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Brevi scritti di Astore da Cerquapalmata 2023

Redenzione attraverso la Croce


La ragione arriva, a posteriori, a capire il perché la salvezza avvenuta attraverso la Croce sia stata
conveniente, ma non capisce il perché del perché lo sia, visto che Dio è infinitamente libero e che
poteva trovare altre forme di redenzione.
Cioè, la ragione constata che non è contraddetta dalla convenienza dell’evento della Croce, per cui,
la Croce è conveniente. Ma è anche un mistero.

Sentimento e intelligenza
Il sentimento umano non è da confondere con le sensazioni, ma, se così si può dire, è un po’ come
un’elaborazione di sensazioni da parte dell’anima umana razionale e senziente.
Allo stesso modo l’intelligenza umana non è da confondere con la capacità di associare stimoli
secondo uno schema di causa-effetto, ma fa interagire tale capacità con l’anima razionale e
senziente (i termini non sono esatti, ma si possono capire i termini dell’idea).
L’intelligenza è più “sicura” del sentimento che è spesso molto condizionato dai sensi e dalle
sensazioni, soprattutto perché, sebbene anch’essa sia condizionata dai sensi e dalle sensazioni,
segue una “luce”, mentre il sentimento segue una “voce” che si fa sentire interiormente ma che
porta ad un incontro. E, forse perché più “coinvolgente”, il sentimento, senza la guida sicura della
ragione, è facile che sbagli.
Ma sia l’intelligenza che il sentimento fanno riferimento alla volontà, che decide.

Gioie e sofferenze
Esiste una sofferenza fisica, una sofferenza psicologica e una sofferenza intellettuale, propria
dell’anima.
Quest’ultima può essere superficiale, o di circostanza, che si verifica quando non manca la carità e
si vive in stato di grazia, o profonda, cioè essenziale, che si verifica quando non si vive in stato di
grazia.
Analogamente si può dire della gioia.
Ma tutto nell’uomo si integra inscindibilmente nella sua vita.

Sofferenza naturale e sofferenza causata dal male


Inoltre possiamo considerare una sofferenza “naturale”, che altro non è che la “fatica” della crescita,
del perfezionamento, del divenire, del compimento, che Dio nell’Eden aveva, almeno a livello
essenziale, abbuonato ai progenitori grazie a uno dei quattro doni preternaturali.
Questa sofferenza assomiglia alla fatica dell’allenamento di un giocatore di calcio, che vuole
sempre tenersi in forma e perfezionarsi, mentre la sofferenza causata dal male è come un infortunio.

Essere e fare
Il fare senza essere, non serve a nulla.
Infatti serve a poco avere tanto zelo nel “fare” l'annuncio di Cristo se non si “ha” una fede integra, e spesso
può essere inutile "fare" lunghe preghiere, se non ci si rivolge al Dio vivo e vero, Colui che “è” (e fa perché
è), ma all'idea che ci si è “fatti” di lui, che è un fare dell'uomo e non di Dio.

L’attimo
Se l’attimo è manifestazione temporale dell’eternità, si può vivere, per quanto possibile nel tempo, l’eternità
che si manifesta nell’attimo.
Se l’eternità è un attimo che non passa, e perciò è un divenire sempre in atto, cioè è un presente che diviene
ma sempre pienamente presente, l’attimo temporale è un momento che passa attraverso il divenire che ha

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come fine l’eternità e il suo passaggio lascia una traccia che “indica” l’eternità, dove nulla di ciò che è stato
creato sarà distrutto, ma sarà trasformato della pienezza di Cristo.
E se l’Eterno è entrato nel tempo e il tempo è manifestazione dell’eternità nel creato, allora l’attimo è
l’eternità che si manifesta a noi nella nostra condizione, che ci eleva già nel tempo fino all’Eterno, attraverso
la carità.

Realtà
Cosa è la realtà materiale in ci siamo immersi, non lo sappiamo compiutamente.
Di fatto non è né come siamo portati a immaginarla, né è totalmente diversa da come siamo portati a
immaginarla.
Noi siamo portati a immaginarla attraverso la nostra esperienza sensoriale, cosa non sbagliata in quanto
conosciamo il mondo esterno attraverso i sensi, ma l’esperienza sensoriale da sola non basta, occorre anche
l’esperienza della ragione, che si basa su dati che vanno oltre all’esperienza diretta dei nostri sensi, ma che si
deduce.
Di fatto la materia, cioè il creato in cui i nostri sensi sono immersi anche se ne percepiscono solo una minima
parte, ha dei limiti, altrimenti sarebbe onnipotente, cosa che presuppone una ragione personale che possa
usare della sua onnipotenza.
E di fatto nulla di ciò che appare come realtà materiale e come realtà intellettuale umana, che è superiore alla
realtà materiale, basta e spiega se stessa, né l’universo, né la matematica, né il pensiero dell’uomo. E, se non
basta a se stessa e non si giustifica da se stessa, vuol dire che è stata voluta da un Principio primo che le ha
conferito una certa analogia con lui.
Di fatto, sia la realtà materiale, che la realtà spirituale e intellettuale dell’uomo, sono state create da Dio e
perciò, in quanto creature, hanno dei limiti.
Anche la realtà intellettuale dell’uomo (la fantasia, la matematica, la filosofia…), ha dei limiti, anche se
spazia in campi infiniti: limiti di comprensione e di “potenza”.
Solo Dio è l’Infinito che trascende infinitamente ogni infinito.
Tutto ciò che è creato, perciò, non può che essere logico, compatibile con la Logica divina, che è la Logica
della logica. E il mondo fisico, indipendentemente se ricada tutto sotto la logica matematica, come
sembrerebbe, o no, è logico. Forse mai pienamente comprensibile, almeno nella sua realtà così com’è, ma è
comunque logico e ricade necessariamente sotto la legge della casualità (causa-effetto).
Di fatto, il progresso scientifico e tecnologico, che ha portato a tante teorie e perfino che ha esaltato la mente
umana, non funziona svincolato dalla logica (inferiore alla Logica increata) e dalla causalità. Così come la
logica matematica non funziona quando appaiono contraddizioni, che, infatti, i matematici scartano a priori.
E se in matematica, come realtà intellettuale, i paradossi che non sono contraddizioni sono accettati e
funzionano, in fisica i paradossi non funzionano affatto o, almeno, sottraggono la materia all’indagine
scientifica, che funziona solo quando non ha a che fare con i paradossi e gli infiniti.
Riassumendo, perciò, i principi di conoscenza intellettuale dell’uomo riguardo all’indagine della realtà fisica
in cui siamo immersi, sottostà si seguenti limiti: incompiutezza e non contraddizione della matematica, legge
della causalità, l’esperienza che si ha attraverso gli esperimenti.
Anche le manifestazioni più strane della fisica devono passare attraverso queste “forche caudine”, perciò
anche la Meccanica Quantistica, che è totalmente regolata, indipendentemente da ciò che è, dalle ferree leggi
della matematica.
Forse lo spazio fisico e il tempo fisico sono solo delle espressioni che noi percepiamo di una realtà creata che
è oltre lo spazio e il tempo, ma che si esprime in spazio e tempo, in materia e tempo, attraverso cui la realtà
si rivela a noi e noi possiamo rivelarci nella realtà spazio temporale. Non si può sapere.
Ma si può sapere che Dio regge il mondo creato, anche se né la matematica, né la fisica, possono provarlo,
anche se la matematica può arrivare a un infinito trascendente, che è l’infinito degli infiniti. Infatti la ragione
della logica filosofica può arrivare a provare Dio.
Ma se la fisica e la matematica non possono constatare che Dio regge il mondo, possono però ipotizzarlo e
presupporlo quasi come una necessità.

Intelligenza
Con la sola ragione si può arrivare a conoscere Dio, ma senza la Rivelazione non si può arrivare alla fede in
Gesù.
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Di conseguenza, se la ragione è capace di farci credere in Dio attraverso le cose create, tra queste la più
grande è la ragione stessa, che si relaziona in modo inscindibile al sentimento, quasi fosse una ragione che
“sente”, così come il sentimento “ragiona”.
Il cervello e la cultura, di fronte all’Intelligenza divina e alla santità che ne consegue, possono essere in un
certo senso paragonati a un luogo santo di fronte all’Eucaristia e alla santità che ne consegue: sono solo
strumenti (così come in qualche modo lo sono ciò che manca di esse).
E’ Dio che santifica, e tutto si integra nella santità, come dimostra San Francesco che, pur non essendo
particolarmente istruito, è uno dei santi più grandi della storia.
In Paradiso l’intelligenza umana trascende la sua stessa natura partecipando all’intelligenza soprannaturale di
Dio in proporzione alla santità delle persone, ma anche in modo unico e originale in ognuno.
Di conseguenza non solo il corpo si spiritualizzerà e parteciperà alla gloria soprannaturale di Dio, ma nello
specifico anche il cervello con le sue capacità e peculiarità, per cui anche le capacità cerebrali saranno
trascese e si realizzeranno pienamente in proporzione alla santità di ognuno.
In Paradiso conosceremo come Dio: in relazione a lui, conosceremo tutti i beati e gli angeli nello stesso
momento relazionandoci con loro, e conosceremo, se così si può dire, ogni atomo creato in ogni momento di
tempo e conosceremo tutti i misteri del sapere umano direttamente, cioè intellettivamente, ma soprattutto
conosceremo Dio direttamente.
Mentre ai demoni e ai dannati rimane l’intelligenza della loro natura, in certo modo potenziata dalla luce che
hanno rifiutato, nei beati e negli angeli l’intelligenza, anche nel modo di conoscere, è elevata dalla grazia
fino all’ordine soprannaturale, trascendendo così fino a Dio.
L’intelligenza è propria dell’anima, ma si interfaccia col cervello, che è proprio del corpo, cosicché in gran
parte si esprime, concretamente e storicamente, attraverso il funzionamento e le capacità del cervello.
Ma il cervello, in chi più, in chi meno, ha subito la corruzione dovuta al peccato originale. Per cui può
risentire di patologie e di traumi. Ma è plastico e si può anche “allenare”.
Un cervello in condizioni normali non dovrebbe avere problemi verso qualunque sapere, in quanto tutti i
campi di studio, dalla matematica alla filosofia, e perfino il linguaggio, che è la materia più complessa, sono
costituiti da processi fondamentalmente semplici. E’ soprattutto la velocità e la creatività che differiscono tra
le persone, anche se, almeno in gran parte, tali capacità concrete sono dovute a tante circostanze concrete.
Ci sono, è vero, delle singolarità particolari, ma vanno realizzate secondo la chiamata di ognuno.
Come per capire bene l’uomo occorre fare riferimento innanzitutto a Gesù, così per capire bene l’intelligenza
umana occorre fare riferimento innanzitutto all’intelligenza umana di Gesù, e per capire bene le facoltà
cerebrali dell’uomo, occorre fare soprattutto riferimento alle facoltà cerebrali di Gesù.
Grossolanamente si può dire che l’intelligenza naturale è quella data da Dio all’anima, che è chiamata ad
interagire con la grazia divina, attraverso cui “assume” una consistenza soprannaturale che la trascende,
cosicché l’intelligenza si possa manifestare pienamente in Paradiso come risultato della santità di ognuno,
cioè in proporzione alla santità di ognuno.
Ma l’intelligenza ha anche un aspetto assolutamente originale e perciò personale, in quanto noi siamo stati
creati come originali e chiamati alla santità in modo originale.
Per Gesù, Maria e Giuseppe, occorrerebbe sviluppare delle ulteriori considerazioni, secondo la realtà di
ognuno di essi.
Il cervello è uno strumento materiale, che l’anima spiritualizza in modo particolare, i se stesso adatto per
manifestare l’intelligenza concretamente secondo lo svilupparsi della nostra storia, per cui interagisce con la
psiche, coi sensi, con le grazie attuali, con la volontà, e altre cose. Ma, data anche la sua complessità e la sua
particolare interazione con la psiche, è anche particolarmente soggetto alla corruzione della natura umana.

Desiderio
Se chi abita vicino a un luogo santo può essere favorito nella grazia attuale per la vicinanza, può essere
sfavorito per un desiderio più blando, tanto che il pellegrino che viene da lontano (o che desidererebbe fare il
pellegrinaggio che non può fare) molto spesso può “possedere” il luogo santo più di chi ci vive vicino.
L’amore è tutto, e il desiderio eccita l’amore.

Verità

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Un’eresia è più di un’eresia, perché non consiste solo in un errore teologico, ma fa percepire in modo
distorto anche i principi che sono oggettivamente esatti. Per cui il dialogo tra cristiani di confessioni diverse,
oltre a partire dai principi comuni, è bene che sia coadiuvato da un’esegesi biblica oggettiva.
Ma anche il peccato può distorcere, e spesso distorce, la percezione della verità, ma non necessariamente a
livello di ragione, anche grazie alla coscienza.
La Chiesa di Roma, poi, ha sulla verità una grazia speciale di infallibilità, che si manifesta, attraverso la
dottrina, nella ragione.
Ma la coscienza non si fa sentire solo a livello di ragione, ma anche attraverso il sentire, e soprattutto
attraverso la compassione, che è ordinata alla verità, come la verità è ordinata alla carità.

Carità
Consacrarsi a Dio, di per se, è più che mettere su famiglia, e comporta una grazia di stato e grazie attuali
superiori, ma alla fine è la carità quello che conta.
Così farsi poveri, di per se è più che subire la povertà (e l’essere comunque bisognosi), ma se si offrono le
rinunce della povertà a Dio con carità superiore di chi ha rinunciato all’agiatezza per offrirsi a Dio, si è più
santi di chi si è fatto povero.
Anche il dolore che sbagli di valutazione, che spesso causano dei rimpianti umani, può essere offerto a Dio
con più carità di chi si offre senza fare sbagli, e perfino il peccato può diventare occasione di carità.
Il non peccare di per se è la via migliore rispetto al peccare, ma il peccato può essere occasione di un
ravvedimento che comporta più amore di quello di chi non pecca, così come dimostra il buon ladrone sul
Calvario con Gesù.

Eternità
L’eternità si riflette in qualche modo nei ricordi, in quanto si vivono sempre in modo nuovo, come fossero
attuali.

Ideologie
Per cambiare mentalità in senso ideologico, le ideologie non solo agiscono cercando di modificare la
percezione della realtà (a volte usando anche elementi di verità), ma istillano l’odio, in quanto la percezione
deve cambiare il sentimento, e un sentimento di odio condiziona pure la ragione, che comincia a sragionare.
Indubbiamente l’ideologia razzista è un male assoluto, ma l’antirazzismo laicista, che è ideologico, usa gli
stessi principi e gli stessi criteri dell’ideologia razzista.
Infatti, per non fomentare l’ideologia e la discriminazione che questa comporta, occorre partire dalla verità
oggettiva secondo una lettura INTEGRALE della storia, e non solo di certi autori.
E la storia ci dimostra che il razzismo non è una caratteristica dei soli occidentali (che con criteri razzisti
sono definiti come “bianchi”, come se il razzismo degli occidentali fosse di origine genetica, propria a una
“razza” perversa). I principi razzisti, infatti, caratterizzano tutti i popoli (anche se non tutte le persone).
Da amici nigeriani ho appreso che gli schiavi, in Nigeria, c’erano ben prima dell’“uomo bianco”, e che sono
stati i re africani a proporre ai “bianchi” il commercio degli schiavi che, purtroppo, si sono ben guardati dal
declinare l’invito.
Così oggi, con la scusa dell’anti razzismo, si cerca di distruggere, per perversi altri fini, proprio ciò che ha
dato inizio all’anti razzismo: la fede della Chiesa.
Infatti, se è senz’altro vero che molti occidentali sono stati razzisti fino al punto di arrivare a fare del
razzismo una dottrina, è anche vero che l’occidente influenzato dal cristianesimo è la culla del vero anti
razzismo, senza il quale gli antirazzisti ideologici di oggi, approverebbero i negrieri. E se dicessero che loro
non sarebbero mai stati razzisti, discriminerebbero chi li ha preceduti dimostrando, così, il loro razzismo.

Pericoli di uno spiritualismo senza Cristo


Lo spiritualismo che fa a meno di Cristo, sebbene si sia adattato ad usare tanti termini cristiani (ma non tutti
perché impossibile, dimostrando così di essere ben diverso dalla spiritualità cristiana), sebbene coinvolga
molte persone buone e spesso sincere, di per se costituisce un pericolo.
Vi è infatti estraneo il concetto del peccato originale (e del peccato in genere), senza cui non si spiega il male
come perversione, ma solo come una mancanza di comprensione, cosa che ha un fondo di verità ma che non
è la verità. E, di conseguenza, manca una profonda dottrina sulla retribuzione finale.
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Lo spiritualismo non cristiano, inoltre, considera la materia come non fosse stata creata da Dio ma si
opponesse a lui, come una cosa non reale (eppure c’è), e perciò parla molto, e spesso giustamente, di
distacco, ma mai di coinvolgimento, tanto che gli spiritualisti tendono a estraniarsi dalla società e a lasciare il
“lavoro sporco”, cioè l’impegno nel mondo, agli altri.
Gli spiritualisti parlano di Dio e del bene, ma senza fare un forte riferimento a nessuna Persona divina e ai
sentimenti e alla ragione dell’uomo, come se per Dio si intendesse una generica divinità o un’entità
impersonale, non soprannaturale e riconducibile alla natura stessa, e come se l’uomo non potesse arrivare a
Dio anche con la sola ragione, ma solo con la pratica di una sorta di “risveglio” introspettivo, facendo così a
meno della Rivelazione della fede, che manifesta lo stesso pensiero di Dio.
Di salvezza non se ne parla, e se lo si fa, la si intende come esclusiva opera dell’uomo o di un’illuminazione
comunque non superiore alle forze naturali. Di conseguenza gli spiritualisti, riguardo alla pace umana,
comunque importante, possono a volte ottenere buoni risultati, non di rado migliori di quelli di certi credenti,
ma, di per se, li ottengono solo attraverso le capacità della natura, mentre la grazia non solo dona una pace
soprannaturale, ma, perfezionando la natura, può donare senza altro sforzo che adeguarsi alla verità del bene
(cosa non da poco ma, nello stesso tempo, cosa semplice), anche la pace naturale, che aiuta e prepara quella
soprannaturale.
Gli sforzi umani, per quanto in se stessi apprezzabili se indirizzati alla verità, senza la prospettiva della
grazia, in se stessi tendono a chiudersi a Cristo, che è il termine di tutto.
Tanto che, se pure lo spiritualismo, per assurdo, arrivasse a trarre le stesse conclusioni del cristianesimo,
mancando di Cristo, mancherebbe della salvezza. E se anche arrivasse a Cristo in modo umano, mancando
della Chiesa, mancherebbe della salvezza, che la Chiesa amministra e offre comunque a tutti gli uomini di
buona volontà, compresi gli spiritualisti in buona fede.

Grazia
La grazia che Dio dona all’anima, nella storia, cioè nella vita concreta, si sviluppa anche attraverso delle
grazie attuali che Dio ci dà qui ed ora, a cui occorre rispondere con amore.
La grazia iniziale è importante per la nostra santità, e nessuno meglio della Madre di Dio ce lo può
dimostrare, anche se lei ha una chiamata del tutto particolare, ma l’essenza della santità consiste nella carità.
E anche in questo caso nessuno come Maria ce lo può dimostrare, ma ce lo dimostra anche San Giovanni
Battista, che ha avuto la vocazione più grande dell’Antico Testamento, ma che è comunque meno grande di
quella più piccola di un battezzato.

Quotidianità
Ognuno ha la sua vocazione, ma saper vivere la propria quotidianità è la base di ogni vocazione, anche la più
attiva.
Gesù visse la quotidianità per trenta anni, con qualche “esperienza” particolare, come i pellegrinaggi a
Gerusalemme, che, è da presumere, si ripeterono più volte, rinnovando esperienze precedenti in modo
originale.
Poi vi fu la novità del suo ministero pubblico, in cui si adattò a una nuova, anche se sempre diversa,
quotidianità.
La storia di Gesù è, in un certo senso, Gesù stesso, in cui confluiscono tutte le storie.
Alla pienezza del tempo, si manifesta il “tutto”.

Non cercare novità


Nella vita di fede non bisogna cercare né emozioni, né esperienze spirituali: basta adorare, lodare, ringraziare
Dio e fare penitenza. Ci si può aiutare con la Bibbia, tenendo gli occhi chiusi e “ascoltare” Dio nel cuore,
usare immagini mentali, eccetera, ma senza pretendere cose straordinarie.
Non che emozioni ed esperienze, anche straordinarie, non debbano esserci nella vita spirituale: se Dio le
permette o le suscita, ben vengano, purché siano usate bene.
Ciò che importa è la fede, che si può manifestare nella consapevolezza e in un sentimento di pace della
coscienza, che suscita il senso della Presenza.
Chi trova la pace nella quotidianità, la trova ovunque.

Umanità in rapporto alla grazia


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Essere brave persone non si contrappone all’essere bravi cristiani, ma lo favorisce, perché la natura non si
contrappone alla grazia, ma la favorisce.
Tranne in un caso, che non è poi un caso vero ma solo un fraintendimento: quando l’essere brave persone
diventa un fine a cui andare orgogliosi, invece che un mezzo necessario per rispondere alla chiamata divina.
In tal caso la natura umana rifiuta l’atto più umano che può fare: quello di rivestirsi di una Natura
soprannaturale capace di perfezionarla senza snaturarla.
Ma anche il solo fare i bravi cristiani si contrappone all’esserlo, se il fare non è la conseguenza dell’essere
ma diventa il fine stesso della religione. Soprattutto se la propria idea di Dio diventa un idolo che sostituisce
la realtà stessa di Dio, e perciò la sua Presenza.
Allora il “Dio con noi”, non sta più con noi.

Generi maschile e femminile


In relazione e analogamente alle Persone della Santa Trinità (sebbene in senso molto diverso), tutti
gli uomini sono uguali, ma diversi.
Anche riguardo al genere maschile e femminile: sono uguali, ma diversi.
Come l’uomo e la donna sono fisicamente uguali ma diversi, così lo sono anche psichicamente,
intellettivamente, sensibilmente, spiritualmente.
Non che a un genere manchi qualcosa che ha l’altro genere, ma ha, semplicemente, uno “stile”
proprio, diverso da quello dell’altro genere, che si può manifestare nelle caratteristiche umane
anche un po’ quantitativamente e qualitativamente (e non solo per il dono personale di ognuno e per
come si manifesta nelle circostanze concrete, cioè qui ed ora), in quanto lo richiedono le
caratteristiche stesse.

