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Vittorio Perego

AUTOAFFETTIVITA E IMMANENZA DELLA VITA: LINCONSCIO

Il percorso filosofico di Michel Henry si concretizzato anche nello sforzo di individuare


nella storia del pensiero i luoghi in cui la vita nella sua immanenza affettiva si manifestata.
Lobiettivo della presente ricerca di mostrare come anche il concetto di inconscio possa assumere
una piega fenomenologica, a cui Freud non rimasto sempre fedele. Henry, quindi, si inserisce
nella storia del rapporto tra fenomenologia e psicoanalisi, la cui importanza e fecondit speculativa
stata ampiamente messa in luce da Merleau-Ponty.
Se la psicoanalisi la messa in questione della coscienza nella sua forma tradizionale,
lindagine genealogica condotta da Henry non pu che iniziare dalla tematizzazione della coscienza
inaugurata da Cartesio. In Genealogia della psicoanalisi. Il cominciamento perduto Henry cerca di
mostrare come in Cartesio si venga a costituire una modalit di pensiero che determina lo sviluppo
successivo della filosofia occidentale. Infatti, se Freud risulta essere colui che in qualche modo ha
portato alla luce quel fondo impensato che costituisce lessere pi intimo delluomo, ci stato
possibile attraverso la messa in discussione di alcuni presupposti del pensiero dellOccidente. In
particolare lorigine genealogica del concetto di inconscio, secondo Henry, appartiene proprio alla
tematizzazione cartesiana della coscienza: quand dunque che il concetto di inconscio apparso
nel pensiero moderno ? Contemporaneamente a quello di coscienza e come sua esatta conseguenza.
Descartes che ha introdotto il concetto di coscienza col senso che ha per noi1. Linteressante
esegesi di Henry finalizzata a mostrare non solo questo configurarsi della coscienza, che la
psicoanalisi freudiana decostruisce, ma anche, e soprattutto, di mettere in evidenza come gi in
Cartesio sia presente un approccio originario alla coscienza. In questo senso Descartes pu essere
considerato il fondatore della psicoanalisi, bench nella sua stessa filosofia si pongano i presupposti
per la deviazione istoriale (dviance istoriale) che, con leccezione di alcune intuizioni di
Schopenhauer e Nietzsche, caratterizza la storia del pensiero occidentale.

1. Il cartesianesimo una fenomenologia

Il confronto con la proposta cartesiana viene effettuato da Henry allinterno di unindagine


sul Cominciamento, sulloriginario. Che cosa comincia in un senso radicale ? Lessere
certamente, se vero che niente sarebbe se lessere non avesse da sempre dispiegato la sua propria
essenza2. lessere che raccogliendo in s tutto ci che , costituisce il primo cominciamento. Il
modo in cui si realizza linizialit di questo cominciamento radicale lapparire. Secondo Henry,
infatti, lapparire stesso in quanto tale ci che gi dato prima di ogni cosa. Nel senso pi

1
M. Henry, Gnalogie de la psychanalyse. Le commencement perdu, PUF, Paris 1985, tr. it. di V. Zini, Geneaologia
della psicoanalisi. Il cominciamento perduto, Ponte alle Grazie, Firenze 1990, p. 14.
2
Ibid., p. 23.
1
originario, lapparire lo in quanto appare sin da principio se stesso e in se stesso. in questa
misura che lapparire identico allessere3. Nel linguaggio cartesiano lapparire in quanto tale il
pensiero, vale a dire ci che si d una volta che viene messo fuori gioco tutto ci che appare 4.
Lobiezione heideggeriana presente in Essere e tempo secondo cui il cominciamento cartesiano non
originario e non sufficientemente radicale, in quanto presuppone una precomprensione
ontologica, secondo il quadro interpretativo di Henry non condivisibile.
Infatti, Cartesio non sostiene che il punto di partenza l io sono, bens afferma penso
dunque sono; ci significa che laffermazione di principio deriva dallunica premessa
indispensabile senza la quale la proposizione dellessere non possibile. Questa premessa
lapparire, che, appunto, viene indicata da Cartesio come pensiero. Il fatto che l io sono risulti
dallattestazione dellapparire del pensiero, significa che, a differenza di quanto sostiene Heidegger,
secondo cui se non avessi almeno una implicita comprensione del senso dessere, non potrei
neanche dire io sono, in Cartesio originario il rivelarsi dellapparire stesso. Dunque, in io
penso dunque io sono, significa una definizione fenomenologica dellessere attraverso leffettivit
di questa rivelazione dellapparire in se stesso e come tale5. In altre parole, se la posizione del sum
deriva da quella dell io penso, allora lapparire che apre lorizzonte allinterno del quale si
rivela lessere. Questultimo viene denominato nel linguaggio cartesiano come sostanza, cosa
(res).
Lobiettivo dellinterpretazione di Henry di mostrare la natura fenomenologica del punto
di partenza cartesiano. Cosa che pensa indica lapparire in quanto tale, infatti ci che si mostra
non un ente particolare, un oggetto, bens il mostrarsi stesso, lapparire dellapparire. Laccusa a
Cartesio di sostanzialismo dualistico, in base al quale ci che si mostra solo unimmagine di una
realt che permane identica a s e che si sottrae per principio alla fenomenalit, chiaramente
respinta da Henry, per cui Cosa, nellespressione cosa che pensa, non indica niente che sia al
di l dellapparire nellattualit della sua effettuazione, come se apparire designasse una mera
parvenza, un fenomeno - Schein, Erscheinung - lasciando ancora dietro di s la realt, rivelandola
per mediazioni, cio nascondendola, qualcosa dunque che, nel suo mostrarsi, rimanda ad altro che,
invece, non si mostra6.
In questo modo Descartes per comprendere che cosa lessere non deve far riferimento agli
enti - infatti dopo il dubbio iperbolico il mondo degli oggetti messo fuori gioco -, ma solo

