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—Chapter 3, Acquisition of the Lexicon—

I bambini producono le prime parole attorno alla fine del primo anno di vita. E’ difficile
riconoscere i boundaries delle parole poichè la lingua parlata presenta pochi indizi a dove
dovrebbero essere gli “spazi vuoti” dello scritto.

Il problema della segmentazione della lingua parlata è legato a tre fattori:


- La lingua parlata è continua
- Le parole non si insegnano isolate
- I bambini non nascono con del lessico
I bambini riescono in qualche modo a segmentare il flusso di parole. E’ possibile che prima
cerchino di individuare segmenti più grandi, come frasi o periodi. I bambini sono molto sensibili ai
fattori prosodici della lingua parlata, che perciò li può aiutare, recuperando parole attraverso
proprietà fonologiche del flusso (phonological bootstrapping of lexical acquisition).

Una volta che i bambini hanno costruito una rappresentazione prelessicale segmentata in unità
prosodiche, possono sfruttare varie fonti di informazione per trovare le parole. Il termine
distributional regularities si riferisce alla possibilità che un particolare suono ha di essere seguito
da un altro in una data lingua. E’ statisticamente più probabile che i suoni che si verificano spesso in
una lingua appartengano ad una singola parola rispetto a suoni che si presentano meno
frequentemente. I phonotactic constraints determinano quali sequenze di fonemi possono
presentarsi all’interno di una parola. Quando i bambini sentono una sequenza che reputano
impossibile nella propria lingua, probabilmente decideranno di porvi un confine di parola in
mezzo. Devono quindi avere accesso ad una rappresentazione prelessicale.

A 6 mesi, bambini americani e olandesi non riescono a distinguere parole delle due lingue, cosa che
invece riescono a fare a 9 mesi. Anche con parole i cui suoni sono propri di entrambe le lingue, i
bambini riescono a discriminare quali parole appartengono a quale lingua in base ai phonotactic
constraints.
I bambini imparano le regolarità distributive in base ad un sistema statistico fra suoni e sillabe
adiacenti, considerando quindi la frequenza per cui un confine appaia fra due determinati suoni.

L’acquisizione del lessico procede secondo due step: alcune parole vengono identificate ed
immagazzinate, poi le forme vengono associate al loro significato. Questo two-step model of
lexical acquisition non presuppone che in tutti i casi alla parola venga assegnato un significato. Il
processo di immagazzinamento precede quello di assegnamento di significati, che si verifica attorno
ai 10-12 mesi di vita.

Un’ipotesi propone che i bambini imparino significati attraverso una hypothesis formation and
testing procedure, secondo cui associano la co-occorrenza di una parola e del suo referente, anche
attraverso l’indicare. E’ quindi una word-to-world mapping procedure. L’ipotesi presenta
problemi legati alla possibile interpretazione delle scene a cui i bambini si trovano di fronte, e alla
difficoltà di definire il significato di parole come i verbi. È quindi spesso impossibile definire il
significato di una parola basandosi solo sulle informazioni extralinguistiche (problema
dell’induzione).
Alcuni autori suggeriscono l’esistenza di tre biases che aiutano gli infanti ad apprendere il significato
delle parole.
Il whole object bias, per cui il bambino presume che una parola si riferisca all’intero oggetto e non
ad una sua parte.
Il taxonomic bias, per cui il bambino preferisce raggruppare gli oggetti per relazioni tassonomiche
(mucca+maiale=animali) piuttosto che tematiche (mucca+latte=mucca fa il latte).
Il mutual exclusivity bias, per cui il bambino presume che ad ogni oggetto corrisponde una sola
parola, e che se quindi sentono una nuova parola per un oggetto che già conoscono, la
collegheranno ad una sua parte o, per esempio, al materiale di cui è fatto.
Questi biases riducono le possibili ipotesi che un bambino può produrre.

