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Feuerbach (1804-1972)

Vita
Ludwig Feuerbach è il fondatore dell’ateismo filosofico ottocentesco. Segue le lezioni di Hegel ma
finirà per criticarlo. Inizia la carriera universitaria, ma viene troncata per l’ostilità incontrata. Le sue
opere principali sono L’essenza del cristianesimo e L’essenza della religione.
Lui si occupa di religione, che critica perché è ateo, ma anche della filantropia. È animato da una
sorta di amore per l’uomo. Nega Dio, ma mette l’uomo al suo posto.
Hegel aveva dimenticato la dimensione della concretezza. Come Kierkegaard, anche Feuerbach ha
la stessa esigenza. Ma nega la concezione dell’idealismo.

La negazione dell’esistenza di Dio


L’obiettivo di Feuerbach è negare l’esistenza di Dio
L’uomo è cosciente di sé (essenza individuale), quindi anche dei propri limiti. L’uomo ha la
consapevolezza della specie umana, quindi anche della sua essenza universale.
Prendendo l’umanità nel suo insieme, questa ha infinite risorse e conoscenze. È eterna, perché
non si esaurisce mai, generazione dopo generazione. L’uomo si è privato, ha proiettato fuori di sé
le sue caratteristiche migliori e ha dato ad esse una consistenza ontologica. L’uomo attribuisce
tutte le sue qualità a Dio
La filosofia dovrebbe smascherare tutto questo e dire che quello che l’uomo chiama Dio, è in
realtà l’umanità stessa. Quindi non è Dio che ha creato l’uomo, ma è l’uomo che ha creato Dio.
La proiezione dell’uomo in Dio è un meccanismo del tutto psicologico e interiore, illusorio. Dio
(l’astratto) non ha creato l’uomo (il concreto), ma viceversa.
Le caratteristiche migliori dell’uomo, di cui si priva, sono:

 la ragione, che presiede la dimensione del conoscere;


 la volontà, che presiede la dimensione dell’agire;
 il cuore, che presiede la dimensione degli affetti.
La teologia non è altro che l’antropologia. Si tratta di una antropologia capovolta, perché
parlando di Dio, indirettamente si parla dell’uomo.
1. L’uomo sente il bisogno di essere infinito, vuole trascendere ai suoi limiti. Quindi tendendo
a Dio, creando un ente infinito, l’uomo può tendere a sua volta all’infinito.
2. L’uomo, non potendo realizzare tutti i suoi desideri, inventa Dio, cosicché li realizzi per lui.
Qualunque sia l’origine della religione, è comunque certo, secondo Feuerbach, che essa costituisce
una forma di alienazione, termine con cui l’uomo intende quello stato patologico per cui l’uomo,
proietta fuori di sé una potenza superiore, Dio, alla quale si sottomette. L’ateismo si configura non
solo come un atto di onestà filosofica, ma anche come un vero e proprio dovere morale.
Hobbes diceva «homo homini lupus est». Feuerbach invece dice «homo homini Deus est». Ogni
uomo è un Dio per ogni altro uomo. Feuerbach infatti è ottimista, ha grande fiducia nell’uomo.
La sensibilità
La sensibilità non si riduce affatto a un atteggiamento puramente conoscitivo, ma presenta una
valenza pratica, come dimostra il suo legame con l’amore, ossia con quella passione
fondamentale che fa tutt’uno con la vita.
In questa sensibilità c’è sia un aspetto empiristico che un aspetto pragmatico. Non c’è solo
l’utilizzo dei sensi, ma anche una dimensione affettiva.
L’essenza dell’uomo è l’essenza sociale. L’uomo per esistere ha bisogno in modo costitutivo degli
altri, di conseguenza la conoscenza elaborata dall’uomo è il risultato della comunicazione con gli
altri uomini. Le idee scaturiscono soltanto dalla comunicazione, dal dialogo tra uomo e uomo.
Secondo Hegel, una cosa esiste se è pensata. Per Feuerbach invece, una cosa esiste se procura
amore. L’amore è la prova ontologica dell’esistenza di un oggetto.
Ammettere che l’uomo è bisogno, sensibilità e amore, equivale ad ammettere la necessità degli
altri, ossia il fatto che l’io non può stare senza il tu. L’uomo per sua natura ha bisogno del tu. L’io
non può esistere senza il tu.
La nuova filosofia da lui delineata nell’ultima fase del suo pensiero ha la forma di un umanismo
naturalistico, perché fa dell’uomo l’oggetto e lo scopo del discorso filosofico, e perché fa della
natura la realtà primaria da cui tutto dipende. Il nucleo di questo umanismo naturalistico è
costruito dal rifiuto di considerare l’individuo come astratta spiritualità, o razionalità, per
concepirlo piuttosto come essere che vive, che soffre, che gioisce e che avverte una serie di
bisogni dai quali si sente dipendere. Un essere “di carne e di sangue” risulta condizionato dal
corpo e dalla sensibilità.
Nel 1862 Feuerbach pubblica un saggio che fa scalpore, L’uomo è ciò che mangia. La fame e la
sete abbattono non solo il vigore fisico ma anche quello morale e spirituale dell’uomo, lo privano
della sua umanità, della sua intelligenza e della sua coscienza. La teoria degli alimenti è di grande
importanza etica e politica. I cibi si trasformano in sangue, il sangue in cuore e cervello; in materia
di pensieri e sentimenti. L’alimento umano è il fondatore della cultura e del sentimento.
L’uomo è un’unità psicofisica, per cui se si vuole migliorare le condizioni di un popolo, questo
dovrà vivere bene, avendo di cui nutrirsi. Solo poi si potrà pensare all’insegnamento.
Feuerbach dimentica l’aspetto del lavoro, della comunità, della storia, che verrà invece
sottolineata da Marx.

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