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Aristotele

Come lo possiamo presentare a partire da Platone? Prendiamo le idee e consideriamole non


esistenti in un’altra dimensione ma nello stesso mondo sico-corporeo-naturale in cui facciamo
noi esperienza e otteniamo l’interpretazione di Aristotele delle idee di Platone. Le idee di “Platone”
esistono nelle cose stesse, non sono le cose stesse ma esistono nelle cose come loro causa,
come loro principio. Facciamo l’esempio dell’uomo: per Aristotele ogni uomo è una sostanza.
Cosa vuol dire sostanza? La sostanza quella naturale-carnale è un unione di un principio
materiale (ingredienti naturali che lo costituiscono: sangue, ossa, carne) e un principio formale .
Questi elementi materiali per Aristotele sono la combinazione dei quattro elementi fondamentali
che sono: acqua, aria, fuoco, terra. Il sangue, la carne, le ossa sono diverse nature, elementi
materiali che risultano da questi principi fondamentali( le ossa per esempio sono fatte di2/3 di
terra e 1/3 di acqua).
Il principio formale invece è quello che corrisponde alla de nizione “essere uomo”( de nizione
essere uomo: animale razione). Questo elemento formale non esiste separatamente dall’elemento
naturale, si realizza come principio organizzatore della materia. Esempio: anche i cani sono
sangue, ossa e carne ma il modo in cui l’elemento materiale è organizzato è diverso dall’essere
umano. Questo principio formale sono le idee di platone, non esistono al di fuori degli esseri del
mondo corporeo sensibile, esistono al loro interno come principio organizzativo-formale della
materia. L’idea di uomo è la stessa in tutti noi. Questo principio organizzatore esiste solo nel
mondo corporeo sensibile, è eterno perché l’umanità è in nita, i singoli individui muoiono ma la
forma dell’essere umano esiste eternamente con il succedersi delle generazioni. Quindi Aristotele
per spiegare la realtà usa la soluzione platonica: ciò che muta trova il suo fondamento in ciò che
non muta.
Altra di erenza fra platone e aristotele è la valorizzazione della natura. La sica come disciplina
che studia il mondo naturale, (scienza di ciò che diviene) per Platone è inconcepibile, ciò che
muta non può essere conosciuto. Però per aristotele è possibile spiegare il divenire in relazione a
ciò che non muta (simile concezione platone).
Il divenire del mondo (rivoluzione, movimento stelle, assi) ha un principio immutabile, Dio, la causa
del divenire. Dio ( prendendo di riferimento l’universo, il cosmo nel suo insieme) è il motore
immobile che fa muovere il mondo, sia in modo diretto sia in modo indiretto, è la causa dei
processi del divenire che avvengono nel cosmo. Quando parliamo del divenire del mondo bisogna
pensare al divenire dei corpi celesti, un mutamento che è locale, non un mutamento nella
sostanza delle cose. Questo movimento dei pianeti provoca nella terra quei mutamenti sostanziali,
nascita e morte degli esseri viventi.
Infatti per aristotele i mutamenti sostanziali (generazione e corruzione) dipendono dai movimenti
dei corpi celesti, che dipendono da un motore immobile(Dio). (Ci sono tanti motori immobili, tanti
quanti sono i pianeti). Questo in termini assoluti (esistenza motore immobile).
In termini relativi invece, per cui il divenire si spiega attraverso ciò che non muta. Perché nella
crescita del bambino che diventa adulto questo divenire non è un passaggio fra essere e non
essere, non è che il bambino diventa nulla e dal nulla poi viene fuori l’adulto, all’interno di questo
cambiamento vi è un sostrato del cambiamento che rimane sempre quello che è, quella persona
rimane la stessa anche se passa dallo stato bambino-adulto, perdita una caratteristica e ne
acquista un altro. Per esempio L’uomo da ignorante diventa saggio, l’unione di “uomo+ignorante”
diventa nulla e da questo viene fuori “l’uomo+saggezza” , ma in questo cambiamento, che passa
dai contrari, vi è qualcosa che permane, che da continuità e unità al processo del mutamento. In
questo divenire speci co c’è qualcosa che non muta: il soggetto del cambiamento, il
sostrato(stare sotto alle proprietà). Questo ci consente di comprendere razionalmente il divenire.

La sica
C’è la ripresa di tematica presocratiche, cioè la sis, sica studio della natura. Anche aristotele è
un grande sistematore, quando si parla di acqua, aria, fuoco, terra e l’etere(riguarda il cielo) Qui si
fa riferimento alla dottrina di Empedocle: sostiene che tutti i processi naturali possono essere
spiegati facendo riferimento a 6 principi:4 sono materiali(aria,acqua,terra e fuoco) + 2 principi
formali amicizia e odio, causa di unione o separazione che operano sui 4 elementi. Perché una
molteplicità di principi? Se facciamo riferimento ad un unico principio viene di cile spiegare la
molteplicità delle cose che abbiamo in natura. Questo problema e questa soluzione li chiamiamo
con la formula”salvare i fenomeni”: spiegare la gran varietà di cose che esistono in natura.
Aristotele dice è natura ciò che “ha in se il principio del mutamento”, un tavolo non è un elemento
naturale perché non ha in se il principio del mutamento, il tavolo è prodotto dall'arte umana, il
prodotto del suo divenire è nella mente del falegname. Da un tavolo non viene fuori un altro
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tavolo. Da un albero invece può generare un altro albero, ha in se la causa della generazione e
della crescita. La natura è l’ambito cose che mutano avendo il principio immutabile in loro stesse.
Se la natura esaurisse l’ambito di ciò che è è chiaro che sica e ontologia coinciderebbero. Per
aristotele per spiegare la natura, il divenire dobbiamo ammettere (con delle dimostrazioni) che è
necessario che esistano sostanze che non mutano, immutabili, bisogna ammettere una
dimensione di ciò che non muta, è immateriale, quindi ontologia comprende anche quella che i
loso chiameranno meta sica, dimensione essere al di là della sica. La meta sica è richiesta
dalla sica, la dimensione di ciò che muta non basta a se stessa, per spiegare l’essere delle cose
siche c’è bisogno di meta sica.
1 dimostrazione della sica:divenire eterno
2 dimostrazione sica: esiste un primo motore immobile
Come si conciliano le due cose? Questo primo motivo non si trova all’inizio, non è causa
e ciente, non produce il divenire, non gli da avvio, perché eterno. Non si colloca nello stesso
piano del divenire, si colloca su un’altra dimensione e produce il divenire non come causa
e ciente ma come causa nale.

Quando parliamo di movimento intendiamo mutamento, ciò che diviene, non lo spostamento. Uno
dei principi di fondo di aristotele è che la scienza è conoscenza delle cause, cioè non descrive
solamente il che(come stanno le cose) ex “che piove”, non ci dice semplicemente cosa succede
nel mondo ma ha l’ambizione di spiegare ciò che accade nel mondo, nella realtà. Non è
conoscenza del che ma del perché. È spiegazione e individuazione delle cause. Dato che
aristotele vuole elaborare una scienza del divenire, vuole quindi trovarne le cause/principi. Dal
punto di vista terminologico la di erenza fra principio e causa è che il principio è una causa
interna (se do un pugno a Laura il pugno è causa dell’ematoma, il cambiamento sul suo volto è
infatti prodotto da una causa esterna, il pugno, invece il fatto che laura cresca, che diventi grande
è riconducibile a un principio interno). Quali sono i principi del divenire per Aristotele? Nel 1 libro
della sica(non sono opere letterarie , pubblicate, le usava per fare lezione, sono il contenuto di
quello che insegnava nei suoi corsi… quindi da un punto di vista ci mettono in contatto diretto col
pensiero di aristotele, dall’altro non tutti questi scritti sono scritti da lui) aristotele si chiede quanti
sono i principi del divenire? Esclude che sia uno (come abbiamo già spiegato per talete ecc) ma
anche che siano in niti. Il divenire è il mutamento e l’ambito in cui esso si realizza è la natura,
quindi dire che il divenire ha in niti principi è sinonimo di dire che la natura stessa ha in niti
principi. La teoria che sosteneva che natura avesse in niti principi è l’atomismo, che veniva
sostenuto da democrito, che sosteneva che realtà fosse composta da particelle piccolissime,
invisibili, di numero in nito e che la loro aggregazione/disgregazione desse vita alla realtà.
Democlito da un certo punto di vista è precursore della scienza di oggi, intendeva spiegare le
di erenze qualitative che incontriamo nella nostra esperienza facendo riferimento a di erenze
quantitative. Perché tutta la realtà si spiega con l’aggregazione o la disgregazione di piccoli
corpuscoli Che hanno caratteristiche geometriche, cioè gli atomi secondo Democrito si
distinguono l’un l’altro per tre caratteristiche fondamentali: forma(f≠a), ordine (fa≠af in fa prima f
poi a e in af prima a poi f) e posizione(n≠z sono capovolte). Queste sono caratteristiche
quantitative. Democrito dice che gli atomi precipitando danno vita ad aggregazioni casuali, quindi
il mondo nasce per “caso” (c’è il determinismo, tutto ciò Che accade nel mondo naturale e
determinato da aggregazione degli atomi) .
Aristotele ha concezione opposta a questa, oggi la vedremmo come meta sica. Secondo
Aristotele l’idea di ricorrere in niti principi è errata perché parlare di in niti principi e
diametralmente opposto alla concezione greca, infatti spiegare vuol dire uni care, ricondurre il
complesso al semplice.(le spiegazioni si complicherebbero troppo, l’in nito non posso
comprendere, eccede le mie possibilità. Per aristotele introdurre in niti principi vuol dire non saper
spiegare il fenomeno,un po’ come argomento del terzo escluso). Quindi Aristotele dice che i
principi del divenire devono essere più di uno ma non possono essere in niti, E allora quanti sono
i principi del divenire? Sono tre oppure cinque(in funzione del punto di vista da cui lo
consideriamo). Due devono essere per forza perché quando qualcosa muta e ettua un passaggio
da A a B, (A≠B la tappa iniziale del mutamento deve essere diversa dalla tappa nale, altrimenti
non c’è mutamento), A e B Per Aristotele sono i contrari. Il mutamento avviene sempre fra due
contrari. (Il caldo deriva dal non caldo). Poi però è necessario un ulteriore ingrediente che è il
sostrato( soggetto mutamento), garantisce unità del mutamento, ci fa dire che è uno solo, è un
mutamento che fa passare un soggetto da un contrario a un altro.
Ma in questo caso il principio è un soggetto? No, il principio del movimento è come facciamo noi
a spiegare il divenire? Il divenire è reale, Aristotele dice che è inutile impegnarsi in ragionamenti
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astratti per dimostrare che il divenire non esiste. Perché l’esperienza ne attesta l’esistenza.io ho
delle facoltà, i sensi, che mi mettono in relazione al mondo, mi fanno fare esperienza, queste
facoltà mi fanno vedere che il divenire c’è.quindi impegnarsi in dimostrazioni che vanno contro
l’esperienza è assurdo.una volta che io accetto che il divenire reale devo inquadrarlo, devo ssare
le coordinate che mi consentono di capire come possa avvenire, e queste coordinate sono i
principi. Ora noi non dobbiamo intendere il principio come SOLO causa e ciente(il pugno),
principio nel senso di elementi dai quali dipende il divenire, il divenire c’è perché ci sono questi
ingredienti senza questi ingredienti non si può veri care il divenire. Aristotele descrive in modo più
dettagliato i due contrari secondo lui nel mutamento naturale i contrari sono asimmetrici, lo stato
iniziale del cambiamento Aristotele lo chiama privazione mentre il termine del cambiamento la
chiama forma. Secondo Aristotele quindi il mutamento passa dalla mancanza di alcune proprietà
all’acquisizione di queste proprietà, la forma è sinonimo di proprietà, intesa come proprietà
positive, come proprietà che intendano una realtà.quindi si passa dalla mancanza di forma
all’acquisizione di forma, alla mancanza di proprietà all’acquisizione di proprietà. L’esempio
classico è quello del bambino e dell’adulto, il bambino di cosa manca? Manca della natura
propria dell’adulto, della natura propria dell’essere umano(Essere un animale razionale), nel
processo di crescita il bambino acquisisce quelle caratteristiche che lo rendono un esemplare
perfettamente sviluppato nella sua specie e che così sviluppato gode di quelle caratteristiche che
lo distinguono da altri speci, è animale razionale, un bambino non lo è ancora: non sa parlare, non
sa ben conoscere, non sa pensare in modo razionale.nel processo di crescita acquisisce questi
elementi, chiaramente anche degli elementi materiali che gli consentono di realizzare la sua natura
propria.qui vediamo che l’approccio di Aristotele e teleologico; teleos=scopo, ne , I processi
naturali sono volte a uno scopo, lo scopo è la realizzazione della natura, della piena natura, di
ciascuna cosa.il cucciolo di cane cresce, si sviluppa, per realizzare pienamente il suo essere. Il
seme cresce per realizzare pienamente la natura di essere quercia. È molto diversa dalla sica che
intendiamo oggi infatti nella concezione Galileiana, gli scopi non fanno parte della natura,
riguardano l’uomo, siamo noi che ci proponiamo degli obiettivi, la natura agisce senza scopi.
Nel processo da bambino adulto c’è l’aiuto della culturalizzazione, la cultura però è qualcosa di
naturale, non viene fuori da altra dimensione, non è un altro tipo di realtà, è un prodotto della
natura. Questo discorso dell’essere un animale sociale è anche presente in Aristotele, ma ci sono
anche altri animali che sono sociali(i leoni).
Aristotele osserva che quando c’è il divenire il soggetto, il sostrato che si trova nello stato di
privazione, certo manca di alcune caratteristiche però è in una speci ca condizione che gli
consente ad esso di acquisirle. Quindi non è solo un discorso di privazione ma anche di capacità,
per esempio una piantina è priva della razionalità dell’uomo, ma mentre il bambino ha la capacità
per diventarlo la piantina no. Questa cosa viene espressa con la formula “essere in potenza”, atto
e potenza sono due concetti fondamentali in Aristotele, la forma invece è “essere in atto”, E
l’attuazione delle caratteristiche di cui inizialmente era privo. L’essere impotenza esprime la
privazione ma anche la capacità di acquisirla, il bambino quindi è impotenza di un animale
razionale. È privo di queste caratteristiche ma ha la capacità per ottenerle se il processo di
crescita è regolare. L’essere impotenza si lega a una forma di indistinzione, il bambino può
diventare adulto ma anche no, per esempio il feto inizialmente è indistinto, non si sa come si
svilupperà, può essere sia maschio sia femmina. L’essere in atto è l’attualizzazione, la presenza
e ettiva delle proprietà che il sostrato acquisisce al termine del processo. Qual è quindi la la
de nizione che Aristotele ci fornisce di divenire? Il divenire è il passaggio dall’essere in potenza
all’essere in atto. È un passaggio da una certa forma di essere a un’altra forma di essere, e questo
risolve uno dei problemi che aveva a itto il dibattito sul divenire.il divenire infatti prima di
Aristotele era pensato come il passaggio dall’essere al nulla e questo rendeva il divenire
impossibile da pensare.Aristotele infatti a di erenza di Platone sostiene che il divenire non sia un
passaggio fra due contrari assoluti, l’essere e il nulla, ma che è il passaggio da una forma di
essere a un’altra forma di essere.da qui vediamo l’idea di razionalità che a Aristotele: la scienza
secondo lui deve razionalizzare l’esperienza, deve farci comprendere come la realtà è razionale,
comprensibile, il divenire non è qualcosa illogico, non è assurdo, ci dimostra che il divenire è
pienamente coerente, pienamente razionale e che la sua assurdità dipende solamente dal modo
in cui l’abbiamo considerato nora. Poi vediamo come c’è continuità fra Aristotele e Platone da
questo punto di vista: Platone diceva che il non essere non è un non essere assoluto, è un non
essere relativo, è il diverso. Questo processo del non essere viene in qualche modo razionalizzato,
viene integrato all’interno della dimensione dell’essere, come non essere relativo. Aristotele
continua quest’operazione, nell’essere quel non essere che noi percepivamo all’interno
dell’esperienza è un non essere relativo, è il non essere della privazione, il non essere del termine
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nale del mutamento: sono due forme di essere. Aristotele ci dice anche che ci sono quattro tipi
di movimento: il divenire locale cioè lo spostamento, quel tipo di cambiamento che riguarda il
cambiamento di luogo in cui ci si trova, richiede soggetti che possano muoversi, ma questo
spostamento non cambia la loro natura.poi c’è un mutamento qualitativo, che possiamo
rappresentare come l’abbronzatura, quando ci abbronziamo cambiamo qualità, diventiamo più
scuri nella pelle. Il terzo tipo di cambiamento il cambiamento quantitativo, una persona diventa
più grande, più alta, più magra, meno bassa, meno magra. In ne l’ultimo cambiamento è il
mutamento sostanziale: riguarda la nascita e la morte è un cambiamento che riguarda la sostanza
delle cose, il loro essere proprio, il nostro essere individuale è coinvolto in questo cambiamento.è
proprio questo essere individuale di ognuno di noi che oggetto del cambiamento, è soggetto a
mutamento. Tutti questi mutamenti possono essere spiegati a partire dal movimento locale, dallo
spostamento, perché per esempio il mutamento quantitativo lo spieghiamo come uno
spostamento di elementi da una parte all’altra. Quando ingrassiamo introduciamo degli elementi,
quindi aggiungiamo cose.l’abbronzatura si spiega poi come un mutamento quantitativo che a sua
volta si spiega con un mutamento locale, nel processo di esposizione al sole aumenta una certa
quantità di melanina. L’individuo come uomo è soggetto al mutamento sostanziale, noi nasciamo
in moriamo, questo cambiamento avviene sulla terra, di conseguenza tutta una serie di processi
che hanno luogo sul pianeta e nel cosmo. La vita di un individuo sulla terra dipende da quello che
accade nella terra ma questi derivano da altri fenomeni che riguardano i corpi celesti. Le stagioni
dipendono dalla rivoluzione della terra attorno al sole. Sì questi fenomeni terrestri dipendono dai
fenomeni celesti che avvengono nel cosmo, ma questi sono solo mutamenti locali, spostamenti
dei pianeti che ruotano. Quindi da questo mutamento dipendono tutti gli altri e se riusciamo a
spiegare questo spieghiamo tutto il resto.