L’informazione extralinguistica non è però sufficiente per imparare il significato dei verbi. Attorno
a 20-24 mesi i bambini vedono il loro vocabolario espandersi velocemente, con 5-9 parole nuove al
giorno, fino ai 6 anni.
Un’ipotesi è che i bambini utilizzino il contesto sintattico per associare al verbo il suo significato
(syntactic cueing of verb meaning). I bambini possono combinare informazioni
extralinguistiche con le varie strutture sintattiche in cui viene usato il verbo per ricavarne il
significato; si parla di sentence-to-world mapping.
Per imparare il verbo break, per esempio, i bambini correlano sintassi e semantica del verbo in
maniera innata per ricercare tema e agente del verbo, interpretando la scena davanti a loro (e.g. John
broke the glass). Queste informazioni non comunicano direttamente al bambino il vero significato
del verbo, ma lo aiutano riducendone le possibili interpretazioni.

—Chapter 4, The Emergence of Syntax—

Dalle prime combinazioni di parole fino ai 3 anni i bambini inglesi producono frasi come ‘Papa
have it’ o ‘Cromer wear glasses’ dove manca l’inflessione della terza persona singolare -s o il marker
del passato -ed, per cui il verbo rimane non flesso. In altre frasi tipiche manca l’ausiliare (‘Eve gone’)
o la copula (‘That my briefcase’) o il do (‘Fraser not see him’). Tutti gli elementi funzionali sono
spesso mancanti nelle prime frasi. Radford propone nel 1990 che le prime frasi siano prive della
categoria flessiva IP (small clause hypothesis), per cui la grammatica infantile si basa su un sistema
lessico-tematico.

I bambini, tuttavia, piazzano la negazione dopo un verbo finito, ma prima di un verbo infinito (‘Pas
manger la poupée’ vs ‘Elle roule pas’). I bambini conoscono quindi tacitamente la distribuzione dei
verbi rispetto alla negazione, e riconoscono la differenza fra verbi finiti e infiniti.
Inoltre, nelle lingue V2, i bambini riservano la seconda posizione per i verbi finiti e lasciano i verbi
infiniti a fine frase (‘Simone braucht das’ vs ‘Simone wird das lesen’). Sempre nelle lingue V2, i
bambini non utilizzano mai la struttura XP+V+S con un verbo infinito, solo con uno finito (‘Eine
Fase habe ich’), mentre usano la struttura S+V sia con verbi finiti che con verbi infiniti (‘Hij doet ‘t
niet’ vs ‘Hij op kussens slapen’).
Poichè verbi finiti e infiniti sono distribuiti diversamente in base alla presenza di altri costituenti
nelle frasi, la small clause hypothesis, che propone che tutti i verbi si comportino allo stesso modo,
non regge. Si parla quindi di full competence hypothesis.
Gli alberi a [p114] mostrano come nella grammatica dei bambini, come in quella degli adulti, i
verbi finiti si alzano fino a I, oltre la negazione, mentre quelli infiniti rimangono in VP, dove sono
stati generati, e seguono quindi la negazione. La grammatica infantile deve quindi contenere IP
come quella adulta per spiegare queste frasi. Le strutture infantili delle lingue V2 includono anche
CP oltre a IP.

I bambini francesi utilizzano pronomi soggetto clitici, come je, elle o il solo con verbi finiti, mentre
utilizzano pronomi nonclitici, come moi, con verbi sia finiti sia infiniti. Ciò dimostra come
l’accordo venga specificato positivamente solo in periodi finiti, o meglio, che i soggetti clitici
vengono utilizzati solo in frasi finite perché è in queste che l’accordo viene specificato. I bambini
distinguono quindi fra vari tipi di pronomi e sono sensibili alle differenze fra frasi finite e infinite.