Promesse legare alle orazioni di Santa Brigida


Se le promesse legate alle orazioni di Santa Brigida sono, come potrebbe essere possibile,
autentiche, per capirne il senso aiuta l’analogia con l’indulgenza plenaria che la Chiesa offre a
determinate condizioni. Sono, cioè, promesse condizionate, non solo dalla pratica, ma anche dalla
fede.
Cioè: come l’indulgenza plenaria si ottiene non solo con la pratica delle opere e delle preghiere a
cui è legata, ma anche dal distacco totale anche dei peccati più piccoli, altrimenti l’indulgenza non è
piena, ma parziale, così le promesse legate alle orazioni di Santa Brigida necessitano di una fede e
una fiducia piena e grande e, è da presupporre, dal distacco totale di tutti i peccati, anche veniali,
altrimenti le orazioni sono portatrici di grazie nell’ordine di ciò che si spera dalle promesse, ma non
realizzano le promesse così come sono espresse. Tanto più che la Chiesa su di esse si è espressa
rimarcando che non risultano assolutamente essere di origine soprannaturale.
Altre promesse, invece, come i Primi venerdì del mese, realizzano le promesse, se così si può dire,
con la fede che si ha, attraverso la fiducia morale che si ripone in esse, tanto più facilitata dal fatto
che la Chiesa li ha riconosciuti ufficialmente e, si potrebbe dire, solennemente.

Anima e psiche
La differenza che c’è tra la psiche e l’anima, e tra la psiche e la coscienza, si può notare nelle donne
che hanno abortito volontariamente.
L’anima “sente” tutto, indipendentemente (ma non assolutamente) dalla psiche con cui interagisce,
e anche la coscienza, che però può essere condizionata, “sente” in modo non identico alla psiche.
Così può accadere che, in una donna che ha abortito sapendo di aver commesso un peccato grave, la
psiche, molto legata alla sensibilità, ne può risentire in modo tale da mettere un bavaglio alla
sensibilità, oppure con smisurati sensi di colpa, ecc. Oppure può accedere che, in una donna che ha
abortito senza avere piena coscienza della gravità del suo gesto, la psiche, condizionata dalla “voce
della natura”, possa in qualche modo “avvertire” la coscienza della gravità dell’atto commesso.
I casi sono svariati e complessi.
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Amore e perdono
Gesù ha detto: “Quello a cui si perdona poco ama poco” (Lc 7,47). Che significa?
La frase va letta come una lettura realistica di ciò che, di fatto, accade generalmente, e non come una legge
spirituale che afferma che, a chi pecca poco, gli è perdonato poco e perciò ama necessariamente poco.
Se un “giusto” ama poco, infatti, non è perché gli è stato perdonato poco, ma, viceversa, gli è perdonato poco
perché ha amato poco, secondo le parole di Gesù: “Le sono perdonati i suoi molti peccati, poiché ha molto
amato” (Lc 7,47): a colui che Dio perdona poco, non è tanto perché a lui Dio offre una minore grazia del
perdono, ma perché si è “pentito poco” e poco ha avuto dolore per i suoi peccati, mentre colui a cui Dio
perdona molto, è perché si è “pentito molto”, provando molto dolore per i suoi peccati.
Dio, infatti, o poco o molto, perdona sempre con TUTTO l’amore a tutti coloro che si pentono di cuore sotto
l’influsso della grazia, solo che l’efficacia del suo perdono è proporzionata all’amore dell’uomo e perciò al
suo pentimento.
Infatti nei giusti, come dimostrano Maria Vergine e tutti i santi che una volta pentiti non hanno commesso
più peccati se non piccolissimi, la mancanza di peccato favorisce l’apertura alla grazia e l’accettazione della
grazia.
Non è infatti il peccato a originare la grazia e perciò il perdono, ma è la grazia del perdono divino a
cancellare il peccato.
Altrimenti la percezione del peccato è simile a quella di tanti non credenti, per i quali, per sapere cosa è il
bene occorre prima sperimentare il male.
Ma nessuno può avere coscienza del male più di Dio, che è il Sommo bene, solo che la coscienza che Dio ha
del male è intellettiva e non dovuta all’esperienza.
Anzi, l’esperienza diretta del peccato, ostacolando la conoscenza del bene sia a livello intellettivo che a
livello di esperienza, tende a confondere il giudizio della coscienza.
Perciò, se un peccatore pentito ama Dio di più di un “giusto”, è perché il “giusto” si è intiepidito, cosa che si
verifica spesso (ma non per una legge spirituale), tanto che, di fatto, nei “giusti” il fervore verso Dio cala al
calare delle prove e aumenta al loro aumentare.

Carità e servizio
L’amore universale, la cui forma piena e più alta è la carità che proviene da Dio, non è legato alla nostra
conoscenza umana proprio perché universale, ma si serve di essa. Questo manifesta che il nostro amore sulla
terra è in divenire e, se anche la carità in sé stessa è sempre perfetta, si manifesterà nella pienezza in Cielo,
dove anche il nostro modo umano di amare si trasformerà in senso soprannaturale.
In questa vita l’amore di Dio, sempre perfetto, non solo manifesta che nella sua pienezza si manifesterà in
Paradiso, ma è limitato e ostacolato dal peccato originale e dalle sue conseguenze, cioè dai nostri ulteriori
limiti che si aggiungono a quelli naturali della nostra umanità, e dal nostro peccato.
L’amore spirituale umano supera e sovrabbonda la nostra conoscenza intellettuale, anche se la usa per
concretizzarsi e perciò realizzarsi anche visibilmente, e la carità soprannaturale supera e sovrabbonda
l’amore umano universale, anche se spesso se ne serve.
La povertà in senso francescano è intimamente legata alla castità, in tutti i sensi.
Spesso occorre tacere e rinunciare a manifestarsi per dare gloria a Dio, che tutto fa mentre noi non facciamo
nulla e quel poco che facciamo, lo facciamo in lui e per lui.
Se vuoi affermare te stesso, devi donarti e se vuoi donarti devi prima amare te stesso. Questo si può fare solo
se noi prima siamo amati da Dio e di conseguenza lo riamiamo. Cosicché possiamo essere perfetti come Dio
è perfetto, cioè possiamo fare come Dio: prima amiamo i fratelli e li serviamo come possiamo, poi possiamo
essere amati da loro.
Da questi principi si possono fare innumerevoli riflessioni e trarre innumerevoli conseguenze.
Ad esempio: se ti vuoi realizzare, non ti devi realizzare per te stesso, e se senti il bisogno di dedicare anche
un po’ di tempo per te, non deve essere per te, ma per Dio, che è il principio dell’amore che hai e che, perciò,
puoi donare agli altri solo in quanto tu lo hai già, e lo puoi donare per quanto ami Dio e poi ti ami dell’amore
con cui Dio ti ama. Noi, infatti, riguardo a Dio aspiriamo ad essere amati e poi a riamare, ma riguardo al
prossimo dobbiamo aspirare prima ad amare: solo così il Cielo può sviluppare radici nella società umana,
anche se in modo non ancora compiuto.

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Il senso di solitudine in questa vita vuole essere colmato e solo in Dio può esserlo (ma è come bere l’acqua
viva di Gesù: più si beve, più se ne desidera e più si collabora con Gesù a darla). Il senso di solitudine in
questa vita non va allontanato con la droga dell’attivismo, ma va rettamente vissuto, in modo che sia come
una luce che ci guida a Dio e di conseguenza al servizio dei fratelli. Se il senso di solitudine non conduce a
dare frutto come fa il seme, che per farlo muore, rimane solo, e perciò non si compie nella pienezza
dell’amore, che è relazione soprannaturale con Dio e, di conseguenza, coi fratelli.
Non si possono ridurre le realtà universali alle categorie della politica, in cui ognuno si fa “portavoce” della
giustizia, e le realtà politiche che più lo fanno, quelle che in nome della giustizia vogliono cambiare tutto
senza conservare nulla, sono le più anti cristiane, non per il proposito di voler cambiare le cose, ma perché
non fanno riferimento ai valori della fede, e non vi fanno riferimento non in quanto non ne tengono conto,
ma in quanto la contrastano, cosicché anche i valori buoni che propugnano si inquinano di corruzione.
L’unico modo di cambiare le cose, infatti, è ricominciare proprio dai valori della fede e da sé stessi, il che
non esclude l’impegno sociale ma, anzi, lo sollecita.

Sofferenza
La sofferenza è un segno di predestinazione e una caparra di salvezza.

Ideologie buoniste
Le ideologie più dicono cose giuste senza fare riferimento a Dio (e perciò all’uomo che sta al centro
dell’amore divino), più, in un certo senso, sono espressioni anti cristiche.
Ad esempio, il tollerantismo, il pacifismo, l’ecologismo…
Tante cose che dicono sono condivisibili, così come tante speranze e istanze che rappresentano, ma la
direzione presa non conduce al bene, ma al male.
Sono le ideologie più pericolose, anche se seducenti, perché ingannevoli, perché, per affermare la menzogna,
dicono tante verità parziali.

Singolarità
In una situazione di singolarità la risposta della natura può essere singolare, ma cambiando la situazione e
con essa le condizioni singolari che l’avevano contraddistinta, ciò che prima era naturale potrebbe rivelarsi
innaturale. Ad esempio il mangiare del pane consacrato a Dio di Davide e dei suoi uomini affamati. O i figli
di Adamo ed Eva, che si sono sposati fra loro, per cui anche a livello genetico la natura non poteva che
prevedere come buono ciò che poi si sarebbe diventato dannoso: sia geneticamente, sia psicologicamente, sia
spiritualmente.

Corpo e anima
Qualunque siano le circostanze che si manifestano nella nostra vita e anche nel nostro corpo, e qualunque sia
l’influenza pratica che queste hanno su di noi, in qualche modo l’anima si esprime con ciò che ha a
disposizione e soprattutto on ciò che è “suo”, cioè il corpo.

Singolarità e comunitarismo
L’uomo non è un singolo, ma una persona, e non fa parte di una massa, ma di una comunità.
La persona è già originale e perciò singola, per cui il farsi voler riconoscere, invece di realizzare la persona
in rapporto con Dio e il prossimo, la isola.
Allo stesso modo uno sbagliato senso di comunità che uniforma tutto e tutti, non realizza la persona, ma la
appiattisce, e perciò la mortifica.
Oggi la psicologia, trattando il tema del narcisismo (degli altri), pur affermando delle cose giuste e dando
delle indicazioni giuste, tende a isolare le persone, così come il comunitarismo tipico delle sette
appiattiscono gli aderenti.

Luoghi santi
La grazia divina sta alla grazia attuale dei luoghi santi, un po’ come la Presenza divina nell’Eucaristia sta alla
presenza divina nello spazio dei luoghi santi, e, per una certa analogia, un po’ come la realtà di una persona
sta alla sua foto.

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Ma come ci sono foto di eventi solenni, ad esempio di un matrimonio in cui tutti si mettono in posa, e ci sono
foto di eventi ufficiali meno importanti, come dell’inaugurazione di qualche evento, e poi ci sono le foto
private, spesso scattate di sorpresa, così, in un certo senso, ci sono i luoghi santi più universali, a cominciare
dalla Terra Santa, ma anche le Basiliche Papali e i grandi santuari come Fatima e Guadalupe, poi ci sono i
luoghi santi che ricordano eventi sempre universali ma di portata più locale, e ci sono luoghi santi piuttosto
privati.
Tutto è universale e tutto è privato: l’universale va vissuto personalmente e ciò che è privato, che non è mai
privato, assume, anche attraverso i valori universali nella vita delle persone, una portata universale, per cui ci
sono luoghi più di valenza universali, e perciò più importanti, e luoghi più di valenza personale, e perciò
particolarmente “importanti per me”, ma tutti interagiscono tra loro.
Nel tempo i flussi si modificano e ci sono cose nuove che interagiscono con le vecchie.
Ma i luoghi santi, come le fotografie, servono per sollecitare ed evocare l’amore, e perciò la presenza e la
Presenza di Dio.
Ma come può capitare che una foto privata, magari vecchia e un po’ alterata, possa, a livello personale,
evocare forti emozioni, così può capitare che un luogo può, personalmente, evocare fortissimi sentimenti atti
ad aprirsi all’amore, tanto da divenire un luogo “solenne per me” e perciò, in noi, un luogo di piena
universalità.
Tutto dipende da Dio e, anche, dalla nostra realtà in collaborazione con lui.

Giudizi divini
Dio comincia a retribuire, e perciò anche a ricompensare, già in questa vita, per come è possibile farlo in
questa vita, e lo fa al meglio per noi, anche se tutto si compirà alla fine dei tempi, ma comincia a
ricompensare a cominciare dall’anima.
Dio infatti tiene conto innanzi tutto della ricompensa soprannaturale che si compirà in Paradiso, e tutto fa
convergere verso questa ricompensa. In quest’ottica anche certe croci possono essere una ricompensa
(mentre certe altre sono di condanna, atte, però, come quella del buon ladrone, ad essere “riconvertite” in
strumenti di grazia).
Subordinatamente Dio tiene conto del nostro bene spirituale naturale, in qualche modo legato al bene
soprannaturale e spesso fortemente legato ad esso.
Ma Dio non disprezza affatto il bene materiale, ma anch’esso è messo in relazione al bene soprannaturale.

Rango, sacralità e santità


Più una cosa (come un servizio) è sacra, più è consacrata a Dio, ma non necessariamente rifulge di più
santità, che dipende dalla scelta di Dio direttamente in funzione alla santità (e non necessariamente a un
servizio sacro particolare), e perciò dipende da una sorta di “carisma”, e dalla risposta che dà l’uomo.
Naturalmente ciò che è sacro è anche santo e ciò che è santo è anche sacro.
Il rango, invece, riguarda la “carica”, cioè la funzione, che è legata alla sacralità e alla santità, ma che più che
altro riguarda l’ufficialità e il riconoscimento della Chiesa. E’ una sorta di titolo nobiliare.

Linguaggio
Il linguaggio è uno strumento di espressione in rapporto alla relazione.
Cancellare la cultura, come pretendono alcuni, equivale a cancellare il linguaggio, che è la prima espressione
della cultura.
La logica del linguaggio sta alla base ed è più complessa della logica della filosofia, della matematica,
dell’arte e perfino della teologia. E’ una logica che usa i simboli e li interpreta.
Il Logos si è fatto carne, e la Parola si è fatta parola!

Cattolicità
Perché, in genere, gli ortodossi sono meno modernisti dei cattolici (ma anche più tradizionalisti) e alcune
frange di protestanti prendono la parola di Dio in modo più integrale dei cattolici (ma meno integro e più
integralista)?
Perché per essere dei cattolici integrali, occorre farsi santi.

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Il motivo è simile a quello per cui i farisei, che seguivano la legge mosaica e non la grazia rivelata in
pienezza da Gesù, pur essendo molto zelanti integerrimi riguardo alla giustizia della Legge, non si
convertirono.
Il fatto è che le esigenze che la pienezza della verità richiede, sono più grandi. Non che i sacrifici richiesti
debbano necessariamente essere più grandi, ma la rinuncia a se stessi sì. Occorre una grazia maggiore, e a
grazia maggiore corrisponde la richiesta di una più grande rinuncia di sé.
In questo senso l’uomo non corrisponde, o non corrisponde come dovrebbe, alla grazia.

Sacro Cuore
Se la Chiesa distingue con evidenza tra la santità di Brigida di Svezia, le orazioni che a lei fanno riferimento,
e le promesse legate a queste orazioni, significa che c’è differenza e che, perciò, può esserci anche una certa
“divergenza”. Cioè: Brigida è senz’altro una grande santa, le sue orazioni sono belle, ma le promesse che si
legano ad esse potrebbero non essere del tutto autentiche o potrebbero dover essere interpretate.
Con Sacro Cuore è diverso, perché, pur non facendo confusione tra Santa Maria Margherita Alacoque, la
devozione al Sacro Cuore e le promesse legate ad essa, la Chiesa si è espressa per una “convergenza”.
Perciò, sebbene le promesse legate al Sacro Cuore di Gesù non sono di fede e, di conseguenza, non possono
essere un dogma, sono moralmente e umanamente certe.

Totalmente Altro
Dio trascende (in senso cristiano) all’infinito ogni categoria di pensiero, umano e angelico. E trascende ogni
spiritualità umana e angelica. Egli è il Totalmente Altro che, però, si vuole comunicare a noi.
Sotto questo aspetto l’universo potrebbe essere da sempre ma, anche così fosse, non si sarebbe comunque
potuto spiegare se non con Dio, che lo trascende infinitamente.
Ma, dice San Tommaso, noi sappiamo che è stato creato per rivelazione.
Ma poiché è stato creato, allora la creazione ci dice qualcosa anche a livello essenziale sul rapporto tra il
Creatore e le creature.
Se Dio non fosse il Totalmente Altro e una unità di Persone con la stessa unica natura, non sarebbe
onnipotente e noi non potremmo mai godere di una gioia soprannaturale piena.
E se anche tutto quello che c’è fosse infinito e se nel cammino di “consapevolezza” ognuno entrasse in
perfetta armonia con gli altri, ma la divinità non fosse il Totalmente Altro che vuole entrare in intimità con
noi, Dio non sarebbe onnipotente e noi non potremmo godere di una gioia piena.

La bontà berrà ripagata da Dio


L’amore è universale, le opere sono circoscritte da coordinate spazio temporali, ma se sono opere di amore,
si universalizzano.
“Il pregio dell’uomo è la sua bontà” (Pro 19,22), dice la Bibbia. E: “Chi fa la carità al povero fa un prestito
al Signore che gli ripagherà la buona azione” (Pro 19,27).
Anche la bontà umana verrà ripagata da Dio come solo Dio può ripagare, cioè con la grazia. La bontà umana,
infatti, se vera bontà, cioè se è dovuta a una volontà capace di atti gratuiti e che non esclude nessuno, non
può che essere frutto di una scelta conforme alla voce della propria coscienza, che è il sacrario dove l’uomo
incontra Dio.
“Con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio” (Lc 6,38), dice Gesù.
Il “cambio” o fa Gesù, che non può che ricambiare che con la grazia.

Misericordia divina e peccato


Una preghiera liturgica della Chiesa dice che la misericordia di Dio si mostra meglio verso l’umanità
decaduta che non se l’umanità non fosse decaduta. Occorre però capire bene cosa si intende con il termine
“mostrare” e occorre distinguere tra il peccato originale e quello attuale, soprattutto il peccato attuale dopo la
redenzione operata da Gesù.
In ogni caso è vero che tale concetto, per analogia, vale anche per il peccato attuale, anche se in senso non
identico, ma la Vergine Maria ci dimostra che se l’uomo, partendo dalla condizione iniziale della sua natura
personale così come voluta da Dio, avesse sempre risposto al massimo possibile alla grazia che Dio gli
effondeva, la misericordia si sarebbe manifestata meglio in quelle situazione e la santità sarebbe stata quella
massima per ognuno.
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Se, infatti, Dio ha permesso il peccato, è perché prima lo ha permesso l’uomo, e l’uomo, a posteriori, può
capire che il male è stato permesso proprio perché non ha risposto al massimo alla grazia, cosicché attraverso
l’esperienza del male possa tornare in se stesso e attraverso la grazia possa rispondere in modo migliore che
se non avesse peccato ma avesse continuato a intiepidirsi.
Inoltre, riguardo al peccato personale, c’è da distinguere tra quello commesso da Adamo ed Eva e quelli
della loro discendenza, per cui ambiano le condizioni.
Se non vi fosse stato il peccato originale, gli uomini avrebbero sempre potuto peccare, e forse qualcuno
avrebbe peccato, ma senza trasmettere a tutta l’umanità la propria natura decaduta. Le ipotesi che si possono
fare sono molte e il mistero divino è grande.
Ma il peccato nello stato di innocenza sarebbe stato più difficile, perché sarebbe stato un po’ come il
bruciarsi una mano per avere l’esperienza di cosa si prova.
Forse, perciò, si potrebbe dire che, se Adamo ed Eva non avessero peccato, la condizione migliore perché la
misericordia di Dio si mostrasse alla loro discendenza, sarebbe stata quella.

Luoghi santi e profezie


Non si deve confondere lo strumento della grazia con la grazia o con Dio, sarebbe come confondere il
pennello con il dipinto o col pittore: l’importante è il pittore e, di conseguenza, il suo dipinto, che si può
ottenere anche on altri pennelli, e comunque ogni tipologia di rappresentazione pittorica prevede un pennello
adatto.
Ciò che conta è la Chiesa solo.
Se non si segue un profeta autentico ma non approvato dalla Chiesa, non si commette nessuna mancanza (a
meno di disubbidire a una evidente mozione interna ispirata dal Signore). Al massimo, in certi casi, si può
perdere qualcosa.
Ciò che si è obbligati a seguire è la ragione illuminata dalla fede, secondo coscienza.
Del resto la profezia è imperfetta e imperfetti sono i profeti, che possono sempre sbagliare.
Tutto è un mezzo, fuorché la Chiesa.

Volontà
Sebbene riguardo a tante decisioni siamo influenzati dagli eventi, a parte i casi di incapacità di intendere e di
volere, a livello psicologico abbiamo spesso una notevole capacità di decidere liberamente, in quanto la
volontà che si manifesta concretamente, passando attraverso la nostra emotività, passa anche, e soprattutto,
attraverso la ragione e l’influenza della grazia, almeno quella preveniente (anche se, in genere, in tutti ci
sono aree particolarmente malate in cui è difficile, se non impossibile, manifestare ciò che si è).
Perciò la volontà che si manifesta in pratica è strettamente legata alla volontà che si manifesta nella
coscienza, sebbene non sia equivalente.
E di fatto, anche se quando prendiamo decisioni sbagliate continuiamo a perseguire un certo fine non
sbagliato, in genere ci rendiamo conto se quella decisione si contrappone al fine che ci prefiggiamo.
Ad esempio, quando vogliamo portare avanti degli studi sappiamo bene che dedicare troppo tempo alle
distrazioni contrasta con esso, per cui se perseveriamo nel dedicare tempo alle distrazioni e non
raggiungiamo il nostro fine, difficilmente potremo dire che la causa è completamente dovuta a degli ostacoli
psicologici e solo a quelli.

Il “mistero” francescano
Francesco fu il “capostipite” degli stimmatizzati.
Il Francescanesimo fu il primo degli Ordini mendicanti, cioè aprì, in un certo senso, la strada agli altri.
Molti fondatori di congregazioni religiose non francescane, furono francescani, come, ad esempio, San
Giovanni Bosco.

Intelligenza e carità
L’intelligenza umana è attratta dall’Intelligenza divina a cui è chiamata a partecipare.
L’intelligenza umana, in Dio, si “soprannaturalizza” pur rimanendo umana e così si innalza e si perfeziona
anche secondo la propria natura, in proporzione alla gloria della santità raggiunta.
Prende, ma non perde, e si realizza anche per come si è potuta esprimere storicamente, sempre in rapporto
alla santità raggiunta, cioè alla carità.
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In questa vita, la ragione illuminata dalla fede orienta la volontà e, di conseguenza, il cuore, all’Intelligenza
divina, che esprime l’Amore divino, e il cuore arriva a capire l’Intelligenza divina più dell’intelligenza,
perché più dell’intelligenza capisce di più l’Amore di Dio, verso cui è orientata.
Ma intelligenza e cuore, in Dio, coincidono, solo che, in Dio, è l’intelligenza a seguire l’amore e a perdersi
nell’amore dell’Amore.

