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La percezione sociale rappresenta una delle funzioni complesse neuropsicologiche e implica la percezione del sé,
il riconoscimento dei segnali sociali e la comunicazione non verbale.
La percezione del sé coinvolge numerose strutture del cervello: il lobo frontale, la corteccia orbito frontale, il giro
del cingolo, strutture del lobo parietale e dell’insula e strutture del lobo temporale.
La batteria NEPSY valuta la percezione sociale attraverso due test: il primo riguarda la teoria della mente, viene
studiata la capacità di capire che gli altri esseri umani sono in grado di sviluppare pensieri, idee e sentimenti. Nel
secondo test del riconoscimento delle emozioni si valuta l’abilità dei bambini di riconoscere le emozioni espresse
dai volti.
Sviluppo emotivo è la capacità di riconoscere le emozioni degli altri. L’ emozione è una conseguenza di come la
persona interagisce con l’ambiente circostante. Abbiamo l’emozioni di base e l’emozioni sociali.
CAPITOLO 16: LE PARALISI CELEBRALI INFANTILI
Sono dei disturbi non progressivi del movimento dovuti ad una lesione che ha colpito il cervello fatale o infantile.
Le paralisi celebrali sono state classificate da un punto di vista neurologico, in relazione alla struttura celebrale
colpita in tre forme: spastiche, atassiche e discinetiche.
1.Strutture del cervello coinvolte nel cervello
Numerose aree del cervello sono coinvolte nell’organizzazione del movimento come aree motorie, premotorie,
sensoriali e associative. La corteccia motoria primaria riceve sofferenza e da origine alla più importante via
nervosa che controlla il movimento volontario: il fascio corticospinale. La corteccia premotoria è stata suddivisa
in tre aree differenti che stabiliscono relazioni reciproche tra di loro, con le aree della corteccia motoria
supplementare, relazioni reciproche tra di loro ecc.… L’area motorio supplementare stabilisce connessioni
reciproche con le aree premotorie. Le aree motorie supplementari contribuiscono alla formazione del fascio
corticospinale. La realizzazione di un movimento volontario richiedere una fase di pianificazione, nella quale
viene immaginata una strategia motoria atta a raggiungere l’obiettivo desiderato e una fase esecutiva che riguarda
la realizzazione dei diversi aspetti del movimento. Nelle stesse aree alcuni neuroni possono essere correlati alla
pianificazione, altri nell’esecuzione. Molti neuroni nell’area motoria primaria sono correlati con l’esecuzione del
movimento, mentre molti neuroni sono correlati con la fase di pianificazione. Nella fase di pianificazione il
sistema nervoso centrale elabora le informazioni che riguardano la rappresentazione del proprio corpo e del
mondo esterno, le proprietà fisiche del cervello ecc.… I nuclei della base sono composti da quattro strutture
principali: lo striato, il globo pallido, la sostanza nera e il nucleo subtalamico. I nuclei della base costituiscono una
stazione di numerosi circuiti paralleli che intervengono nella regolazione del movimento. All’interno di questi
circuiti abbiamo: nuclei d’ingresso, di uscita e modulazione dell’azione. Il cervelletto è una struttura situata nella
fossa cranica posteriore, collegata con il tronco dell’encefalo mediante tre fasci di fibre nervose chiamati
peduncoli cerebellari. Gli studi clinici e sperimentali indicano che il cervelletto è coinvolto nel controllo posturale,
nel coordinamento del movimento volontario, nell’apprendimento di procedure e nella regolazione di alcune
funzioni cognitive. Il cervelletto è diviso in vestibolo cerebello, spino cerebello e cerebro cerebello.
2.Classificazione delle paralisi cerebrali
Da un punto di vista neurologico si distinguono tre tipi di analisi celebrale, tra le spastiche si riconoscono:
emiplegia, in cui il deficit motorio prevale in un lato del corpo; diplegia, il deficit prevale negli arti inferiori;
tetraplegia il deficit coinvolge sia gli arti inferiori sia superiori. Tra le paralisi atassiche abbiamo: atarassie pure,
sindromi atassiche, atassie acquisite. Le paralisi discinetiche sono suddivise in: nella forma coreoatetosica e nella
forma distonica. La classificazione funzionale si riferisce al tipo di gravità della disabilità grosso motoria. Sono
stati suddivisi cinque livelli di gravità:
1. Il bambino cammina senza ostacoli, presenta soltanto limitazione delle attività motorie complesse;
2. Cammina senza l’aiuto nell’ambiente familiare, ma ha bisogno di appoggio negli ambienti esterni. Ancora
non è in grado di correre o saltare;
3. Cammina tranquillo negli ambienti esterni. Riesce autonomamente e stare seduto;
4. Presenta gravi limitazioni dell’attività motoria anche con ausili. Non è in grado di mantenere una posizione
seduta, né di controllare il capo. Deve essere trasportato e assistito.
I vari tipi di lesione interessano in molti casi l’emisfero sinistro. Molto spesso i bambini con emiplegia congenita
non sono identificati nei primi mesi di vita poiché in questo periodo non si evidenziano, anomalie del tono e dei
riflessi. I segni neurologici più frequenti riguardano una riduzione della forza, precisione e velocità dei movimenti
della mano colpita. Lo sviluppo intellettivo di questi bambini è discreto. L’acquisizione del linguaggio tende a
essere favorita rispetto alle altre funzioni cognitive. Il livello intellettivo tende a diminuire von l’età collocandosi
nell’adolescenza intorno ai livelli borderline. In ambito scolastico questi soggetti tendono a presentare problemi di
apprendimento, sviluppando anche problemi emotivi.
5.La diplegia spastica
La diplegia spastica è una delle forme di paralisi bilaterale. La lesione che causa questa paralisi infantile è la leuco
malacia periventricolare conseguente ad un’ischemia. In questi bambini la sintomatologia principale riguarda i
deficit motori e visivi. I disturbi del movimento interessano gli arti inferiori che presentano una riduzione della
motilità e della forza. Sono colpiti tre arti: due inferiori e uno superiore. La spasticità è presente soprattutto agli
arti inferiori, interferendo nello sviluppo motorio e cognitivo. Il camino del bambino presenta un’andatura
rotatoria, con anca flessa, adotta e ruotata internamente. A lungo andare la spasticità determina l’istaurarsi di
retrazioni tendinee e alterazioni dello sviluppo osseo, mentre l’epilessia è meno frequente che nell’emiplegia
congenita e in genere ben controllata dai farmaci.
6.La tetraplegia spastica
La tetraplegia plastica è una forma di paralisi bilaterale in cui tutti e quattro gli arti sono coinvolti. Essa dipende
da estese lesioni al cervello che nel neonato sono dovute a fenomeni di sofferenza anossico-ischemica o a lesioni
di tipo emorragico che causano gravi quadri di leuco malacia periventricolare estesi. Nel neonato a termine le
cause possono essere prenatali o perinatali. La diagnosi precoce della tetraplegia spastica è abbastanza facile per la
presenza di manifestazioni cliniche già presenti alla nascita quali: microcefalia, convulsioni, gravi alterazioni del
tono e della motilità spontanea, alterazione dei riflessi neonatali. Le anomalie della motilità interessano i quattro
arti e anche il distretto bucco-facciale rendendo molto difficile l’espressione verbale. La maggior parte dei
bambini con tetraplegia spastica non riesce a compiere alcun cambiamento posturale. Lo studio dello sviluppo
cognitivo nei bambini con tetraplegia spastica è molto complesso sia per i deficit sensoriali e motori, sia per le
difficoltà di comunicazione.
7.Le paralisi discinetiche
Le forme discinetiche di paralisi celebrale sono caratterizzate dalla presenza di posture e di movimenti abnormi
che determinano un’incapacità a eseguire i movimenti volontari e a mantenere una postura. Si distinguono due
forme: le forme coreoatetosiche e le forme distoniche. Le paralisi ipercinetiche sono caratterizzate da massivi
movimenti involontari privi di finalità. I movimenti coreici sono rapidi e interessano la muscolatura distale. Tutti
questi movimenti hanno l’obiettivo di eseguire un movimento volontario e di mantenere una postura sana. Le
paralisi distoniche sono caratterizzate da improvvisi aumenti del tono muscolare nel tentativo di eseguire un
movimento volontario. I fattori responsabili delle paralisi discinetiche sono l’iperbilirubinemia associa a ipossia e
la grave asfissia perinatale. Da un punto di vista clinico le paralisi discinetiche sono difficili da evidenziare nei
primi 6 mesi di vita. Le disabilità coinvolgono la manipolazione degli oggetti, l’espressione verbale e scritta. Lo
sviluppo cognitivo è nella maggioranza dei casi nell’ambito della norma e l’epilessia ha una scarsa incidenza.
8.Le paralisi atassiche
Le paralisi costituiscono un gruppo eterogeneo di quadri clinici non evoluti con una sintomatologia neurologica di
quadri clinici non evoluti con una sintomatologia neurologica ascrivibile a una disfunzione del cervelletto. Si
distinguono tre forme di atassie: le atassie pure, le sindromi atassiche e le atassie acquisiste. Le atassie pure sono
associate a ipoplasia del cervelletto. In alcuni casi può essere causata da forme ereditarie, da malformazioni della
fossa posteriore su base non familiare o da anomalie della migrazione neuronale. Le sindromi atassiche sono dei
quadri clinici di atassia congenita non evolutiva nei quali i deficit cerebellari sono sintomi prevalenti. Si tratta di
una serie di sindromi legate a quadri ben conosciuti, collegati ad alterazioni genetiche note. Il terzo gruppo è
costituito delle atassie acquisite non progressive. Si tratta di patologie che sono dovute a fattori prenatali, tra i
quali rosolia… Nel primo anno di vita si può evidenziare un quadro di ipotonia e un ritardo nello sviluppo
motorio. Spesso è presente atassia del tronco, nella posizione seduta il bambino presenta oscillazioni in tutte le
direzioni. Le caratteristiche del cammino sono di tipo atassico, con base allargata, oscillazioni e sbandamenti.
CAPITOLO 17: EPILESSIE
Le epilessie sono delle condizioni caratterizzate dalla presenza di crisi epilettiche di neuroni del cervello che
determinano attacchi involontari e imprevisti con una sintomatologia motoria e psichica. Il meccanismo alla base
di una cristi epilettica sembra dipendere da un’alterazione del potenziale di riposo dei neuroni coinvolti.
L’attivazione dei neuroni sembra dipendere da uno squilibrio dei modulatori. Le età più colpite sono infanzia e
vecchiaia. Nella grande maggioranza dei casi l’epilessia è una malattia che può essere controllata con farmaci
specifici.
1.La classificazione delle “crisi” epilettiche
Le epilessie sono suddivise in base alle caratteristiche delle crisi epilettiche.
1. Epilessie generalizzate;
2. Epilessie focali localizzate;
3. Lo stato epilettico
Le crisi generalizzate: si tratta di condizioni nelle quali l’epilessia coinvolge le strutture sotto corticali e la
corteccia dei due emisferi celebrali. Crisi a tipo assenza: si caratterizzano da una improvvisa perdita di coscienza,
il bambino appare assenta, la crisi dura meno di dieci secondi, termina come se nulla fosse successo. Crisi tonico–
cloniche: Sono le crisi che sono associate all’epilessia. La crisi inizia con una perdita di coscienza accompagnata
da un grido. Il paziente cade e presenta diverse problematiche, va in apnea con cianosi (la faccia diventa viola).
Questa fase dura 30 secondi ed è seguita dalla fase caratterizzata da movimenti convulsi che interessano glia arti.
Spesso il paziente si addormenta e si risveglia con dolori muscolari. Altre forme di crisi generalizzate sono le
assenze atipiche, le crisi miocloniche, le crisi atoniche e gli spasmi epilettici. Nelle crisi con assenza atipiche la
durata dell’assenza è maggiore che nelle forme tipiche, i pazienti presentano automatismo. Le crisi miocloniche
sono costituite da una breve contrazione di un muscolo, possono indurre una brusca cadut, una forma di epilessia
grave e generalizzata. Le crisi atoniche, caratterizzate da un’improvvisa perdita della postura e caduta. Gli spasmi
epilettici costituiscono delle brusche flessioni del capo e del tronco. Le crisi focali vengono divise in crisi focali
semplici, se la coscienza rimane integra, oppure in crisi focali con propagazione in cui la coscienza può essere
compromessa. Crisi focali semplici, le crisi semplici posso manifestare: sintomi automatici, manifestazioni
psichiche, clonie e spasmi, bruciore Crisi focolari con propagazione presentano tre fenomeni: l’aura, l’alterazione
della coscienza e degli automatismi. Queste crisi insorgono nel lobo temporale. L’aura è una crisi focale semplice,
in genere dura qualche secondo. All’aura segue un arresto motorio, diventa immobile. Gli automatismi sono
attività motorie che si presentano nel corso o al termine della crisi; terminata la crisi si presenta un’amnesia totale.
Lo stato epilettico è una condizione clinica nella quale una crisi epilettica dura più di 20 minuti, oppure si ripetono
con più intervalli. Lo stato epilettico dipende da varie condizioni cliniche, si tratta di una condizione grave,
durante la quale il paziente può rischiare la vita ed è necessario essere ricoverato.
2.Cause delle epilessie
Le tre principali cause sono:
Epilessie idiopatiche dipendono da cause genetiche, sono le forme che rispondono meglio al trattamento
farmacologico.
Epilessie criptogenetiche dipendono da un problema del sistema nervoso centrale.
Epilessie sintomatiche sono delle condizioni patologiche nelle quali la crisi è uno dei sintomi di una malattia
neurologica. Le epilessie criptogenetiche sono causate da malformazioni vascolari, malformazioni arterovenose.
Sono stati descritti alcuni fattori scatenanti le crisi convulsive nei soggetti affetti da epilessia, tra questi i più
importanti sono la privazione di sonno, l’abuso di alcol ecc. IN questi casi si consiglia di evitare le fonti di luci
intermittenti e di usare occhiali con lenti polarizzate. L’epilessia può essere introdotta da forti rumori, particolari
stimoli sensoriali… e non deve essere confusa con altre patologie.
3.Alcuni tipi di epilessia dell’età evolutiva
Le diversi sindrome sono state caratterizzate dal tipo di crisi e per età di insorgenza:
La sindrome di west è un’encefalopatia epilettica grave, si manifesta nel primo anno di vita con spasmi. Le crisi
possono essere molto frequenti, il trattamento farmacologico si basa sia con l’assunzione di farmaci antiepilettici,
sia con ormone adrenocorticotropo. Sindrome di lennox-gestaut ci si riferisce ad una forma di epilessia associata
ad una disabilità intellettiva. L’età di esordio si situa tra 2 e 10 anni e la malattia può continuare per tutta la vita.
Spesso coesistono più tipi di crisi: toniche generalizzate, spasmi, crisi, stato di male epilettico non convulsivo.
Epilessie focali benigne si tratta di epilessie dovute a un’eccitabilità corticale che presenta in genere una
risoluzione spontanea prima dell’età adulta. Compare tra i 3 e i 14 anni in bambini senza anomalie neurologiche.
Sindrome di landau-kleffner è caratterizzata dall’improvvisa comparsa di un’afasia in soggetti con epilessia e
significative anomalie durante il sonno. Si manifesta in bambini con uno sviluppo del linguaggio normale. La
malattia scompare dopo l’adolescenza. Il trattamento dell’epilessia non è sufficiente a controllare le crisi afasiche.
Stato di male a punte onda continue durante il sonno a onde lente si tratta di una grave condizione clinica nella
quale oltre all’epilessia è presente un deficit collettivo associato a disturbi del comportamento. L’età di insorgenza
si situa tra i 3 e i 14 anni e scompare con la giovane età. Epilessia a tipo assenza si tratta di una forma di epilessia
idiopatica. Colpisce i bambini nella fascia 4 10 anni e 6 12. Le crisi si caratterizzano per una improvvisa perdita di
coscienza, si arresta e appare assente. LA crisi dura alcuni secondi e dopo poco si riprende come se nulla fosse
successo. Se le crisi di piccolo male diventano subentranti può istaurarsi uno stato di male. Epilessia con crisi
tonico cloniche l’età di esordio è tra i 15 e 18 anni. Si caratterizzano per una fase tonica, seguita da una clonica,
cui segue una postcritica. Epilessia del lobo temporale si caratterizzano per la presenza dell’aura. Nelle epilessie
temporo- mesiali sono presenti sintomi viscerali, gustativi o affettivi; nelle epilessie temporo-laterali si manifesta
con allucinazioni visive, uditive; mentre nelle epilessie perietali sono presenti sensazioni di sprofondamento.
Nelle epilessie focali possono essere presenti automatismi oro- alimentari o gestuali. Nelle epilessie del lobo
frontale gli automatismi sono costituiti da movimenti bilaterali automatici delle gambe. Mentre nelle epilessie del
lobo parietale può manifestarsi un’attività clonica che tende a diffondersi con diverse modalità. Epilessie riflesse
si tratta di crisi epilettiche scatenate da specifici stimoli come: fotosensibili (tv, computer) , stimoli cognitivi non
verbali (giochi a carte), crisi indotte alla lettura, agli stimoli. Epilessie sintomatiche malattia di lafora, sindrome di
aicardi. Convulsioni febbrili sono delle crisi che compaiono durante i rialzi febbrili. L’età di insorgenza oscilla tra
il primo e il quinto anno di vita. Si tratta di una forma benigna. Le convulsioni se prolungate possono determinare
danni permanenti.