L’ agreement è una structure-dependent relation fra SpecIP e la testa I. E’ necessario prima


dimostrare che i bambini [a.] non accordino il verbo con il NP immediatamente alla sua sinistra e
[b.] non accordino il verbo con il suo agente NP in maniera totalmente semantica.
[a.] Se i bambini accordassero verbo per vicinanza a sinistra con il soggetto, frasi come
‘L’apro io’ o ‘Al mare andavo io’ non dovrebbero essere prodotte. Inoltre, si verificherebbero errori
in frasi con soggetti coordinati come ‘Gaia e Giulia si danno un bacino’.
[b.] Se i bambini accordassero verbo e soggetto esclusivamente per ragioni semantiche,
dovrebbero avere problemi con frasi in cui il soggetto non è l’agente, ovvero con verbi come want,
sleep o remember, cosa che non si verifica. Frasi con il verbo essere dovrebbero presentare problemi
in quanto questo non richiede un agente. Frasi impersonali come ‘Si mangia la pizza’ dovrebbero
anch’esse mostrare errori di accordo.

Una deviazione molto comune consiste nella produzione di frasi principali con un verbo all’infinito
invece di uno finito (‘Schokolade holen’, ‘Papa have it’). Si parla di root infinitives (RI). Anche se
molti ricercatori hanno sostenuto che i RI siano una conseguenza di qualche deficit grammaticale
dei bambini, ora si presume che siano parte di uno stadio dello sviluppo preciso, dopo il quale
cessano di essere disponibili.

Le lingue pro-drop come il catalano e l’italiano non presentano casi di RI.


I RI sono verbi morfosintatticamente infiniti e come quelli normali non si alzano ad I, rimanendo
in VP. Il fatto che appaiano dopo la negazione, che si presenta fra IP e VP, supporta questa teoria. I
RI appaiono inoltre in frasi dichiarative, ma non in wh-questions.
I RI possono riferirsi inoltre a eventi passati, presenti o futuri, il che è determinato dal contesto.

L’interpretazione temporale delle frasi infinite è assicurata attraverso la connessione con il verbo
matrice (Constraint on the Identification of Anaphoric Tense). Dato che i bambini utilizzano
verbi infiniti in frasi principali, questo principio deve essere sovrascritto in sistemi infantili.
Secondo l’axiom on clausal representation proposto da Rizzi, tutte le frasi hanno una
rappresentazione uniforme, quella di CP, anche se questo strato non è riempito da materiale
lessicale. L’assioma è sempre applicato nella grammatica adulta, ma è opzionale in quella infantile.
Alcune frasi dei bambini possono essere troncate sotto CP e qualsiasi categoria può quindi essere la
radice della frase.
Il truncation mechanism opera al livello più in alto della gerarchia strutturale e rimuove ogni
proiezione superiore al luogo del troncamento, quindi non può rimuovere materiale dalla “metà” di
un albero. Frasi con RI hanno strutture troncate sotto TP, ovvero hanno VP come radice o un
qualsiasi strato funzionale immediatamente superiore a VP. Questo troncamento è possibile poichè
i verbi non finiti non hanno bisogno di salire a I, è quindi le loro caratteristiche morfosintattiche
sono soddisfatte all’interno di VP. Dato che queste frasi non hanno un TP, il CIAT non si applica,
e il RI può esistere senza essere identificato da un altro verbo.

Se una proiezione viene troncata, nessuno dei meccanismi che implica si verifica. Perciò, dato che i
pronomi soggetto clitici necessitano di AgrP in IP, essi non appaiono in frasi RI. Allo stesso modo,
non possono apparire ausiliari dato che essi vengono generati o spostati a T. I soggetti, invece,
possono esistere in frasi RI dato che vengono generati in VP, dove possono restare. Dato che le frasi
RI non presentano CP, esse non possono ospitare wh-movements o elementi-wh.
Le lingue pro-drop non permettono RI poichè in esse gli infiniti devono salire a TP e AgrP, che
sono necessarie per le loro proprietà. Dato che TP è presente, il CIAT si attiva e la presenza di un
RI violerebbe l’assioma.

L’inglese presenta alcuni problemi, come per esempio la possibilità dell’esistenza di frasi come
‘What he eat?’. Si propone che queste forme semplici non possano essere considerate veri RI.