3
Ibidem.
4
Proprio nel momento in cui fu capace di considerare il pensiero in se stesso, vale a dire lapparire per se
stesso, quando respinse tutte le cose per non conservare che il fatto della loro apparenza - o meglio, quando
respinse le cose e la loro apparenza, con la quale sono sempre pi o meno mescolate e confuse nella
coscienza ordinaria -, per non considerare altro che questa pura apparenza, astraendo da tutto ci che in essa
appare, allora in effetti Descartes credette di poter trovare ci che cercava, il cominciamento radicale,
lessere: io penso, io sono (Ibidem). Si veda anche M. Henry, La critique du sujet, Cahiers confrontation,
20 (1989), pp. 141-152, in particolare pp. 144-5.
5
Id., Genealogia della psicoanalisi...cit., p. 24. In generale su questo aspetto si veda J.-L. Marion,
Gnrosit et phnomnologie. Remarques sur linterpretation du cogito cartsien par Michel Henry,
Les Etudes philosophiques, 1, 1988, pp. 51-72 e J. Souls, Louvertur intrieur.Manifestation originaire et
pense de ltre chez Michel Henry, in AA.VV, Phnomnologie: un sicle de philosophie, a cura di
P.Dupont e L. Couraire, Ellipses, Paris 2002, pp. 139-176, in particolare pp. 161-171.
6
M. Henry, Genealogia della psicoanalisi...cit., p. 24. Henry consapevole che questa qualit
fenomenologica della riflessione cartesiana non si mantiene tale, ma avr una caduta metafisica: vero
che, dopo questo riconoscimento del Cominciamento nella sua inizialit, si produce in Descartes una caduta
fatale per cui il pensiero non pi che lattributo principale di una sostanza che rimane al di l di esso, cos
che il concetto adeguato di sostanza viene riservato a Dio mentre il pensiero stesso non pi che una
sostanza creata, tanto quanto il corpo [...] Ma niente di tutto questo cimporta davvero, non pi di quanto
cimporti di sapere se questa deriva dai significati fenomenologici originari appartenga al pensiero proprio di
Descartes oppure sia il segno del sovrapporsi ad esso di quelle concezioni teologiche e scolastiche che pure
si era proposto di eliminare (Ibid., p. 25).
2
allapparire in quanto tale. Ci gli consente di evitare ogni interpretazione dellessere a partire
dallente. Questa lettura del cogito viene approfondita da parte di Henry facendo riferimento alla
Seconda meditazione, in cui Cartesio realizza lpoch radicale, vale a dire dubita di tutto quello
che vede e percepisce. Ogni contenuto del mio vedere pu essere falso, unillusione e ci perch
nonostante questi contenuti siano percepiti distintamente, il vedere in se stesso che fallace.
Secondo Henry ci che per la prima volta si realizza attraverso questa poch la chiara differenza
tra ci che appare e lapparire come tale cos che mettendo provvisoriamente fuori gioco il primo,
essa libera il secondo e lo propone come il fondamento. Dunque, questo fondamento a vacillare
adesso, lapparire stesso e in quanto tale che in questione, nella misura in cui questo apparire
un vedere7. Lpoch del dubbio mette fuori gioco lambito di visibilit, il vedere e il suo potere di
manifestazione. Ma cosa significa vedere ? Vedere significa guardare verso e raggiungere ci
che si tiene davanti allo sguardo, in modo tale che solo attraverso lob-biezione di ci che cos
gettato e posto davanti che questo si trova ad un tempo e allo stesso modo visto e guardato8.
Quindi lesser-posto-davanti risulta essere la condizione sine qua non dellesser-visto; in altri
termini, il vedere (ontico) degli oggetti si fonda nellorizzonte dellesser-posto-davanti. Questo
orizzonte puro viene indicato da Henry come e-stasi. Ora, le-stasi la condizione di possibilit
del videre e di ogni vedere in generale. Ma appunto questa e-stasi originaria che la riduzione
abbandona9. Nella Seconda meditazione dopo che il dubbio iperbolico sovverte anche le verit
eterne, Descartes afferma che tuttavia certissimo almeno che mi sembra di vedere10 (At certe
videre videor). Per quanto il vedere sia fallace, quanto esso esiste, vale a dire si mostra, si
manifesta. Videor indica linsuperabile capacit di apparire della visione che si offre a noi. Tuttavia,
e questo risulta essere un aspetto decisivo, questo videor non deve essere confuso con il videre;
infatti, lapparire originario del videor, grazie al quale mi sembra di vedere, non in nessun modo
lesercizio del videre, con cui viene percepito ci che posto davanti. In altre parole, lessenza
originaria della rivelazione risulta essere irriducibile a quella che Henry ha chiamato e-stasi.
Questa condizione di irriducibilit tra il videor e il videre deriva necessariamente dallesercizio
dellpoch messo in atto da Cartesio, attraverso il quale il vedere stato messo in questione nella
sua capacit rivelativa. Se il vedere non pu stabilire con certezza la veridicit di ci che percepisce,
come possibile che esso costituisca il cominciamento assoluto e diventi il principio di ogni
rivelazione ? Il principio che stato distrutto dallpoch non pu pi salvare se stesso: non
avendo pi alcuna validit per fondare una qualunque cosa, non sarebbe in grado di assolvere il
compito preliminare dellauto-fondazione. Pertanto lapparenza primitiva che attraversa il videre e
fa di esso un fenomeno assoluto , e deve essere, strutturalmente eterogenea rispetto a
quellapparenza che il vedere stesso nelle-stasi. Questa, dato che Descartes ne ha appena ricusato
la visibilit in quanto dubbia, non pi e non pu pi essere un fondamento sufficiente per la
fenomenalit pura e per la verit che, per principio, le appartiene11.
A testimonianza che questa la direzione nella quale si muove la riflessione cartesiana
Henry prende in considerazione il seguito del testo tratto dalla Seconda meditazione: Tuttavia
certissimo almeno che mi sembra di vedere, di udire, di scaldarmi; e questo propriamente quel che
in me si chiama sentire, e che, preso cos precisamente, non nullaltro che pensare12. Lapparire
originario, espresso dal videor, viene compreso come un sentire; il pensiero si realizza, non come
unattivit che coglie ci che sta davanti, ma come un sentire primitivo, come unaffettivit
originaria, come una rivelazione che si mostra da se stessa in ci che . Videor in videre videor,
designa questo sentire immanente al vedere e che fa di esso un vedere effettivo, un vedere che si

7
Ibid., p. 28.
8
Ibid., p. 29.
9
Ibidem.
10
Cartesio, Meditazioni metafisiche, in Opere filosofiche, vol. 2, tr. it. di A. Tilgher, Laterza, Roma-Bari
1996, p. 28.
11
M. Henry, Genealogia della psicoanalisi...cit., p. 30.
12
Cartesio, Meditazioni metafisiche, cit., p. 28.
3
sente vedere13. In definitiva, il videor designa limpressione immediata del vedere, la sua
originaria auto-rivelazione. Lessenza del pensiero escludendo le-stasi, lesteriorit si dispiega
come uninteriorit radicale. A questo proposito alcune affermazioni di Descartes ne sono una
conferma: Col nome di pensiero comprendo tutto quello che talmente in noi, che ne abbiamo
immediatamente conoscenza14. Loriginario apparire del pensiero, come interiorit radicale che
fonda ogni percezione, viene cos formulata: la conoscenza interiore, che precede sempre quella
riflessa15.
Questo cominciamento, intravisto allinizio dellet moderna, viene smarrito producendo
quella che Henry chiama deviazione istoriale (dviance historiale), quando lo stesso Cartesio,
dopo aver riconosciuto laffettivit del pensiero, non individua nellaffettivit stessa lessenza del
pensiero, ma solo una sua qualit accidentale. Tale deviazione si compie nella Terza meditazione,
dove si assiste ad uno slittamento della problematica concernente il cogito verso il cogitatum. Si
tratta di un vero e proprio oblio del videor, infatti la problematica che emerge in questo contesto
quella di legittimare la capacit conoscitiva del pensiero attraverso la mediazione della veracit
divina, e quindi avendo come punto di partenza quel cogitatum particolare che lidea di Dio. Cos
il nuovo progetto cartesiano viene riassunto da Henry: Bisogna quindi prima di tutto scoprirla
[lidea di Dio], poi fare linventario dei cogitata, assicurarsi di essi in quanto cogitata, sottrarli di
conseguenza alla riduzione, e questo presupponendo linfallibilit del vedere che si tratta di fondare.
Poich la verit di tutto questo movimento, nella misura in cui evita la contraddizione, appunto
questa: il cogitatum sfugge ormai da solo alla riduzione16. Ci significa che lessere pensato non
sottoposto al dubbio e nella prospettiva di Henry, essere pensato, essere un cogitatum qua
cogitatum vuol dire essere visto17. In questo modo viene reintrodotta la modalit tipica della
filosofia che riconduce loggetto desperienza allesser-posto-davanti, allorizzonte delle-stasi.
Il cogito che aveva aperto un velo sullimmanenza radicale dellapparire, diventa solo il
nome del darsi del cogitatum, vale a dire, come si esprime con efficacia Henry: la soggettivit del
soggetto non pi niente altro che loggettivit delloggetto18. Questo smarrimento dellessere
originario della soggettivit si evince in modo particolare nella celebre tesi in cui Descartes riduce il
cogito ad un vedere: Minganni chi pu: non potr mai fare chio non sia niente, finch penser di
essere qualcosa; o che un giorno sia vero che io non sia mai stato, essendo vero adesso che sono;
oppure che due e tre, sommati assieme, facciano pi o meno di cinque, o cose simili, che vedo
chiaramente non potere essere in altra maniera da come le concepisco19. Il compimento di questo

