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Libro:IMPARARE AD USARE UN’ALTRA LINGUA

Capit.1 il campo
Chi studia l’apprendimento linguistico?
1) La linguistica – descrizione delle lingue naturali
2) La psicolinguistica – processi e strategie mentali nei
processi di apprendimento.
3)La sociolinguistica – fattori contestuali/ambientali che
favoriscono l’apprendimento di una lingua

L1, L2 e LS
L1 è la lingua materna di ciascun parlante. È possibile avere
più di una L1, es. i bambini con due genitori di nazionalità
diverse.
L2 – o seconda lingua – è una lingua appresa nel paese
dove essa è abitualmente parlata (ad es. l’italiano appreso
in Italia dagli studenti Erasmus o dagli immigrati)
LS – o lingua straniera – è una lingua appresa, a scuola, in
un paese dove non è abitualmente parlata (ad es. l’inglese
appreso nelle scuole italiane) (per comodità useremo
L1prima lingua e L2 seconda lingua)

Slaid prof.
(i criteri che differenziano L2 da L1 sono 3)
cronologia: L2 si impara dopo la L1
competenza: generalmente la L2 si conosce meno bene
della L1
uso: la L2 si usa in genere meno spesso della L1

Il processo di apprendimento della L2 è quindi diverso da


quello della L1 perchè:
1) si impara la L2 quando si è cognitivamente e
socialmente più maturi, in genere non da piccolissimi;
2) la presenza della L1 e l’uso meno frequente della L2
possono rallentare il processo di apprendimento di L2.
Ossia la velocità nell’acquisizione di L1- ritarda quello della
L2 ?(la differenza è solo apparente come dimostrano molti
studi!I problemi di apprendimento della seconda lingua
dipendono dalle caratteristiche e difficoltà della L2)

Ammiriamo lo sforzo minimo e quindi la velocità che


hanno i bambini nell’imparare L1 e deprechiamo i ragazzi/
adulti che con sforzo massimo non apprendono o
apprendono poco L2.
Esito: competenza perfetta in L1 e imperfetta in L2.
In realtà è un inganno perché il bambino dalla nascita, per
l’apprendimento perfetto di L1 impiega circa 5/6 anni e circa
12.000/14.000 ore, mentre il corso scolastico di L2 dalle
elementari alla maturità implica 1.000 ore diluito in circa
undici anni. E’ però vero che l’apprendimento di L1 è
perfetto e a questo modello aspiriamo nell’apprendimento di
L2.

slaid prof
Acquisizione e apprendimento

Apprendimento spontaneo di L2 – inconsapevole,


inconscio, implicito (inteso cioè come sviluppo, cioè
processo di maturazione biologica determinato da fattori
genetici)
Apprendimento guidato – consapevole, intenzionale,
esplicito (regole e insegnamento, quindi conseguenza di
un processo di apprendimento e crescita sociale)
Apprendimento misto cioè nella realtà ci può essere un
continuum di uno nell’altro
Parar 1 Conoscere una lingua
Il parlante L1 possiede una piena competenza linguistico e
comunicativa.
slaid prof
Il parlante di L1
e’ quindi linguisticamente competente: conosce le regole
grammaticali della sua lingua , sa applicarle in modo
automatico, sa distinguere ciò che è corretto da ciò che è
sbagliato nella sua lingua, lo intuisce, senza averne
consapevolezza cosciente.Questa padronanza di L1 manca
all’apprendente L2 , infatti si acquisisce gradualmente.
Inoltre il parlante L1 capisce tutte le sfumature , i significati
anche i più nascosti.
Quindi il parlante L1 è:
1) Metalinguisticamente competente è in grado di parlare
la sua lingua, di analizzarla e scomporla
2)comunicativamente competente ,conosce le funzioni
sociolinguistiche ed è in grado di usare la lingua in un
contesto
3)riconosce l’appropriatezza delle forme linguistiche
4)fa più attenzione al contenuto dell’enunciato che alla
forma, a differenza di L2 più attento alla forma.
slaid prof.
Il parlante di L2
Non ha ancora automatizzato le operazioni mentali per la
comprensione e produzione della nuova lingua:
operazioni cognitive – articolazione e udito
operazioni linguistiche – verso le 45.000 parole
operazioni sociali – contesto comunicativo
Parar.2
Usare un’altra lingua

Il parlante di L2 non ha ancora automatizzato le operazioni


mentali per la comprensione e produzione della nuova
lingua.Consideriamo le stesse operazioni in L1:
operazioni cognitive – il parlante natio può articolare 3/4
parole al secondo coordinando un gran numero di fibre
muscolari e le può udire alla stessa velocità.
operazioni linguistiche – un adulto L1 conosce circa
45.000 parole variamente aggregabili.
operazioni sociali – usando queste risorse nel contesto
comunicativo di un giorno parla in modo appropriato con
una ventina di persone.L’apprendente L2 che ad es. è stato
in giro un giorno d’estate nel paese in cui si parla L2, non ha
ancora automatizzato quasi nessuna di queste operazioni
mentali ,necessarie per la comprensione e produzione della
nuova lingua.
slaid prof
Come si misura la competenza in L2?

è linguisticamente competente?
è metalinguisticamente competente?
è comunicativamente competente?

Fattori che influenzano l’apprendimento


Fattori interni Fattori esterni
Lingua materna(L1)
Età Ambiente linguistico
Motivazione Contesto spontaneo
Attitudine Contesto guidato (insegnamento)
Stile cognitivo Input
Foreigner talk
Personalità e fattori affettivi
Parar.3 L’interlingua
slaid prof
È la lingua degli apprendenti, intesa come:
(ciò che l’apprendente sa, langue)sistema-competenza
(ciò che l’apprendente usa, parole)effettiva esecuzione
individuale
L' interlingua è un sistema, cioè è dinamica, nel senso che
si sviluppa in una serie di stadi di apprendimenti con
notevole varietà tra gli apprendenti, ed è influenzata da L1.

L'interlingua anche se sui generis, è una lingua naturale,


un sistema di conoscenze con un suo carattere
indipendente, è rapportata ad L2, è “cose che si sanno” e
“cose che non si sanno “.
L’interlingua è una lingua in continua evoluzione verso L2
man mano che procede l’apprendimento . Il punto di
partenza dell’interlingua non è L1 ma l’insieme di
conoscenze linguistiche che ha chi parla almeno una lingua;
il punto di arrivo è L2, verso cui si procede per gradi, ipotesi
e tentativi. Anche se il percorso è comune a tutti gli
apprendisti di L2 quello che è diverso è la velocità e l’esito
finale del percorso di apprendimento tra i vari apprendisti.

slaid prof
Che cos’è l’errore nel processo di apprendimento di L2?
E’ indice di uno stadio particolare dell’interlingua e del
processo di apprendimento e si dicono– errori intralinguistici
o evolutivi se legati alla L2
Se legati alla L1 sono detti – errori interlinguistici
(sistematicità)
Parar 4 La modularità
Il complesso processo di apprendimento di L2 si può
considerare come un complesso di processi separati,
ognuno dei quali costituisce un modulo.
La modularità porta a due considerazioni
1) se ognuno dei moduli o processi dell’apprendimento
obbedisce a principi diversi (es. l’apprendimento della
morfologia obbedisce a principi non molto diversi da
quelli della sintassi, ma quello della pronuncia obbedisce
a principi diversi da quelli della grammatica, )la
modularità permette di spiegare perché un apprendente
può avere un’ottima pronuncia ma un pessimo
vocabolario.
2) la modularitàci dice che l’intervento (cioè il metodo di
insegnamento) per rendere più efficiente
l’apprendimento deve essere diverso in base al modulo
da insegnare.

Senza però dimenticare l’interdipendenza dei moduli.


Durante il parlato tutti i sistemi operano insieme: quello
uditivo,cognitivo,fonatorio ecc..
Quindi la teoria dell’apprendimento deve essere
interdisciplinare.

La modularità interessa vari livelli di analisi linguistica :

Suoni fonetica, fonologia, che studiano la pronuncia


Parole lessicologia, studia il vocabolario. morfologia studia la
struttura delle parole
Frasi sintassi studia come le parole si combina in frasi
(morfologia e sintassi formano la grammatica)
Testo analisi del discorso, studia la combinazione frasi
che formano il testo- pragmatica studia il testo
nel contesto d’uso e lo ancora alla realtà sociale
Significato semantica studia il significato di parole frasi e testo in modo
astratto al di fuori del contesto

Questo percorso parte dal basso, dai suoni/parole per


arrivare al testo, ma per un apprendente nel processo di
apprendimento rende di più partire dall’alto, perché per
capire, prima sentiamo un enunciato in una situazione reale
e poi lo scomponiamo;

Ordinando la lingua L2 modularmente abbiamo 4 abilità


linguistiche:

capire leggere Abilità ricettive


parlare scrivere Abilità produttive

ascoltare parlare Abilità orali (canale di trasmissione


del messaggio uditivo)
leggere scrivere. Abilità scritte (canale di trasmissione
del messaggio visivo)

+ abilità metalinguistica – consapevole o inconsapevole:


ogni parlante di L1 ha delle intuizioni sulla sua lingua che gli
fanno conoscere errori, cose non dette ecc.., quando
conoscerà L2 condividerà queste intuizioni sulla seconda
lingua con il parlante nativo.
Es. rompato, tagliato, aprito, buioso, sgambetti, detto da un
bambino piccolo non saranno incomprensibili per chi
conosce bene la lingua
Capitolo 2 prima di capire

Input e intake
L’input è qualsiasi esempio o «pezzo»(film, cassetta,
conversazione orale, scritti) della L2 al quale l’apprendente
è esposto. Cioè per imparare L2 è necessario che
l’apprendente(Tommaso)abbia a disposizione esempi di
L2=INPUT.
Quando l’input diventa produttivo, cioè si traduce in
apprendimento, diventa intake.

Caratteristiche dell’input(inteso come pezzo di lingua orale):


che lo rendono comprensibile ,sono che è sempre:
contestualizzato
strutturato
modificabile
negoziabile

Esaminiamo una alla volta queste caratteristiche.

L’input (orale)è sempre contestualizzato cioè è inserito


nel contesto/ ambiente fisico/culturale in cui avviene
l’enunciato oppure nel co-testo( cioè la sua posizione
all’interno del teso mi aiuta a capire il significato). Nel primo
caso saranno le coordinate sociolinguistiche
dell’interazione(del discorso) tra parlante e ascoltatore, a far
capire l’input a Tommaso e cioè: ambiente, spazio e tempo,
partecipanti, scopo e argomento dello scambio
comunicativo. es.
1) tho, prendilo.
Per capire la frase, di cosa ha bisogno l’apprendente in L2?
in questo caso sono fondamentali i fattori extralinguistici,o
sociolinguistici ad es.i gesti , dove avviene l’enunciato, i due
interlocutori ecc.
Se l’equilibro tra informazione linguistiche/extralinguistiche è
quindi sbilanciato a favore delle seconde e quindi del
contesto/ambiente (quindi una delle informazioni è più
ricca dell’altra) Tommaso, in questo caso, ha più
probabilità di capire. Infatti se il contesto rende più ovvio
quello che viene detto Tommaso ha maggiori opportunità di
concentrarsi sulla forma.
Però fare troppo affidamento sulle informazioni
extralinguistiche può creare fraintendimenti se l’ambiente è
culturalmente o pragmaticamente opaco.Se cioè ci sono
troppe differenze culturali tra L1/L2. (es. cina/stati uniti)

Nel secondo caso l’input è contestualizzato ma nel senso di


co-testo(cioè come è posizionato quello specifico pezzo di
enunciato all’interno della frase):
2)Supponiamo che un apprendente sia ad una conferenza
sull’archeologia celtica, si parla in L2 ,le coordinate
sociolinguistiche sono necessarie per la comprensione? Le
coordinate del luogo /tempo /identità del professore sono in
realtà irrilevanti, sono invece cruciali le informazioni
linguistiche (co-testo)sull’argomento. Quindi la lingua è
protagonista assoluta in questo caso.In questo caso
l’equilibrio tra informazione linguistiche/extralinguistiche è
quindi sbilanciato a favore delle prime e quindi della
linguistica (quindi una delle informazioni è più ricca
dell’altra) foto pag. 24

L’input( inteso come il tipo di lingua a cui l'apprendente è esposto e a partire dal
quale costruisce la suaL2) è strutturato
L'input orale è un suono continuo, e può essere che tra le
parole emesse da parlante ci sia poco intervallo di tempo,
così poco, che Tommaso non capisce cosa dica il
parlanteL2 nativo.
L’apprendente di L2,(Tommaso) cognitivamente maturo e
scolarizzato, può fare affidamento sulle sue conoscenze
linguistiche di L1, per capire il parlante in L2: dalla
linguistica generale sappiamo che l’input è organizzato in
strutture, queste sono in parte comuni a tutte le lingue,
in parte specifiche.
Sono le cosiddette conoscenze generali del linguaggio o
UniversaliLinguistici cioè sono le proprietà ricorrenti in
tutte le lingue(es. le parole sono composte di sillabe) quindi
Tommaso le ha dalla sua per capire l’input in L2, cioè per
capire l’enunciato in L2 sfrutta:
Le conoscenze generali del linguaggio, in quanto parlante di
almeno 1 lingua
Le conoscenze specifiche di L1
Le conoscenze parziali di L2
Le eventuali conoscenze parziali o meno di altre L2

tra i diversi U.L. utili per decifrare l’input ne ricordiamo


alcuni:
in tutte le lingue
1)l’enunciato è scomponibile in parole, le parole in sillabe(la
sillaba è un complesso di suoni che si pronuncia unito
con una sola emissione di voce.,)le sillabe in
fonemi(lettere)
2) le sillabe hanno un nucleo fatto da vocali ,affiancato da
consonanti
3)i fonemi sono divisibili in vocali e consonanti
3)ci può essere una pausa al confine di una parola
4)ci sono parole di funzione e parole di contenuto. Le
prime hanno un significato soprattutto grammaticale( in ,e, il,
se ) sono più corte, monosillabiche, più frequenti e meno
accentate delle parole di contenuto(piacevole, pipa)che
hanno soprattutto un significato lessicale.
5)regola generale: una parola, un significato.