—Chapter 5, Null Subjects in Early Languages—

Bambini che imparano varie lingue spesso omettono il soggetto nelle frasi, anche se la loro lingua lo
richiede per forza espresso (‘Tickles me’). Ci sono due possibili posizioni da prendere, una che
considera il fenomeno un aspetto della competenza infantile, e una che si rifa alle limitazioni della
loro produzione.

Gli approaches parametrici ritengono che i bambini inizino con un valore di default per un dato
parametro e che se questo non è il valore espresso nella loro lingua target, lo cambieranno attraverso
la loro esperienza linguistica. Vari studi hanno dimostrato come ciò non è possibile.

Possiamo trovare due tipi di soggetto nullo, uno in lingue come italiano e spagnolo, e uno in lingue
come cinese, giapponese e coreano. I soggetti nulli del tipo italiano sono legati ad un sistema
morfologicamente ricco, per cui il soggetto nullo è un pronome fonologicamente silente licensed in
I ed espresso da morfemi d’accordo sul verbo. Le lingue che permettono questo tipo di pronome
sono dette pro-drop.
Ciò non si può dire per il cinese, lingua in cui anche gli oggetti possono essere omessi. Soggetti ed
oggetti nulli in cinese non sono elementi pronominali, ma variabili create dal movimento di un
operatore vuoto Op a SpecCP. L’Op viene generato in posizione di oggetto o soggetto e viene
spostato a SpecCp, lasciando una traccia nella posizione base. Viene identificato nel discorso
attraverso topic precedentemente stabiliti. Questi elementi sono conosciuti come dropped topics e
sono legati al parametro topic-drop.
Hyams nel 1986 propone che i parametri della UG abbiano un valore di default alla nascita e che
questo sia positivo per il parametro pro-drop, per cui i bambini omettono i soggetti. Secondo
questa ipotesi, i bambini resettano il valore del parametro verso i 3 anni.

Hyams cambia poi la sua teoria, ipotizzando che in realtà i soggetti nulli infantili siano del tipo
cinese, presupponendo l’esistenza di un operatore nullo legato ad una variabile in posizione di
soggetto. Avrebbero quindi il parametro topic-drop settato positivamente. Se ciò fosse vero, però, i
bambini inglesi dovrebbero omettere occasionalmente anche gli oggetti, cosa che non fanno, al
contrario invece dei bambini cinesi, che si comportano secondo la loro lingua target. I bambini
hanno quindi settato correttamente tutti i parametri -drop della propria lingua, per cui l’ipotesi del
parameter resetting non regge.

I soggetti nulli infantili sono quasi totalmente non presenti in:


- Domande con un elemento-wh in testa
- Frasi subordinate
- Frasi con un altro elemento XP in testa che non sia il soggetto
Nelle lingue pro-drop adulte i soggetti nulli sono invece possibili in tutti questi contesti. I soggetti
nulli infantili sono quindi limitati alla posizione d’inizio frase e quindi incompatibili con
costruzioni in cui un qualsiasi altro costituente deve occupare questa posizione; per questo motivo
verranno chiamati root null subjects.

I soggetti nulli non si verificano in uguali proporzioni con verbi lessicali e con ausiliari. Tuttavia,
alcuni bambini omettono il soggetto più frequentemente con gli uni che con gli altri, ed altri si
comportano al contrario. I soggetti nulli sono anche più frequenti in frasi infinite che finite. Il loro
sviluppo è anche parallelo a quello dei root infinitives.

Rizzi propone che i RI e i soggetti nulli siano entrambi legati al meccanismo del troncamento.
Rizzi riformula l’Empty Category Principle in questo modo: “una categoria non pronominale
vuota deve essere identificata da un antecedente, se possibile”. Se un antecedente non è disponibile,
una null constant può sopravvivere senza un identificatore interno alla frase e senza violare l’ECP.
L’NC è legittima se in una posizione che non è sovrastata da un possibile antecedente. Essendo il
punto più alto nella frase e quindi non dominato da altro, lo specificatore della radice è una
posizione possibile. I soggetti nulli infantili sono quindi NC nello specificatore di IP.

