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DESTRA E SINISTRA HEGELIANA

Con la morte di Hegel, vediamo i suoi studiosi dividersi in due correnti: la destra hegeliana
rappresentata dai “vecchi hegeliani”, e la sinistra hegeliana rappresentata invece dai “giovani
hegeliani”. I primi proseguono la sua filosofia, i secondi operano invece una rottura rispetto
ai suoi insegnamenti andando oltre lo stesso Hegel.
Entrambi le correnti affrontano due tematiche importanti:
1. Rapporto ragione/religione
Per Hegel la religione non è altro che la manifestazione dello spirito mediante la
rappresentazione: la destra storica mantiene questa tesi, mentre la sinistra la rovescia,
ritenendo invece che la religione mistifica la realtà (lo si vede soprattutto con Feuerbach).
2. Rapporto ragione/realtà
Hegel paragona la filosofia alla “nottola di minerva”, ha il compito di comprendere le
strutture razionali della realtà senza però modificarle: anche in questo caso la destra
hegeliana prosegue con questa tesi, mentre la sinistra ritiene che la filosofia deve
comprendere il grado di razionalità di quella realtà per poi poterla trasformare, non ha
dunque la funzione di presa d’atto, ma deve migliorare il grado di razionalità in modo da
poter migliorare la realtà stessa.

FEUERBACH
Il massimo esponente della sinistra storica è Ludwig Feuerbach, nato nel 1804 a Landshut
(Baviera) e morì nel 1872 a Rechenberg.
Rappresenta il primo critico dell’idealismo in generale e dunque anche critico dell’idealismo
hegeliano. Opera con la sua filosofia un’inversione dei rapporti tra soggetto-oggetto; critica
dunque gli idealisti principalmente per un errore che secondo Feuerbach hanno commesso:
natura, mondo empirico e uomo derivino dall’astratto (cioè dalla ragione, dallo spirito…),
ma per lui questa è un’idea sbagliata perché ritiene che sia impensabile che il concreto derivi
dall’astratto. Lui sostiene infatti il contrario: è l’astratto che deriva dal concreto. Ci troviamo
davanti ad un rovesciamento a 365° della speculazione filosofica degli idealisti.
Per questa ragione egli viene considerato come padre del materialismo moderno e padre
dell’ateismo moderno.
Da questa considerazione infatti, Feuerbach fa una critica anche al concetto di religione in
generale. Secondo Feuerbach non è Dio che ha creato l’uomo, ma l’uomo che ha creato Dio;
poiché l’uomo, in quanto biologicamente uomo (poiché specie umana), proietta fuori di sé
una parte di sé. L’uomo ha qualità, desideri e paure e ha la necessità di creare una divinità; il
divino viene proiettato in un aldilà e viene adorato come tale.
 L’uomo è capace di amare, di voler bene…Ma non è un amore assoluto. Riprendendo
Sant’Agostino, Feuerbach afferma che l’uomo è dotato di libero arbitrio e può
scegliere tra il bene e il male, e l’uomo così come è capace di amare, così è capace di
odiare; il bene è dunque macchiato dal male. E l’uomo, avendo questo bene particolare
e limitato, deve universalizzarlo: crea quindi un Dio buono portando fuori da sé il
bene.
 L’uomo è artefice del proprio destino e ha voglia di trasformare la realtà; ha dei
desideri, ma non riesce a realizzarli tutti. Decide allora di creare Dio nel quale può
realizzare i suoi desideri: si tratta di un Dio capace di tutto e capace di soddisfare ogni
desiderio dell’uomo perché in lui non esiste il “vorrei ma non posso”. L’uomo dunque
si rifugia in lui per realizzare i suoi desideri, e Dio risulta essere proiezione di tutti i
desideri dell’uomo.
 L’uomo ha delle paure e per poterle superare crea un Dio, che risulta essere la
proiezione del superamento delle paure dell’uomo.
Feuerbach allora, arrivato a questo punto si chiede se, col superamento dell’uomo di
ogni singola paura, Dio sarebbe ancora creato dall’uomo: non possiamo saperlo.

Dio dunque risulta essere all’alienazione dell’uomo: l’alienazione consiste in una sorta di
“smarrimento” dell’uomo, il quale, perde le sue qualità, i suoi desideri e le sue paure, in
modo da proiettarle fuori e creare Dio, creato per vivere meglio.
Dice Feuerbach che quando noi preghiamo Dio, in realtà noi stiamo preghiamo noi stessi: da
qui il concetto centrale della sua filosofia  tutte le religioni risultano essere antropologie
capovolte: l’uomo sposta il suo essere fuori di sé e crea Dio, gli dei sono quindi prodotto
degli uomini a cui gli uomini stessi si sottomettono.
“Prendete il Dio di qualsiasi religione e ribaltatene le caratteristiche: troverete
le caratteristiche del popolo che lo adora”.

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