Altre proprietà per decifrare l’input:


-la frequenza con cui ricorrono nell’enunciato(però, allora,
diciamo, per cui).
-la posizione che occupano nell’enunciato (es. gli accenti)
rispetto al confine della parola che è molto simile in molte
lingue.
-la struttura prosodica (accento,ritmo)dell’enunciato,
concorre nell’identificazione delle parole di contenuto

Queste proprietà universali da sole non permettono di


decifrare l’input, aiutano in questo le proprietà specifiche
della L1., specie se questa è simile alla L2(italiano/
portoghese)per gli elementi simili nelle due lingue

Nella decifrazione dell’input di L2 Tommaso può fare anche


affidamento sulle conoscenze parziali della L2.

Quindi più si conosce più si può capire però ci possono


essere errori di segmentazione della parola. Es. capire la
vagna, lo rologio invece di lavagna e l’orologio.
un altro errore dovuto alla conoscenza parziale di L2 è a
livello della comprensione sintattica dei: verbi psicologici:
Essi richiedono una persona che prova il sentimento ed una
cosa o persona che lo causa.funzionano diversamente a
seconda della lingua in cui sono usati

Riccardo ama lo sport


Mia madre adora l’estate
Anche la conoscenza(eventuale)di altreL2 aiuta Tommaso
a decifrare l’input

L’input è modificabile(cioè modifichiamo il modo di


pronunciare la frase in L2con lo scopo di renderla più
comprensibile a Tommaso)
ciò avviene quando, il parlante nativo, nel rivolgersi in L2
all’apprendente , modifica la lingua per renderla più
comprensibile, viene così creata una foreigner talk.
1) quali sono queste modifiche che fa il parlante L2 per
creare la FT
2)In che condizioni viene usato l’FT
3)l’FT serve veramente per rendere l’input più intellegibile
per Tommaso ?

1)le modifiche formali del FT


il parlante può modificare l’enunciato usando strategie
diverse e può interessare tutti i livelli di analisi:
A livello fonologico: quando un madrelingua parla con un
apprendente(es. albergatore che si rivolge a dei ragazzi in
un albergo), il parlato è emesso a voce più alta, specie le
parole chiave ,in modo più lento con pause più frequenti,
scandisce bene le parole, e usa un numero minore di
ipoarticolazione (è una parlata veloce e colloquiale)
A livello lessicale: sceglie parole più semplici e comuni
preferendo gli iperonimi (parole di significato più generali)
agli iponimi(parole di significato specifico) e si evitano
espressioni particolari tipo “fico secco”poichè sarebbe
difficile per Tommaso intuirne il significato.
A livello pragmatico: preferenza di forme più dirette come
il “tu” più comprensibili nel contesto.
A livello morfo-sintattico: le frasi del FT sono più corte e
semplici con meno proposizioni.
A volte però la semplificazione è così accentuata da
produrre un FT sgrammaticato, con una frase finale molto
scarna.
se questi sono i livelli di analisi su cui il parlante L2 agisce
con quali strategie forma FT?
le strategie sono sia di semplificazione delle forme che di
elaborazione delle forme – per semplificare la
comprensione della frase. Ricordiamo che se la
semplificazione formale offre a Tommaso un input più facile
da capire ma poco adatto all’apprendimento, di contro
l’elaborazione formale dell’enunciato può creare, un
input ,non solo più facile da capire, ma anche più ricco di
elementi da imparare.

Oltre alle strategie usate per produrre FT è anche


importante conoscere, la misura delle modifiche del
FT(cioè la quantità di modifiche che attua il parlante natio di
L2 sull’enunciato affinché risulti comprensibile a Tommaso ),
entrambi( strategie usate e misura/quantità di strategie
usate) producono una grande variabilità di FT, infatti il
parlante natio aumenta o diminuisce la quantità di modifiche
nell’enunciato in base alla valutazione del livello della
competenza linguistica dell’apprendente. Fino alle
sgrammaticature cioè alla semplificazione estrema della
frase quando il parlante capisce che l’apprendente ha
scarsa competenza linguistica, uno status sociale
inferiore, in questo caso deve fare attenzione a non urtare i
sentimenti dell’apprendente.

Qual'è l’utilità di queste modifiche per il processo di


apprendimento? come ed in che misura Tommaso beneficia
del FT?
ad es. vediamo un FT ottenuto con modifiche a livello
grammaticale, oppure a livello fonologico, abbiamo detto
che parlando più piano e scandendo meglio le lettere il
parlante aiuta Tommaso a capire i confini tra una parola e
l’altra, invece a pragmatico i gesti aiutano a capire i referenti
extralinguistici delle parole, a livello sintattico un minor
numero di termini confondenti prima del verbo spostano
l’informazione in fondo all’enunciato.

Foreigner talk e teacher talk differenze


quindi l’espressione(dall’ingl. foreign «straniero» e talk
«parlata»), introdotta come termine tecnico da Ferguson
(1971), indica il modo semplificato con cui si parla a
interlocutori stranieri che si suppone non conoscano la
nostra lingua, o non la conoscano a sufficienza; Essendo
una maniera di adattarsi alla competenza linguistica
dell’interlocutore, il foreigner talk ha qualche aspetto in
comune col ➔ baby talk, che si distingue però per l’età e
l’acquisizione linguistica precoce del destinatario.
Il ricorso a un foreigner talk ha in genere la funzione di
promuovere la comunicazione, dato che aiuta l’interlocutore
straniero a interpretare il nostro messaggio. In altri casi, per
contro, può segnalare un atteggiamento di superiorità da
parte dell’interlocutore nativo nei confronti dello straniero,
come mostra il fatto che nel foreigner talk come pronome si
usa mente il tu invece del lei, sentito come formale.
Invece l'espressione di lingua inglese teacher talk
(letteralmente "parlata dell'insegnante") indica, in una
varietà semplificata di una data lingua ed è utilizzata da un
docente per facilitare agli allievi (apprendenti di quella
lingua come L2) la comprensione delle lezioni e, in tal
modo, il compito di imparare.
Il teacher talk può essere inteso come una forma particolare
di foreigner talk.
Il teacher talk se ne differenzia per due ragioni:
1)non è mai sgrammaticato
2)data l’esperienza degli insegnanti ,le modifiche
sull’enunciato sono meno grossolane ,rispetto a quelle del
parlante natio L2 in FT.

e Tommaso? è solo un ascoltatore passivo?No, può


segnalare attivamente quale sia la misura esatte delle
modifiche affinché possa capire l’input, accordandosi con il
parlante, cioè parlante e apprendente cooperano per
rendere l’input comprensibile, cioè negoziano il parlato.
Quindi si dice che:L’input è negoziabile
Infatti dopo una frase “mangiamo un panino” in L2,
Tommaso dice “eh?” il natio ripete la frase cooperando con
lui per farsi capire e Tommaso.. “mang?..”,allora il natio
accompagna la frase ad un gesto e Tommaso capisce.Il non
capire la parola può essere segnalata da Tommaso anche
con un gesto o espressione facciale. Quindi Tommaso e
parlante natio hanno cooperato per la comprensione del
parato. Altro modo di aiutare la comprensione è scomporre
enunciati lunghi in segmenti corti..Inoltre spesso il parlante
inizia la conversazione con una domanda, in percentuale
maggiore rispetto ad una conversazione tra natii, infatti, la
domanda impegna di più Tommaso, impedendogli di lasciar
perdere o far finta di non aver capito. Nonostante la
cooperazione, però, a volte Tommaso non riesce proprio a
capire.

Anche la negoziazione, come il foreigner talk ha una


variabilità notevole.
Es. il tipo di task che accompagna la conversazione, lo
status dei partecipanti, il livello di competenza linguistica, le
conoscenze e extralinguistiche.

1.
Tutti gli studi dimostrano che l’input negoziato oralmente è
più facile da comprendere dall’input modificato solo dal
parlante natio in modo unilaterale. Stabilito che l’input
promuove la conversazione, fa lo stesso anche per
l’apprendimento? (capit.4)

Parag. 2

L'ascolto
Ascoltare una conversazione coinvolge tutti i livelli di analisi,
e si conclude con vari tipi di comprensione, infatti tra il non
capire ed il capire tutto, ci sono molte sfumature.
Modello psicolinguistico di Levelt,(la psicolinguistica o
psicologia del linguaggio può essere definita come lo
studio dei fattori psicologici e neurobiologici(del cervello)
che stanno alla base dell'acquisizione, della comprensione e
dell'utilizzo del linguaggio negli esseri umani) con esso
seguiamo il percorso di trasformazione del messaggio da
acustico a compreso.
In che modo la nostra mente elabora/comprende ciò che
ascolta?
Es n. 1, lo scoiattolo scodinzola contento

il modello di Levelt prevede che, localizzati in varie aree del


nostro cervello, ci siano dei magazzini di conoscenze, e
degli elaboratori di queste conoscenze.(vedi il disegno alla
pagina successiva ricordando che i cerchi sono i magazzini
della conoscenza ,il sapere, mentre i rettangoli sono gli
elaboratori del sapere cioè sono “il fare”).
Gli elaboratori sono collegati a due tipi di magazzini della
conoscenza:
conoscenze lessicali
conoscenze generali(del mondo)
1)Tommaso sente il messaggio acustico e attiva le
procedure di “un primo elaboratore”: l’uditore,che
trasforma il suono ricevuto dall’orecchio (la frase)in stringa
fonetica; quindi il suono(frase emessa dal parlante) che
Tommaso ha sentito attraverso l’orecchio, cioè attraverso
l’udito, attiva recettori neurosensoriale che trasporteranno il
segnale uditivo al cervello e non è più come un semplice
rumore ma come un enunciato parlato, ma non è ancora
perfettamente comprensibile.
2)l’uditore consegna la stringa fonetica ad un“secondo
elaboratore” chiamato decodificare (che come si vede dal
disegno è collegato al magazzino delle conoscenze
lessicali )che trasforma la stringa fonetica prima in elaborato
superficiale fonologico (suono) e poi in enunciato(analizzato
attraverso l’elaborazione grammaticale). Quindi doppia
decodificazione, fonologica e grammaticale(vedi disegno).
Quella fonologica: serve a Tommaso per capire che (in
base al nostro, es.n1, quello dello scoiattolo)nella frase ci
sono 30 fonemi raggruppati in 10 sillabe(pronunciate cioè
con una sola emissione di voce), di queste 3 sono più
accentate delle altre, con un loro ritmo e intonazione.
Quella grammaticale: il decodificatore è in relazione con il
magazzino di conoscenze lessicali dove le parole sono
rappresentate sia come forme con le loro caratteristiche
fonologiche (suoni) e morfologiche(forma delle parole), sia
come lemmi (titoli, argomenti) con le loro specificazioni
semantiche e grammaticali .La relazione che esiste tra la
componente fonologica e grammaticale attiva nel nostro
cervello procedure complesse di scandagliamento del
magazzino, con il riconoscimento delle corrispondenze tra le


le parole
udite e le
parole
che si (8) Modello psicolinguistico per la comprensione, Levelt 1989:

trovano L’ascolto è attività complessa, coinvolge tutti i livelli d’analisi (fonologia, morfologia, lessico...).
Inoltre l’esito non è binario.
nel
Come si articola il processo di comprensione?

1) Lo scoiattolo scodinzola contento.

2 ) l o sk o j a t t o l o sk o d i n t so l a k o n t + n t o

3) CV CCV VVC CV CV CCV CVC CV CV CVC CVC CV

4)

5) lo sko ,jattolo sko ,dintsola kon ,t+nto

Un tipo particolare di conoscenze generali: quelle che riguardano l’ascoltatore come interlocutore.

7) That’s the university. It’s going to rain tomorrow.

- Il modello si basa sull’idea che ci siano conoscenze procedurali (UDITORE, DECODIFICATORE,


INTERPRETE) le quali interagiscono con conoscenze dichiarative (LESSICALI e GENERALI). Ogni
elaboratore produce un ‘elaborato’ che diventa materia di elaborazione per l’elaboratore successivo. In ogni
elaboratore operano routines, procedure routinizzate.

7
magazzino, permettendo così di identificare le parole di cui
è composta la stringa fonologica, per cui adesso Tommaso
capisce che nell’esempio dello scoiattolo le parole sono 4
ed hanno quella specifica forma. Dopo l’elaborazione
fonologica, c’è quella grammaticale, che con complesse
procedure di relazione con la parte lemmica delle parole del
magazzino lessicale , le decodifica grammaticamente e
semanticamente. Così Tommaso capisce le 4 parole(ad es.
che lo scoiattolo è un animale) e le loro caratteristiche
grammaticali, ad es. che “lo”della parola “lo scoiattolo”è un
articolo determinativo m.s.,” scoiattolo”è un nome ecc.
A questo punto Tommaso è in grado di capire le parole e sa
come sono in relazione tra loro, ma deve ancora
interpretarle.
3)infatti questo elaborato passa al terzo elaboratore
chiamato l’interprete che accetta la stringa, attiva le sue
procedure e completa la comprensione. Infatti l’interprete è
collegato al magazzino delle conoscenze generali del
mondo (contestuali/extralinguistiche e del co-testo, le regole
dev’avvicendamento dei turni in un dialogo ecc..)
attraverso cui il messaggio viene filtrato, Tommaso ne
stabilisce una corrispondenza con l’enunciato analizzato per
cui la comprensione del messaggio percepito all’inizio è
concluso, e capisce l’enunciato sia dal punto di vista
semantico (significato delle parole) che pragmatico (cioè il
significato della frase nel contesto ambientale ad es. se la
fase la pronuncia un cacciatore, il tono è sadico perché il
cacciatore intende che se lo scoiattolo scodinzola è distratto
e lo può sparare più facilmente).

