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A

ni,o

pad,re

PROPRIETA LETTERARIA RISERVATA

JANDI SAPI EDITORI Tel. t58j66 Rooa, Vie Crcsceozio, 62

- 38t.r86

INDICE

Awertenza

Pag. ,

I. La frlosofia come concreta posizione

II
45

II. La posizione negativa


Note
.

del discorso sull'essere.

6t

AVVERTENZA

t;

li
'r
1

Il, presente d,iscorso sa l'autentico nel filosofare , piuttosto, come s'i pu constalele, L!,ne. med,itazione >. Ed, med,itazione corne approfond,imento > a partire d,a una formwlaz'ione d,el,l,a fi,l,osofia cke ci sembra concreti in se stessa prima dli s'ignificare, in o!,no teoreticarnente e storicamente, I,a piena awtonomia d,el, fil,osofare. In essa, appunto, l,'asswnzione stessa d,etrl,a forrnul,a d,ornand,a che all,a < formul,a > si ouii con la raggiunta consapeaol,ezza ch'e il, < d,omand'ato > necessariamente < al,tro > dal,l,a d,omand,a e cke l,'<< altro r perci presente nel'Ia d,omanila senza risolaersi in essa ; ond,e s,, pw d,ire cke twtto nel, domand,a,le senzzr
<< <<

che

1,

domand,are

sia

assol,wto. d,el, <<d,omand,are>

d,omand,are slesso ,' and,e non si fu < d.efinizione > d,el,l,a fil,osofi,a ci d,a cw'i
pr esc,ind,er e, fil,o sol and,o.

L'assunzione critica

dunqwe,

coetentemente,
<<

propriamente d,ire lormula

lI
o

non possibil,e leg'ittimamente

T eor etic amente e stovicamente concr et a d,i cea amo qwel,l'a I ormul'azion e, d,oae l,'autentica teoretcit per se stessa e non aprioristicamente I'o saol,-

gimento storico, suol,gimento o p ocesso prma cke inserimento e procedimento logico e, qwind,i, storicit, nel,la rad,icatre med,esimezzlt. con, qwell'a histora cke pw d,irsi, per se stessa, originariamente, l,'esperienza nel,l'a

sua intel,ligibil,ilA..

*l

LA FILOSOFIA COME CONCRETA POSIZIONE

SovneRro:
sofia.

r. La circolarit della questione filosofica della natura della filoz. L'insignificanza teoretica del passaggio (preteso) dalle dottrine f.losofiche particolari al filosofare in atto. 3. La problematicita Le decisioni dell'uomo come determinata o non problematicitt. 4. prolungamenti della sua situazione. - 5. Il rapporto con l'essere come 6. La trascenconsapevolezza dell'impossibilit di un sirnile rapporto. denza I'essere dal punto di vista di chi abbisogna del- Fondamento. 7. La possibilit come < trascendent3,ls r non norma dell'operare umano. 8. Il n Mondo , come la semplice protensione orizzontale dell'uomo - gli enti. 9. Possibilitr e positivitr,. ro. La considerazione verso delle modalitr. d'essere fondamento in base alla- constatazione del diverso modo d'essere fondato. rr. Il discorso rigoroso in base alla posizione 13. L'autonomia del radicale. tz. La radicalit come ( integralit. ',. 14. L'( unitafilosofare -come impossibilit di un'esperienza filosofica. - ) come chiari15.L'ointimit ontologica riet,, del discorso filosofico. 1$. Presenza e primalit. mento interno dell'n interiorit,- oggettiva 1. n. 1$. L'impossibilit r7. DeI senso in cui si dice che l'essere ! aprimo di un discorso sull'essenza dell'essere.

r. La circol,atit d,el,la qutestione f,Iosofica d,ell'a < %6rtur6t. > d'el'l'a filosofr,a.

Se <domandare tutto tutto domandare> (r), esso lo dialetticamente, come negazione della possibilit d'essere qualcosa d'altro.Allora

la

concreta posizione della filosofia Chied,ersi cke cosa. la filosofla

filosofia

dialettica(z). , (S) significa introdursi

alla

suppone che alla filosofia

si

possa pervenire con la rT

chiarificazione del suo < concetto r, quasi previa posizione di ci che si intende compiere con l'attivit da qualificarsi <filosoficar a condizione che... puesta < introduzione > alla filosofia sarebbe veramente tale solo a condizione di non essere veramente < introduzione r : il paradosso indica semplicemente Ia situazione della circolarit, per Ia quale non possibile introdursi a filosofare se questa introduzione non gir rt fi.losofare ) o se il filosofare non ha bisogno di introduzioni. La domanda intorno alla filosofia in realt la consapevolezza della filosofia, il 'farsi ' filosofia da parte della posizione concreta in cui effettivamente < rr colui che filosofa. Ogni eventuale < definizione r della filosofia si pone, infatti, solo come risposta alla domanda intorno alla natura della filosofia ed inscrivendosi nel contesto di tale domanda, si trascende come semplice < posizione ), come semplce dato d'a cwi si parta: la domanda ci da cui impossibile non partire ( veramente < fondamento r, veramente giustificazione) ; il vero punto di partenza non Ia risposta come ( deflnizione )), ma la domanda, domanda che si rivela qui, essenzialmente, la presenza della risposta, perch <domanda r innegabile (la sua negazione < riproposizione > in forma

L'analiticit. aperta di ogni atteggiamento vagamente < introduttivo r solo la non consaputa < circolarit del filosofare >. La concretezza del, fiIosofare I'a swa innegabilit (4), Iu quale non deriva dalla < caratteristica\) 't/,rn&n& del < sapersi n come coscienza se non in quanto essa si rivela nell'uomo : 1a presenza del valore inconvertibile nella < situazione ) umana, perch la stessa situazione umana, dove venga consaputa (e, se la si dice, la si < sa tr), viene colta all'interno della (consapevolezzat che , ne/' suo limite, la
filosofia.

La fi.losofi.a allora nella consapevolezza dell'infrafilosofico : non < filosofia > ci che rimanda ad < altro r da s ed al < tutto r. La non-verit. di un dato < fi.losofare r storico non va commisurata alla scarsa effrcacia in ordine all'< interesse ) umano (e sociologico), ma, viceversa, la posizione di tale < interesse n ha un ( senso)
autentico solo dove essa garantisca (fondi) se stessa. L'identificazione ra filosofare ed <esistenza), lumarra, nel senso appunto platonico dell'Apologia di Socrate, la commisurazione della < situazione rr (singola) dell'uomo (io, tu) al < ricercare r che fa < urnana rr la vita. Il valore del filosofare non nella sua < ef&cacia I sociale, ffi, viceversa, la sua effrcacia da garantirsi nella impossibilit di venire negata dall'individuo e dalla societ. II deinde cui si crede di poter affrdare iI momento degli interessi speculativi, d'opo ctre si siano soddisfatti, sommariamente almeno, gli interessi fondamentali, suppone che la filosofia ( sopraggiunga r dall'esterno, nello stesso senso in cui ad essa si suppone che una qualche < cultura r porti quale base introd.uttiva, quale ( suPporto r fondamentale. I1 culturalismo, che vede la filosofia come coronamento d.ell'attivit. umana, equivoca sulle < possibilit r e sulla < necessit > di tale preteso coronamento. Ma la posizione < esistenzialistica r dell'identit. fra uomo e filosofia (sua) ha senso solo dove non si converta in < culturalismo I ed in culturalismo si converte se non assume l'uomo nella filosofia, se non prova (a se stessa) che non la fiIosofia nell'uomo conta, bens l'uomo nella filosofra che la presenza inobliabile d.el valore. Il valore , infatti, implicitamente indicato nell'atto stesso in cui si nega valore ad un dato modo di pensare ed , perci, inobliabile

La circolarit della questione (filosofica) circa la natura della fiIosofia Ia posizione della filosofia come consapevolezza di se stessa. Ci significa che ogni altra < attivit. r (epistemica o tecnica) consapevolizzata come atteggiamento infrafi'Iosofico, ponendosi, al limite, come innegabile, la consapevolezza di s, (consapevolezza che solo la filosofia attua, perch non pu esservi pir di ttn rtuttott, n pi di uru <lmite r assolutamente intrascendibile).
L'atteggiamento infrafilosofico quello che non tematrzza se stesso se non in funzione d'altro da s (gli < oggetti > specifici ed i metodi corrispondenti delle scienze). La filosofia non ha per tema alcuna cosa, nemmeno se stessa: Ia fi.Iosofi.a , infatti, 7l tematizzare stesso nel suo limite intrinseco ed

negativa).

intematizzabile. Chiedersi che cosa sia < filosofare r gi < filosofare > ; la consapevolezza di questa intrinseca necessit I'attuazone rigorosa di ogni altra necessit" : ogni < altro > richiede I'unit" entro ctt'i. L'infrafilosofico si chiarisce come intrinseca impossibilit di prescindere dalla filosofia ; ma la filosofia si chiarisce come impossibilit. di convertirsi in atteggiamento r< scientifico r o rt culturale n.

di diritto.

L'autenticit il ( valore

cui non basta il porsi dell'uomo e della

r2

r3

societa

: l'autenticitL termine cui tende l'< esercizio r,

I'a.sc.sf.s chc

liberazione progressiva (esistenziale) dall'inautentico, ma termine che tutto intero nell'atto stesso che lo <intende ) come sa tel,ls, che gi tutto o non sarr mai. Non sar mai se anche non , perch il suo < essere r il rr valere >
e ci che vale deve essere e se deue essere, Ia sua attuazione semplicemente il riconoscimento del suo non poter non essere. Non iI < valore r tende all'attuazione (non < intenzionalit. fungente > degli inediti husserliani), ma il tendere all'attuazione di s da parte di chi ancora non il suo essere autentico entro il < definitivo r attuale valore. L'uomo, nella sua < singolarit r, si trova nell'impossibilit di rinwnciare autenticamente a se stesso, perch l'eventuale sua rinuncia lo accompagnerebbe in ogni altro stato : la rinuncia che il singolo fa di s, perdendosi nell'anonimia, lo accompagna come ( sua ,r rinuncia, come < singolarit rr, paradossalmente e negativamente, in ogni momento di tale anonimia. Il valore innegabile perch la negazione Ia presenza negatiua del valore : il < singolo ) non abbisogna di assicurare se stesso fuod di s, ma non pu assurgere ad assicurazione di s senza < rivelare l il rimando al a valore > che egli cred,e di essere o di esaurire. Il < filosofare r autentico se non < originato r, e ci significa che esso I'awtenticit ctre accompagna il porsi dell'uomo nella sua
storia.

I'uomo nel suo bisogno e lo fa domanda in atto, domiuxliu aperta ma definitiva come tale, d'eterm,inata e non determina.bile indecrl.Jizztr

finitamente. Filosoficamente l'( uomo ) non aperto all'assunzione di ( valori > che 1o integrino (come si pretende da parte dei culturalismi sociologici), perch I'eventuale integrazione all'interno dell'< uomo > singolo che si attuerebbe ed nell'uomo autentico che si radicalizz,e-

rebbero quei valori. Il < fatto > che la filosofia risponda a se stessa (ponendosi come circolarit concreta) non significa che la filosofia si chiuda in una <r definitivit >, perch la risposta autentica che la fi.losofia d a se stessa che essa consapevolezza del bisogno fondamenta"le del Fond.amento, bisogno assoluto dell'Assoluto. (6)

2.

L'insignif,canza teoretica del, passaggio (preteso fi,Iosofi,co) trine fiIosofiche particol,ar aI fi.losofare in a.tto.

d,all,e

dot-

e le singole < dottrine > indicablle nel, fiIosofare e, quindi, non rapporto fra momenti estranei, ra <mezzi'tt e < fini >, quasi che le singole filosofie storiche possano valere come < sussidio r al filosofo : il filosofo che fosse veramente in grado di utilizzare come ( mezzi r quelle filosofie sarebbe gi pervenuto al ufi.ner: nella fi.losofi.a usare del mezzo r significa possedere il < fine r, perch iI < fine r l'autentica posizione del < mezzo r, la < circolarit r della fi.losofia significa appunto che ad essa non si perviene. (5) L'autenticit, del filosofare la sua < originariet >, ma questa si attnge, non la si postula, n la si < struttura r : attingerla significa < ritrovarla r al punto in cui si u > ; iI singolo non deve uscire da s per trovarla, n deve affermare se stesso come l'( originario r (che sarebbe un uscire d'altro tipo, un uscire surrettizio ed arido, senza il beneficio della < novit r del mondo). La filosofla , allora, risposta all'< uomo > solo nel senso che, nella consapevolezza che ogni altra attivit. solo infrafilosofica, essa radifil,osofare
<<

Il rapporto ra

La filosofia non pu rinunciare aTla tecnicct particolare che ne fa una disciplina fra le altre. Non pu farlo, perch essa sola ha la caratteristica di essere consapevolezza nel senso concreto (iI riferirsi al < tutto >). Dire che tutto il resto atteggiamento o situazione o struttura infrafilosof,ca significa dire, implicitamente, che la filosofia si pone con un suo < ambito )) e con un suo t metodo D. La determinazione di r ambito r e di rt metodo > , tuttavia, nella fi.Iosofi.a, l'intero filosofare e per questo, forse, si tentati di pensare che la filosofia abbisogni di una (concretezzar cui sarebbe estranea Ia < disciplinariet r delle filosofie accad.emiche. La fiiosofia , essenzialmente, aristocrq.zia in quanto ricerca in atto del valore, nella consapevolezza che i valori non possono non
esserci.

Lo stesso < dubbio >, in cui la filosofia moderna, meditando, ritrova la fllosofia classica del u problema >, aristocratico in quanto domanda, per attuarsi, iI distacco, la disponibilit" alla rinuncia. Ed ogni rinuncia , nella sua forza costringente e disciplinatoria, una ( limitazione > e, quindi, una eliminazione. Non <isolamento> (astrattezza), ma <limitazioner che consapevolezza che il < valore > va cercato come dovere : che si d,eue cercare quel valore che ci fa autentici, valore c}l.e nientifica, nella evenr5

r4

d.i un < sistema r fi.losofi.co sono la possibilita. di andare oltre ad esso e la consapevolezza del limite gi. il trovarsi < oltre r : non si tratta di cercare un'esperienza" compatibil,e cor. il sistema (8), n di riflutare esperienze che non siano compati,bil,i cor. esso, ma di rilerirsi sempre alla < totalit. r, erttro cui ogni < sistema r si pone ed entro cui esso limita se stesso nella consapevolezza di non essere

tuale posizione di confronto (la <vitar nelle sue varie ofierte), ogni scelta che pretenda di sostituirlo. La caratteristica della < concretezza > filosofica proprio questa impossibilit. di scegliere qualcosa in opposizione al < valore )) senza sostituirla, invece, a quel valore e senza intenzionare perci sempre e solo quel valore (7). La < concretezza > della filosofia non nella democraticit del suo discorrere piano, ma nella rigorosit. del suo provarsi a se stessa. L'aristotazia c};re qui intendiamo semplicemente la possibilit di questo <rigore>:l'atttazione piena della intentio d ci che si dice nel senso in cui si trova che non si pu non dirlo.

<

rianza della sua a situazione ), non la radicalit indubitabile del suo


valore
>.

Le dottrine filosofiche non sono ra sono la < situazione r e la filosofia la


<

firosofra, proprio perch

esse

situazione r.

"o.r.rp".,ro

zza del'loro

essere

3.

La

probl,ematic,t. d,eterminata o non probl,ematict.

