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San Tommaso

1. Rapporto tra Dio e le creature

1) Che cosa è l'essere?


Ente (ciò che è)
Definizione di una cosa
Essenza Esistenza
Forma + materia
Potenza Atto

Mentre l'essenza è in potenza l'ente esiste in atto. L'essenza non coincide con la forma aristotelica
poiché include anche la materia, una materia signata ovvero una materia determinata legata ad una
forma determinata. L'unione di essenza ed esistenza è opera di Dio inteso come atto puro. Dio sta
alle creature come la causa all'effetto.

L’essere è di due tipi :


• L’essere di Dio ( = essere per essenza; in Lui essenza ed esistenza coincidono, Dio nella Summa
Theologiae, è definito Ipsum Esse Subsistens. Dio poi è causa prima di tutto, mentre le creature
sono cause seconde che agiscono per realizzare il loro appetito di perfezionamento secondo la loro
natura.)
• L’essere delle creature ( = enti che ricevono l’essere da Dio)
Dio sta alle creature come il necessario ( ciò che è e non può non essere) sta al contingente ( ciò che
può essere o non essere)

NB:
Essenza= ciò che viene espresso dalla definizione, comprende sia la forma che la materia.
Esistenza= l’atto per cui qualcosa esiste di fatto. L’essenza sta all’esistenza come la potenza all’atto

2) Dio crea liberamente?


La creazione consiste nell’aggiunta dell’esistenza all’essenza, cioè nell’atto grazie al quale le
essenze, passando dalla potenza all’atto, esistono realmente. Dio non genera le cose attraverso un
atto necessario, ma le crea attraverso un atto libero. Dio esercita così un "governo" sul mondo
creato, una Provvidenza, a cui nulla sfugge, a differenza di Aristotele anche le realtà singolari e i
fatti sono soggetti alla divina provvidenza, che tutto conosce e governa, e senza la quale nessuna
realtà finita potrebbe mantenersi nell'essere.

2. Partecipazione e analogia

1) Partecipazione: è l’atto con cui le creature, grazie a Dio, prendono parte all’essere.
Dio possiede l’essere per natura. Le creature hanno l’essere per partecipazione. Dio E’ l’essere, le
creature HANNO l’essere.

2) Analogia: l’essere di Dio e l’essere delle creature non sono


né univoci ( = totalmente simili rischiando l'immanentismo)
né equivoci ( = totalmente diversi rischiando l'incomunicabilità)
ma in parte identici e in parte differenti,cioè simili ma in proporzioni diverse.
Fra Dio (l’infinito) e le creature (il finito) vi è somiglianza e dissomiglianza al tempo stesso.
Partecipazione e analogia salvaguardano la trascendenza di Dio ed escludono ogni forma di
panteismo.

3. Conoscenza e verità
L'aristotelismo di S.Tommaso è evidente nella sua gnoseologia, che vede tutta la conoscenza umana
prendere le mosse dal sensibile, senza alcuna forma di innatismo (dal che segue il rifiuto delle prove
a-priori dell'esistenza di Dio), e nella sua antropologia che vede una stretta unità dell'anima e del
corpo. Tommaso non dimentica che il livello principale dell'uomo è lo spirito, il cui dinamismo è
tutto orientato a un compimento trascendente e soprannaturale: l'uomo è desiderio di Dio.
La verità quindi consiste nell’adeguazione della cosa e dell’intelletto: L’intelletto si adegua alle
cose, Che si adeguano alle idee divine. Dio è la Verità di tutte le verità.
Struttura logica delle prove
1. Si parte da un dato di esperienza (a posteriori) che non si spiega da sé
2. Si applica il principio di causa
3. Si esclude il regresso all’infinito
4. Si perviene ad una realtà trascendente (separata dal mondo) esplicatrice

Le cinque vie dell’esistenza di Dio


Punto di partenza Arrivo
Il movimento Dio = Primo Motore Immobile
La causa Dio = Causa prima incausata
Il possibile Dio = Ente Necessario
Gradi di perfezione Dio = Perfezione somma
I fini Dio = Intelligenza ordinatrice

La prova ontologica (a priori) di S. Anselmo per San Tommaso è un passaggio dall'essenza


all'esistenza. L'essenza è l'insieme dei predicati essenziali che determinano la cosa. Se dico:l'uomo è
un animale razionale, l'essenza è la razionalità. Per Aristotele poteva essere vista come la nozione, il
concetto di forma (l'uomo è concepito come animale razionale). Anselmo sostiene che l'essenza di
Dio è la perfezione, cioè tutte le qualità positive al massimo grado.
San Tommaso afferma che se noi conoscessimo adeguatamente l'essenza di Dio, allora potremmo
sapere con certezza che esiste. In pratica, l'essenza implicherebbe l'esistenza. Per Tommaso, però,
l'uomo non conosce adeguatamente l'essenza (perché se io voglio in qualche modo provare
l'esistenza di Dio è perché non ne ho già una conoscenza adeguata) e quindi non si può fare il
passaggio dall'essenza all'esistenza di Dio. La prova, per Tommaso, non è un errore logico, ma non
è valida poiché l'uomo non conosce adeguatamente l'essenza di Dio. In conclusione, secondo lui, si
può provare l'esistenza di Dio solo a posteriori e non a priori.