In questo modello ogni elaboratore riceve un input e


produce un output che diventa a sua volta input del
successivo elaboratore, tutto ciò attraverso una gerarchia di
conoscenze procedurali che operano su conoscenze
dichiarative.
• La CONOSCENZA DICHIARATIVA, rappresentata per mezzo delle
proposizioni è "sapere che qualcosa è pertinente ".
• La CONOSCENZA PROCEDURALE è "sapere come fare qualcosa. Sono
raccolte nei tre elaboratori dell’enunciato: uditore, decodificatore,
interprete.Ogni elaboratore agisce sulle conoscenze dell’ascoltatore.
Le procedure o caratteristiche del modello sono: gli
elaboratori operano in
modo :autonomo,incrementale,automatico

1) Autonomia : ognuno degli elaboratori lavora in modo


specializzato e specifico a svolgere solo quel tipo di
funzione.es il decodificatore grammaticale è
specializzato solo nell’identificare nel lessico i
significati delle parole della struttura superficiale e
nel metterle grammaticamente in relazione tra loro.
L'autonomia implica che, al percorso ideale di elaborazione
dell’enunciato ,dall’uditore all’interprete, in alcuni casi,
la gerarchia delle procedure di elaborazione può
alterarsi.
Infatti, alcune fasi dell’elaborazione
-possono essere saltate,
Es. la mamma entra in cucina con una pentola di pasta e
fagioli e apre la bocca , il figlio già sa ciò che dirà e
quindi capisce il messaggio prima che venga
pronunciato. È lo stesso messaggio tutti i giorni a
pranzo.
-l’ordine delle procedure non è per forza fisso.
Per es. un contesto linguistico che contiene una parola che
predispone al percepimento fonologico di quella
successiva, che avviene quindi prima di quello fonetico.
Prendiamo la parola “sera”
Frase1 “ rosso di sera, bel tempo si spera
Frase 2”siamo in giro da stamani ed è sera
La comprensione di “sera”nella prima frase è più veloce
perché citiamo un proverbio molto conosciuto.
-un livello di analisi può imporsi sugli altri.
Questo quando il livello semantico dei lessemi(cioè il
significato immediato della frase) ha la precedenza sul
livello sintattico della sequenza delle parole(per cui frasi che
sono sgrammaticate ci sembrano di senso).

2)Incrementalità
è la seconda caratteristica delle procedure di elaborazione
attivabile durante l’ascolto. Ricordiamo che ogni procedura
di decodifica del messaggio udito parte da un input e
produce un output che è l’input dell’elaboratore successivo.
L’incrementalità indica che una componente degli
elaboratori può iniziare dall’output ancora incompleto della
procedura precedente.
Es. a natale a Napoli nevicava.
in Tommaso la parola “a natale”,come detto prima, dovrebbe
, di regola, avere tre passaggi di elaborazione cioè
UDITORE, DECODIFICATORE, INTERPRETE, invece con
l’incrementalità, prima che la parola “a natale” giunga
all’elaboratore ultimo(interprete), Tommaso può già iniziare
ad elaborare la parola “a natale” e poi “nevicava”,mentre
interpreta “a natale" e decodifica “a napoli”.
Quindi si creano nella mente come dei “file
temporanei” ,intermedi, che si conservano nella memoria a
breve termine. Vedi foto pag. 50.

3)L’automaticità indica che nel parlante nativo il processo


dell’assolto è velocissimo grazie alle sue competenze. E
e nell’apprendente L2? Come cambia il modello dell’ascolto
in L2?
Tommaso non solo deve capire il messaggio ma deve
anche acquisire in L2 le competenze linguistiche specifiche
cioè quelle dichiarative dei due magazzini di conoscenze e
quelle procedurali dei tre elaboratori.
Sappiamo che alcune conoscenze sono generali (gli
universali linguistici)e quindi gli sono già note, però siccome
L2 è una nuova lingua Tommaso ha difficoltà ad usare
anche ciò che già sà, con un pò di confusione iniziale
nell’ascoltare in L2. Man mano che acquisirà sicurezza in
L2,le conoscenze già acquisite in L1 gli saranno molto utili.
CAPITOLO 3. poi parlare

I PRIMI STADI DI APPRENDIMENTO E IL LESSICO


I primi passi nell’imparare un’altra lingua e nel parlarla.
Si distinguono nell’enunciato di Tommaso in L2, 2 strutture:
•1) Formule fisse
• 2)Poche parole organizzate secondo principi semantici e
pragmatici (quindi di senso)piuttosto che sintattici(cioè delle
giuste regole grammaticali e di sintassi).

Formule fisse
• 1)sono pezzi di lingua non analizzati ma memorizzati tali
e quali.
Es. S’il vous plait ? serve a comunicare in Francia
How much is it? Per fare la spesa in Australia
Auf wiedersehen- per congedarsi in tedesco
• sono frasi che hanno grande importanza comunicativa
• non contenendo errori ma possono dare la falsa
impressione di una buona conoscenza della lingua
straniera da parte di Tommaso.
• Le formule non sono produttive ,perché chi le pronuncia
non sa usare nessuna delle singole parole che ha
imparato a senso, in altre frasi ,ma può esserci evoluzione
verso l’interlingua o un’errata interpretazione e quindi
nessuna evoluzione.
• Es. Waduyu kam from?
Waduyu sei?

2)Brevi pezzi analizzati, anche se in fase iniziale di


apprendimento, l’analisi dell’enunciato, non ha ancora
raggiunto il pieno livello grammaticale in T.
Infatti le parole (o lessemi):
1)non sono assegnabili a una classe morfologica cioè le
parole usate nella frase da parte di Tommaso all’inizio
dell’apprendimento, sono verbi, sostantivi, avverbi?sono
usati come tali o nella frase in L2 dell’apprendente un
sostantivo diventa un verbo?
2)presentano minima o nulla flessione morfologica(la
morfologia è la parte della grammatica che ha per oggetto lo studio della struttura
grammaticale delle parole e che ne stabilisce la classificazione e l'appartenenza a
determinate categorie come il nome, il pronome, il verbo, l'aggettivo e le forme della
flessione, come la coniugazione per i verbi (io lavoro, tu lavori) e la declinazione per i
nomi (il lavoro, i lavori)..

la Forma basica(cioè le prime frasi che compone T.) , che


parole ci mette? secondo quali criteri li sceglie?)

• la forma basica ,è la forma di un lessema scelta


dall’apprendente come neutra, sulla base dei seguenti
criteri:
• frequenza della parola
• facilità articolatoria della parola
• lunghezza della parola
• specificità della parola
• in base a questi criteri di scelta, impara un gruppo di
parole che saranno il suo vocabolario iniziale poi sempre
più ricco man mano che l’apprendimento di L2 procede.
Sembrerebbe che, nelle prime fasi dell’apprendimento il
ruolo della grammatica sia quasi nullo: l’apprendente
T.,sarebbe troppo occupato ad imparare nuove parole e
formule indispensabili per sopravvivere e non avrebbe
tempo e attenzione da dedicare a dettagli come il genere
dei nomi o la coniugazione verbale, o la flessione
morfologica. Questo è, in linea di massima, vero: tutte le
interlingue iniziali, di adulti come di bambini, sono
caratterizzate da un'estrema semplificazione sul piano della
morfologia grammaticale. Anche tutte le ‘parole funzionali’,
come gli articoli(il, la ecc.), le preposizioni,, vengono
apprese di solito in un secondo momento, cioè dopo le
“parole di contenuto”(ombrello, pigiama ecc): infatti la
scarsa salienza fonologica delle parole di funzione e il loro
significato astratto è, in genere, non indispensabile per la
comprensibilità degli enunciati, e non le rendono buone
candidate ad essere apprese nelle primissime fasi.
Quando sentiamo parlare in L2, un bambino straniero che si
trova in Italia da pochi mesi, e dire”no, grattare” o” tu fare
questo” e “io così” o “no io freddo” ,possiamo pensare che
stia commettendo un sacco di errori e che stia parlando un
varietà povera e inadeguata di italiano. Ancora una volta,
però, questo atteggiamento non ci fa capire cosa sta
provando a fare il piccolo. In realtà, questi enunciati prodotti
ad es. da Fatma, una bambina marocchina di sei anni, da
poco in Italia, mostrano una logica, un'intelligenza, una
funzionalità. Nel primo es., la bambina cerca di dire che se
le diamo da mangiare il pesce (questo) lei fa così (e si gratta
il braccio): era infatti allergica a certi cibi. Nell’enunciato, “no
,io freddo” la bambina si indica il maglione, dicendo che non
ha freddo perchè lo indossa. Per esprimere concetti così
complessi, e avendo a disposizione solo pochi mesi di
esposizione all'italiano, la bambina ha appreso le parole più
importanti, come questo o così, che, opportunamente
accompagnate da gesti e mimica, le consentono di
comunicare. La scelta di privilegiare queste forme polivalenti
e ricche di contenuto, a spese di altre di uso più limitato
(come grattarsi) o con contenuto più astratto e complesso,
come le preposizioni o la coniugazione dei verbi, risulta
funzionale per soddisfare i bisogni comunicativi.Quindi
Tommaso sceglie forme semplici in base ad alcuni criteri:
-sceglie le parole che più frequentemente ricorrono
negli input: ad es. nel caso di italianoL2, per la forma basica
di un lessema come chilometro/i, la desinenza i è migliore
candidata di “o” perché è quella che nell’input ricorre più
spesso.
-le più corte,ad es. nel verbo, la forma “mangiavate” è rara
perché lunga e poco frequente nell’input, è più facile che T.
impari prima l’infinito”mangiare”
-le parole più specifiche nel significato (come già detto)
-le più facili da articolare nel pronunciarle, es. l’articolo
italiano “gli”, sarà difficilmente imparato per primo, non solo,
perché ricorre meno frequentemente nell’input, ma anche
per la sua minore facilità articolatoria rispetto ad altre forme
come “la”.
3)le parole sono di contenuto più che di funzione nella
fase iniziale del parlato in L2. Tommaso elimina dalla frase
articoli, ausiliari, preposizioni, pronomi e tutto è più facile da
dire.
4)ordine dei lessemi.
Es. bicicletta su montagne(=andavo in bicicletta sulle
montagne)
Le parole seguono un ordine discorsivo(quindi semantico e
pragmatico cioè un ordine che non è giusto dal punto di
vista grammaticale ma che permette a T. di farsi capire) più
che sintattico.la lingua esige infatti che le parole siano
presentate in ordine sequenziale: pragmatico, semantico,
sintattico. Nella fase iniziale dell’apprendimento, quando
questi 3 non sono ancora in armonia tra loro, secondo
Rutherford, l’apprendente ha 3 possibilità
1)può partire dal tema,( cioè in cuore del concetto da
esporre es. entra in un ristorante e dice “mangiare”) e poi
aggiungere altre parole (tipo “tavolo” o prezzo”) senza alcun
legame grammaticale.
2)può partire dal tema, e provare a grammaticalizzare come
meglio può.
3)può rinunciare al tema, a discapito dell’organizzazione
discorsiva e di senso, e scegliere il soggetto che gli
permette di grammaticalizzare più facilmente (scelta meno
frequente, magari esce una frase più giusta
grammaticalmente ma che T. capisce meno).

Il lessico
Il lessico (o vocabolario) è l'insieme di parole che
compongono una lingua .
Chi va in un paese di cui non conosce la lingua porta con
se un piccolo vocabolario non un libro di regole
grammaticali, quindi il lessico ha un importanza enorme.
Inoltre gli errori lessicali sono più comuni di quelli
grammaticali.
IL LESSICO dal punto di vista quantitativo

di quante parole è composta una lingua?


Vediamo quante parole contiene un vocabolario
ad es. il Webster’s Third International Dictionary (1963)
contiene 450.000 parole e 54.000 famiglie di parole
Un parlante nativo conosce circa :20.000 famiglie di parole
Un apprendente deve conoscere circa: 3000 parole almeno
tra le più frequenti (primo obiettivo), per poter iniziare a
capire l’input in L2 e poter scrivere.

Quante parole sono dunque veramente necessarie?


Si valutano in base alla frequenza con cui ricorrono nell’uso
generale. Se prendiamo un testo e le parole più ricorrenti in
una lingua, queste ultime, quanta percentuale del libro
coprono?
Anche se conoscere le parole più comuni di una L2 non vuol
dire capirle, bisogna conoscerne circa 15.000 per un testo
generico, molte di più per un testo ad es, scientifico.
Per un linguaggio comune, invece, come detto servono
almeno 3.000 parole a T., come primo obiettivo.
Il vocabolario di base della lingua italiana contiene:

Vocabolario(parole )fondamentale 2000


Vocabolario(parole) di alto uso ca. 2750
Vocabolario di alta disponibilità(parole che diciamo o
scriviamo raramente, ma che pensiamo con grande
frequenza ) ca. 2300
Tot. Circa 7000 parole

Proviamo a indovinare!quali le parole più comuni?


