristo? Il Cristo è colui che ha preso su di sé, per l'evoluzione della Terra, tutto ciò che
si lega ad angeli, arcangeli, archai, tutto ciò che incatena l'uomo alla Terra. Egli porta i peccati del
mondo, cioè quei peccati che sono entrati nel mondo attraverso le differenziazioni umane.
Il Cristo è un Essere di fronte al quale l'uomo deve dirsi: io appartengo a una singola comunità
umana; appartenendo a una singola comunità umana, a qualcosa cioè che si connette al terrestre, io
mi separo dal celeste. Pertanto può salvarmi solo un Essere che nulla abbia a che fare con le umane
differenziazioni. Solo comprendendo in me il Cristo, che mi guida oltre le differenziazioni terrene,
che mi insegna a sentire che è dolore, che è apportatore di morte ciò che è causato dalle
differenziazioni terrene, solo così posso ritrovare il legame con i mondi spirituali. Tutto ciò che si
era introdotto nell'umanità attraverso le differenziazioni è stato rimosso dall'umanità perché il Cristo
è entrato nel mondo. Pertanto il Cristo non poteva essere una divinità quale Mitra che guida gli
uomini al di sopra di se stessi, bensì il Dio che discese sulla Terra per liberarla dai peccati delle
differenziazioni. Mitra si slancia nel mondo con la spada in pugno per colpire a morte con essa la
natura inferiore; sotto di lui la natura inferiore soccombe. Il Cristo si presenta come l'Agnello di Dio
che prende su di sé la natura inferiore per redimerla.
C'è qualcosa di molto importante in questa similitudine, di infinitamente importante. Per questo
motivo il pensiero del Cristo non deve venir disgiunto dal pensiero della morte e della risurrezione.
Soltanto conoscendo che tutto quanto introduce l'uomo nella Terra è apportatore di morte, e
sapendo anche che nell'uomo non vi è soltanto ciò che lo introduce nell'atmosfera terrestre ma vi è
anche il Cristo a guidarlo di nuovo fuori da tutto questo (in Christo morimur), soltanto così
comprenderemo il Cristo, ci sapremo uniti a lui. Per questa ragione, mentre le rappresentazioni delle
divinità antiche offrivano l'immagine di entità trionfanti, il Cristo poteva soltanto rappresentare
l'unione dell'uomo con la sofferenza e con la morte, giacché Egli soffre tutto ciò che attraversa il
globo terrestre a motivo delle differenziazioni degli uomini. Perciò il Cristo diviene colui che guida
l'uomo attraverso la morte, che riconduce l'uomo nel mondo spirituale; ma per questa ragione Egli
diviene anche quell'essere spirituale cui l'uomo può avvicinarsi sulla Terra, oltrepassando la maja,
l'illusione. Dato che il Cristo è nato qui dal grembo della maja, noi dobbiamo avvicinarci a Lui
superando la maja; vale a dire appellandoci a Lui per tutto ciò che penetra nella maja, che non è
maja ma realtà superiore.
Sarà necessario ancora un lungo tempo qui sulla Terra, perché l'umanità si rivolga a questo culto del
Cristo; tuttavia si deve ricominciare a prendere sul serio il cristianesimo. Meno serio che mai è il
punto di vista dei teologi; essi infatti disputano spesso tra loro se il Cristo abbia o non abbia
compiuto dei miracoli, se abbia per esempio effettivamente cacciato i démoni per mezzo di un
miracolo. È del tutto superfluo discutere se il Cristo abbia cacciato i dèmoni, quando noi
impariamo, nelle condizioni giuste, a cacciare adesso i dèmoni la dove possiamo a tutta prima
cacciarli, quando impariamo a imitare i miracoli del Cristo. Abbiamo ancora scarse capacità (ed è il
destino, il karma del nostro tempo) di esorcizzare i dèmoni nel senso più alto, come era in grado di
fare l'antichità in virtù di forze ataviche. Tuttavia potremo cominciare a cacciare i dèmoni di cui ho
parlato ieri; quei dèmoni ci sono, ed è solo superstizione negativa ritenere che essi non esistano.
In che modo possiamo cacciarli? L'umanità si convincerà che essi saranno espulsi soltanto se ciò
che oggi non è un servizio sacro, diverrà sacro, cioè compenetrato dalla coscienza del Cristo. In
altre parole si vuol intendere un passaggio alla sacralità, se nelle azioni umane entrerà la coscienza
che il Cristo è ovunque dietro di noi, e che nel mondo devono compiersi soltanto le opere per le
quali il Cristo possa aiutare. Se infatti l'uomo compie qualcosa di diverso, il Cristo deve comunque
aiutarlo, e ciò significa che Egli viene continuamente crocifisso nelle azioni umane. La crocifissione
non è semplicemente un fatto singolo, bensì un fatto progressivo. Ogni volta che non espelliamo i
demoni mediante il contenuto della nostra anima, ogni volta che non riusciamo a render sacre le
azioni meccaniche esteriori, noi crocifiggiamo il Cristo. Questo deve essere il punto di partenza
della nostra educazione al vero cristianesimo. Quel che veniva praticato simbolicamente negli
antichi culti della cristianità deve afferrare il mondo intero; quel che si compiva soltanto sull'altare
deve ora afferrare il mondo intero. L'umanità deve imparare a trattare la natura come gli dei stessi
hanno trattato la natura; deve imparare a non costruire delle macchine in modo indifferente, bensì a
compiere ogni azione come un servizio divino, deve imparare a conferire carattere di sacralità ad
ogni cosa.
Un inizio è già possibile riguardo a diverse cose. Principalmente in due punti gli uomini possono
oggi iniziare a sviluppare questo carattere di sacralità. Il primo punto è quello dell'educazione e
dell'istruzione. Se considereremo ogni essere umano che entra nel mondo attraverso la nascita come
un essere che porta con sé la propria forza cristica, e avremo pertanto la giusta venerazione di fronte
al bambino che cresce; se conformeremo in tal senso tutta l'educazione e specialmente l'istruzione,
realizzando in essa un carattere di sacralità (di questo dovremo parlare una volta in modo più
preciso); se dunque realizzeremo questa sacralità vedendo nell'istruzione e nell'educazione un
servizio divino, facendone effettivamente un servizio divino, allora si comincerà a spiritualizzare
ciò che le religioni chiamano battesimo. Se cerchiamo di portare a coscienza quella che chiamiamo
la nostra conoscenza, in modo che quando la nostra anima si compenetra delle idee del mondo
spirituale, noi siamo coscienti che lo spirituale ci sta attraversando, che siamo uniti con esso; se
riguardiamo tutto questo come « comunione », se possiamo realizzare la vera conoscenza (« Il
pensiero è la vera comunione dell'umanità » sono parole espresse già nel 1887)* allora ciò che era il
sacramento simbolico dell'altare diventerà una generale esperienza sacramentale della conoscenza.
La cristizzazione degli uomini deve procedere in questa direzione. Si giungerà allora a riconoscere
che per tutto ciò che si riconnette al Cristo, ovunque nella vita, la realtà penetra effettivamente nella
maja; si giungerà a riconoscere che considerare la realtà secondo le concezioni propugnate dalla
scienza moderna è qualcosa di non cristiano, di profondamente non cristiano.
È veramente strano come gli uomini possano ritrovarsi tanto facilmente oggi in tutto quanto è non
cristiano, mentre riescono così poco a penetrare in tutto quanto si addice al cristianesimo del tempo
presente. E ancora poco quello che si vede agire contro il materialismo quasi scaturendo, potrei dire,
da un impulso oscuro; tuttavia qualcosa già si muove in questo senso. Si procede però su di una
falsa strada in quanto, anziché rivolgersi alla scienza dello spirito, ci si rivolge in modo confuso alle
antiche religioni.
…Se gli uomini volessero comprendere il Cristo nel modo da me indicato oggi (e se potremo
parlare qui ancora di frequente tratterò la materia più esaurientemente), se potessero comprendere il
Cristo, come si è mostrato oggi con i cenni più elementari, allora i sentimenti e le idee che si
sviluppano sul Cristo potrebbero veramente esser portati a tutti gli uomini, perché il Cristo non è
morto solo per chi si professa aderente a una confessione cristiana, ma è morto e risorto per tutti gli
uomini. Non dobbiamo collegare all'Essere-Cristo una determinata confessione religiosa, bensì ogni
confessione religiosa è da ricollegarsi al Cristo. Se gli uomini comprendessero come concepire il
Cristo nel modo indicato, il cristianesimo sarebbe diffuso su tutta la Terra. Infatti la rivelazione del
Cristo e la rivelazione di Gesù sono due cose diverse. Se andiamo come missionari in terre straniere
o anche presso gli uomini del nostro stesso paese, volendo forzarli al culto di Gesù nell'ambito di
una determinata confessione, essi non ci comprenderanno, dato che spesso le loro conoscenze sono
addirittura superiori a quelle offerte da questo o quel missionario. Vorrei sapere infatti che cosa
direbbe un turco se un moderno protestante volesse presentargli la concezione del Cristo che gli è
propria in qualità di moderno pastore protestante; la concezione del Cristo che, presso i moderni
pastori protestanti, tratta il problema dicendo più o meno che una volta vi fu un Socrate, e dopo di
lui un altro più grande: il Cristo, quell'uomo particolare, ma pur sempre uomo, e così via nel modo
confuso in cui i protestanti parlano oggi del Cristo. Il turco risponderebbe: vai raccontando queste
cose e vuoi essere cristiano? Leggi dunque il diciottesimo capitolo del Corano: vi troverai molto di
più sul Cristo di quanto tu non sappia raccontare! I turchi conoscono infatti molto di più del Cristo
di quanto non presentino al riguardo i moderni pastori protestanti, poiché nel Corano sono contenuti
più elementi relativi al Cristo; Egli vi è rappresentato come divinità assai più nella confessione
religiosa turca che in quella protestante. Tutte queste cose si ignorano semplicemente per il fatto che
non ci si dà la pena di leggere veramente i documenti religiosi e si pronunciano superficialmente
tante sciocchezze a proposito di tutte le possibili religioni.
La rivelazione di Gesù giungerà agli uomini nel modo giusto. Ma a questo dovranno arrivare gli
uomini stessi; vi arriveranno quando avranno attraversato il sufficiente numero di incarnazioni. Per
la rivelazione del Cristo ciascuno è maturo oggi, almeno fino a un certo grado. Questa differenza
deve essere fatta. Molte potenze sono però al lavoro per stroncare la reale manifestazione del Cristo
e anche la reale scienza dello spirito. Basta ricordare alcune delle cose da me dette negli ultimi
tempi a proposito delle diverse attività occulte che ho appunto caratterizzato.

Esercizio estrapolato dalla DECIMA CONFERENZA

Il Cristo richiede in realtà questo: quando incontri un uomo tu devi riguardarlo in modo da sentire
che, in ciò che così ti appare nel mondo esteriore, non risiede l'uomo completo; tu devi guardare
quest'uomo in modo da sentire che il suo essere reale non proviene soltanto da archai, arcangeli,
angeli, bensì da spiriti superiori che non appartengono più all'evoluzione terrestre e nemmeno
all'evoluzione planetaria (che inizia con le archai come sappiamo dalla Scienza occulta); devi
sentire che l'essere dell'uomo proviene da superiori spiriti celesti e che con esso entra nella maja
qualcosa di soprannaturale.
Per comprendere appieno ciò che ho espresso ora, è necessario trasferire completamente nel
sentimento questo contenuto, ed evitare che rimanga un semplice concetto. Bisogna comprendere in
tutta chiarezza che con ogni uomo ci viene incontro qualcosa la cui natura è soprannaturale e tale da
non esser comprensibile con mezzi umani terreni. Allora ogni uomo si sentirà compenetrato da
un'intima venerazione nei confronti di tutto ciò che è umano. Ma prima del mistero del Golgota gli
uomini avevano gradualmente perduto questo elemento sovrumano ed erano discesi al livello
umano. Avevano perduto il sovrumano perché, nel momento in cui un uomo (si osservi bene questa
frase) quale cesare romano si fa adorare come una divinità, perde la sua umanità e sprofonda nel
sub-umano.

PRINCIPI DI ETICA MEDICA


OO 316

CORSO DI PASOUA

Tratto dalla PRIMA CONFERENZA


Dornach, 21 aprile 1924

…Un partecipante chiede del corso dell'anno, del Calendario dell'anima* e di certe costellazioni.
Risposta: Intende l'osservazione delle costellazioni?
Non è necessaria, anche se può essere d'aiuto portare a coscienza le costellazioni che si possono
osservare. Ma se ho capito bene lei chiede che cosa in effetti avvenga quando facciamo agire
nell'anima le formule meditative che abbiamo ricevuto. Esse agiscono per propria forza mantrica e
sapersi orientare nel cielo visibile può essere certo d'aiuto, ma occorre riflettere su quanto segue.
Prendiamo ad esempio la correlazione umano-cosmica più evidente, ancor oggi sotto gli occhi di
tutti, vale a dire il ciclo mestruale. Nel suo ritmo esso mostra chiaramente di essere determinato dal
cosmo, ma non del momento attuale bensì di uno stadio molto anteriore dell'evoluzione cosmica a
cui prese parte la terra. In seguito esso si è chiuso in se stesso, si è emancipato dal cosmo esterno
così che ora non c'è più una dipendenza diretta.
Oggi non possiamo affermare l'equivalenza: fasi lunari = ciclo mestruale.
Possiamo invece dire che ci fu
un tempo in cui l'una e l'altro coincidevano, poi si sono separati e oggi il ciclo mestruale non è più
sincrono con le fasi lunari.

