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23/02/2018

Il Linguaggio:
disturbi del linguaggio
e dell’apprendimento
Didattica speciale (9 CFU) – M-PED/03

Marianna Petrecca
MASTER DI I LIVELLO IN
“METODOLOGIE DIDATTICHE, PSICOLOGICHE, ANTROPOLOGICHE
E TEORIA E METODI DI PROGETTAZIONE”
Il Linguaggio: disturbi del linguaggio e dell’apprendimento

Il linguaggio e il suo sviluppo.


Il linguaggio è uno strumento comunicativo molto complesso e allo stesso tempo molto interessante
da studiare. Le due principali caratteristiche del linguaggio sono la sua arbitrarietà e la creatività.
Arbitrarietà in quanto la relazione tra suoni e significati non è naturalmente "motivata" ma dipende
da una (tacita) convenzione tra i parlanti di una stessa lingua. E’ per questo motivo che il linguaggio
è strettamente collegato al contesto sociale e culturale nel quale la persona nasce e cresce. Il
linguaggio è inoltre creativo perché ha la proprietà di creare infinite combinazioni per infiniti
messaggi ed infinite lingue.
Lo sviluppo del linguaggio è strettamente collegato allo sviluppo senso-motorio e a quello cognitivo.
Possiamo suddividere lo sviluppo linguistico in quattro parti:
1- lo sviluppo fonologico. E’ il primo step per l'acquisizione del linguaggio: il bambino,
appena viene al mondo, entra in contatto con i fonemi che compongono le parole degli adulti che lo
accudiscono; piano piano impara da sè a capire come questi fonemi vengono combinati tra loro.
Successivamente, il bambino comprende il significato dei fonemi ed inizia a produrli; avviene, quindi,
prima la comprensione e successivamente la produzione del linguaggio.
Lo sviluppo fonologico si articola in vari step, più o meno validi in linea generale ma che possono
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anche variare di molto da bambino a bambino in base a numerose variabili in termini di abilità o di
contesto e stimoli in cui è immerso.
Alla nascita (step 1) il neonato è in grado di distinguere tutti i fonemi di tutte le lingue del mondo ma
non è ancora in gradi di riprodurli. Nei mesi successivi (3-4 mesi) sarà egli stesso a stupirsi della sua
capacità di emettere suoni: è interessante osservare, infatti, i neonati spaventarsi della loro stessa voce
e di ciò che mettono grazie ad essa.
Intorno ai 6 - 7 mesi (step 2) il bambino matura la propria capacità fonologica iniziando con la
lallazione canonica ovvero con la riproduzione di semplici e ripetitive sequenze consonante/vocale
(come per esempio la ma ma ma ma oppure pa pa pa pa).
Intorno ai 10-12 mesi (step 3) si arriva la lallazione variata ovvero alla ripetizione di sequenze sempre
più complesse e lunghe: per esempio, se prima il bambino ripeteva sempre la stessa combinazione
consonante /vocale (come ma ma ma), adesso la combinazione diventa più complessa come MAPA
DABA e via dicendo.
La complessità diventa tale per cui intorno all'anno di età il bambino è in grado di produrre le
cosiddette protoparole che rappresentano il livello più alto di acquisizione del linguaggio nel periodo
cosiddetto prelinguistico: si tratta di combinazioni di sillabe, simili alle parole conosciute, che

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assumono un significato specifico quando utilizzati in certi momenti (ad. es. “nanà” per chiedere il
biberon); è dalle protoparole che inizia la vera e propria produzione linguistica.
Fondamentale sottolineare come lo sviluppo linguistico sia strettamente collegato allo sviluppo
psicomotorio. Intorno ai 9/10 mesi, ad esempio, il bambino inizia a produrre a livello motorio dei
gesti comunicativi estremamente importanti (linguaggio non verbale) e che rappresentano dei
precursori del linguaggio verbale: impara ad indicare la propria pappa, saluta con la manina, tende le
braccia per essere preso in braccio dal genitore, strattona la mamma per chiedere attenzioni eccetera.
2- lo sviluppo lessicale e semantico. Innanzitutto bisogna fare chiarezza su che cosa sia il
lessico e che cosa sia la semantica.
Il lessico è l'insieme dei vocaboli di una lingua e si arricchisce sempre di più durante lo
sviluppo linguistico. In genere nel primo anno di età il lessico di un bambino racchiude poche e
semplici parole quali “mamma”, “papà”, “cane”, “casa”, “pappa” eccetera. Tra i 12 e i 16 mesi si
registra, invece, un incremento quasi improvviso del bagaglio lessicale con quella che viene definita
esplosione del vocabolario. Attenzione però: non tutti i bambini passano attraverso questa fase. Ci
sono alcuni bambini a cui lessico si arricchisce gradualmente nel tempo per cui non si verifica questa
esplosione del vocabolario.
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La semantica, invece, riguarda i significati delle parole che, anche in questo caso, hanno un
percorso graduale di comprensione: il bambino impara il significato delle parole soprattutto grazie al
contesto nel quale queste parole vengono pronunciate.
Una volta creato un discreto bagaglio lessicale ed una comprensione semantica adeguata, il bambino
inizia a produrre vere e proprie frasi. Ecco che lo sviluppo del linguaggio approda ad un livello più
alto ovvero allo sviluppo morfologico e sintattico.