13
M. Henry, Genealogia della psicoanalisi...cit., p. 31. dunque nel sentire che Descartes decifra lessenza
originaria dellapparire espressa nel videor ed interpretata come il fondamento ultimo, come sentire che il
pensiero si dispiegher necessariamente con la folgorazione di una manifestazione che si esibisce da se stessa
in ci che , e nella quale lpoch riconosce il cominciamento radicale che cercava (Ibid., p. 30). Si veda
anche Id., Philosophie et subjectivit, in AA.VV., Encyclopdie philosophique universelle, diretta da A.
Jacob, PUF, Paris 1989, pp. 46-56, in particolare p. 53 e id., Descartes et la question de la technique, in
AA.VV., Le discours et sa mthode, a cura di N. Grimaldi e J.-J. Marion, PUF, Paris 1987, pp. 285-301, in
particolare pp. 290-4.
14
Cartesio, Risposte alle Seconde obbiezioni, in Opere filosofiche, cit., p. 148.
15
Id., Risposte alle Seste Obbiezioni, in Opere filosofiche, cit., p. 391 (traduzione modificata).
16
M. Henry, Genealogia della psicoanalisi...cit., p. 53.
17
Ibidem.
18
Ibid., p. 54. Il cogito cartesiano gi un cogito kantiano (Ibidem). Ci che la Terza Meditazione opera,
con la considerazione sistematica dei cogitata, dunque qualcosa di completamente diverso da un semplice
spostamento tematico, quello che conduce lo sguardo dal cogito al suo cogitatum: la riduzione del primo a
non essere altro che la condizione del secondo, la riduzione della sembianza originaria del videor alla e-stasi
del videre (Ibidem).
19
Cartesio, Meditazioni metafisiche, cit., pp. 34-35. In questa prima conoscenza non si trova nientaltro che
una chiara e distinta percezione del fatto che io conosco [...] Pertanto mi sembra che gi possa stabilire per
regola generale, che tutte le cose che noi concepiamo molto chiaramente e molto distintamente sono vere
(Ibid., pp. 33-34).
4
vedere viene individuato nella chiarezza e distinzione, vale a dire nellevidenza. Questa risulta
essere il criterio, la norma di ogni possibile verit. In questo modo il cogito, da un lato, nella forma
dellevidenza, lunico criterio di verit, e dallaltra si configura come la prima delle verit. In altre
parole, il cogito diventato esso stesso unevidenza. Unevidenza, una verit significa qui in realt
il contenuto di unevidenza, un contenuto ontico20. Il cogito non pi la verit ontologica, la
condizione trascendentale di possibilit di ogni verit, ma una verit ontica, seppure la prima a
partire dalla quale si deducono le altre21.

2. La fenomenologia materiale

Limmanenza radicale riemerge nella fenomenologia husserliana, in particolare Henry


prende in considerazione il paragrafo 85 delle Idee, in cui Husserl tematizza la differenza tra hyle
sensibile e morph intenzionale; i vissuti, considerati nella riflessione immanente e
indipendentemente alla loro costituzione temporale determinata dalla coscienza ultima del tempo, si
distinguono in due gruppi 1) tutti i vissuti che nelle Ricerche logiche erano indicati come
contenuti primari; 2) vissuti, o momenti appartenenti ai vissuti, che portano in loro la propriet
specifica dellintenzionalit22. Mentre il secondo gruppo indica i vissuti in quanto
intenzionalmente riferiti a qualcosa, in quanto posseggono il carattere fondamentale di essere
coscienza di qualcosa, il primo gruppo di vissuti invece costituito dai vissuti sensoriali, cio
da contenuti di sensazione quali per esempio i dati acustici, cromatici, tattili, ma anche le
sensazioni sensoriali del piacere e del dolore. Secondo Husserl al di sopra di quei momenti
sensoriali c uno strato che, per cos dire, li anima, che conferisce il senso (o che implica per
essenza il conferimento di senso), grazie al quale dallelemento sensoriale, che non ha in s alcuna
intenzionalit, si realizza appunto il concreto vissuto intenzionale23. Ci significa che il vissuto
intenzionale costituito da particolari vissuti, i contenuti di sensazione - la dimensione hyletica
che sono privi del carattere fondamentale dellintenzionalit, e che vengono animati proprio dalla
morph intenzionale che conferisce ad essi il senso. Husserl ritiene che questa mirabile duplicit e
unit di hyle sensoriale e di morph intenzionale ha un ruolo dominante in tutto il territorio
fenomenologico24.Viene quindi a delinearsi quella che una delle tesi fondamentali presente nelle
Idee, vale a dire laffermazione secondo cui il noema, il contenuto nel senso delloggetto
intenzionale, si costituisce attraverso la hyle sensoriale e la morph (noesi) intenzionale.
importante sottolineare lo statuto di queste componenti dellesperienza, infatti il noema non un
contenuto reale (reell) del vissuto, non effettivamente immanente al vissuto, bens solo
intenzionalmente; invece la morph-noesi lappercezione che anima la sensazione e il contenuto

20
M. Henry, Genealogia della psicoanalisi...cit., p. 55.
21
Il cartesianesimo delle Regulae sommerge quello delle Meditazioni e lo riassorbe in s. A quale
condizione ? Quella per cui la condizione di ogni verit si proponga come la prima proposizione della
scienza (Ibid., p. 56).
22
E. Husserl, Ideen zu einer reinen Phnomenologie und phnomenologischen Philosophie, Libro primo: Allgemeine
Einfhrung in die reine Phnomenologie, Husserliana, voll. III/1 e III/2, a cura di K. Schuhmann, Martinus Nijhoff,
Den Haag 1976, tr. it. di V. Costa, Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologia, Libro primo:
Introduzione generale alla fenomenologia pura, Einaudi, Torino 2002, p. 213.
23
Ibidem.
24
Ibid., p. 214.