Comunione
Comunione e comunità sono concetti cristiani, perché presuppongono relazioni tra persone.
La relazione origina dal dono di sé attraverso cui si realizza primariamente se stessi, e dal ricevere il dono
degli altri che ci realizza.
Nelle ideologie non c’è libertà perché non ci sono “persone, e, perciò, non c’è dono di sé.
Nelle ideologie, individualismo e collettivismo coincidono, perciò non c’è la comunione, non c’è libertà, ma
solo oppressione.

Misticismo e apparizioni
Oggi proliferano mistici e apparizioni, soprattutto mariane e, anche se in molti casi c’è autenticità, in tanti
altri, e forse nella maggioranza dei casi, c’è molto di umano e l’inganno del demonio.
Occorre perciò fidarsi molto di più della Chiesa e molto meno di noi stessi, perché Dio ha dato il potere di
legare e sciogliere, e quello di vegliare sul gregge, ai Pastori.
E’ vero che esiste il sensum fidei del popolo di Dio, che può anticipare anche i Pastori, ma è vero anche il
contrario, che i Pastori possano anticipare il popolo di Dio, e comunque sta a loro guidare il gregge.
Ed è vero che riguardo alla pastorale i Pastori non hanno il dono dell’infallibilità, ma è anche vero che hanno
una speciale grazia di stato e che se noi ci allontaniamo dalla loro guida, anche se dovessimo azzeccare la
strada migliore, rimarremmo comunque sbranati dai lupi.
Ed è vero che spesso i Pastori ostacolano il soffio dello Spirito e “perseguitano” anime sante, ma è anche
vero che le anime sante ubbidiscono e, alla fine, vengono riconosciute come autentiche, mentre è la nostra
disubbidienza che sminuisce l’efficacia di eventuali autentici doni e carismi.
Del resto i tempi della Chiesa sono, alla fine, quelli di Dio, che in certo modo vi si adegua anche se i Pastori
non sono stati pronti a riconoscere la sua opera, e il riconoscimento della Chiesa aggiunge alla grazia senza
nulla togliere.
Di fatto, riguardo le apparizioni, le profezie, i carismi, i doni mistici, veri o presunti, si fa molta confusione.
La profezia, dice San Paolo è imperfetta, e imperfetto è il profeta. Solo nel caso della visione intellettuale,
che è ben superiore a qualunque apparizione e agli altri fenomeni mistici, non c’è errore, solo che la
“traduzione” può essere imperfetta.
Ci sono poi i fenomeni preternaturali, che sono opera degli spiriti angelici e che nelle false manifestazioni
spirituali sono senz’altro opera del demonio, ma ci sono anche fenomeni della psiche umana, che non ha
affatto dei poteri (quelli vengono dal demonio), ma è capace di suggestionarsi perché il mondo dello spirito
umano è molto complesso e profondo.
Tali suggestioni e immaginazioni possono anche essere ispirate, in molti casi, dallo Spirito Santo, ma
possono esserlo anche dal demonio, e molto dipende dalla santità e dall’ubbidienza dell’anima. Per questo la
guida della Chiesa è fondamentale.
Esistono inoltre vari gradi nei fenomeni mistici, anche dello stesso tipo (sebbene ogni fenomeno mistico sia
originale nella persona in cui si manifesta).
Ad esempio, riguardo alle stimmate, non tutte significano lo stesso grado di unione a Cristo, e in certi casi
potrebbero essere per lo più un segno miracoloso, quasi un carisma, che non manifestano necessariamente
un’unione mistica al livello di certi santi e, perciò, i vertici della santità. Del resto ci sono casi di santi che
non hanno avuto particolari esperienze mistiche ma che sono universalmente riconosciuti come santi
straordinari, come Santa Teresa di Calcutta e Santa Teresa di Lisieux.
L’umiltà dei presunti veggenti, che spesso si manifesta nel nascondimento, è molto importante non solo per
il discernimento sull’autenticità dei fenomeni, ma anche sulla profondità di essi e sull’efficacia della grazia.
Ciò che conta è la santità degli uomini in relazione alla santità di Colui che rende santi.

Sensibilità e verità

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La sensibilità, non solo dell’anima, ma anche della psiche, se orientata alla verità, non solo tende a
svilupparsi pienamente, ma produce frutti buoni. Se, invece, non è orientata alla verità, può produrre
mostruosità.
Questa dinamica, a livello essenziale, si verifica attraverso l’opzione fondamentale, ma, relativamente a tale
opzione, che influisce in vari modi, si verifica anche a livello secondario.

Cuore e ragione
In modo schematico e con mota libertà, potremmo “collegare” la razionalità alla vista e il cuore al “sentire”,
cioè alle emozioni.
La vista vede, cioè la ragione osserva e valuta, ma senza il cuore non “sente” niente.
Da parte sua il cuore “sente” e prova emozioni, ma senza la vista, sente alla “cieca”, perché non distingue la
realtà.
Ma se si uniscono cuore e ragione, “lavorano” in sinergia: il cuore vede con la ragione, e la ragione “sente”,
cioè vede col cuore.
Il cuore palpita per ciò che è degno, e la ragione “assapora” ciò che vede.
Così, se cuore e ragione procedono uniti, il cuore vede più il là della stessa ragione perché, bene indirizzato
da essa, segue l’odore della verità come un cane da ricerca segue una pista, mentre la ragione si perfeziona
perché, seguendo il cuore, vede cose che non avrebbe altrimenti visto.
Infatti, se c’è contraddizione tra ragione e cuore, per non sbagliare occorre seguire il cuore, mentre se c’è
accordo, per approfondire la ragione, occorre seguire il cuore.
La grazia non si oppone a tale dinamica, ma la trascende: è come se la vista, da bidimensionale, potesse
vedere in tridimensionale, e le emozioni acquistassero una “dimensione” in più.

Opere scientifiche di Santa Ildegarda


Le opere scientifiche di Santa Ildegarda, se non sono visioni, vanno lette col metodo scientifico, perché
l’intento di Ildegarda è quello di fare scienza. Se invece sono frutto di visioni, vanno interpretate attraverso la
teologia, o, almeno, anche attraverso di essa.

Prove
La grazia che Dio dà non è proporzionale alla durezza delle prove che si hanno, per vari motivi.
Dipende però da come per noi è meglio: a vote è più così, altre volte non è così, ma è certo che senza prove
non ci si salva e che le prove che abbiamo, se sopportate con pazienza, donano la grazia (cosa che non
esclude il chiedere a Dio che passino).

Rivelazioni private
Come spesso in noi c’è “confusione” di impulsi, aspettative, ecc., tanto che non capiamo con chiarezza, così
a volte le rivelazioni private se espresse in linguaggio profetico, o se condizionate da chi le riceve o dalla
risposta delle persone, o altro.
Questo avviene perché, se da una parte Dio chiama a conversione con urgenza, dall’altra ci chiama alla fede
della Chiesa e solo questa conta e deve ispirarci e mandarci avanti: il resto, al confronto, non conta.
Anche in questo senso le rivelazioni private manifestano il loro vero fine.
La dottrina della fede non è la fede e non dà la fede, che di per se è data dal Battesimo e dall’annuncio.
Ma se la dottrina della Chiesa è vissuta con fede, allora tutto si semplifica e si chiarifica, manifestando
l’essenziale. Compreso il Mistero divino.

Numeri “non reali”


I numeri “non reali”, come i numeri irrazionali, immaginari, ideali… ci sono e basta.
Sono una conseguenza della logica e non si possono definire, ma si deducono dagli “effetti” che hanno sugli
altri numeri.
Se di una lunghezza di un pezzo di metallo puro si possono, in teoria, contare gli atomi di cui è composto, se
la sua lunghezza è il risultato di operazioni con altre misure, è possibile che sia definita da un numero
irrazionale, indefinibile. I due tipi di “conteggio”, infatti, non sono corrispondenti.
I numeri non reali, in quanto conseguenza della logica, e perciò logici, funzionano anche nelle leggi del
mondo concreto.
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Comunione ai divorziati risposati?
Solo se convivono come fratello e sorella (in quanto non possono separarsi soprattutto a causa di eventuali
figli) e solo se confessati, là dove non danno scandalo.
Non si tratta di giudicare se sono in buona fede o no (anche certi mafiosi potrebbero esserlo), né di emettere
condanne, ma è semplicemente una questione di fede: chi vive nel peccato ed è in buona fede non ha la fede
necessaria per accostarsi alla Comunione.
San Paolo insegna qualcosa di più di non fare la Comunione in stato di peccato grave: ha detto di non farla
anche se non si distingue bene il Corpo e il Sangue del Signore, ossia se non si ha una sufficiente coscienza
di ciò che si fa, altrimenti si mangia e beve la propria condanna.
Ciò non significa che chi fa una cosa del genere in buona fede vada automaticamente all’inferno, ma mangia
e beve, cioè fa un’azione, ovvero un peccato, che va in quella direzione. E i Pastori della Chiesa non lo
possono permettere senza rendersi complici dell’atto sacrilego.
E’ un po’ come nel caso della scomunica: San Paolo, a proposito di un cristiano pervertito, ha detto di
consegnarlo al demonio perché poi potesse ravvedersi.
Non ha detto che sarebbe andato all’inferno anche se in buona fede, ma che fosse consegnato al demonio,
che certamente lo avrebbe voluto portare all’inferno, in modo che, invece di continuare passo dopo passo
verso la perdizione, potesse convertirsi.

Pastori che pasciono se stessi?


I Pastori della Chiesa (non tutti, sia chiaro) non parlano più del peccato “dalla cintola in giù”, della purezza,
della santità del matrimonio, come se lo dessero per scontato: tanto ne parla il catechismo.
Ma se bastasse questo, non occorrerebbe parlare neanche dell’accoglienza verso i poveri e della giustizia
sociale, che tanto ne parla il catechismo.
Il fatto è che se l’uomo viene formato al vero senso dell’affettività, e di conseguenza ad un corretto uso della
propria sessualità, lo si forma al rispetto verso se stesso e gli altri, perché l’affettività tocca l’intimità più
profonda dell’umano.
Di fatto, come dimostra la società moderna, permessivismo morale e liberismo economico a vantaggio di
pochi privati che comandano anche sui governi, vanno di pari passo.
Lgbtq e liberismo vanno insieme, così come vanno insieme i peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio,
di cui nessuno parla più.
Non si parla più di peccato e, di conseguenza non si parla più di grazia, ma senza questi concetti perde di
significato anche il concetto di misericordia. Per questo più si parla di solidarietà più aumentano le
ingiustizie.
Ormai la maggior parte dei Pastori si è unito al coro dei “laici”.
Ma perché i “laici” dovrebbero credere ai valori di “zitelloni” che dicono le stesse cose che loro hanno
sempre creduto come “laici”?
Per questo questa forma di “apertura” verso il mondo “evangelizza al contrario”, cioè non porta nessuna vera
conversione, ma, al massimo, porta dei fedeli a mollare tutto. Un vero scandalo.

Dio come Presenza


In Dio vivere, conoscere e amare si identificano, cioè sono lo stesso atto, nell’uomo, invece, tendono allo
stesso fine, cioè alla partecipazione alla vita divina. Hanno aspetti identici, ma non necessariamente si
manifestano nello stesso atto.
Di fatto quando Mosè chiede a Dio di rivelargli il suo nome, egli si rivela come una Presenza, come Vita in
mezzo a noi: “Io sono colui che sono”, e Gesù ci rivela che Dio è amore. “Dio è amore” dice la Scrittura.
E tutto questo lo sappiamo per via intellettiva e lo viviamo solo se, anche, lo conosciamo.
Il Mistero è conoscenza d’amore che, lungi dal rendere la inaccessibile la conoscenza, porta la ragione
umana oltre l’analogia, fino alla carità, che è la sostanza di Dio, cioè è amore divino vissuto, cioè conosciuto.
Del resto anche nella semplice vita umana chi sa, di per se ama, chi ama vuole sapere, e, anche, vuole vivere
ciò che sa, cioè lo vuole amare.
Il rapporto con Dio si realizza massimamente nella preghiera, e soprattutto durante la santa Messa.

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Nella preghiera si può esprimere in modo speciale la vita di Dio in noi e con noi, e poiché l’essenza di Dio è
l’amore divino, la vita che Dio ci comunica non è altro che l’amore e la capacità di amare perché egli sia
riamato e, in lui, siano amate le sue creature e le sue opere.
La vita eterna consistere nell’amare Dio, ossia nel conoscerlo secondo l’accezione biblica del termine.
Il conoscere Dio sta al sapere di Dio, così come amare Dio sta a emozionarsi di lui (anche se forse
l’emozione senza il sapere, cioè senza il sufficiente sapere, di per se stimola a conoscere più di quanto fa il
sapere senza emozione, ammesso che sia possibile).
Amare e conoscere Dio è la vita in Dio.
Cioè: amare l’Amore come Gesù ci ha insegnato equivale a conoscere l’Amore, cioè è amare Dio del suo
stesso amore. Questa è la vita in Dio.

Intelligenza e cervello
Il cervello di una persona non corrisponde alla sua intelligenza, ma è il mezzo attraverso cui essa si manifesta
concretamente.
Ma quanto influisce il DNA sull’intelligenza e sulle qualità cerebrali?
Nel senso della “quantità”, poco o forse nulla, perché l’intelligenza è spirituale, per cui, di per se, la sua
“quantità” spirituale non si esprime con abilità correlate alla struttura biologica cerebrale, sebbene questa
venga chiamata in causa, e questa è talmente complessa e malleabile quasi da “trascendere” la propria
struttura concreta, per cui se la persona a cui appartiene fosse messa in condizione di sviluppare le sue
qualità cerebrali fino a vette che non potrebbe immaginare, lo potrebbe fare.
Il DNA può contare nell’impedire un normale funzionamento del cervello, cioè in caso di anomalie, ma ben
poco sulla qualità dell’intelligenza.
Le qualità intellettive che si esprimono concretamente, che sono spirituali, “adoperano” il cervello un po’
come, fatte le dovute differenze, la grazia “adopera” la materia dei Sacramenti.
In ogni caso il nostro corpo, per cui anche il nostro cervello, è adatto a esprimere noi stessi e la nostra
vocazione, che è come un iceberg, in gran parte invisibile ma in parte visibile, qui ed ora, concretamente.
Le qualità cerebrali, perciò, pur essendo in relazione con l’essenza dell’intelligenza, non si identificano con
essa. Molto schematicamente si potrebbe dire che l’inaudita complessità biologica del cervello si adatta a
quello che la nostra anima è chiamata a esprimere corporalmente qui ed ora.
Si potrebbe così, con un esempio grossolano, immaginare le capacità cerebrali di ognuno come una grande
villa, con delle strutture base, ma che va completamente arredata.
Ad esempio potremmo immaginare che il genere femminile abbia una villa al mare, che presuppone un
futuro particolare sviluppo, e il genere maschile una villa in campagna.
A livello personale la struttura varia nella disposizione e nel numero delle stanze e delle pertinenze, ma
l’arredamento, che rende interessante e vivibile l’enorme villa a cui nulla manca e, anzi, ha del superfluo,
dipende dall’ambiente. Cioè dai gusti personali, dai regali degli amici, dalla cultura del proprio popolo, dal
come si dispongono mobili e suppellettili, ecc.

Giudei e samaritani, farisei e pubblicani


Perché dei dieci lebbrosi guariti da Gesù solo uno, samaritano, è tornato a ringraziare? Perché eretico?
Impossibile.
E perché Gesù ha detto ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo che i pubblicani e le prostitute (pentiti)
gli passano avanti? Perché sono più lontani e perché commettono gravi mancanze? Non è possibile.
Lo ha detto perché i farisei seguono la forma e non la sostanza, perché fanno della loro formalità un idolo,
così come i nove giudei guariti vivono il loro giudaismo come un diritto acquisito. E queste cose
rappresentano una mancanza, spesso più grave di quelle dei pubblicani e delle prostitute, e comunque
insuperbiscono.
La mancanza della forma è peggio della mancanza della sostanza, e se anche la forma è presente in modo
irreprensibile, se non c’è la sostanza, è peggio che se manca totalmente la forma ma c’è, anche solo un po’, e
anche solo in modo insufficiente, di sostanza.
Sotto questa prospettiva, i meno lontani sono proprio i pubblicani e le prostitute.
Ma il peccato è sempre personale e Dio può offrire il perdono e avvicina a sé anche i più lontani, sia che
siano farisei, sia che siano peccatori. Dipende solo da quanto la grazia viene accolta.

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Dio è amore
Si può essere grandi teologi e andare all’inferno, ma se si ama, anche se si sa poco di teologia, si va in
Paradiso.
Così i bambini innocenti che muoiono prima dell’età della ragione, vanno in Paradiso perché Dio li ama e,
essendo il suo amore la sua stessa essenza, cioè la sua vita, gli dona la vita.

Umiltà e fiducia
Come è possibile ritenersi gli ultimi e i peggiori e, nello stesso tempo, sperare cristianamente con gioia che il
Signore ci salva?
Attraverso la fiducia in Gesù. Una fiducia che si riempie di carità, che è presente insieme alla fede e alla
speranza, cosicché in qualche modo si spera, contrariamente a quanto si fa spera coi criteri del mondo, ciò
che già ci è accreditato. E questo per pura grazia: noi dobbiamo solo acconsentire anche fossimo i peccatori
più grandi, e perciò dobbiamo volere abbandonare il peccato per grazia di Dio.

Guarigione interiore
Sebbene la psiche umana sia più complessa del corpo, le sue ferite e le sue patologie hanno degli aspetti
analoghi a quelle del corpo.
La guarigione della sfera psicologica, perciò, può avvenire sia per via miracolosa, che attraverso l’opera
della provvidenza, sia quando è guidata da Dio in modo straordinario ma, anche, quando lo è in modo
ordinario, come avviene con l’apporto della scienza.
Di conseguenza, la prima forma di guarigione, sia per quanto riguarda la sfera fisica, che quella psichica, è
sempre una guarigione psicologica, che consiste nel saper vivere bene, o sempre meglio, la propria patologia
che, per un qualche motivo, non dovesse guarire.
Questa “prima” e fondamentale guarigione può avvenire sia in modo naturale (ma di per se la natura non può
darsi ciò di cui manca in se stessa, sebbene abbia un certo potere di “autoripararsi”), e perciò attraverso la
psicologia stessa, sia con l’intervento dell’azione divina, che è la guarigione più grande e che produce
l’accettazione amorosa della croce in unione a quella di Cristo, e la gioia, così come è avvenuto nei santi
come il Venerabile Giunio Tinarelli.

Conoscenza del peccato


Se il peccato di ognuno è riconosciuto dalla propria coscienza, e se in ogni caso la coscienza di ognuno ha la
coscienza del suo stato di “pigrizia” in rapporto alla ricerca della verità, non sempre l’uomo ha la coscienza
psicologica del proprio peccato, cosa che, essendo la coscienza psicologica in relazione a quella profonda, è
dannosa all’anima, ed è tanto più dannosa quanto più il peccato è grave.
Perciò, conoscere nel modo giusto sempre meglio, grazie alla grazia divina e la preghiera, il proprio stato
interiore, non solo ha ripercussioni benefiche sulla sfera psicologica, ma stimola a una conversione sempre
più profonda.

Carità e sofferenza
Lo spirito di penitenza sta alle forme di penitenza come la povertà evangelica sta alla povertà materiale: non
sono la stessa cosa, ma sono in relazione e consequenziali.
Del resto l’amore non è la sofferenza, eppure, se si soffre per amore, le due cose tendono a coincidere.
La sofferenza induce ad amare e l’amore comporta necessariamente una certa sofferenza.

“Paradossi” divini
In Dio non esistono paradossi, ma solo misteri, che a noi possono sembrare dei paradossi, perché in Dio non
c’è contraddizione, e perciò quello che a noi può sembrare un paradosso, in realtà non lo è nemmeno
secondo la ragione umana, che non può contraddire Dio.
Occorre partire da un concetto a cui può arrivare la ragione e che la fede conferma: Dio è amore infinito e
onnipotente e l’amore è solo bene e il bene è la verità.
Ma che tipo di amore è quello divino? Ci si può arrivare, pur senza comprenderlo nella sua infinita
trascendenza, per analogia, partendo dal concetto umano di amore e di bene, indirizzato verso la verità vera,
che solo Dio ci ha rivelato in pienezza in Cristo.
L’amore supremo è il dono di se stessi, per cui Dio ci dona se stesso, che è vero bene e vera verità.
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Partendo da queste premesse, tutto torna, anche se non viene capito del tutto (in certi casi il cuore capisce più
della ragione).
Ad esempio: come è possibile che Dio abbia sofferto per noi? E’ un mistero, ma non un paradosso, perché
sappiamo che egli, attraverso Gesù, ha sofferto nel tempo e non attraverso l’eternità, e sappiamo che ha
sofferto secondo la sua natura sua umana e non secondo la sua natura divina, e continua a soffrire per la
comunione con la Chiesa ancora pellegrina nel tempo.

Povertà evangelica
La povertà assoluta richiesta al Papa da San Francesco prima, e da Santa Chiara poi, è in sostanza l’unica
richiesta che il Papa ha fatto difficoltà ad accettare, evidentemente perché non è la norma per l’uomo e si può
vivere solo a certe condizioni, come quelle di non avere famiglia e di poter comunque usare del necessario
(che è un diritto umano).
Schematizzando si potrebbe dire che il necessario progresso dell’umanità deve nascere dalla preghiera dei
consacrati, che però devono anche essere occupati nel lavoro, e dal lavoro dei laici, che però devono anche
pregare.
La vedova lodata da Gesù sebbene avesse gettato nel tesoro del Tempio solo pochi spiccioli, aveva dato a
Dio non tanto gli spiccioli, ma la sua stessa vita: non che la disprezzasse (infatti Gesù ha anche detto di
amare gli altri come noi stessi, che rimaniamo il termine di paragone del nostro amore, che è l’amore di Dio
in noi), ma si è offerta come primizia, cioè come la cosa più preziosa che aveva.
Evidentemente non aveva figli a carico, altrimenti si sarebbe offerta a Dio usando gli spicci per i figli, e la
sua sarebbe stata ugualmente gradita.
E’ come l’elemosina: si può fare come i farisei, cioè per farsi vedere e sentirsi approvati da qualcuno, o si
può fare di nascosto, magari dando a intendere che non si è fatta. Si può fare per un motivo giusto o per un
motivo sbagliato, e si può fare per amore o come forma di investimento, con rendite non necessariamente in
denaro, ma in gratificazioni.