I limiti

quella < totalit >. La filosofia come dottrina sempre w'attiuit, come proiezione della situazione umana a se stessa; nessuna dottrina, come intrinseco rapporto fra essa e 1'< attivit > che la formula, pu trascendere la sitwazione ; rrra, proprio per questo, nassuna dottrina pu, in quanto attivit, dirs l'atto concreto del fi,losofare. Attiuit situazione prolungata: essa non da equivocarsi con I'atto in cui il <fatto r lo stesso <farsir e, quindi, dialetticamente, non mai compiutamente se stesso. L'attivit, per quanto indefinita, sempre per qualcosa di gi concl,uso da cui si parte, da cui si procede (cos per le scienze, cos per la < vita r) ; I'atto, per quanto definito, sempre il porsi davanti a se stesso, il rinnovarsi nella consapevolezza c}:.e ci che < fatto r , invece, per esso, solo apparentemente < fatto r. Le d,iaerse dottrine troveranno il < fondamento r di se stesse nelI'attiuit umana, nonl'atto che il filosofare, perch questo <uno,r e non pu non essere ( uno ) : esso si pone, infatti, come consapevolezza della necessaria < unit r, della necessaria t totalitr r. L'uomo come ( problema a se stesso > (la posizione di Abbagnano) l'uomo che cerca, di fatto, se stesso nelle a dottrine r e che in esse si ritrova solo in quanto in esse egli si posto : ci che l'uomo ritrova di s nelle < filosofi.e r il 'passato' delle sue attivit, la testimo-

Se la < precariet. , pericoro costante der dissorvimento, ra problematicit, essendo fondamentale, indissolvibite e quindi fuoripericolo. Se la problematicit. non < contradd.ittoria r, essa non < pre_ caria n, perci essa d,eterminata e non ulteriormente determinabile : essa a6r ripresa costantemente, nel ritorno ad essa, non come ritorno a qwal,cosa che p.o andare perduto, ma come concreto ritornare cioe < atto >.

I6
r7

slcsso sensl la consapevolezza della problematicit, ma tale presenza (sempre la stessa) appunto per questo < irilevante n teoreticamente alle posizioni (epistemiche e tecniche) con le quali I'uomo cercando si dispiega. Dove la problematicitr non fosse enucleabile dalla situazione psicologica, essa vanificherebbe ogni < valore I nell'identit della < situazine, fondamentale e tutto sarebbe saltrianamente nientificantesi (e lo sarebbe contraddittoriamente). Ma I'enuncleazione autentica della < problematicit. ) nel rifiuto di questa conseguenza, rifi.uto dell'assurdo come consapevolezza che l,asiurd.o , piuttosto, ci che rifiuta se stesso, ci che non si pone. L'indetenninazione che accompagna ineuitabihnente la < decisione > umana ryeale proprio perch indeterminazione (essa sarebbe solo come ( determinata l, e la determinatezza dovrebbe coesistere con l'ind etermin azione, nonch fondarla). Anche nell'assunzione della <t decisione ) umana come costante e solo rt derermina<r rischio > del non essere, il rischio sarebbe semple bile > a partire dall'essere fuori rischio.

4. Le d'eci'sioni dell'worno come prolwngamenti

d,ella swa sitcmzionc,

commisurare l'indeterminatezza come un tt meno n di determinazioni (rispetto a ci che determinatamente sussiste nelI'intent'io), non come un'assoluta assenza di determinazioni' Il n meno ) di determinazioni la relazione in cui si struttura la ricerca che tendenza alla piena attuazione, non limite invalicabile aI di qu della pienezza. La ricerca si spiega solo come tendenza verso lit. della penezza' la penezza, non tale pienezza deriva dalla <pieL'impossibilit. ), ma ancora in quanto t< totalita >, q trezza. stessa in all'essere ed al non-essere ( irriducibile essa l e non <1, ma in senso di ci che infratotale. La pienezza < ) anche se non ( esiste ) (d.ove si vogiia usare di questa d.istinzione che rivela in actu exercittt la non < fattualit" I della pienezza) ' La natura d.ell'atto non I'esistenzialit come precariet, ma la pienezza che s cerca, a meno di non confondere 1'< atto > con l'u altivit. ), quale esercizio snl,le cose o prolungamento delle < situazioni r umane. II r< rischio t tl non del poter non essere ; esso non <r fondamento ), ma solo rr situazione ) e la situazione proprio iI bisogno del fondamento. ), Se la precariet situazione,la precariet non a < fondamento Ia situazione non I'< autentico n.

Si pu

soddisfazione.

pualunque < decisione > l'uomo prenda ed in qualsiasi direzione, egli non pu evitare di realizzarsi secondo ci che < > : la decisione una scelta all'interno di un ambito di < possibilit rr limitate e la cui precisione < data r dopo la scelta, non prima di essa. La decisione di volta in volta tutto I'uomo. ci significa che la distinzione fra scelte autentiche e scelte inautentiche in cui il rischio del vivere umano si attua all'interno di un <r iudecidibile > ed a questa consapevolezza perviene l'uomo, nella necessit. di filosofare. L'uomo non pu non decidere ; questa impossibilit.-necessit non n un , valore per il quale si decida, n < il r valore di ogni decisione. Di fronte alla necessit. di ( decidere )) per essere autenticamente, I'uomo scopre che Ia < decisione )) come tale non la sua autenticit : egli deve < decidere r di volta in volta perch il suo essere < oltre > la sua decisione. L'uomo, decidendo, semplicemente nella necessit di realizzarsi, non realizzazione di s. L'uomo non si realizza nella < possibilit, di decidere, ma decide in ogni caso, bene o male. La struttura umana rr decidersi, di volta in vorta, ma il valore non il decidersi, ch non ogni decisione autentica. La decisione costituisce la struttura umana solo in quanto I'uomo decidendo, continua ad essere, non in quanto egli decide. La d,ecisione accornpagn& l'xtolno, non lo <londa>. La consapevolezza di ci semplicemente ci di cui v' consapevorezza: non pu il < filosofare > rispondere alla domanda circa l'autentico essere dell'uomo (la filosofia la domanda consapevolizzata radicalmente). Sapere di avere bisogno Ia pienezza dell,aver bisog'o, non la
come soluzione,

L'equivoco di ogni intellettualismo prend.ere ra consapev olezza. la consapevolezza del problema come il < principio > della sua dissoluzione. rl possed,ersi che sapere il proprio bisogno sapere di non potersi veramente possedere: questa la radicalit problematica che l'esistenzialismo sfiora e non penetra. All'intellettualismo della < consapevolezza> rjsorvente si crede c1i
appello.

poter opporre il vitalismo della negativit del

( sapere

))

come

Ig

filosofia non comincia e non finisce, ch essa solo consapevolezza della necessit del <finer nella presenza dell'ente che non

La

La < profondit. r che l'uomo crede di trovare nel ripiegarsi e nel contemplarsi il rischio dell'equivoco nel pensare umano : se l'uomo in quanto < tende )), non in se stesso egli si trova, ma nel non trovarsi. L'uomo non pu darsi un < destino r che gi non l'abbia. Egli non pu rifi.utarsi, ma questa impossibilit appunto la situazione che lo accompagna, non il suo n destino r. Nel suo non trovarsi, l'uomo attua consapendo ci che ar,. anche se egli non sa di un sapere assoluto. Decidere di decidere non qualcosa che cambi la situazione : solo prendere pienamente coscienza di < decidere r. Se il mio essere < decidere r, questa gi la consapevolezza, noL ci che, nella mia decisione, mi < fonda r. Ci significa che la < possibilit ), senza di cui la decisione sarebbe impossibile solo l'impossibilit di non decidere : il circolo tale che non v' una n possibilit. r fond.ante, ma una necessit. come domanda (innegabile) di Fondamento. Non si decide per le possibilit, ma le possibilit sono nell,a decisione : non suoi < fini l, ma suoi <rnezz>t. Non v', perci, una possibilit. privilegiata rispetto alle altre, ch questa sarebbe, in quanto privilegiata, r< necessaria r. Rimanere nell'anonimo non scegliere di non decidere, n decidere qualcosa, solo non essere consapevoli pienamente. Non basta sapere il bisogno per non avere bisogno.

il

proprio fine.

5.

IL rapporto con L'essere un simil,e rapporto.

come consapeaol,ezza del,la impossibil'it.

d,

La finitud.ine che mi costituisce , in realt, il mio essere. Il mio ( essere ), , di volta in volta, tutto l'essere che io ( sono non tutto l'essere che io < posso ) essere.

)),

Il rapporto non fra non essere ed essere, n fra ssere non completo ed essere completo, ma il rapporto stesso essere. Io non sono in rapporto con L'essere, ma sono in rapporto con
l'< ente

tezza 'ideale ' derle finitudini, sarebbe una finitudine mortiplicata all'infinito, una ( finitudine r intrascendibile e niente pi. Non l'essere del < finito r, ma il < finito r nell,essere, dove l,essere <in>.non vuol significare I'r<inserirsi> in quarcosa altro, n il ritagliarsi dall'essere. Dell'essere si sa solo questo : che non lo si pu negare. filosofia (metafisica) ra consap evorezza i qo"i. innegabilit, consapevolezza che non deriva dari'aver constatato che Ie negazioni (varie) dell'essere sono corttraddittorie, ma che consapevolezza nel ridurre a contraddizione le negazioni (fittizie) dell,essere.

sario, sarebbe contrad.dizione, perch

dine sia necessaria. La necessit. deta < finitudine r sarebbe la non necessit. d.el neces-

Il mio non poter non divenire non il mio non poter non essere, perch, se divengo, posso non essere : ci signifi"" h" io, nella mia < finitudine ), non posso trascendere la finitudine; non che ra finituil
necessario sarebbe ra compiu_

rapportarsi. Ma il trascendere dell,essere < essere )), per questo non si va all'essere, n dall'essere sl ( esce )). La mia < finitudine , non un limite all,essere, quasi essere (par_ ziale) che mi appartenga : essa il mio appartenere al|essere, perch con il mio essere n esaurisco l,essere n lo potenzio. Il portarmi continuamente aI di l di ^.t"..o, ch questo il -" <.divenire r (un essere sempre oltre il proprio essere), nori riguarda l'essere e non cambia me: nn riguardr i'"ri"r", perch'anche landare oltre < >, non mi cambia, in quanto io non posso non andare oltre me stesso : non posso non divenire.

lo l)osso cssere sempre anche altro : io clivengo, io muto. L,r:sscrc non < situazione, puntuare, n rapporto fra situazioni (sarebbc solo situazione pi ampia). Il rapporto fra < situazioni r nella concrescenza che concre_ tamente < essere r che sempre mi < trascende r. Con l'essere non posso entrare in rapporto, perch il rapporto lo convertirebbe in n ente r per farne un termine cui ci si possa rap_ portare, moltiplicando al|infinito il rapporto come tentativo di

(gli altri)

nell,'essere.

L'essere non riducibile aI rapporto che


20

mi costituisce,

perch

La contraddizione, infatti, non ( , : non consapevole zza della contraddizione, ma negazione contraddittoria e consapevore zza dera, < fittiziet. r della negazione contraddit;oria (9). Non possibile, dunque, < possedere , liers"." : non possibilc
2r

cio sapere qualcosa d,el,l,'essere (si sa solo questo e questo consapevolezza del non sapere, del non possedere). La filosofia, ponendosi al limite, non pu dire nulla che non sia questo nulla del < dire r che la negativit in cui essa o >. Non si sa senza negare, questo significa che l'essere (il vero) non lo si possiede : se si abbisogna di negare il non-essere per dire l'essere, ci signif,ca che non l'essere si nega, ma la nostra pretesa di dirlo. Io non entro in possesso di me stesso, ma mi faccio consapevole dell'essere n finitudine > : io non sono una finitudine in rapporto con I'infrnilezza dell'essere, perch I'infrnitezza o la finitudine inglobano, negandolo, tutto intero questo preteso < rapporto r. La < scelta > non un rapporto con I'essere piuttosto che un altro : essa solo il protendersi della mia < finitudine r. Dell'essere non si pu dire che sia < possibile r, perch la possibilit (potest esse) < rapporto > e quindi sarebbe come dire rapporto con l'essere. L'essere fonda la possibilit., ma non possibile assistere a questa < fondazione )), non possibile < dedurla r idealisticamente, n ricostruirla : solo possibile non negarla. Dell'essere non posso dire che esso ( muove verso di me e mi fond.a ) : non lo posso d.ire perch sarebbe dire qualcosa del modo in cui esso mi fonda. Non posso dire che I'essere sia il fondamento della mia a finitudine r, ma solo che la mia < finitudine r non sarebbe se negassi l'essere : se l'essere non fosse o fosse < finitudine r. Il mio andare oltre il mio protendermi, atto che io sono, non atto che io muto. Non si passa da un momento ad un altro, se non dentro il < passare n che non ha momenti : al trascendimento appartiene, dice Heidegger (ro), anche ci a cui pervengo: non si trascende il trascendimento. il trascendere stesso che m d,I'<oltre>.

A rigore, non potrei dire mia finitudine, n mo essere : dovrei dire solo il mio non essere I'essere ; non v' coesistenza fra il valore e la tendenza ad esso (sarebbero sullo stesso piano, sarebbero od entrambi < valore r od entrambi < tend.enza ,) e non v' coesistenza fra la finitudine e l'essere : essi non sono sul medesimo piano, non si rapportano e < rapportarsi r ci che definisce concretamente la
<

dell'essere che essa non esattrisce e non fond,a.

Non la mia finitudine < definisce > l'essere, n l,essere si rapporta alla mia finitudine, ma la finitudine a definire se stessa in virt

, ltit s,lo il v.lrlrc rtcl rnirl .sscr() .tl i, rr.* tr Ir' r, vlrl,nr, lxrrr:lr sono protensione verso il valore. Se definissi l'essere in base alla finitudine (dicendolo trascenclente) assumerei la < finitudine ) come termine in rapporto a cui l'u essere ) si pone ; ma, s' visto, l'essere fuori rapporto.
<k't'rtti

io

coesistenzar,

iI

cww dell'insieme.

essere od

bilit degli altri : la funzione del trascendentale d,issoluersi come consapevolezza del srlo non essere fondamento, essendo la consapevolezza del bisogno di fondamento. La possibilit trascendentale solo la struttura trascendentale, che , a rigore, la struttura del, trascendentale ; il quale la funzione stessa d.el suo negarsi come ( fondamento r. rl trascendentale, ove esso non avesse la struttura dialettica del d'issolaentesi in se stesso nell'atto in cui si sa che med,iante il suo < essere , possibile sapere che non siamo l'< essere r, sarebbe un termine medio e mediatore all'infinito fra noi e l'essere : sarebbe un falso
Non

L'essere non trascende, perci, me stesso senza anche trascendere la strwttwra trascend,ental,e in ati solo posso pensarmi : la struttura trascendentale solo la consapevolezza del mio essere e della possi-

trascendentale tra me e l'essere, ma io che non sono l'< essere ) e so di non esserlo e lo so trascendentalmente, perch se lo negassi mi contraddirei.

il

un falso

ente.

