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Occam

1. Perché Occam è sia anti-realista che anti-platonico?

Pro
Allora Ockham in ambito ontologico si presenta come un antirealista: egli infatti
rifiuta l’idea che i termini universali, ovvero le specie e i generi (come uomo o
animale), siano entità extramateriali; ritiene infatti che la realtà sia costituita
unicamente da individui (enti singolari).
Negando la realtà di questi essenze universali, Ockhman si presenta come un
antiplatonico. Egli ritiene infatti che la concezione realista abbia alla base un errore:
il realista pensa che due individui (Platone e Socrate) si somigliano in virtù della
relazione di “somiglianza” la quale è dotata di realtà ontologica.

Quindi Ockham è antirealista perchè secondo lui si può conoscere solamente ciò
che si percepisce (tocchi, vedi…) per questo lui non crede che le idee siano reali
perché non percepibili e inoltre lui trova inutile mettere un altro mondo quello delle
idee poiché appunto noi conosciamo gli enti in base all’esperienza e delle idee non
abbiamo esperienza e per questo non esistono.

Contro
Dall’altra parte si può trovare si può trovare Tommaso che invece è realista poichè
l’essere ovvero il fatto per cui una cosa esiste si predica per analogia con Dio e
quindi crede che tutte le cose esistano. Tommaso è anche Platonico poiché lui crede
che le sostanze composte siano formate dalla materia che è l'elemento potenziale
identico nei diversi corpi (la potenza è la possibilità, da parte del soggetto, di
assumere una determinata forma); la forma è l'elemento attuale (l'atto è la
realizzazione della potenza). La materia diviene ente in atto in virtù della forma: la
forma è quindi ciò che concretamente determina una cosa, ossia ciò per cui un
corpo è in atto ed è quello che è. È questo corrisponde all’unione tra corpo e anima
di Platone per lui inoltre esistono le sostanze semplici che sono formate solo da
forma e sono più perfette rispetto a quelle composte poiché prive di materia e più
vicine a Dio proprio come le idee inoltre c’è l’idea di Dio come parte dell’essere di
quello delle creature proprio come la sua teoria del Demiurgo. Le sostanze
composte sono le cose del mondo; le sostanze semplici sono le intelligenze umane
e le intelligenze angeli che, separate dalla materia. Dio è la più pura e la più
semplice di tutte le sostanze. Questo corrisponde alle cose del mondo reale per
Platone e alle idee.

Anche Duns Scoto è in parte realista infatti lui crede che tutto esiste infatti se io dico
che una balena nuota in una prateria per lui questo è reale anche se
un’affermazione è probabile e l’altra no hanno solo un grado diverso di realtá.
2. Perché secondo Occam Dio non è conoscibile secondo ragione?

Pro
Per Ockham Dio non è conoscibile attraverso la ragione perché lui separa ragione e
fede e crede che tutto quello che esiste è quello che puoi percepire e dimostrare
empiricamente Dio è qualcosa che va oltre i sensi è quindi esterno al mondo
empirico se io posso conoscere solo ciò che percepisco io non possono conoscere
Dio e quindi non si può dire niente di scientifico su di lui non posso avere nessuna
conoscenza valida su di lui scienza e filosofia da una parte e teologia dall’altra sono
discipline completamente eterogenee cioè proprio non si parlano non si possono
parlare sono due capi radicalmente opposti teologia non può essere considerato una
scienza. L’unica forma di conoscenza affidabile è quella che deriva dai sensi, cioè da
ciò che percepisco, quindi per Ockham io posso dire qualcosa riguardo a Dio ma
non posso avere un’esperienza intuitiva di Dio come quella del mondo reale perchè
non lo percepisco quindi possiamo avere solo una conoscenza concettuale.