5.La terapia dell’epilessia
Il fattore più importante delle crisi è legato alla causa dell’epilessia, si risolvono con maggiore facilità le epilessie
idiopatiche mentre quelle legate a una patologia delle strutture celebrali hanno una prognosi negativa. I principali
farmaci nella terapia dell’epilessia sono: valproato di sodio, etosuccimide, fenitoina, fenobarbital, benzodiazepine,
levetiracetam, torpiramato, gabapentin, felbamato, lamotricina.
CAPITOLO 21: I DISTURBI DEL LINGUAGGIO
Sono una patologia molto frequente in età evolutiva. Essi possono dipendere da cause acquisite o da disturbi
evolutivi.
1.Le neuroscienze del linguaggio
I pionieri del linguaggio sono Pierre-Paul Broca e Carl Wernicke e successivamente dopo i loro studi è stata
elaborata la classificazione clinica delle afasie degli adulti. Essa prevede sei principali tipi di afasie: afasia di
Broca, afasia di Wernicke, afasia di conduzione, afasia transcorticale motoria, afasia transcorticale sensoriale e
afasia globale.
Tabella riassuntiva delle afasie
Tipo di afasie Produzione Comprensione Ripetizione
Afasia di Broca Non fluente Buona Scarsa
Afasia transcorticale motoria Non fluente Buona Buona
Afasia di Wernicke Fluente Scarsa Scarsa
Afasia di conduzione Fluente Buona Compromessa
Afasia transcorticale Fluente Scarsa Buona
sensoriale
Afasia globale Non fluente Scarsa Scarsa
Ci sono vari tipi di sistemi di linguaggio:
o Sistema ventrale del linguaggioè formato dall’area di Wernicke e dalle porzioni anteriori del lobo
temporale di entrambi gli emisferi cerebrali, con una maggiore rappresentazione nell’emisfero dominante
(sinistro). Si tratta di un sistema responsabile dell’elaborazione lessicale e semantica delle parole;
o Sistema dorsale del linguaggio è composto da tre strutture: l’area di Wernicke, la scissura parieto-temporale
e l’area di Broca. Il sistema dorsale è laterizzato all’emisfero cerebrale sinistro ed è responsabile
dell’esecuzione verbale, dell’apprendimento di nuove parole e della memoria fonologica. I due centri più
importanti del linguaggio, l’area di Broca e l’area di Wernicke, sono collegate mediante tre vie: il fascicolo
arcuato, il fascicolo longitudinale superiore e il fascicolo uncinato;
o Sistema della memoria e linguaggioil neurolinguista canadese Michel Paradis è stato il primo ricercatore a
collegare i diversi sistemi della memoria a lungo termine con le differenti modalità di appropriazione delle
linguecomprende sia l’acquisizione e sia l’apprendimento. Paradis ha sostenuto che l’acquisizione della
lingua materna è collegata con sistemi della memoria implicita; ovvero che la fenologia, la morfologia, il
lessico e la sintassi della lingua materna siano prevalentemente rappresentati nei sistemi della memoria
implicita, mentre il significato delle parole sia rappresentato prevalentemente nei sistemi della memoria
esplicita. Paradis, inoltre ha sostenuto che l’apprendimento di una seconda lingua dopo l’infanzia coinvolge in
maniera maggiore i sistemi della memoria esplicita rispetto alla prima lingua.
3.I disturbi del linguaggio nelle paralisi cerebrali infantili e nella disabilità intellettiva
Le paralisi cerebrali infantili sono deficit neurologici stabili dovuti a una lesione. Oltre ad avere problemi nella
postura e nel movimento hanno anche dei disturbi nell’articolazione della parola. Molto frequenti sono anche i
deficit del linguaggio. Anche se alcuni bambini con paralisi cerebrale non hanno né problemi del linguaggio né
deficit cognitivi, la maggior parte presenta sia un disturbo dello sviluppo intellettivo che disturbi del linguaggio,
che possono essere più marcati della disabilità intellettiva.
I disturbi dello sviluppo del linguaggio nelle disabilità intellettive presentano problemi nella comprensione e nella
produzione dei suoni o problemi grammaticali. Tutti i bambini con disabilità intellettive necessitano quindi di un
trattamento logopedico, soprattutto per rimediare alle difficoltà articolatorie e sintattiche.
4.Le classificazioni dei disturbi del linguaggio
I disturbi evolutivi dell’acquisizione del linguaggio colpiscono bambini con intelligenza normale, senza evidenti
problemi neurologici, psichiatrici o rilevanti difficoltà socio-culturali. Per essere sicuri che un bambino presenti
una difficoltà nell’acquisizione del linguaggio bisogna innanzitutto documentare che la sua intelligenza nelle
componenti non verbali sia nella norma. Il bambino viene sottoposto a una sistematica valutazione del linguaggio
mediante l’utilizzazione di una scala dello sviluppo del linguaggio. Nella valutazione vengono misurate capacità
di comprensione, ripetizione e produzione a livello dei suoni, delle parole e delle frasi. Le valutazioni cliniche,
strumentali e linguistiche permettono di precisare meglio la diagnosi. La classificazione internazionale delle
malattie dell’Organizzazione mondiale della sanità contempla tre possibili disturbi specifici dello sviluppo del
linguaggio: il disturbo della comprensione del linguaggio, il disturbo dell’espressione del linguaggio, il disturbo
dell’articolazione del linguaggio. Il DSM-5 prevede 4 tipi di disturbi: il disturbo fonetico-fonologico, il disturbo
del linguaggio, il disturbo della comunicazione sociale e il disturbo della fluenza (balbuzie).
La rappresentazione lessicale delle parole è in connessione con la rete di conoscenze concettuali (sistema
concettuale) e con il sistema della produzione delle parole (il lessico fonologico d'uscita e il buffer fonemico).
Anche per quanto riguarda la scrittura sono state ipotizzate due vie:
o la prima utilizza delle procedure segmentali e permette di convertire la sequenza di fonemi in sequenze di
lettere secondo le regole di una data lingua (attraverso processi di conversione acustico-fonologici-ortografici)
e di scrivere parole regolari e non parole;
o la seconda via utilizza delle procedure lessicali e permette di trascrivere parole regolari e irregolari attraverso
l'accesso alle rappresentazioni lessicali e l'attivazione del lessico ortografico d'uscita.
2.La dislessia
La dislessia è un DSA della lettura. Essa rappresenta il più frequente disturbo dell'apprendimento scolastico. I
bambini con dislessia presentano uno sviluppo intellettivo e linguistico normale. Per poter fare una diagnosi di
dislessia è necessario effettuare una valutazione neuropsichiatrica, una valutazione dello sviluppo intellettivo (Q1)
e linguistico e una valutazione delle abilità di lettura (prove di lettura MT). In genere, la diagnosi di dislessia
viene posta in seconda elementare, anche se è possibile, mediante lo studio dei prerequisiti alla lettura, identificare
i bambini con probabile difficoltà nell'apprendimento della letto-scrittura già nella scuola dell'infanzia. Una delle
classificazioni più semplici è stata proposta da Dirk Bakker e riconosce tre tipi di dislessia.
1. La dislessia linguistica (Dislessia L). I bambini con dislessia L leggono con una velocità di lettura normale ma
commettono numerosi errori caratterizzati dalla sostituzione e dalla omissione di lettere c/o parole (assomiglia
alla dislessia fonologica);
2. La dislessia percettiva (Dislessia P). I bambini affetti da questa forma di dislessia leggono molto lentamente,
ma non commettono molti errori di lettura (assomiglia alla dislessia superficiale). Si ritiene che questa forma
dipenda da una difficoltà di accesso alla rappresentazione lessicale delle parole.
3. La dislessia mista (Dislessia M). I bambini affetti da questa terza forma di dislessia leggono lentamente e
commettono molti errori di omissione e/o sostituzione di lettere e di parole. Si tratta quindi di una forma
intermedia fra la dislessia L e la dislessia P.
L'identificazione di un deficit del calcolo aritmetico permette di descrivere le specifiche difficoltà e il livello
raggiunto dal bambino nelle varie prove.
5.il disturbo non verbale
Il disturbo non verbale dell'apprendimento è un disturbo dell'apprendimento che riguarda l'elaborazione e il
recupero delle informazioni visuo-spaziali. Esso è stato originariamente descritto da Helmer Myklebust come
Non-Verbal Learning Disability (NLD). I bambini con NLD, oltre a presentare un basso QI visuo-percettivo
hanno una ridotta memoria di lavoro visuo-spaziale, ridotte abilità visuo-costruttive e di coordinazione manuale
fine e spesso migliori capacità di lettura e minori capacità matematiche. Oltre alle scarse abilità pratiche questi
bambini presentano deficit nella sfera sociale e pragmatica. Non riescono a riconoscere il significato dei segnali
non verbali del volto, delle posture, della comunicazione non verbale (intonazione della voce, ironia, metafore
ecc.). I bambini con NLD a scuola manifestano difficoltà nelle abilità grafomotorie, nella lettura e nelle
competenze aritmetiche e matematiche. Hanno difficoltà nelle materie scientifiche, in geometria, disegno,
geografia e nella comprensione dei testi. Infatti, le carenze nel ragionamento visuo-percettivo si asso- ciano a un
deficit della rappresentazione mentale, una funzione cognitiva che è alla base di numerose discipline scolastiche.
L'NLD sembra essere associato a un alterato funzionamento delle lunghe fibre mieliniche che connettono
soprattutto le aree corticali dell'emisfero destro e, tramite il corpo calloso, sostengono lo scambio di informazioni
tra i due emisferi cerebrali. Molte affinità legano l'NLD con la sindrome di Asperger (AS); tuttavia, nei soggetti
con NLD non è presente una riduzione dell'intenzione comunicativa, né atteggiamenti ritualistici o stereotipie,
tratti tipici dei soggetti affetti da AS.
CAPITOLO 23: I DISTURBI EVOLUTIVI DELLA COORDINAZIONE MOTORIA
I disturbi evolutivi della coordinazione motoria sono noti anche come disturbi evolutivi della coordinazione o
come disprassia evolutiva. Si tratta di persistenti difficoltà nello sviluppo della pianificazione e coordinazione
motoria in soggetti con uno sviluppo intellettivo nella norma, che non presentano evidenti malattie neurologiche
che o psichiatriche. La disprassia evolutiva si caratterizza per uno sviluppo rallentato o alterato di pianificazione,
coordinamento ed esecuzione dei movimenti complessi, che determina goffaggine, lentezza e mancanza di
accuratezza nella realizzazione dei movimenti prossimali e distali (fini). I disturbi devono essere chiaramente
evidenti e intralciare significativamente le attività del la vita quotidiana e scolastica. I bambini con disturbo della
coordinazione motoria nella maggior parte dei casi si associano ad altri disturbi dell'età evolutiva come i disturbi
evolutivi del linguaggio, i disturbi specifici dell'apprendimento (dislessia) e i disturbi da deficit di attenzione /
iperattività (ADHD). I bambini affetti dalla disprassia evolutiva presentano un ritardo nelle normali tappe dello
sviluppo motorio, con alterazioni della motricità grossolana e fine (sia a livello degli arti sia nel sistema bucco-
facciale). Hanno significative difficoltà nell'esecuzione delle normali attività della vita quotidiana come indossare
i vestiti, allacciarsi le scarpe, svitare il tappo di una bottiglia, nelle attività scolastiche (scrittura, disegno) e nelle
attività sportive, dalle quali spesso vengono marginalizzati o esclusi.
1.Aspetti clinici
Si possono distinguere due tipi di disturbo della coordinazione motoria: con interessamento del distretto oro-
facciale e dei gesti (disprassie verbali e gestuali) e con interessamento di tutto il corpo (disprassie evolutive). Le
disprassie verbali sono caratterizzate da una grave difficoltà nell'articolazione del linguaggio. Si distinguono dai
disturbi fonetico-fonologici per la gravità e la persistenza della sintomatologia. I soggetti con questo deficit non
riescono ad apprendere e a eseguire gli schemi motori che permettono di produrre le parole le frasi e i discorsi.
Nonostante lunghi periodi di terapia del linguaggio, la loro produzione risulta molto limitata e scarsamente
intellegibile. Nei casi più gran vi i soggetti vengono addestrati all'uso delle lingue dei segni. Le disprassie gestuali
possono essere caratterizzate dalla difficoltà nell'espressione dei gesti rappresentazionali come i gesti di saluto e/o
dei gesti non rappresentazionali (che esprimono azioni non significative come le imitazioni di posture) e/o delle
sequenze gestuali (sequenze complete di azioni, come ad esempio prepararsi un panino). In genere i bambini con
un disturbo della coordinazione motoria (disprassie evolutive) vengono sottoposti a una visita per il persistere di
difficoltà nella pianificazione, coordinazione ed esecuzione dei movimenti grossolani e fini. La prima valutazione
consiste in un esame neurologico accurato al quale possono seguire, se necessario, indagini elettrofisiologiche e
neuroradiologiche. L'iter diagnostico prevede quindi una sistematica valutazione delle funzioni neuropsicologiche
con particolare attenzione alle funzioni sensori – motorie. Lo sviluppo motorio viene infine misurato con la
Movement Assessment Battery for Children (Movement ABC), una batteria standardizzata per la valutazione
motoria del bambino da 4 a 12 anni. Questa batteria è composta da due parti: una serie di test di performance (che
valutano la destrezza manuale, le abilità con la palla, l'equilibrio statico e l'equilibrio dinamico) e una checklist di
osservazione, che viene compilata da un adulto (genitore o insegnanti) e che valuta i comportamenti del bambino
in situazioni progressivamente più complesse e gli atteggiamenti in relazione alle sue difficoltà motorie. Per la
valutazione della disprassia verbale è stata realizzata, da Federica Bearzotti, Alessandro Tavano e dal sottoscritto,
una batteria standardizzata che studia le modalità di esecuzione (su ordine o imitazione) di gesti oro-bucco-facciali
di difficoltà crescente. L'insieme delle valutazioni (neurologiche, neurofisiologiche, neuroradiologiche,
neuropsicologiche) deve confermare la presenza di un disturbo evolutivo della coordinazione motoria e
contemporaneamente deve escludere la presenza di malattie neurologiche (malattie del sistema nervoso centrale
come: PCI, tumori, traumi cranici, malattie degenerative, epilessia; malattie neuromuscolari come: la distrofia
muscolare di Becker, la distrofia miotoni ca , la miotonia congenita ; o malattie miste periferiche e del sistema
nervoso centrale , come l'atassia di Friedreich ) . Rimane problematica la distinzione fra disprassia evolutiva e la
disfunzione neurologica minore (DNM). La DNM è difficoltà di coordinazione e manipolazione fine, disturbi
dell'apprendimento e del comportamento. Mentre la diagnosi di disprassia evolutiva viene posta utilizzando la
scala Movement ABC, la DNM viene definita attraverso la ricerca dei segni neurologici minori attraverso l'esame
neurologico di Touwen.
2.Neurofisiopatologia
Le disprassie evolutive le pe cause non sono note. Gli studi che provengono dalle neuroscienze sperimentali
suggeriscono che almeno tre sistemi possono essere potenzialmente coinvolti nella fisiopatologia delle disprassie
evolutive: i gangli della base, il cervelletto e la corteccia fronte-parietale. Si tratta di strutture coinvolte
nell'organizzazione, pianificazione ed esecuzione del movimento. Le strutture sensoriali, motorie e associative
della corteccia cerebrale (fronte- parietali) inviano informazioni allo striato (putamen e nucleo caudato). Lo striato
riceve inoltre afferenze dalla sostanza nera e da altre strutture del lobo limbico. Le informa zioni elaborate nello
striato vengono inviate al globo pallido, che a sua volta invia informazioni ai nuclei anteriori del talamo (dove
convergono anche le informazioni cerebellari), i quali controllano le strutture corticali del lobo frontale che
organizzano e pianificano il movimento (CAP. 16, PAR. 1). Questo elaborato circuito utilizza numerosi
neurotrasmettitori, quali: la dopamina, il glutammato, l'acido gamma-aminobutirrico (GABA), la sostanza P, la
dinorfina, le encefaline. È stato riscontrato che lo stress prenatale nei primati determina una riduzione cronica dei
neurotrasmettitori polipetidici (ad esempio le encefaline) responsabili sia del controllo motorio sia di quello
emozionale.
3.Interventi riabilitativi
Gli studi in letteratura indicano che i bambini con disturbi della coordinazione motoria necessitano
di opportuni trattamenti riabilitativi, sviluppati in genere dai terapisti della neuro e psicomotricità
dell'età evolutiva, per cercare di ridurre i loro deficit che altrimenti tendono a persistere. Nella
attività riabilitativa si cerca di stimolare l'integrazione sensoriale propriocettiva, tattile e vestibolare,
insieme a trattamenti di tipo cognitivo e a trattamenti basati sull'apprendimento di compiti specifici.