5
di sensazione (la hyle) sono contenuti reali del vissuto, con la differenza che mentre questultimo
la mera sensazione bruta, cio non intenzionale, la noesi la componente intenzionale del vissuto.
A questo proposito quanto mai opportuno riportare un esempio di descrizione
fenomenologica di un vissuto, in cui possibile verificare la legittimit della struttura delineata.
Husserl prende come riferimento un vissuto semplice, in cui la varie componenti si attestano
immediatamente, come il caso della percezione sensibile di un albero. Considerando quellalbero
che guardiamo nel giardino, possibile osservare che esso talvolta fermo, talvolta mosso dal
vento. Inoltre esso ci appare secondo diversi punti modi di manifestazione in relazione al fatto che
pur continuando a guardarlo, mutiamo la nostra posizione spaziale: possiamo avvicinarci o
allontanarci, concentrarci su un aspetto particolare. In ogni caso vediamo sempre il medesimo
obiectum, appunto lalbero, questo, se utilizziamo la terminologia prima introdotta, il noema. Ogni
volta che vediamo lalbero da una prospettiva diversa si producono nuovi vissuti, e tuttavia
loggetto percepito sempre lo stesso, cio tutti questi vissuti si riferiscono sempre al medesimo
contenuto di coscienza, cosicch possibile concludere che lalbero si rivela per
adombramenti.
Il momento hyletico del vissuto costituito proprio da questa registrazione sempre diversa e
sempre parziale di un aspetto dellalbero, in ogni caso questi contenuti di sensazione non sono
semplicemente dati, ma appunto appresi attraverso un atto, che, riferendoli al medesimo oggetto, li
rende significativi. Questo atto, questa apprensione che conferisce un senso ai diversi contenuti di
sensazione la morph, la noesi. Tra queste componenti c una stretta correlazione, per cui il
noema non pu che rivelarsi attraverso queste molteplici prospettive (adombramenti) e daltra parte
i dati di sensazione non appaiono mai come materiale informe, ma gi da subito come riferiti al
medesimo noema, cio appaiono subito come animati da una forma, finendo cos con il dar vita ad
una unit tra dimensione hyletica e noetica. In ogni caso appare evidente che il modo dessere
presente alla coscienza del noema diverso dalle componenti hyletiche e noetiche. Ci che
trascendentalmente costituito sulla base dei vissuti materiali attraverso le funzioni noetiche
certamente un dato []; ma esso appartiene al vissuto in un senso del tutto diverso dai costituenti
effettivi e quindi veri e propri dello stesso vissuto25. Se loggetto percepito trascendente alla
cogitatio - lalbero ovviamente non presente effettivamente alla coscienza -, anche il noema
non realmente presente, ma solo intenzionalmente; la materia hyletica, invece, immanente ed
effettivamente presente al vissuto, come lo la morph, senza la quale la dimensione hyletica non
appare.
La costituzione hyletica dellesperienza e la sua strutturale unit con latto noetico di
conferimento di senso se da un alto si presenta come lorigine del noema, dallaltro apre e
sottintende una serie di problemi di non facile soluzione, di cui lo stesso Husserl in qualche modo
consapevole. Infatti, anche se hyl sensoriale e morph intenzionale si presentano sempre nellunit
del vissuto, sono comunque due dimensioni differenti; ne consegue che questa mirabile duplicit e
unit apre la possibilit di pensare materie informi e forme prive di materia26. Il fatto che i
momenti reali ma non intenzionali dellesperienza si manifestano attraverso la noesi intenzionale,
impone di interrogarsi sullo statuto originario di questa dimensione pre-intenzionale. Esiste una
dimensione hyletica che si possa presentare indipendentemente dallapprensione animatrice
intenzionale? Se il sostrato hyletico non-intenzionale come pu in una seconda fase essere
animato dallintenzionalit? Si tratta di un tema centrale che chiama in causa il destino stesso
dellintero progetto fenomenologico. Se lintenzionalit lazione animatrice di conferimento di
senso ad una realt antecedente e in parte indipendente da essa, inevitabilmente il problema
dellapparire diventa anche il problema dellorigine dellintenzionalit. La messa fuori gioco da
parte di Husserl della temporalit costituente per chiarificare la struttura noetico-noematica
dellesperienza non approda ad altro risultato che quello di rinviare proprio alla coscienza interna
del tempo la possibile soluzione del problema. Nellimpostazione husserliana la hyle non
25
Ibid., p. 250.
26
Ibid., p. 214.

6
intenzionale pu essere animata dallintenzionalit, in quanto nella sua dimensione originaria
gi costituita dallesercizio di un conferimento di senso, appunto quello della coscienza interna del
tempo.

2.1. La scoperta dellimmanenza inconscia nelle lezioni husserliane sul tempo

Per rispondere alla questione dellauto-donazione della hyle dellimpressione, Henry non
pu che volgersi verso le Lezioni sulla coscienza interna del tempo, in cui il tempo viene
considerato come la costituzione originaria di ogni esperienza. Cos Henry si esprime a proposito
delle Lezioni husserliane: nelle Lezioni del 1905 sul tempo che si dispiega nella fenomenologia,
per la prima volta e a dire il vero per lultima, il tentativo di elucidare in modo rigoroso la
donazione dellImpressione. In questo testo straordinario, forse il pi bello della filosofia di questo
secolo, si persegue il confronto gigantesco attraverso il quale una fenomenologia hyletica nel senso
radicale del termine cerca di aprirsi un varco attraverso i sedimenti della tradizione27.
Lassoluta importanza delle Lezioni sul tempo risiede nella messa in luce di una inversione
del rapporto tra materia e forma; infatti, Husserl in alcuni passaggi condotto ad affermare che
lintenzionalit rivelata dallimpressione. Secondo Henry, nelle Lezioni, ed questo il nucleo della
sua esegesi, limpressione non appare pi come un dato, ma come ci che origina lintenzionalit
stessa. In altri termini, la coscienza si rivela essere impressionale, prima che intenzionale.
Certamente non tutto lo sviluppo delle Lezioni resta coerente con questa tesi, che portata alle
estreme, ma logiche conseguenze, condurrebbe a non vedere pi la fenomenologia hyletica, come
una mera appendice della fenomenologia trascendentale intenzionale, bens come la fenomenologia
in quanto tale.
Dopo aver messo fuori gioco, tramite la riduzione il tempo oggettivo, ci che resta
limpressione sonora realmente sentita, i puri dati hyletici, la cui durata non si deve confondere
con la durata delloggetto trascendente. Infatti, la durata immanente si compone di diverse fasi, e
ogni fase scivola nel passato, pur restando in qualche modo conservata: lopera della ritenzione.
La modificazione ritenzionale, secondo Henry, senza dubbio unintenzionalit che dona listante
appena trascorso in quanto appena passato. LUrimpression , quindi, sempre data
nellomogeneit del flusso attraverso lopera dellintenzionalit ritenzionale, ma in questo modo
viene a perdersi la sua possibilit di darsi e manifestarsi in se stessa e per se stessa. Limpressione
originaria data fuori-di-s, nella Differenza (Diffrence) che in effetti si pu scrivere differenza
(Diffrance) poich non altro che il puro dif-ferire, scartare, separare il primo scarto. Lo
scivolare fuori di s dellimpressione il fluire stesso della temporalit28. Questo primato della
ritenzione ha un significato ontologico pi che fenomenologico; infatti, quando Husserl afferma che
ci che io ritenzionalmente nella cosciente assolutamente certo29, commette un vero e proprio
paralogismo, che mostra il carattere non fenomenologico della modificazione ritenzionale. Tale