Contro
Tommaso invece stabilisce una sostanziale armonia tra ragione e fede. Subordina
poi la ragione alla teologia perché secondo lui la teologia è più importante visto che
riguarda la conoscenza di Dio, che è l’oggetto più nobile il fine ultimo di tutte le
creature e perciò ogni conoscenza è ad essa subordinata e quindi per Tommaso Dio
esiste nella cioè Dio è conoscibile nella ragione poiché teologia e ragione sono
collegati. Di Dio, con la sola ragione, possiamo conoscere l’esistenza. Della sua
essenza possiamo avere solo una conoscenza approssimativa. L’essere divino,
infatti, è simile ma non identico all’essere di tutti gli altri enti. Interviene qui la teoria
dell’analogia dell’essere. Essa ci dice che Dio noi lo possiamo conoscere in modo
analogo ma non identico al modo in cui conosciamo le altre cose. E ci aiuta a
superare i limiti della teologia negativa e della teologia positiva. La via negativa ci
aiuta a liberare l’idea di Dio da tutte le imperfezioni proprie delle cose sensibili, come
la corporeità, la finitezza, la molteplicità, ecc. e ci porta a pensarlo come spirituale,
infinito e uno. La via positiva ci aiuta a conoscere Dio attraverso le cose buone e
belle che ha dato alle sue creature e che in lui esistono in grado supremo. L’analogia
dell’essere ci aiuta ad approssimarci al grado supremo della perfezione divina.
L’analogia ci impedisce di attribuire a Dio in modo univoco attributi che noi
impariamo ad usare per le cose di questo mondo, ma ci aiuta anche a superare il
semplice riconoscimento dell’alterità divina, propria della teologia negativa. Il di più di
perfezione di Dio non ci permette di conoscerlo come conosciamo gli altri enti, ma
neppure ce lo rende inconoscibile. Possiamo parlarne usando le parole normali con
la riserva di intendere potenziate nel loro significato in modo eminente. Le nostre
parole restano inadeguate ma ci offrono il modo di pensare Dio senza ridurlo alle
dimensioni delle cose finite.La ragione ci può dire con certezza che Dio c’è, perché
abbiamo bisogno di riconoscere la sua esistenza per spiegare il mondo
Anche per Duns Scoto Dio si può conoscere attraverso la ragione perché oggetto
della metafisica e anche perché dimostra l’esistenza del Primo Principio ovvero Dio.
Questa prova parte dalla considerazione degli enti, che sono contingenti, cioè
possono essere causati. Possiamo dunque porre la possibilità di una serie di cause -
tra loro concatenate e collocate in un preciso ordine rispondente alla loro natura -,
responsabili della produzione degli enti. Di questo tipo di serie possiamo ipotizzare
un primo termine, ovvero una Prima causa, che sia non causata e non causabile. Da
questa possibilità Scoto fa discendere la sua necessità: se è incausata e
incausabile, allora nulla potrà portarla alla condizione di attualità; non resta che
ammettere che essa debba essere già in atto, quindi necessariamente esistente.

Duns
1. Con quale strategia, secondo Duns, si può dimostrare l'esistenza di Dio?

Pro
La dimostrazione dell’ esistenza di Dio può essere schematizzata così:
-esiste un Primo agente,
-esiste un Fine ultimo di tutte le azioni,
-esiste un Ente con il massimo grado di perfezione,
-queste tre proprietà possono appartenere ad un solo genere di Enti,
-un Ente con queste proprietà è necessariamente infinito.

L’esistenza primo agente

Il punto di partenza è dato dall'assunzione di una verità contingente, ma su cui tutti