CAPITOLO 23: I DISTURBI EVOLUTIVI DELLA COORDINAZIONE MOTORIA
I disturbi evolutivi della coordinazione motoria sono noti anche come disturbi evolutivi della coordinazione o
come disprassia evolutiva. Si tratta di persistenti difficoltà nello sviluppo della pianificazione e coordinazione
motoria in soggetti con uno sviluppo intellettivo nella norma, che non presentano evidenti malattie neurologiche
che o psichiatriche. La disprassia evolutiva si caratterizza per uno sviluppo rallentato o alterato di pianificazione,
coordinamento ed esecuzione dei movimenti complessi, che determina goffaggine, lentezza e mancanza di
accuratezza nella realizzazione dei movimenti prossimali e distali (fini). I disturbi devono essere chiaramente
evidenti e intralciare significativamente le attività del la vita quotidiana e scolastica. I bambini con disturbo della
coordinazione motoria nella maggior parte dei casi si associano ad altri disturbi dell'età evolutiva come i disturbi
evolutivi del linguaggio, i disturbi specifici dell'apprendimento (dislessia) e i disturbi da deficit di attenzione /
iperattività (ADHD). I bambini affetti dalla disprassia evolutiva presentano un ritardo nelle normali tappe dello
sviluppo motorio, con alterazioni della motricità grossolana e fine (sia a livello degli arti sia nel sistema bucco-
facciale). Hanno significative difficoltà nell'esecuzione delle normali attività della vita quotidiana come indossare
i vestiti, allacciarsi le scarpe, svitare il tappo di una bottiglia, nelle attività scolastiche (scrittura, disegno) e nelle
attività sportive, dalle quali spesso vengono marginalizzati o esclusi.
1.Aspetti clinici
Si possono distinguere due tipi di disturbo della coordinazione motoria: con interessamento del distretto oro-
facciale e dei gesti (disprassie verbali e gestuali) e con interessamento di tutto il corpo (disprassie evolutive). Le
disprassie verbali sono caratterizzate da una grave difficoltà nell'articolazione del linguaggio. Si distinguono dai
disturbi fonetico-fonologici per la gravità e la persistenza della sintomatologia. I soggetti con questo deficit non
riescono ad apprendere e a eseguire gli schemi motori che permettono di produrre le parole le frasi e i discorsi.
Nonostante lunghi periodi di terapia del linguaggio, la loro produzione risulta molto limitata e scarsamente
intellegibile. Nei casi più gran vi i soggetti vengono addestrati all'uso delle lingue dei segni. Le disprassie gestuali
possono essere caratterizzate dalla difficoltà nell'espressione dei gesti rappresentazionali come i gesti di saluto e/o
dei gesti non rappresentazionali (che esprimono azioni non significative come le imitazioni di posture) e/o delle
sequenze gestuali (sequenze complete di azioni, come ad esempio prepararsi un panino). In genere i bambini con
un disturbo della coordinazione motoria (disprassie evolutive) vengono sottoposti a una visita per il persistere di
difficoltà nella pianificazione, coordinazione ed esecuzione dei movimenti grossolani e fini. La prima valutazione
consiste in un esame neurologico accurato al quale possono seguire, se necessario, indagini elettrofisiologiche e
neuroradiologiche. L'iter diagnostico prevede quindi una sistematica valutazione delle funzioni neuropsicologiche
con particolare attenzione alle funzioni sensori – motorie. Lo sviluppo motorio viene infine misurato con la
Movement Assessment Battery for Children (Movement ABC), una batteria standardizzata per la valutazione
motoria del bambino da 4 a 12 anni. Questa batteria è composta da due parti: una serie di test di performance (che
valutano la destrezza manuale, le abilità con la palla, l'equilibrio statico e l'equilibrio dinamico) e una checklist di
osservazione, che viene compilata da un adulto (genitore o insegnanti) e che valuta i comportamenti del bambino
in situazioni progressivamente più complesse e gli atteggiamenti in relazione alle sue difficoltà motorie. Per la
valutazione della disprassia verbale è stata realizzata, da Federica Bearzotti, Alessandro Tavano e dal sottoscritto,
una batteria standardizzata che studia le modalità di esecuzione (su ordine o imitazione) di gesti oro-bucco-facciali
di difficoltà crescente. L'insieme delle valutazioni (neurologiche, neurofisiologiche, neuroradiologiche,
neuropsicologiche) deve confermare la presenza di un disturbo evolutivo della coordinazione motoria e
contemporaneamente deve escludere la presenza di malattie neurologiche (malattie del sistema nervoso centrale
come: PCI, tumori, traumi cranici, malattie degenerative, epilessia; malattie neuromuscolari come: la distrofia
muscolare di Becker, la distrofia miotoni ca , la miotonia congenita ; o malattie miste periferiche e del sistema
nervoso centrale , come l'atassia di Friedreich ) . Rimane problematica la distinzione fra disprassia evolutiva e la
disfunzione neurologica minore (DNM). La DNM è difficoltà di coordinazione e manipolazione fine, disturbi
dell'apprendimento e del comportamento. Mentre la diagnosi di disprassia evolutiva viene posta utilizzando la
scala Movement ABC, la DNM viene definita attraverso la ricerca dei segni neurologici minori attraverso l'esame
neurologico di Touwen.
2.Neurofisiopatologia
Le disprassie evolutive le pe cause non sono note. Gli studi che provengono dalle neuroscienze sperimentali
suggeriscono che almeno tre sistemi possono essere potenzialmente coinvolti nella fisiopatologia delle disprassie
evolutive: i gangli della base, il cervelletto e la corteccia fronte-parietale. Si tratta di strutture coinvolte
nell'organizzazione, pianificazione ed esecuzione del movimento. Le strutture sensoriali, motorie e associative
della corteccia cerebrale (fronte- parietali) inviano informazioni allo striato (putamen e nucleo caudato). Lo striato
riceve inoltre afferenze dalla sostanza nera e da altre strutture del lobo limbico. Le informa zioni elaborate nello
striato vengono inviate al globo pallido, che a sua volta invia informazioni ai nuclei anteriori del talamo (dove
convergono anche le informazioni cerebellari), i quali controllano le strutture corticali del lobo frontale che
organizzano e pianificano il movimento (CAP. 16, PAR. 1). Questo elaborato circuito utilizza numerosi
neurotrasmettitori, quali: la dopamina, il glutammato, l'acido gamma-aminobutirrico (GABA), la sostanza P, la
dinorfina, le encefaline. È stato riscontrato che lo stress prenatale nei primati determina una riduzione cronica dei
neurotrasmettitori polipetidici (ad esempio le encefaline) responsabili sia del controllo motorio sia di quello
emozionale.
3.Interventi riabilitativi
Gli studi in letteratura indicano che i bambini con disturbi della coordinazione motoria necessitano
di opportuni trattamenti riabilitativi, sviluppati in genere dai terapisti della neuro e psicomotricità
dell'età evolutiva, per cercare di ridurre i loro deficit che altrimenti tendono a persistere. Nella
attività riabilitativa si cerca di stimolare l'integrazione sensoriale propriocettiva, tattile e vestibolare,
insieme a trattamenti di tipo cognitivo e a trattamenti basati sull'apprendimento di compiti specifici.
CAPITOLO 24 IL DISTURBO DELLO SPETTRO DELL’AUTISMO
1.Il disturbo dello spettro dell’autismo
Sono un insieme di sindromi caratterizzate da deficit nell’ambito delle interazioni sociali, della comunicazione,
del comportamento e dello sviluppo emozionale. Kanner definì questa sindrome come ‘’autismo infantile’’.
Attualmente i disturbi dello spettro sono considerati come alterazioni del neurosviluppo caratterizzate da una
compromissione in almeno tre aree:
o L’area delle relazioni sociali e dell’empatia;
o L’area della comunicazione verbale e non verbale;
o L’area del comportamento e della flessibilità mentale.
I disturbi dello spettro dell’autismo possono manifestarsi in bambini che non presentano alcuna apparente malattia
neurologica. Per queste ragioni sono state identificate forme di autismo sindromiche e forme dell’autismo
associate a malattia mitocondriali. In alcuni casi è stata ipotizzata l’esistenza di un fattore ambientale collegato
alla genesi del disturbo dello spettro dell’autismo, come ad esempio farmaci assunti in gravidanza, infezioni
virali…tutti i bambini che ne soffrono devono essere sottoposti ad una visita medica. Il disturbo dello spettro
dell’autismo è una severa alterazione dello sviluppo che si manifesta nella prima infanzia ed è caratterizzata da
una serie di sintomi:
o Anomalie nell’ambito nell’interazione sociale;
o Anomalie nell’ambito dell’intenzionalità comunicativa;
o Comportamenti stereotipati e immaginazione ristretta.
Il principale disturbo dei bambini con autismo consiste nel mancato sviluppo dell’interazione sociale. La
mancanza di una spinta ad interagire con l’altro si associa ad una difficoltà comunicativa. Presentano una ridotta
comunicazione emozionale sia nel volto che nella gestualità. Il sintomo che più si evidenzia è il mancato sviluppo
del linguaggio. Questo deficit può essere riconosciuto dal pediatra verso i 18 mesi. Il terzo gruppo di sintomi
riguarda la presenza di interessi ristretti e comportamenti ripetitivi o stereotipati. Spesso questi bambini
presentano interessi selettivi per oggetti, per questo diventa un interesse ossessivo. Nei bambini con autismo
anche lo sviluppo cognitivo è generalmente compromesso. La maggioranza ha un disturbo dello sviluppo
intellettivo. Alcuni soggetti con disabilità intellettiva presentano ambiti caratterizzati da competenze eccezionali;
questi soggetti vengono chiamati SAVANT e possono ricordare interi libri a memoria, o mostrano eccezionali
abilità. I soggetti affetti da autismo ad alto funzionamento presentano difficoltà nelle funzioni esecutive,
nell’ambito grafo-motorio, a livello della memoria del linguaggio, hanno difficoltà anche con il gioco. I deficit
riscontrati nei soggetti con autismo sono dovuti all’incapacità:
o Di attribuire stati mentali a sé stessi e agli altri;
o Insufficiente coerenza centrale che ostacola l’integrazione delle informazioni in unità significative;
o Difetti delle funzioni esecutive con difficoltà nell’organizzazione e pianificazione degli obiettivi, nel controllo
degli impulsi…
Tutti i soggetti con disturbi dello spettro dell’autismo presentano difficoltà nell’ambito della teoria della mente,
che consiste nella capacità di immaginare a che cosa gli altri pensano che stia pensando. Si tratta di un dispositivo
cognitivo che svolge un ruolo fondamentale nelle relazioni sociali umane. La precocità della diagnosi è uno degli
obiettivi prioritari. Il sospetto clinico di autismo deve essere formulato dalla famiglia, dal nido, dalla scuola o dal
pediatra. Queste figure devono essere informate sui segni precoci e sulle caratteristiche dei bambini affetti da un
ad. L’equipe di neuropsichiatria infantile deve definire le caratteristiche cognitivo-comportamentali del soggetto.
L’intervento precoce e intensivo è in grado di determinare significativi progressi linguistici. Gli interventi più
frequenti sono di tipo psicoeducativo, educativo e riabilitativo. L’intervento psicoeducativo più noto è treatment
and education of autistic si tratta di un progetto che integra l’attività a scuola e a casa con i genitori che vengono
formati. Viene data particolare attenzione alla strutturazione dell’ambiente, alla strutturazione del tempo e
all’utilizzo di strategie visive. Le associazioni con altri disturbi sono: comorbidità è la coesistenza di più patologie
nello stesso individuo. Evoluzione è una condizione nella quale il paziente può presentare un miglioramento. Solo
una piccola parte raggiunge l’autonomia sociale. Nei soggetti con disabilità intellettiva, l’autocontrollo può
diventare più precario e questi soggetti possono presentare crisi di aggressività. La terapia medica dell’autismo è
riservata alle situazioni più difficili e in presenza di comorbidità. In presenza di disturbi depressivi, frequenti in
adolescenza o in età adulta, può essere consigliata l’assunzione di farmaci della ricaptazione di serotonina.
2.La sindrome di asperger
Questa sindrome viene descritta nel 944 da Asperger, il quale inquadrò soggetti nell’ambito delle psicopatie
autistiche. Sul piano sociale si trattava di bambini sensibili, egocentrici… il linguaggio era parlato normalmente.
Gli individui con questa sindrome presentano difficoltà nelle relazioni, mancanza di reciprocità sociale-
emozionale, difficoltà nella condivisione di emozioni. Lo sviluppo intellettivo è nei limiti della norma o superiore
alla norma. Lo sviluppo motorio può essere ritardato e l’impaccio motorio frequente. Alcuni disturbi dello spettro
vengono considerati atipici soprattutto per quanto riguarda il loro esordio. Si manifesta entro 24 mesi. Il bambino
piccolo viene segnalato al pediatra perché non risponde ai richiami e non parla. Invece, quando i bambini
sembrano avere uno sviluppo normale fino a 3- 6 anni, dopo possono presentare una regressione delle funzioni
acquisite, nell’ambito dell’interazione sociale, del linguaggio, del comportamento.
CAPITOLO 25: DISTURBO DI DEFICIT DI ATTENZIONE/IPERATTIVITÀ
L’attenzione è una funzione cognitiva composta da diverse componenti. L’attenzione interviene nella regolazione
dell’attività mentale e del comportamento in sintonia con gli obiettivi cognitivi ed è coinvolta nel controllo nella
risoluzione dei problemi. Michael Posner ha proposto un modello dell’attenzione organizzato in tre componenti:
allerta, orientamento e attenzione volontaria. Queste devono considerarsi autonome.
1.Le tre componenti dell’attenzione
La capacità di essere vigili viene chiamata allerta. L’allerta si distingue dalle condizioni di attivazione che sono
considerate come stati di eccitabilità. Gli studi indicano che durante la condizione di allerta si attivano alcune
strutture del lobo frontale, corteccia anteriore del cingolo e del lobo parietale dell’emisfero centrale di destra.
L’attività del sistema di allerta è collegata con la liberazione del neurotrasmettitore, un nucleo del tronco
dell’encefalo che proietta numerose strutture corticali e sottocorticali. Il sistema di orientamento permette di
selezionare specifiche informazioni dall’insieme multiforme degli stimoli. Si tratta di un sistema collegato con il
controllo dei movimenti oculari. L’orientamento dell’attenzione può essere evidente oppure coperto.
L’orientamento dell’attenzione determina un’attivazione non soltanto delle strutture celebrali collegate con i
sistemi sensoriali, ma anche strutture associate alla memoria del lavoro e a quella dichiarativa. Le strutture
celebrali coinvolte nel sistema di orientamento dell’attenzione sono i collicoli superiori, il pulvinar, la giunzione
temporo-parietale ecc.… Il sistema di orientamento è collegato con la liberazione di acetilcolina. Nel cervello
sono presenti due sistemi preposti alla liberazione di acetilcolina: il complesso del prosencefalo basale che invia
fibre alla maggior parte della corteccia, e il complesso colinergico ponto-mesencefalico. L’attenzione volontari è
una delle principali funzioni del sistema esecutivo. Il sistema esecutivo si sviluppa nei bambini. Il sistema
esecutivo interviene nel monitoraggio e nella risoluzione dei conflitti, nel riconoscimento degli errori…
L’attenzione volontaria e il sistema esecutivo sono stati posti in relazione con il sistema metacognitivo,
responsabile del controllo della cognizione, e con la coscienza di ordine superiore, ovvero con la capacità di essere
allo stesso tempo coscienti degli stimoli ambientali. Le strutture celebrali collegate con il sistema esecutivo sono:
la ACC e la DLPFC. La ACC è stata divisa in due componenti: una porzione ventrale correlata con la regolazione
emozionale e una cognitiva. L’attenzione volontaria e l’autocontrollo sono stati collegati alla capacità di inibirei
comportamenti indesiderati. L’attività del sistema esecutivo è collegata con la liberazione della dopamina, questo
neurotrasmettitore viene introdotto: dal sistema nigrostriatale che interviene nella regolazione del movimento e dei
sistemi emozionali e cognitivi, e dal sistema mesolimbico coinvolto nella regolazione del piacere.
2.Le caratteristiche cliniche del deficit di attenzione/ iperattività
I bambini con disturbo di deficit/attenzione presentano un quadro sintomatologico caratterizzato dalla
disattenzione. I sintomi che fanno sospettare la presenza i un ADHD sono la fatica di mantenere attenzione,
irrequietezza, impulsività. Diagnosticare un ADHD non è semplice perché si tratta di una condizione clinica
complessa che presenta numerose caratteristiche comportamentali. I deficit attentivi comprendono:
o Difficoltà a prestare attenzione ai dettagli;
o La difficoltà a mantenere l’attenzione sui compiti e sul gioco;
o Difficoltà nel seguire le istruzioni;
o Difficoltà di organizzazione;
o Tendenza a perdere le cose;
o Distrazione;
o Sbadatezza.
Per essere una cosa sicura i sintomi della diagnosi ADHD devono comparire prima dei 12 anni ed essere
persistenti da più di 6 mesi. La sintomatologia deve aver causato una compromissione del funzionamento in due o
più contesti. La sintomatologia deve aver causato una compromissione del funzionamento in due o più contesti di
vita, non deve presentarsi nel corso di una shizofrenia e non deve dipendere da altre malattie. Vengono distinti tre
sottotipi: con disattenzione predominante: almeno sei sintomi di disattenzione e almeno sei di iperattività; con
iperattività-impulsiva o predominante almeno sei sintomi di iperattività e impulsività; manifestazione combinata
con almeno sei sintomi di disattenzione e almeno sei di impulsività. Nei soggetti affetti da ADHD sono state
documentate alterazioni nei geni responsabili della codificazione dei trasportatori e dei recettori della dopamina.
Anche i fattori ambientali sembrano rivestire un ruolo importante nello sviluppo di un ADHD. La storia clinics dei
bambini ADHD è abbastanza caratteristica. Numerosi di questi soggetti si presentano come bambini difficili,
molto irrequieti. In età prescolare sono presenti disturbi del sonno, litigiosità, scarsa percezione del pericolo ecc.