ETERNITÀ DEL DIVENIRE


Per dimostrare che il divenire è eterno Aristotele procede per assurdo, quindi farà un ipotesi per
assurdo e dirà “il divenire non è eterno”. Quindi se il divenire non è eterno, ha un inizio e una ne.
Noi ci concentriamo su “ha un inizio”, dimostriamo solo un lato della questione, perché la ne è
troppo complessa. Se parliamo di inizio e ne ci concentriamo sulla linea del tempo: immaginiamo
un tempo T1 in cui inizia il divenire: questo signi ca che prima di T1 l’universo è in quiete, dopo
T1 L’universo è soggetto a mutamento. Quindi in T1 si veri ca il primo movimento. Se il divenire
ha inizio allora esiste un primo mutamento che indichiamo con m1. Noi supponiamo che in T1 ci
sia m1. Qui bisogna introdurre uno dei principi fondamentali della sica aristotelica: tutto ciò che
si muove è mosso da altro, Che svolge ruolo di motore.quindi se il gesso si muove signi ca che il
gesso è stato lanciato dalla mia mano, dal mio braccio.quindi il braccio e la mano sono il motore,
la causa del movimento del gesso. Questo principio Fondamentale È opposto con la sica
odierna, per il principio di inerzia. il principio di inerzia dice che ogni corpo tende a rimanere nel
suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme, se non intervengono forze ad alterare questo suo
stato.signi ca che la condizione naturale dei corpi non è esclusivamente la quiete, se non
intervengono forze, ma può essere anche un moto. Invece Aristotele ritiene che i corpi nella loro
condizione naturale siano in stato di quiete e che la condizione di mutamento sia indotta. Come
quando diciamo che il corpo ha una determinata temperatura, Se la Temperatura si alza vuol dire
che c’è una fonte di calore ; come l’acqua quando viene scaldata sulla amma. Questo non è
incompatibile con quell’a ermazione secondo cui: è per natura ciò che ha in sé il principio del
mutamento: non sono incompatibili perché il principio del mutamento è il motore, è altro rispetto a
ciò che muta. Per esempio il bambino ha in sé il principio del mutamento che lo spinge a
crescere, diventare adulto, ma il bambino è altro rispetto a quella forza che lo spinge a cambiare,
ce l’ha dentro di sé ma non è il bambino, è la sua causa nale, la sua natura propria che deve
realizzare. Dato il principio fondamentale della sica aristotelica, se c’è un primo movimento ci
dovrà essere un primo motore C1 che produce m1. La domanda che si fa Aristotele: se il
movimento ha inizio in T1, la causa agisce da sempre? Cioè è già da sempre causa motrice che
produce il movimento m1? Detto in altri termini: in T2 (che precede di molto T1), quindi quando
l’essere è in quiete, la causa è già attiva come causa motrice? La risposta è no non perché
l’essere è in quiete ma perché m1 si produce in T1. Quindi se C1 agisce come causa motrice in
T2 il movimento ci sarebbe in T2 non in T1. Quindi se l’essere è inquiete C1 non può agire come
causa motrice prima di T1. Quindi dove colleghiamo C1? Aristotele a erma che bisognerebbe
collocare C1 esattamente prima di T1, in T0, perché la causa precede l’e etto. Però allora cosa
succederebbe? Che la causa motrice passa tra T2 e T0 Al non agire come causa motrice ad agire
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come causa motrice. Peró allora se m1 per noi è il Primo mutamento abbiamo un problema
perché prima del primo mutamento noi dobbiamo ammettere l’esistenza di un altro mutamento,
cioè il cambiamento di stato di C1. Se M1 è il primo movimento, allora dato il principio della sica
aristotelica,m di C1 è il primo movimento se m di C1 è il primo movimento allora non può esserlo
M1. Quindi ho una contraddizione che dipende dal fatto che ho considerato che il divenire non è
eterno. (Nota bene che il problema non è che avrei una serie in nita di motori e mossi, il problema
avviene nel momento stesso in cui riconosco che c’è un primo movimento ma prima del primo
movimento c’è un altro mutamento)

Esistenza di un primo motore immobile


Partiamo da due presupposti:
1) tutto ciò che muta è mosso da altro ( motore di quel mutamento)
2) L’esperienza attesta l’esistenza del divenire (Aristotele si pone in condizione critica nei
confronti di Parmenide e Zenone: dice che è inutile stare a ragionare sull’esperienza per
arrivare a risultati in contraddizione con l’esperienza, quando abbiamo una fonte di
conoscenza che sono i sensi che ci informa su determinati fenomeni, che il divenire esista è
qualcosa che si apprende dall’esperienza.)
3) Dalla due visto che noi per esperienza percepiamo la presenza del divenire, diciamo che sotto i
nostri occhi è presente un divenire M1. (Il mutamento nella nostra esperienza è sempre
particolare, facciamo esperienza di un triangolo, non del triangolo generale)
4). C’è un motore mot1 che è causa di M1(Se vale la 3, applico la 1 ).
5) Si pone la domanda: Mot1 è immobile oppure è mosso? (Divide lo spazio logico delle
possibilità in due alternative incompatibili (È VALIDO SE SONO INCONCILIABILI E COPRONO
L’INTERO SPETTRO DELLE POSSIBILITÀ) fra loro, come nel metodo della giusti cazione
Dimostra che è mosso è impossibile per assurdo. COME MAI È IMPRATICABILE?
6) Se mot1 muta allora chiamiamo sia m2(il suo movimento) e sia mot2 la causa di m2. Per mot2
si ripropone il problema per mot1;è immobile oppure muta? Se noi sviluppiamo sempre questa
tesi abbiamo in de nitiva due alternative: o abbiamo da qualche parte nell’albero logico delle
possibilità un motore immobile che da avvio a un qualche motore o direttamente a m1 oppure
abbiamo una serie in nita di motori e mossi. Aristotele dimostra che serie in nita sia impossibile
7)Bisogna dare per scontato il principio che non esiste un in nito in atto, cioè un in nito in atto,
compiuto, realizzato, l’in nito esiste solo come serie, come procedimento senza ne, esiste per
esempio l‘in nito del contare.
8)l’in nito vale come processo
9)se esiste una serie in nita di motori e mossi quale problema si presenta? Qual’è il punto
dell’elenco che rappresenta l’impossibilità di rappresentare l’in nito dei motori? È in
contraddizione con il punto 2: noi possiamo sempre vedere il divenire(grazie ai sensi) ma se i
motori e i mossi fossero in niti non ci riusciremmo mai, il divenire è presente, se fosse il risultato
di una serie in nita allora l’in nito dovrebbe essersi compiuto, dovrebbe essere in atto, dovrebbe
essere compiuto, ma l’in nito non può essere percorso perché vale solo come processo. Noi
quando contiamo i numeri naturali partiamo dall’uno e andiamo avanti e diciamo che qua
andiamo all’in nito, non arrivo mai in fondo. Noi dobbiamo cambiare il punto di vista, il mio uno
da cui sono partita per contare è M1, cioè il movimento di cui io faccio esperienza che è sotto ai
miei occhi. M1 è reale, è presente. Se esistesse una serie in nita di motori e mossi io dovrei
essere arrivato a produrre M1 attraversando la serie in nita di motori e mossi che però è
incompiuta. Io avrei dovuto poter realizzare l’in nito. Ma come non riesco ad arrivare in fondo, dal
fondo non riesco neanche ad arrivare in cima.