1. Dottore
2. Economico
3. Forchetta
4. Cortometraggio
5. Dolce
6. Pentola
7. Cioccolato
8. Lattina
9. Compressa
10. Scopa
11. Film
12. Tastiera
13. Emozione
14. Spazzola
15. Tramonto
Fondamentale Alto uso
Alta disponibilità Non di base

La classe di parole più rappresentata è il nome, seguono il


verbo e l’aggettivo che insieme coprono il 97,6%dei lemmi
del vocabolario.
IL LESSICO dal punto di vista qualitativo
• Conoscere una parola(e T. Le conosce?)vuol dire
conoscerne una serie di proprietà come:
‒ Forma(di pronuncia o di ortografia, cioè come si pronuncia
e come si scrive)
‒ Struttura morfologica(cioè che le parole sono scomponibili
in morfemi)
‒ Pattern (disposizione) sintattico, nella frase. Ad es.il verbo
”spostare” per avere un significato richiede :qualcuno che
sposta, ed una cosa da spostare; invece piovere non
richiede questo. T. per usarli bene nello scrivere e per
comprenderli nell’ascoltare, deve conoscere queste
differenze del significato del verbo in L2.
_il significato:1) referenziale, cioè quello che permette a un
messaggio o parola di designare l'oggetto extralinguistico,
questo significato può essere multiplo o metaforico.
2)Affettivo (connotativo) quello in cui predominano
espressioni e voci di tipo familiare e di registro informale.La
parola connotazione indica i significati che vengono
attribuiti ad una parola insieme al suo significato basilare. Si
tratta dunque di un insieme di attributi stilistici ed affettivi
(sfumature peggiorative, migliorative o anche eufemistiche).
3)Relazioni lessicali con altre parole della stessa classe e
sono: i sinonimi cioè identità di significato fra due parole
diverse ( scuro e buio, ora e adesso ), antinomia (es. lento
e veloce) cioè che hanno un rapporto di contraddizione,
iponimia (as es. pino e albero) indica il rapporto di
‘subordinazione’ di un vocabolo che, rispetto ad un altro,
abbia un significato meno esteso.
Collocazioni privilegiate: es. la parola” torrenziale” va con
pioggia, “conveniente” va più con nomi inanimati(es. prezzo
conveniente) che animati(es. collega conveniente).

Queste proprietà sono così difficili da imparare per


Tommaso, che in un certo stadio dell’interlinea, le conoscerà
poco. Quando la conoscerà bene la userà nel parlare ma
anche nell’ascoltare(la decodificherà velocemente).

Quindi è giusto parlando di parole, fare 3 distinzioni o


dicotomia, in base a come T. usa queste parole e come le
conosce:
• Tre dicotomie:
– Conoscenza potenziale VS reale: il vocabolario
potenziale di Tommaso consiste nelle parole che è in grado
di riconoscere, anche senza averle mai viste o sentite in
L 2 , a d e s . l e p a r o l e : w o z z a u p , c o m p u t e r,
smartphone ,facebook ecc, termini d’uso comune nel
mondo. Il vocabolario reale sono le parole che Tommaso
conosce solo dopo averle incontrate nell’input L2.
– Lessico passivoVS attivo: il primo è quello che T. può
produrre, il secondo lo riconosce ,ma non sa usarlo.
– Conoscenza VS controllo : la prima è la
rappresentazione del lessico(parole)nella mente di T., quindi
nella sua memoria a lungo termine, la seconda la capacità
di T. di elaborare queste parole mentre scrive o parla.

Sequenza di apprendimento
Sono almeno 3000 le parole di L2 che deve conoscere T.
Quali parole e quali proprietà di queste parole impara per
prima?Cioè in che sequenza?
Vediamo la scelta delle parole da imparare, quali criteri ne
regolano l’apprendimento(oltre quelli visti finora)?
Si distinguono criteri interni ed esterni

Criteri esterni : utilità, della parola che apprendo, alcune


sono più utili di altre, ed allora T. imparerà le prime .
Ad es. la parola tedesca “kaputt”, è subito appresa dagli
immigrati in Germania perché indica tutto ciò che è
negativo, condizione che un immigrato conosce bene.
Inoltre, alcuni apprendenti L2, scelgono di imparare per
primo formule caratteristiche dell’interazione sociale (ciao,
come stai; come ti chiami ecc..),
un secondo criterio nella scelta delle parole imparate è la
disponibilità, il concetto è legato alla frequenza con cui la
parola ricorre nell’input L2 o nel contesto, l’aiuto che
comporta nel contesto e co-testo per favorirne la
comprensione.
Un terzo criterio è la preferenza personale.

Criteri interni al lessico che ne favoriscono l’apprendimento


sono: i criteri formali ad es. la pronuncia della parola, ad
es. la posizione dell’accento sulla parola , sono più facili da
imparare le lingue in cui le parole hanno sempre l’accento
allo stesso posto, es. l’ungherese che ha l’accento sempre
sulla prima sillaba, rispetto all’italiano in cui l’accento è
mobile. Altro criterio formale è la facilità di pronuncia che
facilita l’apprendimento, concetto opposto è quello della
similarità sonora con altre parole, cioè parole troppo
simili tra loro, sono difficili da imparare. Altro criterio formale
è la corrispondenza tra suono e grafia (visiva).Un diverso
sistema di scrittura crea più problemi all’apprendimento.
Altro criterio, la lunghezza delle parole (molto discusso tra
gli studiosi), quali più facili da imparare le lunghe o le corte?
Ad es. in inglese le parole corte sono di origine anglofona e
più frequenti d’uso, quindi più facili da trovare in un input
che ascolta T., le lunghe, sono di origine latina, più rare e
meno usate, quindi hanno minore probabilità di trovarsi
nell’input. In questo caso il criterio cruciale è la frequenza
d’uso e non la lunghezza della parola. Al contrario se T. è
italiano( L1 ) troverà più facile imparare le parole lunghe che
corte, per la competenza che gli deriva dal conoscere L1.
Altro criterio la morfologia della parola da imparare, per es.
plurali molto complessi, oppure nomi composti difficili, ne
impediscono l’apprendimento.

Criteri semantici (sempre per spiegare la successione con


cui si imparano le parole della lingua L2)
Polisemia(una parola ha vari significati simili) e omonimia
(due parole, di significato diverso, hanno uguale il suono o,
per lo meno, la grafia).
Per T. la parola ideale da imparare è quella in cui non ci sta
ne omonimia né polisemia e cioè una parola che tra forma
scritta e significato abbia un unica corrispondenza.
Inoltre la parola più facile da imparare per T., deve avere
una chiarezza semantica(di significato) e anche se
apparentemente sembrano più chiare e facili da imparare le
parole di senso concreto, e, spesso è così, e non di senso
astratto (felicità, ansia ecc.), ciò non è sempre vero.Infatti
ciò è vero per un bambino e la sua L 1 ,ma un adulto o
ragazzo che ha già sviluppato i concetti astratti nella sua
lingua madre, imparare “amore” o “bicchiere “in L2 è
uguale.E’ invece l’opacità di significato che rende le cose
più complicate. Ad es. “libro”è meno opaco di “volume”, è
più specifico. Infatti vari studi mostrano che gli
apprendenti ,più dei nativi, preferiscono le parole con
significato più specifico alle altre. Quindi la specificità è un
altro criterio nella scelta delle parole da imparare per
prime.Altro criterio l’idiomaticità: la frase idiomatica, o,
modo di dire(es. ma va là), è una locuzione di significato
peculiare di una specifica lingua, la cui traduzione letterale
in altre lingue non ha senso logico.sono quindi espressioni
che T. non impara subito perché non ne capisce il
significato, in che situazione /contesto vanno dette senza
sbagliare?
Quali sono le classi di parole (ogni parola appartiene ad
una categoria grammaticale, cioè ad una classe di parole,
intese come nomi, verbi ecc. che condividono un insieme di
proprietà grammaticali) che si apprendono prima?i nomi, poi
gli aggettivi, poi i verbi ed infine i più difficili cioè gli avverbi.
Però quando T. le usa effettivamente entrano in gioco altri
fattori: ad es. i verbi nelle lingue flessive sono più difficili da
imparare rispetto agli avverbi.Quindi tutto è molto relativo
alla complessità di L2.

Un altro criterio da tenere presente è la contrastatività con


L1(cioè la comparazione tra due parole) : se forma e
significato della parola in L2 assomiglia alla forma e
significato della parola in L1, è chiaro quanto sia più facile
da apprendere per T.
Es. “televisione “in italiano, “television”in francese
“television” in inglese.
in proposito vediamo lo schema di Appel

Forma e significato di una parola fa parte del lessico


mentale, il concetto (contenuto nella parola) invece fa parte
dell’enciclopedia mentale. Molti concetti non hanno la
corrispondente parola, ad es. nella nostra mente abbiamo
due concetti “sorella del marito”e moglie del fratello” ma
abbiamo un’unica parola ”cognato/a”, per esprimerli, quindi
“cognato”è una parola polisemica, impararla in L2 significa
imparare tutti i significati.
Se questo è probabile nelle lingue indioeuropee, cioè è più
facile, non lo è in L1/L2 molto diverse tra di loro.
Sono infatti pochi i termini concettuali che sono lessicalizzati
in tutte le lingue, cioè a quella forma e significato coincide
un concetto nell’enciclopedia mentale, uguale anche nelle
altre lingue, gli studiosi ne contano solo 100, stranamente
non figurano parole come “finestra” “tavolo” ecc.
«Imparare una nuova parola nella L2 vuol dire impararne
tutti i significati, anche se questo non implica
necessariamente una nuova concettualizzazione»

Vediamo due possibili modelli modificati da Potter di


abbinamento delle parole in L1 e L2 con i concetti
Modello di Associazione lessicale
Come si vede dalle frecce le parole in L2 accedono ai
concetti attraverso le parole in L1
Questo modello è caratteristico dei primi stadi
dell’apprendimento della L2
modello della Mediazione Concettuale

Le parole L2 come mostrano le frecce accedono


direttamente ai concetti coì come fanno le parole in L1.
Questo è caratteristico degli stadi più avanzati
dell’apprendimento in L2, passando così , dall’elaborazione
lessicale -all’elaborazione concettuale.
Come si vede la L2 per accedere ai concetti ha bisogno di
L1 in fase iniziale di apprendimento, per cui le connessioni a
livello lessicale delle L2 con L1 saranno più forti delle
corrispondenti connessioni della L1 con la L2.
Modello di associazione lessicale e mediazione concettuale
dannoil terzo modello che ci dice che i legami lessicali e

concettuali sono sempre attivi ma la forza di questi legami è


diversa in base alla competenza linguistica .Quando T.
impara L2 ha già le connessioni tra le parole L1 ed i
concetti.All’inizio associa le parole L2 ai concetti grazie alle
connessioni lessicali diL1, questo permette un
rietichettamento dei concetti già noti in L1, facilitando
l’apprendimento da un lato però dall’altro lo complica perché
T. tende ad ignorare le differenze tra L1 e L2.Man mano che
apprende la lingua è meno dipende dai concetti presi in L1
infatti T. stabilisce sempre più connessioni concettualizzate
dirette con L2.
Come vengono imparate le parole?
Una volta scelte le parole da imparare in base ai criteri
prima elencati ,quale proprietà di una parola si impara per
prima.(fonologica, grammaticale, semantica, pragmatica)

Fonologia: le parole vengono imparate gradualmente


secondo le regole dell’apprendimento fonologico
(suoni)della L2.
A questo livello di analisi, l’interferenza della L1 agisce più
profondamente che ad altri livelli.
T. usa fonemi e sillabe e accenti della L1 , al posto di quelli
simili della L2. in questa interferenza della L1 agiscono
anche principi di marcatezza nel senso che T. Sceglie di
imparare per prime le parole non marcate, perché più facili.
La marcatezza è un concetto linguistico basato sul confronto tra due parole,
una forma marcata è una forma non basilare o meno naturale; essa si
contrappone alla forma non marcata, che è la forma basilare o neutrale.
• la parola leone è un sostantivo non marcato in italiano rispetto a
leonessa: la prima parola può infatti riferirsi sia al leone maschio che
alla specie del leone in generale (maschio e femmina), mentre
leonessa è la forma marcata (come si vede dal suffisso -essa): potrà
dunque avere solo il riferimento al femminile;
• la parola tavolo non è marcata, mentre tavolino è marcato da
un'alterazione (un diminutivo, nello specifico);
T. sostituisce elementi marcati della L2 con elementi non
marcati di L1.
Grammatica: ogni parola ha la sua grammatica, imparare la
parola vuol dire impararne la grammatica, se è complessa
sarà imparata per gradi.
Semantica: T. Impara un’unità lessicale(parola) e un
significato per volta. Solo successivamente ne imparerà i
vari significati nei vari contesti(polisemia,omonimia).
Es. T. è inglese e sta imparando l’italiano quando incontra il
verbo “ portare” nell’input “portami qui le forbici” qui il
movimento di portare è verso il parlante e corrisponde
all’inglese “bring". Ma T. non può sapere che lo stesso verbo
ha anche il significato inglese di “take” in: “portale là alla
maestra”.Inoltre T. per ogni parola ne impara prima il
significato lessicale e solo dopo metaforico(es. se incontra
“vulcano”impara prima il significato”fenditura della terra che
emette lava” rispetto all’uso metaforico della parola “ sei un
vulcano”).

Aspetto pragmatico: all’inizio T. corre il rischio di usare una


parola nel contesto sbagliato. Es. impara “ciao” e lo usa in
modo informale, come è giusto, ma anche in situazioni
formali, sbagliando. Oppure sente una donna dire
“delizioso” e la usa anche lui, non sapendo che è una parola
tipicamente femminile ecc..