Di conseguenza, le NC non possono sopravvivere in domande-wh poichè queste necessitano di una


proiezione CP dove muovere l’operatore-wh. Essendo quindi CP la radice della frase, NC richiede
di essere identificato da un antecedente.
Ciò spiega anche perché gli oggetti non possono essere omessi, poichè NC non sarebbe in
posizione di specificatore della radice. [p172]

I performance-based accounts sostengono che i soggetti nulli non siano un’opzione grammaticale
disponibile ai bambini nei primi stadi del linguaggio, ma che sia invece una conseguenza di un
deficit di natura extralinguistica. I bambini, secondo questa posizione, omettono il soggetto per
alleviare il carico e rendere più risorse disponibili alle parti più importanti della frase.
Bloom sostiene che il problema sia legato alla sentence length, ovvero che più è lunga una frase,
più risorse mentali richiede. Il carico è maggiore a inizio frase, e perciò gli elementi d’inizio frase
sono più a rischio di essere omessi. Questo non spiega perché i bambini omettano più spesso il
soggetto in frasi finite che in frasi infinite, quando le prime dovrebbero richiedere più sforzo.
Gerken sostiene il metrical account, per cui i bambini preferiscono frasi conformi al trochaic foot,
un’unità metrica composta da sillaba forte S e sillaba debole W. I bambini dropperanno il soggetto
se questo non si conforma alla template trocaica.

—Chapter 6, Acquisition of Wh-Movement—

In inglese, le domande che presentano un elemento-wh includono anche la subject-auxiliary


inversion (‘What can he eat?’), per cui l’elemento-wh e il verbo sono adiacenti. Rizzi denomina
questo requisito il Wh-criterion, per cui l’operatore-wh deve essere in relazione testa-specificatore
con una testa che abbia la wh-feature (il verbo). L’operatore-wh deve quindi muoversi a SpecCP e la
wh-feature a C. In inglese questa feature è portata dagli ausiliari o dal pleonastico do, dato che i
verbi lessicali non si muovono, mentre in italiano possono averla anche i verbi lessicali.

Le domande negative dell’inglese infantile spesso non hanno la forma adulta. Bellugi attribuisce la
causa ad un ritardo del SAI. Le frasi possono essere non invertite (‘Where he couldn’t eat the
raisin?’), con doppio ausiliare (‘What did he didn’t wanna bring to school?’) o con not-structure
(‘Why can you not eat chocolate?’). In queste frasi la negazione non viene spostata a C, e rimane
quindi in IP. Questo fenomeno non può essere spiegato con difficoltà legate al movimento della
negazione, poichè i bambini italiani formano domande adulte, anche se negative.
Il fallimento nell’alzare la negazione a C nelle domande negative dell’inglese infantile può essere
conseguenza di un fattore specifico alla lingua, come per esempio la presenza di due classi verbali,
lessicali e ausiliari, che hanno possibilità di movimento differenti. I verbi lessicali non si spostano
mai da V, mentre gli ausiliari possono alzarsi a I e anche a C, se necessario. Anche il dialetto
padovano non presenta la possibilità di spostare la negazione in domande a C.

I bambini inglesi producono anche domande senza ausiliare, le auxless questions (‘Where daddy
go?’). Guasti e Rizzi propongono la null auxiliary hypothesis, per cui la struttura di domande
come ‘What dat train doing?’ include un ausiliare nullo, che seleziona un verbo flesso in -ing e porta
la wh-feature da T a Agr a C.

L’ausiliare nullo, come il soggetto nullo infantile, deve verificarsi nella radice di una frase. L’ausiliare
nullo è possibile nelle domande perché si trova in C, la testa della radice, e quindi non esiste una
posizione più alta che possa contenere un identificatore. Dato che C è la testa della radice anche
nella lingua adulta, ciò vorrebbe dire che anche speakers adulti potrebbero omettere l’ausiliare.
Rizzi propone che CP sia stratificato in ForceP (che determina il tipo di frase fra domanda,
esclamazione, etc.) e FocP (dove stanno gli operatori-wh). Le domande infantili senza ausiliare sono
quindi troncate sotto ForceP, e quindi non sono considerabili adulte in struttura.