Nel punto della prova siamo nell’ambito del conoscere, ma nel momento in cui io dico ci deve
essere passo dal piano gnoseologico al piano ontologico, quindi a nché ci sia M1, ci deve essere
la sua causa e il suo motore, ma a nché ci siano tutti questi devono esserci tutti quelli in niti che
li precedono, ma se la serie non si compie non possono essere tutti, perché la serie sarebbe
incompiuta, irrealizzabile.quindi diciamo che nell’ordine delle cause deve essersi compiuto un
processo in nito perché attraversando l’in nito Ordine delle cause devono essersi tutte attivate
per aver prodotto M1.questo secondo Aristotele è impossibile quindi bisogna ammettere che c’è
un motore immobile, che è causa prima del divenire di cui facciamo esperienza.
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Non esiste in nito in atto.
L’in nito potenziale corrisponde al procedimento del contare, cioè inizio con 1,2, poi passo a tre e
così all’in nito. Questo si chiama in nito potenziale, cioè in nito in potenza che non è ancora
passato all’atto. (Abbiamo dato la de nizione di divenire come passaggio dall’essere in potenza
all’essere in atto).questo non si traduce nell’atto perché essere in nito equivale a senza ne, che
non giunge mai a compimento.
In nito attuale: corrisponde un insieme in nito, cioè un tutto, una una totalità data o compiuta.
Cioè dentro l’insieme dei numeri naturali, ci sono tutti i numeri, tutti cioè c’è una quantità in nita di
elementi all’interno dell’insieme, quindi è compiuta, non gli manca alcun elemento, mentre nel
procedimento del contare io arrivo sempre una quantità in nita, un numero nito di numeri che ho
raggiunto contando, ma restano fuori dal procedimento un’in nità di numeri, l’insieme considerato
come qualcosa che contiene tutti i numeri, non manca di alcun elemento. Aristotele ri uta la
concezione di in nito attuale. Aristotele dice che se esiste un in nito in atto, una totalità in nita, la
posso dividere in parti, ma una parte risulta in nita. Questo è impossibile perché il tutto deve
essere maggiore di una parte. Quindi una parte sarebbe in nita e quindi non minore del tutto.
Esempio: prendo insieme dei numeri naturali N e lo divido in parti, non è detto che entrambe le
parti siano in nite ma almeno una lo deve essere. Il primo insieme D include numeri naturali da
uno a 10, l’altro S da 11 in poi. Il primo sottoinsieme non è in nito.
/s/=/N/ linee verticali indicano il concetto di cardinalità, cioè il numero degli elementi contenuti
nell’insieme. Questa è una corrispondenza biunivoca: corrispondenza fra due insieme di uno a
uno Che copre tutti gli elementi del primo e del secondo insieme, in modo tale che ad elementi
distinti corrispondono elementi distinti. Ho l’insieme del triangoli e l’insieme delle stelline, una
corrispondenza biunivoca è tale che l’insieme delle stelline è immagine dell’insieme dei triangoli, e
per tutti gli elementi dell’insieme del triangolo c’è uno e un solo elemento dell’insieme delle
stelline. Tali che a elementi distinti dell’insieme del triangolo corrispondono elementi distinti
dell’insieme delle stelline.c’è una corrispondenza biunivoca fra S e N perché per passare da un
numero di N a un numero di S posso fare l’operazione 10 + X, così associo per esempio il numero
1, il numero 11 e così via.
/Z/(numeri interi)=/N/=/Q/(razionali) è possibile stabilire corrispondenza biunivoca che li mette in
relazione. Però /R/>/N/.
Questo quindi assurdo, è illogico dire che s ha tanti elementi quanti N perché i numeri dall’uno al
dieci sono in N ma non in s. Questo è un risultato paradossale dovuto ad aver considerato
l’in nito come un qualcosa di dato, di compiuto, di realizzato.

La logica
La logica È la scienza del ragionamento corretto. È una disciplina normativa, ci dice come
dobbiamo ragionare, non come di fatto ragioniamo.
Aristotele non considera la proposizione come un tutto, come unità semplice che può essere vera
o falsa. Entra dentro la struttura dell’organizzazione della proposizione. Aristotele analizza i giudizi.
Nel giudizio c’è un soggetto e un predicato. (Socrate é saggio; socrate=sogg saggio=pred).
Aristotele usa concetto di sostanza per esprimere il soggetto reale, cioè la sostanza è ciò che nel
mondo reale svolge il suo ruolo che ha il soggetto nel giudizio.
Prendo proposizione tutti gli uomini sono mortali. E chiaro che posso dire che questa è vera se
solo se nel mondo reale tutto ciò che uomo è anche mortale, però posso anche analizzare da un
altro punto di vista, secondo ciò che ci dice Platone per le idee, vedere se queste idee
comunicano o no. Se prendo insieme degli uomini e quello delle cose reali, come esperiamo la
loro relazione? In base a questo vedo se comunicano o no. I concetti sono i termini ultimi dei
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giudizi. Sono gli elementi di cui sono fatti i giudizi. La verità o falsità del giudizio Si può ricavare
andando ad analizzare i termini che compaiono nel giudizio, considerando l’estensione dei
concetti.

Il sillogismo come argomento non può essere vero o falso, può essere valido o non valido, verità e
validità si applicano a oggetti diversi, la verità ai giudizi e alle proposizioni, la validità agli
argomenti. Vuol dire che è un sillogismo può anche essere corretto se le premesse false, perché
se le premesse sono false allora anche la conclusione lo sarà e quindi è valido. i sillogismi sono
logicamente validi quindi se entrambe le premesse sono vere anche la conclusione deve essere
vera però può essere corretto anche se è la conclusione falsa, basta che una delle due/entrambe
premesse sia falsa. La scienza secondo Aristotele ha una struttura sillogistica - dimostrativo, ha
una concezione categorica-deduttiva della scienza. Categorica vuol dire che parte da premesse
vere e attraverso i sillogismi, la scienza ricava i giudizi delle proposizioni vere, in un determinato
ambito, come nella geometria euclidea(per lui era la scienza). Quindi categorico vuol dire che le
premesse sono vere e deduttiva vuol dire che è una struttura sillogistica.(sillogismo scienti co-
dimostrativo). Se questo è vero e la scienza parte da premesse vere, che sono derivate dagli
assiomi o i postulati, si pone quindi il problema di stabilire la verità di queste premesse
prime.
Come faccio a stabilire la verità di assiomi, giudizi che appunto sono veri e su questi si applicano i
sillogismi, a partire da questi la scienza produce dei sillogismi per produrre la verità in un
determinato ambito.
La prima domanda che si pone Aristotele e se questi possono essere ricavate da altri sillogismi. La
risposta che si dà è chiaramente no perché altrimenti avremmo due situazioni paradossali:
1) la prima è che la scienza sarebbe costretta a risalire all’in nito nell’ordine delle premesse, cioè
in sostanza tutto è dimostrabile, ogni giudizio può essere dimostrato, ma questo processo
dimostrativo andrebbe all’in nito nell’ordine delle premesse, e quest’ipotesi secondo Aristotele
non va bene, perché non avremo garanzia della verità dei giudizi della scienza.

Proposizione1 quindi per dimostrare verità di p1 Pr3


Proposizione 2. Pr4
Conclusione Pr1

Allora il processo di giusti cazione procede all’in nito quindi risulta incompiuto, ma se risulta
incompiuto il processo di verità delle premesse, è irrealizzato. Non ho quindi certezza della verità
dei giudizi della scienza.é il problema del terzo uomo. Se tu dobbiamo concepire la scienza come
processo deduttivo-categorico, quindi si parte da premesse vere e si deducono le verità, allora
non è possibile che le premesse siano dimostrabili.

2) il processo non va all’in nito ma va in circolare. Cioè un certo punto quando risalgo nell’ordine
delle premesse, trovo una proposizione che conclusione delle premesse che sto indagando.
Questa sarebbe una concezione correntista della scienza, cioè la scienza è un sistema di
proposizioni coerenti fra di loro, questa è una concezione circolare cioè io non riesco a dimostrare
la verità, perché dico che la conclusione vera perché sono vere le prime due premesse, la
premessa 1 è vera perché sono vere P3 P4, ma P3 è vera perché è vera la conclusione, è come
se dicessi l’uomo è un animale razionale perché è un uomo. Quindi in questo caso L’ipotesi che il
sistema della scienza sia circolare, ovvero che è un certo punto di ordine di risalita nelle
premesse, troviamo dei teoremi tra le premesse, da Aristotele sembra assurdo perché in questo
caso ciascuna proposizione è vera perché è vera, si perde il rapporto con la verità, c’è solo la
coerenza.
In entrambi i casi perdiamo la garanzia della verità delle premesse, quindi abbiamo bisogno di
ammettere che quando facciamo la scienza non tutto è dimostrabile, quindi la verità delle
premesse della scienza deve essere stabilito da un metodo alternativo al sillogismo. Aristotele ci
fornisce tre modalità con cui noi possiamo riconoscere la verità delle premesse prime. Questi 3
modi devono essere considerati insieme anche se a volte, nei casi più semplici, l’induzione può
agire singolarmente, quando non devo andare a vedere il mondo (ex:il tutto è maggiore di una
parte, se io ho tre penne e dico che tre penne sono maggiori di una penna, io ho una verità che
probabilmente è evidente, la mente riesce a cogliere immediatamente che il tre è maggiore di uno
perché tutto l’uno è contenuto nel tre).
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1)intuizione= Con l’intuizione secondo Aristotele la mente umana riconosce l’evidenza di una data
preposizione, di un dato giudizio. In genere però l’intuizione riesci a ricavare preposizioni che
sono auto fondate. In genere l’intuizione viene associata all’induzione
2)induzione= L’induzione permette di passare dai casi particolari ai casi generali, quindi di
compiere un’astrazione, e di agire da sostegno per l’intuizione.cioè io vedo un uomo che
riconosco che ha come caratteristica il fatto di essere animale razionale, ne vedo un altro e vedo
che alcune caratteristiche diverse rispetto al primo uomo però ha sempre quella di essere un
animale razionale, ne vedo ancora un altro e vedo la stessa cosa, quindi la mente umana compie
un’astrazione, isola le proprietà comune, e fra quelle futili, tiene quelle essenziali. L’intuizione ci
consente proprio di dividere le proprietà comuni meno importanti da quelle più importanti. Quindi
riusciamo a ricavare quelle essenziali rispetto al caso che stiamo servando.
3) sillogismo dialettico Che nella sua forma più forte prende il nome di elencos’, che è la
dimostrazione per assurdo.cioè data una premessa alfa, noi abbiamo l’induzione Che mi sostiene
nel cogliere intuitivamente la verità della premessa, ma poi ho anche un’altra colonna su cui
appoggiarmi, per comprendere la verità di alfa, cioè quella di ipotizzare la falsità di Alfa, assumere
quindi la verità di non alfa e dimostrare che da non Alfa deriva una contraddizione. Questi tre
metodi messi insieme, ci consente di riconoscere la verità delle premesse. Da un punto di vista si
sillogismo logistico noi capiamo che non esiste alcun altro modo Per dimostrare la verità nella
premessa prima se non quella di scendere verso le conseguenze della negazione di alfa. Questa
secondo Aristotele è la struttura formale delle scienze. Tutte le scienze usano il sillogismo
dimostrativo.come facciamo però distinguere una scienza dall’altra? Dipende dagli assiomi che
vengono introdotti e questi assiomi si distinguono per l’oggetto al quale vertono. Ci sono certo
degli assiomi come il terzo escluso, il principio di non contraddizione che vengono usati in diversi
ambiti, in diverse scienze, sono principi comuni poi però ci sono degli assiomi che sono speci ci
dei diversi ambiti di indagine, quindi le scienze tra di loro non sono i diversi in relazione al metodo
che usano, ma in funzione dell’oggetto studiato.
I diversi tipi di scienze
1). le scienze teoretiche, che sono le scienze che studiano l’essere necessario, anche qui c’è
l’in usso platonico. L’essere necessario vuol dire quel tipo di realtà che non può essere diversa da
ciò che è. Quel tipo di realtà che non può essere diversa da come è. Sono le scienze puramente
speculative, se la realtà studiata da queste scienze non può essere diversa da come è, l’uomo
non può modi carla. Quindi che tipo di rapporto può avere l’uomo con questo tipo di realtà?
Figura speculazione, gura visione, contemplazione. Noi per esempio non possiamo modi care
l’essere di un triangolo, non possiamo fare altro che recepire della sua realtà, della sua natura. le
scienze speculative sono matematica, sica, e meta sica. L’oggetto studiato da queste scienze:
-La sica studia quelle realtà mutevoli ( la di erenza rispetto a platone è che aristotele parla di
essere necessario, ma essere necessario non vuol dire immutabile) ma che ha autonomia di
esistenza.
-La matematica invece studia con gli oggetti, che non mutano, come il triangolo, ma che non
hanno autonomia di esistenza: secondo Aristotele quindi non esiste il triangolo in sè, cioè esiste
come oggetto contemplato dalla mente ma non è una realtà extramentale. Esiste come proprietà
delle cose siche, ci sono cose siche che hanno la forma triangolare, non esiste il
triangolo(di erenza rispetto a platone), la matematica le proprietà geometriche algebriche degli
oggetti sici. Spiega questa cosa dicendo che gli oggetti studiati dalla matematica sono
immutabili, però non hanno autonomia di esistenza, esistono come proprietà dei corpi. Quindi
potremmo dire che gli oggetti della matematica sono ricavati per astrazione dei corpi sici.
- La meta sica invece studia gli oggetti che sono immutabili e che hanno autonomia di esistenza,
cioè esistono di per sé.questo tipo di realtà è quindi divina, la soluzione quindi ancora una volta
è platonica, perché l’essere divino è un essere immutabile che esiste di per se.

Accanto a queste scienze ce ne sono altre che sono le scienze che studiano l’essere possibile:
quella realtà che può essere diversa da come è, si parla di scienza come l’etica e la politica,
che studiano l’agire umano e l’agire umano produce degli e etti e questi e etti possono essere
diversi in funzione della diverse azioni intraprese. La realtà sul quale si esercita il risultato
dell’azione umana, non è una realtà che non può essere modi cata, che non può essere diversa
da come è, qui dobbiamo distinguere nelle scienze che studiano l’essere possibile le scienze
pratiche(etica, politica)e le scienze poietiche.
2) Le scienze poietiche che studiano quell’agire umano che riproduce qualcosa, ad esempio la
falegnameria o anche la poesia.
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Nell’agire poietico il ne dell’azione è esterno all’azione stessa. La scultura che lo scultore
produce è un oggetto esterno rispetto all’azione dello scolpire(quindi si parla delle arti, delle
tecniche).
3) scienze pratiche, c’è la prassi(pratiche), dove il ne è interno all’azione stesso. Tipo se io agisco
onestamente per ottenere un vantaggio, io non sto agendo onestamente, sto agendo per utilità.
A nché si possa parlare dell’agire pratico, Quindi dell’agire etico o politico, il ne dell’azione deve
essere interno all’azione stessa, io agisco perché voglio agire onestamente, non voglio ottenere
qualche cos’altro.