Ecco una prima separazione. Abbiamo poi un ciclo che non si collega alle grandi fasi lunari ma alle
fasi giornaliere, vale a dire del mare. Un tempo il ritmo di flusso e riflusso della marea era
perfettamente sincrono con il ciclo lunare. Anche qui è avvenuta una separazione: la luna va per
conto suo, le marce pure. Questi processi sono determinanti anche per l'azione dei testi mantrici.
Quello che avviene nell'uomo tramite il mantram era un tempo identico al processo cosmico; poi
avvenne una separazione e ora bisogna ritrovare il giusto orientamento. Chi cerca un appoggio
all'esterno deve dirsi in primo luogo: quello che deve avvenire nell'interiorità è scritto nel cosmo.
Riflettendo bene, bisogna sapersi rendere interiormente indipendenti dal processo cosmico,
sperimentandolo in se stessi emancipati dal cosmo. Non è dunque indispensabile tenere conto delle
costellazioni per meditare un mantram. Come il ciclo mestruale non può venir regolato dalle fasi
lunari perché è divenuto un processo naturale, così il processo interiore determinato dai mantram
deve fluire svincolato dal cosmo esterno. È la differenza tra esoterismo occidentale e orientale,
come ebbi già spesso modo di dire. L'orientale parte da questo punto di vista: l'uomo è nato dal
cosmo e deve ritornarvi, deve ricongiungersi al cosmo. Pensiamo alla posizione del Buddha che è
un ritorno a condizioni precedenti: risulta dall'incrocio delle gambe, dall'esclusione delle membra.
Anche la posizione delle braccia è tale da inibire il contatto con la terra. Ciò che si è emancipato dal
cosmo viene inibito, e l'uomo torna a inserirsi nel cosmo, torna indietro. Così tutto l'esoterismo
orientale è un tornare indietro. Per noi occidentali invece l'esoterismo può essere solo un procedere
in avanti, una crescente emancipazione. Per questo esso non è interiormente comodo, soprattutto se
applicato a campi specifici di attività.

SCIENZA INIZIATICA
E CONOSCENZA STELLARE
OO228

Tratto dalla PRIMA CONFERENZA


Stoccarda, 14 settembre 1923

…"Cerchiamo dunque di approfondire un po' di più questo vitale aspetto dell'evoluzione umana -
l'evoluzione della coscienza. Quando consideriamo la coscienza dell'uomo come è oggi dobbiamo
fare certe distinzioni. Nella nostra usuale condizione di veglia, quale la conosciamo col risveglio al
mattino fino all'ora in cui cadiamo addormentati, sviluppiamo una chiara e luminosa vita di idee che
crescono nella nostra vita di sentimento come i fiori sbocciano dalla pianta. Oltre a questa chiara e
luminosa vita di idee c'è una altra condizione che non diventa mai sufficientemente chiara, ma è più
o meno inconscia, oscura, che interiormente sorge e ondeggia. Anche più profondo dei sentimenti,
che, dopo tutto, stimolano abbastanza direttamente la nostra vita di pensiero e di idea - molto più
profondo nel nostro essere, c'è il nostro sorgente volere. E io ho spesso descritto agli antroposofi
come in questo volere l'uomo è, strettamente parlando, dormiente, anche durante il suo stato di
veglia. Non sperimentiamo mai, nella condizione di veglia della nostra coscienza attuale, ciò che
vive nel nostro volere.
Abbiamo un'idea di essere andati a fare questo o quello, ma in questo non vi è ancora il volere - solo
l'intenzione di volere racchiusa nell'idea. Poi l'intenzione sprofonda nelle profondità dell'essere
umano, delle quali la sua coscienza non ha un'idea più chiara di quella che ha durante il sonno senza
sogni. Essa poi emerge come volere visto nell'azione delle nostre braccia e mani, gambe e piedi;
nell'attività noi ci esercitiamo sugli oggetti nel mondo esteriore. Quindi ogni volta che noi agiamo
attraverso il volere con il nostro proprio corpo, o per operare qualche cambiamento nel mondo
esteriore, diventiamo coscienti di questo attraverso le nostre idee - idee che posseggono anche
alcune coloriture di sentimento. La nostra abituale coscienza percepisce solo l'inizio e la fine del
volere, l'intenzione sotto forma di idea, e poi ancora, pure in forma di idea, la coscienza osserva i
nostri propri movimenti, quelli del mondo esteriore che sorgono da tali intenzioni.
Tutto questo resta (come le nostre intenzioni si trasferiscono, tramite l'anima, nel nostro organismo,
come l'anima desta il calore fisico, il movimento del sangue e dei muscoli che poi produce un atto
di volere) tra tutto quello di cui siamo inconsapevoli, come lo sono gli eventi che accadono nel
sonno senza sogni.
Se noi veramente cominciamo a osservare ciò che accade, dobbiamo dire che siamo realmente
consapevoli nelle nostre idee (la nostra vita concettuale), sogniamo nel nostro sentire e dormiamo
nel nostro volere. La nostra conoscenza di questo volere è proprio come l'esperienza di risvegliarsi
al mattino e accorgersi che il nostro organismo si è ristorato e ha recuperato vigore. Noi percepiamo
gli effetti del sonno quando siamo svegli. Similmente, abbiamo l'intuizione di compiere qualche atto
di volontà, lo trasmettiamo inconsciamente al nostro organismo dove, come nel sonno, entra in
attività e agisce, e noi ancora ci rianimiamo con la nostra azione e vediamo il risultato di ciò che è
stato operato in noi, del quale siamo rimasti piuttosto inconsapevoli. Tale, delineata brevemente, è
l'esperienza dell'uomo nel suo essere sveglio, sognante e dormiente. Dopotutto i sogni che abbiamo
quando dormiamo hanno una relazione assai tenue con le nostre idee.
Ubbidiscono a leggi assai diverse da quelle logiche della nostra vita concettuale. Ma se osserviamo
veramente le cose da vicino, dobbiamo notare che lo svolgersi del nostro sognare, con la sua
meravigliosa drammatica qualità che è così spesso tipica dei sogni, manifesta una straordinaria e
stretta somiglianza con la nostra vita di sentimento, so nella nostra vita di veglia fossimo capaci di
sentire, questi sentimenti non sarebbero, è vero, proprio come le immagini dei nostri sogni. Ma il
tono drammatico, le tensioni, i desideri impulsivi e le crisi della via interiore, con le loro burrasche
di emozioni, si mostrano nei nostri sentimenti cosi vagamente, o, se preferite, cosi indefiniti, come
sono; nostri sogni. Con questa differenza: che la base del sogno sta nelle immagini, mentre i nostri
sogni vivono in quelle esperienze peculiari che descriviamo in termini di vita interiore. Quindi
nell'attuale stato della coscienza umana possiamo includere i nostri sentimenti e l'attuale sognare
come parte di uno stato onirico, e nello stesso modo includere il nostro volere e il sonno senza sogni
come parte di uno stato di sonno. Dobbiamo tuttavia comprendere che ciò che abbiamo ora descritto
come qualità basilare della nostra coscienza diurna è passato attraverso un processo di evoluzione in
un periodo relativamente recente, del quale non possediamo ancora molte informazioni nella nostra
epoca materialistica. Ma non comprenderete quei documenti che ci sono rimasti del pensiero
umano, anche dei primi secoli cristiani, se non afferrerete che l'attività interiore degli uomini in quei
giorni era assai differente da quella che vive nelle nostre anime oggi come attività di pensiero. In
particolare sarebbe un totale errore psicologico cercare di comprendere l'opera di Scoto Erigena "De
Divisione Natura", scritta nel IX secolo, per es., o i più antichi scritti di alchimia, con l'intelletto
concettuale che oggi abbiamo raggiunto. Non possiamo semplicemente comprendere da cosa essi
erano guidati se impieghiamo il nostro moderno genere di pensare. Possiamo leggere le parole, ma
non possiamo afferrarne il significato. Il pensiero umano dal XV secolo ha acquistato un carattere
particolare che può essersi sviluppo solo lentamente, ma ha più o meno già raggiunto il suo punto
culminante. Già questo modo di pensare, che rappresenta l'odierna condizione di veglia per l'uomo
modemo, non è realmente capace di dargli una qualche soddisfazione.
… Ora mentre il sole percorre il suo cammino attraverso il cosmo, sia durante il giorno, sia durante
un anno, una certa particolare ombra è proiettata al disotto di ogni pietra, e il sentiero del sole può
essere tracciato seguendo l'ombra nel suo cambiamento nel corso del giorno e dell'anno.