Parar. 4 la grammatica
L’apprendimento della grammatica avviene principalmente
per stadi comuni a tutti/e gli/le apprendenti. in che ordine?
attraverso quali stadi?
Prendiamo 6 esempi di regole grammaticali ,in varie lingue,
e vediamo come vengono apprese:
1)L’apprendimento dei morfemi in inglese:
ci interessa:
l’ordine di apprendimento di morfemi( morfema è il più
piccolo elemento di una parola dotato di significato, non
suscettibile di ulteriori scomposizioni ).Per capire l’ordine di
apprendimento esaminiamo i morfemi in inglese e
confrontiamo l’apprendimento di bambini inglesi quindi per
loro la lingua è L1, con l’ordine di apprendimento degli
stessi morfemi in Tommaso di origine italiana in cui l’inglese
è la L2; si è visto che, per alcuni morfemi, una
decina ,l’ordine di apprendimento è simile in Tommaso e nei
bambini nativi,.
– -ing es. She's playing
– -s plurale girls
– be copula
– be ausiliare
– articolo ecc.

in questi studi, però, non c’era attenzione al processo che


portava a questi risultati ma solo al prodotto finale. Oggi gli
studiosi concorrono nel dire che è importante il processo ,
la sequenza per stadi in cui emergono le singole strutture o
morfemi.
• Sequenze di stadi di emersione delle strutture,
espressione dell’avvenuto processo di apprendimento dei
morfemi.
La gradualità del percorso è chiara nell’apprendimento dei
pronomi personali inglesi in cui Tommaso, impara a
distinguere prima la persona, di solito la prima da tutte le
altre, poi il numero, singolare /plurale, poi la terza persona
senza distinzione di genere, poi impara il genere maschile/
femminile/neutro ed infine il caso.

2)apprendimento del genere in italiano L2


il genere(m/f/n) è caratterizzato dall’accordo :per accordo
(o concordanza) si intende in grammatica la
corrispondenza delle caratteristiche morfologiche flessionali
(maschile, femminile, cioè il genere ,e, singolare, plurale,
cioè il numero),cioè la concordanza nella frase tra numero,
genere e caso.
Se analizziamo due aggettivi come bella e bello, entrambi fanno parte della
stessa categoria lessicale ma non di quella flessionale perché bello è
maschile, bella è femminile. L'aggettivo italiano(l’italiano è una lingua
flessionale), a differenza di quello inglese o tedesco, va in ogni caso
accordato al sostantivo cui si riferisce (questi cani sono belli). L'adattamento
è unidirezionale, in quanto è l'aggettivo ad accordarsi al sostantivo e non
viceversa.

L’apprendimento del genere è distinto dall’apprendimento


del suo accordo, cioè T. impara a differenziare il maschile
dal femminile ma non sa concordarlo con numero e caso.
Vediamo come fa T. a produrre i criteri di assegnazioni
del genere(m/f/n) ai sostantivi.
“Chini” propone la seguente sequenza di apprendimento:
criteri fonologici—semantici—morfologici.
A) criteri fonologici: la fonologia è la branca della linguistica che
studia i sistemi di suoni ("sistemi fonologici") delle lingue del mondo. Più
in particolare la fonologia si occupa di come i suoni linguistici (foni) siano
usati contrastivamente (ossia per distinguere significati) e della
competenza che i parlanti posseggono nei riguardi del sistema
fonologico della propria lingua.
Quindi i criteri fonologici non servono come indizi per
risalire al genere, ma contribuiscono alla pronuncia corretta
della parola in italiano con la tipica vocale finale(“a”-
femminile, “o”- maschile) che con altri criteri, che verranno
successivamente imparati nel corso dell’apprendimento ,
aiuteranno T. a stabilire il genere della parola in L2.
B) criteri semantici: o di significato della parola in
questione che T. (il referente), sta pronunciando, capisce
che le parole che finiscono in “o”sono maschili, quelle in
“a”sono femminili, più incerte quelle in “e”, tipo “ospite”, per
non parlare di “collega” uomo e “ministro” donna.
Comunque, capire il significato della parola lo aiuta ad
attribuirne il genere.
L'assegnazione del genere usa anche i criteri morfologici:
del tipo. -tore per il maschile ( tornitore, conduttore) e -trice
al femminile (lavatrice, pettinatrice).
Accordo sintattico è una fase ancora successiva nel
processo di apprendimento di L2, quando T. sarà capace di
accordare il genere(che ormai ha imparato a
riconoscere)con numero e caso. Infatti superata la fase di
interlingua iniziale, compaiono i primi accordi sintattici, con i
pronomi di terza persona singolare e con gli articoli , poi tutti
gli altri.

3)La negazione inglese


La negazione compare presto nell’interlingua ma T. ci
metterà tempo per capire come va usata correttamente.
All’inizio T. usa la negazione “no” all’inizio della frase(no,
not).
nel tempo, questo “no” si sposta dentro l’enunciato, e
precede il verbo (don’t) ancora però senza accordo
sintattico con il resto dell’enunciato.
Ancora dopo compaiono le forme contratte (n’t, specie con
can’t, isn’t ) le più frequenti.
Al quarto stadio don’t è differenziato per persona (doesn’t) e
per tempo (didn’t)

4) La relativizzazione (o preposizioni relative):queste


preposizioni sono presenti in tutte le lingue ma con
caratteristiche diverse. Vediamo in che ordine viene
appreso da T. ,l’uso della proposizione relativa?
Facciamo degli esempi in italiano:
es. mi porteresti la borsa che ho dimenticato nel baule?
devo restituire a Mattia la cravatta che mi ha prestato

Nell’analisi del periodo, le proposizioni relative sono proposizioni


➔subordinate(rispetto alla principale), e sono introdotte da un pronome o da
un avverbio relativo( ad es. che ) ,esprimono una qualità (si dice che la
proposizione relativa caratterizzi il nome a cui è riferita un pò come fa un
aggettivo qualificativo,) riferita a una parola contenuta nella proposizione
➔principale (che può essere, soggetto, complemento oggetto ecc.. ed è detta
antecedente, o testa o punto d’attacco, ), questo nome a cui fa riferimento la
prop. relativa, viene anche detto relativizzato. Per questo diciamo che la
proposizione relativa modifica questi nomi del sintagma nominale della
proposizione principale.
(Le frasi si possono dividere in unità sintattiche, queste unità si chiamano
sintagmi. Questo termine indica un insieme di parole che forma un’unità
sintattica all’interno della frase. I due fondamentali tipi di sintagma sono il
sintagma nominale e il sintagma verbale.

• Il sintagma o gruppo nominale ( SN) è un nucleo sintattico incentrato


su un nome.

• Il sintagma o gruppo verbale (SN) è un nucleo sintattico incentrato su


un verbo.

-la frase “ Il cane morde”

→il cane è sintagma nominale

→morde è sintagma verbale.

Il nome “il cane” cioè l’elemento relativizzato o testa o punto d’attacco


determina l’➔accordo con genere e numero. Nella frase:

(1) ho comprato una rosa rossa


il sintagma nominale è una rosa rossa: la testa è rosa, nome femminile
singolare che determina l’accordo dell’articolo (una) e dell’aggettivo (rossa).
Esaminiamo 5 caratteistiche delle prop. relative in italiano
ed inglese:
il punto di attacco,
L’elemento relativizzato
La ripresa pronominale
La forma del pronome relativo
La profondità dell’incasso
Esaminiamo una ad una queste caratteristiche della propos.
relativa in varie lingue.
1)punto di attacco: come già detto è il punto della frase in
cui si trova nome, che la relativa va a modificare, che può
essere il soggetto o il complemento oggetto, quest’ultimo è
anche detto oggetto diretto, nella principale, per
distinguerlo dal complemento di termine o oggetto
indiretto.
2)le relative variano secondo l’elemento che viene
relativizzato(, cioè quello su cui agisce la relativa e può
essere, come già detto, soggetto, oggetto diretto e indiretto),
ricordiamo che, in inglese dal punto di vista sintattico, oltre
ad esserci soggetto e oggetto diretto, identici all’italiano , c’è
una distinzione tra:
oggetto indiretto, il caso obliquo con preposizione, il caso genitivo, e il raro,
oggetto della comparazione, vedi es. pag 86
Si è anche visto che esiste una gerarchia universale dell’elemento
relativizzato.
Nessuna lingua può saltare il tipo di relativizzazione che la precede
Quindi prendendo la successione:
SOGG>OGG.DIR.>OGG,IND>OGG.OBLI.>GEN.>OGG.COMP.
É questa la Gerarchia delle Accessibilità di Keenan e
Comrie
se una lingua permette la relativizzazione dell'oggetto di comparazione, che è
all’ultimo posto della gerarchia, necessariamente permetterà tutte
quelle che la precedono; se una lingua permette la relativizzazione
dell’oggetto obliquo, permetterà anche quelle che la precedono cioè dir.
ind. sogg.

Inoltre se consideriamo il punto di attacco e l’elemento relativizzato ci può o


non ci può, essere concordanza tra loro es.

il gatto (SOGG) che(si riferisce al SOGG) miagola non è mio


non vedo il gatto(in questa frase “il gatto” che è il punto di attacco è COMPL.
OGG.) che (COMPL.OGG)sento miagolare
In queste 2 frasi c’è accordo:
Invece:
il gatto (SOGG) che (OGG) sento miagolare non è mio(la frese sarebbe io
sento miagolare il gatto che non è mio)
non vedo il gatto (OGG) che (SOGG) miagola (sarebbe il gatto miagola io
non lo vedo)

3)i pronomi di ripresa e la prop. relativa


In alcune lingue come ebraico e giapponese, la
preposizione relativa richiede i pronomi di ripresa
Italiano , inglese ecc. non lo richiedono.

I pronomi di ripresa sono ➔ pronomi che, si riferiscono in


modo specifico ad un elemento nominale:
(1) Paola l’ho salutata con un bacio sulla guancia
In (1) il pronome l’ (la), che si riferisce al nome Paola, lo
riprende pleonasticamente, cioè non in una frase diversa
ma nello stesso enunciato.
Anche se la forma grammaticale corretta italiana della frase non richiede il
pronome di ripresa è vero che questo pronome si usa nel linguaggio
popolare perché avvicina gli elementi che hanno tra loro uno stretto
rapporto di significato
es il gatto che lo vedo, il gatto che gioco con lui, ecc.

4)la forma del pronome relativo cambia nelle varie lingue:


in italiano sono due:
a) “che” per il soggetto e complemento oggetto,
b) “cui” se la propos. relativa si riferisce al complemento
di termine.
in inglese sono più numerose le forme del pronome relativo
con distinzione di caso, di animatezza ecc. (who,
whom,that,which).

5)la relativa varia in base alla profondità dell’incasso(o


livelli)
Nel senso della frase a cui si riferisce è una o più di una
es: questo è il gatto che ha mangiato il topo
la relativa è incassata al primo livello cioè è riferito al gatto della propos.
principale e basta
es. questo è il gatto che ha mangiato il topo che ha
mangiato il malto che stava nella casa che ha costruito
jek
Questa è una filastrocca inglese con 4 incassi, non esiste un limite al numero
di incassi ma troppi non funzionano soprattutto se ad essere
relativizzato è il completo oggetto.
Apprendimento della relativizzazione

come emerge nell’interlingua la capacità di T. di usare


correttamente la prop. relativa?
Iniziamo dal punto di attacco.
Schumann ha dimostrato che le relative che si riferiscono al
complemento oggetto che viene dopo il verbo(quindi
con punto di attacco dopo il verbo) si apprendono prima
delle relative che si riferiscono al soggetto (quindi con
punto di attacco prima del verbo) che è posizionato
prima del verbo.
Elemento relativizzato
Quindi prendendo la successione, può essere
SOGG>OGG.DIR.>OGG,IND>OGG.OBLI.>GEN.>OGG.COMP.

è questa la sequenza di apprendimento, che poi


corrisponde alla sequenza della Gerarchia di
Accessibilità.
Inoltre in inglese, T. impara prima la relativizzazione del
soggetto (che in inglese richiede sempre il pronome
relativo) ma T. inizia senza pronome, poi usa il pronome
di ripresa (che invece nell’inglese corretto non è
richiesto così come nella lingua italiano), e infine usa
correttamente il pronome relativo e gli altri.

Quindi anche in inglese T. apprendente, usa il pronome di


ripresa perché facilita la relazione semantica , di
significato, tra i componenti della frase. Man mano che
procede nell’apprendimento sparisce dal lessico di T. il
pronome di ripresa.
Congruenza tra il punto di attacco e l’elemento
relativizzato es. entrambi soggetto o entrambi oggetto
diretto, l’apprendimento di L 2 è più facile se questa
congruenza ci sta, (come avviene per es.
nell’apprendimento di L1) oppure se non ci sta? Non
viene confermata l’ipotesi che nell’apprendimento di L2
la concordanza faciliti l’apprendimento.

Per quanto riguarda il livello di incasso delle relative, è


ovvio che la difficoltà procede di pari passo con la
profondità dell’incasso (o livelli).