27
M. Henry, Phnomnologie matrielle, PUF, Paris 1990, tr. it. di E. De Liguori e M.L. Iacarelli, a cura di P.
DOriano, Fenomenologia materiale, Guerini e Associati, Milano 2001, p. 82; id., Le temps phnomnologique et le
prsent vivant, in id., Auto-donation. Entretiens et confrences, Prtentaine, (2002), pp. 51-69. Su ci si veda Y.
Yamagata, Une autre lecture de Lessence de la manifestation: immanence, prsent vivant et altrit, Les Etudes
philosophiques, 2 (1991), pp. 173-191.
28
M. Henry, Incarnation. Une philosophie de la chair, Seuil, Paris 2000, tr. it. di G. Sansonetti, Incarnazione. Una
filosofia della carne, SEI, Torino 2001, p. 59.
29
E. Husserl, Zur Phnomenologie des Inneren Zeitbewusstseins (1893-1917), a cura di R. Boehm, Husserliana, vol. X,
Nijhoff, Den Haag 1966, tr. it. di A. Marini, Per la fenomenologia della coscienza interna del tempo (1893-1917),
Franco Angeli, Milano 1985, p. 81.

7
paralogismo risiede nel fatto che la ritenzione viene introdotta per salvare il continuum del flusso, in
altri termini non perch la ritenzione assolutamente certa che il flusso esso stesso un dato
certo, ma perch questo flusso deve essere convalidato in tutta la sua estensione temporale []
che la ritenzione si trova investita di questo significato fenomenologico radicale30. Lincoerenza
del procedere husserliano emerge nel sempre necessario rinvio allUrimpression, il presunto
continuum del flusso perennemente interrotto dal fatto che in ogni istante limpressione risorge.
Henry vede, quindi, nelle Lezioni del 1905 una tensione tra il dato fenomenologico originario
dellimpressione e listanza di privare questo dato originario della propria rivelativit per
inquadrarlo in una apprensione intenzionale (la ritenzione), onde costituire il flusso della coscienza.
Il flusso si trova nellaporetica situazione di essere contemporaneamente ci che dona e ci che
donato.
Lincapacit della fenomenologia husserliana di attenersi allauto-donazione
dellUrimpression si evince anche in relazione alla coscienza dellora presente, la quale dovrebbe
offrire la fase attuale del puro dato hyletico. In realt, come la ritenzione (e la protezione), la
coscienza del presente intenzionale, e quindi non in grado di attestare limpressione presente, se
non mettendola in relazione con ci che altro, conservato nella ritenzione. E Husserl, osserva
Henry, obbligato a considerare il presente come un limite ideale31, non potendo darsi al di fuori
del flusso.
Quindi, ancor prima di essere sottoposta alla modificazione ritenzionale, lUrimpression, il
puro dato hyletico gi sottomesso allopera dellintenzionalit e di conseguenza ha gi perso la
sua originaria auto-donazione. In altri termini, la coscienza del presente la prima tappa del
processo di travisamento che conduce alloscuramento del darsi dellimpressionalit originaria: la
coscienza del presente, al pari di ogni coscienza secondo Husserl, porta in s in quanto intenzionale,
e come ci stesso in cui fa vedere, lo scarto primitivo nel quale, separata da s, ogni possibile
impressione gi annullata32. Ma se la ritenzione non pu produrre limpressione, in quanto ogni
ritenzione per definizione preceduta da una impressione33 e la coscienza del presente pu, al
limite, comprendere listante impressionale come un punto ideale, allora resta aperta la questione
dellorigine della Urimpression. Henry, riferendosi allAppendice VI delle Lezioni del 1905, mostra
come Husserl sia costretto a sovvertire limpostazione seguita fino ad affermare che lUrimpression
rivela la coscienza del presente e non la coscienza del presente a donare limpressione: un ora
si costituisce grazie a unimpressione34. Limportanza di tale affermazione consiste nel radicale
cambiamento di prospettiva rispetto alla consueta costituzione noetico-noematica che ha guidato
Husserl. Se ci che costituisce (la coscienza del presente) risulta essere ci che costituito
(limpressione originaria), significa che la forma (morph) costituita dalla materia (hyle), e quindi
che lUrimpression lorigine dellintenzionalit stessa. Siamo arrivati al nodo di tutta la questione,
in quanto la dimensione hyletica risulta avere una propria capacit di manifestarsi, a tal punto che
essa stessa che rivela lorigine di ogni intenzionalit. La hyle non solo si distingue a livello ideale
dalla morph, ma limpressione ci che la forma deve sempre presupporre e senza la quale non
pu apparire. Si tratta di un a priori che gi subito unesperienza. Ecco come Henry riassume la
questione: perch niente mai avviene allessere se non nel luogo in cui lessere si stringe
innanzitutto a se stesso nel pathos della sua Parousia originale. Perch lOrigine un pathos, perch
questo come tale sempre effettivo; allora niente, in effetti, mai avviene se non come impressione,
che per questa ragione sempre l35. Viene quindi smascherata la falsificazione husserliana, in
base alla quale la temporalit del flusso viene inserita allinterno della Urimpression al fine di
30
M. Henry, Fenomenologia materiale, cit., p. 90.
31
E. Husserl, Per la fenomenologia della coscienza, cit., p. 73.
32
M. Henry, Incarnazione, cit., p.65.
33
E. Husserl, Per la fenomenologia della coscienza, cit., p. 68
34
Ibid., p. 139. In realt tutte le Lezioni sono attraversate da questa tensione, infatti, per esempio anche nel paragrafo 31
si legge: limpressione originaria [] la fonte originaria per ogni ulteriore coscienza e essere. Limpressione
originaria ha per contenuto ci che la parola ora significa, presa nel suo senso pi rigoroso (ibid., p. 96).
35
M. Henry, Fenomenologia materiale, cit., p. 97.

8
definire lessenza della Urimpression attraverso la struttura del flusso. E quando Husserl definisce
incosciente il modo di darsi dellimpressione al di fuori della modificazione ritenzionale e
sottolinea lassurdit di tale posizione, poich la coscienza necessariamente esser-coscienti in ogni
fase, non fa altro che rilevare che se, limpressione non fosse mai presente nella coscienza, la nostra
vita sarebbe paradossalmente tutta al passato.
Nellimpostazione di Henry la materia non il lato oscuro della fenomenalit, ma la sua
essenza. La novit di tale posizione pu essere misurata in relazione al puro dato hyletico affettivo.
In questo caso infatti si vede come ogni materia affettiva o pulsionale sia in grado di manifestarsi da
s e in se stessa, auto-donazione e in questa auto-donazione si rivela la vita nella sua originariet.
Concretamente ci significa che ogni stato affettivo, per esempio, il dolore rivela se stesso
nellimmediatezza della vita e non richiede nessuna apprensione intenzionale che lo oggettiverebbe
in una esteriorit: il dolore che mi istruisce sul dolore36. Ogni affezione auto-affezione, il
sentire se stessa della vita. La passivit della Urimpression non la passivit di fronte a qualcosa di
esterno che altro, ma limmanenza originaria, in cui la vita si auto-dona. Dunque lauto-
rivelazione della vita risiede nellaffettivit, nel pathos originario: lAffettivit originaria la
materia fenomenologica dellautorivelazione che costituisce lessenza della vita37.