Nello specifico le cinque “vie” per dell’esistenza di Dio

Ex Motu:
Quod movetur (ciò che muta) ab alio movetur (è mosso da altro). Se ciò che
muove a sua volta muta, è mosso da altro. Ora, siccome non è possibile procedere
all'infinito, si deve sostenere l'esistenza di un Motore Immobile.

Ex Causa
Ciò che è causato, è causato da altro, e in definitiva (se vogliamo evitare il processo
all'infinito) da una Causa Prima.

Ex Contingenza
Ciò che nasce e muore può essere spiegato in ultima analisi con un Essere Necessario, un Essere
cioè la cui essenza coincide con l'esistenza: ciò che nasce e muore è un essere “contingente”, un
essere cioè che non ha l'esistenza per natura in quanto riceve l'esistenza da altri; ciò che invece ha
l'esistenza per natura è l'Essere Necessario. L'essere contingente implica quindi l'esistenza di un
Essere Necessario.
Ex Gradu
Le perfezioni presentano delle gradualità (+, -) che si possono spiegare solo ammettendo l'esistenza
di una Perfezione assoluta, cioè Dio. Per S. Tommaso una perfezione (bello, buono, vero... ) che si
presenta con gradi diversi implica l'esistenza di Perfezioni assolute (Bellezza, Bene, Verità...), cioè
di un Essere che è la somma di tutte le perfezioni assolute (Dio è Verità assoluta, Bene assoluto...).

Ex Fine
Le cose naturali, pur prive di un'intelligenza, appaiono dirette verso un
fine. Ora questo sarebbe inspiegabile se non ci fosse un'Intelligenza ordinatrice.

4. L'anima e la Felicità

L'anima dell'uomo come forma sostanziale unica del corpo è individuale ed immortale, non esisteva
prima del corpo e non è trasmessa dai genitori, ma è creata ogni volta e rivolta a Dio come suo fine
ultimo. Essendo creati ad immagine e somiglianza di Dio, portando dentro di noi la sua impronta,
siamo inclini a desiderare il bene e la felicità. Il fine della vita è la felicità, che non consiste nel
piacere, ma in una attività secondo virtù, in particolare quelle teologali(fede, speranza e la carità)
poiché infuse direttamente da Dio, in quanto l'uomo con le sue sole forze non può arrivare alla
beatitudine eterna. In contrasto con Aristotele, il quale vedeva la realizzazione dell'uomo nella pura
contemplazione, l'unica forma di felicità che possa completare l'uomo per S. Tommaso è la vita
eterna raggiunta attraverso la visione beatifica di Dio.

5. Il desiderio
a) Tommaso d’Aquino parla del “desiderio” come dell’adpetitus intellectivus sive rationalis. Il
sostantivo ad-petitus (da petere-ad, cioè “tendere a”) vuol dire “tendenza”: tendenza all’essere
(ovvero, in senso generalissimo, al bene); l’aggettivo intellectivus sive rationalis (“intellettivo
ovvero razionale”) indica che, nell’uomo, tale tendenza ha lo stesso orizzonte dell’intelletto: un
orizzonte che non ha limiti. In altre parole, l’uomo tende ad un bene senza limiti, che non può
coincidere con alcuna realtà finita.
b) Riprendendo la lezione agostiniana, Tommaso fa valere le seguenti equivalenze: “bene” è
l’essere, in quanto oggetto di desiderio, quindi, è l’essere in quanto è “desiderabile”; il bene,
poi, è desiderabile in quanto “perfettivo”, cioè come fattore di perfezionamento per il colui che
desidera. Insomma, ogni realtà tende a fruire di ciò che ha una qualche perfezione, per
perfezionarsi a sua volta.
c) Il desiderio umano si esprime inevitabilmente – anche se mai esaurientemente – nei bisogni
oggettivi (Tommaso usa, in proposito, la parola inclinationes: “inclinazioni”). Il termine “bisogno”
indica la sollecitudine verso ciò che manca. Ora, l'uomo è in cammino verso il proprio fine con tutto
se stesso, quindi è in cammino anche con i suoi bisogni. Tommaso distingue quattro livelli di
“inclinazione” (di tensione alla completezza), ovvero quattro generi di bisogni oggettivi propri
dell’uomo. (1) Un livello che l’uomo ha in comune con tutti gli esseri viventi: la tendenza
all'autoconservazione, e la ricerca di ciò che ad essa è funzionale. (2) Un livello che l’uomo ha in
comune con gli animali: la tendenza del maschio e della femmina ad unirsi affettivamente e
sessualmente, e a procreare e custodire i figli. (3) Un livello che Tommaso ritiene esclusivo
dell’uomo: la tendenza a vivere in società e a risolvere in comune i problemi. (4) Ed infine la
tendenza a conoscere la verità sul proprio destino. Ciò che accomuna queste “inclinazioni” è la
loro inestirpabilità: si possono deviare, alterare, ma non eliminare.

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