Noi oggi siamo ancora sensibili alla luce, specialmente se la luce è associata al calore e il calore alla
luce. La nostra coscienza diurna può naturalmente osservare la differenza tra la luce dell'estate e il
sole invernale, poiché c'è caldo in estate e freddo in inverno, e noi possiamo notare anche differenze
più sottili. Ma, vedete, le stesse differenze che possiamo notare in modo cosi ovvio nella luce,
quando siamo accaldati o raffreddati, possono altresì essere percepite nell'ombra. C'è una differenza
tra il sole di ottobre e quello di luglio - agosto, non solo nella direzione, ma nella qualità dell'ombra.
Uno dei doveri dei druidi era di sviluppare una speciale facoltà per percepire le qualità dell'ombra,
per percepire, per cosi dire, il particolare stemperarsi della sfumatura rossa
nell’ombra di agosto o quella blu in quella di novembre o dicembre. Quindi i Druidi erano capaci,
con la preparazione ricevuta, di leggere il corso del sole diurno e annuale nelle ombre. Noi
possiamo ancora vedere da queste rovine che uno dei compiti che si erano assunti era qualcosa del
genere. C'erano ancora molte altre cose che appartenevano a questo culto: un rituale solare che,
pertanto, non era affatto un 'astrazione, neppure l'astrazione che intravediamo nella devozione e il
rispetto.
Senza sottovalutare la devozione e il rispetto, sarebbe un grossolano errore ritenerlo. Ma devozione
e rispetto non erano l' essenziale in questo caso, poiché il culto include qualcosa di assai differente.
Prendete il chicco di frumento o di segala. Deve essere piantato nella Terra in un particolare
momento dell'anno, ed è una cattiva cosa per lui essere piantato in un momento inappropriato.
Chiunque abbia una esatta conoscenza di queste cose è assai conscio che c'è una differenza se il
seme è piantato alcuni giorni prima e dopo. Ci sono altre cose del genere nella vita umana. I popoli
che vivevano circa 3000 anni fa nella regione dove fiori il culto druídico conducevano una vita
estremamente semplice. Agricoltura e allevamento del bestiame erano le principali occupazioni. Ma
noi possiamo chiedere come essi giunsero a conoscere quando seminare e raccogliere nel modo
migliore, o quando dovevano attendere alle molte altre occupazioni che la Natura richiede nel corso
dell'anno. Oggidì naturalmente abbiamo i calendari agricoli che ricordano al fattore che in questo o
quel giorno deve essere compiuto questo o quel lavoro, e glielo ricordano assai intelligentemente.
Ai giorni nostri, con il nostro tipo di coscienza, questa informazione può essere catalogata e letta
dalla pagina stampata. Noi non ci pensiamo, ma resta il fatto che nei giorni in cui fioriva la religione
druidica non vi era nulla del genere, nemmeno la più primitiva forma di lettura e scrittura. D'altro
canto, potendo stare in uno di questi circoli di pietre a osservare le ombre, i Druidi potevano
annunciare, per es., che durante la successiva settimana gli agricoltori dovevano intraprendere
questo o quel lavoro, o che i tori dovevano essere introdotti nella stalla poiché era il momento
giusto per l'accoppiamento delle giovenche.
I Druidi si erano attrezzati per leggere nel Cosmo, essi usavano i segni prodotti da questi
monumenti dei quali noi abbiamo oggi così scarse rovine, e leggevano da questi l'informazione che
il Sole dava loro circa quello che doveva essere fatto sulla Terra.
La costituzione animica era in effetti assai differente, e sarebbe una grossa presunzione da parte
nostra, solo perché siamo un po' capaci di leggere e scrivere, sottovalutare l'arte che rendeva
possibile guidare le attività richieste sulla terra attraverso le rivelazioni dei cieli. In luoghi come
Penmaenmawr siamo obbligati a richiamare alla memoria anche molte altre cose, sulle quali la
Scienza dello Spirito è particolarmente qualificata a fare ricerche.
• Ho spesso sottolineato in ambienti antroposofici come i pensieri ordinari siano inadeguati ad
afferrare ciò che la Scienza dello Spirito può investigare e come dobbiamo invece creare in
immaginazioni. Presumo che tutti voi conosciate ciò che affermai circa le immaginazioni nel mio
libro "L 'iniziazione". Sono queste immaginazioni e non le nostre usuali idee che dobbiamo
risvegliare nei nostri cuori quando dobbiamo descrivere cose sulla base di certa immediata
osservazione spirituale e non dell' esteriore percezione sensoria. Le informazioni genuinamente
scientifico-spirituali che vi sono state date nelle nostre conferenze antroposofiche hanno origine da
immaginazioni di tale genere.
Quindi queste immaginazioni sono assai più vive dell'usuale pensiero astratto che non ci può dare
nessun indizio su ciò che è reale, ma solo immagini. Le immaginazioni, d'altro canto, possono
essere afferrate da un pensare attivo, proprio come possiamo afferrare tavoli o sedie.
Siamo assai più vigorosamente permeati dalle realtà quando la nostra conoscenza viene dalle
immaginazioni e non da concetti astratti. Chiunque parla sulla base di immaginazioni ha sempre
davanti a lui qualcosa come uno scritto, ma non quei terribili segni astratti che costituiscono i nostri
scritti, ma immaginazioni cosmiche. Quindi quale è la posizione rispetto a queste immaginazioni
qui nella nostra regione? Chiunque lo sappia sa anche che è notevolmente facile raggiungerle, assai
facile formarle. Se ha senso di responsabilità quando sta descrivendo qualcosa attraverso la scienza
dello Spirito, egli permetterà a queste immaginazioni di fare effetto - cioè inscriverle nello Spirito -
solo quando le ha notevolmente soppesate e saggiate minuziosamente. Nessuno che parli del mondo
spirituale con un pieno senso di responsabilità, linguaggio agevole. Ciononostante possiamo dire
che in una regione come la nostra qui è relativamente facile inscrivere queste immaginazioni, ma
esse vengono cancellate altrettanto facilmente. Se in regioni come questa creiamo un contenuto
spirituale in immaginazioni -io non saprei spiegarvelo in altro modo - troviamo che è come scrivere
qualcosa e immediatamente dopo cancellarlo. Ma qui nel Galles, dove la terra e il mare si
incontrano e le maree fluiscono e defluiscono ogni giorno, dove il vento vi soffia attraverso - per
esempio nell'hotel dove eravamo alloggiati voi non avreste solo sentito il vento fischiare nelle
finestre, ma quando si camminava sul tappeto era come camminare su un mare tempestoso perché
il vento soffiava sotto il tappeto - dove per giunta la Natura è cosi piena di vita e cosi gioiosa nella
sua vita che voi potete notare almeno ogni ora l'alternarsi di pioggia e sereno, poi voi riuscite
realmente a vedere come la Natura si rivelava ai sacerdoti Druidi - o potrei dire ai Druidi
acculturati, che è la stessa cosa - quando osservavano dall'altezze delle loro montagne.
Come appariva poi la Terra all'occhio spirituale del Druido quando i cieli avevano il carattere che
ho ora descritto? Questa è una cosa veramente interessante da osservare, che comprenderete
pienamente solo se potete afferrare la particolare qualità geografica del luogo.
Se desiderate costruire immaginazioni, li dovete esercitarvi assai più vigorosamente di quanto non
dobbiate fare per esempio qui. Li è assai più difficile discernere nell'atmosfera astrale. D'altro canto
sono assai più permanenti e non è così facile cancellarle. Voi comprenderete come questi antichi
Druidi scelsero per i loro più importanti centri cultuali, proprio questi luoghi nei quali lo spirituale,
nel modo in cui si avvicina all'umanità, si esprime fino a un certo grado nella qualità stessa del
luogo medesimo.
In queste cinte druidiche che visitammo - bene, se ci fossi andato in pallone e avessi guardato giù ai
cerchi grandi e piccoli, poiché essi sono a una certa distanza della quale non potete rendervi conto
di cosa si tratta se non a una certa altezza al disopra di quelli - i cerchi mi sarebbero apparsi come la
pianta del Goetheanum che è stato distrutto dal fuoco. E' un luogo meravigliosamente situato!
Quando vi innalzate alle altezze, avete ampie panoramiche sulla terra e sul mare. Poi raggiungete la
cima e le cinte druidiche si trovano davanti a voi - qui dove la collina è scavata, in modo che vi
trovate in un anello di colline, e all'intorno si trovano i cerchi druidici. Era qui che i Druidi
cercarono la loro scienza, la loro conoscenza, la loro saggezza, qui cercarono la loro saggezza solare
ma anche la loro saggezza della natura. Quando i Druidi penetrarono nelle relazioni tra ciò che
videro sulla terra e ciò che fluiva dai cieli, videro l'intero processo della crescita vegetale in modo
assai differente da come può apparire all'astratto pensiero dei nostri giorni. Se noi potessimo
afferrare realmente la vera qualità del sole, da una parte i raggi fisici che entrano nei nostri occhi,
dall'altra le ombre con le loro varie gradazioni, arriveremmo a comprendere che l'essenza spirituale
del sole vive nella varia gradazione dell'ombra.
L'ombra impedisce ai raggi fisici del sole di raggiungere altri corpi, mentre lo spirituale vi passa
attraverso, nei cromlech che vi ho descritto veniva creato un piccolo ambito oscuro.

Ma era solo la luce fisica del sole che non vi poteva penetrare, la sua attività vi penetra, e il Druido,
poiché gradualmente attraverso la sua preparazione giungeva a essere permeato dalle forze segrete
dell'esistenza cosmica, entrava nei segreti del mondo. Quindi, per es. gli erano rivelate le azioni del
sole sui vegetali, egli poteva notare che un particolare tipo di vita vegetale fiorisce in un dato
tempo, quando il sole è attivo in un modo particolare. Poteva seguire l'attività del sole e vedere
come spinge e fluisce nei fiori, foglie e radici, e poteva fare lo stesso con gli animali. E mentre
quindi era capace interiormente d’osservare l'attività del sole, cominciò anche a notare come altre