In età scolare diventa evidente la sintomatologia caratterizzata da: disattenzione, tendenza ad evitare compiti
impegnativi… Nell’adolescenza l’iperattività si attenua, ma spesso permangono deficit di attenzione e di
organizzazione del comportamento insieme ai problemi emotivi della condotta. Poiché numerosi bambini con
ADHD presentano rilevanti difficoltà scolastiche, spesso è necessario valutare lo sviluppo del linguaggio, le
abilità di letto-scrittura e quelle matematiche, al fine di escludere eventuali disturbi di linguaggio o disturbi
dell’apprendimento.
5.Comorbidità
Si parla di comorbidità quando un bambino è colpito da più di un tipo di patologia. L’elevata presenza di
comorbidità ha sollevato a più riprese che l’ADHD non sia una malattia distinta rispetto ad altre forme
patologiche, come ad esempio i disturbi dell’umore… questi dubbi possono chiariti con ricerche cliniche e
sperimentali.
6.Interventi
Nel caso in cui i bambini frequentano la scuola primaria, gli interventi devono prendere in considerazione i
bambini, genitori e la scuola. Per quanto riguarda i bambini, il progetto riabilitativo riguarda una serie di
trattamenti psicoeducativi specifici accanto a un potenziamento delle funzioni esecutive. Per i genitori sono
previsti dei corsi di parent training, nei quali vengono fornite informazioni e strategie per migliorare le modalità di
relazione e i comportamenti problema del bambino. Il coinvolgimento e l’intervento della scuola è molto
importante. Gli insegnanti devono prima di tutto capire la natura del problema, partecipare alla valutazione delle
difficoltà del bambino in ambito scolastico e ai progetti psicoeducativi. La terapia farmacologica degli ADHD si
basa sull’utilizzazione di diversi farmaci.
CAPITOLO 26: I DISTURBI DA TIC E LA SINDROME DI GILLES DE LA TOURETTE.
I tic sono dei movimenti, gesti o vocalizzazioni imprevisti che interrompono, per un breve periodo, il normale
comportamento. Si possono presentare i tic in forma transitoria o cronica.
o I tic motori sono delle contrazioni muscolari, veloci e involontarie, che interessano in genere alcuni muscoli
come del collo, del tronco e degli arti. Si distinguono i tic motori semplici dai tic motori complessi che
comprendono saltellamenti, roccamenti di varie parti del corpo, movimenti della lingua e delle labbra). In
alcuni casi i movimenti involontari complessi possono mimare gesti osceni (coproprassia).
o I tic vocali possono essere semplici, come lo schiarimento della voce, colpetti di tosse, sibili, fischi, tiri di
naso a vari suoni gutturali, oppure complessi come la ripetizione delle ultime parole o frasi ascoltate (ecolalia,
palilalia), oppure l'uso di espressioni oscene (coprolalia), insulti e bestemmie.
I tic non hanno uno scopo preciso (sono afinalistici), con la volontà è possibile bloccarli per un periodo più o
meno lungo, ma subito dopo tendono a ripresentarsi in maniera più intensa ed esplosiva. Nella maggioranza dei
casi sono preceduti da sensazioni premonitorie, come ad esempio il formicolio. Dopo l'espressione del tic, il
soggetto avverte in genere una sensazione di appagamento e soddisfazione. Nel sonno i sintomi tendono a ridurre
la loro intensità fino a scomparire. Le classificazioni delle malattie distinguono tre diversi disturbi da tic:
o Il disturbo da tic transitorio: Il disturbo da tic transitorio è caratterizzato dalla presenza di uno o più tic motori
o vocali, che interessano gli occhi, la faccia, il collo o gli arti superiori, con una durata della sintomatologia
inferiore ai 12 mesi. La sintomatologia viene esacerbata dallo stress e dalle emozioni;
o Il disturbo da tic persistente: Il disturbo persistente è caratterizzato da tic motori semplici, complessi o tic
vocali (ma non entrambi), con una durata della sintomatologia superiore a un anno. Nei bambini spesso si
associa a un disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD);
o La sindrome di Gilles de la Tourette: è una condizione caratterizzata da tic motori multipli e da uno o più tic
vocali, che possono giungere fino alla produzione di insulti e parolacce (coprolalia). I sintomi debbono essere
presenti per più di un anno.
La prima descrizione della sindrome fu fornita da un medico francese, Georges Gilles de la Tourette (1857-1904),
che descrisse un primo gruppo di pazienti, tra i quali figurava pure una marchesa (Dampierre) studiata
precedentemente da Jean-Marc-Gaspard Itard (1775-1838) e dal famoso neurologo Jean-Martin Charchot (1825-
1893). Spiegazione: La marchesa di Dampierre era nobildonna molto nota in Francia. Aveva ricevuto
un'educazione irreprensibile ed era una donna brillante. All'età di 7 anni aveva iniziato a presentare dei tic motori
(alla bocca, al viso, al collo e alle braccia), dopo qualche anno si erano aggiunti dei tic vocali, con improvvisi
scoppi di grida, latrati e sequele incontrollabili di oscenità e parolacce. Queste parole venivano pronunciate
all'improvviso, nel mezzo di una conversazione interessante, ed erano fonte di imbarazzo sia per la paziente che
per gli interlocutori. Questa sintomatologia contrastava con la sua intelligenza e le sue maniere distinte,
obbligandola a vivere segregata in casa per il tormento e la paura di esprimersi, involontariamente, in maniera
oscena. Alcuni studi hanno ipotizzato che anche il genio musicale Wolfgang Ama- deus Mozart (1756-1791) fosse
affetto dalla sindrome di Gilles de la Tourette. Mozart era, infatti, affetto da numerosi tic facciali e da movimenti
involontari corporei; presentava, inoltre, improvvisi scoppi di espressioni oscene, scherzi e inopportune battute
umoristiche (questa ipotesi è stata accolta nel film Amadeus di Miloš Forman, USA, 1984). Nei soggetti con
sindrome di Gilles de la Tourette l'esecuzione musicale riduce i disturbi, ad esempio, quando essi suonano il
pianoforte i tic tendono a scomparire. La sindrome di Gilles de la Tourette si associa frequentemente al disturbo
ADHD, alla depressione e al disturbo ossessivo-compulsivo. Tutte queste sindromi sono correlate a un alterato
funzionamento dei circuiti che collegano la corteccia cerebrale ai gangli della base (strutture tipiche del
movimento) e del talamo. A livello neurochimico la sindrome di Gilles de la Tourette sembra essere correlata con
un’eccessiva liberazione di dopamina. Queste alterazioni influenzano successivamente anche il sistema
noradrenergico, serotoninergico e il sistema degli oppioidi endogeni. Le cause dei tic e della sindrome di Gilles de
la Tourette non sono ancora note si ritiene dipenda da un disturbo ereditario. È stato ipotizzato e discusso il ruolo
di molti fattori: psicopatologici (stress), genetici, endocrinologici e perinatali (complicazioni del parto).
Particolare attenzione è stata rivolta al possibile ruolo che alcune infezioni streptococciche, attraverso la
formazione di anticorpi contro le strutture dei gangli della base, possono avere nella genesi della corea di
Sydenham, nella sindrome di Gilles de la Tourette e nel disturbo ossessivo-compulsivo. Nel trattamento dei
disturbi da tic, un momento fondamentale consiste nella conoscenza delle condizioni cliniche da parte dei genitori
e degli insegnanti ti che devono cercare, per quanto è possibile, di mantenere verso il bambino colpito un
atteggiamento gentile, comprensivo e non giudicante. Le situazioni di stress e di difficoltà tendono a cronicizzare
gli stimoli. A livello psicoterapeutico sono state sviluppate molte metodologie per ridurre la sintomatologia, molto
promettenti sono quelle che utilizzano il rilassamento, il controllo della respirazione e le tecniche di aumento della
consapevolezza. Nelle condizioni che provocano grave disagio vengono consigliati anche dei trattamenti
farmacologici che in genere si basano sulla utilizzazione di farmaci antipsicotici, che inibiscono l'azione della
dopamina. Attualmente, si preferisce somministrare il risperidone (Risperdal, Belivon) e l'aripiprazolo, poiché
causano una minore percentuale di sintomi extrapiramidali (rigidità, tremore, scarsa iniziativa). Sono stati
utilizzati anche di farmaci che agiscono sul sistema adrenergico (clonidina) e sull'inibizione della ricaptazione
della serotonina. Nei casi più gravi è stata suggerita l'applicazione stereotassica di stimolatori intracerebrali.
CAPITOLO 26: I DISTURBI DA TIC E LA SINDROME DI GILLES DE LA TOURETTE.
I tic sono dei movimenti, gesti o vocalizzazioni imprevisti che interrompono, per un breve periodo, il normale
comportamento. Si possono presentare i tic in forma transitoria o cronica.
o I tic motori sono delle contrazioni muscolari, veloci e involontarie, che interessano in genere alcuni muscoli
come del collo, del tronco e degli arti. Si distinguono i tic motori semplici dai tic motori complessi che
comprendono saltellamenti, roccamenti di varie parti del corpo, movimenti della lingua e delle labbra). In
alcuni casi i movimenti involontari complessi possono mimare gesti osceni (coproprassia).
o I tic vocali possono essere semplici, come lo schiarimento della voce, colpetti di tosse, sibili, fischi, tiri di
naso a vari suoni gutturali, oppure complessi come la ripetizione delle ultime parole o frasi ascoltate (ecolalia,
palilalia), oppure l'uso di espressioni oscene (coprolalia), insulti e bestemmie.
I tic non hanno uno scopo preciso (sono afinalistici), con la volontà è possibile bloccarli per un periodo più o
meno lungo, ma subito dopo tendono a ripresentarsi in maniera più intensa ed esplosiva. Nella maggioranza dei
casi sono preceduti da sensazioni premonitorie, come ad esempio il formicolio. Dopo l'espressione del tic, il
soggetto avverte in genere una sensazione di appagamento e soddisfazione. Nel sonno i sintomi tendono a ridurre
la loro intensità fino a scomparire. Le classificazioni delle malattie distinguono tre diversi disturbi da tic:
o Il disturbo da tic transitorio: Il disturbo da tic transitorio è caratterizzato dalla presenza di uno o più tic motori
o vocali, che interessano gli occhi, la faccia, il collo o gli arti superiori, con una durata della sintomatologia
inferiore ai 12 mesi. La sintomatologia viene esacerbata dallo stress e dalle emozioni;
o Il disturbo da tic persistente: Il disturbo persistente è caratterizzato da tic motori semplici, complessi o tic
vocali (ma non entrambi), con una durata della sintomatologia superiore a un anno. Nei bambini spesso si
associa a un disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD);
o La sindrome di Gilles de la Tourette: è una condizione caratterizzata da tic motori multipli e da uno o più tic
vocali, che possono giungere fino alla produzione di insulti e parolacce (coprolalia). I sintomi debbono essere
presenti per più di un anno.
La prima descrizione della sindrome fu fornita da un medico francese, Georges Gilles de la Tourette (1857-1904),
che descrisse un primo gruppo di pazienti, tra i quali figurava pure una marchesa (Dampierre) studiata
precedentemente da Jean-Marc-Gaspard Itard (1775-1838) e dal famoso neurologo Jean-Martin Charchot (1825-
1893). Spiegazione: La marchesa di Dampierre era nobildonna molto nota in Francia. Aveva ricevuto
un'educazione irreprensibile ed era una donna brillante. All'età di 7 anni aveva iniziato a presentare dei tic motori
(alla bocca, al viso, al collo e alle braccia), dopo qualche anno si erano aggiunti dei tic vocali, con improvvisi
scoppi di grida, latrati e sequele incontrollabili di oscenità e parolacce. Queste parole venivano pronunciate
all'improvviso, nel mezzo di una conversazione interessante, ed erano fonte di imbarazzo sia per la paziente che
per gli interlocutori. Questa sintomatologia contrastava con la sua intelligenza e le sue maniere distinte,
obbligandola a vivere segregata in casa per il tormento e la paura di esprimersi, involontariamente, in maniera
oscena. Alcuni studi hanno ipotizzato che anche il genio musicale Wolfgang Ama- deus Mozart (1756-1791) fosse
affetto dalla sindrome di Gilles de la Tourette. Mozart era, infatti, affetto da numerosi tic facciali e da movimenti
involontari corporei; presentava, inoltre, improvvisi scoppi di espressioni oscene, scherzi e inopportune battute
umoristiche (questa ipotesi è stata accolta nel film Amadeus di Miloš Forman, USA, 1984). Nei soggetti con
sindrome di Gilles de la Tourette l'esecuzione musicale riduce i disturbi, ad esempio, quando essi suonano il
pianoforte i tic tendono a scomparire. La sindrome di Gilles de la Tourette si associa frequentemente al disturbo
ADHD, alla depressione e al disturbo ossessivo-compulsivo. Tutte queste sindromi sono correlate a un alterato
funzionamento dei circuiti che collegano la corteccia cerebrale ai gangli della base (strutture tipiche del
movimento) e del talamo. A livello neurochimico la sindrome di Gilles de la Tourette sembra essere correlata con
un’eccessiva liberazione di dopamina. Queste alterazioni influenzano successivamente anche il sistema
noradrenergico, serotoninergico e il sistema degli oppioidi endogeni. Le cause dei tic e della sindrome di Gilles de
la Tourette non sono ancora note si ritiene dipenda da un disturbo ereditario. È stato ipotizzato e discusso il ruolo
di molti fattori: psicopatologici (stress), genetici, endocrinologici e perinatali (complicazioni del parto).
Particolare attenzione è stata rivolta al possibile ruolo che alcune infezioni streptococciche, attraverso la
formazione di anticorpi contro le strutture dei gangli della base, possono avere nella genesi della corea di
Sydenham, nella sindrome di Gilles de la Tourette e nel disturbo ossessivo-compulsivo. Nel trattamento dei
disturbi da tic, un momento fondamentale consiste nella conoscenza delle condizioni cliniche da parte dei genitori
e degli insegnanti ti che devono cercare, per quanto è possibile, di mantenere verso il bambino colpito un
atteggiamento gentile, comprensivo e non giudicante. Le situazioni di stress e di difficoltà tendono a cronicizzare
gli stimoli. A livello psicoterapeutico sono state sviluppate molte metodologie per ridurre la sintomatologia, molto
promettenti sono quelle che utilizzano il rilassamento, il controllo della respirazione e le tecniche di aumento della
consapevolezza. Nelle condizioni che provocano grave disagio vengono consigliati anche dei trattamenti
farmacologici che in genere si basano sulla utilizzazione di farmaci antipsicotici, che inibiscono l'azione della
dopamina. Attualmente, si preferisce somministrare il risperidone (Risperdal, Belivon) e l'aripiprazolo, poiché
causano una minore percentuale di sintomi extrapiramidali (rigidità, tremore, scarsa iniziativa). Sono stati
utilizzati anche di farmaci che agiscono sul sistema adrenergico (clonidina) e sull'inibizione della ricaptazione
della serotonina. Nei casi più gravi è stata suggerita l'applicazione stereotassica di stimolatori intracerebrali.
CAPITOLO 31: IL DISTURBO POST-TRAUMATICO DA STRESS
I traumi sono eventi accidentali, inattesi e violenti in grado di ledere l'integrità fisica, psichica ed emotiva di una
persona. Possono essere unici o ripetuti. Nel caso dei soggetti in età evolutiva, i traumi sono in grado di alterare il
normale sviluppo affettivo, cognitivo e sociale. Tutti i più grandi psicopatologi, inclusi Jean - Martin Charcot,
Pierre Janet e Sigmund Freud, hanno riconosciuto il ruolo che i traumi fisici, psichici e sessuali possono svolgere
nella genesi delle sofferenze psicologiche e delle malattie psichiatriche.
1.Sintomi del disturbo post-traumatico da stres
Si parla di disturbo acuto dello stress quando i sintomi compaiono dopo 3 giorni fino a un mese dal trauma. Nel
caso i sintomi siano presenti dopo un mese dal trauma si parla di DPTS. Sei criteri definiscono il DPTS:
1. Evento traumatico: il soggetto deve essere stato esposto a una minaccia di morte, oppure a una possibile grave
lesione o a violenza sessuale (facendo esperienza diretta del trauma, assistendo a un evento accaduto ad altri,
venendo a conoscenza di una tale esperienza capitata a un amico familiare);
2. Ripetizione: La presenza di ricordi ricorrenti, involontari e intrusivi dell'evento traumatico nella veglia o nel
sogno. Inoltre, è presente intensa e prolungata sofferenza psicologica, con marcate reazioni fisiologiche di
stress a fattori scatenanti che possono associarsi al trauma;
3. Evitamento: Tentativo di evitare qualsiasi aspetto psicologico o ambientale associato all'evento traumatico;
4. Alterazioni del pensiero e dell'umore : I pazienti presentano uno stato di allerta, associato a uno stato emotivo
negativo, riduzione degli interessi, incapacità a provare emozioni positive;
5. Durata dei sintomi e problemi comportamentali: I sintomi descritti nei criteri 2,3 e 4 devono essere presenti da
più di un mese. A livello comportamentale sono presenti: irritabilità, esplosioni di rabbia, ipervigilanza,
atteggiamenti spericolati, problemi di concentrazione e difficoltà nel sonno;
6. Disagio clinico: La sintomatologia ha compromesso significativamente le capacità lavorative, sociali e il
benessere del paziente.