6. La trascend,enza l,'<essere> d.al, pwnto d,i uista d, cki abbisogna


del fond,amento.
Se dell'essere non posso dire nulla, di esso non dir che t > trascendente: dir che, netrl'atto d,el, trascend,imento, l'essere non mi si riduce a momento del trascendimento: non un prima n un dopo. Non posso dire che esso ( sia r trascend.ente, perch il < trascen22

7. La possibil,it come < trascenilentale r


untIno.

non norrna

d,ell,,operare

La mancante possibilit di coesistenza rra il trascendentale e il trascendente la consapevolezza stessa del suo non potersi formulare come < termine ) verso ct;i indiizzare I'intentio dell'azione.
23

su di un piano < d.iverso n e superiore r, alle < finitudini r : esso costituisce questo rispetto enti rispetto agli piano con il suo essere; ci significa che esso pone quel piano con la semplice necessit di trascendere iI piano degli enti. Pi precisamente diremo che il trascendentale solo Ia necessit di < trascendere > iI piano d.egli enti. Ma, poich gli < enti )) sono pensabili per iI trascendentale, diciamo anche che Ia posizione stessa del piano degli enti < I il trascendimento degli enti: non si usa di un'operazione sopra gli enti, non si assumono gli enti per d,opo trascenderli, ma Ia stessa assunzione in atto iI trascendentale. Se il rapporto si instaura fra gli < enti ), rapporto degli enti fra loro, non rapporto con I'essere, l'essere non il d,oaer essere (la norma) degli enti : esso non si u intenziona D senza decadere al livello d.i colui che < intenziona ) : I'uomo, nella sua autenticit, non abbisogna di andare in cerca di norme a livelli superiori, la sua autenticit2r solo il tivello in cui egli < ) : questo il livello d.ell'< andare oltre > che non pu venire, a sua volta, trasceso (trascenderlo sarebbe negarlo). La norma non al di l dell'uomo se non nel senso a empirico >, cio inuatentico, dell'uomo che non ( uomo )' L'operazione di chi (Pone> la norma al' di l,. dell'uomo operazione che equivale a quella di chi pone Ia nona nel,l"tomo (quasi l,uomo fosse arbitro d.elle proprie none e, quindi, giudice assoluto di s) : se iI a dover essere > fosse < oltre ) l'uomo nell,o stesso senso in cui l'uomo < oltre > gli altri, l'uomo sarebbe senza il suo < dover essere > o quel < dover essere > potrebbe anche non essere. La normatiait l,'<rwovno, nel,l,a swa autenticil'.' ci significa che essa ( oltre D l'uomo nella sua inautenticit, < oltre l il suo essere solo apparente, oltre il suo non essere. Ma l'uomo ( scopre l la norma, nel momento in cui scop e di non essere norrna a se stesso : il suo non essere l'< essere l , nella consapevolezza cl;re < filosofia r, il suo non essere norma sui.

Il

trascendentale non
a

sione fra l'uomo singolo e gli uomini (coesistenza) non rappor-to che trascende l'uomo singolo : l'uomo , essenzialmente, in questa connessione : l'uomo J questa connessione ; ci che si dice di tui si dice di questa connessione. Fuori di questa < connessione r I'uomo sarebbe solo I'empirico, il non autentico. Non si tratta di instaurare la connessione come autentico rt fine > dell'uomo : essa solo iI porsi dell'uomo. a partire d.a questa connessione (consaputa filosoficamente) che possibile andare verso il valore. La connessione non il valore dell'uomo, perch fuori della connessione l'uomo non ( > : I'uomo ente nel mondo solo nel senso che il < mondo r questo suo essere connesso agli altri : non nel, mondo, ma solo < mondo >. Quanto si dice dell'uomo si dice del rr mondo r che altra parola, pir comprensiva, per dire ( uomo > nella interezza dei suoi rapporti : rapporti che non si instaurano dall'uomo agli enti ed. agli altri uorrrini nel, mondo, ma che esaurisce tutto l'essere < mondo > che l'uomo. II mondo non si definisce in rapporto all'uomo (culturalismo), n, viceversa, l'uomo per il (suo) mondo (naturalismo) : mondo, nella intarezza teoretica delle sue implicazioni l'n esperienza > cui sempre rimanda ogni cosa esperita, sofierta, goduta : la totalit. sempre l'< oltre r per il quale il < mondo > sempre posto, mai < definitivarnente > posto.

8. Il, < Mond,o \t corne l,a sempl,ice protensione


ucrso

orizzontal'e d'ell'womo

gli

enti.
<

Poich la
gsScnclo

struttura

trascendentale non ha carattere normativo,

la

COnsapeVOlezza SteSSa

del non eSSeIe ( nolma >, la Connes-

La totalit. entro cwi I'uomo u > non la totalit autentica, perch l'uomo pu essere rr entro > qualcosa solo empiricamente, inautenticamente. Dove esso per iI valore, esso per il douey essere e questo non cil in cwi ci si pone, ma ci cke ci pone. II n mondo ) non la totalit. cui l'uomo fa ( parte D, proprio perch la totalit. non ha parti. Ogni < parte >, infatti, sarebbe definita come tale e quindi da un canto < trascesa r (non sarebbe parte), dall'altro ( conclusa > (sarebbe, contraddittoriamente, tutto) (rr). Non si < parte > d,el mondo senza farsi < mondo r nel mondo. Dirsi < mondo r nel mondo significa moltiplicare il < mondo ) come termine repetibile (nella identica posizione ; la parte sarebbe, in quanto tale, solo < parte r e la relazione fra i < mondi > sarebbe la moltiplicazione dei mondi, non sarebbe mai < relazione r). La coinonia fra le idee platoniche, nella sua problematica tarda, si ripropone ogni volta che si < definisce > la conclusivit., ancke per
25

2.(

u,lxq. uol,te

sola: r'on si pu dire < mondo ) senza trascenderlo, seruza proiettarlo oltre se stesso o senza vanamente moltiplicarlo. La < natura r d.el mondo , allora, fuori conclusivit, la stessa posizione d,ell'< uomo r : l'esteriorit. deli'uomo all'uomo dimensione inframondana, tant' vero che essa percezione ed la consapevolezza del singolo che la trova in s come a percezione r. Il ricorso alla < corporeit > ricorso vano, perch esso awiene, strutturalmente, entro la consapevolezza in cui il singolo < sa r di essere singolo e di essere un corpo: la percezione non , allora, d,ei corpi se non in quanto i corpi sono per la percezione. Esce dalla considerazione < filosofica r la percezione come limite di conoscibilita (empirismo e problematica connessa) ed, allo stesso titolo di ' irrilevanza', esce dalla considerazione fi.losofi.ca la questione della percezione come 'attestazione' del corpo: corpo e percezione rientrano nella consapevolezza di essi, non aggiungono, n tolgono valore. La corporeit non svalutata per il fatto che non la si prende in considerazione: essa, qualunque cosa sia e comunque sia, consaputa ; nella consapevolezza essa < n tutto ci che per la consapevolezza t r : non la si rid.uce a prod.otto del pensiero, n la si pone come ostacolo al pensiero. La contrapposizione cartesiana, del resto, era fittizia: non la corporeit. contrapposta aI pensiero, ma il pensiero (idea) della corporeit era trovato nel, pensiero. Il ritorno alla < corporeit r (come alla sua vaga forma primordia< ctonicit r) (rz) solo la riduzione del pensiero al a pensato >, la le, fino a dimenticare l'atto per il quale il pensato (qualunque cosa esso sia) appunto < pensato r, appunto considerabile. Il sofisma d,el, rispettiuo opera in ogni presa di posizione in favore di un r< aspetto r del reale in sede filosofica : la rr filosofia > non pu ricevere indicazioni dalle scienze, n dalle sensibilizzazioni culturali che si succedono come < funzioni r d.el a mond.o n che l'uomo scopre.

La < funzione , della parte , strutturalmente, rendere < Partc , : non si pu dire che la connessione fra l'uomo e gli enti si manifesti nel' mor,.do, senza sottointendere che il ( mondo , (connessione dei singoli) si manifesta nel singolo nella < forma > del suo non essere mero singolo. Chi ha consapevolezza (aniversalit.) del mondo ancora il singolo : non possibile riferirsi a ci di cui egli consapevore per chiarire la portata della sua consapevolezza. Il bisogno delle cose (corpo) solo la protensione orizzontale derl'uomo verso gli < enti , : , teoreticamente, tutto all,interno della assunzione dell'uomo nella sua interezza esistenziale. Le utllizzazioni che l'uomo compie sono, infatti, atteggiamenti epistemci e tecnici e, cluindi, int'rafil,osofi,ci (pug. rz) (r3).

9.

Possibilit e positiu,ilA.

si dice come ( possibile , di esso : la r< possibilit" > indica strutturalmente un < riferirsi > che alterit ; ci che n pu, essere <r qualcosa di diverso da ci che di esso si dice che npuo
essere e ci che
essere.

Il

<

poter

essere

r strutturalmente ci di cui si dice che < pu l

fl < mondo )) scoperta progressiva dell'uomo , owiamente, estraneo all'uomo (l'uomo ne sa solo parzialmente, appunto lo a scopre r), ma non questo il < mondo > per il quale l'uomo < r se stesso. L'unico < pensiero > che non pu trascurare la < corporeit D senza scapitarne la scienza del corpo: ed una tautologia dire questo, ma non resta che la tautologia se si vuole evitare l'assurdo di una filosofia (la totalit come consapevolezza della sua necessit) che si pone in funzione di una (sua) parte.
26

Nell'assunzione del < poter essere )) come poter esserci di qualcosa, riferimento del areale>, nella sua non attualit al <reale > come piena attualit : il potest esse espressione d.ella relazionale posizione dell'u unitr > non attuata e tuttavia concepibile senza ( attuazione , (non contraddittorio che si dica che qualcosa < pu )) essere ma non <r). ci che contraddittorio impossibile (non n , contrad.dittorio, ma contraddittoriamente assunto) : in esso i due termini della struttura sono assunti in modo tale che l'uno escluda l,altro, in quanto uno non sussiste se non in a sostituzione > dell'altro (incompatibilit"

il

logica).

questo senso si pu dire che il < positivo )) come ci che u po(reale come tale) non il < possibile r ; la sua possibilit., infatti, sarebbe determinabile solo dopo la constatazione deila posisto

una . possibilit. r assoluta sarebbe una ( possibilit" r che non pu realizzarsi, non sarebbe < possibilit u, ma o a realt. ) non ulteriormente realizzabile o < nulla r.
In

27

il <perchrindica la ( possibilit >)l'intrinseca non ragione del d,ire la sua possibilit, Si prende comunemente il t positivo ) come ci che asserito a ragione e che, infatti, renderebbe < negativa ), non vera, la sua eventuale < negazione I (anche una negazione potrebbe essere < positiva r : la negazione del falso). Perci di <positivon si dice e che <n e che ttvaler, che <vale> perch < r : nella < positivitr ) si presume che la ragione di qualcosa sia il a fatto r che essa < >. Ci significa che, nel caso del non essere necessariamente da parte di ci che < r, il fatto che sia non pregiudica, con la ragione che il < fatto r, quella ragione fondante il < fatto > che non il < fatto rr. Se qualcosa u r, non per questo pu dirsi che non possa non essere (Ia ratio di ci che < n in esso in quanto domandata in rag'ione swq,, come sufi'ciens a rendere ragione di esso). Il' passaggio d,al'l"resserci> d,i qual,cosa al,I'a sw& (ra'gionett non una r<uscita> dall'esserci, ma u,na penetrazione cke lo cogl"ia nel,la swa < intimit >. Non si trascende, se per trascendere si intende ( superare ) e' quindi, <obliare): non nell'<ulteriore> rispetto alla <cosar (alla sua u positivit >) che si trova la (sua) ragione. Se la < ragione > d.ella cosa (del suo < porsi >) fosse < altra l rispetto aIIa cosa, cercare Ia ragione della cosa sarebbe < moltiplicare )) all,infinito la cosa : l'insegnamento platonico che Aristotele :ulilrzza contro il tardo o non capito Platone indica I'impossibilit. duplice e di < trascendere r e di negare il trascendimento. Non si determina la < possibilit > se non in base al < fatto rr, ma sufr,ciente del fatto il rimando alla sua < possibipenetrazone Ia lit > : se non fosse < possibile )), non sarebbe. La < possibilit" n, affermata in base alla < positivit r, rimanda alla < necessit r. Originariamente, iI positus il positus ab alio (l'en ab alio degli Scolastici , etimologicamente, 1l positiaws) ma I'< altro l necessq,r'io al positws e quindi a altro > rispetto ad esso solo in <t ragione > del positus: all'interno del positws che si cogiie 1'< alterit ) di ci che giustifica (che fonda) il suo essere positcts. La < possibilit r del positus il suo essere ab q'l,io : la sua < possibilit. rr una cosa sola con il suo ( essere ). tivit:
dico che <pu> essere perch <> (dove
28

Diciamo < intelligibilita > della cosa la < possibilit r che il suo ( essere ). E ci troviamo allora nella necessit di chiarire che della < possibilit. r si danno fondamentalmente d.ue accezioni : r) ci che ( pu, essere, ma non u> (non ci che upu,, tuttavia r>, ch di esso si dice) ; 2) l'uintelligibitit.rr stessa di ci che I (o che <pur essere). La prima accezione non si porle acca.nto alla seconda, ma all'interno di essa: l'intelligibilit. sempre detta, non sempre si dice la < possibilit r. L'intelligibilit. tutto l'essere della cosa ; la < possibilita > della cosa la struttura relazionale di ci che , in s, intelligibilmente distinto : distinto in s rispetto al suo < esserci r efiettivo ci che diviene. puesta distinzione perci il < riferirsi r del < possibile r alla sua < realizzazioner. Ne segue che la <realizzazione r perfezione dell'essenza solo se l'essenza tale da non essere necessariamente tc reale r : ci che necessariamente <r necessariamente non si <realizzar, il suo <essere )) non perleziona l'essenza, rna la sua essenza. puando Leibniz dice che < ciascun possibil'e ha diritto di pretendere all'esisfenza n proporzione della perfezione che implica , (Monad., 54), assume la perfezione come <limitabiler da questa varia proporzione e quindi relativa a questa. In questo senso, dove non sia possibile parlare di < rapporto r (il caso dell'Assoluto), non sar possibile parlare di < perfezione > ilell,'essenza. quanto dovrebbe bastare perch si eviti di parlare di Dio come dell'Essere massimamente perfetto : di Dio non si pu < dire r ci che < r, ma ci che non . Ogni preteso discorso su Dio suppone, logicamente, che l'< esistenza r (l'esserci, nel senso comune) inerisca analiticamente, quasi predicato, a quel a soggetto r dalla posizione del quale sarebbe a deducibile r. Ogni discorso srz Dio suppone, insomma, in qualche misura un < ontologismo > originario, un < diretto )) possesso dell'idea di Dio. Ma l'innegabilit del Trascendente non l'affermazione da cui si parte (o che si suppone), ma il risultato dialettico (metafisico) della sua ipotetica (tentata) negazione. In questo seqso, diciamo che di Dio non si dice che < ) se non in quanto si nega di poter dire che non .

29

ro. Lu cou,sid,crq,ziou,c

d,cllc mod,a.Iit d,'cssere fond'amento cotr,stala,zionc d,el d,iaerso n'tod,o d' essere lond'ato.

in

base alla

Sc si considerano Ie diverse modalit. d'essere fondamento, si pu rlire < fondator ci che, in qualche modo, si riconduce all'Incondizionato (al non-poter-non del Necessario che appunto t >, e che si d,ice che < > in quanto non si pu dire che non sia). L'Incondizionato cos giustificantesi nella sua stessa presenzialit: Ia rrrealt> di ci che <condizionator domanda necessqria dell'Incondizionato. Dell'Incondizionato si sa solo che non condizionato, ma lo si sa in quanto il pleteso condizionamento di esso comporterebbe o la negazione del condizionato (negazione della domanda necessaria) o la riproposizione all'infinito della domanda. Non si dispone originariamente dell'Incondizionato, n del condizionato, ma della impossibilit duplice di negarli entrambi o di < dire , l'uno senza anche dire l'altro. L'< evidenza > della necessit" dell'Incondizonato i l'impossibilit che sia evidente la sua negazione. Ci significa che l'onere di ( provare ) grava su chi nega l'Incondizionato, non su chi 1o afferma (perch chi lo afferma lo afferma giustificatamente solo in quanto ha tentato di negarlo). In altre parole, I'afiermazione di Dio in, se slessa < dimostrazione >, non nel senso che essa sia iI presumersi di un't idea r aprioristica, ma nel senso che essa consapevolezza dell'inwtilit (meglio, swperflrcit) di un plocedimento dimostrativo per giungere all'affermazione di Dio a partire dall'afiermazione di ci che non Dio : essa sarebbe una dimostrazione u'Iteriore rispetto a quella che costituisce la nostra a.fiermazione. Se di Dio si sa ci che Esso non , il nostro sapere di Dio il nostro non sapere. Il nostro ( sapere di non sapere > , in se stesso, l'attestazione delI'esserci di Dio. La radicalit in cui ci si pone per dire < necessit r del fondamento non consente se non quel modo d'essere fondamento che corrisponde a quel modo di essere < fondato r che ingloba in s tutti gli altri modi, rilevandone I'infondatezza in se stessi. Il porsi nella < radicalit > della domanda domandare la risposta
irssoluta.

condizionamento ) e non si pone in sostituzionc di csso n in opllosizione ad esso (se si ponesse in sostituzione sarebbe Incondizionato, se si ponesse in opposizione sarebbe condizionato negativamente : riproporrebbe sempre in questione il < condizionato r).
<

rr. II

discorso rigoroso

in

base alla posizione rad,icale.


