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È probabilmente il fondatore della scolastica, la filosofia cristiana del medioevo (-> dominante in Europa)

che è impegnata a dimostrare l’esistenza di Dio. Il logos è messo al servizio della dimostrazione
dell’esistenza di Dio. Elabora due dimostrazioni dell’esistenza di Dio:

1) Exgradu: la dimostrazione a posteriori dell’esistenza di Dio [MONOLOGION] – Dimostro Dio non


partendo da Dio, ma si parte dal creato (risalgo dal creato al creatore). E’ detta anche EXGRADU
perché si parte “dai gradi” (altezza, giustizia, luminosità, bellezza) -> l’ordine della natura presenta
dei gradi i quali non potranno mai procedere all’infinito poiché deve esistere il GRADO MASSIMO di
TUTTI I GRADI MASSIMI: esso è Dio. Dio è la somma dei Gradi massimi di tutti gli attributi. La
bruttezza non esiste poiché è mancanza di Bellezza; l’oscurità non esiste poiché è mancanza di
Luce. Anselmo ha compiuto un salto “ingiustificato” da un piano naturale empirico a un piano
ontologico metafisico. Non c’è la dimostrazione dunque ma è un SALTO LOGICO.
Esiste un’unica natura o sostanza o essenza che esiste per sé e da sé mentre tutte le altre esistono
per essa e da essa.

2) Ontologica: la dimostrazione a priori dell’esistenza di Dio [PROSLOGION] – Si parte dall’idea di Dio


per arrivare a dimostrare l’idea stessa. -> opera del PROSLOGION, Salmo XIV: c’è un dialogo tra il
sapiente (Anselmo) e l’insipiens (l’insipiente, l’ateo). Il sapiente chiede all’insipiente se crede in Dio.
L’altro risponde di no. “Ma che cosa è Dio, ciò a cui non credi?” l’insipiente: “Dio è l’essere prefetto
che ha creato il mondo ed è soltanto una idea”. Ma è una contradizione dal momento che se
sostieni che l’IDEA di “ESSERE PERFETTO” NON ESISTE, in verità ESISTE perché stai pensando (hai
dentro di te) all’ “IDEA di ESSERE PERFETTO” ma non può esistere solo nella tua mente e non
nella realtà perché altrimenti esisterebbe un’altra idea di essere perfetto che oltre ad esistere nella
tua mente sarebbe superiore alla perfezione che l’insipiente sta negando. “Può esistere qualcosa di
più perfetto del perfetto?” “No.”.

IN ALTRE PAROLE: Colui che dice “Deus non est”, nel momento in cui si coglie la definizione di Dio
(= ciò di cui non possa pensare nulla di più grande = essere perfetto -> non puoi andare oltre alla
perfezione) si sta affermando l’esistenza di Dio sul piano della realtà (in re – noi vediamo Dio nella
perfezione del LOGOS). Se si coglie la definizione di Dio, è impossibile negarlo nella realtà,
altrimenti si sta affermando che c’è qualcosa di più grande di “ciò di cui non possa pensare nulla di
più grande” = più grande dell’ “essere perfetto”), il che è impossibile [prova a pensare a qualcosa di
più perfetto di qualcosa già perfetto. Il cerchio è perfetto: puoi renderlo più perfetto? No.]
L’INSIPIENS INTENDE CIO’ CHE ODE MA NON COMPRENDE IL CONCETTO (= la portata di
quell’intelletto) DUNQUE E’ PORTATO A NON CREDERE.
Dio deve esistere sia nella realtà (attraverso il LOGOS) sia nell’intelletto (Parmenide: stessa cosa è
l’essere e il pensare/ penare è pensare d’essere). Un grado d’essere di perfezione IN REALTA’ è
maggiore di quello che è solo NEL PENSIERO.

GAULINONE si contrappone al pensiero di Anselmo: se io immagino un’isola perfetta, che non esiste nella
realtà, non può essere perfetta. Si può comprendere cose false solo se enunciate e affermate che esistano
nell’intelletto. Non è stato ancora approvato che Dio sia la cosa più perfetta. RISPOSTA di ANSELMO:
rimane sempre un’isola materiale perfetta (è sempre una cosa materiale). Anselmo non ha parlato di una
cosa perfetta (RES) ma della PERFEZIONE. Dio non è una cosa perfetta, ma è la perfezione (esiste sia su un
piano ontologico mentale sia su un piano ontologico reale).
Il pensiero retto è quello che esprime la realtà così come è (significat esse quod est) La rettitudine si
predica dell’intelletto che è verità. La rettitudine si predica della volontà che è giustizia e bene. La libertà è
la capacità di agire secondo il bene e non la possibilità di peccare, perché altrimenti Dio non sarebbe libero.
La libertà si identifica nella volontà e quindi coincide con la rettitudine.

La riflessione di Anselmo si prefigge di chiarire con la ragione ciò che si possiede con la fede (Fides
quaerens intellectum e Credo ut intelligam). La fede si illumina nell’intelligenza. La ragione serve ad
articolare la verità di fede o a illuminarle attraverso adeguate argomentazioni dialettiche.

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