attività del cosmo, per es. quelle della Luna, vi si riversino. Potete notare che gli effetti del sole
sono di favorire la crescita vegetale, con una tendenza ascendente, ed essi sapevano che se una
pianta che cresce dal suolo fosse esclusivamente esposta agli effetti del sole, essa crescerebbe senza
fine. Il sole provoca una vita lussureggiante, germogliante. Se questa vita viene trattenuta e
conformata, se foglie, fiori, semi e frutti assumono una specifica forma, se quanto irradia attraverso
l'infinito viene variamente limitato - tutto ciò ha origine dalle attività della Luna. Queste possono
essere rintracciate non soltanto nella luce riflessa dal sole, poiché la Luna riflette tutte le influenze,
ma di più, gli effetti della sua rotazione possono essere rintracciati nella crescita della pianta dalla
radice e anche in ciò che vive nella sessualità animale e così via.
Facciamo un particolare esempio. Il Druido osservava la pianta che cresceva, la osservava in modo
assai più vivente di quanto, più tardi, Goethe fece astrattamente nella sua idea di metamorfosi. Il
Druido vedeva le forze solari fluire giù, ma anche le stesse forze riflesse in ciò che dà alla pianta la
sua forma. Nella sua scienza naturale vide le attività combinate del sole e della Luna in ogni singola
pianta e animale.
Poteva percepire l'azione del sole e della luna nella radice, che è interamente all'interno della Terra
e ha la funzione di assorbire i sali della Terra in modo particolare. Poté notare che l'azione del sole e
della luna era assai differente sulla foglia che si strappa dalla Terra e penetra nell'aria. Ancora,
vedeva una attività differente nel fiore, che si spinge verso la luce del sole. Poté osservare come
unitaria l'attività del sole e della luna, mediate dall'attività della Terra. Per il Druido la crescita delle
piante e l'essere dell'animale erano unità. Ovviamente la loro vita era proprio come noi la
sperimentiamo, con i venti che soffiano all'intorno, e che possono rivelare così tanto sulla struttura
della regione, con le peculiari condizioni atmosferiche che si manifestano cosi vividamente in quel
luogo. Quindi, per esempio, all'inizio di un nostro spettacolo di Euritmia, che avvenne in una sala di
legno, gli ascoltatori si sedettero con i loro ombrelli, poiché proprio prima dello spettacolo c'era
stato un violento temporale che durava ancora quando lo spettacolo cominciò. Le tende erano
notevolmente umide! Questa intima associazione con la Natura che oggi può essere ancora
sperimentata era ovviamente percepita anche dai Druidi. La natura li non è così violenta, si può
pressoché abbracciare. E' realmente una esperienza deliziosa. Dovrei quasi dire che si è guidati e
accompagnati dall'attività della Natura, pure di essere parte di lei. Io incontrai anche persone che
sostenevano che qui non era veramente necessario mangiare, che ci si poteva nutrire di questa
attività della Natura. Il Druido, allora, viveva con la sua iniziazione solare all'interno dell'attività
della Natura, e percepiva l'unità che vi ho descritto, il sole e la luna mediati attraverso l'attività della
Terra, la crescita vegetale della radice, delle foglie e del fiore, e tutto questo non in forma di leggi
astratte come oggi, ma di viventi esseri elementari. Differenti esseri elementari del sole e della luna
erano attivi nella radice, nella foglia e nel fiore. I Druidi poterono seguire anche nei più ampi regni
di natura ciò che è così beneficamente differenziato nella radice, foglie e fiore. Attraverso questi
doni immaginativi il Druido poteva vedere i piccoli esseri elementari ristretti negli esigui limiti
nella radice, e conosceva che ciò che vive in forma benefica nella radice può liberata e espandersi
nel gigantesco.
Quindi vedeva le attività su larga scala della Natura come le piccole attività delle piante elevate a un
potere gigantesco.
'Proprio come avrebbe parlato di esseri elementari nella radice della pianta, avrebbe anche parlato di
tali esseri -radice come espandentesi in un irregolare modo cosmico e manifestantisi nella
formazione della brina, rugiada e grandine, da una parte egli parlava di esseri - radice
che erano beneficamente attivi, e dall’altra dei giganti della brina che erano questi esseri-radice
cresciuti su scala gigantesca. Ancora parlava dell' attività elementare nelle foglie, che si permeava
con le forze dell’aria, - egli la ritrovava nei vasti spazi naturali, e quindi diceva che se ciò che vive
nella foglia si libera e lotta oltre i suoi propri limiti nella vastità della natura, si manifesta nel
sorgere dei venti. I giganti del vento e della tempesta sono gli esseri elementari della pianta
cresciuta oltre la sua taglia. E l'elemento che è distillato nel fiore e incontra la luce solare, e produce
nel fiore gli oli eterici con le loro qualità fosforiche
- se ciò viene liberato, si manifesta come giganti del fuoco, ai quali, per es, appartiene Loki. In
questa scienza del sole e della luna, pertanto, il Druido vedeva come una unità sia ciò che vive in
uno spazio ristretto, sia ciò che si libera e vive nel vento e nell'atmosfera. Ma c'è dell'altro.
Il Druido si diceva: quando ciò che vive nella radice, foglie e fiore è trattenuto nei limiti desiderabili
da buoni Dei, ne risulta la normale crescita vegetale. Se appare nella bianca brina, questa è opera di
esseri oppositori: poichè gli esseri elementari, cresciuti in poteri di opposizione, creano i dannosi e
devastanti aspetti della natura. Ora, come essere umano posso fare uso delle attività devastanti degli
esseri che sono gli oppositori degli Dei, posso radunare la brina in certi modi, e gli effetti della
tempesta e qualsiasi cosa può venire raggiunta col sorgere del vento e della pioggia. Posso fare uso
delle forze giganti per i miei scopi attraverso la combustione delle piante, per esempio, riducendole
a cenere, a carbone e cosi via. Posso prendere queste forze, e usare la brina, grandine e pioggia e
altre tali cose, o ciò che controllano i giganti del fuoco - cose che sono espressione di forze che sono
cresciute a dannosa vastità, posso proteggere la normale crescita delle piante. Posso derubare i
giganti di tutto questo e posso trattare le normali piante con questo, e applicando queste forze delle
potenze opposte possono creare medicine dalle buone forze elementari che sono rimaste nei loro
propri limiti. E questo era in effetti uno dei modi di trarre medicinali dalle piante, impiegando brina
e neve e ghiaccio o con l'uso della calcinazione e incinerazione. Il Druido sentiva come proprio
compito catturare tutto ciò che era dannoso a causa dei giganteschi poteri oppositori e riequilibrarlo
al servizio dei buoni Dei.
Possiamo descrivere tutto ciò in molti differenti modi. Ora, perché abbiamo dedicato tempo a
questo? Desidero usarli come esempio - e giudico questo particolarmente importante poiché penso
che veramente il ciclo di conferenze di Penmaenmawr era un evento importante nella storia del
Movimento Antroposofico - mostrare come la coscienza umana e la sua complessiva costituzione
animica era assai differente in un tempo non troppo distante dal nostro. Con l'odierna coscienza
l'uomo non può comprendere ciò che viveva nella coscienza di questa antica umanità. E ciò che ho
descritto di questa antica umanità può essere benissimo detto di altri popoli. Qui intravediamo di
sfuggita una costituzione animica assai differente. Gli uomini di quei giorni non avevano idea di ciò
che noi sperimentiamo come pensieri astratti. Tutto il loro pensare era più sognante, ed essi non
vivevano all'interno di idee così fortemente delineate e concetti come facevano oggi. Essi vivevano
in sogni che erano assai più vividi e vivi, pieni di contenuto, e veramente la loro vita di veglia era
realmente una continuazione del loro sognare. Proprio come oggidì viviamo in una alternanza di
sogni o sonno e le idee astratte della nostra vita di veglia, così essi attraversavano questa vita
sognante diurna e un sonno senza sogni che non era così totale come il nostro. Quando si
svegliavano sentivano che rimaneva ancora qualcosa del sonno - qualcosa che rappresentava una
sorta di nutrimento per l'anima, che avevano assorbito durante la notte e che potevano ancora
sentire, veramente potevano assaporare.
In quei giorni gli uomini sentivano il retrogusto del sonno nel loro intero organismo. Questa era una
terza condizione che non avviene più nella coscienza umana, un sentimento di essere circondati
dalla Terra, e quando un uomo si svegliava sentiva non solo che aveva dormito - da cui tratteneva
un retrogusto - ma che era stato ricevuto in una specie di tomba dalla forze di gravità, che la gravità
lo aveva racchiuso in sé, ed egli era, per così dire, all'interno dell'abbraccio della Terra. Ora, proprio
come noi possiamo descrivere gli attuali stati di coscienza come veglia, sogno e sonno, così
dobbiamo dire che in un certo momento nel passato c'erano i tre stati di sogno, sonno e essere
circondati dalla Terra. Poiché ogni cosa che evolve nel corso della storia ha una certa sorta di
relazione con il presente, troviamo anime umane nelle quali, durante una successiva vita terrestre, fa
una particolare apparizione, come una genuina memoria dei tempi precedenti, qualcosa di connesso
con la loro precedente vita terrestre. Gli uomini come questi mostrano ciò che per il loro tempo è
anormale, ma che è una memoria vivente nelle loro anime. Esempi simili furono Jacob Boehme e
Swedenborg, e in tali spiriti qualcosa di connesso con l'evoluzione umana riluce nell'umanità
contemporanea da un passato assai lontano. Domani vi parlerò della speciale qualità di visione di
Boehme e Swedenborg, questo ci aiuterà a comprendere il passato dell'umanità e anche i tre futuri
stati di coscienza.