Che tipo di relazione c’è tra le premesse prime? Non è un rapporto di derivazione. Cosa fanno
i matematici i logici i sici quando sviluppano un sistema di assiomi ( come la geometria
euclidea)? La prima cosa da fare è vedere se una proposizione è un assioma o un teorema, ma la
seconda operazione è vedere se un assioma è indipendente dagli altri, se non è un teorema è
indipendente. Un ulteriore operazione che fanno è la seguente: che ci fa capire che tipo di
relazione hanno tra loro le premesse prime, prendono 5assiomi (esempio), che tipo di relazione
hanno tra loro?l’assioma 5 può essere ricavato dall’assioma 1, 2,3,4? Se é no è un assioma vera e
proprio sennò un’altra operazione consiste nel prendere la negazione dell’assioma cinque E valuto
se la negazione dell’assioma 5 insieme agli assiomi 1,2,3,4 produce un sistema coerente o non,
se il sistema non è coerente so qualcosa in più, ho ra orzato il rapporto tra di loro. Quindi la 1
operazione è p vedere se sono indipendenti fra di loro, per fare un esempio prendo l’assioma
cinque e vedo se può essere derivato dagli altri quattro, ma la seconda operazione è assumere i
quattro assiomi e aggiungerci la negazione del quinto, e si questo insieme che ho così ottenuto
produce una contraddizione io ho ra orzato il rapporto e il legame che c’è fra gli assiomi
12345.chiaramente quest’operazione andrebbe fatta per tutti gli assiomi. Infatti se i primi quattro
assiomi e la negazione del quinto formano un sistema non coerente vuol dire che i primi quattro
hanno un rapporto con il quinto. Le premesse prime tra loro mantengono i rapporti logici, rapporti
di coerenza, sono insiemi coerenti e compatibili di proposizioni che però non hanno un rapporto
di derivazione.(la loso a medievale a molto usato questa seconda operazione, cioè a preso i
principi fondamentali di Aristotele e ha guardato se questi potevano essere dedotti l’uno dall’altro,
cioè la relazione di causa e etto può essere dedotta dal principio di non contraddizione? Di fatto
hanno dimostrato la stretta correlazione tra questi due principi).
La scienza secondo Aristotele è conoscenza delle cause, cioè conoscenza del perché si
veri cano certi fatti, non è conoscenza del che non è conoscenza del che ci sono certi fatti, che si
veri cano certi fatti, la scienza è esplicativa, ha la funzione di spiegare perché i fatti si veri cano,
non è semplice conoscenza del fatto che si veri cano certi fenomeni. Questo trova una
corrispondenza rispetto alla struttura sillogistica della scienza, perché nel sillogismo il termine
medio è la causa della verità della conclusione, perché è vero quel giudizio corrispondente alla
conclusione, me lo spiega il termine medio.
La meta sica
Fondamentale la dottrina della sostanza. Che rapporto c’è fra sica e meta sica? Come mai la
meta sica parla della sostanza? Che tipo di scienza e la meta sica? Se non esistesse il motore
immobile non esisterebbe la meta sica, perché la sica esaurirebbe l’ontologia. Cioè la
concezione di ciò che è dell’essere, la teoria descrittiva di ciò che esiste ed esplicativa di ciò che
è coinciderebbe con la teoria che descrive i processi naturali, le cose, i corpi e le proprietà. Invece
la sica conclude con la dimostrazione dell’esistenza di un motore immobile, è un’esigenza estesa
della sica quindi che porta alla meta sica, la meta sica studia quello che va oltre il divenire.il
mondo dell’esperienza quindi non è autosu ciente, ho bisogno di un’altra dimensione e poter
essere spiegata, la spiegazione è la dimensione del motore immobile. Perché diciamo
meta sica? Perché i motori sono immobili, immutabili e sono profondamente diversi da tutta la
natura in quanto dimensione a ciò che è sottoposta a mutamento. I motori cioè le cause prime
sono esenti da tutto questo, non sono soggette a mutamento.se ri ettiamo sulla visione
aristotelica di divenire, cioè mutamento che va dalla potenza all’atto, dobbiamo concludere che il
motore immobile in quanto immobile è puro atto, cioè è pienamente realizzato, e l’essere perfetto,
un essere compiuto, non manca di nulla alla sua realizzazione.questo perché se mancasse di
qualcosa, se fosse in qualche modo impotenza, se una parte del suo essere fosse in condizione
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di essere impotenza allora potrebbe attuare un mutamento, per realizzare questa capacità
inespressa, quindi non sarebbe immobile. Il fatto che sono motori immobili, che sono immutabili
implica che il loro essere essere sia caratterizzato dalla pienezza dell’essere in atto, dalla piena
realizzazione del loro essere, sono pienamente attuati. (Si contrappone all’in nito che é solo
potenziale; qui viene ribadita la concezione greca per cui l’essere perfetto non è in nito, ma è
nito perché nitezza vuol dire compiutezza)
La dottrina delle cause: secondo Aristotele la scienza è conoscenza delle cause, quanti tipi di
causa esistono? Secondo Aristotele esistono quattro tipi di cause: questa teoria di Aristotele è la
più esaudiente che sia mai stata fatta, per quanto riguarda l’ampiezza, in profondità invece i
concetti che Aristotele ha introdotto verranno ampiamente sviluppati. Per la scienza moderna c’è
solo la causa e ciente invece per Aristotele le cause sono quattro.
1) la causa materiale: ciò di cui una cosa è fatta, appunto la materia (per esempio il bronzo per la
statua, il legno per il tavolo, poi per Aristotele questa materia si rifà a diverse combinazioni dei
quattro elementi acqua aria terra fuoco)
2) La causa formale: corrisponde alle idee di Platone, viene chiamata principio organizzatore
della materia (cioè il fatto che è una certa combinazione di sangue ossa e carne faccio a
venire fuori un cane e invece un’altra combinazione sempre di sangue ossa e carne faccio a
venire fuori un gatto, la materia è la stessa ma è diverso il modo in cui questa materia viene
organizzata), è quindi ciò che corrisponde alla de nizione di un oggetto, cioè alla sua natura
propria.
3) Causa e ciente: ciò da cui ha origine il mutamento o la realtà di qualcosa, (la causa e ciente
del bambino sono i genitori, la causa e ciente di una statua è lo scultore)
4) Causa nale: che è ciò in vista di cui qualcosa è compiuta (la causa che spinge Achille ad
agire è la gloria, ciò che spinge le persone ad andare a lavorare è il pro tto)

La scienza quindi di volta in volta dovrà trovare la causa più opportuna per spiegare un
determinato fenomeno, le cause più opportune, le cause che sono indispensabili per spiegare
determinato fenomeno, queste possono essere una 1234.

La meta sica È necessaria perché la sica non è autosu ciente, È una realtà immutabile che non
appartiene all’ambito naturale, oltre che essere immutabile è anche immateriale (per dimostrare
l’immaterialità non c’è una dimostrazione ma c’è un ragionamento che stabilisce un rapporto di
dipendenza tra divenire e materialità: tutto ciò che è materiale muta, è soggetto al mutamento, è
soggetto a processi di aggregazione e disgregazione, ma non solo, immaginiamo il pongo in
quanto sono alimenti materiali, sono capaci di acquisire una molteplicità di forme, quindi il
principio della mutevolezza è intrinseco alla materia in quanto questa è in grado di acquisire una
molteplicità di forme. Se qualcosa non muta quindi, non può essere materiale). Questo è coerente
col concetto di potenzialità perché da una parte stanno materia, mutamento, essere in potenza
dall’altra invece stanno immaterialità , atto e immutabilità. Il motore immobile è quindi immobile,
immateriale e pienamente in atto.
La meta sica non si concentra esclusivamente sul motore immobile, abbiamo insistito su questa
di erenza per far capire la necessità che rappresenta la meta sica. La meta sica è quindi l’altra
parte dell’ontologia, meta sica, ontologia (che comprende anche la sica) teologia e loso a
prima sono la stessa cosa. La loso a prima si chiama loso a prima perché la scienza delle
cause prime, ma quali sono le cause prime? Il motore immobile ovviamente. Quindi la meta sica
che studia ciò che è al di là della dimensione sica coincide con la loso a prima, con lo studio
del motore immobile. Però la loso a prima coincide con l’ontologia perché la scienza delle cause
prime è la scienza delle cause di tutto l’essere, essendo che sono prime sono le cause da cui
dipende tutto l’essere, quindi la loso a prima è conoscenza delle cause prime e coincide con
l’ontologia come scienza dei principi delle cause dell’essere. Questo converge verso la teologia e
verso la meta sica, la meta sica perché le cause prime sono i motori immobili, ma i motori
immobili sono l’essere divino , l’essere perfetto quindi lo studio del motore immobile é teologia.
Quando parliamo di meta sica quindi parliamo di tutte queste discipline in particolare dobbiamo
concentrarci però sull’ontologia. Cioè meta sica come ontologia. Mentre la sica studia delle
realtà che esistono autonomamente e sono mutevoli, la meta sica la realtà in quanto tale, non la
realtà in quanto mutevole, cioè studia l’essere e secondo Aristotele l’essere si evince in molti
modi: cioè quando usiamo il concetto di essere in realtà intendiamo cose fra loro molto diverse
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perché quando parliamo di essere possiamo intendere l’essere in potenza, l’essere in atto,
l’essere come qualità (essere saggio), oppure l’essere come quantità (tutto quello che ci dice la
ma la matematica, l’essere maggiore, l’essere uguale eccetera), l’essere come relazione (l’essere
padre l’essere glio), questa è una concezione della pluralità di signi cati dell’essere, Aristotele
dice che tutti questi diversi signi cati dell’essere ruotano intorno a un unico signi cato che è il
concetto di sostanza. tutti questi signi cati vengono chiamati da Aristotele le categorie cioè i
predicati più generali possibili dell’essere. (Categorie(massima estensione); qualità, quantità,
sostanza, atto, potenza, il luogo—> signi cati più generali dell’essere). Questo ci riporta i concetti
della logica, noi abbiamo visto che i concetti hanno una certa estensione e una certa
comprensione, questi concetti più generali hanno estensione maggiore, ma una bassa
comprensione. Le categorie sono quelle che Platone avrebbe chiamato i generi sommi.(l’animale
è genere è l’uomo é la specie), I concetti si organizzano in base a generi e specie, ciascun
concetto è speci cazione di un genere più generale. Quindi abbiamo due limiti in questa gerarchia
i generi sommi che sono le categorie e le specie ultime che sono concetti non ulteriormente
divisibili, che non hanno ulteriori speci cazioni a loro interno. La tesi fondamentale di Aristotele è
che non esiste un genere di cui le categorie siano la specie il, Quindi il concetto di essere, non è il
genere di cui le categorie sono la specie, questo perché l’essere ha molteplici signi cati non ne ha
uno che li raggruppa tutti e che poi viene speci cato aggiungendo delle caratteristiche. (Questo
accede invece per l’animale; Se l’animale è dotato di branchie é un pesce ecc però comunque c’è
un nucleo comune di proprietà comuni a tutti gli animali), questo non accade per l’essere infatti il
concetto di essere non implica le proprietà comuni a tutte le categorie. Le categorie quindi sono
direttamente un aspetto dell’essere, l’essere è una molteplicità di signi cati. Quindi il concetto di
essere non sto al vertice della gerarchia dei concetti, perché al vertice di questa gerarchia ci
stanno le categorie. Però fra tutte queste cose c’è una categoria che è più importante delle altre:
la sostanza. Perché è più importante? Perché tutte le altre categorie fanno riferimento alla
sostanza, cioè quando parlo dell’essere come relazione, parlo della relazione fra più sostanze,
quando parlo dell’essere come quantità parlo di una quantità che asserisce a una sostanza etc.
Quindi la meta sica si con gura come scienza della sostanza. Parlare dell’essere vuol dire quindi
spiegare cos’è una sostanza, quali sono i suoi principi(causa interna).