possono convenire, che cioè esistono degli effetti ("aliquod ens est effectibile"). Per
definizione un effetto non è qualcosa che può causarsi da sé, se quindi si è
d'accordo nell'eliminare la possibilità che sia causato da nulla e quella che si dia una
circolarità di cause, allora non resta che concludere che ci deve essere una causa di
quell'effetto. A sua volta tale causa o non è un effetto, e allora avremmo raggiunto la
dimostrazione che esiste una causa non causata, cioè un primo agente, oppure, se
è un effetto, di nuovo si può riproporre lo stesso ragionamento che conduce alla
necessaria esistenza di un'ulteriore causa. Se non si vuole ammettere la possibilità
di una serie infinita di cause, bisogna concludere che ad un certo punto si giungerà
ad un agente primo non causato. Contro questa fase iniziale della dimostrazione si
possono muovere due obiezioni: in primo luogo si può notare che, presupponendo
l'impossibilità di un regresso infinito nella serie delle cause, essa assume quello che
deve dimostrare, cioè cade nella fallacia della petizione di principio. In secondo
luogo si può osservare che, dal punto di vista della teoria aristotelica della
dimostrazione, non si tratta in questo caso di una dimostrazione scientifica, dato che
prende le mosse da una premessa contingente e non può quindi concludere se non
ad una verità altrettanto contingente. In risposta alla prima obiezione Scoto introduce
la distinzione tra una serie di cause essenzialmente ordinate e una serie di cause
accidentalmente ordinate. Essenzialmente ordinate sono quelle cause tali per cui,
data la sequenza A - B - C, A non è semplicemente causa di B che è causa di C,
bensì A è causa del fatto che B è causa di C. Ad esempio la sequenza nonno -
padre - figlio è accidentalmente ordinata, perché il nonno è causa dell'esistenza del
padre, ma non è causa sufficiente della generazione del figlio da parte del padre.
Invece la sequenza movimento del braccio - movimento dell'asta - palla in buca è
essenzialmente ordinata. Ora, secondo Scoto, l'impossibilità del regresso all'infinito
può essere dimostrata proprio riguardo alle cause essenzialmente ordinate, perché
esse sono tali da far risalire interamente la responsabilità dell'effetto alla causa
superiore, e quindi se alla fine un effetto c'è, ci deve esser anche all'inizio una Prima
causa che ne è in primo luogo responsabile. Per quanto riguarda invece la seconda
obiezione, quella che riguarda lo statuto modale della dimostrazione, Scoto intende
neutralizzarla riformulando la sua premessa iniziale in termini di possibilità: è
possibile che qualcosa sia un effetto. Da qui si deriva che è possibile che qualcosa
sia una causa ed inoltre, facendo nuovamente ricorso all'impossibilità di un regresso
all'infinito delle cause essenzialmente ordinate, che è possibile che qualcosa sia una
causa Prima. A questo punto, dalla possibilità dell'esistenza di una causa Prima
essenzialmente non causata Scoto deriva l'esistenza necessaria di una tale causa,
trasformando quindi il suo argomento cosmologico in un argomento di tipo
ontologico.

L'esistenza di Dio come infinito in atto

Utilizzando una strategia argomentativa del tutto simile, cioé facendo leva sempre
sull'inammissibilità del regresso infinito rispettivamente delle cause finali e delle
cause progressivamente più perfette, Scoto giunge a dimostrare l'esistenza di un
Fine ultimo e di un Ente massimamente perfetto. In aggiunta a ciò egli dimostra che
se qualcosa è un Fine ultimo, sarà anche un Primo agente e un Ente massimamente
perfetto, cioè che queste tre proprietà sono coestensive: tutti gli individui che godono
di una di esse, godono anche delle altre due. A questo punto Scoto è pronto per
compiere il passaggio finale, quello di dimostrare che un Ente di tal genere è infinito,
e quindi può essere identificato con Dio.

Anche in quest'ultima fase la dimostrazione è condotta su diverse linee: l'infinità


viene raggiunta sia prendendo in considerazione Dio come Prima causa efficiente
(cioè come Primo motore, e pertanto in grado di causare una serie infinita di
movimenti), sia prendendolo in considerazione come Agente intellettuale (che quindi
possiede la conoscenza attuale e distinta di tutti i suoi infiniti effetti), sia infine
considerandolo come Ente massimamente perfetto. Da quest'ultimo punto di vista
Scoto sottolinea che un Ente supremamente eccellente non può essere finito,
perché ciò che è finito può essere superato in eccellenza da ciò che è infinito. In
questo contesto viene ribadito che un ente infinito può esistere, dato che il concetto
di ente infinito non è contraddittorio, e che se un ente infinito supremamente
eccellente può esistere, allora esso deve esistere, altrimenti sarebbe superato in
eccellenza da un altro ente infinito che possedesse l'esistenza attuale.

