Sei sulla pagina 1di 2

Il primo canto del Paradiso si apre con l’enunciazione del tema e da una lunga invocazione non alle

muse ma ad Apollo, Dio del sole. Poi riprende la narrazione. nell’intensa luce meridiana Beatrice
fissa il sole, imitato da Dante che è abbagliato da una luce sfolgorante, egli infatti, come gli spiega
poco dopo Beatrice, sta salendo verso i cieli mentre ode per la prima volta la straordinaria armonia
derivante dal loro movimento rotatorio. la donna gli chiarisce poi come sia consentito a lui di salire
nonostante il corpo in quanto libero dagli impedimenti del peccato e come tutte le creature
razionali e irrazionali ricevono una naturale inclinazione al bene che lo conduce verso l’empireo, la
sede di Dio. Però l’uomo ha la facoltà di deviare tale inclinazione verso il male, altrimenti non
sarebbe salvaguardato il libero arbitrio. Il salire verso i cieli non deve essere dunque motivo di
stupore per Dante in quanto cosa naturale voluta da Dio. Il Canto si apre con il proemio alla III
Cantica, che si distende per ben 36 versi e risulta così di ampiezza tripla rispetto al proemio del
Purgatorio e addirittura quadrupla rispetto a quello dell'Inferno: la maggiore ampiezza e solennità
si spiega con l'accresciuta importanza della materia trattata, dal momento che il poeta si accinge a
descrivere il regno santo come mai nessuno prima di lui aveva fatto e dovrà misurarsi con la
difficoltà di riferire cose difficili anche solo da ricordare. Ciò spiega anche perché Dante debba
invocare l'assistenza di Apollo oltre che delle Muse, chiedendo al dio pagano (che naturalmente è
personificazione dell'ispirazione divina) di aiutarlo nell'ardua impresa, Apollo dovrà ispirarlo con lo
stesso canto con cui vinse il satiro Marsia che lo aveva sfidato, in maniera analoga a Calliope che
aveva sconfitto le Pieridi e sottolineando il fatto che la poesia di Dante dovrà essere ispirata da Dio
e non un folle tentativo di gareggiare con la divinità nella rappresentazione di ciò che supera i
limiti umani. Dopo l'ampia e complessa descrizione astronomica che indica la stagione primaverile
e l'ora del mezzogiorno (è questa l'interpretazione più ovvia, mentre è improbabile che il poeta
intenda l'alba), Dante vede Beatrice fissare il sole e imita il suo gesto. I due hanno iniziato a salire
verso la sfera del fuoco che divide il mondo terreno dal Cielo della Luna, anche se Dante non se n'è
ancora reso conto e ha notato solo l'aumento straordinario della luce: il poeta si sente
trasumanar, diventare qualcosa di più che un essere umano e non può descrivere questa
sensazione se non con l'esempio ovidiano del pastore Glauco, che si tramutò in una creatura
acquatica e si gettò in mare dicendo addio alla Terra (come vedremo, Dante ricorrerà spesso nella
Cantica a similitudini mitologiche per rappresentare situazioni prive di termini di paragone
«terreni»). L'aumento progressivo della luce e il dolce suono con cui ruotano le sfere celesti
accendono in Dante il desiderio di capirne la ragione e Beatrice è sollecita a spiegargli che i due
stanno salendo verso il Cielo, ciò naturalmente suscita un nuovo dubbio nel poeta che si chiede
come sia possibile per lui, dotato di un corpo in carne e ossa, salire contro la legge di gravità,
dubbio che sarà sciolto da Beatrice con una complessa spiegazione che occupa l'ultima parte del
Canto. La donna assume fin dall'inizio l'atteggiamento che avrà sempre nella Cantica, ovvero di
maestra che sospira e sorride delle ingenue domande del discepolo e fornisce spiegazioni di
carattere dottrinale: anche qui, infatti, la sua spiegazione non chiarisce il dubbio di Dante di natura
fisica (come fa un corpo grave a trascendere i corpi lievi, l'aria e il fuoco) ma inquadra il problema
nell'ambito dell'ordinamento generale dell'Universo, Beatrice spiega infatti che tutte le creature,
razionali e non, fanno parte di un tutto armonico che è stato creato da Dio e ordinato in modo
preciso, così che ogni cosa tende al suo fine attraverso strade diverse. Ciò vale per le cose
inanimate, come il fuoco che tende a salire verso l'alto per sua natura e la terra che è attratta
verso il centro dell'Universo, ma anche per gli esseri intelligenti, la cui anima razionale tende
naturalmente a muoversi verso Dio; ovviamente essi sono dotati di libero arbitrio, per cui può
avvenire che anziché volgersi in quella direzione siano attratti dai beni terreni, ma questo non è il
caso di Dante che ha ormai purificato la sua anima nel viaggio attraverso Inferno e Purgatorio. Egli
tende dunque verso Dio che risiede nell'Empireo e ciò è un atto del tutto naturale, come quello di
un fiume che scorre dall'alto verso il basso, mentre sarebbe innaturale per Dante restare a terra,
come un fuoco la cui fiamma non tendesse verso l'alto. Tale spiegazione di natura metafisica
anticipa quella che sarà la cifra stilistica di gran parte della III Cantica, in cui spesso i dubbi
scientifici di Dante verranno risolti con argomenti dottrinali e verrà ribadito che la sola filosofia
umana è di per sé insufficiente a capire i misteri dell'Universo. È interessante inoltre che Beatrice
usi per tre volte l'immagine del fuoco per spiegare il movimento di Dante, prima paragonandolo a
un fulmine che corre verso la Terra (mentre lui corre verso il Cielo), poi spiegando che il fuoco
tende a salire verso il Cielo della Luna (cioè verso la sfera del fuoco, dove è diretto Dante) e infine
paragonando il fulmine che cade in basso contro la sua natura a un uomo che, altrettanto
forzatamente, è attratto verso i beni terreni. La luce come elemento visivo domina largamente
l'episodio, segnando il passaggio di Dante dalla dimensione terrena a quella celeste, anche
attraverso l'immagine del sole che è evocato nella spiegazione astronomica, poi indicato come
oggetto dello sguardo di Beatrice, infine chiamato in causa con l'immagine di un secondo sole che
sembra illuminare col suo splendore il cielo: il viaggio di Dante verso la luce è ovviamente il suo
percorso verso Dio.

Potrebbero piacerti anche