<

negata, ricompare : il limite come incontraddittoriet.. La posizione radicale cos semplicemente la rr poszione >, iL porsi per il quale non conta che si prenda in considerazione questa cosa piuttosto che quella, ch esso < implicato r da qualsiasi cosa nello

La posizione che diciamo radicale od

estrema

r quella

che,

Ogni altro
3o

<

condizionamento > interno a questo tipo estremo di

non la riduzione delle cose ad una cosa sola (monismo, eleatismo), ma l'impossibilit che la loro molteplicit" (alterit, differenza) neghi l'essere in virt di cui esse, comunque, sono. Il discorso < rigoroso > che la posizione radicale consente ancola quello eleatico ma come igorizzazione del suo ( senso rr originario. Se < trascendere r non a superare ), uscire, dobbiamo poter dire che il < trascendere > si attua nel suo non negarsi : restando dove si che si passa alla radicale consapevolezza di ci che si rr r (della propria finitudine, del proprio non sapere e, quindi, del Sapere che ci trascende, dell'essere che non siamo). puesto pervenire alla consapeyolezza restando dove si potremmo dire, ttilizzando un'espressione cala ad Husserl, <meditazioner, (cfr. I'esame da noi tentato dell'uso di tale parola in Il, concetto d,i < med,tazione> e La teoresi del fond,atnento). Diciamo che la posizione eleatica non posizione dell'essere come intrascendibile se non intrascendibile anche come a posizione r : il pensiero che < ) essere e che da se stesso non esce, ch lo stesso tentativo di uscire sarebbe < pensiero r. Se ci vero, ogni filosofia posteleatica ancora eleatismo ed ogni tentativo di emergere sull'essere eleatico si risolve in articolazione degli enti nell'essere eleatico. Si potuto pretendere di superare I'eleatismo perch si preteso di intendere l'essere come ( ente r e si fatto decadere, quindi, iI tt concreto r ad astratto, l'u universale r a particolare (ed a particolare di se stesso, cio a contraddittorio). Ma se l'essere di Parmenide era intrascendibile, esso non poteva

stesso senso. Lo stesso senso

3t

venire assolutizzato : ridurre l'essere ad r ente r appunto < assolutizzarlo )), ma non possibile considerare l'essere come ( ente r senza anche trascenderlo e quindi negarlo come intrascendibile. Poich la negazione ha senso solo in rapporto all'essere, essa non trascende propriamente l'essere ; cos, Ia stessa negazione, ove si dica come tale, restituisce l'Essere di cui si professa negazione e lo restituisce nella sua innegabile < positivit r (in quanto < r). Ci significa che ogni ricerca sull'essere si risolve nell'essere di cui ricerca e si nega come < ricerca r : l'essere fuori ricerca ed questa la presenza totale dell'essere in ogni suo momento e, perci, la dissoluzione della sua ( momentaneit. r. Ci non significa negazione del < finito r, del a molteplice r, del < temporaneo > perch, ove il finito, il molteplice, il temporaneo vengano negati, I'essere in virt di cui si pretende quella negazione decade, a sua volta a finito, molteplice, temporaneo con la conseguente circolaritr che 1a restituzione d.el < positivo rr da parte della ( sua)
negazione.

Ma se l'essere eleatico fosse negazione, non sarebbe intrascendibile ed inoggettivabile, perch la negazione non si contraddice solo se negazione d'altro da s e I'essere eleatico non ha propriamente < altro > da s, ch sarebbe, per sua definizione, altro a se stesso. L'altro da s appunto 1'< astratto,, ci che non se stesso e non solo <separator da <altror, ma <altror in quanto da s

in

separato. Se I'essere potesse venire trasceso (astrazione), esso sarebbe


s da s separato.

s,

dall'r< astrazione r che separazione del s da consapevolezza dell'essere eleatico ra restituzione del s a s, I'onr,nium restitutio che , precisamente, la filosofi.a.

Allora, partendo

la

12. La radical,it corne < integralit

>.

Poich almeno la negazione del divenire < divenire

r, il divenire

innegabile e, poich esso non potrebbe essere < divenire> fuori dell'essere, esso non divenire d,ell,'essere, ma d,el,l'ente nell'essere indiveniente.

il

La pretesa d.i negare il divenire in base all'essere pretesa che divenire sa d,el,l,'essere e, quindi, che l'essere sia trasceso come

diveniente ci che esso non . La negazione del divenire, perci, non proveniva dalla impossibilit di trascendere l'essere (come l'eleatismo < storico r pretendeva), ma dal preteso implicito trascendjmento dell'essere come < termine > del divenire. Perci l'essere (che non nega i molti) non Unicit e quindi non numerabile. La matematizzazione dell'essere (implicita nella univocazione) , in effetti, la ripetizione dell'unico nelle forme equivalenti della moltiplicazione e della divisione del medesimo, del medesimo che, moltiplicato o diviso per se stesso, resta quello che . L'essere eleatico, purch non ( univoco r, si pone nelf impossibiIit. di ridursi a considerazioni matematiche r. Esso potuto sembrare < astratto >, < assoluto >, irraportabile, inarticolato, inerte, solo perch si preteso contraddittoriamente di trascend.erlo nel' ililo intrascendibile : ogni distinzione, cadendo in esso, non si nega se esso non negazione e, del resto, anche negand.osi come distinzione, si affermerebbe come < distinzione negata r e restituirebbe dialetticamente la propria rc posizione r.
<<

stessa.

tienza ( pura )). rndichiamo con una serie di equazioni gri estremi del nostro discorso. Teoretico il concreto, cio l'integrale. Assolutamente integrale diciamo l'esperienza antecedentemente ad ogni limitazione (l'esperienza originariamente unitaria e tale da non escludere alcuna distinzione). Diciamo che l'esperienza integrale < intrascend.ibile , perch essa non < ha r propriamente < timiti ,, essendo limite a se

Intendiamo per < integralit. r il carattere della filosofra come restitutio dialetticamente attuata : integrale , essenzialmente, l,espe-

A questo punto,

essendoci posti ar

limite, notiamo che il caso deila

Questa dicotomia gi operante

in Kant : la

metafisica come
33

32

l-,

< illusione naturale r e la filosofia trascendentale dei limiti entro quali la filosofia non sarebbe il,l,usione. Si pu dire che la radice dell'esito agnostico in flosofia sia questo sdoppiamento abnorme del filosofare in due divergenti necessita.: quella d,a rifiutare e quella d,a accettare, con il problema connesso del rapporto fra i due momenti, rapporto nel quale il dialettismo (Attualismo) vede l'autentica co\ctetezzaMa dove si considerino la <realtr del rapporto a la realt. dei suoi termini, la necessit d,a rfiwta.re come ( illusoria > (l'astratto) sarebbe necessariamente ila accettarsi come tale e non vi sarebbe rifiuto e accettazione, ma <accettazione r e del rifiuto e dell'accett azone.

posto, dwnqwe, con tra stessa nze, negazione che , concred,el,

loro K senso )r.

Se la consapevolezza lutta nella < illusoriet r consaputa, la consapevolezza , a sua volta, illusoria e lo illusoriamente : la posizione del negativo come momento del farsi positivo posizione del negativo

fica comincia quando si assume I esigenza r. L'esigenza non che di vista di colui che postula, < Postulare > la filosofia e essa sia (il r criticismo > vir gere > la fllosofia equivale a chie L'esigenza rriene colta come t e ci si rivorge a qualcosa n altro > soro
<

bisogno.

in quanto di

<

altro

r si ha

all'infinito.

13. L'autonomia d,etr fil,osofa.re


<

come impossibil,it d,i wn'esperienza

filosofica

>.

senza aggettivazioni esplicative o aggiuntive. Si potrebbe dire, paradossalmente, che l'esperienza autenticacamente flosofi.ca che non vi pu essere < esperienza fi.losofica r. Alla corretta interpretazione di questo paradosso si deve la dissoluzione delle pretese di una qualche fiiosofia dell'r impossibile r filo-

un punto capitale del nostro discorso : d.alla possibilit. o no di un'esperierrza <( filosofica r dipende la nozione stessa di trascendentale e, quindi, di < integrale r a proposito di rr esperienza r. Comunemente si parla di < esperienza filosofi.ca r e ci si riferisce owiamente al < mondo r proprio del filosofante (ambito e metodo). Ma la caratteristica di questo < mond.o r fi.losofi.co , in ogni caso, quella d'essere tr totalit r. Totalit dell'esperienza I'esperie\za

L'altro nel'esigenzialismo fondato dat,esigenza, non viceversa; > : in tanto ro si pu esigere autenticamente in quanto esso a altro,, di modo che t,esigenz" ion < fonda_ d;;;; mento D ma processo, se mai, di fondazione neta consapevole zza taggiunta della necessit. del to.ra"*".rto. a, ma viceversa, se mai la filo_ a di esigenza.
cio non < fondato

sofia: non v' < esperienza filosofi.ca r nello stesso senso in cui vi sono esperienze non filosofi.che. In questo senso corretto dire che una <r filosofi.a r al livello della < scienza r impossibile : lo scientismo ha ragione di tutte le filosofie che vi si collocano; ma questa stessa negazione innegabile solo come posizione di un senso diverso da quello delle < altre > esperienze : un senso per il quale nessuna esperienza sia propriamente < altra > rispetto ad esso, essendo < altra r solo rispetto alle esperienze nel proprio senso.
34

mento che non sia il filosofare. Non diciarno che filosofare ra soluzione deta domanda radicale, ma soltanto che 'esso la radicalit. det d.omand.are.

r.4. L'<unitariet> del d,scorso fiIosofi,co.


L'attivit", comunque bisognosa di ulteriori integrazioni, , nel suo stesso bisogno, essenziarmente integrale ed unita"ria- Inegrauta
35

e unitarieta sono appunto ci entro cwi qualsiasi integrazione pu porsi : integrabilit. ed unitarietr, pertanto, non sono integrabili n
unificabili, non precedono n seguono l'integrazione o l'unifi,cazio\e,
sono nell,'integrazione e nel,l,'anificazlone comewnit daesse <implicatar. L'impossibilit che la filosofia sia < evasione )) o stato di < oblio > (come dice bene M. F. Sciacca) ci sembra radicata nella impossibilit"

Il fatto che dall'a io r non dato uscire non da considerarsi fatto fondante pi di quanto non sia fondante il tentativo vano di uscire (l'illusione cartesiana, spesso ricorrente in firosofia, ci sembra consistere essenziarmente in questo interpretare come ( fondamento r ci che solo wa ,impreteribite sitwazione). r5.
L'<intimit, ontol,ogicaD
co,,ne ckiarimento

stessa

di considerare

l'esperienza filosofica come wna fua

le

altre

esperienze, sia pure come l'esperienza fondante le altre tutte. Alla filosofia non si ricorre come ad un < rifugio > o ad una < soluzione n di problemi psicologicamente complessi; proprio perch

riot,it. oggettiua t.

interno d,i un,tLinte_

qualcosa o cercare in qualcosa rilugio comporta che ci si appelli appunto ad esso come alla < soluzione > intrawista e sperata dei propri problemi. Chi cerca < rifugio r nella filosofia suppone che la filosofia sia proprio ci che essa non pu essere : soddisfazione e definitivit. Di qui obl,iarsi

in

L'interiorit. (megrio, l'< intimit. >) del vero ala coscienza, scoprendosi come ( essere )), non annienta il mio essere < coscienza >.

la stretta parentela fra ogni sorta di misticismo ed il monismo conclusivo e risolutorio : comunque si prospetti l'( unit. n intenzional-

mente risolutoria d.ella problematicitr, essa non pu non venire intesa come improllematica problematica e improblematizzante (unit. che inibisce la problematicit, sovrapponendosi alla insoddisfazione radicale). < Peccato > potrebbe dirsi questo decadimento sempre rischiato che stanchezza di filosofare autenticamente e perci ricerca inautentica dell'< oblio r e del < riposo >.

tale ( valido) solo se comincio dall,< intimit. r stessa dell,io, dal_ l'< essere r che il solo intus di ogni determinazione possibile. L,< intimitr teoreticamente il cominciamento vero perch l,essere
dell'< intws
>.

Anche cominciando dall'< io

>,

stesso
>

consolatoria d.ella filosofia tuttavia, autentica perch ( sapere r che nulla di ci che si esperisce pu soddisfare radicalmente gi, per se stesso, affrancamento dell'illusione, illusione che alimento segreto della vana ricerca e dell'ansia che psicologicamente

La funzione

Preferiamo parlare di < intimit r piuttosto che perch la forma comparativa der'ntivior indica
<

di < interiorit

un identico rivello ma l,< essere r (il < vero >) non


esperiti >) : l,essere non pro_

vi deriva. chiarimento di me a me stesso non < compito r che io possa propormi, ma attuazione che risolve in s il filosofare, chiarendo il mio essere ame stesso come tfilosofanter. In realta, se il chiarimento di s fosse da proporsi come ( compito r del filosofare, io dovrei d.are preliminarmente al mio < io r un'importanza, un rilievo che niente pu validamente garantirmi, ch, in ogni caso, sarei sempre < io > a tentare il convalidamento. Se vero che m' inutile cercare l'< oblio r perch sarei ancora io ad obliarmi, anche vero che non posso pormi aal,id,amente, inconfutabilmente, aI centro del a mondo r perch, anche nell'atto di garantire questa mia centratt, sarei circolarmente, diallellicamente, io a garantirmi.

Il

d,el

al di l. di ogni possibile ( con_ osa (per cui il dire che esso < al un dire empirico). Anche a prescindere dana genesi psicorogica di termini < soggetto rr, tc oggetto ,, < interiore >, < esteriore r, possiamo dire che l,< interiori essere ed. il vero solo a patto di non contrap_ porsi iorit. r e ad. alcuna < soggettivit r : 1,< inti_ mit > vero precisamente col,ta nel,l,a impossibil,it

lor

La

alcunck,

senso che l'< io r, assunto fuori dell,essere, come < funzione ,, < atti_ vit. r, a posizione ), ( superamento ,, < atto puro ,, nulla. Non si pone l'essere, n l'essere pone se stesso, *r si scopre radicalmente posti dall'essere, "i
37

consapevolezza dell'< essere

r mi annienta

come

<

io > solo nel

36

Chiariamo in che senso non ci sembra esatto dire che l'essere st pone da solo, si pone d,a sChe I'essere si ponga da s ha senso solo in quanto si intenda che l'essere < posizione r e si chiarisca la < posizione )) come ( presenza D. Il nulla non anmrlla l'essere perch r annullato r dall'essere, falsifi.cato d.all'essere. Quando si dice che l'< immaginazione r del nulla possibile solo come rapporto con I'essere (la critica famosa del Bergson), si deve intendere, a rigore, che il nulla < annullamento r, esso ( r per l'atto che rende falso il non-vero. Non si pu dire < rapporto all'essere >, perch anche il rapporto ( D, l'(immaginazione r del nulla <i r, m il suo essere ( D il nulla. Il caso dell'immaginazione d.el nulla ripropone in esame la possibilit di dire il nulla: non possibile immaginare il nulla, sarebbe nonimmaginare. Il nulla che si immagina , piuttosto, il nulla stesso dell'< immagrne ). Dire il nulla non-dire. Allora osserviamo anche che l'n essere r presenza, ma che si rivela ( presenza > perch < ind.educibile >, ch la sua deduzione sarebbe assurda : diciamo, cos, che l'essere come ( presenza > i tutto nella necessit di negare I'essere come deducibitit o dimostrativit. Perdere il < senso r dell'essere ci sembra sia una cosa sola con il decadere al livello delle < cose ), senza il senso stesso delle cose (che l'aessere), senso degli <essentir). Lo Sciacca dice a ragione che l'essere non < qualcosa di dimenticato o smarito > (e questa osservazione dello Sciacca potrebbe indicare una via alla critica della Destrwktion heideggeriana, come rigorizzazione della stessa posizione di Sein wnd, Zeit che Heidegger non sembra aver compiuto). tuttavia vero che si parla correttamente dell'essere nel rischio continuo di parlarne scorrettamente (parlare scorrettamente dell'essere smarrirne il < senso r). fl senso in cui I'essere < presenza r quello stesso per il quale noi ci troviamo nel,l,'essere. In quanto possiamo illuderci di < oggettivare r I'essere, siamo nella situazione impreteribile della problematicit; in quanto non ci possibile negare I'essere nell'atto stesso in cui diciamo che l'essere non pu venire < detto >, siamo nella radicalit della Metafisica come originarietr stessa del problematizzare, originariet. fuori problema, originariet che < > metafisica per potersi dire fond,amento della Metafisica.
38

T6.