Tratto dalla SECONDA CONFERENZA


Stoccarda, 15 settembre 1923

…Lo sviluppo al quale mi riferisco è connesso con la graduale evoluzione della coscienza umana.
…Gli stati di coscienza che ci sono familiari - veglia, sogno e sonno - sono validi solo per il
presente - che può estendersi per centinaia o migliaia di anni, ma da un punto di vista storico è
ancora il presente. Se indietreggiamo ai più antichi periodi dell'evoluzione umana non troviamo più
la condizione di veglia di oggi, con i suoi concetti logicamente coordinati. Più lontani andiamo e
meno troviamo questa coscienza logica, che appare in pieno sviluppo solo durante i secoli XIV e
XV, sebbene sia iniziata nel periodo più tardo
…Uno dei modi in cui questo umore si espresse fu attraverso il sentimento che c'era stata una
"caduta dell'uomo". Questa idea sorse dal cambiamento avvenuto nella coscienza umana. Gli
uomini sentivano che erano stati sospinti fuori dal mondo spirituale e che la ragione di questo
doveva risiedere in un certo errore originario. Così in una particolare epoca il concetto di peccato
originale, della caduta dell'uomo, si delineò nella coscienza umana. Se comprendiamo le
metamorfosi nella coscienza umana dal passato attraverso il presente e verso il futuro, dobbiamo
anche essere capaci di comprendere come sorse questo concetto di peccato originale, di preistorica
caduta dell'uomo.
E nello stesso tempo quando questo sentimento sorse nell'uomo, non c'era bisogno di qualche grigia
teoria, ma di parole che potessero recare un potere risanatore alle anime bisognose di conforto.
Coloro che ho spesso descritto come guide dell'umanità negli antichi centri delle religioni e dei
rituali, nei Misteri, - che possono essere visti sorgere nel periodo particolare approssimativamente
coincidente con l'antica cultura Persiana e la antica cultura Caldea nel vicino oriente - i sacerdoti, i
grandi consolatori dell'umanità, fornivano un tale conforto. Un conforto fluiva da loro e dai Misteri
che celebravano, e veramente la coscienza umana in quel tempo aveva un gran bisogno di
essere consolata. Le parole dei Maestri devono contenere certe qualità animiche che possano
rivolgersi ai cuori umani con un potere risanatore e consolatorio. Questa è l'epoca che manifestò
tale magnifico potere creativo (sebbene in forma differente dai periodi più tardi) e molto nelle sfere
dell'arte e delle nostre idee religiose deriva da quel tempo, particolarmente quanto riguarda i
simboli, le immagini e le cerimonie rituali. Quale era la fonte da cui questi insegnanti dei Misteri
attingevano per poter recare tal consolazione? Se la comune coscienza di veglia consisteva nella
sorta di immagini-coscienza viventi che ho descritto, anche in quel tempo vi erano tre stati di
coscienza. Oggi noi conosciamo la veglia, il sogno e il sonno. In quei giorni, di fronte al sogno da
svegli che, come ho mostrato ieri, rappresentava la comune coscienza di veglia, il sonno non era
come oggi in cui la nostra coscienza cade completamente. Sebbene anche in questi uomini la
coscienza si affievolisse durante il sonno, rimaneva qualcosa della veglia.
Ieri ho descritto questo dicendo che quando gli uomini si risvegliavano dopo il sonno, rimaneva in
loro una sorta di sapore, un "retrogusto"
Molta gente si sentiva, non solo sulla lingua o in bocca, profondamente permeata da una certa
dolcezza di esperienza che era il sapore del loro sonno. Questa dolcezza che sperimentavano nel
sonno irradiava dalla vita di sonno a quella di veglia. Questa dolcezza era la prova della sanità della
loro vita, mentre se erano presenti altri gusti vi era la manifestazione di una malattia. Pare strano
dire che una umanità più antica sperimentò il dolce effetto del sonno negli arti, nelle braccia, giù
fino ai polpastrelli e gli altri arti. Ma l'investigazione scientifico-spirituale mostra che era così, e il
genio della lingua ha conservato qualcosa di questo, sebbene in forma piuttosto grezza e
materializzata.
Una pozione era una volta qualcosa di spirituale: cioè l' addormentarsi, e fu solo più tardi che
divenne un reale liquido sonnifero in una forma materiale. Il sonno stesso era poi una sorsata di
natura, che cancellava l'ordinaria memoria del giorno, era una sorsata di oblio.
Ciò che gli uomini comuni ne ottenevano era solo un vago sentimento postumo, ma l'iniziazione
dava agli insegnanti dei Misteri, che erano le guide dell'umanità, una più esatta coscienza di ciò che
realmente avevano sperimentato nel sonno.
Nella moderna iniziazione ascendiamo dalle comuni idee alla visione spirituale, ma in quei giorni,
mentre gli uomini comuni passavano dalla loro vita di veglia sognante nel sonno, per cui
sperimentavano questo sapore postumo, i sacerdoti dei Misteri si predisponevano a sentire tutto ciò
consciamente durante il sonno, potendo così conoscere ciò che questo gusto postumo implicava.
Essi sperimentavano al di là dell'acqua dell'esistenza fisica, l'acqua nella quale l'anima umana si
tuffava durante il sonno ogni notte - l'acqua dell'ondeggiante astralità del mondo. Ma non c'era solo
una seconda condizione al di là della veglia e del sonno della vita ordinaria. Della terza condizione
la moderna umanità non sa proprio nulla, ed era una condizione più profonda del sonno senza sogni
di oggi. Ieri dissi che si dovrebbe chiamare uno stato di essere circondati dalla Terra, e questa era la
condizione dell'uomo durante il sonno profondo. Solo i sacerdoti dei Misteri per mezzo di questa
iniziazione potevano raggiungerne una coscienza e divulgare i risultati di quell'esperienza, che
costituivano la conoscenza di quei giorni. Gli uomini non si sentivano solo abbracciati dalla Terra,
ma sentivano qualcosa di più, sentivano che durante il giorno erano giunti in una condizione molto
prossima alla morte, tuttavia dalla quale c'era un risveglio. Sperimentavano questa terza condizione
di coscienza come se fossero realmente discesi nella terra e fossero stati deposti in una tomba,
anche se non la si sarebbe potuta chiamare una tomba terrestre. Cercherò di chiarirvi nel modo
seguente come questa tomba non solo era, ma come doveva essere concepita.
Ora, quando i raggi del sole cadono sulla terra, non sono soltanto riflessi dai fiori. I contadini
conoscono queste cose assai meglio di chi abita in città, poiché durante l'inverno usano il calore del
sole che è penetrato nella Terra. In quel periodo dell'anno troviamo all'interno della Terra ciò che vi
è stato irradiato durante l'estate. Non solo il Calore del sole, ma anche altre forze irradiano dentro la
Terra. Perciò dal punto di vista del quale ho parlato questo era il fatto meno importante: il più
importante era che anche l'attività della luna poteva penetrare sotto la superficie della Terra fino a
un certo punto. Era una piacevole idea di quei giorni, non proprio una idea poetica ma, in un senso,
un'idea super-poetica, sebbene certamente non manifestata in un logico concetto come potremmo
fare oggi, ma come un immagine.
Gli uomini pensavano alla luce del sole come irradiante sulla Terra nella riflessione della luna piena
e penetrante fino a una certa profondità nella Terra, per poi essere riflessa non proprio dalla
superficie terrestre ma dal suo interno, dopo che la luce stessa era stata assorbita dalla Terra.
L'argento fluito e defluito dalla luce lunare era percepito dall'uomo come un gioco ritmico dei suoi
raggi. Non era soltanto una bella immagine, i sacerdoti dei Misteri sapevano qualcosa di certo su
questa fluente luce lunare. Sapevano che l'uomo è soggetto alla gravitazione quando vive sulla
Terra, che la gravità lo trattiene sulla superficie della Terra, e quindi la Terra tira il suo essere verso
di sé. Le forze della luna erano conosciute come operanti contro questa forza di gravità. Esse in
generale sono più deboli delle vigorose forze della gravità terrestre, ma operano contro queste forze.
Si sapeva che l'uomo non è proprio un blocco trattenuto fortemente dalla gravità terrestre, ma che
piuttosto si trova in una sorta di equilibrio, trattenuto dalla gravità della Terra, e attiratovi lontano
dalle forze della luna, e che per lui come uomo terrestre è la Terra che esercita la maggiore
influenza. Ma rispetto all'attività della Terra, l'effettiva influenza esercitata su di lui è quella della
gravità negativa che lo attira lontano.
Quindi anche se l'uomo non fosse stato capace di volare, per lo meno poteva elevare il suo spirito
agli spazi stellari. Per mezzo di tale iniziazione, attraverso questa attività lunare, l'umanità in quei
giorni imparava dai sacerdoti dei Misteri l'effetto dell'ambiente stellare sull'uomo terrestre.
Questa era l'iniziazione astrologica, così abusata oggidì, che era molto in uso nei popoli caldei.
Attraverso questa via gli uomini potevano sperimentare non solo l'attività della Luna, ma anche
quella del Sole, di Marte, Saturno e così via. Oggi l'uomo è - se mi perdonate il modo pittorico di
descriverlo, poichè è arduo farlo con parole strettamente logiche - l'uomo è una sorta di verme, per
quanto lontana sia progredita la sua conoscenza, non forse un verme di terra ma qualcosa di simile,
un verme per il quale non piove mai, cosicché non si solleva mai dal suolo. I vermi dopo tutto
emergono periodicamente quando piove, e poi se la godono di ogni cosa sia avvenuta sulla
superficie terrestre: e questo è per loro salutare. L'uomo moderno, rispetto alla sua anima e al suo
spirito è un verme per il quale non piove mai, ed è interiormente sepolto sotto terra. Quindi crede
che gli arti del suo corpo crescano sulla terra più o meno come si sono formate le rocce. Non ha
neppure il sospetto che i capelli sulla sua testa siano il prodotto dell'attività solare, poiché è un
verme che non esce mai dalla Terra, una creatura, cioè, che porta dentro di sé forze solari, ma che
non viene mai in superficie per investigarle. Come gli antichi sacerdoti dei Misteri sapevano bene,
l'uomo non è cresciuto sulla Terra come un cavolo, ma è stato creato dall'attività congiunta
dell'intero ambiente cosmico circostante. Potete notare, pertanto, come gli uomini in quei giorni si
sentivano nei confronti degli iniziati e delle guide dei Misteri che potevano riferire loro, a causa
della loro preparazione spirituale, che cosa questo ambiente cosmico significhi per l'uomo. Questi
sacerdoti dei Misteri potevano quindi affermare qualcosa che io dovrei darvi in forma
immaginativa, poiché oggi non siamo capaci di parlare come potevano farlo loro: essi rivestivano
tutto ciò che dicevano di meravigliosa poesia. Il genio del linguaggio lo rendeva possibile, ma oggi
non possiamo più parlare in tal modo, poiché il linguaggio è inadeguato se dovessi esprimere in
parole il messaggio dei sacerdoti dei misteri al popolo che si recava da loro per essere confortato,
sentendosi esiliato in una natura che aveva perduto lo spirito, dovrei farlo cosi: in quanto rimanete
nella vostra ordinaria coscienza di veglia, il vostro ambiente vi sembrerà essere privo di spirito. Ma
se vi tuffate consciamente nella regione abbracciata dalla Terra, dove potete contemplare il potere
degli dei stellari nella argentea luce lunare fluente e defluente attraverso la Terra, voi imparerete -
non più con l'antica spontaneità ma solo attraverso il vostro sforzo umano - che la Natura esteriore è
dappertutto permeata da esseri spirituali e possiede i doni degli dei in sé come esseri spirituali e
entità elementari.
Questo era il conforto che i sacerdoti dei Misteri potevano dare in tempi antichi al loro popolo;
facevano loro notare che le piante non sono solo belle, ma sono realmente permeate dall' intessersi
dello spirito, che le nuvole non solo navigano maestosamente nell'aria ma anche che esseri divino-
spirituali elementari vi sono attivi, e così via. Era attraverso gli spiriti di natura che questi iniziati
guidarono gli uomini che si rivolgevano a loro per avere direttive. Quindi a un certo momento
dell'evoluzione umana il compito dei Misteri era di chiarire che quando la Natura sembrava aver
perduto lo spirito, questa era solo un'illusione dell'ordinaria coscienza di veglia. Realmente, lo
spirito può essere trovato dappertutto in Natura. Vedete, vi fu un tempo in cui l'uomo visse
all'interno della spiritualità dell'esistenza, e attraverso i Misteri sperimentava questa spiritualità
anche nella sfera che dapprima poteva parere svuotata di spiritualità. L'uomo era ancora dipendente
dallo spirito in tutto ciò che lo colpiva, sia istintivamente quando aveva una interiore percezione
spirituale, sia quando gli insegnanti dei Misteri gli mostravano che anche la Natura era permeata di
Spirito. Se l'evoluzione umana si fosse fermata qui, la nostra coscienza non avrebbe mai potuto
sperimentare una delle più grandi felicità dell'umanità, forse la più grande, cioè l'espressione del
libero volere, della libertà.
L'antico sentimento dell'anima, con la sua spiritualità sperimentata istintivamente, doveva
offuscarsi. L’uomo doveva essere guidato a tre altre condizioni di coscienza. Il sentimento di essere
abbracciato alla Terra, che rendeva gli antichi iniziati capaci di raggiungere la saggezza stellare e la
loro conoscenza dello spirito della Natura, scomparve completamente, e la condizione animica
dell'uomo incluse solo il sonno senza sogni, il sogno e la veglia. Per equilibrare questo ci furono gli
inizi di quella sfera di coscienza nella quale la libertà può sorgere. Quella che oggi definiamo la
nostra coscienza di veglia, che ci rende capaci di godere della nostra ordinaria vita e conoscenza,
per l'antica umanità era uno stato pressoché sconosciuto. Inoltre con questo ne venne la possibilità
del puro pensare; noi potremmo dubitare della sua esistenza, ma in questo sta la sola possibile base
per l' impulso della libertà.
Se gli uomini non avessero mai raggiunto questo puro pensare - che è realmente puro pensare e non
garantisce, come tale, una effettiva realtà - essi non avrebbero mai raggiunto la coscienza della
libertà. Dovremmo dire che mentre l'umanità evolveva, l'antica unione dell'uomo con lo spirito fu
velata d'oscurità, ma d'altro canto, egli acquisì quegli stati di coscienza che lo portarono dalle
altezze spirituali nelle profondità della Terra. Ma in queste profondità aveva trovato le originali
forze per lo sbocciare della libertà. Queste qualità dell'anima, con la veglia, il sogno e il sonno,
furono sviluppate nell'intimo per 1000 anni, e gli uomini dovettero inoltrarsi profondamente in
questa oscurità dove la luce dello spirito non irradia ma dove può essere trovato l'impulso della
libertà. Tentiamo di comprendere ciò che veramente è stata l'evoluzione umana. Ci fu un tempo in
cui l'uomo guardava ai cieli stellari e la conoscenza degli astri che ancora possedeva gli mostrava
che le loro forze vivevano in lui e che essenzialmente egli apparteneva al cosmo. Ma ora l'uomo,
come spirito, era stato esiliato sulla Terra e i cieli divennero, per così dire, oscuri, poiché la luce,
sebbene ancora brillasse fisicamente nel sole e nelle stelle, gli divenne impenetrabile.
Fu come se fosse sceso un sipario, cosicché egli non avrebbe potuto più trovare una qualche base
alla sua esistenza. Non poteva più percepire ciò che stava dietro tale sipario.
Noi domani dovremo vedere come questo sipario esistette per 1000 anni, diventando sempre più
spesso, e come questa situazione si manifestò nell'intero sentire umano. Poi apparve una luce che
penetrò questo velo e che in una certa misura lo squarciò, era la luce che irradiò dal Golgota. In
questo modo la morte sul Golgota trova la sua collocazione nell' evoluzione umana. Questa morte,
compiuta sulla Terra, doveva riaprire all'uomo la visione della spiritualità del mondo che un tempo
era stata osservata nei vasti spazi del cosmo. Cristo, passando attraverso il mistero del Golgota,