La metafisica studia Dio in quanto sostanza immobile quindi è teologia, in quanto il motore immobile è
causa prima di quello che accade nella dimensione naturale quindi lo studio di Dio, del motore immobile
corrisponde anche all’oggetto studiato dalla filosofia prima che studia le cause prime e le cause prime
coincidono con le cause dell’essere perché ciò che è causa del essere è causa di tutto ciò che è e quindi c’è la
convergenza tra queste 4parole
L’essere ha tanti significati, tante quante sono le categorie. La sostanza fra le categorie è la più importante
perché tutte le altre categorie si predicano attraverso essa. Vuol dire che per esempio il verde delle foglie
dell’albero, la forma dell’albero non esisterebbero, non potremmo parlarne se non esistesse l’albero (che è la
sostanza).Il colore come qualità , la forma come quantità(facendo riferimento alla figura geometrica, la
struttura geometrica) per esistere, per poter essere considerate devono inerire(esistere) in una sostanza. Se
non c’è sostanza tutte le altre categorie (in questo caso le proprietà che noi attribuiamo all’albero) perdono la
loro base di appoggio. Le proprietà quindi perdono valore se non hanno sostrato, sostanza, portatore a cui
inerire. La metafisica in quanto ontologia, cioè disciplina che studia l’essere in quanto essere non può non
convergere verso lo studio della sostanza(quindi filosofia prima sarà lo studio dei principi della sostanza).
L’ontologia come scienza che studia i principi dell’essere tenderà a convergere con la scienza che studia i
principi della sostanza, che sono i principi primi, perché i motori immobili sono sostanze.
Come spiega aristotele la sostanza? Si chiede Quali sono le caratteristiche che tutte le sostanze hanno? (Poi
andremo a vedere i principi della sostanza e andremo a vedere il nesso che c’è fra questi principi e le
caratteristiche.)
1) La sostanza è l’individuo concreto(non da confondere con materialitá), la sostanza quindi ha esistenza
individuale. Quando parliamo di sostanza ci riferiamo a individui concreti quindi per esempio il prof,
Rachele, Leonardo, quell’albero che vedo alla finestra etc(sono tutte realtà che esistono sotto la forma di
individui). Il colore rosso invece è un’astrazione, è qualcosa di universale, perché il rosso è presente sia
nell’astuccio di Sofia, sia nel maglione di Rachele eccetera. Il rosso è una proprietà universale. Quindi
tutto ciò che ha natura universale come una proprietà(l’essere saggio) non è sostanza, perché non ha
un’esistenza individuale, le sostanze sono solo degli individui, cose concrete, che hanno un’esistenza
concreta, e che soprattutto hanno un’esistenza singola(sono quindi dei singoli individui).
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2) La caratteristica più importante è l’autonomia di esistenza, le sostanze hanno la caratteristica che
esistono di per sé, sono autonome, (esempio:la matematica. Cioè la matematica come scienza
studia degli oggetti che sono immutabili perché la natura del triangolo, della sfera resta sempre
quella però non hanno esistenza autonoma, la sfera nella matematica è proprietà di qualcosa, di un
oggetto che ha la forma sferica. Se non esistessero gli oggetti non esisterebbe la sfera, quindi la
sfera in quanto oggetto matematico esiste in quanto astrazione). ( differenze 1 e 2: in individuo
concreto sono due concetti che vengono uniti, io ho detto che la sostanza ha esistenza individuale
quindi tutto ciò che non ha esistenza individuale non è una sostanza, poi la sostanza ha
autonomia di esistenza é un’altra caratteristica, quando noi poi andiamo a vedere chi ha
autonomia di esistenza arriviamo agli individui concreti; realtà che esistono concretamente ma
che sono individui e che sono portatori di proprietà, sono il sostrato a cui le proprietà ineriscono. )
(quando ragioniamo in termini di esistere la sfericità dipende dalla sostanza, cioè se noi vogliamo
dire qual è la natura propria di una sostanza sferica di un pianeta? Beh sicuramente la forza di
gravitazione, di attrazione della materia fa venire fuori un oggetto che é sferico, quindi la massa
tende fa avere questa forma, però la sfericità non esisterebbe se non ci fosse un sostrato, le forme
non esistono separatamente dagli individui concreti)—>qui c’è una differenza fra Platone e
Aristotele infatti per Platone le idee hanno la perseità invece per Aristotele sono proprietà relative
a un sostrato. L’umanità secondo Platone esiste in quanto tale a prescindere da questo mondo
corporeo secondo Aristotele invece no, secondo Aristotele l’umanità esiste solo nel succedersi
delle generazioni. Certo, è qualcosa di reale ma ciò che esiste sono gli uomini concreti e ciascuno
di questi uomini è una sostanza che esiste di per sé quanto all’essere, non dipende da altro, non
esiste in qualche cos’altro.
3) Altra caratteristica è la natura determinata(caratteristiche essenziali), ogni sostanza ha una natura
propria e determinata che ne definisce l’essenza cioè la sua natura propria, gli attributi
fondamentali (ad esempio l’uomo è un animale razionale, la natura propria dell’uomo è essere un
animale razionale, non esiste uomo che non sia animale razionale). L’animalità e la razionalità se
non ci fossero degli individui concretamente esistenti non avrebbero essere, esistono in queste
sostanze che sono gli uomini. Cioè un insieme di caratteristiche che ne definiscono sia il modo di
essere che la sua natura stessa. Collegato al concetto di esistenza individuale aristotele dice che la
sostanza è “questo qui” cioè qualcosa che è individuo, che vedo di fronte a me, che può essere
indicato eccetera. Non è una caratteristica individuata da Aristotele ma è trasversale a quello che
lui descrive, quando la sostanza è il sostrato cioè il portatore delle proprietà, è collegato
all’autonomia di esistenza e anche all’individualità è ciò a cui aderiscono tutte le proprietà che noi
attribuiamo a una qualche realtà: il verde delle foglie, il verde dell’albero, sono proprietà che
inerbiscono all’albero.

Quali sono i principi della sostanza? Se le sostanze hanno queste caratteristiche, quali sono le
cause che fanno sì che le sostanze abbiano essere? Secondo Aristotele Le cause sono sinolo di
materia e forma. Nella sua tematizzazione Aristotele afferma che ci sono quattro cause, nel caso
delle sostanze i principi della sostanza riguardano solo le prime due cause cioè quella materiale e
quella formale. La sostanza è quindi un sinolo (Unione indissolubile) di materia e forma. Ogni
sostanza (naturale) presenta una materia e una forma, la materia è ciò di cui una cosa è fatta, la
forma è il principio organizzatore della materia. La forma è la causa formale quindi la natura
determinata di quella cosa (é un qualcosa che opera sulla materia, consente di far venire fuori due
sostanze diverse con lo stesso principio materiale). La cosa che distingue un gattino dall’altro,
nonostante abbiano uguale forma e materia(possono cambiare anche le quantitá di materia) sono
le caratteristiche accidentali(elementi che non riguardano l’essere proprio).

Come stanno in relazione le caratteristiche della sostanza e i principi della sostanza? Se materia e
forma sono i principi della sostanza quindi sono le cause dell’essere della sostanza allora questi
devono avere un ruolo nel determinare le caratteristiche che hanno le sostanze, il fatto che le
sostanze abbiano quelle caratteristiche deve dipendere dai principi della sostanza. Allora noi ci
dobbiamo chiedere ma l’autonomia di esistenza è una caratteristica che dipende dalla forma o
dalla materia? in genere siamo spinti a sbagliare. Diremo tutti la materia perché senza l’individuo
concreto le proprietà non esistono. Invece no, é associata alla forma. Perché esistono sostanze che
sono pure forma come i motori immobili ma non esistono sostanze che sono pura materia. Quanto
al fatto di esistere non ci sono delle sostanze che sono sprovviste del principio formale(soluzione
platonica) perché la materia di per sé è indeterminata, farebbe venire meno quella caratteristica
della sostanza dell’avere una natura determinata, se esistesse una sostanza che fosse pura materia
allora non avrebbe una natura determinata che la distingue dalle altre sostanze.
Riassunto: Se noi andiamo a vedere che cosa esiste, cosa di fatto c’è, dice Aristotele che noi
vediamo sostanze che sono pure forma(immateriali, i motori immobili), ma non esistono sostanze
che sono materia e basta, di fatto noi non le troviamo queste sostanze. È un dato di fatto del cui
abbiamo un resoconto logico-dimostrativo,cioè è necessario ammettere i motori
immobili(abbiamo dimostrato). É come dire che se disegno un triangolo rettangolo so come
calcolare ipotenusa, cateti ecc, applicando Pitagora, è un dato di fatto che una volta dimostrato il
teorema di Pitagora che valgono quelle proprietà, stesso discorso se esistono motori immobili è
un dato di fatto che esistono sostanze che sono pura forma. A questa considerazione di fatto circa
ciò che esiste, ciò che io devo riconoscere come esistente, segue anche un ragionamento logico,
un ragionamento logico-metafisico, secondo Aristotele la materia determinata è caratterizzata
dall’indeterminatezza, dalla capacità di acquisire forme, il bronzo può essere modellato in 1000
modi, la creta lo stesso, può essere organizzata secondo molteplici forme spaziali. Questo vuol
dire che il bronzo e la creta di per sé non hanno una forma predefinita. In questa analogia
Aristotele sostiene che la materia di per sé non ha una forma allora se esistesse una sostanza che è
solo materia non avrebbe una delle caratteristiche fondamentali della sostanza, cioè quella di
essere determinata. Il principio fondamentale è quindi la forma, perché è quella che garantisce le
caratteristiche della sostanza in particolare la natura determinata e l’autonomia di esistenza.
4) La sostanza ha una qualche relazione con la causa efficiente e finale? Si! (Priorità della forma)
nelle sostanze la causa formale svolge ruolo di causa efficiente e finale.
Ogni scienza quindi anche la scienza che studia l’essere (quindi le sostanze) ha dei principi
fondamentali che riguardano l’ambito di studio, l’oggetto che esse indagano, per esempio per la
matematica sappiamo che il tutto è maggiore della parte, nella geometria ci sono gli assiomi di
Euclide ecc . L’ontologia ha dei principi o un principio fondamentale? Chiaramente si, questo
principio gnoseologico(o perlomeno stiamo analizzando il problema dal punto di vista
gnoseologico), è il principio generalissimo che vale per ogni ambito di indagine, perché è il
principio che governa ciò di cui parla la metafisica, ma la metafisica parla dell’essere(ma le altre
scienze come l’arte, la matematica, la fisica ecc sono forme di essere, essere necessario, essere
possibile ma sempre si parla di essere) e quindi essendo principio dell’essere è principio primo in
ogni ambito di indagine. Questo è il principio di identità e di non contraddizione: a cui fa
riferimento come criterio di verità la riflessione metafisica. Però questo principio ha una valenza
non solo logica o metodologica(nel senso che una proposizione che é contraddittoria è falsa), ma
ha anche una valenza ontologica, cioè riguarda l’essere, l’essere è non contraddittorio , la realtà
non si contraddice: Socrate non può essere saggio e non essere saggio al tempo stesso. Questa
cosa ha una stretta relazione con dottrina della

La forma garantisce sia l’autonomia di esistenza, dato che esistono sostanze che sono solo forma, cioè i
motori immobili E la natura determinata dato che la materia è di per sé indeterminata. E ha quindi bisogno di
un principio formale che la organizzi, che consenta ad essa di acquisire in qualche modo delle caratteristiche.
Il principio di non contraddizione
Il principio di non contraddizione è il principio fondamentale per l’ontologia, però abbiamo distinto il ruolo
del principio di non contraddizione come principio epistemologico(dal punto di vista del conoscere:una
teoria che presenta una contraddizione è falsa) che vale per ogni disciplina. Infatti una qualsiasi affermazione
in una qualsiasi scienza se implica una contraddizione, quella affermazione deve essere scartata, deve essere
considerata falsa però il principio di non contraddizione è specifico, che vale in modo specifico per
l’ontologia perché è un principio che ha validità per tutto ciò che è, questo è conseguenza dell’identità fra le
quattro discipline(ontologia, metafisica, teologia e filosofia prima). Siccome dal momento che l’ontologia
studia l’essere in quanto essere, i principi e le cause che valgono per l’ontologia valgono per ogni altro
ambito di indagine. Questo perché ogni altro ambito di indagine rispetto all’essere è una specificazione
dell’essere, è un aspetto particolare dell’essere. Per esempio la fisica studia la realtà che muta, l’essere=realtà
che muta.
Il principio di non contraddizione vale per ogni scienza perché una dottrina che si contraddice è falsa. Ma vi
è un aspetto fondamentale, dobbiamo far vedere come il principio di non contraddizione ha una valenza
ontologica. Cioè il principio di non contraddizione è un principio di determinatezza, questo vuol dire che,
questo si lega alla dottrina della sostanza e alla caratteristica della natura determinata, questo si lega alla
dottrina della sostanza e alla natura determinata, cioè il fatto che le sostanze abbiano una natura determinata
cioè un insieme di caratteristiche che ne specificano l’essere, è garantito dal principio di non contraddizione.
Quindi la natura determinata della sostanza dipende dal principio di non contraddizione, quando uso
l’espressione “essere garantita” esprimiamo la valenza ontologica del principio di non contraddizione come
principio di determinatezza. Questo significa che poiché Il principio di non contraddizione vale per tutto ciò
che è , quindi l’essere non contraddittorio, proprio per questo ciascun essere, ciascuna sostanza, ciascuna
realtà specifica e determinata si mantiene, mantiene il suo essere in questa determinatezza, escludendo da sé
ciò che è contrario ad essa. Cioè Grazie al principio di non contraddizione l’albero è albero ma non è uomo,
non è casa, visto quindi che vale il principio di non contraddizione l’albero è conservato nel suo essere, nella
sua natura e propria, il pdnc non permette all’albero di essere diverso da ciò che non è. Ha delle
caratteristiche proprie che specificano la sua natura e è grazie ad esse che non ha altre caratteristiche che
sono potenzialmente dissolutorie delle proprietà che l’albero ha. Questo vale per l’essere delle cose.
Però ha un riflesso nell’ambito linguistico-logico, nel significato delle parole. Poiché vale il principio di non
contraddizione la parola albero è in grado di significare di acquisire, di esprimere un significato e quindi
rendere possibile il discorso, se non valesse il principio di non contraddizione quando noi diciamo albero
questa parola potrebbe potrebbe significare l’opposto di ciò che significa(cioè tutto ciò che albero non è) nel
momento in cui dico albero potrei significare qualsiasi altra cosa, quindi il pdnc è ciò che rende possibile sia
il discorso significante, sia la natura determinata di ciascuna cosa perché garantisce appunto da un lato la
natura propria, l’identità, sia garantisce la significanza. Significanza del linguaggio; quando noi usiamo la
parola albero la associamo la associamo a un insieme di cose, a un concetto, a un’estensione e a una
comprensione. L’uomo significa l’insieme degli uomini e essere un animale razionale, la parola uomo nella
nostra lingua è associata a queste due proprietà che le danno uno specifico significato. È convenzionale che
Essere animale razionale e insieme uomini vengono associati a quella stringa di segni che è la parola uomo.
Cioè il significato della parola uomo può essere associato alla stringa di segni abracadabra ma nel momento
in cui abracadabra vale come uomo il significato di abracadabra è garantito dal principio di non
contraddizione è con se il pdnc garantisce che il linguaggio sia significante, cioè rende possibile il discorso.
Qui è presente il discorso che faceva Platone sulle idee cioè l’idea del grande tiene lontana l’idea del
piccolo, l’idea della vita è lontana dall’idea della morte, già qui c’è il principio di non contraddizione. Nel
significato che gli dava Platone garantiva la perseità delle idee. Aristotele lo formula in modo più compiuto,
sostiene che il principio di non contraddizione è il principio di determinatezza, perché preserva e garantisce
ciascuna cosa nel suo essere e nella sua natura propria, impedendo a quella di essere altro rispetto a ciò che è
e garantisce e preserva la significanza del linguaggio e la significanza del discorso, se noi neghiamo il
principio di non contraddizione nessun discorso è più possibile, perché ciascuna affermazione significa
qualsiasi altra affermazione.