<<

Presenza >t e

<

primalit

n.

ci che si presenta ed il presentarsi, caso in cui la nega'ell'unico zione della medesimezza fra < presentarsi , ed < essere ,r involve cn_ traddizione. Il caso dell'essere unico : il caso in cui si pu dire che ci che si presenta il presentarsi come tale, perch negare questa identit sarebbe negare la possibilit stessa del < presentarsi r, presentarsi di_ velto dall'essere, presentarsi del nulla, presentarsi nu[,

l'< essere > che

la Metafisica. Dire e trotr dire sono

il

discorso sul-

i la stessa soppressione ipotetica questa insopprimibilit. non nibile e si dice col porsi del senza difierenze. Allora l'< ess
mibile, perch

L'opposizione

fra

<

soggetto >

ed a oggetto ,r dunque insoppria domandarra. Ma sssere D inopposi dell,< oggetto >, come la < sintesi

primitiva r in cui i due termini sono ( uno ), o due in uno.

zione > ed

il

considerare l'essere come r< prima

r di ogni cosa, come


39

"

la r matrice > di tutto, , se non altro, pretendere di


<

<'

descrivere

>

ci che non ha parti n Poich l'essere <presenza), esso non ( > primo, ch sarebbe rt primo r rispetto a se stesso (I'uso di questa espressione < matematica >, numerica, involve la t< successione l, la serie ed esclude, quincli,
n
<

essenza

))'

la

N si pu dile che 1'< essere n sia < principio > (primum capere) : molto importante, ci sembra, notare che la posizione del principio , in realt1, come l'etimo stesso indica, posizione di ci che abbisogna del principio (esperienza).

compresenza).

17.

Del senso in cui si d'ice clte l"essere <primo>'

Se I'essere < presenza )), esso non il princo, n principio (principiurn da prirnum capere): la posizione del principio , in realt., posizione di ci che prende inizio. Chiariamo anche, cos, che il richiamo heideggeriano all'essere come tale che non si rid.uce ad alcuno degli essenti non misticismo, perch se dell'essere non possibile parlare, ci significa che dell'esiere si dice < negativamente r : il misticismo pretesa di dire ci che impossibile dire ; la metafi.sica la consapevolezza della necessit. dell,< essere > a qualsiasi discorso : il misticismo non d.ire, metafisica sapere che si dice, qualunque cosa si dica, sempre I'impossibilit

pensiero, appartenendo all'essere, presta orecchio all'essere r (M. HBroBccBn, Briel ,iiber d,en Hwrnq.nisrnws, I, Francof.orte, ry49). Non diciamo l'< esserci ), ma l'rr essersi > : qualcosa c' per qualcuno che < r. L'esserci asserzione in base alla presenza che coscienza come essere (presente) a se stesso. L'autocoscienza esplicitazione terminologica della n coscienza n, perch non possibile < asserire )) senza < affermarsi n : il dire qualcosa anche il dirsi da parte di qualcuno. a partire dalla coscienza come ( presenza > che si <r coglie > l'implicita intelligibilit della coscienza, che l'aesserci > e l't essersir; per questo riteniamo di dover riservare I'espressione ( essersi )) per indicare la coscienza come presenza ed il termine ( presenza ) per indicare l'originaria mediazione immediabile. Chiariamo intanto I'uso del termine ( presenza ) come originariet, osservando che I'originario non d.ato come immed,iato, ma come immed,iabile; esso non dato senza la mediazione, ma con il tentativo della mediazione. I1 darsi senza la mediazione ed il darsi cozr la mediazione si rivelano due equivalenti anche se opposte astrazioni : senza med.iazione significherebbe I'ateoreticit della mediazione, aggiunta come estrinseca ; con Ia mediazione significherebbe il rimando all'infinito del termine che media, sempre postulato: essa l'impossibilit stessa della non-concretezza, l'impossibilit del suo opposto. Possiamo dire che il < concreto r la prova delf impossibilit. di non

il

esserlo.

di

il seguente testo heideggeriano : Sein un Zeit. Essa cond.omina che fond.amentale < L'esperienza pi accentuata e pi sempre maniera in siste nel trovarsi di fronte, pensiero occidendel storia chiara, a quest'unico fatto, che nella tale fin dall'inizio viene pensato l'essere dell'essente e tuttavia la veritr d.ell'essere rimane non pensata e non solo negata al pensiero come possibile esperienza, ma il pensiero occidentale, in quanto metafisica, nasconde espressamente anche Se non coscientemente, iI fatto di questo negarsi> (M. HETDEGGER, Nietzsche, Pfullingen, r95r, Il, z6o).
II senso in cui I'essere rr primo ) anche il senso jn cui il < pensiero I (di qualsiasi cosa) .t pensiero dell'essere > : si ricordi il famoso passo heideggeriano di Briel i,iber d,en Hurnanismus, < il pensiero

negare l'essere. ci sembra che sia da rimeditare

La presenza cos non una < determinazione >, sia pure fondamentale, e da qualificarsi in un qualche modo, essa piuttosto la < determinatezza>t.

Determinazione sarebbe, infatti, qualcosa di < empirico r o di psicologico, qualcosa ia cui negazione non contraddittoria, d.ove invece ( determinatezza r (sottesa, del resto, a qualsiasi determinaziore) , diremmo, ontologica ed assolutamente innegabile. Se ogni determinazione (necessariamente particolare) < attuaziorre>>, essa suppone il non-essere-ancora, la potenza, la t< determinabilit r. In questo senso ci appare corretto riservare il termine < determinatezza> a ci che non <attuazione), ma (atto)), non un <essente> od un modo d'essere, ma (essere)).

il

genitivo dell'essere (uom Sein eregnet) gli appartiene. I1 pensiero ugualmente pensiero d,el,l,'essere in quanto
pensiero dell'essere.
40

Il

4r

t-

18.

L'iwtpossibililA di, un d,iscorso

sull,'<<

essenzar

d,el,l,'essere.

rudimentale > non sono la stessa cosa, la presenza non veramente tale se u oscura > : si pu dire che una certa presenza solo oscwramente aaaertita, dove l'< oscuro r carattere (limite) dell'< awertimento )), non della < presenza > che si awerte. La <presenzan d,eterminatezza (S tZ) in quanto non c' via di mezzo fra essere e non-essere ; l'< indeterminato rr riguarda le gradazioni dell'attivit di coscienza, riguarda la maggiore o minore consapevolezza della cosa in questione. Diremo, allora, che la consapevolezza come attivit determinante asswnzione progressiva della r determinatezza > totale della cosa. L'inesauribilit. (empirica) delle determinazioni, o < infinit. > dell'oggetto appunto ci che si intende per ( oscuro >, fuori dell'aspetto meramente psicologico ; ma I'inesawribilit. non indetervninatezza. Contenuto inesauribile diciamo in quanto nessuno dei momenti dell'attivit. conoscitiva tale da coincidere perfettamente con la totalit d.ella cosa, la quale per presente tutta intera onde poter essere parzialmente consaputa di volta in volta. < Rudimentale r o primitivo diciamo l'oscuro awertimento della < totalit. r circoscrivente (lo sfondo di ogni tematizzazione, lo spostamento di interesse ecc.) ; < originaria r diciamo aJ.lora la consapevolezza della presenza determinata ed. indeterminabile ulteriormente dell'essere, consapevolezza delfa ( presenza r che < r la presenza stessa, l'<essere r stesso (p"g. SS). Poich questa consapevolezza orr un < dato r, ma una a implicazione > (provantesi con la tentata sua negazione), evitiamo di dire che essa una < intuizione r e diciamo che il suo presentarsi (idea) una sola cosa con il suo < essere r ; cos dicendo, evitiamo di dire che f idea I'essere < nella forma in cui esso pu essere presente alla coSe l'< originario
ed.
<

il

rudimentale op d,al, confronto r

La

pretesa

la
che

nne-

perch la coscienza a attivit > (conoscitiva) attualmente fondantesi nell'< atto >, atto il quale, essendo d.eterminatezza pteeqlJisita ad ogni processo (o procedimento) di determinazione, non n determinabile >. Dell'essere (Idea) non v' intuizione (se non nel senso oscuro e < rudimentale r del pre-sentimento della totaiit circoscrivente) e non

r, proprio perch non disponiamo effettivamente di un'altra lorma dell'essere. Essere e cosciettza coincidono nel,l,'Id,ea e questo
scienza

di

v' derivazione (se non nel senso rudimentale del < residuo qualsiasi confronto fra diversi).
42

>

identico

supporre arbitrariamente). Ma come ( presupposizione > si presenta, all,inizio, ogni nesso fra cose, anche il nesso fond,ante che l'essere : la filosofia allora processo critico all'interno della ( presupposizione r (problematizzazione della d,oxa, interna alla doxa, irriducibile alla d,oxa). Il discorso sarll'essere n procede n segue il discorso sugl,i essenti, proprio perch l'essere n precede n segue ma < fonda r, costituendo ed esaurendo, gli < essenti r. Il < venire dopo ' od il < venire prima )) sono prospettive ancore empiriche : equivalentemente empiriche sono re posizioni fra loro intenzionalmerlte opposte di asrazione dell'essere dagli essenti e di intuzione dell'essere indipendentemente dail'esperienza degli essenti. L'< esplosivo >, direbbe Sciacca, di ogni conoscenza ed azione, del concetto e del reale l'essere nel suo in trice di ogni attivit; ma l'essere non esso 1I sempre presente. Come tale, esso scrivibile, n definibite, n, propriamente, < dicibile >. Il discorso sull'essere consiste, a rigore, nella impossibilit di negare l'essere : non ( oggetto r della mente, ma la presenza stessa della mente a se stessa, < atto r fondante (che d in uno il contenuto all'atto e l'atto al contenuto, direbbe La Via). Perci, parlare di < essenza > dell'essere tautologico o contraddittorio ; contraddittorio se non tautologico : l'< essenza r dell,essere che l'essere < r (il predicato non dice nulla che il soggetto non dica, n il soggetto pu venire detto senza il < suo r predicato : delI'essere non si d, propriamente < giudizio r).

Il modo in cui tutto risulta fondamentalmente condizionato dall'essere non la preswpposizione, ma l'impl,icazione: filosofica la consapevole zza raggiwta dall'implicazione come chiarimento dell,impossibilita del suo essere presupposizione med.iante la consaputa insuf,frcienza della < presupposizione r alla fondazione (si potrebbe pre-

43

mo, dialettica del Trascendente, irriducibile agli a enti > ed al (loro)


trascendentale. II < qualcosa

in generale r non , allora, < qualcosa

))

se non come

l'< intenzionahta > stessa: esso non pu venire intenzionato (detertninato come ( qualcosa r) nella coscienza, e non < qualcosa r se non come intenzionalit. Se il < qualcosa in generale r, anzich semplice intenzionalitt, losse nel senso della 'realt' (oltre che di noetna.), si dovrebbe stabilire una duplice oggettivit : da una parte il qualcosa in generale e i singoli
<

qualcosa > ed una interzionalitr indeterminata dall'altra.

Ora, un'intenzionalit indeterminata vanificherebbe

la

coscienza

e, da parte sua, una duplice oggettivit. comporterebbe una relazione problematica tra il < qualcosa in generale > ed i singoli ( qualcosa )) (questi si intenderebbero come determinazioni ulteriori d'un indeterminato, e l'indeterminato si confi.gurerebbe necessariamente
come contraddittoriamente determinato, onde distinguersi dalle sue ulteriori determinazioni). L'unit del < qualcosa in generaJe > e le singole rr unitr r che lo determinano dowebbero risultare tra loro estranee proprio nell'af-

mentre costituisce (ed esaurisce) il 'dato'. Il < qualcosa in generale r non rappresenta, insomma, alcun valore tra i valori di conoscenza, rr, d'altra parte, esso rappresenta un < formale > che assuma in s, per < riempimento r, valori non formali : esso non pu dirsi <, condizione r alla conoscenza, ma solo (e

iI senso in cui si parla di < formale r nell'< ontologia formale > non pu essere quello del < categoriale n, quale < forma r condizionante la corLcretezza d.ei contenuti conoscitivi: la condizione al ( concreto r non pu essere meno concreta del suo condizionato. Se il rapporto tra il < qualcosa in generale r e l'< esistente r fosse da configurarsi come rapporto fra elementi costituenti I'wnitA sintetica del dato d'espeienza, il dato d'esperienza risulterebbe < incondizionato r, risultando contraddittoriamente < qualcosa > di sdoppiabile (divisibile) nel duplice elemento che non pu essere anche < condizione r nel
bile > :

tutta) Ia conoscenza stessa. Ne segue che la conoscenza (le cui condizioni, conoscibili nella cosa che condizionano, sono innegabili) non si frappone fra < ente r ed <ente >: la noematizzazione tipica dell'autocoscienza non importa
I'entifi.cazione del proprio ( noema
)).

fermazione dell'univocit del < qualcosa )) che, essendo in generale, non pu modificarsi in alcun modo : all'univocit dell'< in generale > contraddirebbe la molteplicit. in forma di < alterit. > tra l'in generale ed i singoli < qualcosa >. puesta < sostantificazione D, per cos dire, del qualcosa in generale non , infatti, se non il risultato di un inconscio processo di identificazione (univocazione) tra < intenzionali > in quanto tali. Il fatto che I'intenzionalit d,ell'intenzionalit. stessa (coscienza) tale da < accompagnare r ogni momento di tale intenzionalit. in atto fungerebbe da radice della entificazio\e suddetta, entificazione che non si legittimerebbe che entro l'autocoscienza (l'intenzionalit che si intenziona) in cui l'< oggetto r della coscierza coinciderebbe con I'atto. Ma tale coincidenza , in realt, la dissoluzione stessa dell'oggetto od, anche, l'oggetto sta tutto in questa sua dissoluzione nel momento stesso in cui posto. Si pu dire allora che I'< Ontologia formale r non se non l'intenzionamento della conoscenza e non vale se non a riprod,urre la conosceruza nel suo atto : essa non costituisce alcun a priori, n alcun < vuoto r da riempire rispetto alle determinazioni conoscitive. Pertanto, dell'< in generale > si parla nello stesso senso in cui si parla della ( conoscenza r fuori di ci che efiettivamente ( conosci46

Si chiarisce, allora,

Il carattere < astratto > della presenza tematizzala sta proprio nella impossibilit. di considerare la r< presenza D come un < carattere r (cos come l'< indetermnatezza r non carattere, ma assenza di tutti i caratteri) ; l'asttattezza pertanto non < un r carattere. Il carattere dell'essere < astratto > semplicemente l'a astrazione > dal carattere, la sua nozione <<ormal'tzzatal, l'operazione (psicologica) della considerazione che ,tematizza se stessa. La presenza condizione al valore, nel senso che l'intenzionalit. imprescindibile del < soggetto r, 1'< apertura r del pensare all'essere. Se la < presenza r psicologicamente < oggettivazione >, come condizionamento operativo dell'atto, ogni analisi di tipo kantiano < psicologia r, nella medesima linea dello psicologismo humiano. Le condizioni psicologiche all'esperrenza sussistono senza la < strutturazione r: fenomenica dell'oggetto : l'oggetto tale in virt di una operazione swl, dato, come sua tematizzazione. Nella < Ontologia formale r I'essere rr astratto > perch < indeterminato ), questa astrattezza suppone almeno la concretezza del < sog47

si pensa come ( presenza ), presenza che si tematzza, ma che, come tale, non un valore perch essa non << caratteizza r il < dato >, bens < > tutto ci che il < dato r, in se stesso, < >.

il fatto che la struttura

del < pensamento

>

A"

unico I gctto r cogitante (e questo non pu allora non porsi come l'< rr"r" cui si po..t titribuire concrelezza): se l'essere -<astratto>' (essente) poich esso , come astratto, anche univoco, ogni individuo ar n astratto I e quindi da negarsi' in L'unico che < n, nell'Ontologia formale, ci che non entra
essa

Si afirma, cos, I'insignificanz L < ontologica I d.ell'ontologia formale, affermando I'unica cdncretezza possibile nell'< unit' I del il cogitante. Ma ii radicarsi, inevitabile, del soggetto in se stesso < intencome tale n"!"rri del rapporto essenziale aI soggetto (che ziatt > cogito-cogitatum), per L un rapporto tra concreto ed astratto sarebbe, inevitabilmente, rapporto astratto'

: , parad.ossalmente, il

non-essere'

2.