2.2. Limmanenza dei vissuti affettivi

Limmanenza radicale dei data sensoriali, il loro carattere impressionale appare chiaramente
in riferimento ai vissuti affettivi. Infatti, se, seguendo Husserl teniamo come filo conduttore i data
sensibili della percezione, la difficolt di distinguerli dai momenti noematici delloggetto su cui si
proiettano, risiede nel fatto che sono in qualche modo attraversati dallo sguardo dellapprensione,
proprio in quanto la percezione ha uno specifico correlato oggettivo. I data affettivi e pulsionali,
invece, non rinviando a nessun noema dovrebbero far emergere con minore equivocit lo statuto
immanente della hyle. Henry nota come in Husserl la percezione resti la guida di ogni esercizio
dellanalisi fenomenologia; di conseguenza anche limpressionalit originaria dei data affettivi non
in grado di manifestarsi e, quindi, richiede lintervento di una morph intenzionale, che la informi:
limpressionale, laffettivo sono in se stessi solo data sensibili, i quali si presentano con la
funzione di materia , esattamente come i data sensibili della percezione, per fornire un contenuto
allatto intenzionale che li getter fuori di se stessi nella verit delloggetto38. Resta tuttavia aperta
la questione sullimpressionalit originaria di questi data affettivi o pulsionali, sul loro modo di
apparire, di offrirsi prima dellapprensione intenzionale che li costituisce. Siamo di fronte ad un
tema centrale per la fenomenologia, poich concerne il modo di rivelazione originario della
soggettivit. Husserl, affermando che possiamo [] indicare tutte queste componenti noetiche
soltanto ricorrendo allobiectum noematico e ai suoi momenti39, non risolve il problema se non per
la percezione che ha come correlativo un oggetto noematico, e non per la hyle affettiva.
Per restare coerente con la propria impostazione, Husserl perde limpressionalit originaria
degli stati affettivi, dei sentimenti nel loro modo di manifestarsi in se stessi. Laffettivit
considerata dal punto di vista fenomenologico come rilevante, non in se stessa, attraverso la sua
affettivit, che realizza lopera della rivelazione, ma giacch partecipa allessenza generale della

36
Ibid., p. 86.
37
Id., Incarnazione, cit., p. 71.
38
Ibid., p. 73.
39
E. Husserl, Idee..., cit., p. 249.

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coscienza, in quanto intenzionale40. Ne consegue che il sentimento diventa un atto intenzionale,
che, come tale, si costituisce sovrapponendo ai predicati sensibili uno strato affettivo particolare. In
tal modo laffettivit si rivela solo nel far vedere una determinata dimensione oggettuale del
mondo. Per rispondere alla questione delloriginario carattere affettivo del vissuto del sentimento,
Husserl ripiega sullo schema della costituzione noetico-noematica: lintenzionalit che precede il
vissuto del sentimento, viene riempita da esso, analogamente al modo in cui il noema della
percezione riempie lintenzionalit percettiva. Ebbene, tutto ci si produce poich non viene
considerata la possibilit che i data sensibili, il sostrato hyletico, possa manifestarsi in se stesso e
per se stesso e non venga inteso come una donazione originariamente oscura, incosciente e solo
secondariamente chiara, in quanto intenzionalmente in-formata. Ecco perch Henry rifiuta la
dicitura fenomenologia hyletica e preferisce la qualifica di fenomenologia materiale: la
fenomenologia hyletica tematizza i data di sensazione comprendendoli solo ed esclusivamente nella
loro funzione di offrire una materia alla costituzione noetica.
In realt lo stesso Husserl nella quinta Ricerca logica aveva tematizzato la possibilit di stati
affettivi non intenzionali: sembra dimostrato che i sentimenti siano in parte da annoverare tra i
vissuti intenzionali e in parte tra quelli non-intenzionali41. Ci sono casi nei quali il carattere
affettivo del vissuto non si realizza in alcuna intenzionalit percettiva, ma si limita ad attestare lo
stato affettivo della coscienza: le sensazioni di dolore e di piacere possono permanere anche
quando vengono meno i caratteri datto su di esse basati; lo stimolo del piacere [] potrebbe in
tal caso essere sentito piacevolmente in se stesso; invece di fungere come rappresentante di una
propriet piacevole delloggetto, esso viene riferito soltanto al soggetto affettivo42. Questa apertura
presente nelle Ricerche logiche non viene presa in considerazione da Henry, il quale si limita ad
analizzare lapprodo conclusivo delle analisi husserliane, cos come si configura nelle Idee, in cui lo
statuto fenomenologico dellaffettivit viene allineato a quello degli atti della rappresentazione di
un oggetto. Secondo Bernet, lesitazione delle Ricerche logiche sulla natura dei sentimenti tra
lesistenza di sensazioni affettive che rivelano solo lo stato di una coscienza afftta da se stessa e i
sentimenti strutturati come esercizio intenzionale oggettivante viene risolta nelle Idee a favore
della seconda prospettiva, in quanto Husserl si trova nella condizione di dover presentare una
giustificazione razionale dei sentimenti etici43. In particolare Husserl individua questa
giustificazione razionale dei sentimenti etici nellesercizio di una sintesi di riempimento, in
relazione ad oggetti intenzionali particolari i valori che possono essere appresi intuitivamente,
mediante una Wertnehmung. In ogni caso, si tratta di una soluzione che non pu essere condivisa da
Henry, il quale gi in Lessence de la manifestation, aveva criticato una posizione come quella di
Scheler, nonostante il suo sforzo di porre in primo piano laffettivit. Infatti, Scheler, identificando
il potere di rivelazione dellaffettivit con una percezione affettiva intenzionale, finiva con il
determinarne il contenuto come un contenuto trascendente: lessenza dellaffettivit si riduce alla
questione, non posta da Scheler e in lui irrisolvibile, della possibilit della percezione affettiva
stessa, alla questione del fondamento del carattere affettivo della percezione affettiva44. Ma tutto
ci si pone oltre o, meglio, prima della costituzione noetico-noematica della percezione.