Come dimostra Aristotele il principio di non contraddizione?


É dimostrato con l’elencos, da un lato fa riferimento all’intuizione, all’evidenza del principio, dall’altro
dimostra per assurdo. Ci fa vedere che se noi neghiamo il principio di non contraddizione da un lato è
impossibile ogni discorso dall’altro quindi è impossibile sostenere la negazione del principio di non
contraddizione.
Non(a E non a) Non (S è P e S non è P). Se io nego il principio di non contraddizione, con l’ipotesi per
assurdo, io ho (non pdnc<—>pdnc), quindi se io nego questo principio, la negazione del principio ammette
la sua affermazione.
In modo inverso se non vale il principio di non contraddizione allora la negazione del principio di non
contraddizione implica il principio di non contraddizione e viceversa il principio di non contraddizione
implica la sua negazione. Quindi se noi neghiamo il principio di non contraddizione questa negazione è
uguale all’affermazione del principio di non contraddizione, quindi la negazione non riesce a rimanere tale.
Perché dire a significa dire non a. Con il principio di non contraddizione infatti io divido l’affermazione dalla
negazione. Se io nego il principio dnc io faccio cadere questa opposizione, i due termini non sono più
opposti quindi sono identicì, la negazione varrebbe come affermazione, quindi la negazione del principio di
non contraddizione non è la negazione del principio di non contraddizione. Affinché io possa negare il
principio di non contraddizione devo presupporre il principio di non contraddizione.
Riassunto: Se tu neghi il principio di non contraddizione, negazione e affermazione sono identiche. Quindi
come fai a dire che stai negando il principio di non contraddizione? Non puoi dire io sto negando ed escludo
il principio di non contraddizione perché se lo neghi l’esclusione è implicazione. É autofagia (caso più
eclatante di contraddizione) cioè quando a non è che implica b e non b(é una forma di riduzione all’assurdo)
ma quando non a implica a. Allora io dico che non a implica chiaramente non a ma se non a implica a c’è
una contraddizione quindi non non a e quindi a.

Rapporto forma, materia , causa finale e causa efficiente


La soluzione è che secondo Aristotele la causa formale svolge anche il ruolo di causa finale e causa
efficiente. Per capire questo è bene considerare una sostanza nel suo sviluppo. Ad esempio un bambino che
diventa adulto (questo corrisponde in sostanza a comprendere la priorità dell’ atto sulla materia) ammettere
che l’atto corrisponde alla causa formale corrisponde alla priorità dell’atto sulla materia.
Causa finale: Dal punto di vista cronologico il bambino precede l’adulto, il bambino è essere in potenza, e
l’adulto è essere in atto, l’adulto è la realizzazione completa del bambino, che manca di alcune caratteristiche
che delimitano il suo essere, ha una potenzialità irrealizzata, non è ancora pienamente animale razionale.
Queste caratteristiche le acquisisce quando diventa adulto. Sembra anomalo dire che atto precede potenza
perché l’atto per scansione cronologica sembra essere prodotto dalla potenza. Come fa ad avere priorità?
Questo è comprensibile se riflettiamo sul fatto che la realizzazione della forma, natura propria dell’
individuo, la forma è presente nell’adulto, qui è realizzata, e il bambino manca di qualcosa, manca di essere,
lo sviluppo è un processo orientato teleologicamente cioè orientato alla realizzazione di un fine, di uno
scopo. non c’è casualità efficiente per cui il bambino produce l’adulto, il bambino con lo sviluppo raggiunge
la sua forma, il divenire ha quindi uno scopo, il realizzarsi della sua natura propria. La causa finale è quindi
la forma, perché la causa finale dell’oggetto è l’acquisizione della forma. La forma agisce principio o
processo interno che lo forza a crescere, a rendere la sua forma attuale. La natura propria è ciò che lo forza a
crescere.
Causa efficiente: Nel momento in cui l’adulto realizza la sua natura propria, la presenza della forma dell’
adulto consente a esso di riprodursi, di generare un nuovo individuo della stessa specie, l’adulto maschio e
femmina sono causa efficiente del bambino, cioè di un nuovo individuo della stessa specie. Ma cosa
consente di agire come causa efficiente?è la realizzazione in loro della forma, della loro natura propria. La
causa formale agisce anche come causa efficiente.
Questo fa sostenere che atto ha priorità rispetto alla potenza perché:
dal punto di vista conoscitivo(gnoseologico) è possibile dire che qualcosa è in potenza di qualcos’altro,
presuppone la conoscenza dell’atto di cui quella cosa è potenza. Altrimenti rileverei solo che quella cosa
manca di alcune proprietà, quindi se io vedessi un bambino ma non avessi conoscenza di un adulto, rileverei
che il bambino manca di razionalità, non posso dire che è capace di diventare animale razionale. (Per dire
che qualcosa è in potenza devo conoscere l’atto)
Anche dal punto di vista ontologico atto ha priorità rispetto alla potenza perché la forma(l’adulto) essendo
causa efficiente del bambino fa si che dal punto di vista dell’essere, il bambino, un individuo che é in
potenza può originarsi solo da qualcosa che è in atto. É l’adulto che da la vita a un individuo della stessa
specie. Affinché vi sia un nuovo essere è necessaria la presenza della forma. Se ragioniamo in termini
ontologici bisogna riflettere sull’essere di un nuovo individuo, questo essere è reso possibile grazie
all’accoppiamento fra due adulti E dalla generazione dell’individuo della stessa specie, che nel momento in
cui nasce è in potenza. Quindi da questo punto di vista la presenza dell’atto è prioritario rispetto alla
potenza.

cosmologia
Cosmologia ci consente di chiudere la concezione Aristotelica della realtà, in questa ritroviamo sia fisica sia
metafisica perché in essa confluiscono i due elementi, questo perché è nei cieli, nel cosmo che agiscono i
motori immobili. Quindi i motori immobili sono sostanza immateriali, quindi il loro modo di essere è
chiarito dalla metafisica invece il loro moto, il moto dei corpi celesti è chiarito dalla fisica. Anche se la
cosmologia è una scienza principalmente fisica, infatti studia il divenire e il moto dei pianeti, quindi richiede
come fondazione la fisica. Secondo Aristotele il cosmo è finito, infatti l'infinito non esiste come sostanza,
come infinito in atto, come infinito realizzato, non esiste quindi un corpo o una realtà infinita, tutto ciò che è
è finito quindi l’universo in quanto è è finito, quindi al di fuori non c’è nulla.
Cosmo vuol dire “ordine”, universo vuol dire “tutto converge in uno”, quindi la molteplicità e infinità delle
cose converge in uno. Nell’universo non esiste il vuoto. Che ragionamento fa Aristotele per negare il vuoto(il
vuoto è uno dei principi della realtà nell’atomismo di democlito, l’atomismo presuppone che ci siano gli che
si aggregano e si disgregano e con questi processi danno vita alle cose, alle realtà naturali, i pianeti affinché
ci sia questo processo è necessario che gli atomi interagiscano in uno spazio vuoto )?
Se un corpo che ha un certo peso P si muove dentro un mezzo che ha una densità D, la velocità V di questo
corpo all’interno del mezzo dipenderà sia da P sia da D. Se questo corpo si muove all’interno di un mezzo
con densità maggiore, per esempio doppia rispetto a D, la velocità sarà V\2, viceversa se si scende nei livelli
di densità, se la densità è minore quindi, la velocità del corpo sarà maggiore. Il vuoto ha densità 0 quindi
avrebbe velocità infinita, quindi non è possibile.
L’universo quindi è pieno, il mondo è sempre riempito dalla materia, non ci sono spazi vuoti. Aristotele
infatti parla di luogo come limite del cosmo contenente e del corpo contenuto, non parla di spazio. Il cosmo
ha una struttura sferica, è diviso in 2 zone eterogenee e qualitativamente diverse.
l) La parte terrestre/sublunare. La terra che è al centro dell’universo. Tutti i fenomeni terrestri sono regolati
da moti violenti o moti rettilinei accelerati, e tutti i corpi che sono nella terra sono materialmente composti da
4 elementi materiali: da aria, acqua, terra e fuoco, queste solo le caratteristiche zona terreste del cosmo. I
moti che hanno luogo sulla terra sono rettilinei e accelerati, sono moti violenti.
I moti violenti: ogni elemento naturale ha la sua collocazione che possiamo presentare in ordine di maggiore
leggerezza: la terra è pesante (pensiamo a questa pesantezza come alla forza di gravità) e sta la centro, sopra
acqua, poi aria e infine fuoco. Se prendo una pieta e metto nell’acqua questa affonda, quindi acqua sta sopra
alla terra, l’aria sta sopra all’acqua infatti il palloncino riempito aria va sopra, il fuoco invece punta sempre
verso l’alto. Il moto violento è un moto che allontana un elemento naturale dal suo posto naturale, se lancio
la pietra verso l’alto la allontano dal suo luogo naturale che sarebbe il centro però poi osservo che a seguito
di questo moto la pietra poi torna al suo luogo naturale .La zona terrestre del cosmo arriva fino alla luna che
è il primo corpo celeste.
Zona celeste/sopralunare: si estende dopo la luna. In questa agiscono moti circolari uniformi, moti perfetti
perché non c’è variazione di accelerazione ed è perfetto perché non cambia di luogo cioè Il moto circolare
non abbandona mai il luogo in qui si trova. Questo nella nostra concezione dovrebbe essere sbagliato ma
nella concezione greca del moto ogni fenomeno fisico deve avere una controparte corporea, ovvero non
esiste il concetto di traiettoria, che sarebbe l’orbita del pianeta, cioè una linea immaginaria che viene seguita
dal pianeta nel suo moto di rivoluzione, questo concetto verrà introdotto da queplero.
Nel pensiero greco questo moto uniforme non è il moto di un singolo pianeta o di un corpo celeste ma è il
moto di rotazione di una sfera cristallina composta di etere, nel mondo celeste i corpi sono composti da un
quinto elemento (solo da questo), che è incorruttibile, eterno. I pianeti quindi non girano attorno alla terra
seguendo un’orbita ma compiano il loro moto di rivoluzione perché sono incastonati su delle sfere cristalline,
la sfera che ha come centro la terra rotea su se stessa e grazie a questo moto di rotazione della sfera il
pianeta incastonato svolge il suo moto di rivoluzione attorno alla terra, capiamo che il moto circolare
uniforme è il moto di rotazione della sfera ma la sfera non abbandona mai di luogo in cui si trova quindi è
sempre nello stesso luogo, così non cambia di velocità, è uniforme, non subisce accelerazione. Questo
movimento è molto simile all’immutabilità, quindi a dio, è un moto uguale a se stesso, non cambia
mai(simile concezione platonica, la vera realtà è immutabile). Le sfere cristalline sono una dentro l’altra,
sono sfere concentriche(al centro c’è la terra) che riempiono tutto il cosmo, l’ultima sfera è la sfera delle
stelle fisse, si chiama così perché le stelle sono come incastonate nella superficie interna della sfera, quindi la
sfera si muove e per questo vediamo muoversi le stelle, ma queste non cambiano mai la loro posizione
relativa, cioè la stella a rispetto alla stella b mantiene sempre la stessa distanza.
Il Movimento delle sfere(a ciascun pianeta corrisponde una sfera) è prodotto dai motori immobili quindi ci
sono tanti motori immobili quanti sono i corpi celesti che girano attorno alla terra.
Il più importante è quello delle stelle fisse perché il suo movimento è condizionato esclusivamente dal
motore immobile ma produce effetti su tutte le sfere che sono all’interno della sfera, quindi non risente di
alcuna influenza se non di quella del motore immobile. Il cielo delle stelle fisse è mosso da un motore
immobile e come mai è mosso da un motore immobile, in che modo è mosso da esso? Il motore immobile
muove come causa finale, cioè muove restando fermo, induce il movimento nella sfera cristallina come
causa finale. Questo perché la sfera cristallina intende imitare la perfezione del motore immobile, è attirata
dalla perfezione del motore immobile che è immateriale. Nella fisica noi abbiamo la dimostrazione che deve
esistere almeno un motore immobile, che muove restando fermo però anche che il divenire non ha un inizio.
Se il divenire è eterno come si fa a spiegare questo eterno divenire, questo eterno movimento dei cieli?
facendo riferimento a un motore immobile, che muove restando fermo. Quindi la soluzione è che mentre il
motore immobile è in un’altra dimensione rispetto al corpo che si muove quindi possiamo spiegare appunto
il movimento di questo corpo come movimento prodotto non da una causa efficiente, che dovrebbe
precederlo, ma come causa finale.
Perché il pensiero di Aristotele ebbe tanto successo?
La concezione di aristotele ebbe successo
1) perché integra all’interno di una grande visione i molteplici aspetti della realtà, che riguardano
appunto la fisica, la sostanza, il divenire sulla terra e la cosmologia. Da una visione unificata di
tutti gli ambiti dell’esperienza umana.
2) Per il suo rigore logico, Aristotele è tutto una dimostrazione, magari ai nostri occhi queste
dimostrazioni non sono molto convincenti però Lui è molto serrato nei suoi ragionamenti, non ci
sono affermazioni che vengono introdotte senza dimostrazione.
Universo coincide con l’essere, quindi al di fuori dell’universo non c’è niente. La concezione di haistain è
molto simile a quella di Aristotele:per lui la forza di gravità piega lo spazio stesso, Newton invece pensa a
uno spazio e a un tempo che sono assoluti, è come se lo spazio fosse uno scalatone al cui interno c’è
qualsiasi cosa ci possa essere, è quindi un punto di riferimento assoluto, un valore assoluto.
Etica
L’etica rientra nelle scienze pratiche. Studiano l’agire umano quando ha quella specifica caratteristica per cui
lo scopo dell’azione interno all’azione stesso, si occupa dell’essere possibile. Una delle tesi fondamentali è
che ogni azione umana è finalizzata al raggiungimento di uno scopo e lo scopo o il fine è il bene di
quell’azione. Cioè bene e fine coincidono. Il fine quindi è qualcosa di desiderabile e quindi è un bene che poi
ci fornisce appagamento al nostro desiderio. La distinzione che produce Aristotele è che esistono beni o fini
desiderabili in vista di altro o beni e fini desiderabili di per se. Per esempio se io cammino e vado in
farmacia, cammino con scopo il recarmi in farmacia ,ma vado li per acquistare una medicina, quindi il fine di
camminare è andare in farmacia ma il recarsi in farmacia ha come scopo prendere una medicina che ha come
scopo la guarigione. A questa catena di azioni corrisponde una catena di scopi e beni ciascuno dipendente
dall’altro. Questa distinzione(fra beni per altro o beni per se) pone la domanda:quale è il bene ultimo, esiste?
La risposta è si, esiste Aristotele lo chiama come bene e è la felicità, la vita felice è il fine a cui tutte le nostre
azioni tendono. L’etica greca in genere è un’etica che mira alla felicità, è un eudemonismo:che ha come fine
la felicità (diverso da edonismo: piacere come fine agire umano)—>Se non coincido non vuol dire che
contrastino, per Aristotele il piacere è conseguenza della felicità.
In cosa consiste la felicità? È un abitus, uno stile di vita, va prodotta ogni giorno, ogni giorno bisogna vivere
con questo obiettivo. Aristotele dice quando è che un musicista è felice? Quando suona, ossia quando
esercita la sua virtù, la sua capacità propria, in questo caso quella di fare musica, qui c’è il convergere di
virtù=felicità; la messa in pratica delle proprie capacità per Aristotele è la felicità e la virtù . Quindi l’Uomo
è felice se realizza il proprio essere, se mette in atto la sua natura e la esercita nel modo migliore (un
musicista non è felice se suona male). La virtù è quindi l’esercizio nel migliore dei modi delle proprie
capacità, e questa porta alla felicità.
C’è quindi perfetta Corrispondenza fra ontologia e etica; nell’ontologia atto ha priorità sulla potenza: il
bambino cresce per realizzare la propria forma di animale razionale, per attualizzarla, quindi per lui la
felicità consiste nell’esercitare nel modo migliore possibile la virtù umana che è la nostra natura, cioè di
essere un animale razionale. L’uomo è felice quando vive secondo ragione, quando esercita la capacità che
gli è più propria e la esercita nel modo migliore.
La razionalità come natura propria dell’uomo può applicarsi(può essere realizzata) relativamente a due
ambiti:
1) nelle virtù dianoietiche: in vista di sè/in relazione a se stessa, nella pura contemplazione della
verità e della conoscenza, nella pura attività del pensiero per conoscere. Corrispondono
all’esercizio perfetto della ragione ma nell’ambito nel mero pensiero, la ragione in vista di se,
attraverso se stessa e per se stessa, cioè nella conoscenza. Coincidono con le virtù del conoscere,
della saggezza, dell’intelligenza.
2) oppure la razionalità applicata alla vita concreta, alle relazioni con gli altri, alla gestione del
nostro corpo, le virtù etiche. Cioè l’uso della ragione per il controllo degli impulsi sensibili, sul
proprio corpo e sulla propria volontà. Cioè le relazioni col mondo provocano in noi degli impulsi
sensibili, per esempio io ascolto le tue parole e ho degli impulsi che io ricevo, ho delle reazioni
emotive, pianifico delle azioni.