I soggetti che hanno subito un trauma fisico, sessuale o psicologico presentano una difficoltà, infatti, per la
maggior parte del temo possono essere liberi da sintomi, a volte, senza alcuna ragione, possono presentare
comportamenti aggressivi, regressivi o irrazionali. Si ritiene che particolari stimoli possano riattivare condizioni e
reazioni simili a quelle capitate durante gli episodi traumatici. A livello psicologico questi soggetti tendono a
sviluppare delle " discontinuità " nel tempo, nella memoria (amnesie). L'individuo cerca di rispondere ai traumi
mediante l'allontanamento dalla sua vita mentale delle memorie riguardanti le circostanze e gli eventi traumatici
(dissociazione). Quando le violenze sono state perpetuate dai genitori, le vittime presentano problemi ancora
maggiori di integrazione mentale. Nei bambini la sintomatologia del DPTS si manifesta attraverso comporta menti
regressivi, introversi o iperattivi. La ripetizione del trauma avviene principalmente nei sogni caratterizzati da
incubi, con mostri, inseguimenti e feri menti. Il trauma può essere rievocato anche attraverso il gioco, i disegni e
l'espressione verbale. Spesso i bambini manifestano sintomi somatici (mal di testa e mal di stomaco) e paure
collegate agli eventi traumatici. Negli adolescenti con DPTS possono essere presenti comportamenti antisociali,
sintomi dissociativi, disturbi alimentari, comportamenti antisociali, autolesionistici e abuso di sostanze
psicoattive.
2.Epidemiologia e comorbidità
Nei bambini più piccoli il DPTS tende ad associarsi (anche in relazione causale) al disturbo da deficit di
attenzione/iperattività (ADHD) e ai disturbi d’ansia. Nei bambini più grandi e negli adolescenti si associa ai
disturbi della condotta, al disturbo depressivo maggiore, ai disturbi d’ansia, ai disturbi della sfera sessuale, ai
disturbi psicotici e all'abuso di sostanze. I maltrattamenti fisici, psicologici, sessuali e la trascuratezza (condizioni
di abuso) sono conosciuti come la causa di un DPTS in età evolutiva. Gli Stati Uniti d'America riportano la più
alta percentuale di abuso in età evolutiva. I fattori di rischio del maltrattamento infantile dipendono sia da variabili
familiari (giovane età dei genitori, immaturità psichica, malattie psichiatriche, abuso di sostanze psicotrope, storia
di abusi familiari) sia da variabili culturali e ambientali come famiglie numerose, omertà e complicità dei familiari
con l’aggressore, povertà, condizioni di violenza diffuse). Come è stato detto le situazioni di maltrattamento e di
abuso in età evolutiva sono coinvolte nella patogenesi di numerose con dizioni psicopatologiche quali, ad
esempio, il DPTS, il disturbo dissociativo, le somatizzazioni, i disturbi di personalità, l’ansia, l’iperattività, i
disturbi della condotta, i disturbi del tono dell'umore , i disturbi della sfera sessuale e l'abuso di sostanze
psicoattive.
3.Effetti neurobiologici e psicologici dello stress
Le situazioni di pericolo, fisico o psichico (paura) attivano l'asse dello stress. Cosa si intende per stress? Per stress
si intende qualsiasi stimolo o evento mentale in grado di attivare l'asse ipofisi-sistema adrenergico. Una grande
varietà di fattori emozionali è in grado di attivare la liberazione dell'ormone rilasciante la corticotropina (CRF) da
parte del nucleo paraventricolare dell’ipotalamo. Questa sostanza ha un importante effetto ansiogeno. Una volta
liberata dalle cellule dell'ipotalamo il CRF raggiunge l'ipofisi anteriore e determina il rilascio dell'ormone
adrenocorticotropo (ACTH). Questo ormone viene liberato nel sangue e raggiunge la componente corticale del
surrene facendo rilasciare il cortisolo. Il cortisolo è un ormone di fondamentale importanza nelle situazioni di
emergenza perché rende disponibili risorse energetiche (glucosio) bloccando contemporanea mente l'attività di
difesa e di riparazione dell’organismo. Nel cervello vi sono numerosi recettori del cortisolo a livello
dell’ippocampo. Inoltre, il CRF attiva la liberazione di noradrenalina a livello del sistema nervoso centrale e
attraverso il sistema nervoso simpatico determina la liberazione di adrenalina da parte della componente midollare
del surrene. Anche l'adrenalina prepara l'organismo al combatti mento o alla fuga spostando il flusso sanguigno
dai visceri (digestione) al sistema muscolare. Nella sindrome post-traumatica da stress vi è un'alterata regolazione
dei sistemi psicofisiologici di reazione alle situazioni di pericolo. L'asse dello stress ipotalamo - ipofisi - surrene
subisce delle modificazioni che riflettono un'esagerata sensibilità ai meccanismi di feedback (con alterati livelli di
cortisolo e catecolamine). L'insieme delle modificazioni dell'asse dello stress determina un'iperattivazione del
sistema adrenergico e dei sistemi che favoriscono l'infiammazione (con un aumento delle citochine
proinfiammatorie). A livello neuropsicologico nei pazienti affetti da DPTS sono stati evidenziati quadri di
anormale funzionamento delle aree prefrontali mediali, dell'amigdala e di numerose altre strutture del lobo
limbico. I pazienti con DPTS possono presentare deficit a livello attentivo, della memoria autobiografica, dello
stato di coscienza. Attraverso la dissociazione gli individui che hanno subito un trauma cercano di separare (e se è
possibile eliminare) a livello mentale le circostanze e gli eventi traumatici dalla vita ordinaria; tuttavia, questi
eventi tendono in varie maniere a riaffiorare. Altre volte i soggetti ricordano benissimo quanto è accaduto ma si
sono allontanati affettivamente dai traumi.
4.Trattamento
Nel trattamento devono essere identificati e curati gli eventuali concomitanti disturbi del sonno, dell'alimentazione
e dell’umore. Viene consigliata, a seconda del tipo di trauma, una psicoterapia individuale, della famiglia o di
gruppo. Per ridurre l'ansia e la depressione vengono utilizzati gli inibitori della ricaptazione della serotonina
(citalopram); per ridurre lo stato di allerta e l'agitazione i beta-bloccanti (propranololo); per attenuare il senso di
paura persistente e indiscriminato gli antipsicotici (risperidone); infine, nei casi di disregolazione affettiva può
essere consigliata una terapia a base di acido valproico. Negli abusi fisici, sessuali e psicologici dell'età evolutiva
è molto importante l'identificazione precoce e la prevenzione (interventi psicosociali). È noto che le condizioni di
abuso fisico e sessuale sono collegate a situazioni di disagio economico e sociale, come ad esempio la miseria e
l’alcolismo. L'identificazione precoce di queste condizioni permette di proteggere il bambino da nuovi e ripetuti
episodi di violenza e d'instaurare degli interventi psicoterapeutici sulla vittima e sugli altri componenti della
famiglia coinvolti. La prevenzione delle violenze all'interno della famiglia e della società possono essere
realizzate con una rivoluzione del sistema educativo generale che coinvolga i genitori, gli insegnanti e la società.
Lo sviluppo degli individui non può basarsi soltanto sull'aumento delle competenze cognitive, ma dovrebbe avere
a cuore anche lo sviluppo emozionale ed esistenziale.
CAPITOLO 32: I DISTURBI DISSOCIATIVI E I DISTURBI DA SINTOMI SOMATICI
La dissociazione rappresenta una delle modalità di funzionamento e di difesa Pierre Jane della psiche più rilevanti.
La sua importanza fu evidenziata da Pierre Janet, medico e filosofo francese. In una delle sue prime ricerche Janet
studiò una giovane paziente di 19 anni, Scrittura Lucie, che soffriva di una paralisi isterica a un braccio associata a
un'anestesia della mano. Lucie era inoltre tormentata da estrema ansia e da accessi di terrore. Se interrogata, non
sapeva spiegare l'origine dei suoi sintomi. Per comprenderne l'origine Janet impiegò la scrittura automatica, una
pratica sviluppata all'interno dello spiritismo. Questa tecnica consisteva nel mettere una penna nella mano
insensibile della paziente e, mentre un collaboratore conversava con lei, Janet alle sue spalle le sussurrava delle
domande. Lucie non sembrava accorgersi delle domande poste da Janet ma, senza interrompere la comunicazione,
cominciò a scrivere. Descrisse che da bambina era stata ripetutamente sottoposta a episodi che le avevano causato
intensa paura. La coscienza si era frammentata e il ricordo degli eventi paurosi era stato segregato nell'inconscio.
Sebbene Lucie non fosse capace di raccontare la sua storia, una parte "dissociata" della sua mente era in grado di
scriverla. Secondo Janet, l'origine dei sintomi psicopatologici è dovuta alla presenza di pensieri e memorie
inconsce che hanno un'origine traumatica. Per comunicare con le componenti della mente non accessibili alla
coscienza (dissociate), Janet utilizzò oltre alla scrittura automatica anche l’ipnosi. Con questa tecnica studiò non
soltanto l'origine dei sintomi, ma ideò una serie di strategie psicoterapeutiche atte a modificare la memoria degli
episodi traumatici, facilitandone così la guarigione.
1.Lapsicopatologia dissociativa
La dissociazione consiste in una disconnessione delle funzioni della coscienza, della memoria, dell'identità e della
percezione dell’ambiente, solitamente integrate. Pierre Janet è stato uno dei primi psicologi moderni a riconoscere
il collegamento tra la dissociazione patologica e i traumi fisici, psichici o sessuali. Lo psicologo americano
William James riteneva che la dissociazione rappresentasse una modalità di funzionamento della mente presente
sia nelle persone normali sia nelle condizioni patologiche. Janet, invece, riteneva che la dissociazione fosse una
modalità di funzionamento patologico della mente e che i soggetti con dissociazione patologica fossero differenti
dalla popolazione generale. La dissociazione è una risposta difensiva a un trauma travolgente, che per mette di
ridurre l'ansia e il conflitto psicologico. Opera attraverso l’automatizzazione, la compartimentalizzazione e
l'alterazione dell'identità:
o L'automatizzazione dissociativa comprende episodi di comportamento automatico non controllato dalla
coscienza.
o La compartimentalizzazione consiste nella separazione tra aree di consapevolezza e memoria. Questo
processo sembra essere collegato alla normale modalità d'immagazzinamento e recupero delle memorie. La
compartimentalizzazione offre a un individuo un meccanismo per immagazzinare e recuperare informazioni
emotivamente cariche. Tuttavia, non è un meccanismo perfetto. Le emozioni e i ricordi collegati al trauma
irrompono periodicamente nella consapevolezza normale.
o Tutti i disturbi dissociativi provocano forme di alterazione dell'identità. I soggetti avvertono un senso
ricorrente di distacco dal proprio sé, fino a fenomeni di fuga dissociativa o alla presenza di identità differenti
nello stesso individuo. I disturbi dissociativi sono dunque associati a un'alterazione dell'attenzione che
impedisce ad alcune informazioni di entrare nel flusso della coscienza. Di fronte a una minaccia mortale,
quando non è possibile la fuga, gli animali attuano una risposta di inibizione motoria (definita congelamento)
unita a un blocco della sensibilità (perdita della sensibilità tattile, anestesia, anedonia). La reazione di
immobilizzazione disorienta il predatore, abituato a cacciare e uccidere animali in movimento, risparmiando
talvolta la vittima. L'evento traumatico provoca inoltre un blocco dell'apprendimento e della memoria
episodica, con una sensibilizzazione della memoria implicita riferita ai contesti della minaccia mortale.
Nel 1960 è stata scoperta la prima benzodiazepina (BDZ), il clordiazepossido, una classe di farmaci con un
marcato effetto ansiolitico. Nella genesi e nel controllo dell'ansia sono coinvolti, oltre al GABA (acido gamma-
aminioburridico), numerosi altri neurotrasmettitori, come l'adrenalina, la noradrenalina, la dopamina e la
serotonina. Come è stato già detto, in una condizione di pericolo l'ipotalamo e l'ipofisi liberano due ormoni (il
CRF e l'ormone adrenocorticotropo, ACTH) che regolano la liberazione di adrenalina dal surrene e di
noradrenalina nel cervello. Questi neurotrasmettitori permettono all'organismo di prepararsi all'attacco o alla fuga
(aumento del sangue ai muscoli, tachicardia, aumento della pressione arteriosa) insieme a una reazione attentiva di
allerta. L'ansia cronica sembra invece correlata con la dopamina e la serotonina. Lo stress cronico provoca infatti
un'alterazione delle metaboli smo della dopamina nella corteccia prefrontale mediale; mentre la serotonina sembra
svolgere un ruolo inibitorio sulla funzione noradrenergica soprattutto sulla corteccia orbitofrontale e su alcuni
nuclei del tronco dell'encefalo.
2.Classificazione, epidemiologica e cause
Attualmente, le classificazioni più diffuse (la Classificazione internazionale delle malattie, ICD e il DSM) preve
dono i seguenti disturbi:
o il disturbo d'ansia da separazione;
o il mutismo selettivo;
o le fobie specifiche;
o il disturbo d'ansia sociale (fobia sociale);
o il disturbo di panico;
o l'agorafobia;
o il disturbo d'ansia generalizzato.
Per effettuare la diagnosi la sintomatologia deve essere persistente (deve durare in genere sei mesi o più), inoltre il
disturbo deve causare una compromissione significativa del funzionamento in ambito sociale, scolastico e in altre
aree del comportamento. Un dato importante è, da una parte, la possibile contiguità tra i disturbi d'ansia del
bambino e le patologie ansiose dell'età adulta, dall'altra parte è l'associazione (comorbidità) fra i disturbi d'ansia e
altri importanti disturbi psicopatologici dell'età evolutiva, come ad esempio i disturbi dell'umore (disturbo
depressivo e bipolare) e il disturbo da deficit di attenzione / iperattività.
Le cause dei disturbi d'ansia sono molto complesse. È stato evidenziato che i fattori genetici giocano un ruolo
importante ma non definitivo. Molto importanti sono anche gli stili educativi che determinano le differenti
modalità di attaccamento e che influenzano lo sviluppo dell'autostima e le strategie con cui vengono affrontati e
risolti le difficoltà della vita. Da un punto di vista evolutivo l'ansia e la paura operano come un segnale della
vulnerabilità di un individuo di fronte a un possibile pericolo. Fra le interpretazioni psicologiche più note la
psicoanalisi freudiana ha sostenuto che l'ansia è il risultato di uno scontro tra i desideri inconsci sessuali e
aggressivi provenienti dall'Es e le corrispondenti minacce di punizione da parte del Super - Io. L'ansia sarebbe
dunque un segnale della presenza di un pericolo proveniente dall'inconscio. Per Carl Gustav Jung l'ansia è il
risultato di un conflitto tra la coscienza e alcune istanze archetipiche che dall'inconscio collettivo sollecitano
l'individuo a iniziare il processo di individuazione.
3.Disturbo d’ansia da separazione
La caratteristica principale del disturbo consiste nella preoccupazione a separarsi dalle figure di riferimento (ansia
da separazione) e a lasciare la casa, con ansia anticipatoria e condotte di evitamento. L'ansia è riferita a pericoli
specifici: incidenti, rapimenti, aggressioni, morte, oppure a vaghe preoccupazioni. Questi bambini possono
presentare un marcato rifiuto di andare a scuola, con sensazione di malessere che precede la separazione e / o
manifestazioni di panico alla separazione dai genitori. È frequente, inoltre, la presenza di sintomi somatici (mal di
pancia) la mattina, con ripetute visite dal pediatra. Altre volte possono presentare paura a dormire lontano da casa,
incubi e paure legate a possibili calamità o il timore che accada qualcosa di dannoso ai genitori. L'ansia da
separazione è favorita dalla presenza di genitori affetti da disturbi affettivi (ansia, depressione), da una madre che
ha paura a rendere autonomo il figlio, oppure da disaccordo all'interno della coppia genitoriale. Nei bambini più
piccoli la sintomatologia si manifesta non appena la madre si allontana e può manifestare un comportamento
regressivo, parlando in maniera da solo dalla madre. Negli adolescenti sono frequenti le somatizzazioni e i
comportamenti provocatori per attirare l'attenzione dei genitori. Il disturbo d'ansia da separazione può evolvere in
età adulta nel disturbo di panico, nell'agorafobia oppure in un disturbo essere compreso dell’umore.
4.Mutismo selettivo
La condizione di mutismo selettivo si caratterizza per la costante incapacità di parlare in situazioni sociali (a
scuola) mentre a casa con i genitori e i parenti più stretti i pazienti sono in grado di esprimersi correttamente. I
bambini affetti da mutismo selettivo non si esprimono né rispondono alle domande, spesso utilizzano la scrittura
per comunicare con gli insegnanti e con i compagni. Si tratta di bambini che presentano un'elevata ansia sociale,
eccessiva timidezza, imbarazzo sociale, tendenza al ritiro e all'isolamento. Di solito la sintomatologia si manifesta
prima dell'inizio della scuola primaria.
5.Fobia specifica
La parola " fobia " deriva dalla divinità greca Phobos, il dio che incuteva paura e terrore nei suoi nemici facendoli
fuggire. Si tratta di una paura esagerata persistente. I soggetti colpiti da fobia specifica, quando non sono posti di
fronte allo stimolo, riconoscono che la loro paura è esagerata e irrazionale. Tuttavia, quando sono costretti a
fronteggiare l'oggetto o la situazione che è la fonte della fobia, avvertono un senso di ansia crescente e a una
specifica condizione fisiologica che si accompagna al desiderio di fuga di allarme (tachicardia, vertigini, nausea,
sudorazione abbondante). Gli stimoli o le situazioni che suscitano paura o spavento possono essere: animali;
ambienti naturali; sangue, iniezioni, ferite; stimoli; altro come paura di soffocare, paura di vomitare, paura delle
maschere, paura dei rumori forti. In genere le persone affette da fobie specifiche temono due o più stimoli e / o
situazioni. Si ritiene che circa il 6 % della popolazione presenti una fobia specifica.