La dimostrazione scotiana dell'esistenza di Dio come infinito in atto viene poi


completata dalla dimostrazione dell'unicità e della semplicità di Dio. Se Dio è questo
Ente infinito, Primo agente, Fine ultimo e massimamente perfetto, non vi può essere
più di un unico Dio, perché altrimenti vi potrebbe esser più di un'unica causa
essenziale ed immediata di un medesimo effetto. Inoltre, se Dio è attualmente
infinito, sarà anche semplice, poiché altrimenti sarebbe composto di parti, ciascuna
delle quali sarebbe minore dell'intero; ma tali parti non potrebbero essere infinite,
poiché in tal caso non sarebbero minori dell'intero, e non potrebbero nemmeno
essere finite, poiché nessuna somma di parti finite può comporre un intero infinito.
Dunque Dio infinito non può essere composto di parti e quindi sarà semplice.

Duns, inoltre, ritiene che si può conoscere Dio anche grazie a l'univocità dell’essere
che è comune a tutti gli enti e ci permette anche se in maniera generale di
conoscere Dio.

Contro???
Per Ockham, invece, non ha senso dimostrare l’esistenza di qualcosa con dei
ragionamenti astratti perché con i ragionamenti che avvengono per astrazione è
molto probabile che portino a deduzioni sbagliate. Infatti lui crede che si possa
dimostrare solo ciò che si percepisce e visto che Dio non si percepisce, posso
conoscerlo solo attraverso la fede e perciò concettualmente ovvero in maniera molto
generale

2. Con quali argomenti Duns stabilisce la differenza fra filosofia e teologia?

Pro
Secondo Duns la filosofia e la teologia hanno scopi e ambiti differenti. La teologia
determina il fine dell'uomo, che è la salvezza; a questo essa perviene grazie alla
Rivelazione biblica, poiché la ragione naturale, segnata dal peccato originale, è
incapace di riconoscerlo. Scrive Scoto:
I filosofi sostengono la perfezione della natura, e negano la perfezione
sovrannaturale; i teologi invece riconoscono il difetto della natura, la necessità della
grazia e la perfezione sovrannaturale.
Se questa è l'occupazione della teologia, disciplina eminente, radicalmente distinto è
l'ambito delle scienze, le quali si fondano su principi immediatamente noti
all'intelletto e sono rivolte allo studio della natura. Non ricavando nulla dalla teologia,
le diverse scienze non sono a lei subalterne.