Gli ausiliari nulli non possono verificarsi in domande come ‘Who [is] laughing?’, poichè in questo
caso il verbo non si alza a C, ma rimane in I. Se non venisse specificato, non si troverebbe nel punto
più alto della struttura.
Una domanda come ‘What did she say that John cooked [t]?’ da il via al movimento-wh a lunga
distanza, dove l’elemento-wh è estratto dalla subordinata, dove lascia una traccia. Mentre il
complementatore that può essere presente quando un oggetto viene estratto dalla subordinata, non
può quando è il soggetto ad essere estratto, come in ‘Who do you think [t] eats bananas?’.

I bambini hanno accesso al movimento LD da almeno 3;5 anni d’età.


Se i bambini sanno produrre domande LD adulte, alcuni producono le medial-wh questions,
dove una parola-wh extra viene inserita nel CP intermedio (‘What do you think what Cookie
Monster eats?’). In genere l’elemento-wh a inizio frase è lo stesso in posizione intermedia.

Ci sono lingue, come il francese, che manifestano accordo nel CP intermedio (‘Qui crois-tu qui est
parti?’). L’elemento-wh si sposta attraverso il CP intermedio, dove lascia una traccia che si accorda
con la testa di CP (‘qui’). In inglese, questo viene indicato con un elemento 0 nelle frasi come ‘Who
do you think [0] eats bananas?’.
Thornton suggerisce che i bambini inizialmente credono che questo movimento venga effettuato
sia in domande ad estrazione di oggetto, sia di soggetto. Secondo questa ipotesi, i bambini hanno
categorizzato incorrettamente that e le parole-wh come complementatori in accordo con C. I
bambini inglesi possono quindi cadere in inganno e convincersi che sia that sia il complementatore
nullo 0 possano essere usati in situazioni d’accordo soggetto.

Secondo Tavakolian, i bambini fraintendono il significato della frase ‘The pig bumps into the horse
that jumps over the giraffe’, pensando che la subordinata modifichi il soggetto, il maiale, e non
l’oggetto matrice, il cavallo. In altre parole, considerano that come un marcatore di coordinazione, e
la struttura della frase diventa piatta. Se così fosse, tuttavia, dovrebbero de-imparare questo tipo di
analisi e la sua interpretazione, ovvero dovrebbero essere informati che quello che pensano
significhi la frase non è corretto. Ciò succede molto raramente.
Le difficoltà che i bambini incontrano nel comprendere frasi relative devono consistere quindi in
un fattore di elaborazione, e non in mancate competenze adulte.

Hamburger e Crain provano che le capacità dei bambini aumentano quando certe felicity
conditions sono raggiunte, ovvero l’ambiente della conversazione deve essere appropriato per lo
scopo della conversazione (e.g. non chiedere al bambino ‘la palla sul tavolo’ quando c’è solo una
palla).

Labelle sostiene che la formazione delle frasi relative infantili non possa essere uguale a quella degli
adulti, per due motivi principali che si allontanano dalla produzione adulta (considerando il
francese): il pied-piping è assente, e i resumptive pronouns sono abbondanti.

Frasi relative con pied-piping sono difficilmente prodotte e comprese fra i 3 e i 6 anni da bambini
inglesi, che invece preferiscono lasciare la preposizione a fine frase. Dato che il pied-piping richiede
univocamente un movimento-wh, Labelle sostiene che ciò non venga utilizzato dai bambini nel
formare frasi relative.
I bambini francesi producono molte relative con resumptive pronouns, le resumptive relatives
(‘Celle-là que le papa lui montre un dessin’=’That one there whose father shows her a drawing’).
L’uso di questi pronomi è comune anche a delle lingue adulte. Si ritiene che nessun movimento-wh
accada in questi casi. Il pronome viene interpretato come una variabile legata a un operatore
generato in SpecCP [p231].