L2 tedesco e la sua difficile grammatica

La frase tedesca inizia con un primo elemento che può


essere di qualsiasi tipo – il soggetto, un avverbio di
tempo, un complemento di luogo, una frase subordinata
rispetto alla principale – non esistono molte restrizioni.
Il soggetto sta tendenzialmente vicino al verbo.
L’importante è ricordarsi che subito dopo il primo
elemento della frase, qualsiasi esso sia, deve
assolutamente seguire il verbo, se coniugato (es. devo
parlare) il secondo pezzo del verbo deve andare in
fondo alla frase. In italiano farebbe così:
“Domani deve lei con il suo capo parlare.“
La sequenza con cui T. apprende la sintassi tedesca fu
studiata negli anni 80 su immigrati italiani e spagnoli
(progetto ZISA),in Germania, la loro L1 era dunque una
lingua romanza, in questa lingua le parole sono
ordinate con l’ordine canonico:Soggetto, Verbo,
Complemento oggetto, (SVO), la successione è
immodificabile in queste lingue.
T. nell’imparare a comporre correttamente dal punto di vista
grammaticale una frase in tedesco si dice che attraversi
5 fasi di interlingua e cioè:
nel primo stadio dell’apprendimento, T. suppone che il
tedesco segua lo stesso ordine grammaticale della sua
L1, nella costruzione della frase, e così ordina le parole
tedesche come quelle italiane(SVO) secondo l’ordine
canonico, e se compare un avverbio, lo mette alla fine
della frase.
Ricordiamo che l’avverbio è una parte invariabile del
discorso, la cui funzione è determinare il significato di
un verbo (dorme saporitamente), un aggettivo (molto
buono) o un altro avverbio (troppo duramente), quindi
va posizionato vicino ad esse.
T. al secondo stadio, mette l’avverbio all’inizio, però non fa
l’inversione del soggetto con il verbo come vuole la
grammatica tedesca, perché ancora non lo sa, è una
regola ancora difficile da capire e lontana dalla sua
costruzione mentale visto che in questa fase fa ancora
molto affidamento sulle sue conoscenze lessicali in L1.
T. al terzo stadio impara a separare la parte verbale non
coniugata ,es. in “sono stato”, la parte non coniugata è
“sono” che va vicino al soggetto ,da quella coniugata “stato”
che va sempre in fondo alla frase , è l’ultima parola che
si scrive.
T. al quarto stadio impara a fare l’inversione del soggetto
rispetto ai verbi coniugati, cioè vanno prima i verbi e poi
il soggetto ,come richiesto dalle regole grammaticali,
quando metti all’inizio della frase un avverbio.
T. al quinto stadio impara che nelle proposizioni
subordinate, rispetto alla principale il verbo coniugato
va in fondo.
Le 5 regole si possono rappresentare in successione così
come vengono apprese, secondo un ordine
implicazionale
(implcazionale vuol dire che: la conoscenza di una regola grammaticale in
uno stadio dell’interlingua implica che T. conosca tutte le regole
precedenti o detto in altro modo, conoscere una certa regola
grammaticale implica che tu conosca tutte quelle che la precedono e
che ti permettono così progressivamente di apprendere regole
grammaticali sempre più complesse.)
in tedesco la sequenza di apprendimento ad es. della scrittura corretta di un
periodo, segue questo schema
SVO>AVV>SEP>INV>V-FON

cioè T.IMPARA AD USARE


SOGG.VERBO.OGGETTO(SVO)>AVVERBIO(AVV)>SEPARA LA PARTE VERBALE NON
C O N I U G ATA D A Q U E L L A C O N I U G ATA ( S E P ) > I N V E R S I O N E D E
SOGGETTO(INV)>VERBO CONIUGATO IN FONDO ALLA FRASE(V-FON)

L'interpretazione psicolinguistica di Clahsen (1986)


di questi dati, farà fare un passo avanti nell’apprendimento
di L2.
essa è rappresentata da 3 strategie di elaborazione del
parlato che l’apprendente intuisce che debba tener
presente, per scrivere correttamente e che gli
provengono anche dalle regole lessicale della L1, come
già detto, da cui tutti partiamo ,almeno nella primissima
fase dell’apprendimento di L2 ,in cui procediamo più a
senso, che per conoscenza delle regole grammaticali di
L2 . Le 3 strategie di cui parla Clahsen ,
accompagnano, le 5 sequenze di sviluppo ed ad
ognuno dei 5 stadi operano (o non operano, è
individuale, e questo comporta che uno studente impari
prima di un altro,), esse in successione sono:
l’ordine canonico -SOC (che corrisponde al SVO itliano)
il rispetto della regola sogg. verb. c. oggetto blocca qualsiasi
spostamento tra gli elementi della stringa (parte della
frase )SVO ,quindi in questa prima fase conoscere la
regola canonica di L1 non aiuta T. a capire
intuitivamente prima e grammaticamente poi che in
tedesco la cosa non funziona sempre così.
– inizializzazione e finalizzazione - SIF
data una stringa xyz SIF blocca lo spostamento di z tra x y e
di x tra y e z, questo impedisce a T. di usare regole
come l’inversione del soggetto se all’inizio della frase
c’è l’avverbio.
– proposizioni subordinate - SPS
Blocca qualsiasi movimento tra le subordinate, ricordiamo
che in tedesco una subordinata può aprire la frase.
Quindi man mano che procede il lento processo
dell’apprendimento si può intuire che T. applichi sempre
meno queste regole che sono quindi restrittive per il
suo apprendimento, e applichi delle procedure
grammaticali, che sono corrette in tedesco, ma
assolutamente scorrette nella sua L1. Per questi motivi
si dice che a queste 3 strategie è associato il concetto
di complessità psicologica di una struttura
grammaticale, che ribadiamo in tedesco è così lontana
da quella delle lingue studiate nel progetto ZISA,e che
è tanto più complesso da superare quanto più è alto il
grado di ri-ordino e di ri-sistemazine delle parole della
L2 per far si che nella frase emerga il significato del
contenuto da sottostante a superficiale e quindi la frase
sia correttamente scritta. In questo senso il processo di
apprendimento è un processo di superamento delle
restrizioni.( o superamento delle tre strategie di
Clahasen)
Vediamo nel seguente schema come agiscono le 3 strategie
di restrizione nel progressivo sviluppo dell’elaborazione
del parlato di T. in tedesco(meno agiscono le tre
strategie di restrizione più T. scrive correttamente)
• Strategie di elaborazione del parlato nei 5 stadi
• stadio di appr. regola gram. le 3 strategie di rest.

1°Ordine canonico - SVO +SOC (+SIF) (+SPS)


2°Avverbio all’inizio - AVV +SOC +SIF (+SPS)
3°Separazione del verbo - SEP –SOC +SIF +SPS
4°Inversione - INV –SOC –SIF +SPS
5°Verbo in fondo - V-FON –SOC –SIF –SPS

• Le strategie sono universali

nei primi due stadi T. compone le frasi secondo il significato


semantico e pragmatico più che sintattico. Questi
corrispondono ad una conoscenza pre-sintatica in cui
tutte e tre le strategie agiscono, bloccando qualsiasi
movimento nell’ordine SVO.
dal terzo stadio in poi la conoscenza grammaticale è
necessaria per separare e spostare gli elementi della
frase, migliorando la percezione linguistica degli
elementi e la conoscenza grammaticale, che però
ancora le impediscono di attuare nella subordinata gli
spostamenti fatti nella principale .Nel quarto e ancora di
più nel quinto stadio T. non applica più alcuna strategia,
la sua è a questo punto una conoscenza grammaticale
e sintattica.
A queste 3 strategie è dunque associato il concetto di
complessità psicologica, di una struttura che dipende
dal grado di ri-ordino e ri-posizionamento che attua nel
processo di apprendimento delle regole grammaticali,
dove come visto prima ,c’è un progressivo processo di
superamento delle restrizioni.
il vantaggio della spiegazione psicolinguistica nel processo
di apprendimento di L2 è molto importante , infatti le 3
strategie sono cognitive , ne consegue che dovrebbero
controllare le sequenze dell’interlinea a tutti i livelli e
non solo del tedesco.

L’inglese
È stato scelto l’inglese per capire se le 3 strategie di
elaborazione del parlato individuale operano anche per
altre regole grammaticali ed in altre lingue.
(Pienemann & Johnston, 1987) usano dei dati raccolti tra
polacchi e vietnamiti immigrati in Australia e usando il
concetto delle restrizioni imposte dalle 3 strategie del
Progetto Zisa valutano percorsi paralleli di singole
sequenze inglesi.
Vedi pag.95

Progresso e variabilità
il progresso nell’ acquisizione della L2 ,
Il passaggio da un stadio all’altro, nelle sequenze di
apprendimento, non è mai netto e lineare, infatti è
possibile la coesistenza di strutture della fase
precedente dell’apprendimento con strutture”nuove “.
• I progressi dell’interlingua dunque non sono sempre
graduali e lineari ma, in ogni processo di
apprendimento, vi è grande variabilità formale.
Questa variabilità è molto forte se confrontiamo ad es. il
processo di apprendimento , la velocità di
apprendimento, le competenze, tra più apprendenti
(variazione intersoggettiva), ma anche all’interno
dello stesso studente, nel senso che acquisisce
competenza di alcune regole grammaticali più
velocemente di quanto faccia con altre (variazione
intersoggettiva)
La variabilità viene determinata in base a vari assi:
ad es. l’asse tempo, cioè il tempo necessario per imparare
una regola grammaticale : si distinguono, due
variabilità:
la variabilità diacronica (o evolutiva), e la variabilità
sincronica.
◦ linguistica diacronica, quella che prende in considerazione le strutture e gli elementi
linguistici nella loro evoluzione attraverso il tempo, è quella che abbiamo esaminata
finora, quindi mutamento delle lingue sull’asse del tempo
indica lo studio e la valutazione dei fatti linguistici considerati secondo il loro divenire nel
tempo, secondo una prospettiva detta verticale, dinamica ed evolutiva. Si
contrappone concettualmente alla sincronia o variazione orizzontale, statica, perché
è, invece, la considerazione delle lingue in un dato momento, astraendole dalla loro
evoluzione nel tempo, è la scienza che ha per oggetto di studio i fatti linguistici
considerati in un determinato momento storico, prescindendo da questioni di origini
o di evoluzione.

ci concentreremo sulla variazione sincronica, e le sue


divisioni.
Infatti la sincronica ha una prima divisione in variazione
intersoggettiva e intrasoggettiva(che abbiamo già
detta):
1) intersoggettiva, che valutata in un preciso momento del
percorso di apprendimento , la diversa velocità di
apprendimento di L2 ,in più persone, che però
dipende da molte variabili( e sarà spiegato nel capit
4)
2) intrasoggettiva,(specifica di Tommaso), questa va divisa
in:
a)libera
b)sistematica

Libera(sincronica)

È una variazione nell’apprendimento di regole ,da parte di


T., nel senso che una regola viene appresa prima di
un’altra, finora non è stata associata ad alcun fattore,
per cui si dice che il motivo di tale variazione nel
processo di apprendimento sia casuale.
La variazione libera riguarda la coesistenza in un dato
momento di più forme alternative che hanno la stessa
funzione, ad es. vediamo la negazione: T. Può usare
indifferentemente:
No look my card…. Don’tlook my card

Variazione sistematica(sincronica)
La variazione sistematica è causata da cambiamenti nel contesto sociale,
psicologico, e linguistico.
Fattori sociali potrebbero includere un cambiamento nel registro o nella
familiarità degli interlocutori. In accordo con la teoria dell'adattamento
del discorso, gli apprendenti potrebbero adattare il loro discorso sia per
convergere sia per divergere da quello utilizzato dell'interlocutore.
Il più importante fattore psicologico è di solito considerato il tempo di
pianificazione. Come numerosi studi hanno dimostrato, più tempo gli
apprendenti hanno per pianificare l’enunciato, più regolare e complessa è
probabile che sia la loro produzione. Così, è verosimile che gli studenti
producano forme più simili alla lingua bersaglio in un compito scritto per il
quale hanno trenta minuti per pianificare, piuttosto che in una conversazione
dove devono produrre linguaggio senza quasi alcuna pianificazione.
Anche i fattori affettivi giocano un ruolo importante nella variazione
sistematica. Ad esempio, è probabile che gli studenti in una situazione
stressante (come un esame formale) elaborino forme molto meno simili alla
lingua bersaglio di quanto farebbero in una collocazione confortevole. Ciò
interagisce chiaramente con i fattore sociali, e anche l'atteggiamento verso
l'interlocutore e l'argomento trattato giocano un ruolo importante.
I fattori linguistici invece, sono di solito estremamente locali. Si considerano
3 livelli,
a livello fonologico la pronuncia di un fonema difficile potrebbe dipendere
dal fatto che si trovi all'inizio o alla fine di una sillaba.
A livello mrfologico, la marcatura del plurale(una forma marcata è una
forma non basilare o meno naturale es leonessa; essa si contrappone
alla forma non marcata, che è la forma basilare o neutrale es. leone)
tende a comparire prima in frasi dove il plurale è già marcato e su
parole di uso più frequente.
A livello sintattico, proponiamo uno studio di Bettoni , su un T. anglofono
australiano di origine Veneta che studia italiano come L2, e vediamo
che l’accordo tra soggetto femminile e participio passato dei verbi
intransitivi (“è andato, è tornato” )sia almeno apparentemente
disordinato ,in realtà quando mette la “è” cioè il verbo ausiliare
l’accordo è rispettato, se non mette l’ausiliare non rispetta l’accordo.

