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Con la Critica del giudizio Kant cerca di superare il contrasto fra l'attività teoretica rivolta a scoprire il
mondo della natura in cui ogni fenomeno è legato all'altro con causalità meccanica e l'attività pratica aperta
verso il mondo soprasensibile della libertà e della finalità.
L'esigenza di superare il contrasto è vivamente sentita da Kant sia per motivi morali (perché la volontà
morale agisce nella natura dalla quale trae il contenuto della sua azione e nella quale attua i suoi fini: la
natura perciò deve essere organizzata in maniera da non opporsi alla libertà morale), sia per motivi
scientifici (perché la scienza tende ad una visione sistematica ed organica dei singoli fenomeni: la natura
perciò deve essere organizzata in maniera da contenere in sé una certa finalità, simile a quella morale).
Kant ricerca quindi un’attività intermedia fra quella teoretica e quella pratica che possa conciliare il dissidio.
Questa terza attività è il giudizio riflettente, di cui Kant parla nella Critica del giudizio.
Il giudizio determinante è proprio dell’attività teoretica, cioè è quello per cui l’uomo parte dal concetto
puro universale (categoria) fornito dall’intelletto e determina questo universale applicandolo ai dati
sensibili dell’intuizione.
Il giudizio riflettente invece è quello in cui l’uomo riflette su un oggetto già conosciuto per metterlo in
relazione con un elemento universale, che non è l’universale dell’intelletto, ma è l’universale del
sentimento, che esige finalità e armonia.
Il giudizio riflettente si esprime in due forme: giudizio teleologico e giudizio estetico o di gusto.
Esprime la visione finalistica della natura, ispirata dal sentimento di finalità che è la forma a priori. Con
questo giudizio l’uomo sente che le varie parti di un oggetto (per esempio, di un organismo vivente), già
conosciute tramite il giudizio determinante, concordano in modo armonico, come se fossero state
predisposte da una mente ordinatrice in vista di una unità e finalità.
In altri termini, l’uomo riferisce le varie parti, i vari organi dell’oggetto, alla propria soggettività e quindi al
sentimento che prova di fronte all’oggetto stesso e si compiace della corrispondenza tra l’armonia che
crede di ravvisare nella realtà che gli sta di fronte e il bisogno di armonia che è in lui.
Giudizio estetico
Il giudizio estetico esprime il particolare sentimento di piacere per il bello che l’uomo prova quando
contempla un oggetto senza scopo conoscitivo e senza scopo pratico. Mentre lo contempla, egli acquista
coscienza della corrispondenza dell’oggetto con la propria armonia interiore.
Va sottolineato che per Kant la bellezza non è propria dell’oggetto, ma è riflessa dal sentimento umano che
tende alla finalità e all’armonia.
La finalità oggettiva del giudizio teleologico
Nel giudizio teleologico l’unità armonica della natura è considerata come concordanza delle singole parti
nel tutto in vista di una finalità.
In altri termini, l’uomo, quando considera un organismo vivente, sente che i singoli organi concorrono alla
finalità e che questa finalità è inerente all’oggetto anche se corrispondente al suo sentimento di finalità e di
armonia: la finalità dell’oggetto è perciò oggettiva.
Nel giudizio estetico l’unità armonica non è tra le varie parti dell’oggetto, ma tra l’oggetto ed il il soggetto.
In altri termini, l’uomo, quando contempla una cosa bella, riflette sulla cosa il proprio sentimento di finalità
è di armonia: la finalità dell’oggetto è perciò soggettiva.
Il giudizio riflettente ha validità universale perché è fondato sul sentimento di finalità, che è un principio a
priori comune a tutti gli uomini, mediante il quale si può esprimere la finalità della natura e la bellezza di un
oggetto.
Tale universalità è diversa da quella teoretica perché non è fondata sulle forme logiche ma sull’universalità
del sentimento.
Il giudizio riflettente si esprime in due forme Giudizio teleologico e Giudizio estetico.
Il bello e il sublime
Il bello produce un sentimento di esaltazione della vita, il sublime produce un sentimento di esaltazione
delle energie vitali.
Di conseguenza il bello esprime l'armonico accordo fra l'immaginazione e l'intelletto mentre il sublime
esprime il contrasto fra l'immaginazione che non riesce ad abbracciare l'illimitata grandezza e potenza della
natura nella sua totalità e la ragione capace invece di superare ogni grandezza e di dominare la potenza
della natura nell'idea dell'infinito sopra-sensibile che le è propria. In questo contrasto l'uomo acquista
consapevolezza del proprio valore e del proprio destino come essere spirituale libero da ogni vincolo o
impedimento naturale.
La storia come finalità
Per Kant, ogni creatura ha una specifica disposizione che è destinato a realizzare. La disposizione specifica
dell’uomo è la razionalità, che gli permette di determinarsi autonomamente.
Per sviluppare totalmente la razionalità, non basta la vita di un individuo, si deve guardare alla specie
umana nel suo complesso. Il senso ed il fine della storia vanno colti nella vicenda dell’umanità intera.
Ogni generazione è destinata a non godere del livello di sviluppo che ha realizzato, ma lo lascia per le
generazioni successive.
La pace perpetua
Kant tenta di proporre all’Europa un modello per una pace duratura fra i popoli. Partendo dai princìpi del
giusnaturalismo, ritiene che l’uscita dallo stato di natura avvenga non da parte dell’intera umanità, ma da
singoli gruppi di individui che danno origine ai diversi Stati. Questi Stati, che non sono sottoposti a vincoli
giuridici superiori, tendono a determinare condizioni di conflitto potenziale o effettivo.
L’unica soluzione praticabile è riunire gli stati in una federazione, a partire dagli stati europei più avanzati,
che poi saranno d’esempio agli altri. La federazione avrà la funzione di regolare la convivenza tra gli Stati,
favorendone lo sviluppo pacifico e armonico.