che è impegnata a dimostrare l’esistenza di Dio. Il logos è messo al servizio della dimostrazione
dell’esistenza di Dio. Elabora due dimostrazioni dell’esistenza di Dio:
IN ALTRE PAROLE: Colui che dice “Deus non est”, nel momento in cui si coglie la definizione di Dio
(= ciò di cui non possa pensare nulla di più grande = essere perfetto -> non puoi andare oltre alla
perfezione) si sta affermando l’esistenza di Dio sul piano della realtà (in re – noi vediamo Dio nella
perfezione del LOGOS). Se si coglie la definizione di Dio, è impossibile negarlo nella realtà,
altrimenti si sta affermando che c’è qualcosa di più grande di “ciò di cui non possa pensare nulla di
più grande” = più grande dell’ “essere perfetto”), il che è impossibile [prova a pensare a qualcosa di
più perfetto di qualcosa già perfetto. Il cerchio è perfetto: puoi renderlo più perfetto? No.]
L’INSIPIENS INTENDE CIO’ CHE ODE MA NON COMPRENDE IL CONCETTO (= la portata di
quell’intelletto) DUNQUE E’ PORTATO A NON CREDERE.
Dio deve esistere sia nella realtà (attraverso il LOGOS) sia nell’intelletto (Parmenide: stessa cosa è
l’essere e il pensare/ penare è pensare d’essere). Un grado d’essere di perfezione IN REALTA’ è
maggiore di quello che è solo NEL PENSIERO.
GAULINONE si contrappone al pensiero di Anselmo: se io immagino un’isola perfetta, che non esiste nella
realtà, non può essere perfetta. Si può comprendere cose false solo se enunciate e affermate che esistano
nell’intelletto. Non è stato ancora approvato che Dio sia la cosa più perfetta. RISPOSTA di ANSELMO:
rimane sempre un’isola materiale perfetta (è sempre una cosa materiale). Anselmo non ha parlato di una
cosa perfetta (RES) ma della PERFEZIONE. Dio non è una cosa perfetta, ma è la perfezione (esiste sia su un
piano ontologico mentale sia su un piano ontologico reale).
Il pensiero retto è quello che esprime la realtà così come è (significat esse quod est) La rettitudine si
predica dell’intelletto che è verità. La rettitudine si predica della volontà che è giustizia e bene. La libertà è
la capacità di agire secondo il bene e non la possibilità di peccare, perché altrimenti Dio non sarebbe libero.
La libertà si identifica nella volontà e quindi coincide con la rettitudine.
La riflessione di Anselmo si prefigge di chiarire con la ragione ciò che si possiede con la fede (Fides
quaerens intellectum e Credo ut intelligam). La fede si illumina nell’intelligenza. La ragione serve ad
articolare la verità di fede o a illuminarle attraverso adeguate argomentazioni dialettiche.