Le virtù dianoietiche (cioè il sapere per il sapere) hanno un primato rispetto a quelle etiche, Dio (i motori
immobili) infatti sono pensiero di pensiero, pensano se stessi, sono la forma perfetta di essere. Ciò che noi
consideriamo oggi etica o morale, riguarda la virtù etica.

Parlando dell’etica avevamo detto che ogni azione è svolta in vista di un fine che costituisce il bene
dell’azione, è definita quindi in funzione del fine che essa persegue, il fine è quindi il bene dell’azione.
L’altro è camminare per passeggiare quindi per distendere il corpo, e far rilassare la mente e altro è
camminare per andare in farmacia, l’azione è la stessa, cioè la forma esteriore è la stessa, ma il fine è
diverso, quindi abbiamo due tipi di azioni molto diverse tra loro, quindi è il fine che definisce una azione,
quindi l’azione definita dallo scopo che essa perseguita.
Esistono beni o fini desiderabili in vista di se o in vista di altro. C’è una catena di azioni che corrisponde a
una gerarchia di beni, per esempio l’andare in farmacia è l’azione che ha come fine il prendere una medicina
che ha come fine la guarigione, queste sono tutti beni/scopi in vista di altro. Ma ci sono dei beni desiderabili
in vista di se; I beni in vista di se nelle azioni umane è la felicità.
Cos’è la felicità per aristotele? In questa definizione abbiamo trovato una corrispondenza con l’ontologia ,
cioè il bene sommo è il fine desiderato in vista di se, quando è che un musicista è felice? Quando può
suonare, non solo, quando può suonare è in grado di suonare in modo eccellente qui quindi questa esecuzione
eccellente sarebbe la virtù, l’esercizio di una capacità in modo ottimale, coincide con la virtù che coincide
con la felicità. L’esercizio della virtù in modo eccellente è quindi la felicità.
Qual’è natura uomo? Essere animale razionale. Quindi quand’è che l’uomo eserciterà le sue capacità?
Quando vivrà secondo ragione, quando utilizzerà la ragione e lo farà in modo virtuoso quando la ragione
verrà utilizzata nella forma migliore, secondo una performance eccellente.quindi il musicista è felice quando
suona bene, l’uomo è felice quando esercita in modo ottimale la ragione.
Il piacere non è il fine dell’azione, è l’elemento conseguente alla felicità, si accompagna quindi alla virtù uno
stato di benessere per il corpo che è il piacere(a una vita secondo virtù è associato il piacere).il piacere
accompagna e perfeziona qualsiasi attività umana.
Esempio: Il piacere del cibo. È gratificante mangiare un buon gelato ma se lo faccio quando ho fame è
ancora più piacevole, quando sei sazio il piacere del gusto è ridotto, infatti arrivare o a un livello in cui siamo
talmente sazi che non proveremo più alcun piacere, se invece corrisponde a un’esigenza del nostro essere
(quella di essere nutriti), allora il piacere si accompagna in modo eccelso. Quindi anche il piacere (in questo
caso quello del gusto) corrisponde a mettere in atto una capacità (che corrisponde alla prima fase
dell’apparato digerente) dell’uomo alla quale corrisponde un bisogno. Il piacere quindi è qualcosa che
accompagna l’esercizio della virtù e delle nostre capacità, anche camminare è un piacere perché esercitiamo
il nostro essere, camminando mettiamo in atto ciò che definisce la nostra natura di avere un corpo e delle
gambe, quindi il piacere è concomitante all’esercizio della nostra natura.
Se agisci solo per il mero piacere, alla fine non sei soddisfatto del piacere stesso, infatti la gratificazione che
tu ottieni è inferiore a una azione che è condotta non per perseguire il piacere ma con lo scopo di attuare il
proprio essere, non esiste di per se il piacere, se quando sono sazia continuo a mangiare anche qualcosa che
mi piace arrivo a un certo livello in cui il piacere non mi soddisfa più, quindi non può essere perseguito di
per se, ma accompagna e perfeziona ogni atto, è come conseguenza dell’esercizio delle nostre funzioni, del
nostro corpo ecc.
la libertà
L’uomo non sceglie il fine, la libertà non consiste nello scegliere lo scopo delle nostre azioni, lo scopo è
predeterminato nella nostra natura che non possiamo scegliere noi, non abbiamo scelta per quello che
dobbiamo fare, siamo animali razionali e dobbiamo dare attualizzazione a questa nostra natura, però
possiamo scegliere i mezzi. Il fine è dato, la libertà l’abbiamo nella scelta dei mezzi per perseguirlo.
Odiernamente: il fatto che lo sviluppo del pensiero occidentale si sia orientato sul perfezionamento dei
mezzi, su un calcolo dei mezzi e secondo Webber, che abbiamo visto a storia nel discorso dello spirito del
capitalismo, e nell’etica protestante, ha portato nella civiltà occidentale all’affermazione di una razionalità
puramente formale, cioè una razionalità basata sul calcolo, una razionalità matematica e per l’uomo
contemporaneo la razionalità si esercita appunto nel calcolo dei mezzi mentre i fini oggi, non sono visti come
per Aristotele, cioè come un dato naturale, i fini nella società di oggi sono una scelta individuale, riguardo la
sfera privata, i fini delle nostre azioni sono molteplici e variano da soggetto a soggetto, ognuno si realizza nel
modo che preferisce, ognuno persegue e cerca ciò che preferisce, non c’è una natura umana predefinita. La
razionalità quindi si esercita sul calcolo dei mezzi per ottenere appunto questi scopi, quindi sono i valori
dell’efficienza, dell’efficacia e la razionalità però ha cessato di essere esercitata sulla determinazione del
fine.
La scelta del giusto mezzo
La virtù etica secondo aristotele consiste nella disposizione a scegliere il giusto mezzo adeguato alla nostra
natura, determinato dalla ragione. Il giusto mezzo esclude i due estremi viziosi del difetto e dell’eccesso, cioè
in ogni situazione in cui possiamo agire, il contesto prevede che sia possibile un’azione che è errata o viziata
per eccesso o per difetto. Per esempio sul campo di battaglia, dobbiamo difendere la città. Quindi se sono in
battaglia il giusto mezzo verrà deciso, verrà stabilito dalla ragione in base all’azione che pecca per eccesso e
quella che pecca per difetto, ma è diversa dall’azione che metterò in atto se sto conversando con qualcuno, se
sto cooperando con qualcuno, se sto lavorando con qualcuno. In battaglia per un guerriero il giusto mezzo
corrisponde all’azione coraggiosa ma l’azione coraggiosa e definita in funzione dei due estremi, che peccano
per eccesso di coraggio, il che significherebbe essere temerari, oppure anche essere stupidi perché se io vado
in battaglia contro 100 persone e sono temerario, io sono folle perché la battaglia non può essere vinta. La
ragione in questo caso mi dirà che queste cose devono essere scartate. L’estremo che pecca per difetto invece
è la mancanza di coraggio, quindi la viltà, la fuga. Per esempio sono un padre di famiglia e viene un ladro in
casa che minaccia l’incolumità dei miei cari, se mi comportassi in modo vile fuggirei e lascerei i miei
familiari in balia di questa persona. In questo caso la ragione mi direbbe di comportarmi in modo coraggioso,
quindi di stare con i miei cari per evitare che questa persona magari li uccida, ancora più coraggioso sarebbe
(dipende dal giusto mezzo, quindi se ho le capacità per farlo) bloccare e neutralizzare il ladro. Viltà e
temerarietà sono quindi gli estremi. L’azione etica secondo Aristotele sta nella determinazione del giusto
mezzo, quindi in relazione al contesto, però in ogni contesto ci sono i due estremi, le azioni eccessive che
peccano in un caso per mancanza e nell’altro per una sovrabbondanza. Da qui quindi capiamo bene che
l’etica, l’azione morale è sempre situata, è sempre esercitata in un contesto particolare, ed è in relazione a
questo contesto che dobbiamo definire il giusto mezzo. La scelta della virtù etica non è qualcosa che vale per
ogni circostanza, quindi non è universale, quindi io devo usare la ragione, devo scegliere il giusto mezzo ma
poi quello che compio, la reazione che metto in atto, dipende dal contesto in cui l’azione viene esercitata,
quindi in cui l’azione ha luogo. E in funzione di questo possiamo definire le diverse virtù; nei due esempi è il
coraggio sennò può essere la temperanza (ciò che in questo caso pecca per difetto di controllo è
l’intemperanza, non si controllano le proprie passioni e invece l’eccesso di controllo è quando si è insensibile
a tutti i bisogni o impulsi).