Unità tra spirito umano e corpo


Lo spirito umano è nel corpo umano e fisicamente non può agire al di fuori di esso, perché non può agire
contro la natura del suo corpo. Lo dimostra l’indemoniato liberato da Gesù che agiva con forza sovrumana
spezzando le catene a causa del demonio che era in lui. E lo dimostrano le testimonianze di tanti esorcisti.
Per questo i poteri sensitivi non esistono: o sono semplicemente dovuti all’intuizione, o a delle coincidenze a
cui si fa caso, mentre non si fa caso alle innumerevoli volte che non si sono verificate, o cose simili e
comunque naturali. O ad agire è il demonio, e allora si parla di azione preternaturale.
Esistono anche i carismi e gli interventi del Cielo, ma questi non vanno confusi coi “poteri” del sensitivi e
dei parapsicologi, che quando sono reali, sono dal demonio.
Lo spirito umano ha la capacità propria di ragionare, di astrarre… e può agire sulla psiche e può fare cose
straordinarie andando a pescare ricordi nel sub conscio o processando inconsciamente un’innumerevole
quantità di dati in una frazione di secondo, me sempre secondo la natura dell’uomo.
Lo spirito umano non ha le capacità di azione degli spiriti angelici e quello che di spirituale “aggiunge”, lo fa
nel proprio corpo.
Direttamente, dunque, non ha poteri sugli altri e sui loro pensieri e non ha poteri sulla materia.
L’uomo può agire universalmente amando o rifiutando l’amore.
Le conseguenze delle sue azioni malvage si propagano naturalmente come uno tsunami dopo un maremoto, e
a quest’azione si può aggiungere quella degli spiriti maligni. E le conseguenze dei suoi atti di amore si
propagano, e a maggior ragione, non solo perché per loro natura sono atti alla realizzazione di tutta
creazione, per cui sono naturalmente adatti affinché tutta la creazione raggiunga, anche attraverso la natura
che è propria ad ogni creatura, il suo fine, ma soprattutto perché si aprono all’azione della grazia.

Cuore e ragione
La ragione da sola, senza l’amore, possiede solo la prospettiva terrena, e non trascendente, per cui non
capisce i piani divini, come la Croce, che esprimono l’amore, e di conseguenza non arriva al suo fine, che è
quello di capire, per come è possibile, anche e soprattutto la realtà trascendente e di contemplare il Mistero.
Perciò la ragione da sola non raggiunge il suo fine, mentre l’amore di Dio, da solo, raggiunge il suo fine,
perché è trascendente e perché è la stessa Verità.
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L’amore capisce più della sola ragione perché arriva alla sua pienezza, che è anche la pienezza della verità,
mentre la ragione, da sola, non arriva alla pienezza della conoscenza, che è l’amore.
L’amore da solo, anche se non capisce, conosce, mentre la ragione da sola conosce solo quello che capisce.
La sola ragione, negando la trascendenza, disumanizza l’uomo, mentre una persona incapace di capire, ma
che ama, non è disumanizzata perché vive in profondità, perché la vita non si riduce alla sola biologia o,
peggio, a una sola questione meccanicistica, ma possiede un principio spirituale che trascende a materia.
Che Dio è amore lo afferma la ragione che si apre al trascendente, ma è anche ragionevole prendere in
considerazione non solo le evidenze della ragione, ma anche quelle dell’esperienza e del cuore, che non
contrastano con la ragione.
Noi, che siamo nel tempo, distinguiamo la ragione dal cuore, anche se non si possono separarli del tutto se
non in uno schema, e perciò possiamo fare dei distinguo, come quello per cui il solo amore, se fosse
possibile isolarlo dalla ragione, può dare un senso alla vita più che la sola ragione, perché da più gioia e
realizza di più l’amare e il sentirsi amati, che non il fare calcoli e progetti.
In questa vita si può arrivare anche ad avere fede e rifiutare l’amore divino (ma ciò dimostra, proprio
attraverso il rifiuto, che cuore e ragione, che amore e sapienza, sono chiamati ad essere in intima relazione).
Ma in Dio l’amore fa conoscere la grandezza della sapienza divina e la sapienza divina conduce all’amore.

Fuggire il peccato
Il non peccare comporta il fare atti di bene, altrimenti è un peccato di omissione. E comporta la carità,
altrimenti è dovuto a sforzi umani che, di per se, non manifestano la grazia.
Atti concreti e atti del cuore non sono la stessa cosa, ma tendono a corrispondere.
L’opposizione a questa tendenza “spontanea”, favorisce la contraddizione e l’alienazione.
Molto schematicamente si potrebbe dire che: 1) si può formalmente non peccare peccando, però, col cuore;
2) Si può formalmente non commettere peccato, ma per paura; 3) si può non peccare per amore.
Nel primo caso avviene come per la fede quando non è seguita dalle opere e dalla grazia, tanto che si può
credere anche in peccato mortale.
Nel secondo caso il non peccare, sebbene non corrisponda a un peccato, di per se non comporta la grazia.
Nel terzo caso, tenersi lontano dal peccato è tutt’altro che una forma farisaica ma, al contrario, è la migliore
espressione della carità, che si comunica nel mondo evitando anche tanti mali.
Il questo caso il fuggire il male con orrore, se il male è oggettivo e non è una paura o una suggestione, non è
una forma di bigottismo o di scrupolosità, ma è un atto di amore verso Dio (e di conseguenza verso i fratelli).

La fede di Abramo
La tribù di Abramo, del 1800 Avanti Cristo, era una tribù quasi “primitiva”, eppure, in mezzo a un mondo
pagano, pur esprimendosi in un linguaggio comune agli altri popoli della zona e pur avendo un pensiero
molto concreto e poco astratto, riuscì ad avere un concetto di Dio puramente spirituale e trascendente, un
concetto di Dio come creatore di tutte le cose dal “nulla” e come il Totalmente altro che, però, si fa vicino e
si manifesta come la vita per eccellenza e come amore gratuito.
Questo, anche umanamente, non si può spiegare meglio se non come frutto di un’esperienza.
Gli ebrei più arcaici non credevano nemmeno nella sopravvivenza dopo la morte, se non attraverso un’ombra
destinata a rimanere sempre negli “inferi”, cioè nel mondo dei trapassati, che non comporta una vera
sopravvivenza cosciente. Eppure credevano in un Dio di amore e trascendente. Un Dio eterno.
A quell’epoca non c’è testimonianza storica di un concetto di Dio così elevato e astratto, anche se ci si
poteva arrivare attraverso la ragione (ma il peccato originale e attuale rappresenta un ostacolo alla ragione),
né la si avrà in seguito, fino all’affermarsi del Cristianesimo.
I greci dei primi secoli Avanti Cristo avevano concetti molto più profondi degli ebrei della stessa epoca,
tranne che su Dio, e ciò che le altre religioni hanno sviluppato su un Dio che si avvicina ad essere il
Totalmente altro nella sua trascendenza, lo hanno fatto favorite dagli ebrei prima e dai cristiani poi.

Realtà e verità
La realtà “contiene” la fantasia e non è la fantasia a contenere la realtà.
L’assurdo di per se non esiste, ma solo esiste come concetto assurdo, e non come verità, per cui non è
contenuto nella verità, che è l’essenza della realtà, ma la realtà, contemplando il concetto che può essere
negata sebbene sia evidente, contempla l’assurdo come evidenza dell’impossibilità di contraddire la verità.
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Per cui la verità che nega la realtà non può che essere una individualità personale che non è la Verità, ma che
deriva dalla Verità: una verità però libera anche di negare la realtà così com’è, e perciò di negarne la verità,
ma la negazione non esiste nella realtà se non in chi la nega, cioè solo attraverso un libero rifiuto di essa.
Da qui l’inferno, la realtà vera e reale che contiene l’assurdo che non esiste di per se, ma contiene chi
l’assurdo lo ha scelto nonostante l’evidenza della sua non realtà, connaturandolo, se così si può dire, a se
stesso.
San Paolo lo chiama il mistero dell’iniquità che, come tutti i misteri, quando è evidente, lo è pur rimanendo
mistero.
Del resto, nulla è più evidente alla ragione dei misteri, soprattutto se si rivelano attraverso un atto positivo
della Verità e che perciò non possono essere rifiutati dalla ragione che ragiona e non vuole rifiutare di
ragionare rifiutando se stessa.
I misteri, infatti, sono come una luce “inaccessibile”: più sono evidenti e si conoscono, più abbagliano.

L’Assoluto
Solo l’Assoluto non è contingente ma necessario per se stesso, e l’universo, anche se, per ipotesi più assurda
che reale, fosse infinito, non è un assoluto.
Perfino il concetto di infinito non è un assoluto, perché non può concepirsi, ma può solo essere concepito, e
non può conoscersi, ma può solo essere conosciuto, e chi lo conosce è l’Assoluto e l’Infinito, che lo pensa e
lo partecipa.
Il pensiero umano, che evidentemente non è un assoluto perché concepito da un individuo che non origina da
se stesso e dalla sua volontà, può trattare il concetto di infinito attraverso le categorie della ragione umana,
perciò lo può concepire come un mistero, ma senza conoscerlo del tutto, cioè conoscendolo in modo limitato.
Ma conoscere il concetto di infinito, che è illimitato, al modo di chi non è infinito, e soprattutto conoscere
l’Infinito, cioè l’Assoluto, che è infinitamente trascendente, da chi è contingente, sebbene costui abbia
ricevuto in dono dall’Assoluto un modo di conoscere che trascende la natura delle creature, non può che
realizzarsi attraverso il mistero.

Carità e ragione
Se in Paradiso si conosce e si ama con uno stesso atto di amore, e la conoscenza avviene per “visione”, cioè
viene comunicata come per “impressione”, in questa vita si conosce intellettualmente attraverso il
ragionamento logico (che conferma e specifica anche l’intuizione) e si ama attraverso il desiderio
assecondato e spinto dalla volontà.
In questa vita la conoscenza e l’amore si manifestano come fenomeni diversi, ma in profonda relazione: si
vuole conoscere perché si ama l’oggetto della conoscenza, e si ama ciò che si conosce.
Per questo la ragione, se usata correttamente, è più sicura, mentre il desiderio, che si manifesta nell’amore, è
più profondo, e perciò ha più capacità di conoscere la realtà.

Ama il prossimo tuo come te stesso


Ti vuoi veramente bene? Pensa prima all’anima che al corpo.
Vuoi davvero bene a te stesso? Ama gli altri, anche i tuoi nemici. Prima nell’anima e poi nel corpo.
Pensa agli altri più che a te stesso, a cominciare dal tuo prossimo più prossimo, e allora operi prima di tutto
per te stesso, perché operi per gli altri come per te stesso. Tu infatti sei il termine di paragone del tuo amore
per gli altri, e l’amore di Dio è il termine di paragone del tuo amore per Dio, da cui deriva necessariamente
l’amore verso il prossimo come a te stesso.
Ami i tuoi progetti? Ama quelli degli altri come fossero i tuoi, perché l’essenza dei tuoi progetti deve essere
l’amore e se lo realizzi, e più lo realizzi, più si realizzano i tuoi progetti, nell’amore e misticamente.
Ami la tua famiglia? Ama anche quelle degli altri e allora amerai innanzi tutto la tua famiglia.
Dai perciò in necessario innanzi tutto ai tuoi famigliari, senza però dimenticare gli altri, e darai davvero ai
tuoi, agli altri e a te stesso.

Discernimento e rivelazioni private


Papa Urbano VIII ha detto: “Nei casi che riguardano rivelazioni private, è meglio credere che non credere.
Infatti, se tu credi, ed è vero, sarai felice di avere creduto, poiché la nostra Santa Madre lo ha chiesto.

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Se, al contrario, avrai creduto e sarà provato falso, riceverai tutte le grazie come se fosse stato vero, perché
hai creduto essere vero”.
E’ da notare che qui si tratta di quelle rivelazioni private che la Chiesa acconsente che possano essere
credute, o, quanto meno, che non condanna esplicitamente.
Ma occorre sempre il discernimento, perché il bene viene dalla Verità.
Anche dalla Verità contenuta dalla verità che è originata dalla Verità, cioè anche dalla grazia che si
manifesta in quelle verità umane che originano, comunque, dalla Verità.
Il discernimento è necessario perché, di per se, là dove c’è più verità, la grazia tende a manifestarsi meglio.

Caratteristiche umane e grazia divina


Le emozioni e le sensazioni umane, sia a livello fisico che psichico, sono legate ai sensi e in relazione con
l’apparato nervoso ed il cervello, che nell’uomo, che è costituito di anima e corpo, oltre ad essere
enormemente più complessi di quelli degli animali, sono spiritualizzati.
Tutto ciò che si può dire di autentico sulle sensazioni e sulle emozioni sia a livello fisico che psichico, lo si
può anche dire, conferendogli un significato spesso simile ma comunque più profondo, anche a livello
spirituale, proprio dell’anima.
E poiché l’anima umana, essendo libera, è dotata di volontà vera, l’amore umano si configura essenzialmente
come una scelta volontaria, che è in relazione con tutto l’uomo in tutta la sua complessità.
La gioia umana, perciò, anche se in relazione con ogni ambito umano, non riduce né e un’emozione, né a una
sensazione, e potrebbe sussistere anche senza di esse. Ma non può sussistere senza la pace.
Tra il piacere fisico e psichico e la gioia spirituale, la pace fa da discrimine: tutto ciò che favorisce la vera
pace può essere, a certe condizioni, assunto dall’anima per il proprio bene e tra il piacere (lecito) dei sensi e
la gioia vera dell’anima, c’è una differenza di specie, cioè di stato, analogo a quello che c’è tra l’autentica
gioia umana e la gioia soprannaturale. Ma tra di esse non c’è contrapposizione, ma “continuazione”.

Volontà di Dio
Nella Chiesa occorre più parlare di grazia che di privilegi.
L’essere cristiani, infatti, è una grazia, ed è un privilegio solo nella misura in cui è una grazia.
Ma nella Chiesa anche la mancanza di qualcosa può essere una grazia, in quanto finalizzato alla chiamata
alla santità.
Ad esempio: come è una grazia poter annunciare nel mondo il Vangelo, così come fanno alcuni predicatori
di fama, è una grazia anche il poter testimoniare Cristo nel nascondimento e nella semplicità.
Gesù ha vissuto ambedue le cose, e per noi poco importa la fama, se questa non è rivestita di povertà, cioè di
nascondimento al mondo per dare gloria solo a Dio.
Infatti l’unica vera fama, quella che conta, quella dell’amore, del ringraziamento, dell’onore, della lode
sincera, dell’adorazione, va a Dio.
Per noi ciò che conta è solo fare la volontà di Dio, che si può pienamente attuare attraverso la grazia. E che a
volte consiste nel perseguire una strada “sprivilegiata”, e questo è il privilegio a cui si è chiamati.
Come Marie des Vallees, che per fare perfettamente la volontà di Dio, sebbene fosse libera di rifiutarne la
proposta senza commettere alcun peccato, scelse di essere posseduta per lunghi anni dal demonio, che le
impedì perfino di accostarsi alla Comunione.
Ciò che conta, infatti, più che in numero delle Comunioni fatte, è l’amore.
Ciò che conta è ciò che sei, non ciò che fai, di dove sei, ciò che hai…

Popoli
La vera unità tra i popoli non avviene per “amalgama”, che rende ogni cosa una poltiglia, ma attraverso una
veduta di insieme.
I popoli, per un certo senso, sono come i colori dell’arcobaleno: ognuno ha le sue caratteristiche, ma presi
tutti insieme, formano la luce.
Nei colori dell’arcobaleno, è vero, ci sono delle zone sfumate, al confine tra un colore e l’altro, perché i
popoli hanno una loro “liquidità”, ma hanno anche una tendenza a ricostituirsi in modo, però, sempre
rinnovato.

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E’ un po’ come la reazione di elementi diversi in chimica, quando da due composti ne sorge uno con
caratteristiche nuove. O come in genetica, che da due genitori nasce un nuovo individuo con caratteristiche
proprie, ma che affondano le radici in chi lo ha generato.
Tutti i popoli, anche quelli non cristiani, a livello di ricchezze umane e spirituali (al netto degli errori)
possono dare una grande ricchezza a tutti gli altri popoli, ma il cristianesimo deve purificare i popoli dalle
loro impurità e dai loro errori e deve fungere da lievito, in modo che si possa produrre il “pane” della
comunione.

Tradizione
La legge morale è fin dal Principio. In tal senso fa parte della tradizione. Anzi, è la Tradizione per
eccellenza.
Che si possa approfondire e comprenderla sempre meglio e che a volte la si possa applicare attraverso modi
rinnovati a seconda dei tempi e le culture, non scalfisce la Tradizione, ma la conferma.
Il peccato è la vera rivoluzione, essendo una ribellione contro il Re dell’universo.
Quella portata da Cristo, perciò, non è una rivoluzione, ma una contro rivoluzione. Una contro rivoluzione
che attraverso la grazia eleva la Tradizione completandola e, in questo senso, immette una novità
straordinaria, che però non mortifica affatto la Tradizione, ma la compie e realizza oltre ogni aspettativa e
comprensione. E se questo può dare le “vertigini”, è il contrario di rivoluzione.
E’ l’uomo peccatore che deve rivoluzionare se stesso per tornare alla Tradizione e sottomettersi a Dio.
L’uomo è spinto al bene dalla propria coscienza e dalla grazia, ma a decidere è la volontà. E’ però anche
molto condizionato e in lui sono presenti semi di verità ed errori, che si fanno sentire con forza, sebbene la
grazia e la coscienza spingano verso Dio.
Soprattutto attraverso i principi non negoziabili, che si manifestano con più forza nella coscienza dell’uomo.

Tempo
Il tempo esiste come caratteristica dell’universo e non come materia, un po’ come le leggi fondamentali della
fisica o come la velocità della luce.
Entra nei calcoli della scienza ma in certo modo sta al di fuori della scienza.
La Meccanica Quantistica dimostra che il caso esiste, ma è insito nell’universo, ed esiste all’interno di un
ordine ferreo non dovuto al caso, confermando che non è per caso.
Pare che per la Meccanica Quantistica le potenzialità e le probabilità siano come costituenti dell’universo,
ma sono il tempo e il caso a determinare gli “atti”.
L’uomo interagisce con l’universo, ma concretamente ciò avviene solo secondo un ordine scientifico.
La sua libertà, che agisce anche attraverso il caso, non agisce direttamente sulla materia, ma agisce sulla
mente e, perciò, conseguentemente agisce attraverso il corpo che è materia (anche se spiritualizzata).
La materia ha un limite, e infatti l’uomo non solo non può crearla, ma non può nemmeno plasmarla a
piacimento, ma solo secondo delle leggi inscritte nell’universo. E compatibilmente col caso, secondo le leggi
della Meccanica Quantistica.

Dio secondo la ragione e Dio rivelato in Cristo


Per quanto riguarda il concetto di Dio secondo la retta ragione (che la fede in Cristo ha pienamente rivelato a
se stessa), egli non può che essere onnipotente e sommo bene: onnipotente in quanto necessario in se stesso e
sommo bene in quanto essere infinito, cioè vita infinita e trascendente, e la vita è buona in se stessa.
Se non fosse onnipotente, che non significa che può fare anche il male, ma semplicemente che è
infinitamente potente (il male e l’assurdo Dio non li può fare perché la sua natura è bene e verità, cioè
amore), non sarebbe necessario per se stesso, mentre se non fosse unico, non sarebbe onnipotente e se non
fosse infinitamente intelligente, non potrebbe essere infinitamente buono per se stesso, perché non potrebbe
esistere in pienezza, né potrebbe essere unico, cioè il Totalmente altro da essere adorato..
L’uomo, invece, sebbene dotato anche di anima, non è, evidentemente onnipotente. E anche se, come alcuni
erroneamente dicono, la sua anima fosse da sempre fuori dal tempo, non sarebbe comunque necessaria per se
stessa.
Per quanto riguarda la Rivelazione portata da Cristo, anche dottrinalmente è qualcosa di assolutamente
nuovo rispetto alle dottrine pagane precedenti: non che non vi fossero semi di verità nelle dottrine precedenti,
ma il Cristianesimo comporta prospettive assolutamente nuove.
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Già molte dottrine pagane avevano subito l’influsso dell’ebraismo, ma con l’avvento del Cristianesimo molte
antiche dottrine si “rivisitano”, si rifanno il look, assumendo dei caratteri esteriori sul modello del
Cristianesimo, come l’evoluzione del culto di Mitra, avvenuta nei primi secoli dopo Cristo, sta a dimostrare.
Ma la Rivelazione di Cristo non è tanto una questione di dottrina, quanto di grazia, cioè di presenza divina.
La dottrina è una conseguenza necessaria, in quanto Dio si manifesta nella verità, che va conosciuta con tutta
l’anima e perciò anche con tutta l’intelligenza, anche nelle sue manifestazioni più umane ed esteriori, in
quanto l’uomo è unità di anima e corpo (altrimenti, se anima e corpo fossero due realtà come il piede e la
calzatura, cioè se si potessero separare a seconda dell’opportunità, saremmo disincarnati da noi stessi e
alienati).
Dunque, il Cristianesimo è questione di grazia, cioè è manifestazione della presenza di Dio.
Se pure, per pura ipotesi, dovesse esistere una dottrina non rivelata non solo simile, ma uguale al
Cristianesimo, non avrebbe comunque la grazia che Gesù ha lasciato in pienezza alla sua Chiesa.
E la grazia si rivela in modo ordinario attraverso la testimonianza e la predicazione, ma lo fa rispettando non
solo la libertà umana, ma anche i condizionamenti psicologici dell’uomo, che vanno guariti ma senza forzarli
in modo da forzare anche la libertà personale.
Anche per questo ci sono i miracoli. Miracoli che non si trovano in nessun’altra religione per se stessa.
Miracoli, e non prodigi naturali o preternaturali (cioè dovuti a spiriti angelici spesso maligni), accompagnati
sì dalla grazia, ma che la scienza in molti casi può studiare, come certi miracoli eucaristici o certe immagini
misteriose, come quella della Madonna di Guadalupe.
Miracoli che, però, non si impongono mai e che non si rivelano così fortemente da piegare la volontà umana
con la paura e con una fede solo umana, che baipassa la grazia.
Purtroppo, però, pare che all’uomo sapiente della sua sapienza solo umana (e perciò sbagliata perché in se
stessa nega la Sapienza divina che ci è stata rivelata), certi miracoli, che pure dovrebbero affascinarlo almeno
in modo da fargli porre domande e cercare risposte, non interessano. Da qui la stoltezza umana.
Del resto la Rivelazione non solo non è un assurdo, ma è anche opportuna, ed è una necessità a conferma
della ragione e per la realizzazione oltre ogni aspettativa delle più alte aspettative umane.
La Rivelazione è necessaria sia per ottenere la certezza riguardo alla ragione, che può essere condizionata
dall’errore dovuto al peccato, che può essere evidente nei mali che affliggono l’uomo, sia per superare i
limiti a cui può arrivare la ragione umana, che è limitata.