Quindi ricapitolando:
contesto sociale: gli elementi dell’interlingua usati da
T.variano per una serie di fattori sociolinguistici come
l’argomento della conversazione , il contesto più o
meno formale in cui deve parlare, chi è
l’interlocutore(un amico o un prof.?).
contesto psicologico: in questo contesto è importante
quanto tempo ha a disposizione T. per pianificare il
discorso, cioè il tempo e quindi l’attenzione che può
dedicare alle regole formali del discorso più che al
contenuto(in genere nella fase iniziale
dell’apprendimento , lo studente segue più il senso
della frase che le perfette regole grammaticali. Se T. ha
più tempo è psicologicamente più attenta.
gli studi fatti per dimostrare questa ipotesi sono tutti
deludenti come quelli della dott.ssa Tarone.
contesto linguistico: (in questo caso gli studi sono più
convincenti)
L’instabilità dell’interlingua valutata nello studio di:
• Young (1991) e la produzione del solo morfema –s del
plurale, da parte di 12 apprendenti cinesi di inglese,
mentre venivano intervistati.
• Questi venivano intervistati 2 volte , da un nativo inglese e
da un connazionale. Young valuta le seguenti
variabili , per vedere come queste influenzano
l’interlingua:
• Il contesto situazionale(cioè l’identità dell’intervistato, e
se tra intervistato e l’intervistatore c’è convergenza
etnica, di classe sociale ecc..questo come influenza
l’usa corretto del plurale?)
. Il livello di competenza linguistica, cioè livello
elementare, media ecc. degli apprendenti, come
influenza il plurale?
. Il contesto linguistico in termini semantici,
sintattici ,pragmatici, fonologici, e cioè
in termini semantici(di significato) si è visto se e come
influenzano la corretta posizione di -s- nel plurale, i
nomi animato o inanimato, definito o indefinito.
in termini sintattici, in particolare si è valutato cosa
influenza di più l’uso della -s- tra questi: la posizione del
nome nel sintagma nominale o la funzione del sintagma
nella frase, o se c’è o no accordo tra nome e verbo.
in termini pragmatici se ci sono o no già indicatori di
pluralità nel sintagma nominale che aiutano
l’apprendente ad usare il plurale in modo corretto.
in termini fonologici: influenzano di più l’uso del plurale i
vari fonemi che precedono o che seguono il morfema in
questione?
Tutti i fattori elencati vengono incrociati con il livello di
competenza linguistica elementare e intermedia degli
apprendenti(vedi tab. pag102).
Tra tutti i fattori esaminati ed incrociati si è vista una
correlazione a tutti e due livelli di competenza,
elementare e intermedia , delle seguenti variabili: il
nome animato, la posizione del nome da modificare in
plurale nel nistagma e la sua funzione, e la presenza di
indicatori di pluralità.

Questi studi dimostrano che la variabilità dell’interlingua sia


una faccenda complessa e per molti versi da studiare
ancora. Quindi cosa userà T. in una conversazione, può
solo essere descritto in modo probabilistico.
Altro problema: quali sono i criteri per dire l’effettivo
PUNTO DI APPRENDIMENTO di un nuovo elemento
dell’interlingua in T.?
distinguiamo:
Emergenza: l’elemento nuovo è presente per la prima volta
nel’interlingua
Apprendimento: ricorre un certo numero di volte
Padronanza: ricorre ogni volta che è necessario
Questa divisione nasconde 3 problemi: per ”l’emergenza”:
che l’elemento compaia la prima volta non ci dice se
non comparirà più o se compare solo in una certa
frase ,sempre la stessa; “apprendimento”: che
l’elemento ricorra molte volte non ci dice se T. lo usa
tutte le volte che è giusto ciò si indica con la parola
”floding” uso eccessivo; solo in seguito T.rimuove
l’elemento dai contesti in cui non ci vuole ,triclina
(sgocciolamento); terzo problema chiarire il significato
di “apprendimento” posto tra -emergenza e
padronanza-molti studi sono ancora necessari per
rispondere a queste domande.
Pare.5 la produzione del parlato
Riprendiamo il modello psicolinguistica di Levelt adattato
all’ascolto del capit. 2 e lo esaminiamo riguardo al
parlato
La produzione del linguaggio(IL PARLATO)
Modello di Levelt

La produzione parte da un messaggio che il parlante vuole


esprimere e si conclude con l’articolazione di una serie
di suoni, con la bocca.
Tutte le teorie sono d’accordo sul fatto che la produzione di
una frase è organizzata in tre fasi:
- Concettualizzazione - Formulazione- Articolazione

Concettualizzazione

Il concettualizzatore è un elaboratore(rapprentato da un
rettangolo nel modello di Levelt) che è in contatto con il
magazzino delle conoscenze generali (rappresentato
da un cerchio nel modello di L.)
In questa fase il messaggio assume una forma linguistica
Si tratta della fase in cui il parlante decide cosa dire e a
cosa dare rilievo. L’input (l’informazione )ricevuto esce
dal concettualizzatore come output ,che diventa input
dell’elaboratore successivo cioè, passa al formulatore,
come messaggio preverbale.

Formulazione nel formulatore

Si tratta della fase in cui il parlante decide quali parole e


quale struttura sintattica usare(codifica grammaticale)
In questa fase viene elaborato il messaggio in forma
prelinguistica. Il formulatole è in contatto con il
magazzino delle conoscenze del lessico:
lemmi(pezzi di frase) e forme delle parole, e con tutta
una serie di informazioni morfologiche,
sintattiche ,legate alla parola che stiamo formulando,
quindi genere, numero e caso, se la parola è un
soggetto o complemento ecc.(quindi codifica
grammaticale), ciò ci dice quanto sia centrale il ruolo
del lessico.
In questa fase viene elaborata al livello successivo sempre
nel formulatore anche la struttura fonologica
dell’enunciato (codifica fonologica): recupero della
forma fonologica delle parole e pianificazione dei gesti
articolatori
Diciamo che le due codifiche, grammaticale e fonologica,
del formulatore sono mediate dalle conoscenze del
magazzino lessicale.
La supposizione che il lessico sia un essenziale mediatore
tra l’elaboratore concettualizzatore e l’elaboratore
formulatole con codifica grammaticale e fonologica si
dice ipotesi linguistica.
Questo magazzino è anche in contatto con il decodificatore
esaminato nella sezione dell’ascolto(vedi il diagramma
nella foto)

Articolazione

Fase in cui vengono recuperati e assemblati tutti gli


elementi e viene articolato il messaggio, con una serie
di informazioni neuromuscolari, necessarie affinché gli
organi preposti l’emissione della portala vengano
attivati.
Nel parlato continuo le tre fasi si sovrappongono: le frasi
vengono pianificate “a cascata” e materiali diversi (della
stessa frase o di frasi diverse) si trovano a diversi stadi
di elaborazione.
Si tratta della fase in cui il parlante emette, nell’ordine
appropriato, i suoni che compongono la frase.
Momentanee mancanze di sincronizzazione possono
portare a: errori o esitazioni.
vedi schema pag 107
Ricordiamo a proposito dello schema che i magazzini delle
conoscenze sono rappresentati con dei cerchi e sono
le conoscenze generali e lessicali, anche dette
conoscenze dichiarative; mentre gli elaboratori sono
tre “concettualizzatore, formatore, articolatore, e sono
rappresentati con dei triangoli, gli elaboratori sono
anche dette conoscenze procedurali. Quindi
l’elaborazione del parlato usa le conoscenze
procedurali che agiscono, attingono da quelle
dichiarative.Ogni elaborare riceve un input che
trasforma in output che sarà l’input dell’elaboratore
successivo.
Le procedure del concettualizzatore sono in relazione con le
conoscenze generali, e quelle del formulatole con le
conoscenze lessicali.

Vediamo lo stesso schema con la L2

Concettualizzatore in L2
Le conoscenze dichiarative (cioè i magazzini delle
conoscenze generali e lessicali, i cerchi nel modello di
Levelt ), non sono specifiche di una sola lingua quindi in
questi magazzini ci possono essere le regole
conversazionali di due o più lingue
contemporaneamente (es. italano/ungherese). Quello
che ancora non si sa con certezza, è dove viene fatta la
scelta tra le due lingue e su che basi. E’ probabile che
l’informazione necessaria per scegliere una delle due
lingue sia già contenuta nell’output che esce dal
concettualizzatore, quindi è questo elaboratore che è
linguisticamente specifico: lingue diverse richiedono
concettualizzatori e concetti in esso contenuti diversi.
Infatti è proprio nel concettualizzatore, che viene
selezionata, ordinata e preparata per essere poi
convertita in lingua , l’informazione presa dal
magazzino delle conoscenze generali (rappresentato
da un cerchio nel modello di Levelt) che serve per
comunicare le intenzioni del parlante, es.

-pranziamo alle tre-.

dal magazzino delle conoscenze generali sappiamo che


pranzare implica mangiare cibo, che è un
informazione , e qual’è la giusta successione delle
parole n e l l a f r a s e . L’ i n p u t p r o d o t t o d a l
concettualizzatore , come detto prima non è ancora
messaggio verbalizzato, lo diventerà nel “formulatore”
che accetta il messaggio concettuale e lo trasforma in
piano articolatorio cioè input per l’”articoltore”

Formulatore L2
sappiamo che questo elaboratore è collegato, attinge, dal
magazzino delle conoscenze lessicali( che contiene le
conoscenze dei lemmi e le forme delle parole, la loro
morfologia) che è un unico magazzino per entrambe le
lingue (es. italiano/ungherese). Anche nel caso del
parlante monolingue il recupero degli elementi lessicali
dal magazzino , per essere velocissimo, presuppone
una sua complessa organizzazione interna, che li divida
e li leghi in sottogruppi di volta in volta semanticamente
e grammaticalmente omogenei. Questi sottogruppi
possono raggruppare per es. nomi con i nomi, i verbi
con i verbi, il rosso con altri colori, cocente con
delusione, sorridere con un soggetto animato ad es.
u n a p e r s o n a , u n b a m b i n o . N e l c a s o d i T. ,
l’organizzazione del lessico nel formulatole
prevederebbe un ulteriore suddivisione che crei due
sottogruppi linguisticamente omogenei: uno costituito
dagli elementi lessicali della L1, l’altro da quelli della L2.
Invece , i formulatori sono 2, uno per ogni lingua, che
però attingono allo stesso magazzino delle conoscenze
lessicali che invece è unico. Quindi nel modello di
Levelt si lascia un cerchio solo per il magazzino del
lessico, ma si dovrebbero disegnare due rettangoli L1
L2 corrispondenti ai due formulatori. Come funzionano,
insieme ? Ancora non è molto chiaro, però sembra che
vadano considerati alcuni parametri:
1)la distanza tra le 2 lingue
2)il livello di competenza linguistica nelle 2 lingue

Ciò significa che, un bilingue italiano/spagnolo quando parla


l’una o l’altra lingua, potrà usare molte delle stesse
conoscenze dichiarative e procedurali perché la
distanza tra le due lingue è piccola.
Un parlante italiano/vietnamita dovrà fare ricorso a
conoscenze diverse, specifiche delle singole lingue.
Per quanto riguarda il livello di competenza, se della
seconda lingua T. conosce solo alcune parole, avrà 1
solo sistema di conoscenze, quello della L1, la più forte,
che è abbastanza flessibile da incorporare qualche
elemento in più, della L2. Una persona con alta
competenza in L1/ L2, invece, avrà due sistemi, due
formulatori.
Articolatore
nel parlante bilingue l’articolatole è sempre unico:
immagazzina ed elabora gli elementi fonici e prosodici
(la prosodia è la parte della linguistica che studia
l'intonazione, il ritmo, la durata (isocronia) e l'accento
del linguaggio parlato),di tutte e 2 le lingue. La misura
in cui questi elementi sono modelli esatti (nella
pronuncia) di quelli riscontrati nei parlanti nativi,
monolingue, dipende dalla frequenza e dalla qualità del
contatto con le 2 lingue. Ma il fatto innegabile è che
spesso anche in parlanti con livelli altissimi di
competenza linguistica L2, si verifichino interferenze di
pronuncia tra le 2 lingue, ciò come lo spighiamo?non
abbiamo detto che i formulatori di parole dono 2 e
separati? l’opinione di molti studiosi è che questo
fenomeno rende improbabile l’esistenza di due sistemi
separati.
Infine la propria produzione linguistica viene automonitorata
nel decodificatore, un elaboratore coinvolto nell’ascolto
del messaggio, anche questo elaboratore ha un piano
di analisi fonologica in cui arriva per primo il messaggio
ascoltato che gli viene dall’orecchio o uditore, dove il
messaggio è decodificato in base ai suoni e poi
contiene un livello di analisi grammaticale dove le
informazioni fonologiche sono trasformate in nome,
verbo, avverbio e poi in soggetto , complemento ecc.;
questo elaboratore è connesso con il magazzino delle
conoscenze lessicali , così come lo è con il formulatore
del parlato,( quindi formulatore, magazzino delle
conoscenze lessicale e decodificatore sono connessi
tra loro). Questo cosa comporta? Che il parlante L2
ascoltando il proprio messaggio acustico come quello di
un qualsiasi altro interlocutore può agire prima di
articolare la parolaL2 a livello del decodificatore(diremo
mentre sta pensando la parola L2 prima di articolarla)
oppure dopo l’articolazione cioè quando la ascolta
perché l’ha già emessa, cioè è come se avesse due
livelli di controllo uno nel decodificatore (coinvolto
nell’ascolto) ed uno nel formulatole (coinvolto nel
parlato). Così, se viene riscontrato un problema ,
formale o concettuale , il parlante, può riformulare il
messaggio o parte di esso, crearne un altro o
continuare come nulla fosse, a seconda della natura del
problema; tutto questo con processi che non sono
diversi da quelli della normale produzione del parlato.
Le altre caratteristiche del modello sono le stesse che
abbiamo detto per l’ascolto: autonomia, automaticità ,
incrementalità.

Autonomia: ogni componente dell’elaborazione lavora in


modo altamente specializzato e specifico.
Automaticità : è caratteristica di molte procedure, anche se
non di tutte; il concettualizzatore opera con procedure
controllate, perché i parlanti non hanno una serie fissa
e limitata di intenzioni che hanno imparato realizzare
parlando: le intenzioni comunicative sono infinite e per
molte il parlante deve trovare nuovi mezzi di
espressione specifici della lingua che vuole usare. Le
altre procedure sono invece automatiche. Un parlante
nativo non spreca molta attenzione per attivare ad es. il
lemma “pranzare” quando pensa a mangiare a
mezzoggiorno, né per pensare se “pranzare” è un
morfema che richiede soggetto, modo, tempo verbale
ecc., e ancor meno a come far vibrare le corde vocali
per la “r” piuttosto che la”p” di pranzare.
L'automaticità implica un’altissima velocità nel parlato circa
2/3 parole al sec., selezione tra le migliaia di parole che
fanno parte del lessico di un adulto, e produzione di
circa 15 fonemi al sec. Quindi dopo la
concettualizzazione non c’è più tempo per pensare.