Itr

d'iscorso

(<essere\ intorno al'l"ente'

o Una ricerca che si pretend'a intorno all'< essere n ' in effetti' univocazione. discorso intorno agli a enti I o astrazione come assoluta come ( ente I profila si verte cliscorso il Il < qualcosa n intorno a cui numericamentedistintoprimacheindagabileneimutuirapportifra gli < enti r. F'atto questo che I'empirismo assume come teoreticamente in qualche eterminante, nell'afiermazione che le ( cose ) ci stanno modo d.avanti, presupposte al nostro atto conoscitivo' t'* essere l in quanto pensato astratto' il Dove si chiarisca "tt" reduplica I',ente discorso sull'< essere D si converte in assunzione che ( t dt essenzial'qualcosa e che ogget tivzza tale reduplicazione come radice tale meute d'lierso dagli enti < mondani ) d'ell'empirismo : -la dell'astratto del razionalismo come discorso significante l',originariet a dell'astratto erezione cosa, ( la > che rispetto a quel concreto < realt. r effettiva epper effettivamente concreta' Entrambiteposizionisipresentanoanaliticamentescomponibili di < astrazione l confusiva, almeno nel senso che presuptermini in si dice' pongono una ( riduzione > d'ell'essere, inteso come ci d'i cui ['unit" assoluta od- alla assoluta molteplicit' Lariduzionecomporta,tuttavia,unairrid.ucibileoriginarietdel Pertanto' presentarsi d.ella < t"tttl rr, ond,e procedere con il pensiero'

< originario r vi sia, nel non identificare, cio, la cosa di cui si dicc con I'originario. quanto basta per avvertirci che la riduzione agli < enti r o all'< essere rr astratto (univoco) non identifica in s l'essere reale se non per un ingiustificato procedimento, per un < filosofare l di tipo naturalistico. Il < naturalismo r cos riscontrabile, ancora una volta, alla base dell'alternativa tra empirismo e razionalismo e tale da spiegare la rigidit con cui storicamente si articola la problematica filosofica dell'autenticit del conoscere (e della legittimit, fatta conseguire, della < metafisica r). Diciamo problematica < fi.losofica r perch ci che in essa v' di non autenticamente filosolco anche ci che non v' di autenticamente <r problematico r, precisamente iI < presupposto r. Proprio a proposito del < problema ) a come ( necessit della fondazione r intorno all'essere si pu notare che il rapporto tra Ia ricerca e le sue condizioni (problema che Heidegger formula in Sein und, Zeit, nell'analisi clel problema in quanto problema, al S z: la struttura lorruale d,el problewa d,ell'essere) si presenta in termini tali che <condizione l alla ricerca, assunta la ricerca al limite, che il ricercatore non sa coinvolto nella sua ricerca. Infatti, una inclusione del questionante nella (sua) questione renderebbe insolubile il problema (e quindi lo negherebbe come problema efiettivo) : sc in una medesima questione messo in questione il questionante stesso, risulta messa in questione la questione stessa ed allora, a meno di assolutizzare dialetticisticamente il problema in una ( sapere assoluto l per il quale il < problema r gi negato, la questione

afiatto impensabile. Si rnetta ipoteticamente in discussione il questionartte nella med,esinca qwestione che ci si propone : si avr la negazione della questione o l'< indiflererrza ), della questione intorno al questionante alla
questione stessa, indifferenza che contraddice al'ipotesi. La questione che coinvolge il questionante questione nulla ed , pertanto, questione d,el, rn;Jla. Non per niente la sua formulazione in Heidegger (Was ist Methaphysih?) connessa con la riproposizione della vecchia (non antica) domanda < perch l'essere piuttosto che

il

unitemolteplicit,sigiustificanocomerisultatodiun,operazione
accezione

(dadefinirsicome<logica)ocome<tpsicologicallinbaseallad'iversa di questi due termini) sull'originario presupposto' Il discorso sul t presupposto I consiste nel non negare che un
48

nulla ? r. Notiamo che la domanda < perch l'essere ? r posta luori delI'essere e, precisamente, come possibilit ipotetizzata che niente csista. La radice della formulazione (pretesa) dell'essere in < concetto l si rawisa proprio in questa d-omanda, perch la possibilit che nientc sia gi, per se stcssa, Ia necessit che si giustifichi I'essere di qualcosa.
19

Si vede, allora, I'importanza dell'ipotesi per qualcosa di detcrminato e di particolare, in modo che essa, in effetti, equivalga alla domanda < perch questa cosa, che potrebbe non esistere senza involvere contraddizione, esiste ? >. Domanda quest'ultima che equivale all'impostazione del problema metafisico in termini di < fondamento D e che ha senso entro tr'ind,wbitabil,it dell'essere. L'afrermazione della possibilit che nulla sia non propriamente affermazione, ma < posizione > astratta nel senso deteriore in cui tale termine da usarsi dopo Hegel, astratta come priva di realt. e,

quindi, di < razionalit r. Sembra, tuttavia, che tale struttura astratta sia alla base del tr problema metafi.sico r (della Metafisica messa in questione) e che, come tale, cio come posizione problematica intorno all'essere, condizioni la possibilit di prob\ematizzare la Metafisica chiedendosi, cio, se essa si ponga con una pretesa l,egittima (secondo l'impostazione kantiana della necessit. della a deduzione ) come giustificaLa domanda heideggeriana di Was ist Metkapkysi ? sembra porsi originariamente in quella astratta posizione che va esaminata comc < possibilit r : in quale senso ci si pu chiedere < perch r ci sia I'essere piuttosto che il nulla ? Chiedersi < perch > sembra supporre la situazione contraddittoria della r, necessit r in cui il problema tolto nel suo stesso porsi : il <nwl'la r essenilo irnpossibile, l"essera necessario,

limite a se stesso.
che si tolga

zione < r. Diciamo, allora, che si pu pens"r la soppressione "o_" di quanto pensabile, non si pu pensare il non_essere. ora tale evidente contraddizione consente di affermare che ir < niente > si pu pensare solo come < limite r della possibilit. di pensare, limite che, come tale, non si <opponen al peniero e che il.pensiero non pu raggiungere senza negarsi : esso coincid.e, sem"n"t,, " il plicemente, con lo stesso < pensiero f,uale , nel o pensabile o,
L'afrermazione del limite

esso. Pertanto, se il niente la stessa < negazione r (operazione sull'essere, meglio sull'< ente r determinato), l negarioe' opu."-

zione).

ci che , invece, < insopprimibile r nel suo : il nulla, la negazione. L'afrermazione del limite di pensabilit. esclusiJne della possibilit che il pensiero si trascend.a : ra posizione < fuori > d.el,essere (nella domanda intorno al perch del non-nuta) non < posizione, e I'ipotesi non < ipotesi r.
mezzo
stesso non poter venire mai pensato

esclusione bergsoniana dena pensabilit-impensabilit. del niente, senza

di

pensabilit.

ci

sembra rigonzzi ra

di

sivamente gli a enti r.

Poich la questione intorno all'* essere r sarebbe questione intorno perch > dell'essere (con |esito della contradittoriet dell,afferma_ zione surrettizia del < niente r), ogni questione pu riguardare esclu-

al

<

Gi l'esame del Bergson

in termini di

<

essere

>

e di

<

niente

>

3' ci che consegue arla limitazione d,er, probrema a probl,ema


agl,i enti
<<

intorno

>.

(L'aol,uzion cratrice, rgoT ; Pense et Mouant, rg34s, pagg. rzz sgg.) aveva rilevato la fittiziet. dell'idea di < niente r. L'uso del termine < niente r designa, infatti, I'assenza di qualcosa, cio non designa. Ma 1'< ass!nza r corrisponde per il Bergson alla soppressione da parte del soggetto, ad un'operazione psicologica che sostituisce il qualcosa (che, come tale appunto ( presupposto >) e che, perci, non mai assoluta.

rigore logico dei termini da usare domandi che il < niente > sia escluso come pensabile : esso pensabile come ci di cui assenza. Senonch l'affermazione che iI niente non pensabile come essere equivale all'affermazione che esso pensabile come non-essere : il non-essere , infatti, per usare espressione hegeliana, l'essere come < tolto > e quindi ancora ( essere >t ed, operazione (soggettiva) su di

Ci sembra, insomma, che

il

Una volta stabilito, infatti, il carattere di < effetto r, lo svolgi_ mento analitico si risolve in discorso tautologico, ond.e la sua validita. resta sempre ( presupposta r senza mai potersi r mediare > in innegabile e, quindi, in < originaria r.

della nozione di < effetto r. Questa domanda riguarda precisamente Ia posizione come < originaria, : la validit del processo < anaritico r non sembra fondare ma solo < supporre r il carattere di < effetto n onde si svolge analiticamente il discorso della < fondazione sufficiente >.

. ci che consegue che si precisi, nei suoi limiti inteligibili, la d.a parte della npoiizione,. da chiedersi se la richiesta dera ratio swlficiens da parte gio che < posto r sia < originaria > o non sia, piuttosto, mediata $ dalla introduzione
richiesta analitica della <ragione suffi.cienter

5o

5t

L'iclcntit. dell'effctto a sc stesso (clttr si vttolc vctlct'c colnc PIov' allatlclla valiclita. d.el < principio D d'id.entit) idcntit del rapporto < pasil perci' e' litico d.i effetto " u ."rrru t (o ratio swfficiens) r, esplici< *ggio D dall'efietto alla causa ancora la stessa identit.
))

4.

Precisazioni wlteriori d,el, limite d,i un probl,ema come problcma


d,egl,i
<

ent

>.

ttrta, del < dato-Posto r. Questaprecis.azionecimetteincondizionedilimitarelaportata come esclude[I n d.imstrazione n dell'Assoluto trascendente' non ) prescind'ere a < afiermazione sione di tale Assoluto, bens come sua sarebbe )) nondalla dimos trazione come ( passaggio n : iI rt passaggio l'implicazione una n med.iazione n fra il non-Assoluto e l'Assoluto' ma
(analitica,esplicitabile)dell'Assoltttonel'ecol'<darsird'elnon-Asso-

La Metafisica < tradizionale r, come noto, parla di < soggetto l della Metafisica, soggetto dalla espressione scolastica dell'< in-wrb,j,icend,o >, che indica ci cke vjene considerato per quello che esso < >. Preferiamo, per Ie implicanze da evitarsi della nozione di < soggetto > di un discorso, usare della espressione greca < thema r (il correlativo della tkesis) nel senso in cui in tedesco si pu parlare d Awlgabe, assunto r. u soggetto r della Metafisica ricorre in S. Tommaso Arist., IY,Iez. r (n. 5SS)), per il quale l'u essere l viene (In Meaph. detto appunto a soggetto r della Metafisica. Ci chiediamo, dopo la precisazione che l'essere non ( un ) concetto, una nozione, che posto abbia il <discorso,r sull'essere (nei timiti
<

di

L'espressione

luto come tale. Ogni < dimostrazione D come < mediazione I (in base all'introdun una ( compozione d.i un < altro r) sd.oppia tale < dimostrabilit in dimostrasizione, di 6ue elementi (logici) diversi, la validit. della causalit e la zione come garantita dall;analiticit' del rapporto di validitdeil'applicazioned'ellanozione(analitica)ditalerapporto
come presuPPosta all'analisi.

Poichlasipresupponeall,analisi,lavalidit,delprocessonon a valore analiticamente garantia e quindi I'analiticitr d'el processo, la propria apoditticit al termine assoluto o apodittico, ,,.on "lt"'''d'e cui il processo si tt aPPlica >della ratio suffi,ciens suppone, appunto, la La richiestr "'rliti"r alla posiposizione come ( bisognosa > d.i raSion suffrciente esterna ^zione da rr essere n' L'< stessu, preciraente la nozione di < effetto

incuil,analiticitdelrapportocausa-efiettosirisolvedunque ( presupposta > in quanto garantita dalla pretesa della constatazione all'esperienza (empirica) del 1i poriril'on,) d.ella < frnitezza> in base si arguisce iI < poter non n cui H-ituto r : il < cessare d'essere d'a esserellha,sensoinfatti,allivello<empiricolldell'esperienzainc,li

si strutturano < questo > e < quello ); non pu riguard'are ) senza anche come tale, Ia quale non potrebbe < cessare d'essere negarsi (il pensiro non pu trascendersi senza negarsi)' Ilvaloredella<p,o',,"lld'elTrascend.entepiuttostonell,impossibiiitstessadinegareilTrascendente,negazioneidenticaall'impospensiero' sibile negazione deI pensiero (esperienza) da parte del
l'esperienza

che andiamo stabilendo) fra discorsi possibili. Poich, parlando dell'< essere >, ci si pone radicalmente nella t realt > innegabile, la questione della consisterza di un discorso sull'< essere r equivale alla domanda intorno all'essere della tr conoscenza r : la considerazione della realt in quanto realt la considerazione della conoscenza in quanto conoscenza. Nella prospettiva radicale si parla appunto appropriatamente di ( tematzzazione >, ch il < tematizzare > iI mettere fra parentesi l'< altro rr rispetto alla considerazione in corso. V' allora un senso almeno in cui il tematizzare costitwsca l'oggetto ed quello in cui I'altro diviene tale in rapporto ad un'assunzione (che pu, operazionalmente, venire motivata o non venire mai motivata). Poich impossibile ternatizzare tutto, ch I'assunzione suppone un ( campo )) entro cui awenite, il < tema )) pone necessariamente qualcosa < fuori tema r, cio < fra parentesi r. evidente che l'essere come tale (e Ia conoscenza come tale) non pu venire posto <t fra parentesi > e, quindi, che la tematizzazione dell'essere (e della conoscenza) , in effetti, sempre connessa ad ogni ternatizzazione p o ssibile. In questo senso si potr dire che in qualsivoglia assunzione si ha tutta intera l'assunzione dell'essere (e del conoscere) ; per questo si potr anche dire che l'assunzione dell'essere in quanto tale non abbisogna di una particolare assunzione. Questa considerazione importante perch essa permette di delineare iI rapporto fra r< scienza r degli enti nella loro possibilit di
53

52

(( assutlzione e l'essere che viene ( ente > (cfr' AnIsr', Met'' come Se si consiera l'essere come

ssr e non

norl cl sl gli enti :


(Problema

tezza, carattere solo per modo di dirc, t:h l'indeterminrtezza , cliccvamo, solo la macaza di determinazioni), ma la massima comprcnsione (il carattere per il quale I'essere sempre tutto intero anche se <t esplicitabile r di volta in volta nella considerazione variamente tematizzante).

ore e del significato della Metante evitato come Privo di senso' quale sia il rapporto fra gli < enti u rapporto )) con l'essere)' e l'essere (non ha senso porsl <rn anche-iinesatta formulazione dell'esIn questo ."o.o

5.