Se le frasi relative infantili come ‘La fille qui parle’ non fossero derivate tramite movimento-wh, ma
dalla generazione di un operatore vuoto in SpecCP, esempi come ‘Le fille que parle’ sarebbero
quindi liciti. Dato che frasi come questa non vengono generate dai bambini indica che il
movimento-wh è invece coinvolto nella formazione di relative.

—Chapter 7, Acquisition of NP-Movement—

La passivazione comporta una riorganizzazione delle funzioni grammaticali nelle frasi attive. Il
movimento dell’oggetto alla posizione di soggetto è un esempio di A-movement: l’oggetto NP si
muove a SpecIP, dove attiva l’accordo con il verbo flesso, lasciando una traccia che gli conferisce
ruolo tematico. Si presume che il ruolo tematico del soggetto nella frase attiva venga assegnato al
morfema passivo, e rimane quindi attivo sintatticamente anche senza essere esplicitato dal
complemento d’agente.

Importante è la distinzione fra passivi aggettivali e verbali. Un passivo semplice in inglese è


ambiguo: ‘The door was closed’ può avere un’interpretazione stativa (passivo aggettivale) o eventiva
(passivo verbale) a seconda dello stato della porta. Aggiungendo una by-phrase ogni ambiguità viene
eliminata. I due tipi di passivo sono ottenuti tramite meccanismi diversi. Nei passivi aggettivali il
soggetto non viene spostato a SpecIP tramite un A-movement, ma viene generato lì.

Prima dei 4-5 anni bambini inglesi producono e comprendono actional passives (passivi di verbi
come comb, scratch) meglio di nonactional passives (passivi di verbi come see, hear). I bambini
prediligono passivi corti a passivi lunghi (ovvero senza by-phrases) e producono passivi aggettivali
prima di quelli verbali.

Borer e Wexler propongono che i bambini possono inizialmente produrre solo passivi aggettivali,
poichè non sono in grado di formare catene-A e quindi non possono assegnare ruolo tematico
all’oggetto->soggetto in un passivo verbale. Sostengono quindi la maturation of A-chains.

E’ generalmente risaputo che i soggetti si generino in VP e che si spostino a SpecIP; questo è un


esempio di A-movement, che crea una A-chain fra il soggetto che si è mosso alla sua traccia in VP.
Dato che le frasi finite necessitano di questo movimento, la maturazione delle catene-A non regge.
Borer e Wexler sostengono che non tutte le catene-A siano problematiche per i bambini, ma solo
quelle che legano due theta positions, come quelle dei passivi verbali. L’oggetto generato dopo VP
non si muove direttamente a SpecIP, ma si muove prima a SpecVP. Dato che SpecVP è una
potenziale posizione theta, il primo anello della catena-A collega due posizioni theta ed è quindi
problematico per i bambini [p256].
Un problema sta nella formazione di frasi con verbi inaccusativi, come arrive o go. Questi verbi
hanno un argomento interno generato in posizione di oggetto che si alza a SpecIP e si comporta
come un soggetto, accordandosi con il verbo. Questo movimento è lo stesso che si vede nei passivi,
ovvero toccando prima SpecVP e poi SpecIP. Se i bambini non potessero formare la catena-A
necessaria per formare i passivi, dovrebbero anche evitare frasi come ‘John has arrived’ che si
formano allo stesso modo. Questa aspettativa non è raggiunta, perciò si conclude che i bambini
possono formare catene-A.

I bambini producono molto raramente passivi con by-phrases, e ciò può essere attribuito alla rarità
di queste costruzioni nella parlata dei genitori. Non c’è una ragione assoluta per questa preferenza.
Si è notato anche come i bambini fatichino a trasmettere il ruolo tematico dal morfema passivo
all’NP nella by-phrase, anche se il motivo non è ancora totalmente chiaro.

—Chapter 11, Language and Other Cognitive Abilities—

Il termine specific language impairment si riferisce ad una condizione per cui difficoltà
linguistiche sono evidenti nonostante uno sviluppo non-linguistico normale e assenza di una causa
ovvia. SLI è un esempio di dissociamento fra abilità linguistiche e altre capacità cognitive.