La giustizia
1) La giustizia distributiva è la meritocrazia, È quella che presiede alla distribuzione degli onori o del
denaro o degli altri beni che posso essere divisi tra coloro che appartengono alla stessa comunità. Quindi si
chiama distributiva perché questi beni devono essere distribuiti fra i vari membri in funzione dei meriti di
ciascuno. Tali beni devono essere distribuiti a seconda dei meriti di ciascuno. perciò la giustizia distributiva è
simile a una proporzione geometrica, nella quale le ricompense distribuite a due persone stanno tra loro
come i rispettivi meriti di esse. La giustizia quindi non è solo dei tribunali ma anche quando le risorse
all’interno di una società, quindi la ricchezza è distribuita in modo giusto sulla base del lavoro compiuto,
l’impegno e i risultati ottenuti.
2) Giustizia commutativa (quella dei tribunali, è la conformità alle leggi) riguarda sempre la distribuzione
dei beni ma c’è un accordo o contratto. è quella che presiede invece ai contratti, i quali possono essere
volontari e involontari. Sono contratti volontari l’acquisto, la vendita, il mutuo, il deposito, la locazione
eccetera… Dei contratti involontari (é uno scambio ma contro volontà, non è nella mia volontà perdere
ricchezze a tuo vantaggio) alcuni sono fraudolenti, come il furto, il beneficio, il tradimento, la falsa
testimonianza, altri sono violenti, come l’uccisione, la rapina ectc. La giustizia commutativa (il tribunale che
giudicherà un furto dovrà riequilibrare il torto subito) è correttiva: mira a pareggiare i vantaggi e gli
svantaggi tra i due contraenti, anche un contratto può essere invalidato; se in un contratto di lavoro io riduco
in schiavitù una persona o magari nego i suoi diritti può intervenire la giustizia dei tribunali che ristabilirà il
tutto. Nei contratti involontari la pena inflitta al reo deve essere proporzionata al danno da lui arrecato.
Questa giustizia è dunque simile a una proporzione aritmetica (pura e semplice uguaglianza).

Amicizia
Nell’etica troviamo anche un’analisi di amicizia. Perché Aristotele parla dell’amicizia? Perché è uno degli
elementi che costituisce la felicità dell’uomo. Infatti per Aristotele una vita senza amici è difficile che porti
alla felicità. Per Aristotele l’amicizia o è una virtù o è strettamente congiunta con la virtù. In ogni caso, essa
risulta quanto mai indispensabile alla vita, giacché “senza amici nessuno sceglierebbe di vivere, anche se
possedesse tutti gli altri beni”(per questo si collega alla virtù), È il riflesso della natura sociale dell’uomo,
quindi coltivare rapporti interpersonali con altre persone è un’esigenza, una necessità. Si tratta di capire
secondo Aristotele come dobbiamo intendere l’amicizia è come metterla in atto? Quanti e quali amici
dobbiamo avere? L’amicizia, intesa secondo l’accezione più vasta del termine, ossia come comprendente
tutti i sentimenti di affetto e di attaccamento verso gli altri, non è solo una cosa necessaria alla vita ma anche
una cosa bella. Cioè l’amicizia non è solo qualcosa di cui abbiamo bisogno ma è un arricchimento della vita
stessa, non è qualcosa solamente indispensabile ma è qualcosa in più.
Questo ha a che fare con la bellezza e l’arte, le cose belle non sono necessarie ma rendono la vita migliore, è
bello vivere nel bello, questo è per dire che nella vita è importante fare esperienze che non sono solo legate
alla soddisfazione del bisogno, la soddisfazione potremmo dire che è anche il desiderio, i desideri e la
bellezza rientra in questa cosa. Quindi secondo Aristotele l’amicizia interseca entrambe le dimensioni.
Ci sono tre tipi di amicizia:
1)Amicizia basata sull’utilità, è tipica delle persone anziane che si trovano in stato di bisogno. Le persone
anziane sono persone amichevoli con le altre persone ma questo tipo di amicizia non è vera amicizia, si basa
sul riconoscimento del bisogno che abbiamo degli altri e quindi le relazioni con gli altri sono utili. Ci sono
amicizie basate sull’utilità anche quando siamo adulti, bambini e ragazzi, ci serviamo l’un l’altro e quindi
esauriamo un rapporto di amicizia. Però un’amicizia che è basata sull’utilità Permane fin quando le persone
sono utili l’una all’altra, se non ha radici più profonde scompare. Perché è tipica degli anziani? L’anziano ha
spesso bisogno di altre persone, inoltre hanno maggiore consapevolezza della vita e il corpo non lo aiuta più
e quindi sa di aver bisogno degli altri, ha bisogno di amicizia. Non bisogna essere critici nei confronti di
queste amicizie ma bisogna esserne consapevoli, il problema è quando la cosa è unilaterale, quando una
persona ha un rapporto sincero e l’altra mantiene un rapporto basato sull’utilità, è un bel problema. Questo è
uno dei problemi delle persone molto ricche, gli altri sperano di ottenere un vantaggio da questi e poi vivono
nel terrore che questa ricchezza ti venga sottratta.

2)Amicizia basata sul piacere, che caratterizzano i giovani. Sono inclini all’amicizia amorosa, amano e
cessano di amare con molta rapidità. È lo stesso discorso dell’amicizia basata sull’utile, quando a una
persona smette di piacere il frequentare l’altra l’amicizia cessa. Non è un’amicizia solida, non è basato sul
carattere delle due persone ma si basa sul piacere che provocano l’un l’altra.
Esempio: Io attraverso una fase dark e magari ho piacere a intrattenere conversazioni con persone dark ecc..
sono fasi accidentali, che sto attraversando e certo piacere a fare quel tipo di esperienza e ho piacere anche a
costruire amicizie in quel tipo di esperienza ma non sono esperienze che sono radicate nel mio essere, nel
mio carattere e nella mia natura. Non vanno demonizzate ma bisogna essere consapevoli che siano basate su
sensazione di piacere accidentale , e non fondate sulla nostra natura.

3)Amicizia basata sulla virtù: un’amicizia basata certo sugli interessi, ma in particolari su interessi nel senso
la somiglianza tra la natura delle persone, cioè io sono un musicista e la mia natura è quella di avere a che
fare con la musica, quindi non posso vivere con una persona che odia la musica perché difficilmente
troveremo a lungo andare una stabilità nei rapporti (può essere forviante perché ho usato l’essere musicista
per esemplificare la natura di un uomo, ma la natura di una persona è la sua identità, il suo carattere. Quindi
il carattere non necessariamente di realizza con il suonare musica, non è inusuale che una persona abbia la
passione per la musica, l’altra ha la passione della pallavolo ma nonostante queste passioni diverse hanno un
carattere, una natura simile) stabile e ferma è basata sul bene, l’amico è amato per se stesso e non per i
vantaggi, si ama l’anima dell’amico, è un esigenza coltivare il rapporto con questa persona, sono amicizie
profonde, sono rare. Hanno cura delle vicende nel corso del tempo che riguardano quella persona, non si può
quindi essere amici ( amicizia basata su virtù ) con tante persone. Certo Si può essere ben disposte e quindi
essere amici negli altri sensi di altre persone però quando si parla di amicizia personale e profonda il numero
è molto ristretto. Da un certo punto di vista nel matrimonio tradizionale la tua unica vera amica è tua moglie,
una persona alla quale affidi completamente il tuo essere, la tua vita. Un’amicizia basata sull’essere dell’altro
individuo, sulla sua persona, é un’amicizia che si basa sui valori: su ciò che riteniamo giusto, su quello che
pensiamo della vita.

Quali sono le condizioni che favoriscono un’amicizia? L’intimità dei rapporti e la somiglianza fra gli
individui.
1) L’intimità dei rapporti: è la profondità della relazione, le persone devono essere intime, questo
vuol dire che ci si confida. Tra amici ci si confida le paure profonde, i sentimenti ma anche le
aspirazioni, si entra nell’interiorità della persona. Anche per questo non può essere così diffusa
l’amicizia basata sulla virtù, perché se deve essere un rapporto intimo come fa a diffondersi su un
gran numero di persone, diventerebbe una cosa pubblica.
2) L’uguaglianza fra gli individui: se c’è troppa distanza per virtù e intelligenza, non è possibile
instaurare un rapporto di amicizia basata sulla virtù. Un’amicizia tra una persona tonta e una
persona super intelligente è difficile che duri, questo vuol dire la somiglianza fra gli individui, È
difficile che questi riescono a stare insieme e a comunicare, perché quello super intelligente
magari è super interessato alla matematica e gli piacerà quindi fare matematica, parlare di
matematica e guardare il mondo da un punto di vista matematico, L’altro invece che non ci
capisce nulla di matematica e magari è interessato alla barca vela, difficilmente riusciranno a
instaurare una relazione duratura basata sulla virtù. Un terreno comune ci deve essere, però
certamente è difficile che instaurino un rapporto basato sulla virtù anche persone uguali in quanto
l’amicizia deve essere un arricchimento per entrambi.
L’arte
Cosa pensa Platone delle arti?
Platone nella repubblica bandisce le arti perché:
1) forniscono interpretazione errata della realtà e del divino enfatizzando la dimensione emotiva,
(in particolare le passioni) e secondo Platone queste vengono quindi alimentano , spingono
l’uomo a seguirle.
2) Poi sono copia di una copia, un’imitazione della realtà che è l’imitazione del mondo delle idee.

Cosa pensa Aristotele delle arti?


1) Anche Aristotele pensa che siano un’imitazione però in Aristotele, essendo che ri uta il mondo
delle idee) ,queste non sono imitazione di una imitazione (imitazione delle idee =realtà) delle
idee ma della realtà.
2) Funzione conoscitiva (la possiede sia arte sia storia, si contrappone al fatto che per Platone
l’arte sia lontana dalla realtà e quindi ingannevole). Per esempio se prendiamo una tragedia
questa parla di una persona. Questa storia però può avere un valore universale (per aristotele
la conoscenza è sempre conoscenza dell’universale: le leggi della natura sono universali
perché sono valide in ogni circostanza è tempo, la scienza non conosce quindi un singolo
fatto ma l’elemento universale che è presente in ogni fenomeno, circostanza etc..). L’arte la
conoscenza storica secondo Aristotele non si rivolgono direttamente all’universale perché
studiano e ci presentano sempre dei casi particolari, come le vicende del protagonista della
tragedia o del lm eccetera. Allora perché secondo Aristotele queste rappresentazioni hanno
funzione conoscitiva? Perché la storia raccontata è esemplare: vuol dire che trascende i limiti
dello spazio tempo o del carattere delle persone, e da un messaggio che vale in ogni tempo in
ogni luogo. Per esempio se la tragedia parla di un rapporto fra un padre e un glio, le vicende
che valgono per quel padre e per quel glio hanno un insegnamento universale, stesso
discorso lo troviamo nella storia,.la storia ci parla di fatti particolari, per esempio noi studiamo
le vicende del sovrano della Francia del 1600 ma quelle vicende hanno un valore universale
perché hanno un insegnamento che vale per ogni situazione. Quello che accade in quella
situazione è un insegnamento applicabile a ogni contesto simile. In virtù di tale universalità,
l’arte non si non si riduce a un semplice gioco formale, ma tende a con gurarsi come una
rappresentazione dell’essenza delle cose. nel carattere imitativo o mimetico dell’arte Aristotele
non scorge dunque alcun motivo di considerarla illusoria, come invece accadeva in Platone. il
mondo sensibile imitato dall’artista infatti per Aristotele non è semplice apparenza ma realtà
che può essere oggetto di sapere.
3) Funzione puri catrice dell’arte: L’opera d’arte consente all’uomo di vivere le passioni nel
momento in cui usufruisce dell’opera d’arte. Di fronte a uno spettacolo, a una tragedia, con un
lm l’uomo si libera dalle passioni, questo succede perché le vive in quel contesto, è come se
si scaricasse della dimensione emozionale e quindi grazie all’opera d’arte l’uomo viene
liberato da queste dimensioni emotive, questo perché vivendo l’esperienza artistica, poiché
questa gli consente di vivere le passioni, lo libera da esse. Lo stare di fronte a un’opera d’arte
è l’occasione che fornisce uno stimolo, che sovraccarica il sistema e libera l’energia, quindi
una volta che siamo scaricati, quindi che stiamo di fronte a un’opera d’arte veniamo puri cati
da tutte le passioni.

secondo Aristotele inoltre la poesia( forma di arte) è più elevata della storia, perché la poesia
esprime concetti universali mentre la storia particolari. Infatti la storia narra tutto quello che è
accaduto a un dato personaggio o in un dato periodo secondo la pure semplice successione
degli avvenimenti; la poesia imita invece il verosimile, ovvero ciò che può accadere O accade “per
lo più“ e che quindi costituisce l’analogo dell’universalità propria degli oggetti della scienza: lo
storico e il poeta non di eriscono perché l’uno scrive in versi e l’altro in prosa; la prosa di Erodoto
per esempio potrebbe benissimo essere messa in versi, e anche in versi non sarebbe meno storia
di quel che sia senza versi: la vera di erenza è questa che lo storico descrive fatti realmente
accaduti, il poeta fatti che possono accadere. Siccome la poesia è legata al possibile ha un
elemento di universalità. Infatti siccome l’arte e la poesia descrivono l’essenza delle cose, e
l’essenza è universale, allora la poesia e l’arte sono in relazione con l’universalità.
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Quali sono le caratteristiche del bello(si ricollega con l’arte perché l’arte è la
rappresentazione del belle)?
Nell’enunciare i tratti che per Aristotele de niscono il bello, è necessario citare innanzitutto
l’organicità(tutte le parti sono indispensabili): la bellezza non consiste semplicemente in una
somma di elementi, ma caratterizza sempre un intero, ovvero un insieme organico e strutturato in
maniera armoniosa.
Detto questo si può speci care che secondo Aristotele il bello presenta sempre:
1) ordine: consiste nella corretta disposizione delle parti di un oggetto.
2) misura: consiste nelle adeguate dimensioni delle sue componenti (proporzioni). Se qualcosa è
troppo grande o troppo piccolo per poter essere convenientemente colto dai sensi manca
infatti la possibilità di apprezzarlo.

Queste due componenti sono anche presenti in Platone in quello che era il mondo delle idee:
l’ordine come ordine delle idee, la misura con il signi cato di proporzione.
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