Distinzione ed ind,istinzione nell,'essere.

sere:nonsidirchglacnozione>dell'esserel'wltimoterminedella pu vali< I'intelletto umano non conoscenza umana, 1"rmio" che cale).Lanozioneditermineultimostarebbeadirecheilconoscere'
svolgendosi Pro

"Jt"r"mo

La massima estensione detta dell'< essere r sembra rivelarsi tuttavia antinomica; I'essere massimamente esteso in quanto 'universalmente predicabile ' (wniaersale in praed.icand,o) e quindi in quanto
intrinseco ad ogni ente, ma esso assolutamente inconfondibile con gli enti (come massimamente 'esteso ' non pu non essere unico). Le due proposizioni antinomiche (l'antinomia all'interno della nozione di rt essere r su cui si costruiscono due proposizioni contrarie) si formulano sinteticamente in termini di < unit r e di < molteplicit ) g la relazione che costituisce il problema (consentendo la tematzzazione dell'essere come massimamente esteso) data dalla nozione di < distinzione ) : I'essere, unico perch non pu aversi pi di < un r massimo, distinto dagli enti dei quali < tutto ) ; ma poich tutte le possibili < note > (costitutive e distintive) sono < contenute > in questo concetto (attualmente presenti, implicitamente attuali), non pu darsi in esso alcuna nota distintva che lo ponga come ( altro r. Sembra allora che l'unico limite a questa indistinzione (indistinzione fra l'essere ed i < temi r dell'essere) sia iI contraddittorio della nozione di essere, in modo che si dica che I'essere si distingue solo dal suo contraddittorio. Ma, poich la distinzione dal contraddittorio piuttosto la negazione della negazione di s, non potremmo dire che I'essere si distingua da al,tro da s. Allora la determinabilit. dell'essere (rispetto alla determinazione che sono i temi dell'essere, gli enti) non sembra consentire espres* sione pi rigorosa di questa: l'essere non un predicato (s,ia pure <uniaersal,et, cotnutua), ma l,'intrinseca possibilit d,el,l,a pred,icazione. Ne segue che l'unit. da esso rappresentata (meglio, I'unit. che il suo < presentarsi >) non la suprema unit in cui si risolvono i giudizi (nella quale si veda Ia convenienza d tutti i soggetti e di tutti i predicati), perch essa non un giudizio se non come possibilit di qualsiasi giudizio. L'attualit dei singoli giudizi comporta owiamente I'attuatta
5.t

a quel termine In tale caso,

derebbe a fuori > di essi, nella ste possibilit. degli enti'

nella conoscenza

,.^^^. ) Aq da cercarsl umana L'ultimo termine analitico della conoscenza possibile andare ) stessa come ci a oltre a cui non

(l'ultimoailmarsimoinestensione'latotalitstessadelpensabile)' affermaziorre' negazione) Poich qo"t=itti- p*abile (posizione' si pu d'are di pi < esteso I tale entro l'estensione dell'esser' niente dell'essere' tutto (ogni ente) Si intende con ( niassima estensione I che ogni ente ad' esso o di interno ad esso : l'< interiorit >' diremmo' r intimitr I d'i esso ad ogni ente' > d'ella nozione di < estenDove si eviti, infatti, il senso < spaziale nel senso logico (che'Iizza 1'^i""*ti*",li sione r e la si ^..o,,t" nella rappresentilzione emprrrca nozione di < spazio ) senza decad'ere
diterminiestern'ifraloro),I'estensionemassimadell'esserelastessa n (uniuersal'e in ratio dell'essere ;;;t L'int""'io"" di universalit' praedicand,o, direbbero gti Scolastici)'si i'aspetto de11'< estensione ) (per il quale -p'opotito Si vede, uUorJ," "it"' I'aspetto non se non parla di n totalitJn t -d'e1l'essere) assunta in un totalitr la quale < 6"' il
stesso d.ella "o*p'*'io" o senso, Per cos dire, trasversale I'essere

La ratio della massima est


<presente>
comprensione

per

il

quale

la minima
5t

attualmen (il ca

allora non indetermina-

della loro < possibilit r (non si pu parlare della nozione dell'essere come ( potenziale > rispetto ai giudizi particoiari). Ancora segue che l'essere, non essendo predicabile, non costituisce una ( conoscenza ) vera e propria del reale, nemmeno come conoscenza di s (esso non < nozione )) n ( realt I di cui si abbia corrispondente nozione). La struttura dell'essere (espressione impropria, ma che non possiamo non usare) si presenta con t7 presentarsi di tutte le strutture che a sono > gli enti, in modo che si pu dire appunto che I'essere < conviene > ad ogni cosa e che u si trova in ogni cosa r. Il < convenire a...) ed iI <trovarsi in...r indicano appunto la trascendentalit.
dell'essere. Ma iI conoscere, radicalizzato nella medesima struttura dell'essere,

il cui <r inizio r non sia una ( nozione )). concetto operativo di < addizione r implica, infatti, quello di < serie ), ovvero I'omogeneit di tutti i termini ; ora, all'essere non si aggiungono nozioni perch esso non a entra r in alcuna serie, esso < r tutta la serie e sempre nello stesso senso : esso tutto in tutto. Se l'essere fosse formulabile in una ( nozione > (al,as, fosse un < predicato > e quindi un possibile giudizio), ogni processo conoscitivo come ulteriore determinazione all'interno dell'essere risulterebbe precluso ed il conoscere stesso sarebbe un < dato r puntuale, epperr assolutamente impensabile. Poich, nella sua struttura trascendentale, l'essere il conoscele stesso, il processo conoscitivo stesso esclude la possibilit di formulare l'essere. Dire che I'essere la < direzione r o la < misura r del conoscere equivale, allora, a dire che il conoscere dirige e misura se stesso, che iI conoscere limite a se stesso. L'essere, puntualmente presente, si esplicita nel conoscere come < determinabile r, ma la determinazione si presenta come esclusione dell'< ulteriore )) come a estrinseco l e 1o precisa come ( nuovo r solo in relazion all'atto che analiticamente si pone in presenza del < dato >
tuita da addizioni)

si presenta come una struttura che esclude ogni < determinazione progressiva r rispetto all'essere : la conoscenza non proced.e per < addizioni > (determinazioni ulteriori) alla nozione di < essere D, proprio perch non possibile aggiungere una nozione in una serie (costi-

Il

fisica.

suo r primo )), ma procede entro la ( presenza r delle nozioni che l'< essere r, inconvertibile in nozione pirticolare. L'esplicitazione, come mio processo conoscitivo, esclude iI riferimento a principii coartanti lessere (ed il conoscere) e quindi non si pone in una ( qualche rerazione r (che implichi una distinzione originaria) con la < rearta , ad esso estranea. rl riferimento avrebbe senso dove si disponesse di una nozione < innata ), oppure di una nozione < astratta , dal'esperienza, dove, cio, arise posto il problema dell'< origine r della nozione di essere. ora, poich l'essere non una < nozione r, quel problema si rivera privo di senso : innata od astratta, la pretesa nozione d.ell,essere comporterebbe un'unit estranea agli enti e quindi una struttura del conoscere che ponga gli enti, ponendo gli enti al di l. della conoscenza, facendo cos della conoscenza un problema. Rispetto alla trascendentalit d.el1'essere, la posizione della a nozio\e > dell'essere come ( innata > e la posizione dena < nozione r dell'essere come ( astratta r si equivalgono perfettamente : l,essere, come predicato, si pone entro la serie delle conoscenze all,jtzio od al termine della serie, quasi < oggetto r dela conoscerva che per esso, invece, sussiste. rn questo senso, la nozione derl'essere si presenta parimenti come < astrazione >, sia nella concezione dell'e..r" n innito r, sia nella concezione dell'essere rderivato> ; <astrazione) comporta, infatti, < derivazione, e questa significa una disposizione di termini secondo un < prima n ed un < dopo l che indicano, appunto, l,<r ulteriorit l (il <prima> ed il <dopo)) sono un rapporto fia termini). L'esplicitazione per la quale ha senso una disposizione di termini secondo un < astrazione, prch essa ha luogo con il mett enti in cui l,essre implicito : non si < astrae,, perch il toglimento delllssere dagli enti negazione degli enti. Esplicitare vale, dunque, porre fra parentesi : la parentesi , strutturalmente, l'< essere r in quanto tale, il < thema r della Meta-

6. Il, mod,eltro empirico

d,el,l,,<r

astrazione

>>.

nel,l,'essere.

In
come
56

altre parole, I'esplicitazione analitica non perviene all'essere al suo termine a ultimo )) e non comincia dall'essere come dal

Per pensare l'< astrazione l ci si rifa costantemente ad un < mo_ dello r (che , del resto, una furzione semplificativa der discorso)
:

57

il modcllo presumibilmcnte quello dell'< estrazione r nel senso fi.sico. ll modello empirico presenta facili analogie con il procedimento cono-

dicono < insieme r, < rapporto fra molti r, < unifi.cazione r, < parti di un tutto r, < tutto risultante da parti >. La nozione , come tale, < astratta > (da un tutto) perch il tutto (risultante da nozioni) astratto rispetto alle nozioni stesse: la conoscenza si strutturerebbe come ( combinazione r fra elementi (fra inanalzzabili) secondo nessi di affrnit. e di opposizione. II linguaggio a chimico r ha in filosofia l'esito di u semplificare > i valori in termini < ridotti r e di portare nel pensiero concetti di origine e di significarrza empirica, quali, ad esempio, i concetti di ( gruppo > e di < insieme r. Quando si dice, infatti, che i prirni principii della conoscenza (owiamente ( umana r) sono < raccolti >, o presi dall'esperienza pe mezzo dell'astrazione considerativa dell'intelletto e che il valore loro garantito appunto da questa loro < origine r dall'esperienza (con la quale manterrebbero un insopprimibile rapporto), si trascura un fatto di capitale importanza : l'essere, nella sua attualit, non viene colto d,ai dati ma con i dati i quali appunto in virt dell'essere*sono ci che sono. Si capisce allora perch non abbia senso dire che l'esperienza (strutturata a qualsiasi liveilo) venga prima della n metafisica r : l'anteriorit. che si pretenderebbe compromette, infatti, l'autentica < assunzione r dell'essere come tale, il tema della Metafisica. Poich I'essere in quanto tale I'ente in qwanto ente, il dato in qwawto dato, ciascuna cosa in quanto se stessa, la formulazione del conoscere nel suo principio ontologico l'identit per la quale l'essere non si pone come ( altro r rispetto a ci di cui . AIla formulazione A : A bisognerr allora restituire tutta l'originaria pregnanza ontologica : la Metafisica come ' scienza' non pu venire < dopo r l'esperienza proprio perch la Metafisica come scienza non che l'esplicitazione della tematizzazione implicita dei dati e, quindi, ponendosi con i dati e con la loro luttlzzazione epstemica e tecnica, non li ( suppone ) come non suppone i risultati delle scienze
particolari.
.58

scitivo, in quanto passaggio d,a wtermine, 'elemento di conoscenza.', ad, un altro termine : relazione in atto fra termini esplicitamente < separati r fra loro. L'analogia empirica (il < chimismo r del discorso su modelli empirici) dovuta, allora, alla riduzione del conoscere a < nozioni > che

Dove non si voglia pervenire alla <costruziorre>, per altro arbitraria, di Metafisiche come superscienze, la formulazione < scientifica r del thema metafisico ha senso come consapeuolezza storicizzantesi o filosofia problemetizzantesi nella sua storia : passaggio dall'iniziale (in cui ci si trova insopprimibilmente con l'esperienza che confusamente ed implicitamente < tutto >) all'originario (che iI ( valore l stesso dell'esperienza, da esplicitare con l'< analisi > che attua di s

Altrove (r5) abbiamo tentato di <fondarer questa distinzione fra iniziale > ed < originario r, all'interno della nozione di < cominciamento > del filosofare : rapporto fra il cominciamento d,el, filosofare ed il fiIosof.are nel, cominciamento. Qui ne abbiamo saggiato l'importanza al livello di un discorso ontologico: quella distinzione esclude la possibilit di mettere in forma di <problemar (e quindi di <distinzione)) e di <relazioner) I'ente e l'essere, essendo la consapevolezza dell'essere nella posizione stessa dell'ente.
<

il

conoscere).

La < meditazione r sttlI'awtentico nel fi.losofare rivela l'insuffrcienza della < nozione )t ,wo?no alla < nozioner frincipio. L'insuff.cienza risulta dal < confronto r, operato in sede di chiarificazior\e, ra la totalit del principio e la non-total,it della nozione ,r,orno. L'insufficienza va riproposta in esame per chiarire che essa si presenta nella forma di una limitazione arbitraria della totatit (limitazione in quanto imposta, limitazione arbitraria in quanto imposta senza suffi.ciente giustificazione), della totalitr che, per essere essa stessa, in qualche modo, a saputa )), non d,eae riswltare quale insieme di twtte I,e nozioni, n corne una particolare nozione d'i quel,t'insieme d,,i nozion.

di interno alla filosofia, se non nel senso che deve

Il

principio onde

il

filosofare si struttura non pu essere qualcosa


identi_ficarsi senza

residuo con essa. Ora, se l'identit fra < principio > (fondamento) e < filosofare r va recuperata, questo recupero non pu risultare estraneo al filosofare (riproporrebbe all'infinito la non-identit all'interno del filosofare) ; se l'identit va recuperata e se il recupero appartiene aI filosofare, il filosofare non pu essere assoluto (o, il che lo stesso, se l'Assoluto dovesse procedere al recupero di s, relazionandosi a ci di cui fosse recupero, sarebbe contraddittoriamente non-Assoluto). Poich il filosofare non l'Assoluto e poich nulla pu essere
59

ostrilnco alla totalita, se si pcnsa la filosofia come la stessa totatta., si ponc l'Assoluto nel,l'a totalit" (ond.e lo si pensa come tale), ma esso C Assoluto in quanto trascende la totalit. onde pensato. Questa situazione del trascendimento all'interno del quale si pone 1o stesso Trascendente, senza che vi si vanifichi, diciamo trascendentale. Di esso si struttura e si materia esaustivamente, coestensivamente all'esperienza, il filosofare ; onde iI fi.losofare Metafisica. Ora, se la nozione uomo mantiene la propria univoca accezione (anche dilatandosi ad assorbire il < mondo r della sua < cultura >), essa resta owiamente < nozione ) e, come tale, essa si pone concreta' mente come colui entro il quale empiricamente si attua il processo del filosofare, ma non come il filosofare stesso. Una filosofia che si svolgesse intorno all'uomo onde risolvere i problemi d,el,l,'tomo ed all'uomo, perci, si commisurasse, mancherebbe di radicare l'uomo nella sua awtenticit, obliando la problematicit stessa entro la cui trascendentale portata l'uomo uomo. L'equivoco dell'antropologia in sede filosof.ca sembra, dunque, ind.icabile nell'equivoco fra problemi d'ell'aomo e problema umano (che , poi, la radicale differenza fra Antropologia ed Umanesimo), problema umano che , radicalmente, la domanda innegabile dell'Assoluto, domanda inconvertibile in Assoluto.