6.Disturbo d’ansia sociale
È una condizione nella quale il soggetto prova un’ansia intensa nelle situazioni sociali di interazione con persone
nuove, sconosciute, che ritiene lo possano giudicare o umiliare. Si parla di fobia sociale in età evolutiva quando
un bambino presenta forte ansia e condotte di evitamento nelle condizioni d’interazione sociale. L’ansia e la paura
sono intense, sproporzionate al contesto e persistenti. È stato riscontrato che i soggetti che soffrono di fobia
sociale si sentono continuamente osservati e giudicati dagli altri. I bambini con questo disturbo hanno difficoltà a
riconoscere le espressioni facciali emozionali e provano ansia mentre guardano il volto degli interlocutori. Per
questa ragione evitano di guardare gli altri negli occhi e hanno paura di essere guardati. Ciò che scatena l’ansia
sociale sembra un’anticipazione della vergogna. La vergogna è la riattivazione di una esperienza di
disconnessione sociale. Questo complesso è collegato al ricordo di un’esperienza negativa come la perdita della
mamma. La fobia sociale può essere causata dal rifiuto scolastico. Negli adolescenti la sintomatologia assomiglia
a quella degli adulti; essi presentano ansia di fronte agli estranei, poiché temono di essere giudicati. In queste
circostanze alcuni adolescenti possono imparare a usare droghe o alcol per facilitare la comunicazione sociale
7.Disturbo di panico
Il disturbo di panico è caratterizzato da ricorrenti attacchi di panico inaspettati. A livello fisico ha sensazioni di
mancanza d’aria, vertigini, palpitazioni…durante gli intervalli evita le condizioni che possono scatenarli. La
prevalenza è bassa nei soggetti con meno di 14anni. Nei soggetti colpiti è stata evidenziata un’eccessiva risposta
agli agenti che stimolano la respirazione dell’anidride carbonica, il lattato di sodio, e la colecistochinina. A livello
psicologico questo disturbo si associa a stili di attaccamento insicuri, all’ansia di separazione e al disturbo
depressivo maggiore.
8.Agorafobia
È una condizione clinica caratterizzata dalla presenza di paura o ansia marcate durante l’utilizzazione di trasporti
pubblici, quando ci si trova in spazi aperti, stare tra la folla o stare fuori di casa da soli.
9.Disturbo d’ansia generalizzato
È una condizione nella quale il paziente presenta una eccessiva preoccupazione per l’adeguatezza dei
comportamenti del passato; abbiamo irrequietezza, difficoltà ad addormentarsi, irritazione. Poiché i disturbi
d’ansia sono tra le condizioni psicopatologiche più diffuse, sia in età evolutiva, sia in età adulta a un primo livello
è importante informare con una terminologia comprensibile genitori e il bambino del tipo del problema. Oltre a
questi consigli è necessario ricorrere a un trattamento psicoterapeutico più o meno breve. Nei casi in cui il
trattamento psicoterapeutico non sia sufficiente, si può associare una specifica terapia farmacologica.
CAPITOLO 34: IL DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO
Si tratta di una condizione psicopatologica abbastanza comune, sia in età evolutiva che adulta, caratterizzata dalla
presenza di ossessioni e compulsioni. Le ossessioni sono dei comportamenti coatti che vengono realizzati nel
tentativo di esorcizzare ansia o paure causate dalle ossessioni. I soggetti che sono affetti da disturbi ossessivo-
compulsivo sono in genere consapevoli che le loro ossessioni siano delle intrusioni di pensieri o immagini, ma la
loro paura è estremamente reale. Questi soggetti si differenziano dal disturbo della personalità ossessivo-
compulsivo che è meno invalidante poiché le ossessioni e le compulsioni vengono vissute addirittura come
situazioni corrette.
1.Sintomatologia
Nel DOC sono presenti pensieri impropri che il soggetto non ritiene piacevole, queste condizioni possono
compromettere le abituali relazioni interpersonali del bambino. I soggetti devono riconoscere le OSSESSIONI
come intrusive, che occupano tempo e che possono compromettere il proprio funzionamento provocando
malessere. I contenuti delle ossessioni hanno a che fare con:
o Temi aggressivi (la paura di provocare lesione a sé e agli altri);
o Ossessione di ordine e simmetria (disposizione degli oggetti per forma e colore);
o Ossessione di contaminazione e di pulizia (paura di contaminarsi toccando oggetti, persone…)
Le compulsioni sono delle azioni che il soggetto non può non fare per prevenire un disagio o evitare un qualche
evento terribile. La persona spesso riconosce che il suo comportamento è eccessivo, anche perché rappresenta una
perdita di tempo e può compromettere il suo disfunzionamento generando malessere. La maggioranza dei soggetti
affetti da DOC presenta sia ossessioni che compulsioni. Nel DOC è opportuno distinguere due livelli: quello delle
manifestazioni cliniche da quello dei contenuti, cioè dai contenuti dei pensieri che provocano paura e angoscia.
2.Eziologia e comorbidità
La causa di questo disturbo non è ancora nota. Vi è una predisposizione genetica perché la probabilità di contrarre
la malattia è più alta nei parenti di un soggetto affetto, rispetto alla popolazione controllo. Il DOC è la nevrosi più
correlata alle alterazioni strutturali e funzionali del sistema nervoso. Numerosi soggetti con questo disturbo
presentano lievi segni neurologici, in genere collegati con una disfunzione del cosiddetto sistema frontale come
piccole alterazioni della coordinazione del movimento, disturbi di equilibrio. I disturbi correlati al DOC si
caratterizzano per la presenza di preoccupazioni e spinte a compiere determinati comportamenti. Il primo è il
disturbo da dismorfismo corporeo caratterizzato da una eccessiva preoccupazione per un difetto nell’aspetto
fisico. Il disturbo da accumulo è presente in individui che non riescono a disfarsi degli oggetti che occupano il
loro spazio vitale, perché separandosi da essi provocano disagio. La tricotillomania consiste nello strappamento
ricorsivo e compulsivo, preceduto dalla manipolazione dei capelli; infine, il disturbo da escoriazione è
caratterizzato da un comportamento ripetitivo e compulsivo di sfregamento della pelle che alla fine provoca
lesioni cutanee. La prima modalità di intervento è di tipo psicoeducativo. La psicoterapia cognitivo-
comportamentale sembra essere la più efficace e si basa sulla terapia della consapevolezza che i sintomi ossessivi
sono una componente patologica da cui distanziarsi. Molto spesso è necessario associare una terapia
farmacologica e i farmaci più efficaci sono la clomipramina e gli inibitori selettivi del riassorbimento della
serotonina.
CAPITOLO 35: I DISTURBI DELLA CONDOTTA
I disturbi della condotta comprendono comportamenti aggressivi e antisociali che possono comparire nella prima
infanzia e nei periodi successivi fino all’età adulta. Alla base dei comportamenti antisociali vi è una
predisposizione all’aggressività; infatti, i neuroetologi hanno proposto di distinguere due tipi di aggressività:
un’aggressività predatoria, nella quale l’animale si muove silenziosamente e mantiene un’attenzione vigile, da
un’aggressione affettiva, nella quale l’animale cerca di incutere paura nell’avversario. Questi due tipi di
aggressività sono stati descritti in età evolutiva. L’aggressività predatoria è caratterizzata da atti violenti compiuti
con attenzione; invece, quella impulsiva affettiva si manifesta con attacchi impulsivi, caratterizzati da un atto di
rabbia durante la quale il bambino si danneggia fisicamente. Questi fattori interagiscono tra di loro, infatti quanto
più si evidenziano i disturbi della condotta tanto più rilevanti sono gli aspetti genetici.
1.Disturbo opposito provocatorio
È caratterizzato da un pattern ricorrente di comportamenti ostili e provocatori, con episodi di sfide verso notorietà
ed aspetti di irritabilità. La rabbia, l’oppositività e la provocazione appaiono persistenti, inappropriati rispetto
all’età del bambino. Questi aspetti si manifestano nell’interazione con individui diversi dai fratelli e devono
portare una compromissione del funzionamento del bambino in ambito sociale, familiare e scolastico. Il disturbo è
più frequente nei bambini di sesso maschile in età prepuberale, mentre dopo la pubertà non si riconosce una
prevalenza di genere. Nel DSM cinque vengono descritte 3 tipologie: nel tipo con umore collerico/irritabile il
bambino presenta scoppi d’ira, è spesso irritabile e viene infastidito dalle altre persone; con comportamento
polemico/provocatorio il bambino litiga frequentemente con adulti e coetanei. Disturba gli altri e tende ad
addossare le colpe; comportamento vendicativo mette in atto numerosi dispetti e provocazioni. I sintomi di questo
disturbo diventano evidenti in età scolare, in particolare nel rapporto con adulti e coetanei. In famiglia queste
problematiche diventano vero e proprio stress, con sentimenti di negativismo; si creano circoli viziosi in cui
l’adulto e il bambino entrano in competizione ed il rapporto diventa teso. Nel rapporto con i coetanei, questi
bambini vengono isolati, questo determina una riduzione dell’autostima. Il disturbo oppositivo provocatorio si
presenta in comorbilità con altri disturbi psicopatologici dell’età evolutiva. Alcuni autori hanno evidenziato come
il DOP, l’ADHD ed il Disturbo della condotta siano un unico aspetto psicopatologico. L’oppositività e
l’irritabilità emergono inizialmente nell’ambiente familiare e si possono sviluppare anche in altri contesti. Deve
essere valutata con attenzione quale sia la componente prevalente nella storia del bambino, in quanto può
determinare delle traiettorie educative diverse. Il tipo con umore irritabile rischia di sviluppare disturbi dell’umore
in adolescenza e disturbo di uso di sostante in età adulta. Il tipo dannoso/aggressivo rischia di sviluppare disturbo
della condotta in adolescenza e disturbo di personalità in età adulta, mentre il tipo ostinato sviluppa ADHD. I
campanelli d’allarme sono l’insensibilità, la freddezza, la premeditazione, e l’assenza di senso di colpa. I bambini
che presentano un disturbo oppositivo provocatorio hanno delle ‘’ modalità di lettura ‘’ distorte del
comportamento sociale e tendono a di interpretare le azioni degli altri come ostili. Questi bambini mostrano
difficoltà a comprendere la responsabilità e ad anticipare le conseguenze delle loro azioni. Sul piano affettivo-
relazionale i bambini con DOP mostrano un deficit delle competenze empatiche, nel riconoscere gli stati mentali e
le emozioni degli altri.
2.Il disturbo della condotta
Il disturbo della condotta è caratterizzato da un comportamento aggressivo e antisociale con carattere persistente. I
sintomi di base per porre la diagnosi DC sono:
1. Aggressività nei confronti di persone o animali;
2. Distruzione della proprietà;
3. Inganno e furto;
4. Grave violazione di regole.
Spesso il disturbo è presente fin dalla prima infanzia, ma con sintomi più sfumati, mentre si manifesta in modo più
evidente nell’ adolescenza. Gli studi statistici evidenziano che circa la metà dei reati violenti vengono compiuti
dai giovani sotto i 20 anni. Dopo i 25 anni d’età le condotte violente tendono a riunirsi in maniera significativa. Il
DC si associa con altre malattie psichiche e con ADHD (disturbi attenzione/ iperattività). Vengono descritti due
sottotipi in base all’età di esordio: uno infantile e uno dell’adolescenza. Nelle forme a esordio infantile prevalgono
le caratteristiche di impulsività e affettività. Spesso sono associate ad ADHD. Nell’esordio adolescenziale le
condotte aggressive vengono esibite per specifici obiettivi relazionali; per questa ragione possono essere
abbandonate. In alcuni casi prevale l’aggressività predatoria, con violazione delle regole, mentre gli altri soggetti
prevale un’aggressività affettiva, con impulsività. Nei soggetti con DC è possibile distinguere una sintomatologia
aggressiva rispetto a una sintomatologia non aggressiva. Un pattern di comportamenti ripetitivo e persistente in
cui vengono violati i diritti fondamentali degli altri oppure le principali norme o regole sociali appropriate all’età,
che si manifesta con la presenza nei 12 mesi precedenti. L’ anomalia del comportamento causa una
compromissione significativa del funzionamento sociale, scolastico e lavorativo.
3.Cause e fattori di rischio
Gli studi effettuati per indicare le cause che determinano i disturbi della condotta hanno evidenziato che a livello
biologico i soggetti affetti da DC tendono a presentare una riduzione della serotonina e del cortisolo, associata a
un aumento del testosterone. Rimane molto importante l’effetto dell’educazione e dell’ambiente socioeconomico
in cui il bambino vive. Molto rilevante è il tipo di attaccamento che i bambini sviluppano nella prima infanzia con
la principale figura di riferimento. Attaccamenti di tipo ansioso e disorganizzato sono responsabili di una
crescente difficoltà nelle interazioni tra i genitori e figli, che spesso dà origine ad atteggiamenti punitivi come
modalità di controllo dei problemi comportamentali manifestati dal figlio. Le forme di attaccamento
disorganizzato sono quelle più gravi, si realizzano con genitori affetti da gravi psicopatie e in situazione di
violenza e di maltrattamento. Un aspetto caratteristico dei soggetti con disturbi della condotta è la tendenza ad
agire all’esterno le proprie conflittualità interne (disturbi esternalizzanti). Tale caratteristica è messa in evidenza
dalla somministrazione della CBCL. Questa scala è in grado di evidenziare se vi sia o meno l’associazione con
altri disturbi di tipo internalizzante oppure di rilevare difficoltà in ambito sociale e disturbi del pensiero. Sono tutti
fattori che riducono il rischio di un disturbo della condotta. Importanti fattori di rischio per disturbi della condotta
sono la presenza di disturbi nei familiari: l’ambiente dove il bambino cresce, povertà ecc. In particolari due stili
educativi sono stati associati allo sviluppo dei disturbi della condotta. Il primo è positivo. IL secondo
caratterizzato da una disciplina con frequenti punizioni fisiche ed emotive.
4.Trattamento e prevenzione
Il decorso dei disturbi della condotta è variabile, infatti i disturbi vengono spesso superati in età adulta. L’esordio
di un disturbo della condotta nell’infanzia è un indicatore prognostico sfavorevole. L’intervento deve essere
condotto in rete, coinvolgendo famiglia, scuola, servizi sociali. La formazione delle famiglie dovrebbe cercare di
migliorare le interazioni genitore-bambino, aiutare a stabilire delle regole chiare ed esplicite che il bambino deve
imparare a rispettare, migliorare le capacità del genitore di controllare e supervisionare il bambino. Il soggetto
colpito dovrebbe poter partecipare a un itinerario psicoterapeutico individuale o di gruppo. All’interno dei
trattamenti di rete, possono essere introdotti anche dei trattamenti psicofarmaci, in alcuni casi una terapia a base di
antidepressivi può essere utile.