Esiste il caso?
Se esiste qualcosa non è per caso e se esiste il caso è perché esiste qualcosa.
Qualcosa e il caso non si spiegano da soli.
Qualcosa non esiste per caso e il caso esiste per qualcosa, non per se stesso.
Il caso, perciò, non esiste per caso, né a caso, non può essere previsto, ma può essere spiegato.
Tutto è legge. Perché qualcosa nasca dal caos, occorre un salto fino a un ordine superiore, che trascende il
caos, perché l’evidenza logica vuole che da caos nasca solo caos e l’esperienza, quando il caos non ha un
fine intrinseco a se stesso e alla materia, rimane caos, come quando si sbatte un uovo: non viene fuori nulla
di diverso dall’uovo sbattuto, e si può sbattere per il tempo che si vuole: si avrà sempre un uovo sbattuto, più
amalgamato, ma senza nessun processo di evoluzione intrinseca.
Sebbene nello sbattere l’uovo non si agisce in modo caotico, ma nel rispetto di leggi naturali precise.
Il caos, infatti, non ammette leggi e perciò non può essere immaginato nemmeno come materia informe così
come la conosciamo o immaginiamo.
Infatti il puro caos di per se non esiste se non come esiste il male, cioè esiste come negazione di qualcosa che
esiste, in questo caso dell’ordine dovuto all’intelligenza divina.
Il caos puro, perciò, non è materia, né materiale: la materia può essere al massimo disordinata o seggetta alla
casualità che le è tipica, cioè a una casualità ordinata ad un fine che si raggiunge dinamicamente, e solo in tal
senso possiamo parlare di caos. Il caos allo stato puro, infatti, come il male allo stato puro, è solo una
condizione che può essere scelta liberamente, e che si “materializza” in chi la sceglie.

Intelligenza e capacità cerebrali


L’intelligenza umana è inerente all’anima ed è originale per ogni persona. E’ un dono che dipende
direttamente da Dio e, perciò, è in relazione con la chiamata alla santità di ognuno.

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Le capacità cerebrali, invece, atte ad applicare l’intelligenza personale nel concreto del “qui ed ora”,
dipendono direttamente dalla storia di ogni anima, che è storia di salvezza e di risposta alla grazia. E in tal
senso sono anch’esse dono divino, sia che siano eccezionali, sia che siano limitate per una patologia o a
causa di altri motivi in conseguenza al peccato originale.
Il sapere tipicamente umano, infatti, si basa sull’astrazione, per cui non dipende dalla pura materia neanche
nella sua forma puramente biologica: l’anima è sempre messa in gioco, specialmente quando si tratta di
creazione di concetti o di intuizione, ma indirettamente e tramite la biologia umana, soprattutto cerebrale.
Il DNA può influenzare la materia del cervello, cioè quello che potremmo chiamare l’hardware, come la sua
grandezza o il suo funzionamento biologico, ma non influenza il “programma” del “qui ed ora”, espressione
del “programma” di base che vuole che tutti realizzino al massimo la propria santificazione, che, se non vi
fosse stato il peccato originale, sarebbe stato letto chiaramente permettendo alla biologia umana, soprattutto
cerebrale, di plasmarsi adattandosi perfettamente al proprio compito, secondo la propria chiamata che si
realizza nella storia di ogni persona.
E questo, senza il peccato originale, sarebbe avvenuto per tutti senza difficoltà, in quanto la scienza si
apprende attraverso passaggi di per se semplici.
Le capacità intellettive biologiche, infatti, possono essere paragonate ad un’auto di formula uno
personalizzata, che tutti hanno e possono usare, sia che siano piloti (cioè scienziati e intellettuali), sia che
siano operai o impiegati o casalinghe.
I piloti, di diverso, hanno, sostanzialmente, una preparazione e un allenamento diversi.
Ci sono differenze personali anche in questo campo, ma dovute direttamente all’anima, e cioè all’originalità
di ogni persona, e perciò influenzate anche dal proprio genere e dalla propria meta storia, che si esprime
concretamente nella propria storia secondo la successione temporale.
Ma, per principio, tutti possono (potrebbero senza il peccato originale) apprendere l’essenziale di tutto.
Lo sviluppo cerebrale personale “qui ed ora” dipende da molte cause storiche: da condizionamenti negativi,
come da quelli positivi, da decisioni personali, dovute direttamente alla propria volontà psicologica, da imput
particolari che possono schiudere porte inaspettate, dall’allenamento che si fa a livello cerebrale,
dall’ambiente, dalla cultura, dalla lingua, ecc.
Ma le facoltà pratiche con cui si esprime l’intelligenza, non possono non essere influenzate anche dal proprio
genere sessuale, in quanto questo differenzia l’umanità in due categorie diverse, a seconda di una propria
chiamata generale.
Se uomini e donne sentono e amano in modo diverso, o, meglio, con modalità e stili diversi tra loro, perché
questo non dovrebbe valere anche per il modo di intendere? Del resto anche la biologia dimostra che, sia nel
sentire, che nell’intendere, sia azionano parti del cervello diverse a seconda del proprio genere sessuale.

Compassione, tenerezza e misericordia


La compassione di cui parla Gesù non può essere ridotta a un atto una volta tanto, che pure è usato dalla
grazia a fin di bene anche se espressione di uno stato passeggero dell’emotività (comunque legata all’anima),
ma è soprattutto uno stato, così come la tenerezza e la misericordia.
Uno stato che permane anche quando si manifesta rabbia e sdegno per l’ingiustizia, perché è uno stato
finalizzato al bene.

Creazione e Redenzione
La creazione e la Redenzione di Cristo non sono contro la logica umana, ma al di fuori.
Cioè: la logica umana non le contraddice, ma da sola non ci arriva, anche se a posteriori la logica di Dio la
realizza al di là di ogni aspettativa.
L’uomo può concepire col pensiero naturale qualunque cosa, solo che con le sole sue forze naturali non può
affermare con certezza, e con la grazia della fede, la logica divina della creazione e della Redenzione. E non
può comprenderne la logica.
E se pensasse che questo agire di Dio sia ovvio, banalizzerebbe l’opera divina, e se dicesse di capirla,
sarebbe una bizzarria, perché l’opera divina si può capire solo attraverso la logica della carità soprannaturale,
che può essere desiderata e auspicata, ma che non viene da noi.

Giovani

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Tutti, ma specialmente i giovani, detestano essere ingabbiati da chi pensa di sapere tutto di loro. Quante volte
si sentono dire: "Tu non sai niente di me"?
E hanno ragione, perché l'uomo è un mistero e così facendo proteggono il loro mistero.
Ma, se da una parte non vogliono essere capiti come si può capire una formula matematica, dall'altra voglio
invece essere compresi, perché vogliono comunicare il loro mistero.
E qui occorre l'ascolto per condurli a Dio, che è l'unico che li può capire fino in fondo.
E lui, che li ha creati, si “stupisce” di fronte al loro mistero, e perciò alle loro potenzialità di fede e di amore,
un po’ come Gesù si stupì della fede del centurione.
Quello che noi possiamo fare è trattarli come un mistero: non come sconosciuti, perché i misteri si rivelano,
ma nel rivelarsi evidenziano ancora di più ciò che sono.
Un po' come Dio, il Mistero dei misteri.

Male
San Paolo definisce il male come il “mistero dell’iniquità” e perché il male sia entrato nel mondo rimane,
sostanzialmente un mistero.
Noi con la nostra logica non possiamo capire tutto del mistero del male, ma partendo dalle premesse giuste,
la nostra logica può arrivare a conclusioni vere.
Riguardo il mistero del male, la premessa giusta, per la filosofia, è la constatazione che il male c’è. Mentre
per la teologia consiste nella Rivelazione divina, che non contraddice ciò che è evidente alla ragione, cioè
che il male è un dato di fatto.
Chi dovesse dire che il male non esiste, o che rifiuta la fede a causa del male che c’è nel mondo, non rimane
che tenersi il male e accettare la sconfitta. Perché, se la risposta al male non è Gesù, che lo ha sconfitto,
allora ha vinto il male. Almeno in colui che si ostina a rifiutare la fede.

Solidarietà
Nel libro degli Atti degli Apostoli viene detto come, nella Chiesa apostolica, nessuno si diceva bisognoso
perché chi possedeva qualcosa lo vendeva per dare il ricavato agi Apostoli, che poi lo ridistribuivano ai
cristiani secondo i bisogni di ciascuno.
Ma tale brano non vuole essere un trattato di economia o di sociologia, cioè su come si deve fare perché nella
società vi sia giustizia sociale, ma vuole evidenziare come la solidarietà sia stata sempre un’esigenza della
Chiesa.
Dagli Atti potrebbe sembrare che tutti abbiano venduto tutto, cosicché quasi non vivessero più del proprio
lavoro, ma questa è un’impressione sbagliata, perché l’autore sacro non voleva dire questo.
Nessuno doveva rimanere solo. E questo occorre fare anche oggi nella Chiesa e, come Chiesa ed espressione
della Chiesa, al prossimo.
Così come lo stato deve fare coi suoi cittadini e, come nazione ed espressione del popolo, deve fare verso i
prossimi, secondo le proprie possibilità in relazione al bene comune.

Cristianesimo e società civile


Quanto ha inciso il Cristianesimo sulla vita e sulla giustizia sociale?
Molto di più di quello che molti dicono di constatare.
E’ vero che in passato ci sono state molte violenze anche tra i popoli cristiani, ed è vero che ci sono state
tante ingiustizie sociali, ma ci sono ancora oggi in tempi di scristianizzazione, ma con un’aggravante: i
popoli dei secoli scorsi non erano così evoluti riguardo ai diritti dell’uomo, come oggi, evoluzione resa
possibile dalla cultura cristiana.
Ma c’è un campo in cui l’influenza del Cristianesimo si può constatare molto bene: quello della sessualità.
Prima del Cristianesimo, infatti, al tempo dei greci e dei romani, gli abusi sui minori erano non solo tollerati,
ma leciti. Nessuna legge li impediva.
Coll’affermarsi del Cristianesimo, invece, che al contrario delle società occidentali scristianizzate di ieri
come di oggi, comandava la moralità dei costumi, tutto cambiò.
Non che tutti ubbidivano alle nuove esigenze morali, ma le regole quelle erano e la società in questo cambiò.
Oggi però, a cominciare da vari leader Sessantottini, qualcuno vuole sdoganare la pedofilia, e per questo
vede necessario eliminare quell’ostacolo che è rappresentato dalla Chiesa e dalle leggi morali che difende.

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Allora si è approfittato della pedofilia che imperversava anche tra gli uomini di Chiesa, non per combattere
la pedofilia, ma per combattere la Chiesa (le illazioni calunniose a Papa Giovanni Paolo II ne sono la prova).
E’ un po’ successo come con Mani Pulite: non si voleva combattere la corruzione della politica, che pure
c’era, ma si voleva instaurare una corruzione più grande eliminando la politica: quella delle elite liberiste che
attraverso le privatizzazioni volevano appropriarsi dei beni del popolo italiano e perfino della sua moneta e
del suo governo, e tutto in modo legale, ma immorale.
Tutto è stato più facile col sistema elettorale maggioritario, reso possibile grazie all’eliminazione dalla scena
politica della Democrazia Cristiana, che ha permesso ai vertici dei partiti politici di fare a meno dei congressi
e di imporre i propri candidati eliminando. Grazie anche all’ideologizzazione di gran parte degli italiani.
Una vera circonvenzione di incapaci di intendere e di volere.

Ideologie
Semplificando molto, si può dire che, fino al sorgere delle ideologie, era l’uomo a stabilire il sistema sociale,
mentre, successivamente, sarà il “sistema sociale cosa è l’uomo stabilire l’uomo.

Cervello umano e computer


Perché il cervello umano, che è immensamente più complesso del più complesso dei computer, come
calcolatore è inferiore?
Perché l’intelligenza umana è in relazione all’autocoscienza.

Immigrazionismo globalista
L’immigrazionismo è un fenomeno indotto e a tendenze globali, mentre l’immigrazione è un fenomeno
naturale, cioè che risponde alle giuste aspettative dell’uomo nel rispetto del bene comune.
Di conseguenza, favorire l’immigrazionismo è tipico del globalismo, mentre favorire l’immigrazione, e
perciò anche il diritto a non emigrare, è un fenomeno sovranista.
Sovranista nel senso che avviene secondo la libertà dei popoli sovrani e nel rispetto di ogni persona,
“sovrana” della propria libertà e sicurezza.
Ma le ONG per lo più rispondono agli interessi delle lobby di potere liberiste e genderiste, e per questo, alla
fine, a detta di certi testimoni diretti, aumentano l’ingiustizia sociale.
Genderismo e immigrazionismo fanno parte dello stesso “pacchetto” liberista delle elite finanziarie
occidentali di sinistra.

Volontà
Se tu muovi la tua volontà psicologica, in qualche modo anche la tua volontà profonda, legata alla coscienza,
tende a muoversi. E viceversa: se muovi la tua volontà legata alla coscienza, in qualche modo muovi anche
la tua volontà psicologica.

Educazione
Se nell’arte ci possono essere pitture formalmente bellissime ma fredde, ma anche disegni di pochi tratti o,
perfino, semplici e “sgangherati” come quelli che i bambini dedicano ai genitori, che però comunicano
sentimento, ma in ogni caso certi sgorbi inquietanti comunicano solo disgusto, così avviene nel
comportamento esteriore dovuta all’educazione delle persone.
Cioè: al netto dei limiti e dei difetti umani, dell’ambiente in cui si è vissuti, e delle differenze e, anche, delle
spigolosità dei caratteri, ci sono comportamenti che provocano disgusto perché tendono a rispecchiare uno
stato spirituale deplorevole, se non della persona, almeno dell’ambiente in cui essa vive.

Peccato originale e facoltà umane


Il peccato originale influisce sia sullo spirito umano, che sul corpo umano. A seconda dei casi e degli aspetti,
in chi più, in chi meno.
Per cui influisce anche sull’intelligenza: sia a livello spirituale, sia a livello del soma e in particolare del
cervello. E perciò anche a riguardo la psiche.
L’intelligenza, facoltà spirituale inerente all’anima, esprime l’originalità di ogni essere umano ed è atta a
realizzare la chiamata di ognuno alla propria e originalissima santità, che si realizza attraverso la propria
storia concreta, dovuta a tante circostanze ma, essenzialmente, anche a tante libere scelte.
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Si realizza, cioè, coi mezzi che ha concretamente a disposizione attraverso scelte concrete che sono
compatibili o, meglio ancora, conformi, alla volontà di Dio e perciò alla propria chiamata fondamentale.
Scelte che più generose sono nel loro amore, meglio è.
Se certi mezzi sono carenti, o quasi nulli, come in chi è incapace di intendere e volere, in ogni caso la
vocazione, e perciò l’intelligenza, in Paradiso si realizzeranno in proporzione alla grazia divina e alla risposta
umana, cioè in proporzione alla carità, che equivale a dire alla santità che si possiede.
Lo spirito umano tende all’universalità ma è limitato, ma si può universalizzare attraverso lo Spirito Santo,
che riempie l’universo.
L’anima retta, così, si serve del corpo, cioè del soma, per realizzarsi in Dio e, di conseguenza, si serve del
corpo anche come stimolo per raggiungere, attraverso la vita concreta, il proprio fine.
La grazia non agisce direttamente sulle concrete capacità intellettive e sulle facoltà cerebrali dell’uomo, se
non innescando naturalmente o perfezionando dei processi naturali tendenti alla sua realizzazione, che però
possono essere ostacolati da altri processi negativi.
La grazia, però, può agire in modo straordinario e miracoloso sulle facoltà cerebrali, o comunque in modo
molto accentualo, così come dimostrano le vite di certi santi, ma, soprattutto, eleva anche le manifestazioni
concrete dell’intelligenza umana fino all’ordine soprannaturale, mettendole, già in questa vita, in particolare
relazione con la sapienza e la scienza divine.

Pace
La pace che viene da Cristo è data essenzialmente dalla realtà dell’essere in grazia di Dio.
E’ ciò che siamo in Dio che ci dà la pace di Cristo.
Questa pace è espressione della gioia, che è conseguenza dell’amore di Dio.
A livello psicologico, la consapevolezza dell’amore di Dio e della nostra fiducia e speranza in lui, ci dona
tranquillità. Una tranquillità che è non solo umana, ma anche espressione della pace di Cristo.
Di conseguenza anche il sentimento tende a partecipare a questa dinamica e a volte Dio lo “usa” per
raggiungere i suoi fini di bene nei nostri confronti.

Amare Dio
Dio, da noi, più che capito, vuole essere amato.
Come potremo mai, noi creature, capire completamente Dio, che è infinito?
Dio, più che capire, si può contemplare o, se vogliamo, si può capire solo contemplandolo, e, perciò,
evidenziandone il Mistero. Lo possiamo capire fino a riempire la nostra anima totalmente.
Anche in Paradiso, quando lo vedremo “faccia a faccia”.
Ma se non possiamo comprendere Dio totalmente, perché supera i nostri limiti, lo possiamo però amare con
tutto il cuore.
Questo vale anche riguardo al prossimo: non possiamo capirne pienamente il mistero, così come gli altri non
possono capire totalmente il nostro mistero, e questo sia perché ognuno è originale e sia per il nostro limite
di creature, a cui si aggiunge il limite causato del nostro egoismo e dal nostro peccato, ma possiamo amare
ed essere amati.
Gesù, infatti, ha detto di amare il prossimo, che possiamo capire, così per quanto è possibile, soprattutto
attraverso l’amore.

Conoscenza
Si potrebbero considerare tre modi di conoscere:
1) sapere;
2) contemplare, che evidenzia il mistero (anche di ciò che si sa);
3) amare, che fa partecipare al mistero che si contempla.
Solo se si ama, e se si ama Dio che si è manifestato in Gesù, il Mistero dei misteri, allora si vive della
pienezza della vita.
Perché conoscere è più che sapere solo intellettualmente, è vivere, e la vita non è altro che amare.

Intelligenza
Il cervello umano, al contrario di quello degli animali, è più complesso del DNA, molto più complesso.

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Per cui non dipende dal DNA. E, se pure il DNA ne condiziona la “forma” iniziale, poi è come il lievito:
possiede una forza vitale intrinseca che lo può sviluppare in modo del tutto originale.
E poiché anche le materie di studio più complesse procedono attraverso passaggi abbastanza semplici, il
cervello umano, qualunque cervello umano, è potenzialmente capace di capire bene di tutto.
Di fatto, non esistono persone stupide, perché il cervello è come una Ferrari personalizzata che viene data in
dotazione a tutti, scienziati, intellettuali, casalinghe e operai, che va solo messa a punto, chi per correre a
livello agonistico, chi per andare al mercato.
Per cui, se pure esistono talenti particolari e a volte eccezionali (ma tutti hanno i loro peculiari talenti), tutti
sono intelligenti, e chi è “negato” in qualcosa, in realtà ha un deficit conseguenza del peccato originale,
come, ad esempio, certe forme patologiche, quali la dislessia o l’autismo, che hanno innumerevoli varianti e
gradazioni di gravità.
Esistono però gli stolti secondo il Vangelo.
C’è, infatti, un’ereditarietà spirituale complessissima che trascende quella del DNA e che si manifesta più
che altro nella rete neuronale, che è in un particolare rapporto con le doti intellettive dell’anima.
Tutto questo complesso e misterioso stato di cose può manifestare delle tendenze di sviluppo innate, o
ereditare dallo spirito di cui è pregno l’ambiente, o da altri fattori, più che delle “capacità”.
Riguardo all’intelligenza al maschile e al femminile, la differenza esiste eccome, ma non perché sono
intelligenze di natura diversa, ma perché sono di genere diverso, e tale differenza consiste specialmente in un
modo diverso di approcciare e di relazionarsi all’oggetto di studio.
Del resto, che il cervello maschile funzioni in modo diverso da quello femminile, è dimostrato dalla
neurologia e dalla psicologia. E perché mai, se i cervelli funzionano in modo diverso, le due intelligenze
dovrebbero essere perfettamente omologate tra di loro?
Qualcuno però potrebbe obiettare: “Ma se il DNA, riguardo alle potenzialità del sistema cerebrale, è molto,
se non del tutto, relativizzato, perché i generi maschile e femminile, pure determinati dal DNA, fa sì che
anche a livello “operativo” del sistema cerebrale esistano due generi di intelligenza legati all’identità
sessuale?”.
Innanzi tutto è da precisare che, essendo il carattere sessuale nella sua essenza intrinseco all’anima, non è il
DNA a determinarlo, ma è piuttosto determinato da esso. I caratteri fisici personali, invece, non sono
altrettanto determinati dall’anima.
In modo semplice e approssimativo si potrebbe dire che, mentre tutti i cromosomi che non siano quelli
sessuali (denominati X e Y) potrebbero, per assurdo, essere sostituiti dal “caso” senza che l’anima ne risenta
nella sua intima essenza, la sostituzione tra i cromosomi X e Y dovuta al “caso”, se fosse possibile,
significherebbe andare ad agire sull’anima a livello essenziale. Significherebbe, cioè, cambiare l’anima, cosa
assolutamente impossibile.
L’intelligenza, essendo personalizzata, cioè essendo manifestazione della persona e di ogni persona, non può
che essere anche espressione del proprio genere sessuale.
Naturalmente in Paradiso l’intelligenza umana viene trasfigurata dalla grazia assumendo delle caratteristiche
dell’intelligenza divina, che è intuitiva. L’intelligenza umana, così, in Paradiso sarà capace di abbracciare
perfettamente tutto nello stesso “momento”, ma sarà proporzionale al proprio grado di santità. Senza, però,
spersonalizzarsi, cioè senza perdere le caratteristiche personali.
In Paradiso in qualche modo ritroveremo, purificata ed elevata, anche la nostra storia sulla terra, e perciò
anche i nostri desideri autentici espressi attraverso la nostra psiche, e anche quelli non espressi
“esplicitamente”, che saranno pienamente realizzati in Dio anche secondo la nostra natura umana.
Riassumendo, possiamo schematicamente dire che l’intelligenza dipende dall’anima, utilizza la volontà, e si
manifesta attraverso la corporeità o quello che si potrebbe definire “ambiente”, ovvero, attraverso il sistema
cerebrale, la volontà psicologica e la storia personale, in relazione tra loro.
E come l’intelletto inerente all’anima, al di là della generosità della volontà nel rispondere alla grazia divina,
più si lega alla carità, più partecipa alla gioia divina (che influisce sull’umana), così le facoltà intellettive del
cervello umano, al di là della loro “forma” iniziale ordinata alla realizzazione della chiamata divina, al di là
delle connessioni cerebrali che si sono sviluppate attraverso tante circostanze, al di là delle tendenze di
genere, più si legano al sentimento che è orientato alla verità, più si realizzano, perché più si “trasformano”
in vita umana (che influisce, attraverso la grazia, sulla vita soprannaturale che Dio ci partecipa).