portava nella vita dell'uomo sulla Terra ciò che in tempi più antichi era stato osservato nei cieli.
L'essere divino-spirituale del Cristo discese e visse in un corpo umano, in modo tale che poté recare
in modo nuovo questa luce agli uomini che non potevano più abbandonare la Terra.
Abbiamo appena cominciato a comprendere il Mistero del Golgota, e la futura evoluzione della
Terra dovrà consistere nel comprendere sempre più profondamente tale mistero, cosicché la luce
irradiata dal Mistero del Golgota si trasformerà da interiore a cosmica e illuminerà gradualmente
ogni cosa percettibile all'uomo. Ma dovremo essere capaci di parlare di questo in maggiore dettaglio
solo se oggi potremo stabilirne alcune basi.
Ora qualcosa che una volta era un fatto vivente nella evoluzione umana è, in un certo senso,
ritornato. I sacerdoti dei Misteri possedevano, come vi ho detto, il potere di contemplare l'influenza
della luna, l'influenza della luna li innalzava all'iniziazione astrologica. Imparavano come per suo
mezzo era possibile essere iniziati ai segreti delle stelle.
Un punto importante per il candidato all'iniziazione era che doveva sentire come se la gravità fosse
di minore importanza per lui di quanto normalmente era. Sentiva di pesare meno. Ma poi era istruito
dagli antichi insegnanti di non dare spazio a questo sentimento, quando cominciava a sentirsi più
leggero doveva ristabilire la pesantezza con un forte esercizio del volere. La tecnica di questa antica
iniziazione rendeva possibile al candidato di ristabilire il peso che aveva perduto sotto l'influenza
della luna con uno sforzo di volontà, e come risultato ne irradiava la saggezza delle stelle. Quindi
ogni tendenza dell'uomo di oltrepassare la gravità era usata per sviluppare il volere di mantenersi
più fortemente radicato alla Terra con il potere della propria anima.
Poiché successivamente questo esercizio del volere rappresentò come un illuminarsi di una luce
interiore, irradiò nel cosmo e poté raggiungere la conoscenza degli spazi cosmici. Quando la
Scienza dello Spirito getta la sua luce su questi fatti, è possibile descrivere accuratamente come
sorse tale antica coscienza. In certi uomini vi è sempre la tendenza, come una sorta di atavismo, di
ereditarietà, al ritorno di tali facoltà di questo antico passato. Queste facoltà ritornano proprio
perchè gli uomini stessi ritornano, e quando questa relazione con la luna appare negli uomini che
vivono in un tempo in cui tale relazione non dovrebbe verificarsi poiché questo sonno profondo è
una cosa del passato, appare come sonnambulismo, specialmente come il camminare nel sonno. Poi
essi non combattono questo crescente senso di illuminazione esercitando le forze della loro anima,
ma vagano e alla fine scendono dal letto. Fanno con il loro intero essere ciò che propriamente
doveva fare solo il corpo astrale. Qualcosa che oggi è diventata una anormalità era in tempi antichi
una qualità positiva che sarebbe stata usata per raggiungere la conoscenza. Era assai appropriato che
l'uso popolare avesse chiamato tali uomini "lunatici" poiché tale condizione dell'essere umano è
connessa con un' atavica relazione con le forze lunari che sono sopravvissute da tempi antichi.
Ancora, proprio come l'uomo è in relazione, nel modo che ho descritto, con le forze lunari, è anche
in relazione con le forze solari. Ma sono attive in una parte più nascosta dell'essere umano e le
troviamo solo indirettamente. I Druidi del periodo più bello - non quelli che vivevano quando c'era
già una certa decadenza - certamente cercarono la loro iniziazione solare in questa relazione con le
forze del Sole. Ora, mentre l'iniziazione astrologica dipende dalle forze lunari e rende possibile una
conoscenza dei segreti del cosmo, questa iniziazione solare rende possibile una sorta di
conversazione con gli esseri divino-spirituali dell'universo, una sorta di ispirazione, mentre
l'iniziazione lunare dava solo Immaginazioni. l'ispirazione è come un' ascoltare i consigli degli
esseri spirituali del Cosmo - certamente una visione più profonda dei segreti dell'essere del mondo
data dall' iniziazione lunare.
Anche questa attività, solare, poiché esiste in ogni uomo, può ritornare come un ricordo atavico. Ma
la costituzione dell'anima umana oggi è assai differente da quella del passato e gli occhi dell'uomo
ora sono specialmente organizzati a vedere solo i raggi fisici del Sole.
Come dissi ieri, nei raggi fisici del sole c'è un elemento animico e spirituale. l'uomo moderno non lo
comprende o percepisce. In questa sua posizione nei confronti del Sole, l'uomo di oggi si comporta
come se incontrando un altro uomo che afferma di possedere alcune interiori qualità dell'anima, gli
dicesse: "non c'è niente del genere, se muovi la tua mano, vi è un processo meccanico come quello
di una leva, i muscoli agiscono come corde e quando sono contratti la leva entra in azione. Questo è
il meccanismo. Gli uomini si pongono nello stesso modo nei riguardi del Sole, vedono solo il fisico
esteriore, cioè la luce fisica. Ma quando la luce fisica dell'azione solare penetra in noi, vi penetra
anche la spiritualità del sole. Per mezzo di una sorta di interiore concentrazione - non acquisita nel
modo descritto nel mio libro "L’iniziazione", ma posseduta atavisticamente come una certa forza
elementare - un uomo può oggidì (e per oggidì intendo la nostra presente epoca storica che può
certamente estendersi per qualche migliaio di anni) smettere di essere fortemente ricettivo all'azione
fisica del Sole ma può, al contrario, diventare ricettivo alla sua attività spirituale.
Poi la sua visione è cambiata. Quando questa atavistica capacità appare, vede in modo differente
dall'ordinario. Quando guarda in uno specchio, vede il riflesso di ciò che si trova di fronte allo
specchio.
Proprio perchè lo specchio non è trasparente, può riflettere in tal modo.
Ora, quando l'anima dell'uomo è costituita in modo tale che, anche quando è in possesso di tutti i
suoi sensi, invece di guardare nel sole e vedere la luce solare vede oscurità, l'oscurità poi comincia a
essere una sorta di specchio che riflette il suo ambiente immediato. Egli non può dirsi: qui c'è una
pianta che prolunga le sue foglie, i fiori, i frutti, il seme; piuttosto dice: quando guardo nella più
bassa parte della pianta, vedo in essa una elementare spirituale saggezza che la rende solida e
permanente, se poi guardo ulteriormente noto come questa qualità venga gradualmente superata e
come la pianta cerchi di creare alternativamente una contrazione e una espansione nella formazione
delle foglie, e finalmente mira verso l'alto nel fiore, come se fosse trasformato dal fuoco.
In questo modo la vita della pianta è riflessa nell'oscurità, che tuttavia è luce spirituale.
Jacob Boehme possedette questo atavico potere quando guardò la pianta e vide le qualità del Sale
alle radici, del Mercuriale nelle foglie e del Fosforico nei fiori.
Così possiamo vedere nello spirito di un uomo come Boehme, che era uno spontaneo iniziato
solare, una capacità appartenente a un antico periodo di civiltà, quella originaria civiltà esistente
ancor prima che ci fosse il leggere e lo scrivere. Non lo comprendereste affatto se leggeste opere
come "Misterium Magnum", il "De Signatura Rerum" o I» Aurora" e non vedeste in questa
balbettante presentazione qualcosa di assai simile a ciò che descrissi in relazione ai Druidi. Boehme
non era iniziato in senso esteriore, ma la sua iniziazione solare sorse in lui come una ripetizione di
un'antica esistenza terrestre. Possiamo rintracciarla fino nei dettagli della sua biografia.
Ci sono ancora forze assai profonde che possono essere attive negli uomini, le forze del più esterno
dei pianeti del sistema solare. La moderna astronomia non lo considera come tale, poichè ne ha
aggiunti altri due - sebbene anche gli astronomi ortodossi sono preoccupati perchè il movimento
delle loro lune non è proprio regolare (* vedi nota a pag 45), ma poichè essi si occupano di ciò che
si trova nello spazio, vi hanno aggiunto Urano e Nettuno. Questo, tuttavia, causa disturbo poichè le
loro lune sono delle piccole pazze paragonate alle ordinate lune di Giove e degli altri pianeti.
Ora proprio come un uomo può stare sotto l'influenza delle forze lunari che ho descritto in dettaglio,
o delle forze solari che ho appena delineato, può stare anche sotto l'influenza delle forze di Saturno.
L'attività di Saturno, come egli irraggia nel sistema planetario e quindi anche nell'uomo, è una sorta
di cosmica memoria storica.
Saturno è, per così dire, la memoria, il ricordo, del nostro sistema planetario, e se desiderate
conoscere qualcosa della storia di questo sistema, non potete realmente farlo con speculazioni
astronomiche. Ogni scienza esteriore incomincia piuttosto a disperarsi al riguardo, poiché non vi
trova nulla di regolare. Ma il problema non è giustamente affrontato. Spesso abbiamo parlato tra di
noi della cosiddetta teoria della relatività e dell'idea che non è mai possibile parlare di un
movimento assoluto, non ce n'è affatto, ma esiste solo un movimento relativo. Possiamo piuttosto
dire che il sole si muove e la Terra sta ferma, o che la Terra gira e il sole sta fermo, come abbiamo
fatto nei tempi moderni. Non fa alcuna differenza ciò che uno dice, poiché ogni cosa è relativa. E in
un'occasione qui a Stuttgart, in una riunione della Società Antroposofica quando si parlava della
relatività, un sostenitore di tale teoria mostrò al suo pubblico chiaramente come sia proprio lo stesso
se prendete un fiammifero e lo strofinate sulla scatola, o se prendete la scatola e la muovete sopra il
fiammifero: in ogni caso accendete lo zolfanello. Questo sembrava un serio esperimento scientifico,
e non vi è nulla da obiettare. Forse qualche anima semplice avrebbe dovuto pensare di inchiodare la
scatola a un muro - e allora avremmo avuto un pochino di "assoluto". Avremmo dovuto chissà
come muovere l'intera casa e allora avremmo avuto ancora relatività - ma ci sarebbero state delle
difficoltà! Ancora, se qualcuno prende l'intero mondo fisico, (Einstein è abbastanza appropriato nel
dire che all'interno del mondo non vi è nulla di assoluto) ogni cosa è relativa. Sfortunatamente si
ferma alla relatività, ed è proprio questa relatività che dovrebbe guidarci a vedere qualcosa di
assoluto, non nel mondo fisico ma in quello spirituale. Dappertutto oggidì le scienze, se giustamente
comprese, ci inducono a entrare nel mondo spirituale.
Non è questione di simpatizzanti ma di genuina scienza esatta, e la scienza genuina guiderà allo
spirito.
La comune investigazione fisica non può realmente dirci che cosa rappresenti Saturno nel nostro
universo. Saturno è il senso della memoria del nostro sistema planetario, ogni cosa sia avvenuta
all'interno di questo sistema viene conservata da Saturno, e l'iniziato di Saturno può imparare a
leggere tutti questi avvenimenti. Ora, proprio come la nostra relazione con la luna può apparire in
una forma parziale negli uomini come un'eredità di un antico periodo dell'evoluzione umana, con il
risultato che essi diventano sonnambuli, o, ancora, come le forze spirituali del Sole possono
emergere cosicché un uomo non vedrà la luce solare con gli occhi aperti ma vedrà nell'oscurità in
cui la Natura è riflessa, osservando poi come fece Boehme - nello stesso modo è possibile
sperimentare la nostra relazione con le forze di Saturno, che operano particolarmente sulla testa e
infondono nell' essere umano una memoria fuggevole durante la sua vita sulla Terra.
Queste forze Saturnie possono apparire in modo particolare, e proprio come possiamo chiamare
"uomo lunare" il sonnambulo, o "uomo solare" Jacob Boehme, o in grado minore Paracelso, così
posi siamo parlare di "uomo saturnio". Swedenborg può essere annoverato tra questi.
Questo è un altro caso che dovrebbe preoccupare la scienza comune - sebbene non lo faccia!
Swedenborg era un luminare del suo tempo ed era considerato un'autorità scientifica. Fino ai 40
anni era completamente ortodosso nelle sue vedute e non diceva nulla di cui la comune scienza
possa fare eccezione. Poi improvvisamente divenne confuso. Realmente dovremmo dire che le forze
di Saturno divennero attive in lui, sebbene la gente con una comune visione materialistica dicesse
che era diventato matto. Ma dovremmo fare una pausa per comprendere che ci sono cosi tante opere
sopravvissute considerate come scientifiche pubblicate dalla Swedish Society. I più preparati scolari
in Svezia hanno curato proprio ora la pubblicazione delle sue opere - opere, cioè, scritte prima di
aver raggiunto la visione spirituale.
C'è qualcosa di spiacevole nell'avere a che fare con un uomo che fino ai 40 anni era il più brillante
scienziato del suo tempo e che poco dopo, per dirla gentilmente, avrebbe dovuto essere chiamato
pazzo! Veramente Swedenborg non divenne pazzo, ma, in un certo momento particolare, proprio
dopo aver raggiunto le altezze della comune scienza, iniziò a vedere nel mondo spirituale.
Quando il potere di visione raggiunse la sua testa - l'organo che egli sviluppò a un livello così alto -
e quando fu influenzato dalla spiritualità di Saturno, ottenne un suo proprio potere di visione, non la
visione di Boehme che vide i segreti interiori della natura rispecchiati nell'oscurità, ma una visione
diretta dell'eterico, dove appaiono le forme di un'alta spiritualità. E quindi fu capace di dame una
propria descrizione - sebbene non avesse visto realmente ciò che immaginava, poiché gli esseri
spirituali ai quali si riferiva sono differenti. Né, d'altro canto, vi era un semplice riflesso terrestre di
tali spiriti, egli vide le forme eteriche e le attività degli spiriti nell'eterico.
Vide nell'etere della Terra le azioni degli spiriti, sebbene non gli spiriti stessi. Mentre Boehme li
vide riflessi della natura, Swedenborg vide ciò che era compiuto nell'eterico dagli spiriti la cui
attività era tutto ciò che egli poteva vedere. Quindi dobbiamo sempre fissare nel nostro sguardo alla
realtà di tali cose. E mentre sarebbe un errore affermare che Swedenborg vide il mondo spirituale
come tale (questo non era il suo particolare potere), era tuttavia una realtà quello che osservava.
Il comune sonnambulo fa qualcosa di reale, fa con il suo corpo fisico ciò che dovrebbe fare solo con
il corpo astrale. Boehme vide con il suo corpo fisico, particolarmente con gli occhi, che erano
organizzati in modo tale da poter escludere ciò che è fisico e osservare nell'oscurità, ma in tale
oscurità egli vide luce, il rispecchiarsi degli spiriti di Natura. Swedenborg non vide immagini
riflesse, ma immagini eteriche di una esistenza spirituale di alto livello. Qui abbiamo un processo
superiore rispetto a quello del sonnambulo che, essendo permeato di spirito, non può vedere ma
agisce automaticamente, sebbene attraverso ciò che io forse potrei definire la seconda vista di
Boehme che non vide il lato esteriore della natura ma lo specchio del suo lato interiore, fino a
Swedenborg che non vide immagini rispecchiate, ma realtà nell' eterico, l'immagine di attività che
avvengono in più alte regioni spirituali.
Vedete quindi in che modo possiamo parlare dell'uomo passato e presente, e come nelle cosiddette
condizioni anormali c'è una sorta di sopravvivenza ereditaria che dobbiamo cercare di comprendere.
Quando possiamo osservare il passato sotto questa luce e vedere anche cosa sopravvive dal passato
nel presente, saremo capaci di farci qualche idea dell'umanità futura con l'aiuto di una profonda
comprensione del Mistero del Golgota. Questo è ciò che dovremo cercare di fare nella conferenza di
domani.
(*)
La rivoluzione delle lune di Urano e Nettuno è in senso opposto a quella delle lune degli altri
pianeti. (NdT)
Tratto dalla TERZA CONFERENZA
Stoccarda, 16 settembre 1923