NOTE

espressione pi tradizionale, n empiriqe , ed o astratto ,). Rigorizzandosi, la nozione di awtentico scopre la sua originariet nel t crt, nella uned,esirnezza, e iI r ytiq dut voeiv i.atv te xai evcrr, parmanideo, che iI tema fondamentale dell'insieme deI pensiero europeo-occidentale (cfr. M. HBroBconn, Was heisst Denhen ?) regge qui l'uso del termine n fi.losofare , ; anche senza che si entri qui in merito alla questione della parentela con essa della espressione hegeliana l'oE,ssere Pensiero, (cfr. Hocer-, Pre{azione de1la Fenom. d,etrlo Spirito). La problematica dell'ente nell,'essere qui indicata come la concretezza del filosofare. n Concreta posizione , la posizione assolutamente innegabile ed questo il senso in cui diciamo che " dialetticit >. La nostra meditazione si volge nel tentativo d penetrare l'intimit. del pensiero filosofico a partire dalla sua formulazione in M. Gentile (cfr. M. Gorvrrre, Filosofia ed, Umanes'imo, Brescia, 1948; e Covne si pone il problerna metafisi'co, Padova, 1955). Non un < partire r dalla formulaziote, bensl un ( penetrarne )

La presente nota non pretende owiamente di esaurire i riferimenti storici e bibliografici del tema. Essa viene qui posta a semplice indicazione. L'autenlc'i, qui considerata inizialmente nel senso in cui M. Heidegger parla di inautenticil, riferendosi al Man, al sa dell'anonimia : fiIosofare autenticamente liberarsi progressivamente dall'apparentemente vero che si presenta come tale in quanto u banale ,, < quotidiano , (ci che potremmo dire, con

E se il penetrarc approfondimento, esso anche o rischiaramento r (lo Erhell,wng di Jaspers). Potremmo dire, infatti, con Jaspers che o il pensiero (filosof.co) non mi procura conoscenze di cose estranee a me, ma mi rettl,e chiaro qtelLo che io veramente intendo . . . Il pensiero, in tal caso, crea il limpido spazio della mia autocoscienza r (K. Jasrnns, Scienza e Fi,losofia in < Archivio di Filosofia ,, L'Esistenzialismo, t946, trad. di R. DB RosA, pag. n) ; ed il senso stesso in cui, fuori da implicanze e complicazioni psicologistiche, forse presenti in Jaspers, stato detto che il discorso filosofico si svolge non su di un n segmento ,, ma, per cosl dire, all'interno di un punto, per cui tutti i suoi elementi sono parimenti implicati (cfr. E. SBvBnrNo, La Struttwra originaria, Brescia, 1958) ed , quintli,
6o

il

senso.

6r

n()i c()r(lu(liul(),

circolarc ). A qucsto ( nlctodo ) abbiamo dedicato un breve

strrtlio

trascendimento , dell'ernpirico che mi circonda, ma non mi fonda; in <lrresto noi ved iamo la scaturi,gine (Ursprung) , per usare un'espressione Jasperiana, del legame con la trascendenza. I-a nozione cli " trascendimento r che noi dobbiamo a M. Gentile chiararnente accostata qui a quella di Heidegger : < De Transzendemz i,st der,onach
ncccssario
u

Nclla presente mcditazione I'autenticil, dialetticamente reculrctir.tir, intesa come il lend,ere alla ueyil, in cui il problema.tzzare come
ir, 1rir.rtc.

il u non , detto del concreto),

laddove il concreto non il non-astratto, rrra si viuela

L'astratto si presenta come concreto (l'n errore ,, donde il dubbio) e si riuela rrorr concreto con la mediazione che la presenza operante del vero, presenza operante la contraddizione: l'astratto, erigendosi come tale, si erige
concretamente, e quindi si contraddiceAllora, la funzione dell'astratto quella stessa della contraddizione (essere per non essere, porsi fer togliersl). Da notare la duplice funzione del negativo (funzione d,eterminante nell'astratto e funzione riaelatiaa nel concreto). Si precisa, allora, anche che l'originario non mai n dato r e che esso risulta indimostrabile, anapodittico, ma appunto risulta tale : si dr, insomma, dimostrazione della sua anapoditticit, dicendo che ogni dimostrazione lo n domanda u e quindi che ogrri dimostrazione vi si inserisce, vi si fonda ; esso n originario u rispetto a ci che si rivela, invece, ( originato D. Non si parte dall'u originario r perch 1'<iq1 non ci che domanda ma ci che domandato. Si comincia a domandare quel n cominciamento , che

(dimostrazione dialettica) come non-astratto.

der Bezivh, innevhallb dessem das Pyoblew d,es Grwnd,es sick mwss antrefren lassen ,. (M. Heroeccrl<, Vorn Wesem des Grund,es, Frankfurt am Main, 1949, pag. r8). piuttosto scoperto il dissenso che noi crediamo di vedere fra Ia problema-

ticit come noi l'assumiamo ed iI concetto che diessaformula N. Abbagnano; cfr. N. ArrecNlNo, La Slruttura dell'esistenza, Torino 1939 e Introd,uzione all'Esi,slenzialismo,'orino rg47 $t cui egli considera l'uomo in rapporto con l'essere) e dissentiamo proprio perch discutiamo la possibilit, di un vero rapporto con l'essere.
formulazione di X't. Gentile, Ia meditazione della quale ci ha consentito 1o sviluppo dOriginaviet e med.i,azi,one nel discovso rnetaf,sico. (z) Sull'essenza del metodo dialettico : IEGEL, La sc'iemza dell,a Logica, trad. Moni, \rol. I, pagg. 3738, opportunamente citato da E. Severino (E. SrvERINo, Op. cit., pag. 49) e ci permettiamo di rimandare al nostro Origina-

(t) La pregnante

la

uragione, stessa del domandare. (5) L'innegabilit. dell'originario , infatti, l'impossibilit. di mettere in questione che I'originario ci sia. Dell'originario non v' possibilit, di n scelta , :
esso da empre ed

in esso si da sempre. La circolarit (l'innegabilit provata con la negazione tentata) il metodo


D

riet, ecc.). (3) Analiticamente, chiedersi che cosa il filosofare n , significa mettere in questione il rapporto ra n certezza, e u verit i certezza a verit sono termini di un'equazione, nel senso che I'zdenti.ficaziome fra di essi consiste nel riconoscinrcnl.o della loro identit. ("certezza, "verit",), ma alla consapevolezza di ci si perviene : l'identit fuori processo (o da sempre o non sar, mai), mentre Ia consapevolezza di questa idendit si attua processualmente ed in questo senso u identificazione ,. Il processo il toglimento (o negazione) dell'opposizione, in quanto si perviene a determinare logicamente con la negazione dela possibilit, dell'ipotesi opposta. I1 presentarsi delle possibilit opposte il u riconoscimento , ma si perviene alla struttura del riconoscimento escl,wd,endo che le n possibilit ) possano non (4) Precisiarno questa affermazione a partire dalla nozione di . relazione ' come .impl,esso uno-molti, nella forma dell'uno implicato: la nozione d1 implesso si pone distinguendosi da quella di conoplesso (i7 cuno dei termini uniti in un ninsieme,). Per I'implesso la relazione il rapportarsi costitutivo, donde la concretezza dei termini : se la relazione l'implesso uno-molti, la struttura concreta atto (relazione in atto). La struttura n astratta ' , in realt, stmttura ( concreta r dell'astratto, nel senso che l'astratte zza rlon riguarda la . struttura ' come tale, ma i termini in quanto consitlerati n fuori ' struttura, fuori implesso. L'nastiatto ' il considelato coyne tal,e, esso la considerazione (astratta) del concreto: ovvero l'astratto non n r. Allora non v' contrapposizione concreta fra astratto e concreto, proprio perch manca il ( genere , che includa
essere compresenti.

che fornisce l'originario perch esso non pu u risultare

se non gi, presente

all'inizio del processo e ael processo, coestensivo ad esso. La circolarit ci in cui l'originario si rivela tale, negandosi come risultato uero e proprio: Il metodo che o inventa , l'originario funzione logica dell'originario, perch

l'originario londa lo stesso metodo del suo rivelarsi tale (anapoditticit). L'or'iginario detto com,e anapodittico ed ttouato come originario mediante la d,iynostvazione della sua anapoditticit;. Il circolo non vizioso perch n 1o o originario , preswpposlo alla dimostrazrote della sua anapoditticit, n l'apoditticit. presupposta alla u definizione , di originario : I'originario si riuela tale in quanto anapodittico. Il rivelarsi riguarda l'originario in quanto considerato in rapporto a ci che lo richiede (esso ( principio ), a partire da ci di cui uprincipio,). La coestensivit dell'originario al processo (della eventuale dimostrazione) la stessa circotravit del metodo. Di qui Ia duplice caratteristica di un discorso sull'originario (ci che noi indichiamo come tr,utenlico nel filosofare) :la pwntwalit
Se coestensivit, coimplicazone (tutto presente in ogni momento del processo), il discorso necessariamento denso (la presa dell'intero domanda che si ritorni sempre di nuouo sul discorso e non per prolungarlo o per diluirlo, ma per titroaaylo identico nel diverso la densit. del discorso la" sua intenzionale inesauribilit). Senonch le molte cose del discorso n denso ) vanno dette in modo che

e La denst.

la loro articolazione lrel discorso non importi una ( separazione , fra di esse. La densitr del dire fi.losofico anche, in ultima analisi, la verit, stessa di ci che si dice.

.astratto
6z

si precisa

e (concreto, al medesimo livello di considerabilit. L'*astratto n allora come " ateoretico r (I'o errore ,) : esso il non-concreto (meglio,
D

Il discorso filosofi.co si trova, perch non segmentale, ma n puntuale ,, di fronte alla propria apparente aporia: le opposte tentazioni della ridwzionc il
fiIosofo si cimenta costantemente scmbr.rlto

e clella ineffabilit con le quali

6j

ittrlit:ir.rc al)punto i due estremi, quello del discoyso covnume e quello della nnwmcta

:r <liro, soluzioni equivalenti perch dire inadeguatamente come non dire. l,'inadeguatezza del discorso comune appunto la costrizione che gli propria di n segmentare n l'indivisibile (usando di imagini diremmo che il discorso comune non pu non n immaginare , iI < punto ) come l'estensione minima e,
quincli, non pu provocare l'aporia, aporia che esso non pu rilevare). (6) L'assolutamente Altro , appunto, l'Assoluto, ma, rispetto all'Assoluto, ogni termine assolutamente < altro ,. Il n rispetto dell'Assoluto , , tuttavia, la posizione astratta (formale) r'ella d,ifferenza ontologica fra l'Assoluto e l'altro dall'Assoluto, intesa come ( regione intermedia , ; ma porsi nella difierenza ontologica noamtemers'i nella domanda dell'Assoluto e non nell'indifferenza

(rr) Cfr. G. GrNrrrc, Sistema d,i Logica come teovia del' conoscere, Vol. II, Capitolo I (logo astratto e logo concreto). (rz) Cfr. P. PmNr, Il probl,erna d,etrla filosofia. in o Atti del XVI Congr. Naz. di Fil. r Roma-Milano, 1953. Il Prini usa di questa parola per indicare la o dimensione , che la filosofia avrebbe fino ad oggi dimenticato.
(r3) Prendiamo in esame, a proposito, un testo di Aristotele, in cui ci sembra delineare il rapporto fra attivit umane e la ricerca del principio che il filosofare : Anrs:r. Met., E, roz5 b : n Ci che si cerca sono i principi e le cause degli esseri, owiamente in quanto sono. Poich c' pure una causa della salute e del benessere, ed anche le entit matematiche hanno principi e cause : in generale, anzi, ogni ricerca di ragionamento, o che del ragionamento si serva almeno in parte, intorno alle cause e ai principii pur con un pi o meno di esatlezza

(ro) Cfr. M. Heooccol, OP. cit., pag.

15.

(logica, astratta) fra Assoluto e non-Assoluto. (7) Si veda l'impostazione del ricorso srl bene nel Filebo pla.tonico (Prer., Filebo, tr a, b): il senso della domanda che cosa bene ? il proporsi la determinazione di quale fra Ie cose (od esperienze) sia tale da preferirsi (da scegliersi, perch migliore delle altre) : ci si propone, insomma, di determinare che cosa sia tale in se stesso da muovere la scelta, motivandola.. La necessit della scelta non o , lI doaeve di scegliere giustamente : non si pu scegliere (ovvero la scelta come fatto fuori questione) ma si pu errare nella scelta ( in questione il valore della scelta, senza che sia in questione che la scelta per un valore).
Perch non si pu non scegliere ? Perch i beni, oggetto di appetizione, si presentano in modo da escludersi fra loro : o i piaceri o I'esercizio dell'intelligenza. Se scegliere inevitabile, non si pu non trovarsi, di fatto, fin da principio, in un giudizio su che cosa sia secondo noi n bene , : la scelta, come decisione
o

semplicitr, r.

Dove si rileva : r) ogni ricerca ricerca dei princpi e delle cause (ogni scienza dei principi) ; z) si d, necessariamente una ricerca (una scienza) che concerne

i principi

degli essenti non

in quanto determinati particolari

essenti, ma in

Ogni attivit umana in cui entri in qualche modo Ia di,anoia , per quella parte in cui dianoetica e, quindi, scienza (epistme dianoetik), ricerca dei principi : 7a d,ianoia, presente in varie misura nelle attivit umane , per se stessa, proporzionatamente alla sua (presenza ,, I'and,are aerso la determinazione o il ritrovamento dei principi ; la diversa misura, il pir ed il meno in cui la di.anoia presente, non muta essenzialmente la natura della d'ianoia stessa, la

quanto o essenti,.

pratica

atteggiamento teoretico.

dunque quale garanzia del valole intrinseco della cosa che si appetisce: potremmo dire che l'u appetire , non n fondamento , della o appetibilit , come .valore, ma, viceversa, che il valore della cosa appetita a discriminare Ia mera appetivit fattuale dalla appetibilit" come giustificazione (ci che , in se stesso, u bene ,). La determinazione del bene deve, pertanto, prescindere dal fatto che qualcosa pir di altra cosa viene appetita come bene : la ricerca u valida. , solo se prescinde dal fatto (altrove accertabile, storia naturale del costume), ache se non si pu escludere che quanto di fatto oggetto di appetizione possa essere anche (ma non solo per questo) da appetirsi. (8) Per la cornplessa trama dei rapporti fra atteggiamento n problemativo , ed atteggiamento < sistematico , in filosofia importante la lettura di A. M. l,IoscuErrr, L'Unit come categoria, Milano, r95z vol. I, dove, tuttavia, ci sembra che la Metafisica venga prospettata come Metafisica d,ell'wit e tale da assumere appunto l'unit ad un livello categoriale anzch pienamente trascendentale (livello quest'ultimo in cui non si struttura una metafisica dell'rnitt, ma che l'intero strutturarsi dell'"unit metafisica,). Si veda, ad esempio, l'impostazione del Moschetti della o crisi dell'universale come trascendentale ,, dove l'accezione kantiana del termine o trascendentale , ci sembra quasi esclusiva.

gi, implicitamente, un giudizio : il comportamento gi anche Il fatto che si appetisca qualcosa non da assumersi

), ( andare verso qualcosa, attraverso . . . (dia) ,: la dianoia pienamente attrata (al limite, noi diremmo) recupero dei prrncrpl. (r4) A proposito del senso in cui parliamo di eleatismo ligovizzato, precsiamo che il nostro discorso rimanda ai frammenti di Parmenide senza darne una diretta esegesi (circa l'extra temporalit, dell'essere 6lov, che compiutezza e, quindi, realt indifierenziata e la dialetticit per la quale Parmenide e Zenorre si limitano all'6v come opposizione al non-essere, cfr. M. UNnrnsrrNon, Parrnenid,e, testimonianze e frammenti, Firenze r95B). (r5) Cfr. il nostro Originariet, e Mediaz'ione nel' discorso metafis'ico,
quale , appunto, ( andare attraverso

Roma,

1963.

(9) Togliere

la contraddiziore < ,

riconoscere

la

contradditoriet, della

proposizione che la signiflca : la posizione astratta di qualcosa , come posizione, necessariamente concreta, e quindi, inevitabilmente contraddittoria: sapere la contyadd,izione negarla, noa si nega la contvaddiz'io%e n coslvuendola ,.

64

65

Finito di slampare il' z3 settembre t963 oon i tipi della " Ttferno Grafica ,,

di Citt dd Castel,lo Pel coro del.la Jandi Sapi, Editori

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