Amore e giustizia di Dio


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In Dio, che è carità, l’amore, la verità e la realtà coincidono. Non c’è altro che questa realtà, che è amore
divino, che viene partecipata in qualche modo alle creature.
In lui sono tutte le potenzialità dell’amore delle creature e a lui ritornano, anche quelle tradite.
Perciò tutto è come deve essere, nel senso che le potenzialità dell’amore non corrisposto non sono sprecate
ma si “trasformano” in giustizia divina, che è manifestazione dell’amore.
Se non c’è l’amore, c’è il male, ma dove c’è il male, c’è la giustizia di Dio, cioè il suo amore.

La Beata Anna Maria Taigi


La Beata Anna Maria Taigi è stata una grande mistica.
Dio con lei ha fatto cose che non ha fatto con nessun altro (ma anche di altri mistici si può dire lo stesso).
Soprattutto l’ha fatta vivere alla presenza di un “Sole”, che rappresentava Cristo, che vedeva solo lei, in cui
poteva leggere il cuore delle persone, gli eventi futuri, ecc.
Sebbene a certi livelli l’autentica vita mistica sia segno di santità, la grandezza dei doni mistici non è
proporzionale alla santità: basti pensare a San Giuseppe che, dopo Maria Santissima è il più grande dei santi
sebbene non abbia avuto, almeno secondo il Vangelo, dei particolari doni mistici.
E’ più grande anche di chi, come Santa Angela da Foligno, si suppone abbia visto, fin da questa vita, Dio
faccia a faccia.
Tra le profezie della beata, alcune già realizzate, c’è quella dei 3 giorni di buio, che hanno avuto anche altre
anime sante.
Ma anche nel caso della beata Taigi, che pure ha fatto profezie molto precise, la profezia rimane imperfetta e
va interpretata dalla Chiesa. Inoltre c’è da chiedersi se va interpretata o presa alla lettera, e il linguaggio” che
Dio ha usato e la chiarezza con cui si è manifestato.
Se spesso anche le profezie della stessa Bibbia vanno interpretate, a maggior ragione lo devono essere quelle
private.

Corpo e anima
Se l’anima avesse direttamente potere sul corpo, allora l’uomo potrebbe avere una sorta di “super poteri”, in
quanto l’anima potrebbe agire direttamente su corpo secondo la propria natura.
Così come avviene quando si manifestano i poteri preternaturali del demonio, che sono incontrollabili.
Lo spirito umano, perciò, non ha direttamente potere sulla materia.

Eternizzare il tempo in Dio


Se per Dio mille anni sono come un solo giorno, nello stesso tempo un solo giorno sono come mille anni.
Per cui, se a volte non vale la pena darsi molto da fare per ottenere qualcosa di effimero, altre volte vale la
pena darsi da fare per un qualcosa che, durasse anche un solo giorno, è atto a legarsi all’eternità.
Fosse anche qualcosa di secolare, se è qualcosa di lecito e di giusto e aiuta in nell’ottica dell’eternità.

Sentimenti di Cristo
I sentimenti di Cristo si manifestano nella sua azione di grazia: salvifica e misericordiosa.
Noi vi aderiamo con un atto di volontà, a cui i sentimenti umani sono chiamati a partecipare.
L’unità tra gli uomini la fa prima lo spirito, poi la natura, e dipende sia da noi che dagli altri.

La Chiesa e le rivelazioni private


Se la Chiesa, con le rivelazioni private, è prudente, c’è un motivo.
Del resto il potere di sciogliere e legare la Chiesa lo esercita anche approvando o meno certe rivelazioni.
Così potrebbe negare l’approvazione a una rivelazione privata autentica. In questo caso è un p’ come se un
sacerdote negasse l’assoluzione e un penitente sinceramente contrito, il penitente non può fare la Comunione
anche se è già riconciliato con Dio.
Può offrire certo la sua sofferenza, ma di per sé l’opposizione della Chiesa limita la manifestazione della
grazia divina almeno in un certo modo.

Misericordia e giustizia
La misericordia supera la giustizia ma non esiste senza di essa.

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E’ come per la fede e la ragione: la fede supera la ragione, ma se una cosa è irragionevole, cioè mortifica la
ragione, va anche contro la fede.
La misericordia di Dio, infatti, altro non è che il compimento della sua giustizia divina.

Fede e Mistero
Se ieri i sapienti secondo il mondo si appellavano alla ragione in modo irragionevole, cioè tanto da ridurre
tutto a sola ragione umana, come se questa potesse spiegarsi da sola, oggi gli spiritualisti mondani vedono la
ragione come qualcosa di angusto, desiderando svincolarsi da essa senza però poterlo fare (e infatti se ne
guardano bene quando c’è da difendere i propri interessi, legittimi o illegittimi che siano).
In ogni caso, chi più ragionevole di Dio, che supera la nostra ragione infinitamente? E chi va oltre la nostra
ragione, e perfino il nostro ordine naturale, più del Mistero soprannaturale di Dio? Il Mistero dei misteri?
Dio dona tutte e due le cose: e la ragione, e il mistero, perché non le pone né in contraddizione, né fa che una
cosa limiti l’altra. Anzi, fa che le due cose si aiutino perché l’uomo possa raggiungere il suo fine eterno.

Croce e croci
Premesso che Cristo attraverso la sua Croce non espia solo il peccato originale, ma anche i peccati attuali,
esemplificando e riducendo, si potrebbe dire che, se la Croce di Gesù vi sarebbe comunque stata anche se
l’uomo, se fosse possibile, non avesse commesso i peccati attuali, le croci dei due malfattori crocifissi con
Gesù, senza il peccato attuale, forse non vi sarebbero state.
Senza il peccato attuale noi saremmo comunque stati chiamati a collaborare con la salvezza operata da Cristo
attraverso la Croce, ma i due malfattori crocifissi stanno a dimostrare che spesso il legno della nostra croce,
cioè la “materia” della nostra croce, spesso la procuriamo noi stessi.

Gesù il Maestro
Gesù, mentre insegna, dà qualcosa.
Da luce e fa “vedere”. Cose se un insegnante di matematica facesse vedere i numeri e le relazioni fra di essi.

Amore e Comandamenti
“Chi mi ama mette osserva i miei comandamenti”, dice Gesù.
Perciò seguire i Comandamenti non è altro che amare.
Seguire solo la forma dei Comandamenti, se fosse possibile, è come addentare una mela finta o annusare un
fiore finto, mentre seguire i Comandamenti è come addentare una mela del Trentino.
Chi mette in pratica i Comandamenti è come un artigiano della ceramica a cui è stato ordinato, per quel
giorno, di modellare un grosso vaso: chi è bravo (cioè chi è santo), costruisce un vaso bello e grande, mentre
chi è mediocre e fa molti errori, costruisce un vaso imperfetto, a cui le riparazioni, spesso, impediscono di
essere della misura desiderata.
In ogni caso i vasi degli artigiani che hanno compiuto il lavoro verranno riempiti di monete d’oro e regalate a
chi li ha fatti: sono le monete d’oro il regalo e non il vaso, e sono le monete d’oro che contano.

Padre nostro
Il Padre nostro è quello che Dio si aspetta da noi, che corrisponde a quello che il nostro cuore si aspetta da
lui, ma in termini immensamente maggiori.
Gesù insegna il Padre nostro con parole spontanee, e noi lo impariamo a memoria per farlo spontaneo in noi
stessi.
Non c'è nulla di più spontaneo, nel senso di più conforme a ciò che siamo in rapporto a Dio attraverso la
grazia, del Padre nostro, e non c'è preghiera più strutturata del Padre nostro, tanto che perfino nella Messa il
sacerdote, in nome di Gesù, chiede al Padre tutto quello che si chiede col Padre nostro, che attraverso la
Messa si realizza nel modo più pieno secondo l'onnipotenza di Dio.
La preghiera cristiana non è tecnica, perché non c'è tecnica nel chiedere a Dio, se non il chiedere a Dio: Gesù
insegna solo che noi siamo figli come lui. Ci rivela chi siamo rivelando Dio.
A volte, invece, tutto sembra rispondere a tecniche umane, tutto sembra lasciato, non tanto all'impegno
dell'uomo, a cui Dio spesso viene incontro con la grazia, ma alla bravura nel saper eseguire una tecnica.

Passato e futuro
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Nella cultura, ma, anche se in modo diverso, anche nella fede, non solo si può, ma si deve andare avanti, ma
conservando e rafforzando le proprie radici, senza le quali si depersonalizza l’essere umano sradicandolo
dalla relazione concreta con gli altri, che presuppone sempre un “sé” e un “te”.
Come San Paolo che, sebbene fosse tutto proteso verso il futuro, che per lui era la sua meta e la meta della
storia, cioè Cristo, guardava sempre alle radici della fede, come dimostra il suo attaccamento verso la sana
dottrina.
Anche a livello umano le radici sono importanti, perché se le famiglie e i popoli cambiano, come è giusto che
sia, sono le loro autentiche radici che indicano la missione e la direzione, e contribuiscono a determinare una
personalità sana.
Progresso significa cambiare facendo tesoro di ciò che è buono e valido e scartare ciò che è falso, un
processo che, lungi dal mortificare le radici vive che portano linfa, le fa crescere.
Nostalgia di futuro.
Cioè nostalgia non morta e pessimista, ma che è una forma di speranza.
Così, a volte, per andare avanti occorre andare indietro, ma sempre in continuità con la tradizione autentica, e
non come ha fatto Lutero.
A volte, infatti, è proprio quando si va indietro che si possono eliminare le incrostazioni e le sovrastrutture:
ma questa è una riforma e non una rivoluzione.
E spesso questo andare indietro si manifesta anche come un andare contro corrente: la corrente del mondo,
della cultura dominante, del dare per scontato proprio delle sovrastrutture e il banale, come le mode,
ambientaliste o moraleggianti che siano.
Andare contro corrente per tornare all’essenziale e a crescere in esso.

Rivelazione e rivelazioni private


Come la riproduzione delle immagini di Gesù che alcune mistiche hanno avuto attraverso delle rivelazioni
private, o anche come i volti di statue e dipinti sacri formatisi miracolosamente, ai nostri occhi materiali non
splendono di luce soprannaturale, così le parole delle rivelazioni private rispetto alla Parola di Dio.
Se la Parola di Dio è la realtà, le parole delle rivelazioni private ne sono come l’immagine, perché la forza
soprannaturale della Parola di Dio si manifesta direttamente attraverso la Chiesa, mentre l’evento
soprannaturale di una rivelazione privata è mediata dalla natura del veggente e da quella di chi vi crede.
La Parola di Dio è un mistero presente che la Chiesa interpreta secondo verità ma senza esaurirlo, mentre le
parole delle rivelazioni private, la Chiesa le interpreta secondo la dottrina della Rivelazione.
E’ un po’ come la differenza tra un libro su Dante Alighieri e Danta Alighieri, tra la filosofia e la realtà, e, a
maggior ragione, tra la teologia e Dio.

Possibile e impossibile
Se per assurdo, come dice una certa filosofia, l’impossibile non è il contrario del possibile, ma solo il
contrario del necessario, e del contingente che in un certo senso, essendoci, è in qualche modo necessario
(ma necessario in senso assoluto è Dio), cioè di ciò che c’è e che, visto che c’è, non potrebbe non esserci,
allora dove sta la libertà? E dove è Dio, Colui che è?

La fede soddisfa pienamente la ragione


E’ sorprendente come spesso i non credenti, per spiegare certi misteri che solo credendo in Dio si possono
spiegare, o rifiutano a priori l’ipotesi dell’esistenza di Dio inteso come un essere personale e trascendente,
creatore dal nulla di tutte le cose e giudice dei buoni e dei malvagi, o fanno teorie astruse, molto più
“dispendiose” (nel senso del “rasoio di Okkam) e molto meno ragionevoli dell’“ipotesi” Dio.
Eppure a Dio si può arrivare con la sola ragione e, se vogliamo, anche col supporto di un sano sentimento,
che non contraddice affatto la ragione (almeno così come permettono i condizionamenti dovuti al peccato).
Con la fede, poi, tutto torna in modo più potente, perché la fede perfeziona la ragione.
Ma alla fede non ci si può arrivare attraverso la sola ragione, cioè non la si può credere con certezza assoluta,
e conseguentemente soprannaturale, senza l’aiuto della grazia, conformemente a come essa si propone.
Ad esempio: la ragione può arrivare al concetto di peccato, perché l’uomo è libero, ma la fede ci propone
come verità certissima, la dottrina del peccato originale che, a posteriori, cioè una volta creduta attraverso la
grazia, illumina la ragione sul peccato, portandola più in profondità.

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E la prova è che molti, sebbene conoscano benissimo la dottrina sul peccato originale, non vi credono, e
nemmeno psicologicamente sembra facciano di tutto per aprirsi a tale eventualità, che a loro può sembrare
banale.
E perciò, di fatto, non la capiscono, cioè non ne percepiscono la profondità e non la contemplano, rimanendo
in superficie.

Realtà
Per dirla con San Tommaso d’Aquino, tutto quello che possiamo dire su Dio, è paglia.
A volte, a parte i principi della fede, sembra che diciamo solo banalità.
Ma in realtà non solo quello che possiamo dire, ma anche quello che possiamo pensare di lui è paglia.
Il ragionamento è limitato, la natura di creature è limitata, noi siamo limitati, e lo è la nostra vita… mentre
Dio è illimitato e infinito.
Ma possiamo dire delle verità, come dei punti fermi, delle coordinate della fede e della ragione, e su queste
cercare di comprendere ciò che possiamo comprendere.
La teologia, perciò, non solo è la scienza più importante perché fa direttamente riferimento a Dio, ma è anche
la più sicura, perché parte da concetti che sono certissimi, in quanto dati di fede, e lo sviluppo teologico è
controllato dalla Chiesa, e dal Papa in particolare, che riguardo alla fede e alla morale, è infallibile.
La scienza, invece, parte dalle osservazioni e dalle ipotesi.
Il vantaggio degli scienziati è che spesso studiano cose che solo loro possono capire, mentre gli scienziati
capiscono le altre materie, che tutti apprendono fin da piccoli, anche se in pochi ne sono gli esperti. Ma resta
il fatto che, più un argomento tocca la spiritualità e fa riferimento a Dio, più è essenziale.
Se la filosofia aiuta a capire la teologia, la teologia fa capire la filosofia, nel senso che la illumina.
Nella scienza nulla è davvero scontato e ci possono essere più modelli e teorie più o meno equivalenti per
spiegare certi fenomeni, che in ogni caso devono essere conformi e compatibili con la logica e con la fede.
E la tecnologia fa da arbitro, nel senso che aiuta a fare previsioni.

Pie pratiche
Se l’uomo non avesse commesso il peccato originale, sarebbe stato sempre nella pace e certo della sua
salvezza.
Un po’ come i santi, che erano nella pace perché si fidavano totalmente di Dio e spesso sono stati confermati
nella grazia (ma anche chi non lo è stato sapeva che solo con un atto veramente voluto della volontà si
sarebbe auto escluso dalla salvezza, ma unicamente per sua decisione).
Ma noi, spesso, non rispondiamo a Dio come lui vorrebbe, e poiché, sebbene chi è in stato di grazia si affida
a Dio, abbiamo bisogno non solo di legare l’interiorità a pratiche esteriori come anche i santi, ma anche
tendiamo a fidarci troppo della nostra opera, Dio, per spingerci a una fede più forte, permette soprattutto per i
mediocri, certe pie pratiche, in particolare quella dei Primi venerdì del mese, a cui è legata la salvezza eterna.
Una pratica non solo riconosciuta dalla Chiesa, ma anche interpretata in senso letterale, come dimostra la
bolla di canonizzazione di Santa Maria Margherita Alacoque, in cui è riportata alla lettera.

Giustizia e amore
Se la giustizia (terrena e perciò parziale) fa la rivoluzione, l’amore invece custodisce e fa crescere il seme
buono, anche se tra le erbacce.
L’amore amplia la giustizia operata con la bilancia che, anche quando è imparziale, è sempre parziale, nel
senso che, anche quando non è di parte, considera solo una parte (ma le due forme di imparzialità tendono a
coincidere).
La giustizia parziale, infatti, anche fosse imparziale, rende ingiusta la Giustizia, come quando Lukaku, dopo
essere stato fatto oggetto di insulti razzisti, ha esultato “troppo” dopo un gol ed è stato espulso proprio lui.
Non che l’amore sia opposto alla giustizia (umana), ma è la giustizia ad opporsi all’amore, e soprattutto
all’amore di Dio (carità), che è il più alto atto di giustizia divina.
All’opposto dell’amore dono, infatti, c’è l’amore egoistico, come tanti rivoluzioni e ogni forma di
giustizialismo stanno a dimostrare.

Realtà
Un Dio cattivo non può esistere, perché Dio o è buono, o quello non è Dio.
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Si può però concepire per assurdo, cioè solo come contrario della verità.
Per cui non tutto ciò che si può concepire può esistere.
Come può essere? Che la realtà sia limitata e che, perciò, Dio, che non può operare ciò che è assurdo, sia
anche lui è limitato?
Il contrario: Dio è infinito proprio perché non contempla l’assurdo.
Assurdo, ad esempio, è dire: esisto e non esisto nello stesso tempo.
Se esisto tale concetto non aggiunge nulla alla mia esistenza, ma, se mai, “toglie”, cioè ne depotenzia la
dinamicità e la realizzazione.
E’ un po’ come il male, che non rimpiccolisce Dio, ma la “portata” dell’amore di Dio in noi.
Spesso ciò che sembra ampliare le possibilità del reale, in realtà limita la percezione del vero reale, e perciò
di Dio, che è l’Infinito trascendente.
Il paradosso può essere concepito così come può essere concepito il male. Il paradosso, se così si può dire,
esiste, ma come assurdo, così come il male esiste come male, cioè come azione o, meglio, atto, che nega
l’essenza della Realtà in quanto coincidente sostanzialmente nella Verità.
Esiste come atto libero che si sottrae alla verità e come possibilità di male.
Esiste come realtà inesistente nella Realtà.
E’ nell’esistente ontologico che nulla è impossibile a Dio.
E l’esistente non “delimita” le sue possibilità che in Dio.
Le possibilità della Realtà sono quelle stesse di Dio, in quanto Dio è la Realtà di tutto ciò che è reale.
Dio che opera al di fuori di sé, Dio lo fa liberamente e non necessariamente, e se, al di fuori di Dio, si pensa
che tutto è assolutamente necessario solo perché esiste, si nega Dio come onnipotente.

Promesse divine
La certezza della fede (quella a cui fa riferimento il Concilio di Trento), che è soprannaturale, si ha quando la
ragione accetta una verità rivelata da Dio alla Chiesa, e tramite la Chiesa a noi, che la supera.
La certezza del “cuore”, o del sentimento, che deve essere conforme alla retta ragione, può essere dovuta a
un’azione della natura o della grazia, ma la ragione la può accettare solo in modo naturale.
Una certezza perciò naturale, ma non per questo incerta, in quanto la ragione è ordinata a cercare la verità,
ma in senso proprio non assoluta. Una certezza che viene detta “morale”.
Del resto il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma che all’inferno ci si fa per una libera scelta, he è presa
nella coscienza, per cui chi la prende è consapevole di ciò che fa (almeno a livello di coscienza, se non anche
a livello psicologico). Dio può dare una certezza naturale, e perciò ragionevole, della salvezza, una certezza
data dalla regione così come per la ragione è naturale la conoscenza di Dio.
Per questo la Chiesa dice che, a livello di fede, nessuno può dirsi con certezza totale di essere in stato di
grazia, a meno di una rivelazione soprannaturale, che, però, essendo privata, può dare una certezza personale,
ma non come quella di un dogma.
Poi ci sono le promesse che Dio fa a tutti per mezzo di rivelazioni private ad anime mistiche o carismatiche,
che se la Chiesa accetta, sembrano connotarsi, se sono da noi credute nel modo in cui si crede a ha una
rivelazione autentica che si riceve dal Cielo, donano una fede morale certa della salvezza.
L’importante è adempiere le pie opere in sincerità e nella semplicità, così come dice la Chiesa.
E se lo dice la Chiesa, la certezza morale è anche una certezza morale su ciò che la Chiesa, a parte la sua
dottrina infallibile che va creduta con fede soprannaturale, crede come Chiesa.
Una certezza, perciò, sufficiente a dare la tranquillità.

Libertà
Dio non può che esserci e, con la ragione illuminata dalla fede, non può che essere quello che ci ha rivelato il
Signore Gesù.
Ne non credere (in senso di rifiuto, cioè al di là dei condizionamenti) non c’è una logica, c’è un “sentire”
secondo un proprio “tornaconto” che l’uomo si è prefissato in contrasto con Dio e con la sua natura umana.
La coscienza della propria libertà, al di là di quanto la libertà può essere concretamente esercitata, è
intrinsecamente già manifestazione della libertà, e non solo la sua percezione illusoria. E’ un’evidenza nella
nostra coscienza, anche se non è sempre evidente nelle sue manifestazioni concrete.
Si colloca a livello spirituale, e non virtuale.