Voi avete compreso dalla conferenza di ieri che un particolare stato di coscienza, che era una reale
esperienza per gli uomini dei tempi antichi, è stato in certa misura perduto. Vi mostrai che la
coscienza di veglia che abbiamo oggi, consistente prevalentemente di idee più o meno astratte o al
massimo di immagini d'ombra, allora non esisteva nella stessa forma, e che al suo posto c'era una
sorta di sogno da svegli, o veglia sognante. Questa non era sperimentata come noi oggi potremmo
sperimentare i sogni, ma come un'immagine vivente che corrispondeva notevolmente bene alla
realtà spirituale. C'era una condizione di sonno che, sebbene fosse senza sogni, lasciava un effetto
postumo del genere descritto, e c'era un terzo stato di coscienza, oltre a questo, che era sperimentato
come un residuo di forze lunari, forze che, penetrando sotto la Terra, sollevavano l'uomo dalla
gravità terrestre e gli consentivano di sperimentare la sua esistenza cosmica. Nella comune
coscienza di ogni giorno è rimasta solo un'oscura immagine di questo antico stato - una immagine
oscura che è avvertita da pochissimi ed è del tutto inascoltata. Cercherò di descrivere questo residuo
di un primordiale stato di coscienza. Quando osserviamo i nostri sogni - per quanto caotici possano
essere - troviamo che vi sono confluite ogni sorta di esperienze dell'esistenza terrestre. Cose a lungo
dimenticate affiorano alterate nei modi più vari, anche cose al momento passate inavvertite. Anche i
momenti nei quali avvennero le varie situazioni possono essere completamente confusi. Ma sei voi
osservate più attentamente nei dettagli del sogno, scoprirete il fatto notevole che in
effetti praticamente ogni cosa vi emerga è collegata con gli avvenimenti degli ultimi tre giorni. Voi
forse potrete sognare qualcosa che accadde 25 anni prima; potete sognarlo in tutta la sua vividezza,
sebbene nei dettagli qualcosa sia alterato. Ma se voi lo studiate attentamente scoprirete sempre
qualcosa del genere: in questo sogno fatto su un evento occorso 25 anni prima, appare un
personaggio, che chiameremo Edward, che passa casualmente. Nei dettagli del sogno, anche i più
remoti, c'è sempre qualche relazione, anche insignificante, con qualcosa che è avvenuto negli ultimi
tre giorni. La ragione è che portiamo in noi gli eventi degli ultimi 2, 3 o 4 giorni - il periodo è
certamente approssimato - in un modo assai differente da quello che è accaduto precedentemente.
Le nostre percezioni sono, come sapete, afferrate dal nostro organismo astrale e dall'organizzazione
dell'ego, e gli eventi così percepiti devono dapprima vivere nella diretta connessione con la nostra
coscienza. Ciò che abbiamo sperimentato nel corso di tre giorni, cioè ciò che è avvenuto negli
ultimi tre giorni, entra assai più intensamente nei nostri sentimenti. Comunemente non ci
accorgiamo di queste cose, ma sono lo stesso reali. La ragione è che tutto ciò che percepiamo o
pensiamo, che è recato nel nostro organismo astrale e nell'organizzazione dell'ego, deve essere
impresso in qualche modo nel corpo eterico, il corpo delle forze formatrici, e alla fine in qualche
misura fino al corpo fisico. Questo processo avviene in 2, 3 o 4 giorni cosicché dobbiamo dormire 2
o 3 volte prima che ciò che sperimentiamo sia impresso nei corpi fisico ed eterico.
Solo dopo che è fermamente fissata nel corpo eterico ci può essere una memoria permanente.
Quindi nell'uomo c'è una perpetua interiore corrispondenza, una sorta di lotta tra i corpi astrale ed
eterico, e il risultato è sempre che ciò che abbiamo sperimentato consciamente è impresso nel più
denso, più materiale elemento del nostro essere. Dopo tre o quattro giorni, ciò che dapprima era una
transitoria esperienza dei sensi è trasposta nel corpo delle forze formative e nel corpo fisico.
Ma quanto poco di ciò che io ho descritto realmente entra nella coscienza dell'uomo oggidì!
Ogni esperienza della quale siamo stati coscienti abbisogna di 3 o 4 giorni prima di essere
pienamente nostra. Fluttua tra i corpi astrale ed eterico e non può decidere - si potrebbe dire - se è
stata veramente impressa nel corpo eterico e in quello fisico. Questo è qualcosa di estremamente
significativo. Ricordiamo che fondamentalmente il nostro vero essere è solo il nostro ego e il corpo
astrale. Non possiamo realmente affermare che il corpo eterico è di nostra proprietà. In questa epoca
materialistica la gente parla come se i corpi fisico ed eterico appartenessero loro, mentre realmente
appartengono all'intero cosmo.
E così quando nel corso di 3 o 4 giorni, ciò che il nostro ego e il corpo astrale hanno sperimentato è
passato nei corpi eterico e fisico, diventano parte, non di noi stessi, ma del cosmo. Solo per tre
giorni possiamo affermare che ogni nostra azione nel mondo è significativa solo per noi stessi.
Dopo noi l'abbiamo - per cosi dire - impressa nell'universo e resta all'interno dell'intero universo e
appartiene non solo a noi ma anche agli Dei. In periodi assai antichi dell'evoluzione umana come
risultato di questo stato di coscienza che ora è perduto e che era più profondo del sonno, gli uomini
avevano una sicura impressione di tale notevole fatto e gli iniziati erano capaci di dare informazioni
su che cosa vi era celato. Particolarmente nell'epoca di cui ieri parlavo, l'egitto-caldaica, ne era
rimasto solo un vago sentimento. Ma i sacerdoti erano iniziati alla vera natura del fatto. Mentre oggi
l'iniziazione deve essere una esperienza puramente interiore di anima e spirito, al più con simboli e
riti di natura esclusivamente fisica, in quegli antichi tempi l'iniziazione era un processo esteriore e
gli effetti di tale processo esteriore trapassavano nell' interiore essere dell'uomo. Per fare un
esempio: quando un uomo doveva essere iniziato, per 3 o 4 giorni era posto dallo Ierofante che lo
iniziava in questo stato di coscienza che ora abbiamo perduto.
…Questo è solo un esempio di come il contenuto dei sogni può essere alterato, il fatto importante è
che sono sottoposti alle profonde trasformazioni che tutti conosciamo. Bisogna veramente chiedersi
che cosa sia contenuto in tali sogni, che cosa operi in loro. Sono eventi esteriori che danno
occasione a tali tipi di sogni, ma tali eventi appaiono in una forma completamente alterata. La
ragione di questo è assai al di là dei concetti delle nostre comuni idee scientifiche. Il tipo di leggi
che dobbiamo riconoscere come scientifiche, le leggi che vediamo nel mondo esteriore attraverso i
nostri metodi di osservazione e di esperimento, smettono di essere valide quando passiamo
all'interno della pelle umana.
Faremmo moltissimi errori se stabilissimo che le leggi naturali che troviamo in laboratorio fossero
valide all'interno dell'essere umano. Non solo le sostanze sono trasformate all'interno del nostro
organismo quando le consumiamo nella comune nutrizione, ma anche le leggi delle sostanze sono
mutate, fino ai più piccoli atomi. Ciò che appare nei nostri sogni non è solo il riflesso astratto di
qualche realtà, nel nostro sognare vediamo l'ondeggiare delle leggi organiche all'interno dell'essere
umano. I sogni ci sono più misteriosi di quanto non lo sia il nostro astratto pensiero: essi mostrano il
modo in cui le sostanze esteriori agiscono all'interno dell'uomo. I nostri sogni sono una protesta
contro la parte di realtà che è ostacolata all'interno delle leggi di Natura. Dal momento in cui vi
addormentate fino al risveglio, vivete in un mondo dove secondo lo scienziato ogni cosa è
controllata da queste leggi.
Realmente nel momento in cui entrate, anche se in minima parte, nel mondo spirituale attraverso i
vostri sogni, la vostra esperienza onirica sorge come una protesta contro le leggi naturali. I sogni
non possono seguire il loro corso nel modo degli eventi esteriori, o parrebbero simili alla reale vita
di veglia. I sogni che emergono da un vero dormire sono nel loro aspetto una protesta contro le
leggi di Natura, e ci riguardano assai più intimamente. Sotto questo aspetto i moderni ricercatori
dalla visione materialistica hanno fatto alcune interessanti scoperte. Alcuni di voi avranno letto un
libro di un uomo chiamato Staudenmaier, intitolato "Magia sperimentale" , che apparve molti anni
fa ed è tipico della costituzione spirituale di molti pensatori moderni scientifici.
Staudenmaier desiderava scoprire se vi era qualche realtà nel mondo spirituale. Dell' Antroposofia
egli ammise che conosceva solo ciò che ne avevano scritto i suoi oppositori. La gente non desidera
studiare l' Antroposofia, vi trovano delle difficoltà, particolarmente se sono pensatori scientifici di
oggi. Staudenmaier tentò, con mezzi spiritualistici, di entrare nel mondo spirituale. Egli offuscò la
sua coscienza finchè non si trovò in uno stato medianico, poi cominciò a scrivere automaticamente
e ne fu sorpreso poiché scrisse un certo numero di cose insensate che non gli erano affatto gradite
rispetto a ciò che conosceva della realtà. In particolare, non apprezzava affatto che degli spiriti
sembrassero parlargli. Riteneva che fosse impossibile, ma ancora ciò che scrisse gli confermò che
avevano parlato degli spiriti. Era spaventato dalla situazione che gli manifestavano questi non-
esistenti spiriti. Voi dovreste leggere in questo libro tutti gli incredibili casi che fluirono nei suoi
scritti. Cominciò (per usare la parola peggiore) proprio come un medium, e non seppe cosa fare di
tutto ciò. Un amico lo consigliò di smetterla, di ritornare alla normale vita sensibile e di andare a
cacciare. Cosi fece, ed andò a cacciare gazze, ma qui trovò che ciò che aveva risvegliato in sé
continuava la sua attività, e non poteva sbarazzarsene. Se osservava un albero, vedeva non una
gazza ma un terribile drago con orribili zanne, che lo guardava con occhi terrificanti. Le stesse cose
avvenivano dappertutto e visse in un interiore sforzo di ritornare in una condizione normale. Cito
tutto questo poiché qui abbiamo l'evidenza sperimentale che c'è un' immediata protesta contro
l'esteriore ordine naturale non solo quando semplicemente sogniamo ma anche quando siamo
svegli, e usiamo questa evidenza per prendere contatto e risvegliare l'interiore essere dell'uomo.
Ovviamente consideriamo tutte queste come menzogne. Quando abbiamo pensato a un uomo come
un amico e come un buon compagno, e se dopo è entrato in una condizione medianica lo vediamo
tirar fuori la lingua e prenderci in giro, poi inevitabilmente diciamo che il mondo spirituale è
ingannevole e che questa esperienza è semplicemente quella di un sogno. Ora c'è qualcosa in
questo. Ogni volta che l'uomo si avvicina a suo interiore mondo spirituale, all'interno del quale ogni
cosa è racchiusa nella sua pelle, vi è un'immediata protesta da parte di questa sfera contro l'ordine
naturale. Non è sorprendente che quando un uomo vi entra con facoltà di giudizio non sviluppate,
appaiono ogni sorta di esseri elementari a creare delusione. Ma vi è sempre questa protesta contro
l'ordine naturale quando ci avviciniamo allo spirituale, e i comuni sogni lo rendono evidente.
Dobbiamo comprendere che poi entriamo in un ordine di essere assai differente, anche se appare
solo nella fluttuante forma del sogno; è lo stesso una protesta contro quelle meravigliose leggi di
natura che stabiliamo con esperimenti di laboratorio.
Questo è il primo passo nel mondo spirituale dove noi immediatamente troviamo la protesta contro
le leggi naturali che sono, per così dire, private della loro dignità non appena penetriamo un po'
nell'interiore essere dell'uomo. Gli antichi iniziati sapevano assai bene attraverso i loro tre giorni di
iniziazione che non esiste soltanto un ordine naturale, ma che entro e dietro questo ordine naturale
ve ne è uno di spirituale.
E' inoltre ancora possibile a qualcuno che ha acquisito qualche conoscenza dell'iniziazione
penetrare con metodi moderni in queste cose e passare attraverso le esperienze di questi tre giorni,
quando per la prima volta sperimenta un reale orribile tormento dell'anima. Quando i sogni
cominciano a intessere le loro forme noi realmente entriamo in un mondo dove le leggi di natura
crollano e proprio perchè le leggi comuni non hanno più validità, le loro relazioni cambiano,
sebbene molti ricordi della vita quotidiana possano ancora essere efficaci. Se siamo giunti a
considerare le leggi naturali come l'ultimo mondo, ci troviamo di fronte al nulla. E' pauroso,
pressoché tragico, per l'uomo moderno, quando passa attraverso l'iniziazione, sperimentare
l'ingresso in una sfera di essere dove si incontra tale protesta contro le leggi di natura: egli sente che
ogni cosa proceduta dal suo intelletto, e che è determinata dalle leggi di natura, è evaporata. La sua
anima non può più respirare poiché si è troppo abituata all'ordine naturale. Finalmente comprende
che un mondo completamente differente vi è introdotto da una diversa direzione. Questo non è più
un ordine naturale, ma spirituale, che viene in ogni momento permeato con ciò che nelle profondità
della nostra odierna coscienza umana sperimentiamo come un ordine mondiale morale. Egli
gradualmente impara che da un lato vi è in ordine naturale percepito dai sensi, nel quale ci sono le
leggi stabilite dalla scienza naturale, dall'altro, se si sposta da questo ordine naturale, si trasferisce
in un mondo che contrasta l'ordine naturale. Ed egli sperimenta questa protesta, una sorta di acqua
luminosa vitale sorge attorno a lui ed egli può ancora una volta respirare: questo è l’ordine morale
che finalmente si espande nello spirituale. La più alta conoscenza raggiunta dagli antichi iniziati era
scoperta quando notavano la protesta contro l'ordine mondiale fisico e vedevano il vero ordine
morale estendersi in quello fisico. Veramente durante i tre giorni descritti viene sperimentato molto
debolmente: tutto ciò che sperimentiamo nel mondo esteriore, siano azioni o sentimenti, impiega 3
o 4 giorni per essere impresso nel nostro organismo. Ma quando il processo è completato, la forma
impressa non è come quella che abbiamo sperimentato esternamente; diventa un impulso che
richiede una espressione morale assai differente dall'ordine naturale. Se dobbiamo vedere come le
nostre esperienze sono cambiate nel nostro essere interiore durante questi 3 o 4 giorni, dovremmo