CAPITOLO 36: I DISTURBI DEPRESSI E BIPOLARI
1.I principali disturbi del tono dell'umore sono i disturbi depressivi e il disturbo bipolare
I disturbi depressivi dipendono da uno scompenso del sistema nervoso che provoca uno stato di malinconia
patologica. Si tratta di una condizione che ha qualcosa di eccessivo rispetto a eventi sfavorevoli della vita. Per
questa ragione i disturbi depressivi non sono un disturbo nevrotico, inoltre lo stato tipico della malinconia non
deve essere confuso con l’ansia. Da un punto di vista evolutivo i disturbi depressivi, infatti, sono collegati al
pericolo di essere abbandonati (ossia alla perdita), mentre l'ansia è una risposta ai potenziali segnali di pericolo. I
disturbi depressivi sono una condizione clinica abbastanza frequente in età evolutiva. Le forme cliniche principali
sono il disturbo depressivo maggiore, il disturbo depressivo persistente e il disturbo da disregolazione dell'umore
dirompente.
o Il disturbo depressivo maggiore consiste in una serie di crisi di malinconia senza speranza. La persona che
presenta un umore depresso non ha più desideri, non prova piacere in nulla, non vede alcun valido motivo per
risollevarsi dalla sua condizione, che ritiene ineluttabile e definitiva. Vi è perdita del desiderio sessuale,
inappetenza e stitichezza. Spesso è presente ansia. Il momento peggiore della giornata è in genere a alla
mattina, mentre alla sera vi è un leggero miglioramento. Oltre all'umore depresso, alla spossatezza, alla
perdita di interesse e ai sin tomi fisici sono spesso presenti sentimenti di colpa, indegnità e vergogna. A livello
cognitivo il paziente presenta difficoltà di concentrazione, disturbi della memoria. Sono spesso presenti
pensieri relativi alla morte, ideazione suicidaria e talvolta tentativi di suicidio. Il disturbo depressivo maggiore
non è una condizione cronica, ma si manifesta, in genere, ciclicamente. La persona va incontro a periodi
(cicli) di depressione alternati ad altri di normale benessere. In alcuni casi gli episodi depressivi si associano a
sintomi psicotici (depressione psicotica). I soggetti affetti presentano idee di riferimento e di persecuzione
deliri (delirio di rovina, delirio di colpa, delirio ipocondriaco di negazione, ad esempio il malato riferisce di
essere già morto) e talora anche allucinazioni uditive e olfattive. Lo stato malinconico inizia senza alcun
apparente motivo, dura in genere da due a otto mesi e scompare in modo abbastanza repentino, talvolta dalla
mattina alla sera. Per tale ragione si ritiene che alla base di questi disturbi vi sia un'alterazione delle funzioni
che presiedono alla regolazione del tono dell'umore.
o Il disturbo depressivo persistente (distimia) è una condizione clinica caratterizzata da umore stabilmente
depresso o irritabile per almeno un anno o due anni negli adulti. sintomi: riduzione dell'appetito; insonnia;
faticabilità, bassa autostima, spossatezza, incapacità di concentrarsi, sentimenti di tristezza e di perdita di
speranza. I bambini affetti da disturbo depressivo persistente hanno scarso interesse per il gioco. Sono
frequenti le lamentele somatiche e i disturbi del sonno e dell'appetito. In adolescenza l'umore triste e la bassa
autostima si associano a rabbia, irritabilità e ritiro sociale; spesso anche ad ansia ed inevitamento delle
prestazioni, insieme alle preoccupazioni per l'aspetto fisico, persistenti pensieri di morte, abuso di sostanze e
tentativi di suicidio talvolta mascherati da condotte pericolose. Frequentemente i disturbi depressivi maggiori
e le distimie si associano (comorbidità) con il disturbo da deficit di attenzione / iperattività (ADHD, 15-30 %)
e con i disturbi della condotta (20-30 %). Un aspetto molto importante dei disturbi depressivi è la relazione
con l'ideazione suicidaria e i comportamenti suicidari.
o Il disturbo da disregolazione dell'umore dirompente è caratterizzato da gravi scoppi di collera in forma
verbale o comportamentale che compaiono prima dei 10 anni di età, che si manifestano diverse volte alla
settimana e sono presenti da più di 12 mesi. Tra uno scoppio di collera e l'altro l'umore è persistentemente
arrabbiato o irritato. La sintomatologia deve essere presente in diversi contesti (casa, scuola, amici). Non è
possibile fare diagnosi in presenza di disturbo bipolari e di disturbo oppositivo provocatorio (DOP). Mentre
può associarsi al disturbo da ADHD e ai disturbi d'ansia. Le cause dei disturbi depressivi non sono ancora
note. Un ruolo fondamentale nella patogenesi dei disturbi dell'umore è svolto dalle strutture che mediano la
risposta a lungo termine allo stress, ovvero dall'asse ipotalamo-ipofisi-surrene. Si tratta di un insieme di
strutture che collegano alcune aree del sistema limbico con l'ipotalamo, che a sua volta controlla la
liberazione da parte dell'ipofisi dell'ormone adrenocorticotropo (ACTH). Questo ormone regola la liberazione
di glucocorticoidi (cortisolo) da parte del surrene. Lo stress cronico produce l'iperstimolazione dell'asse, con
liberazione di CRF e di cortisolo assieme a un impoverimento dei neurotrasmettitori monoa minergici, che
determina insonnia, ansia, riduzione dell'efficacia del sistema immunitario. Un'alterata regolazione dei fattori
infiammatori sembra giocare un ruolo significativo nella patogenesi dei disturbi depressivi, dato che il rischio
di sviluppare una crisi depressiva aumenta in presenza di gravi malattie infettive o autoimmuni. Inoltre, gli
elevati livelli di cortisolo e la modificazione dell'attività dei sistemi autoimmuni determinano un'alterazione
dei processi della neuroplasticità e della neurogenesi, fattori che possono determinare una crisi depressiva.
Tutti questi processi si correlano con un'alterazione della produzione e della ricaptazione di alcuni
neurotrasmettitori, come la serotonina, la noradrenalina e la dopamina. Infine, un dato neuroanatomico
significativo riguarda la riduzione del volume dell'ippocampo nei soggetti affetti da di sturbi depressivi. Non è
chiaro se questa anomalia neuroanatomica si sviluppi durante la malattia depressiva o la preceda.
Gli individui con questo disturbo sembrano presentare delle alterazioni genetiche che interessano alcune porzioni
specifiche del DNA. Oltre agli aspetti genetici anche alcuni fattori ambientali sembrano favorire o scatenare la
malattia, come ad esempio l'uso di alcuni farmaci. La patogenesi dei disturbi bipolari non è chiara, si ritiene che
dipenda da un'alterazione del sistema che regola il rilascio e la ricaptazione delle monoamine, come la serotonina,
la noradrenalina e la dopamina. I disturbi bipolari sono associati a una perdita di sostanza grigia in alcune strutture
del lobo prefrontale sinistro e nell’ippocampo. I disturbi bipolari tendono ad associarsi (comorbidità) al disturbo
da ADHD (dal 25 al 90 %), al disturbo della condotta (DC), al disturbo d'ansia (50%) e al disturbo da uso di
sostanze psicoattive (anfetami ne, cocaina e allucinogeni).
3.Il comportamento autolesivo non suicidario
Il comportamento autolesivo consiste in un atto intenzionale volto a danneggiare una o più parti del corpo senza
un intento suicidario. La fenomenologia del comportamento autolesivo non suicidario risulta in cinque o più
episodi autolesivi durante l'ultimo anno, che interessano prevalentemente la cute, correlati pensieri o sentimenti
negativi, oppure a uno stato di tensione che precede l’atto, in assenza di intenzionalità suicidaria e in assenza di
altri disturbi psichiatrici (psicosi, deliri, assunzione di sostanze psicoattive). La patogenesi è complessa poiché
sembrano entrare in gioco molteplici fattori. Alcuni adolescenti attraverso le autolesioni cercano di attirare
l'attenzione dei pari. In altri casi è stata prospettata un'alterata attivazione del sistema degli oppioidi endogeni.
Inoltre, i fenomeni di autolesionismo sembrano associarsi anche alla struttura di personalità alessitimica e al
disturbo di personalità borderline. Non esiste ancora alcun trattamento empiricamente validato per il
comportamento autolesivo. Negli adulti sono stati condotti studi con antidepressivi (SSRI), antipsicotici
(aripiprazolo) e antagonisti degli oppiacei. In età evolutiva si ritiene che la psicoterapia (comportamentale,
regolazion delle emozioni, mentalizzazione) possa essere il presidio terapeutico utile.
4.Lecondotte suicidarie
I pensieri e le condotte suicidarie sono fenomeni in genere associati ai disturbi del tono dell’umore. L'ideazione
suicidaria è molto frequente negli adolescenti di entrambi i sessi. Si tratta di soggetti che possono avere una
malattia psichiatrica (depressione maggiore, disturbo bipolare) oppure senza alcuna storia psichiatrica. Si tratta in
genere di soggetti che, in genere, presentano disturbi depressivi, impulsività, disturbi della condotta (con
aggressività) e abuso di sostanze. I fattori psicologici coinvolti possono dipendere da rapporti negativi con i
genitori e /o i coetanei, dalla sensazione di rappresentare un "peso" per i propri familiari (nei casi di malattie
croniche), da una maggiore assuefazione al dolore che porta i soggetti a superare la paura di morire. Un fattore
molto significativo è il ruolo dell'imitazione e il contagio. Molta attenzione deve essere dedicata ai cosiddetti
segnali di avvertimento che consistono: nella modificazione improvvisa del comportamento, nella presenza di
intensa tristezza e/o disperazione, nella marcata riduzione di interesse verso attività che nel passato davano
soddisfazione , nella mancanza di energia e concentrazione, nell'elaborazione di pensieri collegati alla
autodistruzione e alla morte, nella comparsa di irritabilità, difficoltà a ricevere gratificazioni esterne, disinteresse
verso la scuola, lo sport e altre attività sociali e culturali , nelle modificazioni dell'appetito , nei disturbi del sonno.
Il riconoscimento dei primi segni di disturbi dell'umore da parte degli insegnanti, coordinati dagli psicologi
scolastici, dovrebbe essere la prima tappa per sviluppare degli itinerari di prevenzione. Una volta che il disturbo
dell'umore è stato riconosciuto è consigliabile attuare un trattamento psicoterapeutico associato a una terapia
farmacologica. Molto importanti sono gli interventi psicologici di sostegno ai genitori. Nei casi di depressione
maggiore si sono rivelati particolarmente efficaci trattamenti basati sulla consapevolezza e la presa di distanza dai
pensieri negativi. La terapia farmacologica del disturbo depressivo maggiore dell'età evolutiva ha come presidio
principale l'uso degli antidepressivi SSRI che selettiva mente inibiscono la ricaptazione della serotonina. I disturbi
bipolari in età evolutiva vengono trattati con degli stabilizzatori dell’umore. Il farmaco più noto è il litio, si tratta
di una sostanza che modula la trasmissione dopaminergica e colinergica; incrementa l'attività inibitoria dell'acido
gamma - aminobutirrico (GABA) e riduce l'attività eccitatoria del glutammato. Nei soggetti che presentano
sintomi psicotici viene consigliata l'associazione con gli antipsicotici (risperidone, olanzapina, quetiapina).
CAPITOLO 38: I DISTURBI DELL'EVACUAZIONE
I disturbi dell'evacuazione riguardano la capacità di controllare l'emissione di feci e urine. Lo sviluppo del
controllo degli sfinteri (anale e vescicale) dipende sia dalla maturazione dei sistemi neuromuscolari coinvolti (che
coinvolgono il sistema nervoso autonomo e il sistema nervoso somatico) sia dall'apprendimento di norme di
pulizia socialmente riconosciute. La difficoltà, dopo una determinata età (mentale), di controllare l'emissione
dell'urina viene definita enuresi, mentre la difficoltà a controllare l'evacuazione delle feci viene definita encopresi.
1.L’enuresi
L'urina viene formata a livello renale mediante un complesso processo di filtrazione e depurazione del sangue. I
primi stimoli alla minzione vengono avvertiti quando la vescica contiene 150-250 ml, al di sopra di 700 ml lo
svuotamento della vescica diventa automatico. Spiegazione dell’enuresi: La regolazione della vescica avviene
attraverso l'interazione del sistema nervoso autonomo (simpatico e parasimpatico) con il sistema nervoso
somatico. L'innervazione parasimpatica permette la contrazione vescicale, mentre il sistema simpatico controlla lo
sfintere interno dell'uretra. La distensione della vescica, provocata dall'arrivo dell'urina, induce un aumento del
tono parasimpatico (con contrazione della vescica) e una diminuzione del tono simpatico (con rilasciamento dello
sfintere vescicale interno). La muscolatura striata volontaria controlla, invece, lo sfintere vescicale esterno
dell'uretra. Durante il riempimento della vescica e fino a quando le circostanze non permettono di urinare, le fibre
del sistema nervoso somatico mantengono lo sfintere esterno contratto. Durante la minzione le fibre del sistema
somatico e quelle del sistema simpatico sospendono la loro attività, lo sfintere esterno e interno vengono rilasciati,
contemporaneamente le fibre del sistema parasimpatico attivandosi determinano la contrazione della vescica.
1.1Caratteristiche cliniche
L'enuresi è una condizione caratterizzata da un'emissione involontaria di urine in assenza di una patologia
organica dimostrabile come, per esempio, il diabete o spina bifida. Non è diagnosticabile prima che sia acquisito
completamente il controllo vescicale, cioè prima dei 5 anni di età (cronologica o mentale per i soggetti con bassi
livelli intellettivi). Il sintomo deve essere presente almeno due volte alla settimana per almeno tre mesi consecutivi
e deve provocare un disagio importante nel soggetto affetto. L'enuresi può essere solo notturna, solo diurna o
mista.
o Può essere primaria, se il soggetto non ha mai acquisito definitivamente il controllo vescicale;
o Secondaria, se è insorta dopo un periodo in cui il controllo era stato acquisito per almeno sei mesi.
1.2Cause
Le cause dell'enuresi non sono note ma è stata sicuramente documentata una sicura familiarità, circa il 70% dei
bambini hanno un parente prossimo che ha lamentato problemi di enuresi. Per effettuare la diagnosi devono essere
escluse malattie del rene e/o delle vie urinarie e problemi di costipazione. Tre principali fattori sono stati chiamati
in causa.
1. In alcuni bambini sono stati riscontrati dei disturbi nel mantenimento del sonno notturno con presenza di
microrisvegli, senza recupero della vigilanza (simili al sonnambulismo), collegati ai fenomeni di enuresi.
Questi episodi possono manifestarsi sia nel sonno a onde lente sia nel sonno REM e tendono a prevalere nella
prima parte della notte.
2. In alcuni bambini l'enuresi può essere collegata con una bassa capacità funzionale della vescica.
3. In altri bambini gli episodi di enuresi sono stati collegati a un anomalo funzionamento dell'ormone
antidiuretico (ADH) o del suo recettore. L'enuresi si associa nel 40% dei casi ad altri disturbi dello sviluppo o
a disturbi psicopatologici (disturbi dell'appropriazione del linguaggio, disturbi dell'apprendimento, disturbi
depressivi). Il disturbo in sé è causa di sentimenti di colpa, imbarazzo, paura di essere scoperti e un difficile
rapporto con il proprio corpo.
1.3Il trattamento
Il primo passo nel trattamento dell'enuresi è di tipo psicoeducativo. I genitori e gli altri educatori devono avere
un'informazione dettagliata del problema, devono comprendere le difficoltà del bambino e soprattutto capire che il
disturbo è al di fuori di qualsiasi responsabilità soggettiva. Una parte dei genitori non ritiene necessario alcun tipo
di trattamento, la maggioranza di loro preferisce utilizzare un dispositivo acustico che sveglia il bambino quando
vengono rilevate nella biancheria le prime gocce di urina. Con questo dispositivo, il bambino impara, dopo un po’
di tempo, a non bagnare più il letto. Altri bambini utilizzano la desmopressina (dDVP), un ormone ad azione
antidiuretica per via sublinguale prima di addormentarsi. Infine, come farmaci di seconda scelta, sono stati
utilizzati dei farmaci antidepressivi triciclici.
2.L'encopresi
Lo stimolo all'espulsione avviene quando le feci passano dal colon nel retto. Il transito del materiale fecale nel
segmento rettale determina un riflesso di evacuazione che provoca l'apertura dello sfintere anale interno. Nei
soggetti che hanno sviluppato il controllo volontario della defecazione (dopo i 2 anni di età) questa può realizzarsi
soltanto con la contemporanea contrazione della parete addominale e con l'apertura dello sfintere anale esterno,
controllato dalla muscolatura striata volontaria. Alla contrazione del retto, stimolata dall'arrivo delle feci dal
colon, i bambini devono imparare a contrarre lo sfintere anale esterno per impedire la fuoriuscita delle feci in un
luogo inappropriato. Hanno a disposizione quindi circa mezzo minuto per recarsi alla toilette e procedere con
l'evacuazione rilasciando volontariamente lo sfintere anale esterno. L'encopresi viene definita come una
condizione nella quale un bambino, con sviluppo intellettivo normale e con età cronologica di anni in assenza di
malattie organiche, presenta una evacuazione inappropriata delle feci più di una volta al mese. Si distinguono due
tipi di encopresi:
1. Il primo tipo, definito encopresi con costipazione e incontinenza, è caratterizzato da perdita inappropriata di
feci liquide o semisolide in associazione con fenomeni di costipazione e aumento della massa fecale
(fecaloma). In queste condizioni il bambino, in seguito alla costipazione, non riesce o ha paura di espellere il
materiale fecale. Perde così la sensibilità e il controllo dello sfintere anale sporcandosi più o meno
frequentemente i vestiti;
2. Il secondo tipo, detto encopresi senza costipazione e incontinenza, è caratterizzato da una evacuazione in
luoghi inappropriati di feci di forma e consistenza normale, spesso si associa a forme differenti di disagio
psicologico.
Spiegazione tipo 1: La causa più frequente di encopresi è la costipazione e la ritenzione cronica di feci nel retto.
La formazione di un'enorme massa fecale determina nel bambino una paura di evacuare per il dolore del transito
delle feci. Vengono quindi eliminate soltanto delle feci liquide al di fuori del normale controllo. Per questo motivo
il bambino si sporca continuativamente la biancheria intima. La valutazione da parte di un pediatra permette di
documentare e trattare questa condizione clinica. Spiegazione tipo 2: L'encopresi senza costipazione e
incontinenza si presenta in bambini che spesso vivono in condizioni familiari difficili, caratterizzate da numerosi
conflitti. In alcuni individui rappresenta una modalità di espressione di risentimento e ribellione. L'encopresi si
associa a difficoltà di apprendimento, iperattività, disturbo oppositivo provocatorio (DOP), disturbi della condotta;
talvolta si associa a condizioni di abuso fisico e sessuale.