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Ciò che sconcerta è che chi nega il libero arbitrio dell’uomo spesso non ha dubbi al riguardo, e questa, senza
entrare nello specifico caso che può essere invincibilmente condizionato da molti fattori, è una prova che
l’uomo è libero di scegliere e di scegliere anche il male e la menzogna. Che, cioè, può scegliere di credere a
quello che vuole.
Eppure, se vogliamo usare un certo linguaggio mutuato dalla scienza, è una soluzione più dispendiosa e
meno “elegante” dell’accettazione che l’uomo è libero.
Una presa di posizione, quella del negare il libero arbitrio umano, che non deriva da un’osservazione che sia
incompatibile con l’evidenza interiore che siamo soggetti liberi, come la presa di coscienza che siamo
psicologicamente influenzabili e condizionabili contrastasse, invece di integrarsi, con l’osservazione che
possiamo fare concretamente scelte che sono a nostra discrezione, cioè a discrezione di quella coscienza che
ci attesta che siamo persone, che siamo noi stessi.
Certe decisioni prese attraverso un giudizio dovuto alla coscienza che non danno piacere, al di là delle ipotesi
gratuite, sembrano dimostrare che la gioia non si può confondere col piacere. Gioia e piacere possono
convergere e in Paradiso coincideranno, ma in questa vita non sempre convergono.
A volte chi non accetta la Rivelazione divina sceglie di arroccarsi su posizioni umane, che non intende
mettere in dubbio, come fossero frutto di una rivelazione privata che, non venendo da Dio, viene dall’uomo,
ma che ha la pretesa di essere come infallibile. Un quadro assurdo.
Molti si chiedono se viviamo in una realtà simulata che potrebbe essere una realtà simulata e così via
all’infinito (oppure se viviamo in un sogno, che a sua volta è un sogno, e così all’infinito).
Ma noi, che possiamo cercare l’infinito, siamo però finiti e viviamo il finito nel finito. E di questa realtà
dobbiamo tenerne atto, perché è immanente.
Per cui il finito proprio delle creature (finito in tutti i sensi, anche del nostro non infinito creaturale) deve
finire nell’infinito inteso come Infinito soprannaturale, cioè come un’Entità soprannaturale (Dio), e non
come una catena senza fine secondo l’intelletto umano, che è spirituale ma naturale.
Un infinito naturale non esiste nel concreto, ma solo come conseguenza logica dell’Infinito di Dio nella
mente di coloro che sono stati creati a immagine di Dio, e se per pura ipotesi esistesse, sarebbe stato creato in
modo da poter essere compatibile col creato e da poter giustificarsi alla ragione come esistente in concreto.
Ma l’infinito è esistente come Esistenza, ed è Dio.
Questa ipotesi è più logica (e intuitiva da tutti, dotti e ignoranti) e meno dispendiosa di una serie infinita di
realtà inspiegabili. E’ cioè, più misteriosa ma, nello stesso tempo, più evidente e più compatibile con la
ragione umana e con tutto il creato.
E’ più compatibile (anzi è pienamente compatibile) anche con le scienze, perché le scienze possono spiegarsi
con l’ipotesi dell’esistenza di Dio (anzi è l’unica loro spiegazione), ma non possono spiegare la sua non
esistenza.

Realtà
L’intuizione non contrasta con la logica né, tanto meno, è il suo contrario, ma, anzi, è compatibile con essa.
E’ come uno sviluppo della logica dall’interno.
La logica, intesa come ragionamento che segue una via dimostrativa concetto dopo concetto, procede per
gradi, un po’ come quando si visita una città monumento dopo monumento, mentre l’intuizione è un po’
come una veduta della stessa città dall’alto, cosa che permette di individuare subito un monumento anche se
non sa precisare dettagliatamente il percorso per arrivarci. E’ come se l’intelligenza processasse un immenso
numero di informazioni e attraverso di esse emette un giudizio (che però non è per sua natura infallibile e
perciò non è sempre conforme alla ragione).
Il linguaggio umano si poggia sulla ragione e su degli universali evidenti alla coscienza, altrimenti non
potrebbe funzionare.
La conoscenza del mondo è permessa dai sensi, e il linguaggio si esprime attraverso simboli.
Tutto è conseguenza del linguaggio, cioè della parola, e in un certo senso tutto è linguaggio. Anche la
matematica.
Solo che la matematica non è usata sempre da tutti, mentre il linguaggio è usato sempre da tutti. Di esso,
infatti, non se ne può fare a meno.
Il linguaggio esprime la filosofia, che a sua volta si può esprimere attraverso concetti difficilmente
accessibili ai non filosofi, anche se tutti possono approcciarsi ad essa perché tutti siamo dei “filosofi”.

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Attraverso la ragione, e perciò una certa filosofia, anche i non esperti possono emettere giudizi che, anche se
semplici, possono essere profondi, su materie che poco conoscono, perché esistono delle evidenze.
Per cui anche un profano può esprimere certi giudizi sulle opinioni di scienziati atei, o sulle opere di artisti
contemporanei che, più che esprimere originalità, esprimono solo stravaganza e provocazione gratuita.
Di fatto ci sono studiosi illogici, come dimostra il fatto che alcuni di essi che mettono in discussione perfino
la storicità di Gesù Cristo, magari scrivono libri sui giganti a cui fa riferimento la Bibbia, senza tener conto
del linguaggio in cui si esprimeva l’autore sacro.
O senza tener conto che la Rivelazione divina dell’Antico Testamento è avvenuta per gradi e usando spesso
un linguaggio antropomorfico.

Dolore e peccato
Il dolore e il male non sono sinonimi.
Il dolore può essere secondo natura e allora non è un male ma è ordinato al bene, dimostrando che anche a
livello solo umano e non soprannaturale, anche se produce un dispiacere, inteso come opposto del piacere, il
dolore naturale è ordinato alla gioia.
Esso può essere dovuto, sia nel suo aspetto fisico che in quello psichico, dal limite dell’uomo, dal suo
divenire, cioè dal suo procedere verso la realizzazione della propria meta, ad esempio dal suo decadimento
fisico, ma no dalle patologie che sono dovute al peccato.
Ma il peccato aumenta innaturalmente i limiti dell’uomo e ne corrompe la natura, infliggendogli un dolore
innaturale che coinvolge l’anima minando la speranza.
I doni preternaturali che, insieme alla grazia, Dio conferì ad Adamo ed Eva, resero i nostri progenitori esenti
anche dal dolore naturale così come dice la dottrina della Chiesa, per cui anche dalla lotta che la ragione
dell’uomo avrebbe dovuto sostenere (vincendo) contro i moti del suo appetito irascibile, cioè contro i moti
della sua concupiscenza.

Greci ed Ebrei
I greci parlavano di Dio in modo astratto, mentre gli ebrei, che pure credevano in un Dio infinitamente
trascendente, tanto da non poter essere nemmeno nominato se non attraverso artifici o “pseudonimi”, nei
confronti di Dio spesso usavano un linguaggio antropomorfico, in modo da mettere in evidenza la sua
presenza tra di loro.
Questo mix di rispetto assoluto e di grande confidenza, infatti, era la conseguenza dell’incontro con lui,
dell’esperienza della sua presenza. Era cioè la conseguenza della rivelazione che Dio ha fatto di sé e che si è
conclusa con la morte dell’ultimo Apostolo.

Opere di misericordia
Gesù, nel Giudizio universale, discrimina i salvati dai dannati giudicandoli dalle opere a favore dei
bisognosi, e non dagli atti di culto che pure, evidentemente, sono determinanti proprio riguardo
all’orientamento delle opere. E se ha fatto così un motivo ci deve essere.
Di fatto, come non conta tanto il numero delle preghiere elevate al Cielo, ma piuttosto se la vita si manifesta
come un sacrificio di lode (ma per questo è necessaria anche l’orazione), così non conta tanto il numero delle
opere buone (ma il numero è una conseguenza anche di un cuore buono), quanto se sono di misericordia,
cioè se fatte a Gesù, attraverso la carità.
Di fatto i dannati sono quelli accusati di peccati di omissione.
Ma chi può dire di non aver mai omesso di fare del bene? E forse che i dannati non hanno mai compiuto
opere umanamente buone?
Senz’altro Gesù mette in evidenza come le opere buone prevalgono sulle omissioni, ma questo è grazie alla
carità, cioè alla grazia che le contraddistinguono.
Certo, prevalgono anche nel senso che la carità le stimola numericamente, così come stimola il rapporto con
Dio, fonte e principio di ogni opera buona, attraverso la preghiera, ma ciò che conta è l’amore che Dio
riversa nei cuori: la carità. Che dobbiamo accogliere.
Il brano evangelico del Giudizio universale, perciò, va integrato col resto della Parola di Dio, come ad
esempio quella della necessità del perdono e dell’amore verso i nemici, che in ogni caso non ne cambia il
senso ma, anzi lo rafforza e lo realizza.

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E il senso del Giudizio universale è che la carità si può manifestarsi anche in chi non possiede una fede
esplicita se è aperto al vero amore. E che il giudizio divino tiene conto delle opere, cioè della nostra libertà,
anche riguardo a chi ha avuto il dono della fede.
E, visto che i peccati di omissione sono non di rado commessi anche dai giusti, il senso è che ciò che conta è
l’atteggiamento del cuore, che condiziona la ricerca della verità e che perciò è determinante nell’orientarsi a
non fare il male e a fare il bene. E, di conseguenza, ad aumentare gli atti di amore, che discriminano il bene
dal male.

Carità
Il giudizio universale riportato nel Vangelo di Matteo avverrà sulle opere di misericordia, dove i dannati
sono condannati non tanto per il male fatto, quanto per il bene non fatto.
Sono condannati per le OMISSIONI più che per ciò che hanno fatto.
Naturalmente tra il mele che si commette e il bene che non si fa c'è una forte relazione, anche perché se si
commette il male contestualmente si omette di fare del bene.
Ma chi può dire di non aver mai omesso di fare del bene?
Quello che Gesù ci vuol dire è che conta la CARITA'.
Né le il culto rivolto a Dio dimenticando gli altri, né le opere sociali dimenticando Dio, ma l'amore verso Dio
che necessariamente si riversa sul prossimo.

Divorziati e risposati
Riguardo alla comunione tra divorziati e risposati, il giudizio se darla o meno non deve riguardare i cuori,
che non si possono mai giudicare, ma le opere.
Infatti San Paolo non scrive che chi è cattivo non può accostarsi alla Comunione, ma chi non discerne il
corpo di Cristo.
E’ ovvio che chi è in stato di peccato mortale non può comunicarsi senza prima essere tornato in grazia ed
essersi confessato: se Gesù ha istituito la confessione è proprio in vista della comunione, per cui non basta
essere tornati in stato di grazia attraverso la contrizione, ma occorre anche l’opera di accostarsi alla
confessione, poi il cuore lo giudica Dio.
Per cui la Chiesa deve discernere attraverso le opere dei divorziati risposati, che devono quanto meno
impegnarsi a vivere in castità attraverso un serio proposito.
E’ vero che la Chiesa ammette il principio della gradualità, ma non su questioni basilari della fede, come
sulla santità del matrimonio, che è un Sacramento!
Infatti la Chiesa, in caso di particolare necessità, mettendo in pratica di fatto il principio della gradualità,
ammette alla comunione anche i fedeli ortodossi, ma essi credono a quelle cose che per la Chiesa sono
sempre state fondamentali per potersi accostare alla comunione, e di fatto gli ortodossi praticanti sono più
vicino alla fede della Chiesa che non coloro che, pur essendo stati incorporati nella Chiesa cattolica, non
credono nella santità del matrimonio tanto da non capire che non si deve vivere in adulterio.

Radici
L’integrazione degli immigrati deve avvenire senza che questi rinuncino alle loro radici ma, anzi,
valorizzandole, in quanto un popolo cambia nel tempo, cambiamento che però deve avvenire nella
continuità.
Cioè: ciò che di peculiare hanno gli immigrati che si stabiliscono in un altro popolo deve essere innestato
sulle radici di quel popolo e nutrirsi della sua linfa vitale, in uno scambio vicendevole.

Sesto comandamento
Molti “laici” affermano che la sessualità deve necessariamente essere espressa anche attraverso la genitalità,
anche se non si è sposati, per cui per loro è innaturale che preti e monache vivano in castità, perché o non è
vero che ci vivono, o sono persone frustrate. Ma ovviamente sbagliano.
Ad esempio, in considerazione che la procreazione è indissolubilmente legata alla genitalità: anche se dei
coniugi non possono avere figli, sebbene vi possano soffrire, possono realizzarsi pienamente non solo come
individui, ma anche come famiglia

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Non esiste, infatti, un diritto alla paternità e alla maternità biologiche e se lo si pretende si va contro la
morale e perciò contro ciò che realizza l’uomo e la società (del resto cose come l’utero in affitto sono
evidentemente possibili solo grazie all’ingiustizia sociale, che, se non vi fosse, sarebbero irrealizzabili).
Ma uomini e donne hanno sempre la chiamata a vivere la paternità e la maternità spiritualmente, in quanto è
una condizione costituzionale della loro sessualità e perciò della loro persona: lo dimostra il fatto che, con
certe caratteristiche irrinunciabili a tutela dei bambini, si possono adottare dei figli come fossero “propri”.
Perciò chi ha fatto voto di castità può realizzarsi pienamente come persona sessuata senza contravvenire al
suo voto e, se deve lottare, anche la lotta sarà un cammino verso la sua realizzazione, che avviene attraverso
il dono di sé a Dio e agli altri.

Laici e consacrati
Chi serve Dio anche attraverso l’opera diretta nelle attività secolari, ha un diritto maggiore su ciò che opera:
da qui il diritto naturale della proprietà privata (a certe condizioni), e quello dei lavoratori a non essere
licenziati senza un giusto motivo.
L’uomo è chiamato a coinvolgersi nel suo ambiente secondo l’ordine della sua natura, e da qui viene il
principio che l’impegno verso i propri famigliari è una priorità, senza però dimenticare gli altri, che vanno
amati come se stessi.
Chi invece vuole servire direttamente solo Dio in modo speciale e secondo i consigli evangelici, pur usando
del mondo, rinuncia alla proprietà privata e a costituire una famiglia.
Ma questo non significa rinunciare al mondo perché lo si disprezza ma, invece, perché lo si ama attraverso
Dio.

Errori
In un certo senso, mentre i peccati di chi non vive in grazia di Dio spesso hanno ripercussioni più percepibili
a livello interiore che esteriore (se si fosse aperti alle istanze dello Spirito di Dio piuttosto che indurire il
cuore), gli errori anche in buona fede, ma dovuti anche a una non adeguata risposta alla chiamata divina, di
chi vive in stato di grazia, in genere sono, per vari motivi voluti o permessi dalla Provvidenza, più facilmente
riscontrabili, specie da chi li ha commessi, negli eventi della vita di tutti i giorni.
Ma Dio può intervenire sia cambiando le situazioni, sia nelle situazioni stesse attraverso la grazia e la
Provvidenza.

Simbolismo e astrazione
Il simbolo è un’astrazione e volerne fare a meno è impossibile.
Quando lo si cerca di fare, è sempre attraverso un ragionamento che, però, tende all’animalizzazione (ma
senza riuscirci perché la natura umana è razionale).
Si può tentare di non farsi influenzare troppo dai simboli che si apprendono tramite la cultura, ma ciò non
avviene né può avvenire per “estraneazione” o incentivando l’istinto svincolato dal resto della natura umana,
che è razionale in se stessa e che, perciò, realizza pienamente l’istinto, ma attraverso dei principi universali e
delle evidenze universali. E dei valori trascendenti.

Carità
Perché, a volte, la Scrittura e la Tradizione sembrano soffermarsi quasi più sulla necessità di amare gli altri
con gesti concreti, piuttosto che sulla necessità di amare Dio?
E perché Gesù sembra quasi equiparare l’amore per Dio all’amore per il prossimo?
E perché l’Apostolo Giovanni, ormai molto vecchio, si limitava a dire: “Figliolini, amatevi gli uni gli altri,
perché in questo consiste il comandamento del Signore”?
Perché Gesù dice che il Giudizio universale si baserà su delle opere verso gli altri?
Il fatto è che le opere verso gli altri, se c’è anche una vita di preghiera, sono particolarmente atte a
combattere l’egoismo, che è l’opposto dell’amore. E se uno ama, allora ama soprattutto Dio.
Certo, le sole opere, senza amore verso Dio, possono essere frutto di un’affettività sbagliata e possono anche
incentivare l’egoismo, ma per “prossimo” Gesù intende TUTTI: in primo luogo chi è abitualmente nostro
prossimo e chi lo è “istituzionalmente”, ma anche chi in qualche modo, concretamente o virtualmente,
interagisce con noi.
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Chi ama davvero Dio, ama il prossimo, e chi ama davvero il prossimo, ama necessariamente Dio: in un unico
movimento.

Peccato e amore
Un giorno padre Pio chiese al giovane padre Eusebio di confessarsi. Al termine della confessione padre Pio
scoppiò in un pianto dirotto. Padre Eusebio rimase costernato perché, evidentemente, padre Pio si era
accusato di inezie, ma Padre Pio gli disse pressappoco così: "Anche tu credi che il peccato sta nel trasgredire
delle leggi? Il peccato sta nel fatto che, sebbene il Signore ha fatto tanto per me, io non faccio nulla per lui”.
I santi non sono ossessionati dal peccato, ma dall’amore!
Gesù ci libera dal peccato e ci dona la grazia: le due cose non sono esattamente la stessa cosa, ma
coincidono. Perciò, come un peccato ci ha tolto la grazia, così occorre la vittoria di Cristo sul peccato per
ridonarcela.
Infatti, se Cristo non ci avesse redento, chi non avesse commesso peccato mortale non sarebbe andato in
Paradiso, ma nemmeno all’inferno, ma in un luogo dove avrebbe ricevuto un premio ma solo secondo la
natura umana. Cioè non avrebbe ottenuto la visione beatifica, che è di ordine soprannaturale, ma avrebbe
goduto di una ricompensa solo umana, immensamente lontana da quella che ci ha meritato il Sangue di Gesù.
La legge da sola, perciò, non ci salva, ma occorre la carità. Solo che le trasgressioni alla legge dipendono da
una mancanza verso la carità, più o meno consapevoli e volute.
Così le piccole mancanze non tolgono la carità, che nei santi si manifesta in modo esemplare, ma
manifestano più che altro come noi, anche quando non pecchiamo, dovremmo amare Dio di più di quanto
facciamo.
Infatti, il peccato che spesso rimane anche dopo una sincera confessione è la mancanza di gratitudine, e
quando pure c’è gratitudine, rimane ancora il “peccato di omissione”, se così si può chiamare, che consiste
nel fatto che si sarebbe potuto fare di più.

Atti umani
Gli atti umani, che nascono dal cuore (inteso piuttosto come coscienza e volontà), tendono a tradursi in
opere.
Le opere, perciò, sebbene siano mediate dal cuore (inteso piuttosto come passionalità e interiorità
psicologica, con eventuali condizionamenti), tende a esprimere ciò che siamo, e in qualche modo lo esprime
effettivamente.
Le opere umane, perciò, sia buone che cattive, in qualche modo esprimono ciò che siamo, anche se non si
possono dare giudizi circostanziati e definitivi sulla coscienza delle persone. E non solo esprimono ciò che
siamo, ma tendono a rafforzarlo.
Anche per questo la Chiesa raccomanda di fuggire il peccato e di compiere opere buone, e soprattutto di
pentirsi dei propri peccati e riconciliarsi con Dio, aprendo il nostro cuore a lui alla sua misericordia.
L’amore uno stato di vita che si manifesta in opere.
Come anche i farisei possono fare delle opere buone come le elemosine, così i buoni possono omettere
qualche singola opera di misericordia (che però non consista in un peccato grave) senza perdere lo stato di
grazia.
E’ come la pellicola di un film: se un fotogramma manca o è rovinato, il film si può vedere comunque.

Linguaggi della fede


Come per esprimere graficamente una realtà fisica, come una costruzione edile o una macchina, occorrono
tanti disegni che ne manifestino le sezioni e, anche, le intersezioni e i movimenti eventuali, a maggior
ragione per esprimere la realtà spirituale occorrerebbe tener conto di una immensa complessità e un’immensa
gamma di interazioni. Cosa impossibile, ma che una teologia ad alto livello tende a ricostruire parzialmente,
con un modello ridotto.
Ma come la realtà fisica può essere espressa graficamente in modo semplicissimo ma giusto, purché se ne
rispettino i contorni fondamentali, a maggior ragione i principi irrinunciabili della dottrina cattolica, anche se
espressi in linguaggio semplicissimo, esprimono la fede in Cristo, che consiste in Dio stesso.
E se a volte è utile esprimersi il linguaggio teologico, per annunciare la salvezza di Dio spesso è più utile
esprimersi in un linguaggio semplice e quasi schematico, come quello dei principi della fede, come ha fatto

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Gesù stesso, in quanto i contorni fondamentali della fede danno uno sguardo di insieme. Un insieme che è
Dio stesso che si fa conoscere.

Manifestazione divina nella storia


La matematica è una forma logica “digitalizzata” e semplificata. Una sintesi ridotta a schema, che usa
simboli universalmente riconosciuti. E funziona in quanto esprime delle verità.
Il linguaggio parlato e l’arte, invece, esprimono una logica personalizzata, secondo una forma “analogica”
ma che usa dei simboli, che sono anch’essi determinati. Ma li usa in modo “continuo”, un po’ come si usano
i disegni di un cartone animato dando il senso del movimento.
Il linguaggio parlato, infatti, si relaziona col sentimento, con la libertà, con la volontà, con la storia, con la
contemplazione e l’intuizione, col mistero.
E, se usato da Dio, mette in relazione col suo Mistero intimo tramite lo Spirito Santo.
Nella Rivelazione di Gesù, tutto comunica il suo Mistero divino, anche la storia, in quanto egli è il Mistero
che si è fatto carne ed è entrato nel mondo direttamente.

La Grande Promessa del Sacro Cuore di Gesù


La Chiesa distingue le pie pratiche dalle promesse che eventualmente a queste sono legate, che, invece, sono
viste con sospetto, quando non addirittura osteggiate, a parte casi particolari, tra cui le promesse legate al
Sacro Cuore di Gesù e soprattutto la Grande Promessa.
Anzi, le promesse del Sacro Cuore, e soprattutto la Grande Promessa, non solo sono accettate, ma fatte
proprie attraverso l’incoraggiamento e la promozione della devozione al Sacro Cuore e dei Primi nove
venerdì del mese, una pratica che ha il vantaggio che basta compierla una sola volta nella vita e a cui non è
richiesta una fede speciale, particolarmente forte: basta essere in grazia di Dio, credere nella fede
soprannaturale della Chiesa e, umanamente, a quello che ha promesso Gesù a Santa Maria Margherita
Alacoque.
Questo significa che non bisogna tanto credere con la propria fede umana, cioè accettare con la propria
ragione una rivelazione privata, ma occorre credere ala rivelazione privata della Grande Promessa attraverso
il discernimento della Chiesa! E questo dà una sicurezza e una tranquillità di gran lunga superiore a quella
verso le atre promesse accettate, ma non promosse e fatte proprie universalmente e ufficialmente.

Dio amore
Se Dio è amore, cioè se la natura di Dio è l’amore di Dio, cioè la Carità, allora il Principio divino, cioè il
Padre, è amore, la Sapienza divina, cioè il Figlio, è amore, e il soffio vitale, cioè lo Spirito Santo, è amore.
E l’opera divina, cioè la misericordia divina, è amore.