40
M. Henry, Fenomenologia materiale, cit., p. 75. Di un certo interesse D. Giovannangeli, Laffect et le phnomne.
Remarques sur la phnomnologie hyltique, in AA.VV., La voix des phnomnes. Contributions une
phnomnologie des sens et des affects, a cura di R. Brisart e R. Clis, Publications des Facults universitaires Saint-
Louis, Bruxelles 1995, pp. 319-330.
41
E. Husserl, Logische Untersuchungen, a cura di U. Panzer, Husserliana, vol. XIX, Nijoff, Den Haag 1984, tr. it. di G.
Piana, Ricerche logiche, vol. II, Il Saggiatore, Milano, 1988, p. 181; nellampia sfera dei cosiddetti sentimenti della
sensitivit non dato trovare nulla di simile ai caratteri intenzionali (ibid., p. 180, in generale tutto il paragrafo 15, pp.
176-185).
42
Ibid., p. 183.
43
R. Bernet, La vie du sujet. Recherches sur linterprtation de Husserl dans la phnomnologie, PUF, Paris 1994, pp.
308-315.
44
M. Henry, Lessence de la manifestation (1963), PUF, Paris 1990, p. 734, in generale pp. 715-735.

10
3. La verit fenomenologica dellinconscio

Proprio in quanto la fenomenologia nel suo impianto tradizionale ha smarrito questa


immanenza radicale, privilegiando lintenzionalit e quindi lesteriorit come fenomenalit, Henry
precisa che nel dibattito fenomenologia-psicoanalisi le proposizioni da me difese [sono] molto pi
vicine a certe intuizioni decisive di Freud che non a quelle della intenzionalit husserliana o dellIn-
der-Welt-sein heideggeriano, nessuna delle quali pu definire la nostra relazione originaria
allessere45. In questa messa fuori gioco dellimmanenza a vantaggio del Di fuori, dellorizzonte
di visibilit che il mondo, ci che resta non interrogato la vita, che prova se stessa
immediatamente, nellauto-affettivit patica: ci che si rivela a noi prima di tutto la nostra
propria vita, e ci che avviene appunto fuori e indipendentemente da questo orizzonte di luce46. La
vita appare solo in questa (invisibile) auto-affezione patica e la psicoanalisi una delle modalit, in
cui al di l di ogni riduzione oggettivistica del sapere moderno risuona la vita stessa: la
psicoanalisi parla alluomo proprio di tutto ci che la scienza e la tecnica gli hanno sottratto: di lui
stesso, della vita47.
Linconscio identifica, quindi, lantitesi della fenomenalit e-statica, loriginario invisibile
apparire, in cui la vita sente se stessa, nella pura immanenza. Se le scienze umane sono la
realizzazione del processo di oggettivazione della vita, la psicoanalisi non appartiene al corpo di tali
discipline, ma lultimo rifugio della vita, che non giunge mai a noi nella ob-stanza di un og-getto o
di un di fronte. In questa lettura fenomenologica della psicoanalisi Henry prende chiaramente le
distanze dal percorso elaborato da Michel Foucault48, che invece aveva visto nella psicoanalisi la
realizzazione della forma di episteme dellet moderna: la rappresentazione49.
Tuttavia la psicoanalisi non rimasta fedele a questa fenomenalit, in quanto Freud si
collocato allinterno del fondo impensato che ha caratterizzato lintera storia del pensiero
occidentale: sono i presupposti che hanno guidato o piuttosto fuorviato la filosofia classica, e che
Freud ha raccolto senza saperlo e senza volerlo, per condurli alle loro implicazioni ultime50.
Lo statuto teorico dellinconscio non stato elaborato da Freud e in questo risiede secondo
Henry loriginalit e la matrice fenomenologica della psicoanalisi: rifiutare ogni ricostruzione
speculativa dellinconscio per attenersi al materiale patologico nel suo apparire; linconscio
dunque non ha altra esistenza teorica che questa: essere il solo principio di spiegazione possibile del
materiale patologico, in modo tale tuttavia che la legittimazione non dipenda, in ultima istanza,
dalla pertinenza del principio esplicativo, ma dal materiale patologico stesso in quanto tale51.
Cos come possibile distinguere nella coscienza un significato ontico (ci che cosciente)
da quello ontologico (lapparire come tale), Henry ritiene che anche il concetto di inconscio sia

45
Id., Genealogia della psicoanalisi, cit., p. 7.
46
Ibid., p. 9.
47
Ibid , p. 12.
48
Genealogia non di certo archeologia. Le deviazioni istoriali per effetto delle quali linconscio apparso nel nostro
mondo e vi emerge ogni giorno non possono costituire loggetto di una semplice constatazione, e neppure di una
descrizione, quella delle strutture epistemiche o degli orizzonti ideologici che orientano il pensiero moderno (Ibid., p.
20).
49
M. Foucault, Les mots et les choses, Gallimard, Paris 1966, tr. it. di E. Panaitescu, Le parole e le cose.
Unarcheologia delle scienze umane, Rizzoli, Milano 1978, p. 386: per questo che lintero sapere allinterno del
quale la cultura occidentale si era data nel corso di un secolo una certa immagine delluomo, ruota intorno allopera di
Freud, senza con ci uscire dalla propria disposizione fondamentale. Infatti la rappresentazione non soltanto un
oggetto per le scienze umane; coincide [] con il campo stesso delle scienze umane nella loro intera estensione; il
basamento generale di tale forma di sapere, ci a partire da cui esso possibile (ibid., p. 387). Vedremo che Henry,
dopo aver messo in luce le potenzialit fenomenologiche dellinconscio freudiano, finir con il concordare con Foucault
sul fatto che il limite della psicoanalisi di rientrare nellorizzonte della rappresentazione.
50
M. Henry, Geneaologia della psicoanalisi, p. 14.
51
Ibid., p. 257.