Contro
Tommaso, invece, stabilisce una sostanziale armonia tra ragione e fede. In un passo
molto celebre della Somma contro i Gentili Tommaso afferma la necessità di stabilire
una basilare concordia tra i risultati cui perviene il nostro intelletto nella ricerca
filosofica e il dato di fede, che conosciamo tramite la Bibbia, la quale presenta delle
verità rivelate da Dio stesso per mezzo dei profeti. Il nostro intelletto, infatti, è creato
anch'esso da Dio, e contiene in sé come verità evidenti i principi primi da Lui ispirati,
sulla base dei quali si costituisce la scienza:
unica allora sarà la fonte delle verità cui l'uomo può e deve pervenire. L'aspirazione
alla conoscenza è per Tommaso (come per Aristotele) caratteristica precipua
dell'umano: è del tutto naturale dunque ricercare costantemente la verità, con tutti i
mezzi a disposizione (credo tu intelligas, intelligo ut credes Sant’Agostino). Se ben
condotta, dunque, la ragione non solo non indebolisce la fede, ma la rafforza, perché
ci guida nel cammino verso Dio. Infatti,
Quando tra ragione e fede si delinea un contrasto, ciò solitamente avviene perché il
procedimento razionale non è corretto. Le ragioni che si adducono contro il dato di
fede, scrive Tommaso, sono o dialettiche o sofistiche. Le ragioni dialettiche sono
argomenti la cui forza consiste nella capacità di prevalere in una disputa e che
perciò si definiscono come ragioni probabili, non vere; le ragioni sofistiche sono
invece argomenti intrinsecamente fallaci, che perciò si possono sempre risolvere.
Tutto l'enorme storzo speculativo di Tommaso consiste in questo: nel tentativo di
dissipare questi dubbi, risolvere i contrasti e mostrare la profonda coerenza e l'intima
unità originaria della creazione e della Rivelazione divine. Quanto si è detto riguardo
alla teologia non implica, tuttavia, che essa sia un sapere ir-razionale, e che non
possa avvalersi del metodo scientifico aristotelico. Uno degli aspetti più tipici del
pensiero di Tommaso, infatti, consiste nel tentativo di presentare un discorso sul
divino in una rigorosa continuità metodologica rispetto al nuovo sistema aristotelico
delle scienze, che assume nel suo complesso una struttura rigidamente organizzata.
Il procedimento scientifico che Tommaso adotta è mutuato dagli Analitici posteriori
aristotelici: a partire da premesse (assiomi) vere, prime, immediate, più note ed
esplicative della conclusione, si giunge alla dimostrazione dei teoremi attraverso un
ragionamento rigorosamente deduttivo. Per esempio, la geometria si costituisce a
partire da definizioni e da assiomi (al modo di Euclide, per intendersi), da cui si
deducono proposizioni che illustrano le proprietà delle figure continue e delle
grandezze.
Tommaso classifica le diverse scienze in base al principio della subalternatio
scientia-rum. Le scienze sono ordinate in una gerarchia al cui vertice si collocano
quelle che hanno il carattere di maggiore generalità e universalità (in questo senso,
la metafisica è la scienza filosofica suprema), cui sono subordinate le scienze di
universalità e generalità minori: per esempio, l'aritmetica è superiore alla musica,
perché la musica consiste nello studio dei suoni che stanno tra loro in rapporti di
proporzioni numeriche. In breve, ogni disciplina superiore offre i principi a quella
inferiore, la quale li assume senza alcuna necessità di prove ulteriori, e procede
nella costruzione di ragionamenti scientifici sempre più particolari. Così procedendo,
si crea un sistema strutturato di conoscenze tra loro concatenate, della cui validità
non si può dubitare.
Ecco quindi che Tommaso delinea un sistema disciplinare rigoroso, al cui vertice si
colloca la teologia: essa è volta alla conoscenza di Dio, che è l'oggetto più nobile e il
fine ultimo di tutte le creature. Ogni sapere umano, ogni conoscenza (compresa
quella fi-
losofica, naturalmente) è perciò a essa subordinata.

Tommaso
1. Perché secondo Tommaso la filosofia è ancilla theologiae?
Pro
Secondo Tommaso la filosofia è ancilla theologiae poiché la teologia è volta
alla conoscenza di Dio, che è l'oggetto più nobile e il fine ultimo di tutte le
creature. Ogni sapere umano, ogni conoscenza (compresa quella filosofica,
naturalmente) è perciò a essa subordinata. Infatti lui le scienze sono ordinate
in una gerarchia al cui vertice si collocano quelle che hanno il carattere di
maggiore generalità e universalità (in questo senso, la metafisica è la scienza
filosofica suprema), cui sono subordinate le scienze di universalità e
generalità minori: per esempio, l'aritmetica è superiore alla musica, perché la
musica consiste nello studio dei suoni che stanno tra loro in rapporti di
proporzioni numeriche. In breve, ogni disciplina superiore offre i principi a
quella inferiore, la quale li assume senza alcuna necessità di prove ulteriori, e
procede nella costruzione di ragionamenti scientifici sempre più particolari.
Così procedendo, si crea un sistema strutturato di conoscenze tra loro
concatenate, della cui validità non si può dubitare.
Ecco quindi che Tommaso delinea un sistema disciplinare rigoroso, al cui
vertice si colloca la teologia…

Contro
Duns invece non crede che la filosofia è ancilla theologiae poiché crede che
non abbiamo niente

2. Cos'è la differenza ente/essenza e quale ruolo svolge nella teologia di


Tommaso?

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