vedere che ciò che abbiamo sperimentato nella sua forma naturale durante la nostra esistenza
terrestre è stato impresso nel nostro essere eterno e non è meno reale di quando si trovava nel
mondo esteriore.
Ma ora vive in noi come l'impulso di un ordine mondiale morale per mezzo del quale noi dobbiamo
in seguito spostarci nell'oceano della vita. Quindi noi portiamo il frutto di quanto abbiamo
sperimentato naturalmente come la base morale per la nostra susseguente vita.
In periodi recenti dell'evoluzione umana, tuttavia, quando l'uomo si immergeva in questo “profondo
sonno", se posso chiamarlo così, questa sfera abbracciante della Terra, egli si immergeva nell'etere
esteriore. Qui le sue esperienze trovano la loro compensazione. Non viene solamente posto
all'interno dell'ordine morale mondiale rispetto alla direzione della sua vita interiore, in questo
profondo sonno egli è posto all'interno dell'ordine morale del cosmo. Poiché questo profondo sonno
è stato perduto per le nostre forme di coscienza e ora ne abbiamo solo una debole eco nella descritta
esperienza dei tre giorni, anche questo contatto con il cosmo è stato perduto. Veramente, noi
saremmo stati sospinti fuori dall'autosussistente ordine morale mondiale se un particolare evento
non fosse avvenuto nel corso dell'evoluzione terrestre. L'esperienza cui sottostavano gli antichi
iniziati così da essere capaci di dire agli uomini ciò che avveniva durante quei tre giomi, fu subita
come un unico evento mondiale, come un evento nella storia del mondo, dall'essere Cristo che
discese da mondi spirituali nel corpo di Gesù di Nazareth e, sebbene fosse un Dio, visse una vera
vita umana.
Questa esperienza dei tre giorni ora diventa disponibile per tutta l'umanità. Ciò che doveva
dapprima essere scoperto nel sonno della profonda coscienza, avvenendo nell'uomo non
consciamente ma per lo meno subconsciamente, in un modo naturale, doveva essere attraversata
poiché l'uomo deve trovare la sua connessione con ciò che fu portato nell'umanità terrestre dal
Cristo nel Mistero del Golgota. Questa era la morte vicaria del Dio. L'uomo aveva raggiunto un
punto della sua evoluzione e doveva sperimentare attraverso il Cristianesimo nella forma morale ciò
che dapprima gli giungeva naturalmente. Il mistero del Golgota è quindi strettamente correlato con
l'intero significato dell'evoluzione terrestre, a causa della sua relazione con l'evoluzione della
coscienza umana. Possiamo comprendere ciò che si compi nel Mistero del Golgota solo se
possiamo guardare indietro a ciò che una volta avveniva naturalmente e ora avviene moralmente.
Rispetto a ciò, tuttavia, la nostra attuale coscienza che scorre tra veglia, sogno e sonno, non ha
ancora raggiunto una interiore armonia. Fino al XV secolo, quando questa moderna coscienza
ricevette la sua prima impronta, ha guardato a un solo lato della natura, e ha affermato di conoscere
l'ordine naturale, considerando che ciò che vi si trova costituisca la realtà.
Dietro questa realtà gli uomini non vogliono guardare, essi non vogliono spingersi attraverso quella
che è la più forte forma dell'umana conoscenza nella quale lo spirituale si rivela proprio come fa
l'ordine naturale. Quindi è diventato abituale parlare dell'ordine morale come di una origine
sconosciuta. Far questo non era propriamente onesto, poiché la comune visione nella natura non può
ammettere qualche realtà nell'ordine morale. Si può, anche se con una piccola disonestà,
oltrepassare questa difficoltà dicendo che da un lato abbiamo la conoscenza, dall'altro, la fede; che
la conoscenza non può diventare fede, nè la fede, conoscenza; e che l'ordine morale appartiene al
regno della fede. Questa è la conveniente formula che ci si è abituati ad usare. Tale distinzione è
anche giunta a essere considerata come qualcosa di specificamente cristiano, sebbene cinque o
seicento anni fa nessun genuino cristianesimo, e certamente non l'originale cristianesimo, avrebbe
ammesso tale distinzione. Anche oggi non è ancora un dogma cattolico, sebbene possa essere ormai
un' abitudine cattolica, distinguere in questo modo tra la fede e la conoscenza.
Non possiamo acquisire una giusta nozione della relazione tra l'ordine naturale e il morale spirituale
poiché non siamo consapevoli della transizione tra loro; perché il sogno non è compreso nel suo
guidarci oltre l'ordine naturale protestandovi contro, e preparandoci la via. Se abbiamo attraversato
questo stadio preparatorio, possiamo entrare in contatto con l'ordine morale del mondo. Solo
un'onesta visione del passato dell'umanità, e di qualcosa che l'uomo moderno non possiede ancora,
può guidare a un' immagine soddisfacente di tutto ciò.
…Viviamo in un periodo in cui ogni sorta di interiori conflitti devono sorgere dalla nostra attuale
esperienza di sonno, veglia e sogno, se siamo dotati di un minimo di osservazione. Proprio come gli
uomini hanno perduto la reale conoscenza della natura del sonno profondo così significativo per
loro, tanto che gli iniziati dovevano spiegargliene la natura, così nei tempi moderni il nostro
comune sonno tende a crollare a pezzi. Non voglio dire che in futuro gli uomini sogneranno per
l’intera notte dal principio alla fine, ma piuttosto che i loro sogni saranno ottusi. Proprio come
l'uomo è passato in tempi più antichi da questa "veglia sognante" al nostro moderno astratto
pensare, i nostri attuali caotici sogni diventeranno opachi e un più ottuso modo di dormire diventerà
normale. I sogni non si estenderanno più nella nostra coscienza, che sarà rivestita completamente
dalla nostra attuale forma di pensiero logico astratto. Ma emergerà una super-coscienza, già
manifesta a chiunque può comprendere queste cose. Questa super-coscienza è correlata al volere
umano, e con gli effetti del volere quando agisce sul sistema nervoso. Se con l'aiuto della
conoscenza iniziatica osservate il modo sfrenato nel quale il volere umano si sta sviluppando, sarete
capaci di notare come varie manifestazioni psicologiche, che qualche volta arrivano fino a una reale
malattia fisica, sono realmente gli annunci di una forma di coscienza più alta di quella della nostra
attuale coscienza di veglia. Ma c'è dietro ancora qualcosa che gli uomini non saranno capaci di
sperimentare senza aver prima acquisito la scienza dello Spirito: una scienza, cioè, che abbisogna di
un pensare assai diverso dal normale ed è in realtà assai più pratica del nostro teoretico
atteggiamento nei confronti della vita, che in effetti è assai poco pratico. Questa scienza spirituale
aggiunge un interiore vivente potere di pensiero al nostro comune astratto pensare. Così questo non
è qualcosa che noi possiamo arbitrariamente aggiungere o dimenticare, avviene perchè un
organismo che in antico non esisteva sta sorgendo nell'uomo e del quale sono emerse solo le prime
strutture. Il modo nel quale il sangue scorre attraverso gli arti umani, le braccia, le gambe, le mani, i
piedi, sta continuamente cambiando. Ciò che spesso abbiamo chiamato "nervosità" oggidi è una
espressione del fatto che nell'uomo sta aprendosi la via una condizione più alta, ma che egli è
riluttante ad accettarla a causa della sua stranezza, e questo produce un nervosismo che si cheterà
solo quando si approprierà della nuova coscienza.
Quindi possiamo visualizzare tre futuri stati di coscienza verso cui l'uomo si sta aprendo una strada:
una ottusa vita di sogno, la veglia, e un più elevato stato di veglia. Tutta l’agitazione e il
sommovimento che si palesa oggi anche nelle condizioni esteriori è dovuto al fatto che gli uomini
stanno tentando, per lo più abbastanza inconsciamente, di combattere contro qualcosa che si sta
avvicinando all'umanità dai mondi spirituali. Sta lottando per aprirsi una strada specialmente nel
volere umano. Dovremmo riconoscere, e oggidi non lo facciamo, che non appena lo spirituale
agisce, passiamo a un tratto nella sfera dove si manifesta una protesta contro le leggi naturali. Non
potremmo quindi propriamente comprendere il Mistero del Golgota a meno che non riusciamo ad
afferrare che il pieno significato di tale mistero non può essere raggiunto dalla comune coscienza.
Per afferrare il suo pieno significato dobbiamo sviluppare una nuova capacità, dobbiamo passare
con una giusta comprensione oltre il semplice sognare, che indica un processo naturale, e penetrare
in una comprensione dell'altro lato dell'essere.
E' dal lato dello spirito che dobbiamo acquistare gli elementi per la futura adeguata comprensione
del Mistero del Golgota. Ciò che possiamo fare è stabilire la nostra esperienza nel presente in
questo modo tra il passato e il futuro, e così sentirci come una sorta di ponte tra questi due termini.
Quindi noi potremo incominciare ad acquisire la comprensione richiesta per l'uso di verità spirituali
accanto alle naturali. E' facile comprendere le nostre comuni illusioni, proprio perché le cose che
sono false sono cosi insolitamente logiche. Non sospettiamo che il falso possa essere così logico.
Un ragionamento logico potrebbe essere questo: dapprima si osserva quanto impiega un certo strato
geologico a raggiungere un particolare spessore, poi, se abbiamo a che fare con un altro strato,
dividiamo lo spessore più piccolo nel più grande e lo moltiplichiamo per il tempo impiegato a
formare tale strato, e così concludiamo che una certa era, Siluriano o Devoniano, per esempio,
esistette 20 o 200 milioni di anni fa. Il calcolo aritmetico è abbastanza corretto e non c'é nulla da
rimarcarvi. E' solo la comune logica che qui ci inganna.
Questo tipo di logica spesso mi ricorda quella di uno dei più grandi matematici di tutti i tempi,
applicata alla sua propria vita. Quando aveva già raggiunto un'età cospicua, improvvisamente si
ammalò di un certo tipo di malattia polmonare, e vedendo che aveva molto a che fare con i medici,
ebbe l'idea di calcolare quanti minuscoli ascessi si sarebbero andati liberando in conseguenza
dell'espulsione della malattia polmonare. I suoi calcoli circa il seguente sviluppo della malattia gli
dimostrarono che ci sarebbero voluti 15 anni, e poi sarebbe guarito. Ma... mori due anni dopo.
Questa era la realtà, l'altra era solo logica.
Lo stesso tipo di cose viene applicato alle relazioni tra la realtà del cosmo e la nostra comune
logica. Le cose sono assai facilmente provate dalla logica, e la logica suona perfettamente. E'
proprio come se calcolassimo nel modo seguente: il nostro cuore attraversa certe fasi di sviluppo, in
un periodo definito raggiungerà una certa condizione, poi calcoliamo quanto ci vorrebbe per
raggiungere tale condizione e la risposta è 300 anni. Poi arretriamo calcolando 300 anni e vediamo
come era il nostro cuore 300 anni fa. Sfortunatamente 300 anni fa non eravamo vivi, almeno come
uomini fisici, e non lo saremo tra 300 anni.
Ugualmente la Terra non esisteva in quel tempo passato come ritenuto dai geologi. Il destino
vissuto dalla Terra può essere conosciuto solo termini spirituali. Questa è la cosa desolante della
scienza moderna: può provare così logicamente che ciò che è reale è un'illusione, e le sue prove non
ci dicono nulla della realtà. Gli esseri umani di oggi, sebbene le persone non lo comprendano
consciamente, perché rifiutano di essere consapevoli di ciò, vivono con l'inconscia paura di stare
per perdere il contatto con la verità. Possiamo vedere questa paura manifestarsi in varie forme.
Fondamentalmente, la gente che basa la propria filosofia di vita sul materialismo si trova veramente
a disagio.
Viene sempre tormentata dall' ansietà sui limiti che si è posta, poiché dei limiti così alimentati
creano dei paurosi ostacoli al vivere una piena vita umana. La gente già sente intuitivamente che se
non ha più niente altro che l'ordine naturale cui legarsi non può condurvi una vera vita e, oltre tutto,
che le idee derivate da questo ordine naturale non possono guidarli a una qualche genuina
esperienza artistica, religiosa o ideale.
Dobbiamo sempre ricordare che i nostri sistemi religiosi sorsero in tempi in cui gli uomini erano
dipendenti da quel profondo sonno che io ho descritto, per la loro comprensione del cosmo. Tutte le
nostre istituzioni religiose derivano da quei tempi; le istituzioni religiose, sì, ma non il Mistero del
Golgota. Questo è indipendente da ogni visione religiosa, sta nell'evoluzione terrestre come un
fatto, e deve essere afferrato da quelle condizioni di coscienza che sono ancora in corso di
preparazione. Per secoli, persino millenni, il lato creativo religioso dell'uomo si è trovato isterilito e
lo stesso è vero della reale capacità artistica. Con rare eccezioni dobbiamo vivere con ciò che
proviene da varie rivitalizzazioni culturali. Non possediamo un qualche originale potere di
creazione. Ma ciò che in questa epoca cerca di aprirsi una strada, e rappresenta la generale
inquietudine tipica della nostra attuale civiltà, è qualcosa di simile alle doglie di una nuova epoca,
una nuova epoca nelle sfere scientifiche e artistiche ma anche nelle sfere sociali, religiose e morali.
Il futuro dell'umanità - vale a dire ciò che noi ci sforziamo di afferrare nel cuore. Non c' e mai stato
un tempo in cui l'umanità sia stata meno disposta ad ascoltare la conoscenza iniziatica e mai vi è
stato un tempo in cui l'umanità ne abbia avuto maggior bisogno.
…Per molti il modo di pensare caratteristico di oggi è assai lontano dal modo di pensare
caratteristico dell'Antroposofia, che non rappresenta affatto un capriccio ma una assoluta necessità
per l'uomo futuro, senza il quale cadrebbe nella decadenza. Solo questa nuova forma di spiritualità
sarà capace di sperimentare pienamente i tre stadi di coscienza che emergeranno in futuro: un
profondo sonno, la veglia, e una più alta coscienza. Altrimenti l'uomo non sarà mai capace di
sperimentare la sua umanità in modo consono nelle future vite sulla Terra.
L'intero uomo che deve essere compreso deve includere l'uomo del passato, del presente e del
futuro. Poiché questi tre sono in effetti uno. Ciò che l'uomo è stato nel passato, ciò che è nel
presente e ciò che sarà nel futuro, abbraccerà di fronte al divino ordine mondiale l'intero essere -
Anthropos.

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