Conseguenze comuni sono:


- Il linguaggio emerge più tardi
- Il linguaggio mostra pattern imprevisti e rimane sotto le aspettative d’età
- Problemi con la morfologia flessiva

Molti studi hanno trovato che SLI si trasmette all’interno della famiglia (familial aggregation),
suggerendo che questo problema abbia una base genetica.

Se bambini normali producono frasi con infiniti fra i 2 e i 3 anni, bambini SLI arrivano a produrli
anche a 5 o 6 anni.
Rice e Wexler propongono il tense omission model, per cui i bambini lasciano la flessione non
specificata in frasi principali, non utilizzando i morfemi che esprimono questa caratteristica. I
bambini SLI inglesi dimostrano difficoltà con i morfemi -s e -ed, o omettono spesso gli ausiliare be o
do. Quando però i bambini utilizzano questi morfemi, lo fanno in conformità alle regole base della
sintassi. Inoltre, i bambini SLI dimostrano pieno controllo dei morfemi flessivi non legati al tempo
verbale, come i plurali.

Clahsen sostiene che SLI sia un deficit nella capacità di marcare agreement relations, in
particolare con il soggetto. I bambini SLI inglesi utilizzano molto meglio il marcatore del passato
-ed rispetto a quello della terza persona -s.
Un’altra opinione è che SLI impedisca ai bambini di costruire una grammatica normale. Le
difficoltà dei bambini con SLI per quanto riguarda la morfologia flessiva sono riscontrate in tutte le
lingue osservate. I bambini SLI non riescono a costruire regole implicite che governano i processi
morfologici e fonologici della grammatica; non riescono a internalizzare la struttura delle parole
flesse e a creare regole per controllarla. Per loro, le parole walks, walked, houses non sono derivate da
una regola che unisce radice e morfemi flessivi, ma sono imparate a memoria come semplici oggetti
lessicali non analizzati.

Secondo la word-and-rule theory esistono due processi per produrre parole flesse a seconda della
loro regolarità. Le flessioni regolari sono basate su una operazione mentale che prende membri di
categorie sintattiche come input e genera parole flesse (e.g. aggiungere -ed alla fine di un verbo in
inglese). Le flessioni irregolari non possono essere facilmente previste e sono imparate e
immagazzinate nella memoria a lungo termine.
Gli individui SLI imparano entrambe le forme allo stesso modo, ripetendo più frequentemente le
parole che sentono più spesso, indipendentemente dalla loro regolarità. La loro abilità di flettere
parole nuove è minore rispetto ad individui normali, indicando che la loro abilità linguistica non è
governata da regole. Gli individui SLI producono parole correttamente flesse grazie a strategie
compensatorie, secondo Gopnik. Per esempio, bambini SLI inglesi imparano che il suono /s/
indichi il plurale, e finiscono col riconoscere ‘bronze’ come un plurale solo per la presenza di quel
fonema [p394].

Secondo la surface hypothesis, i morfemi flessivi sono vulnerabili perché sono fonologicamente
poco salienti. Bambini SLI hanno difficoltà a processare morfemi corti rispetto a quelli adiacenti,
che sono meno stressati, non-sillabici, non pronunciati o non in posizione finale. La percezione di
questi fonemi esaurisce le risorse cerebrali disponibili a questi bambini, impedendogli di
identificarne le funzioni grammaticali e inserirle in un paradigma. I bambini italiani hanno meno
difficoltà, infatti, rispetto a quelli inglesi, perché i morfemi flessivi dell’italiano sono molto più
salienti.
Tuttavia, ricerche hanno mostrato un’asimmetria. In italiano e francese articoli determinativi e
pronomi clitici sono omofoni. Se la salienza fosse responsabile per l’utilizzo accurato di morfemi
funzionali, ci si aspetterebbe che i bambini SLI fossero ugualmente incapaci di utilizzare entrambi.
Studi dimostrano il contrario; la salienza non può essere responsabile poichè i morfemi sono
omofoni.

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