CAPITOLO 39: I DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE
Per gli esseri umani l'atto di alimentarsi non è semplicemente la soddisfazione di un bisogno istintuale primario
ma racchiude in sé aspetti affettivi, sociali e simbolici. Il ruolo della madre come nutrice, attraverso il suo latte e
successivamente, con il cibo che essa prepara, collega l’alimentazione alle relazioni interpersonali primarie e allo
stile di attaccamento. I disturbi del comportamento alimentare evidenziano un disagio psicopatologico molto
complesso e profondo. Uno dei punti di riferimento, quando si parla di disturbi del comportamento alimentare, è il
concetto di "peso ideale", in queste malattie i soggetti colpiti credono di essere in sovrappeso. Per calcolare il peso
ideale, l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha proposto di utilizzare una misura che metta in relazione
il peso con l'altezza, cioè l'indice di massa corporea (BMI), che si calcola dividendo il peso corporeo (in kg) per la
statura (in m) elevata al quadrato. Per l'OMS il peso ideale corrisponde a un BMI che varia da 18,5 a 25. Le
persone con peso ideale presentano un diminuito rischio di malattie e un aumento dell'aspettativa di vita. Parliamo
di persone sottopeso quando il BMI è inferiore a 18,5; di persone malnutrite quando il BMI è inferiore a 17,5. Gli
individui con BMI da 25 a 29,9 sono in sovrappeso; mentre quelli con BMI da 30 a 34,9 presentano un'obesità di
grado 1; quelle con BMI da 35 a 39,9 un'obesità di grado II e quelle con BMI uguale o superiore a 40 una obesità
di grado III. La malnutrizione comporta un gravissimo aumento del rischio di patologie quali: alterazioni
cardiache, alterazioni del metabolismo osseo, alterazioni immunitarie, alterazioni ematologiche, alterazioni
gastroenteriche, riduzione della crescita, lanugo (comparsa di una sottile peluria). Anche il sovrappeso e l'obesità
aumentano notevolmente il rischio di patologie vascolari, cardiache, neoplastiche e metaboliche. La regolazione
del peso corporeo è coordinata da un insieme di sistemi neuroendocrini che aumentano l'introito calorico quando
sono diminuite le riserve adipose, oppure riducono l'introito calorico quando viene registrato un aumento del
grasso corporeo. La regolazione a breve termine dipende dalla distensione, dopo un pasto, delle pareti
gastrointestinali. La successiva liberazione di ormoni gastrointestinali determina la sensazione soggettiva di
sazietà. Invece, nella regolazione a lungo termine un ruolo centrale viene svolto dal tessuto adiposo (bianco o
bruno), che libera mediatori chiamati adipochine, i quali agiscono sui nuclei ipotalamici e su altre strutture del
cervello coinvolte nella regolazione del bilancio energetico. Gli ormoni e i neurotrasmettitori che intervengono
nella regolazione del peso corporeo sono: l'insulina (che aumenta con l'assunzione di cibo), la cCK
( colecistochinina , che regola il senso di fame, sazietà e benessere enterocettivo), il GLP-1 (glucagon-like
peptide-I, che interviene nella regolazione della glicemia postprandiale stimolando il senso di sazietà), la leptina
(che interviene nella regolazione del senso di sazietà), la serotonina (che riduce l'appetito), la noradrenalina (che
aumenta l'appetito), gli endocannabinoidi (che stimolano il senso della fame) ecc.
1.Bellezza e peso ideale
Definire che cosa sia la bellezza è difficile a parole, nella realtà invece sembra piuttosto semplice. Nancy Etcoff
ha sostenuto che la bellezza gioca un ruolo fondamentale nella scelta sessuale e nella sopravvivenza. I maschi
tendono a scegliere di riprodursi con donne giovani e belle, le donne invece tendono a scegliere maschi alti,
muscolosi e di rango sociale superiore. Alcuni parametri della bellezza sono influenzati dalle convenzioni sociali,
come la moda. In questo contesto il culto della magrezza è diventato un punto di riferimento costante. Alcune
ricerche epidemiologiche hanno evidenziato come circa 1/3 delle ragazze (15-20 anni) in Italia si giudica grassa,
anche se il suo indice di massa corporea è nella norma. L'insoddisfazione per il peso e la paura d'ingrassare
comincia già verso gli 8 anni d'età. Nelle donne l'insoddisfazione del corpo è legata alla condizione di non sentirsi
"sufficientemente magra", mentre nei maschi la causa più comune di scontentezza rispetto al proprio corpo si
riferisce al non sentirsi "sufficientemente muscoloso. Questi fattori, poiché influenzano l'accettazione sessuale e
sociale, sono ritenuti molto importanti in tutti i periodi della vita, ma nell'adolescenza raggiungono il loro livello
massimo.
2.L’immaggine corporea
Un aspetto fondamentale della persona è la sua immagine corporea. Nell'immagine del corpo intervengono fattori
biologici (caratteristiche del corpo, taglia, forme), caratteristiche percettive (come vediamo e sentiamo il nostro
corpo), fattori cognitivi (cosa pensiamo del nostro corpo e cosa pensano gli altri), fattori emotivi-affettivi (in
riferimento alle esperienze affettive ed emozionali che hanno accompagnato la costruzione dell'immagine
corporea), fattori interpersonali (processi di rispecchiamento, imitazione e identificazione), fattori socio-culturali
(la moda) e fattori di personalità. L'immagine del proprio corpo è rappresentata prevalentemente nei sistemi delle
conoscenze implicite. Questi sistemi mantengono le informazioni dell'immagine corporea di tipo propriocettivo,
enterocettivo, vestibolare e tattile, insieme alle memorie relative alla tipologia e alla qualità delle esperienze
d'interazione, soprattutto di quelle primarie fra madre e bambino, che sono il modello di base per le successive
relazioni. Da questo nucleo di memorie implicite deriva il senso di sé e del proprio valore, che si manifesta nella
percezione della propria autostima. L'adolescenza rappresenta un momento critico per lo sviluppo dell'immagine
corporea. Durante questo periodo, soprattutto le adolescenti devono confrontarsi con dei cambiamenti rilevanti del
loro corpo (aumento del seno, sviluppo della silhouette femminile, comparsa del ciclo mestruale); devono inoltre
tollerare la contemporanea presenza di tratti infantili e adulti nel loro corpo (ad esempio un naso che ha raggiunto
una dimensione e una forma adulta in un volto con ancora numerosi tratti infantili). Una delle strategie per essere
accolti dai pari consiste nell'essere considerati piacevoli: essere possibilmente belli, sufficientemente originali e
simpatici. Per potersi muovere con sicurezza e disinvoltura tra i propri pari, un individuo deve essere globalmente
soddisfatto di sé, anche se la sua figura fisica per alcuni o per molti aspetti è ben lontana dall'ideale. La grave
insoddisfazione per alcune caratteristiche del proprio corpo è un nucleo psicopatologico che sta alla base di
numerose malattie psichiatriche ed è una delle cause fondamentali dei disturbi del comportamento alimentare. Le
forme cliniche più diffuse dei disturbi del comportamento alimentare sono: l'anoressia nervosa, la bulimia
nervosa, il di- sturbo da abbuffate compulsive, la dismorfia muscolare e l'ortoressia nervosa.
3.L’anoressia nervosa
L'anoressia nervosa (AN), o anoressia mentale, è una grave condizione clinica nota da molti secoli. Nel Medioevo
prendeva la forma del digiuno ascetico (santa anoressia). I disturbi del comportamento alimentare hanno
presentato un'impressionante diffusione. L'AN presenta una triade di sintomi caratteristici:
o una riduzione dell'assunzione di calorie che determina una significativa e cronica perdita di peso corporeo;
o un'intensa paura di aumentare di peso e diventare grassi;
o una alterazione di come vengono concepiti il peso e la forma del proprio corpo.
Sono stati descritti due differenti sottotipi di AN: il sottotipo restrittivo, nel quale la persona riduce il peso
corporeo esclusivamente attraverso la dieta o l'esercizio fisico eccessivo; il sottotipo con abbuffate/condotte di
eliminazione, caratterizzato, negli ultimi tre mesi, da episodi di abbuffate, con comportamenti di svuotamento
improprio (vomito autoindotto o abuso di lassativi, diuretici o clisteri). Il livello di gravità dell'AN dipende
dall'entità del BMI. Nei soggetti adulti si parla di anoressia lieve con un BMI > 17 e < 18,5; di anoressia moderata
con BMI da 16 a 16,9; di anoressia grave con un BMI da 15 a 15,9; di anoressia estrema con un BMI inferiore a
15. I primi sintomi dell'anoressia compaiono in genere dopo i 12 anni. In questo periodo alcune ragazze (spesso in
lieve sovrappeso) cominciano ad avere paura di essere grasse (fobia del peso). Incominciano allora a seguire delle
diete dimagranti, diventando delle vere esperte nella valutazione del contenuto calorico dei diversi alimenti e
bibite. Possono inoltre iniziare a praticare intense e rigorose attività fisiche per smaltire calorie. Nei paesi
industrializzati circa il 10% delle ragazzine tra i 12 ei 15 anni (età di rischio) presenta un disturbo del
comportamento alimentare, ma soltanto una percentuale tra l'1,2 e il 2,2% sviluppa una vera e propria anoressia.
L'anoressia mentale inizia quasi sempre con una dieta basata su cibi "sani", contenenti poche calorie (frutta,
verdure, insalate), che vengono contrapposti a cibi "cattivi" contenenti molte calorie (zuccheri, ragazze
cominciano a mangiare molto lentamente e a dividere il cibo in pezzettini. Sono ossessionate dalla necessità di
contare le calorie di che mangiano. Numerose ragazze (30-80%) con AN manifestano irrequietezza e/o
iperattività. Non riescono a stare ferme, praticano ginnastica, sport e varie attività fisiche che le mantengono in
continuo movimento. Le cause dell'AN, come degli altri disturbi del comportamento alimentare, non sono note e
si pensa siano di tipo multifattoriali (fattori individuali, familiari e culturali). Questi disturbi non sono presenti, o
sono molto rari, nei paesi poveri dell'Asia, Africa e America Latina. Mentre nelle società industrializzate tutti gli
individui sono sottoposti, nello stesso tempo, a un'offerta eccessiva di cibo e alla continua presentazione di donne
e maschi giovani dalla silhouette perfetta. Un aspetto centrale dei disturbi dell'alimentazione consiste nell'avere
scarsa stima di sé e una immagine corporea distorta associate a tratti ossessivi di personalità, con un atteggiamento
perfezionistico, c/o disturbi dell'umore. Tutti questi fattori dipendono sia da variabili genetiche sia dalla storia
delle interazioni sociali e dagli stili di attaccamento. Molta attenzione è stata dedicata all'ambiente familiare in cui
questi soggetti crescono. I fattori che fanno precipitare la situazione possono essere episodi di separazione o di
perdita, l'esperienza dei cambiamenti del corpo durante la pubertà vissuti come una paura di perdere il controllo e
la stima di sé. Nei soggetti predisposti, la perdita di peso viene quindi vissuta come un momento di autocontrollo,
mentre l'aumento minimo di peso come un segnale della perdita di controllo e di prestigio. Infine i fattori che
perpetuano il disturbo sono i vantaggi secondari della malattia, come l'aumentata attenzione, l'evitamento delle
situazioni di intimità sessuale che generano angoscia e la fissazione in una sorta di "eterna infanzia". Le principali
comorbidità psichiatriche dell'anoressia mentale sono con il disturbo ossessivo-compulsivo (DOC), con i disturbi
dell'umore e con i disturbi d'ansia (ansia da separazione e fobia sociale). Per quanto riguarda i disturbi di
personalità la AN si associa frequentemente con il disturbo di personalità ossessivo-compulsivo e con il disturbo
evitante.
4.La bulimia nervosa
La bulimia nervosa può rappresentare una fase evolutiva dell'AN ed è caratterizzata da:
o episodi ricorrenti di abbuffate compulsive (almeno una alla settimana, per almeno tre mesi), nelle quali le
pazienti in un paio d'ore assumono una quantità di cibo maggiore di quello che le persone di solito assumono
duran- re un pasto;
o contromisure improprie e ricorrenti per eliminare le calorie assunte (vo- mito autoindotto o abuso di lassativi,
diuretici o clisteri);
o percezione di sé come troppo grassa, con paura d'ingrassare e ossessiva attenzione al peso.
Le persone affette da bulimia nervosa seguono una dieta ipocalorica particolarmente rigida. La paura di aumentare
il peso sostiene le contromisure per eliminare le calorie assunte, attraverso l'uso improprio di lassativi, diuretici,
attività fisica e digiuno. Durante la crisi bulimica la paziente ha la sensazione di aver perduto il controllo di sé
stessa, può avvertire un senso di estraneità, con esperienze di derealizzazione. Dopo l'abbuffata sono frequenti il
senso di colpa e l'umore depresso. I disturbi psichiatrici più frequentemente associati alla bulimia nervosa sono il
disturbo borderline di personalità e quello evitante. A volte si osservano comportamenti impulsivi, promiscuità
sessuale e tentativi di suicidio. La bulimia è diffusa soprattutto nei paesi industrializzati. Colpisce prevalentemente
le ragazze tra i 12 e i 25 anni. La malattia tende a cronicizzare nel 23% delle pazienti e la prognosi è peggiore se si
associano bassa autostima, obesità e disturbi della personalità. Le complicazioni più importanti riguardano i
disturbi dell'equilibrio idro-elettrolitico e i danni a livello del cavo orale per l'induzione ripetuta del vomito.
6.La dismorfia muscolare
È caratterizzata dalla preoccupazione in persone visibilmente muscolose, di essere troppo magre e troppo poso
prestanti. L’individuo con questo problema è ossessionato dal fatto che il suo corpo deve essere più muscoloso;
per questo motivo si dedica alla sua dieta e attività per mantenere i muscoli. Questo quadro clinico tende ad
associarsi all’uso di sostanze tossiche e ai tentativi di suicidio.
7.L’ortoressia nervosa
È un quadro caratterizzato dalla ricerca ossessiva di cibo ritenuto sano. Questi individui vanno alla ricerca di cibi
ritenuti sani. Non solo dedicano un’attenzione ossessiva ai cibi, ma anche alla cottura, alla preparazione.
8.La prevenzione e la cura
La cura dei disturbi dei comportamenti alimentari non è semplice perché la maggior parte dei soggetti nega la
malattia (molto spesso sono donne quelle affette). Due aspetti fondamentali della cura sono il carattere
multidisciplinare degli interventi e l’impiego della terapia di gruppo. Per le pazienti che sono in una grave
condizione di sottopeso e che rischiano la vita per le complicanze spesso è necessario il ricovero. Il trattamento di
scelta dei disturbi del comportamento alimentare è di tipo psicologico. A livello farmacologico possono essere
prescritti farmaci antipsicotici atipici. Tuttavia, la guarigione di sintomi non sempre corrisponde a una condizione
di completo equilibrio mentale delle pazienti. La prevenzione di questi disturbi è molto complessa in una società
che punta sull’apparenza. È molto importante a livello educativo favorire un’immagine di sé tollerante, con una
capacità di gestire le proprie emozioni. Sono molto importanti i progetti di educazione al riconoscimento e alla
gestione delle emozioni come pure le pratiche di consapevolezza, dalla scuola elementare all’età adulta e oltre. La
società potrebbe favorire lo sviluppo psicologico e culturale degli individui.
CAPITOLO 40: LE FASI DEL SONNO
Lo studio scientifico del sonno è iniziato grazie alla messa a punto dell'elettroencefalografo da parte dello
psichiatra austriaco Hans Berger nel 1929. Con questo strumento è possibile studiare l'attività elettrica prodotta
dal cervello e registrata a livello del cuoio capelluto. L'elettroencefalogramma (EEG) è un esame diagnostico che,
attraverso alcuni elettrodi posizionati sul cuoio capelluto, misura l'attività elettrica cerebrale, riproducendola, su
uno schermo, sotto forma di una serie di onde. Per lo studio del sonno è importante l’EEG
(elettroencefalogramma). Tuttavia, sono di fondamentale importanza anche due altri strumenti: l'elettro-
oculogramma (EOG) e l’elettromiogramma (EMG). Attraverso l'EOG è possibile misurare l'attività muscoli
oculari, mentre con l'EMG viene misurata l'attività dei muscoli scheletrici, in genere del collo o della nuca.
1.Le fasi del sonno
Gli studi con la tecnica elettroencefalografia (EEG) hanno permesso di distinguere il sonno a onde lente
(composta da quattro stadi), dal sonno paradosso. Stadi del sonno: Stadio 1: dura in genere alcuni minuti. In
questo stadio le persone possono non essere consapevoli di dormire; Stadio 2: dura una decina di minuti. Le
persone sono consapevoli dell'ambiente esterno e sotto le palpebre muovono gli occhi in modo lento e scordiamo;
Stadio 3: costituisce la prima fase del sonno profondo. È caratterizzato dalla presenza nel tracciato EEG di onde
lente di grande ampiezza (onde delta); Stadio 4: in questa fase il sonno è molto profondo e il soggetto può essere
svegliato con difficoltà. Il cuore e il respiro sono lenti e regolari, la muscolatura è completamente rilassata. In
questo stadio viene sviluppato l'ormone della crescita. Lo stadio 3 e 4 costituiscono il sonno a onde lente. Nel
bambino e nel giovane durante circa 40 minuti. Sonno REM o sonno paradosso. Dopo circa 70 minuti
dell'addormentamento compaiono i segni di un nuovo tipo di sonno, chiamato sonno rem o sonno paradosso
caratterizzato da:
o un tracciato EEG simile alla veglia
o rapidi movimenti oculari
o paralisi muscolare(atonia), a esclusione dei muscoli oculari e del diaframma.
Durante il sonno REM vi è un consumo di ossigeno da parte del cervello pari alla veglia. Durante la notte, un
essere umano adulto presenta 4-5 cicli di 90 minuti. La sequenza di questi cicli è rappresentata utilizzando degli
ipnogrammi. Nei primi cicli del sonno prevalgono le fasi del sonno a onde lente, mentre negli ultimi due cicli
prevale la quantità di tempo trascorso nel sonno REM.
2.I centri e le funzioni del sonno
Alcuni studi hanno mostrato che durante le fasi di sonno a onde lente si riduce il metabolismo celebrale: nei centri
sottocorticali responsabili della veglia e nelle aree corticali responsabili della rappresentazione del sé. Durante il
sonno REM il metabolismo celebrale
o Aumenta nelle strutture collegate alla memoria dichiarativa e alle emozioni;
o Diminuisce nella corteggia prefrontale dorsolaterale, nella corteggia orbito-frontale, nella corteggia posteriore
del cingolo e nella corteggia parietale inferiore.