Incrementalità
anch’essa contribuisce alla velocità del parlato. Infatti
l’incrementalità implica che tutte le componenti
dell’elaborazione possano lavorare in parallelo e su
frammenti di frase diversi. Infatti ogni frammento deve
essere elaborato in stadi che vanno dalla
concettualizzazione ,all’articolazione del
messaggio,passando per il formulatore, ma mentre si
articola il primo pezzo della frase, già si può formulare il
secondo, concettualizzarne un terzo e così via.
vedi foto pag 113.
Ultima caratteristica del modello di L. è che le
rappresentazioni intermedie del modello( e cioè il
messaggio preverbale, struttura superficiale, piano
fonetico ecc.vedi foto del modello di Levelt) hanno
ognuna unità diverse. Che significa?Che non esiste una
unità dell’elaborato per es. un morfema prodotto
intermedio di uno degli elaboratori che venga portato
avanti cos’ com’e in tutti i passaggi successivi, se
necessario sarà modificato nell’elaboratore successivo.
Facciamo un esempio ,se un morfema esce dal piano
grammaticale del formulatole e passa al piano fonetico
sempre del formulatole, non è detto che questo lo
accetti e lo faccia passare all’articolatore, così com’è,
infatti il piano fonetico può disfare il morfema ricevuto
dalla struttura precedente, perché ad es. è troppo
difficile da pronunciare, e imporre una nuova
organizzazione di questo, più consono al piano fonetico
e poi a quello articolatorio. Quindi i prodotti o
rappresentazioni intermedie di ogni elaboratore devono
poter essere immagazzinate un attimo nella memoria in
attesa di una successiva elaborazione in base a ciò he
vogliamo dire. Possiamo essere più o meno capaci di
attuare ciò in L1 ma soprattutto in L2.
Questa può essere un plausibile spiegazione del perché un
apprendente possa produrre frasi grammaticamente
corrette ma foneticamente no, cioè non adatte sul piano
articolatorio, con una conseguente pronuncia pessima ,
forse perché in questo studente non c’è stata quella
modifica del morfema uscito dal piano grammaticale
dell’elaboratore, nel piano fonetico, per cui il morfema è
corretto ma inpronunciabile per le capacità articolatorie
in L2 dell’apprendente. Altri studenti che hanno invece
questa capacità hanno un’ottima pronuncia ma magari
di frasi fluenti foneticamente, ma con una grammatica
molto approssimativa.
In conclusione quindi di questo capitolo, affermiamo che lo
sviluppo della grammatica nell’interlingua è
sostanzialmente un fatto autoeregolatore.
prima si imparano le parole e le formule; le formule non
sono ancora analizzate; le parole son prevalentemente
di contenuto, e disposte secondo un ordine discorsivo e
pragmatico , più che formale. Poi, con il tempo, si
svilupperà una vera e propria grammatica. Questo
avviene per stadi obbligatori ma non sempre in modo
lineare. durante l’apprendimento di L2 si possono fare
notevoli e improvvisi passi avanti ma anche indietro. il
progresso di una struttura linguistica avviene insieme al
progresso di altre strutture che richiedono le stesse
operazioni mentali.
Rispetto alla grammatica il lessico presenta minori
regolarità di sviluppo soprattutto perché la sua
organizzazione interna è molto meno sistematica.
Quindi l’utilità di una parola rispetto ad un’altra e le
preferenze personali per alcune espressioni giocano un
ruolo importante, maggiore che nel caso della
grammatica. ma anche l’apprendimento del lessico ha
alcune regolarità:cioè le parole vengono scelte anche in
base criteri formali, semantici, di contrastatività tra L2/
L1, vengono imparate prima nelle forme e nei significati
basilari, poi vengono arricchite formalmente,
semanticamente, pragmaticamente degli aspetti più
marcati.
Ricordiamo inoltre che la formulazione grammaticale è
determinata lessicalmente: dopo la
concettualizzazione vengono selezionate le parole e
sono queste che portano con sé conseguenze
grammaticali.
Quindi T. deve focalizzare la sua attenzione prima sul
lessico e poi sulla grammatica, sia per il maggiore
rendimento comunicativo sia perché l’obbligatorietà dei
passaggi grammaticali permette minore scelta
personale.. mentre per il lessico non c’è limite al
numero di parole che T. può imparare fin dall’inizio, per
quanto riguarda l’apprendimento della grammatica e
delle sue innumerevoli regole T. Dovrà avere molta
pazienza perché deve aspettare che avvengono
progressivamente tutte le tappe dell’apprendimento, e
capire che gli errori grammaticali a volte sono
necessari, affnichè capisca che solo con una pratica
costante li potrà superare.
La centralità del lessico
«La formulazione è determinata lessicalmente. Questo vuol
dire che la codifica grammaticale e quella fonologica
sono mediate dall’elemento lessicale [...] La
supposizione che il lessico funga da mediatore
essenziale tra la concettualizzazione e la codifica
grammaticale e fonologica viene chiamata ipotesi
lessicale.»
Capito. 4

LA VARIABILITA’ intersoggettiva
(perchè alcuni imparano meglio e più velocemente di altri la
L2?)
Quali sono i fattori in gioco che determinano questa
variabilità?
tra i vari fattori ricordiamo:
1) caratteristiche dell’ambiente linguistico che circonda T.
tra cui la L1
2) caratteristiche dell’ambiente culturale
3) caratteristiche individuali
4) strategie che ognuno degli apprendenti mette in atto per
imparare L2.
Questi fattori influenzano
a) la forma dei singoli stadi
b) la velocità con cui avviene il passaggio da uno stadio
all’altro
c) l'esito finale dell’apprendimento

in questo capitolo ci occuperemo della diversa velocità di


apprendimento e del diverso esito finale tra più
apprendenti.

Parar 1. La L1
Quanto influenza l’apprendimento della L2?

1)se uno straniero parla italiano non è difficile riconoscere la


sua L1 dall’accento.
2) le L2 affini alla L1 (es italiano/spagnolo) sono più facili e
veloci da imparare.
Allora, come, in che misura e perché la L1 influenza la L2?
VEDIAMO il COME: IL TRANSFER
La manifestazione più importante dell’influenza della L1 su
L2 è il trasferimento (transfer) nel’interlingua di un
elemento di L1(fonema, lessema, regola grammaticale
ecc..)
• Transfer positivo :l’influenza della L1 aiuta lo sviluppo
dell’interlingua
• Transfer negativo :l’influenza della L1 ostacola lo sviluppo
dell’interlingua

P r o b l e m a : 1 ) r i l e v a z i o n e d e l l ’ a v v e n u t o t r a n s f e r,
nell’interlingua di T.
2) se il transfer c’è stato, stabilire se si tratta di un
errore che per caso coincide con L1 e che quindi
transfer non è..

1)rilevazione dell’avvenuto transfer: è più facile da


individuare se il transfer provoca grossi errori nelle
regole della L2. Una volta rilevato vediamo se ha
effetto positivo o negativo
Es. T. italiano vive a Londra da 4 mesi : vediamo come
dice”piove”

Italiano L1 Interlingua inglese Inglese corretto


Piove Rains It rains

Quindi il transfer c’è stato ma ha provocato un errore, T. non


ha messo il pronome perché in italiano non si
usa ,quindi transfer (si, ma) negativo, cioè fonte di
errore.
Maggiori saranno le differenze tra le due lingue, più negativi
saranno gli effetti del transfer.
Se invece il transfer non produce errori:

Italiano interlingua inglese inglese corretto


la luce è forte The light is strong The light is strong

in questo caso il transfer è positivo, ha facilitato T.con la L2.


Quanto questo sia vero, si può dire solo con un
confronto tra interlingue di apprendenti con L1 diverse.

Inoltre il transfer può interessare parti del discorso non


obbligatorie per cui è difficile stabilire in modo
categorico se la frase dell’interlingua è giusta o
sbagliata, e quindi rilevare il transfer; e così stabilire se
è positivo o negativo si può fare solo statisticamente ,
con un confronto con la L2 di arrivo e non all’interno
dell’interlingua.
2) secondo problema ,bisogna assicurarsi che il fenomeno
rilevato sia effettivamente un transfer della L1 e non un
errore che coincide con una forma di L1 per puro caso.
Questo è molto difficile da fare.
Es. italiano interlingua inglese
non ho la bici I no have bike i don’t have a bike

come fare ad affermare che la negazione “no” preverbale


sia un transfer dall’italiano e non invece uno stadio
della sequenza di apprendimento, o che non sia un
errore causale?
Di fronte a questo problema ci sono due posizioni:
massimalista e minimalista. La prima è degli anni 50 e
vede transfer dappertutto e considera l’influenza della
L1 di primaria importanza. La seconda degli 60-70 per
reazione riduce drasticamente l’importanza della L1
nell’interlingua, e dice che di tutti gli errori presenti
nell’interlingua solo il 3-15% sono dovuti all’influenza di
L1. Oggi entrambe le teorie sono abbandonate.
Oggi si sta cercando di capire e determinare le condizioni
che portano al transfer, piuttosto che contare gli errori
da transfer nell’interlingua.
Dal punto di vista sincronico, rispetto alla L2 finale, il
transfer può assumere l’aspetto di una sostituzione di
un elemento lessicale/grammaticale di L2 con uno di
L1, oppure può essere una omissione o una aggiunta.
Questo nel caso in cui l’elemento in questione sia un
elemento o regola grammaticale obbligatorio. Nel caso
invece si tratti di una regola discrezionale il transfer può
risultare un evitamento o un uso eccessivo di
quell’elemento.
vediamo in meccanismo della “sostituzione” di un termine
della L2 con uno della L1,ad es. a vari livelli.
a livello FONOLOGICO: prendiamo un T. italianofono,
apprendente in L2 in inglese, ed il verbo avere (have in
inglese) , in italiano il verbo non ha l’h all’inizio della
parola, per cui T. a causa di un transfer della L1 omette
il fonema h. Anche in T. di origine francofona , l’h di
“have” viene omessa perché neppure la sua L1 usa
questo fonema. Invece T. tedescofono sostituisce in
“have” la consonante “v” con la “f” come transfer dalla
sua L1, infatti in tedesco è richiesta la desonorizzazione
della consonante che si trova alla fine di una sillaba , è
“v” è sonoramente più forte di “f”.
Vediamo ora il meccanismo della “omissione”
a livello LESSICALE: T. Italiano e T. spagnolo, studiano
francese. Supponiamo di comporre una frase
interrogativa: “perché lui non viene? Perché è malato”.
in italiano e spagnolo esiste una sola forma di “perchè”
che va bene sia per la domanda che per la risposta. In
francese , invece, le cose sono diverse si mette nella
domanda “porquoi” e nella risposta “parce que"
interlingua interlingua
Francese di italofono ispanofono
Porquoi il ne Porquoi il ne pourquoi il ne
viens pas? viens pas? vien pas

il ne vient pas il ne vient pas il ne vient pas


parce qu’il est. pourquoi il est pourquoi il est
malade malade malade

in questo caso il transfer è negativo, fa commettere a T. un


errore, omette di scrivere parce que.
se invece T. è di origine inglese o tedesca, il transfer è
positivo perché anche in queste due lingue c’è una
variazione tra il perché della domanda e della risposta.
Vediamo il meccanismo dell’”aggiunta”.
a livello SINTATTICO: T. è di origine spagnola e studia
l’italiano come L2. Prendiamo la frase italiana “li vedo”
e vediamo come viene nell’interlingua di Tommaso
spagnolo ed poi nell’interlinea di un anglofono e di un
tedescofono.
Interlingua interlingua interlingua
Italiano ispanofono anglofono tedescofono
Li vedo. Li vedo io vedo li /loro io vedo li /loro

L'interlingua dello spagnolo darà un transfer positivo, per T. ,


anche lui non mette il pronome “io” come soggetto, ma
mette il pronome “li” che funge da complemento
oggetto davanti al verbo. Infatti la frase in spagnolo è
“los veo”. Invece nei T. di origine inglese e tedesco la
L1 provocherà dei transfer negativi (errori), cioè delle
“aggiunte”,perché l’apprendente userà il pronome
soggetto “io” e sposterà dopo il verbo il pronome
oggetto “li” poiché nelle loro lingue il soggetto è
obbligatorio e la posizione dell’oggetto è sempre dopo il
verbo.

a livello PRAGMATICO: supponiamo di avere un T. Italiano,


uno inglese ed uno francese che studiano il tedesco L2.
Supponiamo che la situazione sociale richieda l’uso del
pronome allocativi SIE/ESSI(I pronomi allocutivi sono
pronomi personali, usati per rivolgersi a un
destinatario, per interloquire con lui e per richiamare la
sua attenzione)
• Sono allocutivi, in italiano, i pronomi tu, usato per riferirsi a un
singolo interlocutore, e voi, usato per rivolgersi a due o più
persone
• Tuttavia, in italiano, in determinate circostanze, non usiamo il tu
bensì il lei oppure il voi per alcune categorie di interlocutori.
quindi il Lei di un italofono influenzerà positivamente
l’interlingua(transfer positivo)tedesca, quando lo sostituirà a
“sie”.
• L’inglese, invece, ha un unico allocutivo, you,
indipendentemente dal numero delle persone e da ogni altra
circostanza, quindi transfer negativo, poiché quando questo
pronome sostituisce “sie” non ha lo stesso significato
pragmatico.
. così in francese tra “tu” e “vous”, ma il vous non va bene, ancora
transfer negativo.
Facciamo ora un esempio in cui l’influenza della L1 sull’interlinea
determina u

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