Fede e ragione
Attraverso un semplice schema che aiuta a evidenziare dei rapporti, si può dire che la ragione si serve del
sentire un po’ come la fede si “serve” della ragione.
Solo così il sentire può realizzarsi influendo sulla ragione, e la ragione si realizza approfondendo la fede.
Se non vi fosse stato il peccato originale, la ragione sarebbe stata umanamente infallibile, ma se, pur in
assenza del peccato originale, non avesse avuto il dono della grazia, sarebbe stata non solo limitata alle cose
conformi alla natura umana, ma anche, se così si può dire, meno perfetta e avrebbe faticato di più per
“armonizzare” i limiti naturali dell’uomo, e perciò anche i limiti terreni della ragione con quelli del sentire.
Dopo il peccato originale il sentire si è molto svincolato dalla ragione e la ragione è diventata fallibile,
cosicché è facile cadere sia nel sentimentalismo, che nel razionalismo, che sono due forme di
sentimentalismo, perché non assecondano un esame obbiettivo della realtà, ma, contrapponendosi nel primo
caso alla razionalità e nel secondo caso al sentire, escludono parte della realtà umana per seguire i pregiudizi
e la “pancia”.
Il sentire è razionale se è sottoposto alla ragione e la ragione “sente” se ragiona.
I Comandamenti sono scritti nel cuore, ma ci si arriva attraverso la ragione.
Vivere in Dio è conoscerlo per amarlo e, di conseguenza, servirlo. Tutto origina da Dio che è amore.
Un esempio riduttivo e schematico: l’intuizione, che a livello cerebrale è un po’ come la facoltà di emettere
giudizi processando quasi istantaneamente una sterminata quantità di informazioni che giungono attraverso i

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sensi, se viene recepita come fosse una sorta di istinto, può portare a errori clamorosi, che può evitare se è
sottoposta alla ragione.
La ragione, infatti, tiene conto sia del fatto che i sensi sono fallibili, sia che la realtà che i sensi percepiscono
non è schematica, sia che alcune informazioni sfuggono, sia che noi “processiamo” secondo “programmi” e
schemi condizionati…

Beati voi poveri


I poveri sono beati perché vivono la condizione naturale dell’uomo, che è intrinsecamente povero e
bisognoso e così, vivendo secondo la verità, assecondano la grazia.
L’uomo è immensamente grande in quanto è simile a Dio, ma è anche infinitamente piccolo perché Dio è
l’Infinito.
Cercare le ricchezze equivale a sottrarsi all’azione della grazia, essere umili e cercare la povertà integrale,
cioè vivere poveramente da poveri e per i poveri, permette l’apertura alla grazia.

Misericordia
Il Paradiso è sia per i giusti che per gli ingiusti, sia per chi segue la legge e sia per chi non la segue, perché
non è la legge (umana) che salva.
Ma chi è, cioè chi segue la legge umana (se questa non contrasta con la legge morale) e opera bene, è
favorito, perché la legge fa da pedagogo, cioè prepara alla grazia, purché non venga scambiata con la
salvezza, che non può essere pagata con nessuna opera umana.
Per questo spesso sono gli ingiusti che, riconosciutisi mancanti anche grazie alla legge, si pentono e, pentiti
per amore, chiedono la salvezza a Dio, diventando più giusti dei giusti.
Anche la legge umana, infatti, per essere adempiuta, cioè per raggiungere il suo fine di “pedagogo” e creare
le disposizioni interiori adatte per ricevere la grazia, va vissuta col cuore.

Comunicazione
Lo spirito umano comunica attraverso il corpo, i cui segni sono “decodificati” dagli altri.
Ma sebbene tali segni possono anche essere ingannevoli, e spesso lo sono, il corpo non può falsificare tutto,
né impedire che il cuore non possa manifestarsi in qualche modo anche parziale.
C’è poi l’azione di Dio in quanto creatore e che sostiene e riempie l’universo, che si manifesta soprattutto
nell’uomo.
E c’è la grazia soprannaturale che si manifesta spingendo l’uomo al bene e che si realizza in chi vive in
comunione di vita con Dio, cioè in chi ha la carità, a cominciare da chi ha la fede, che passa attraverso il
Battesimo, fosse pure solo di desiderio implicito. La fede e il Sacramento del Battesimo, infatti, sono la via
che, se non vi fossero impedimenti e condizionamenti, più “spontanea” perché la grazia possa comunicarsi.
Sono, cioè, la via ordinaria della salvezza che, però, può “strabordare” anche da questo passaggio, purché, se
così si può dire, non le venga impedito di seguire in qualche modo lo stesso alveo e la stessa direzione.

Famiglia
Secondo molti psicologi attuali, l’ambiente di coltura del narcisismo è la famiglia.
Ma, anche se non di rado questo è vero, e la verità non si deve negare ma, al contrario, si deve perseguire,
occorre affermare che non è la famiglia la causa del narcisismo, ma il peccato e le sue conseguenze, di cui la
famiglia non è immune e che, anzi, proprio per l’importanza che riveste, è un soggetto “sensibile”, nel senso
che è un bersaglio privilegiato del male. La famiglia, anzi, di per se è ben attrezzata per contrastare il
narcisismo.
Se le famiglie non sono perfette, è perché gli uomini non sono perfetti ma peccatori, e sono condizionati
spesso dal peccato altrui, e così tendono a condizionare gli altri.
Ma il condizionamento può essere anche in positivo, cioè può avvenire in modo da non mortificare la libertà
degli altri ma piuttosto a rafforzarla, e per questo la famiglia è uno strumento atto ad amplificare il bene.
La differenza la fa l’amore (e soprattutto la carità, che è l’amore umano innalzato dalla grazia all’ordine
soprannaturale).
Senza amore prevalgono i difetti, mentre se c’è amore ci sono meno episodi traumatici e meno effetti
traumatici anche perché ci sono soprattutto episodi ed effetti ordinati a costruire la personalità e non a
distruggerla.
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Ma l’uomo è fragile e peccatore anche se tende a Dio: la differenza fondamentale, perciò, la fa la grazia, che
non si contrappone alla realtà umana, ma cerca di guarirla e di farla crescere nel bene, in modo che, sebbene
la malvagità le si oppone, tutto dipende dalla volontà fondamentale dell’uomo.
L’amore nella vita dell’uomo si manifesta secondo tre aspetti: quello esteriore, quello naturale inerente
all’anima e l’amore soprannaturale, che sono in relazione tra loro, anche se più l’amore è categoria profonda,
più incide nell’essenza, ma che non coincidono se non nella direzione.
Per certi aspetti si potrebbe così paragonare l’amore che traspare attraverso gli atti visibili, che è molto
condizionato dalla psicologia, come il colore di una vernice, l’amore dell’anima, come la qualità della
vernice, e l’amore soprannaturale, come la sostanza dell’oggetto verniciato.
O, se vogliamo, sotto altri aspetti si può paragonare l’amore esteriore alla superfice del mare, che spesso è
influenzata dai venti, l’amore dell’anima alle correnti subacquee, e l’amore soprannaturale, alle orrenti
profonde, che nella sostanza non sono toccate da ciò che viene sopra, che però può limitarne l’efficacia.

Miracoli
Scrive San Paolo: “Non ha forse Dio dimostrato stolta la sapienza di questo mondo?” (1Cor 1,20).
Per Paolo è piaciuto a Dio vincere la sapienza umana con la stoltezza della predicazione.
Di fatto, i sapienti sono scossi di fronte ai miracoli, che sono causati dalla fede e per confermare la fede.
Non che i miracoli servono a dare la fede, ma servono a dare la ragione.
Dice Gesù: “Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non volete
credere a me, credete almeno alle opere” (Gv 10,37-38).
I miracoli, che seguono la predicazione, servono ad aprire la mente al mistero e a non escludere
pregiudizialmente l’eventualità della fede.
Invece, spesso, intellettuali e scienziati sui miracoli tagliano corto: o semplicemente negandoli anche se
evidenti come quelli eucaristici, o dichiarandoli falsi ma senza portare non solo le prove, ma neanche indizi
seri, o dicendo che hanno una spiegazione naturale ma senza spiegare come.
Così, quando si parla di miracoli, o si imitano a dei proclami indimostrabili, o “cambiano canale”, come
faccio io quando c’è Porta a porta.

Privilegi
I privilegi terreni sono finalizzati e sono al servizio di quelli spirituali.
Ad esempio: nascere in un paese che offre più opportunità, o essere in buona salute, sono in un certo senso
dei privilegi, ma un privilegio ancora maggiore è quello di essere, e di vivere, da poveri: “Beati voi,
poveri…”, ha detto Gesù.
Tutti i privilegi sono “racchiusi” e si riassumono in quello della povertà: “Beati voi poveri”, ha detto Gesù.
I poveri sono anche chi piange, i miti, chi agisce secondo giustizia, ecc.
Ma la povertà non coincide con la santità, sebbene si relaziona ad essa.
La santità è dovuta dalla grazia che dona Dio, in relazione alla generosità dell’adesione dall’uomo.
La povertà, invece, è la condizione privilegiata da cui si parte o a cui si arriva.
Certo che la povertà del fannullone non è un privilegio, se non per convertirsi.
Il privilegio della povertà altro non è che quello della Croce, che comporta accettazione, cioè offerta e
servizio.

Verità e amore
Se per amore umano si intende l’affetto verso ciò che si percepisce come un bene (e in particolare verso le
persone), risulta chiaro l’importanza che hanno la verità e la ragione, che ci indicano dove sta il bene e,
sottomettendo le passioni, ci permettono di raggiungerlo.
Ma l’amore di Dio, cioè la carità, è il Sommo bene, è cioè Dio stesso, e Dio che si comunica.
Noi, perciò, dobbiamo comunicare l’amore analogamente a come fa Dio: donandoci. Ma per farlo dobbiamo
in qualche modo diventare come lui: amore. Dobbiamo essere amore, e perciò la nostra vita deve coincidere
con l’amore, cioè con il bene che siamo chiamati ad annunciare e a vivere.
Questo processo per l’amore umano si realizza pienamente solo se è relazione con l’amore divino, e perciò
solo se la ragione è illuminata dalla fede, che è la verità tutta intera e il fondamento di ogni verità umana e
della stessa ragione.

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Ma se la ragione non sottomette le passioni, la fede, che deve essere accettata dalla ragione e che mira al
vero bene, potrebbe non essere più il centro del bersaglio dell’amore umano, che così può contro
testimoniare l’amore divino (ammesso che permanga) perdendo così in umanità.
Se, infatti, il bene non viene raggiunto, amare può diventare un male così come quando si ama il peccato.
Per questo San Paolo insiste sulla sana dottrina: lo fa proprio in funzione della carità, che, indicando dove sta
il vero bene, permette che in esso si possa realizzare la ragione e, attraverso di essa, anche il sentimento
umano.
La verità va cercata, ma tutta intera. Chi la cerca parzialmente non la cerca, ma segue le proprie passioni.
L’amore non è un concetto: si può pensare all’amore senza amare. E non è un sentimento: si può sentire, ma
senza amare.
L’amore è vita, è uno stato di vita, che si manifesta attraverso atti umani che sono frutto di volontà. Cioè
attraverso delle opere orientate da delle intenzioni.
L’amore di Dio è la vita di Dio, l’amore dell’uomo è la vita dell’uomo, e l’amore di Dio nell’uomo è la vita
di Dio nell’uomo.
L’amore è dono, e perciò è gratuito, ma, mentre in noi causa il nostro bene, in Dio l’amore per noi non
aumenta la sua gloria, che è infinita.
L’amore è attrazione verso ciò che si percepisce come bene, e l’amore vero è l’attrazione verso il bene
oggettivo. Non è dovuto solo all’intelletto, ma è dovuto al cuore, che tutto comprende dell’uomo.
L’amore è una forza vitale, un “movimento.
Amore altrui non ci riempie del tutto. Anche fosse di donazione totale, avrebbe comunque dei limiti
“strutturali”, sia in chi lo dà, sia in chi lo riceve.
Noi siamo finiti e nostra azione è limitata, siamo legati al tempo e allo spazio, e alle priorità, cioè al fatto che
dobbiamo amare a cominciare dal prossimo più prossimo secondo un ordine generale che, però, non esclude
nessuno. E’ infatti attraverso questo ordine che in nostro amore si rapporta con l’eterno e l’universale.
Ma Dio è infinito ed eterno e la sua azione è nostra contemporanea e scende direttamente in noi nel modo più
intimo e, senza annullare quella degli altri, la supplisce pienamente e totalmente.
E’ un po’ come l’autorità del Papa, che è piena ma che non fa a meno di quella dei vescovi, perché Dio vuole
così. Ma anche un po’ come la fede che non annulla la ragione che, se manca, lo si sente, perché Dio prevede
che la fede, che è la verità “tutta intera”, si possa esprimere attraverso la ragione.
E’ così che l’amore di Dio non solo perfeziona l’amore dei fratelli, ma anche lo supplisce.

L’amore di Dio attraverso il Sacro Cuore


L’amore che Dio ci manifesta e di cui il Sacro Cuore di Gesù, con la Croce, è il simbolo più grande, ha
qualcosa di “eccessivo”. Non perché illogico, ma perché immotivato per la nostra logica. Cioè è fuori dalla
nostra logica, ma non da quella di Dio evidentemente. Del resto i pensieri di Dio superano i nostri pensieri
(ma non li annientano) come il cielo sovrasta la terra.
Dio infatti non aveva nessuna necessità di crearci, né di redimerci attraverso la sua incarnazione, passione e
morte. E il termine necessità, se applicato a Dio, assume un significato diverso che se lo applichiamo a noi.
Noi non abbiamo nessuna necessità di fare molte cose, ad esempio di fare le cose che chiamiamo “sfizi”, ma
possiamo ambirvi e, di conseguenza, sentirli come una sorta di necessità, anche se secondaria.
Dio, invece, è infinito in ogni senso e per questo ambisce solo a ciò che è, perché è in Sé stesso gaudio
infinito.
Ma il suo amore è così grande che ci ha creato, e non ci ha creato per sfizio, ma come fosse per necessità,
sebbene non è una necessità.
In questo non ha rispettato il cosiddetto “Rasoio i Occam”, il principio di metodo secondo cui in un
problema, tra più soluzioni valide, va preferita quella più semplice. Un principio non necessario, ma
rispettato soprattutto tra i matematici e i fisici teorici perché funziona.
La soluzione più semplice, infatti, sarebbe stata quella di non crearci, ma questa è logica umana, e Dio è Dio.
Grazie a Dio!
Come si fa ad accogliere la grazia di questo amore se ne è scandalizzati, invece di sentirsi come chi ha
ricevuto una grazia a cui non poteva nemmeno sperare secondo la sua logica umana?
Questo amore divino è una grazia irrinunciabile, che ci deve far dire quello che Napoleone disse riguardo
alla corona da imperatore: "Dio me l'ha data e guai a chi me la tocca!".

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Facoltà umane e volontà
Nella preghiera del cuore la volontà si serve delle passioni, che sono facoltà umane che la ragione deve
controllare e la volontà usare per il bene.
Anche quando le passioni, usate dalla volontà per il bene, non dovessero sentire attrattiva, intesa come
dolcezza e gioia sensibile, verso il bene perseguito, l’anima sente.
Naturalmente, le facoltà umane, interagendo tra loro, si condizionano a vicenda, anche in conseguenza al
loro grado di importanza, per cui anche la volontà può essere condizionata.
Ciò non toglie che l’uomo che opera il bene tende ad unificare, soprattutto attraverso la grazia divina, le sue
azioni e il suo sentire alla volontà di bene, mentre nell’uomo malvagio tutto tende al degradamento, anche se
tenta di dissimularlo.

Legge e spirito della legge


Gesù ha detto: “Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente; ma io vi dico di non opporvi
al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l'altra” (Mt 5,39-40).
Gesù non intende depenalizzare i reati, non parla di giurisprudenza, ma vuole cambiare lo spirito della legge
del taglione, cosicché si possa di conseguenza cambiare anche la legge.
Questa è la logica evangelica: salvare l’anima e di conseguenza anche i corpi su questa terra, effondere
l’amore e di conseguenza, con i cuori, cambiare anche la società.
Gesù non è buonista e non vuole annullare le leggi.
E se ci sarà una grazia, in quanto grazia, non se ne ha nessun diritto, né può essere pretesa.
Può, però, essere richiesta.
La particolarità di Dio è che, a differenza dello stato, che per essere giusto non può regalare la grazia a tutti,
compresi mafiosi e corrotti, egli la offre a tutti.

Inferno come amore di Dio non corrisposto


L’inferno si potrebbe definire anche come amore di Dio rifiutato.
L’amore di Dio, esprimendosi attraverso Gesù, si manifesta anche attraverso la Croce e perciò si lega alla
sofferenza.
Anche se l’amore di Dio in noi coinvolge ogni aspetto della nostra umanità e del nostro relazionarci, e perciò
di per sé non può essere schematizzato e ridotto, pure, per renderlo più intelligibile, possiamo prendere
alcuni suoi aspetti più percepibili ed esaminarli in modo quasi separato dal resto.
Così possiamo dire che esiste una croce che è indipendente dal nostro peccato e che rappresenta la nostra
chiamata a offrirci gratuitamente a Dio per la salvezza nostra e degli altri.
Ma Dio, a parte certe chiamate speciali (a cui, a volte, si abbinano risposte particolarmente generose tanto da
essere totalizzanti), vuole che l’uomo allevi e combatta le cause esterne di tale croci, a volte anche attraverso
miracoli e guarigioni, per sostituirle col dolore dovuto direttamente all’amore, e perciò al desiderio di
comunione con lui, e con lui crocifisso, e alla salvezza e alla santificazione degli altri.
Se non c’è amore, invece, la croce e le sofferenze dell’uomo sulla terra perdono di senso, e così, scollegate
dall’amore, come il piacere della carne quando è scollegato dall’autentico amore coniugale, non raggiungono
il loro fine e producono la disperazione.
Se si muore in questo stato, la situazione si fissa. La Croce non ha prodotto la vita che da essa sorge
spontaneamente (nel senso di conseguenza causa effetto) perché il peccato, che va contro la natura
dell’uomo, attraverso la volontà, ha sottratto l’anima dalla corrente della salvezza, lasciando l’uomo morto
alla vita eterna, ma nella croce che, alla morte, potremmo quasi dire che si configura attraverso l’inferno.
Una morte che non muore, secondo le parole di Gesù quando si riferisce alle anime dei dannati: “il loro
verme non muore”.

Amore di Dio
In generale: l’attrazione verso qualcosa che si percepisce come BENE.
Ad es.: io amo viaggiare.
In particolare: volere il BENE di qualcuno.
Ma è Dio a volere in nostro bene: noi contenti per lui e attratti da lui.
Amore a Dio PURIFICA il nostro concetto di bene. Anche senza Rivelazione perché Dio si pone come il
Sommo Bene. No i sensi e il piacere.
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Il concetto di Dio è laico.
Se alla ragione togli Dio, le togli anche la ragione.
Amore e verità
RAGIONE conoscenza del bene naturale, FEDE conoscenza del bene soprannaturale.
Ma Dio si fa conoscere attraverso la GRAZIA, che è più dell’intelletto: è un evento che si pone all’intelletto
Amore per la VERITA’ o amore per il male.
Importanza sana DOTTRINA.
L’amore è vita
non è solo sentimento e non è solo volontà.
L’amore è vita. Dire “Dio è amore” o “Dio è colui che è”, è la stessa cosa.
E vita deve essere amore. O non è: principio dell’inferno.
L’Amore di Dio ha qualcosa di “ECCESSIVO”.
Dio non aveva NECESSITA’ di crearci.
Il termine necessità, applicato a Dio, comprende anche il desiderio.
Dio non aveva motivo di desiderarci.
GENITORI, desiderio della natura propria.
Noi chiamiamo “sfizio” ciò che non ci è necessario, ma che possiamo comunque desiderare.
In DIO il necessario coincide semplicemente col tutto il bene in grado infinito.
L’amore soprannaturale sta all’amore umano come la fede sta alla ragione.
E’ GRAZIA, cioè DONO di sé agli altri, cominciare dal PROSSIMO.
Chi da ragazzo SOGNAVA la Croce?
Ma se l’amore è vita, lo è anche CROCE, che deve diventare amore.
GIUDIZIO UNIVERSALE e OMISSIONI.
Amore è STATO DI VITA, che si manifesta con le OPERE.
ELEMOSINE FARISEI e MANCANZE dei BUONI.
Es. fotogrammi saltati in una pellicola di un film
PARADOSSO del porgere l’altra guancia.
Dire PAZZO per non RICONOSCERE l’opera di Dio
Come a Gesù: BESTEMMIA CONTRO LO SPIRITO SANTO.
Parliamo di noi: visione diversa perché viviamo SITUAZIONI diverse.
Non visioni sbagliate, ma parziali: diventano sbagliate quando non le consideriamo tali.
Nessuno PROFETA IN PATRIA: realtà meschina. Gesù avrebbe voluto esserlo.
Fratelli come profeti.
Chi accoglie un profeta come profeta…
UMILTA’ non DISISTIMA, ma stima degli altri.
E soprattutto di Dio.
Da qui l’avere la giusta CONSIDERAZIONE di sé stessi.
L’accontentatevi di San Paolo, non mortifica delle giuste ambizioni, ma è accettazione.
Più vita nel poco: più senso e meno sensi.
REGOLE:
1)Amare Dio sopra ogni cosa ma servirlo in ogni cosa: soprattutto in quelle ordinarie, e poi anche nelle
straordinarie, secondo le possibilità.
2) Si deve essere generosi, ma il dono deve essere fatto con gioia: e perciò nella libertà. Metterci il
cuore, sì, ma sentirsi schiacciati no.
La fiducia e la confidenza in Gesù non è solo credere alle sue parole, ma è credere in lui.
Cioè fidarsi di lui non credere in ciò che dice senza però credere che quello che dice lo farà certamente
per noi, ma credere che fa ciò che dice lo fa certamente anche per noi.
Abituati coi POLITICI.
Per servire gli altri, amare Dio: “Mi ami tu più di costoro?... Pasci i miei agnelli”.
Gesù non chiede a Pietro he lo ami più di quanto no lo facciano gli altri, ma che lo ami sopra gli altri.

Infinità di Dio
Dio solo è infinito e tutto quello che è creato ha fine.
L’infinito è la caratteristica di Dio e noi lo possiamo concepire come possiamo concepire Dio.
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Ma Dio ha creato ciascuno di noi “scegliendo”, se così si può dire, tra un’infinità di altre possibilità.
Di conseguenza partecipiamo, in modo speciale rispetto al resto del creato, all’infinità di Dio.
Vi partecipiamo come finiti capaci, però, attraverso l’intelletto, e più ancora attraverso la grazia, di
relazionarci personalmente con Dio.
Il paragone di Dio come una retta e di noi come una semiretta, può essere utile in certi contesti, ma è
riduttivo.
La creazione non è avvenuta a “un certo punto”.
Per cui, pur essendo Dio onnisciente, il senso stretto è sbagliato dire che sapeva chi si sarebbe dannato
eppure l’ha creato ugualmente, come fosse un movimento come nel nostro mondo.

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