11
equivoco, cio sia insieme ontico e ontologico. Linconscio dal punto di vista ontico definisce le
pulsioni e i loro rappresentanti, i processi primari, cio tutto ci che sta a fondamento dellattivit
onirica (i meccanismi di spostamento, condensazione e simbolizzazione), dei lapsus, delle
esperienze infantili. Sono inconsci in quanto estranei alla coscienza in senso ontologico, appunto
perch privi della modalit dellapparire e del manifestarsi nella Bewutheit. Inteso dal punto di
vista ontologico linconscio qualifica la totalit dei processi da scoprire, che determinano la psiche
nella sua originariet, cio il sistema Inc. Ora, lobiezione che Henry muove alla psicoanalisi di
aver accettato acriticamente la concezione tradizionale di coscienza52; non avendo adeguatamente
elaborato unanalisi ontologica dellessenza della fenomenalit, la psicoanalisi si quindi costituita
lasciando totalmente indeterminato il concetto ontologico di inconscio53, sostituendolo con
contenuti ontici e empirici. Questa caduta dallontologico nellontico non impedisce di cogliere
dietro al concetto di inconscio limpensato della tradizione filosofica: lapparire immanente, prima
di ogni rappresentazione o fenomenalit estatica. Lintuizione implicita, ma decisiva, della
psicoanalisi, la ragione della eco immensa che ha incontrato a dispetto dellinsufficienza del suo
apparato concettuale, che lessenza della psiche non risiede nel divenire visibile del mondo, n in
ci che in questo modo giunge alla condizione di oggetto54.
E quindi possibile intendere in senso ontologico linconscio in due significati diversi nel
caso in cui si riferisca alla fenomenalit della rappresentazione (le-stasi) o della vita (limmanenza
patica). Per quanto riguarda il primo significato linconscio viene inteso nel senso di semplice
negazione della fenomenalit, di coscienza censurata, in relazione alla coscienza rappresentativa:
la sua luce pertanto che esso arriva ad abolire, ma appartenendole sempre come suo limite, come
orizzonte di non presenza che circonda ogni presenza estatica55. Henry parla a questo proposito di
inconscio della rappresentazione. Questa prima determinazione dellinconscio assolutamente
sovradeterminata in Freud a causa del ruolo che il sogno occupa nellelaborazione della sua
dottrina. Secondo Henry la psicoanalisi ha misconosciuto la portata fenomenologica dellattivit
onirica, interpretandola nella prospettiva della coscienza donatrice di senso (Sinngebung). Nella
prima Ricerca logica Husserl ha mostrato come limmaginazione, che una coscienza vuota, sia un
modo della coscienza strutturalmente diversa dalla coscienza che parla; tuttavia, nonostante il sogno
sia essenzialmente un prodotto dellimmaginazione, Freud per poterlo analizzare in chiave
concettuale lo sostituisce con il racconto del sogno, vale a dire lo trasforma in un testo, in un
insieme di significati, strutturati in un linguaggio e, in definitiva, come ci che viene generato da
una coscienza rappresentativa, donatrice di senso: il sogno non infatti in Freud che il prototipo
della rappresentazione56. Questa interpretazione dei sogni diventer la matrice per spiegare tutta la
psiche: la vita ritorna sotto il giogo dellintenzionalit. Si tratta paradossalmente della medesima
analisi elaborata da Michel Foucault; nella lunga introduzione al testo di Binswanger dedicato al
sogno, Foucault critica Freud per avere considerato il sogno come un linguaggio. Grazie alla prima
Ricerca Logica di Husserl e alla distinzione tra segno e significato possibile evitare di ridurre
lanalisi del contenuto del sogno allostensione di un significato oggettivo generato dallattribuzione
di un senso alle immagini57.
52
Non occorre che caratterizziamo ci che chiamiamo conscio, la stessa cosa della coscienza dei filosofi e
dellopinione popolare (S. Freud, Abriss der Psychoanalyse, in Werke, vol. 17, Fischer, Frankfurt a. M. 1999, tr. it. di
C. Musatti, Compendio di psicoanalisi, Bollati Boringhieri, Torino 2001, p. 80). Interessanti percorsi sono suggeriti da
I.A. Bianchi, Fenomenologia della volont. Desiderio, volont, istinto nei manoscritti inediti di Husserl, Franco Angeli,
Milano 2003, in particolare pp. 203-209.
53
M. Henry, Genealogia della psicoanalisi, p. 260.
54
Ibid., pp. 260-261.
55
Ibid., p. 261.
56
Ibid., p. 267.
57
Secondo il giovane Foucault il linguaggio del sogno viene analizzato unicamente nella sua funzione semantica;
lanalisi freudiana lascia nellombra la sua struttura morfologica e sintattica. La distanza tra senso e immagine viene
sempre colmata, nellinterpretazione analitica, con uneccedenza di senso. Ci significa che viene completamente
omessa la dimensione propriamente immaginaria dellespressione significativa quando invece il mondo
dellimmaginario segue leggi e strutture specifiche; limmagine qualcosa di pi della rappresentazione immediata del

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Ma in Freud esiste anche una seconda determinazione dellinconscio al di fuori di ogni
forma di rappresentazione e di presa intenzionale. Si tratta dellinconscio inteso come
determinazione originaria di ci che giunge ad essere rappresentato. Freud parla a questo proposito
di inconscio operante, riferendosi al dinamismo originario : la possibilit stessa dellazione, al
suo modo di essere e, infine, allessenza originaria dellessere in quanto vita58. In questo senso
possibile affermare che la psicoanalisi tematizza linconscio nella sua connessione allessenza
originaria della vita e al modo primitivo del suo compimento immanente: lazione, la forza, la
pulsione, lEnergia59. Linconscio indica lal di qua del mondo, nellinvisibile immanenza radicale,
ci che non potr mai diventare oggetto.
La ricaduta di Freud nel campo della rappresentazione avviene quando nel saggio
Linconscio viene operata una dissociazione tra la pulsione e ci che la rappresenta nella psiche,
cio la sua rappresentazione psichica60. Questa viene definita da Henry come la svolta capitale e
catastrofica dellindagine freudiana, in quanto implica una perdita del valore immanente della
pulsione, riletta nella sua attivit di rappresentazione. La pulsione non acquisisce vera esistenza
psichica, non diventa propriamente una realt psichica che in quanto questa rappresentanza, in
quanto riveste anchessa il modo dessere di presentare qualcosa daltro sa s, quindi il modo
dessere della rappresentazione come tale61. In questa ambiguit del concetto di pulsione come
ci che presente nella psiche in quanto principio di ogni attivit e nel contempo come ci che
compie questa rappresentazione si genera il concetto aberrante di rappresentazione inconscia62.
In altre parole lerrore del freudismo risiede nel fatto che la pulsione, pur significando
inizialmente la non-rappresentatibilit, non esiste psichicamente che attraverso la sua
rappresentanza, che una rappresentazione; pertanto la non-rappresentatibilit non esiste che nella
forma della rappresentatibilit63.
Lessenza originaria della psiche viene perduta in quanto ridotta alla coscienza
rappresentativa. E in effetti tutta la terapia psicoanalitica si risolve nel portare a coscienza,
nellesteriorizzare linconscio, nelles-porlo alla luce del mondo. Non solo questo divenire il
telos che governa lintera dottrina, sia teorica che pratica, esprimendosi nel giungere allessere sotto
forma dellessere-rappresentato, ma lazione stessa si esaurisce in questo giungere e con esso
coincide64. La psicoanalisi viene riassorbita allinterno dellorizzonte ontologico della
rappresentazione, proprio nel momento in cui riuscita a far emergere il primato dellauto-
affettivit, come ci che origina la vita.

senso M. Foucault, Introduction in L. Binswanger,Le rve et lexistance (1954), ora in Dits et crits, Gallimard,
Paris 1994, tr. it. di M. Col, Il sogno, Cortina, Milano 2003, p. 9. A questo proposito si veda J.-C. Monod, Le rve,
lexistance, lhistoire. Foucault, lecteur de Binswanger, Alter , 5 (1997), pp. 89-99.
58
M. Henry, Genealogia della psicoanalisi, cit. p. 271.
59
Ibid., p. 290.
60
S. Freud, Das Unbewusste, in Werke, vol. 12, Fischer, Frankfurt a. M. 1999, tr. it. di C. Musatti, Linconscio, in La
teoria psicoanalitica. Raccolta di scritti 1911-1938, Bollati Boringhieri, Torino 1996, p. 145: Una pulsione non pu
mai diventare oggetto della coscienza, solo lidea che la rappresenta lo pu. Ma anche nellinconscio la pulsione non
pu essere rappresentata che da unidea. Se la pulsione non fosse ancorata a una rappresentazione [] non potremmo
sapere nulla di essa.
61
M. Henry, Genealogia della psicoanalisi, cit., p. 271.
62
Ibid., p. 272.
63
Ibidem.
64
Ibid., p. 274.

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