3- lo sviluppo morfologico e sintattico. La creazione vera e propria di una frase di senso compiuto
passa per il periodo pre-sintattico intorno ai 19 -24 mesi di età.
Intorno ai 2 anni di vita del bambino inizia il periodo in cui il bambino inizia a produrre le “olofrasi”
ossia delle frasi costituite da una singola parola che esprime una frase intera oppure un
concetto. L'adulto comprende la frase sottintesa grazie al contesto, ai gesti del bambino, al tono e al
volume della voce e quindi grazie a tutti quegli elementi non verbali e paraverbali che fanno da
corollario alla singola parola.

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Generalmente le olofrasi sono costituite da parole che hanno un significato concreto per il bambino
come per esempio il nome dell'animale domestico, “pappa”, “biscotto” oppure parole che il bambino
sente spesso come “grazie”, “buono”, “bello”, “cattivo”, “bravo” e via dicendo.
L'apprendimento dei verbi, invece, è decisamente più lento e, generalmente, i verbi più usati in questa
fase sono quelli legati ad azioni proprie come “dare”, “bere”, “mangiare” e “dormire”. In questo
stesso periodo si assiste anche allo sviluppo morfologico che consente al bambino di coniugare gli
aggettivi alle parole nel modo corretto. Questa coniugazione comporta l’apprendimento di altre
caratteristiche dell’apprendimento verbale: infatti se il bambino, per esempio, dice “palla bella” e non
“palla bello”, vuol dire che il bambino ha imparato che il sostantivo “palla” è femminile e che
l'aggettivo che lo accompagna deve avere la desinenza finale femminile.
Intorno a 2 anni lo sviluppo sintattico morfologico migliora sempre di più e il bambino inizia a
produrre le “frasi telegrafiche” ossia frasi non più costituite da una sola parola ma frasi costituite da
più parole tranne, però, le cosiddette dette parole “perno” ossia tutte quelle parole che legano i vari
componenti della frase (articoli, le congiunzioni e alcune forme verbali più complicate). Per dire, ad
esempio, “la mia palla è bella”, il bambino dirà solamente “palla bella”, omettendo quindi articolo e
verso.
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Lo sviluppo sintattico si affina sempre di più col passare dei mesi e intorno ai 3 anni il bambino
impara a dire frasi complete e grammaticalmente corrette. Ma non finisce qui in quanto l'affinamento
delle capacità sintattiche grammaticali si protrae fino al quinto anno di età quando sarà in grado di
produrre frasi con strutture grammaticali e vocaboli sempre più complessi.

4 - lo sviluppo pragmatico. Come suggerisce la parola stessa, riguarda lo sviluppo linguistico nel
contesto sociale e culturale nel quale il bambino vive. Lo sviluppo pragmatico è uno sviluppo molto
complesso, lungo e difficile in quanto implica la padronanza di alcune abilità concatenate tra loro tra
cui, per esempio, la comprensione del contesto nel quale il bambino parla, l’interlocutore con cui
parla e il grado di mentalizzazione ossia di comprensione del proprio o dell'altrui stato mentale o
situazione emotiva.

Il linguaggio è un sistema gerarchico con differenti livelli che dipendono uno dall’altro.
Infatti, le abilità linguistico-comunicative sono organizzate dal basso verso l'alto, dove i
comportamenti del livello inferiore, come ad esempio abilità fonetiche, avranno influenza su quelle
di livelli superiori, come il livello semantico-lessicale. Per via di quest’organizzazione gerarchica, il

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sistema funziona secondo principi di autoorganizzazione. Esso è in grado di trovare, in maniera


autonoma, degli stati di equilibrio stabile in cui l’interazione dei diversi elementi individuali, sociali,
neurali ed adattive produce comportamenti funzionalmente ottimali, come è appunto la nostra facoltà
lingustico-comunicativa.
Il risultato del processo di auto-organizzazione è chiamato emergente, perché imprevedibile e non
facilmente spiegabile. Nello studio del linguaggio, è possibile osservare l’emergere di diverse
proprietà e abilità. A livello individuale, durante il processo di acquisizione del linguaggio nel
bambino/a emergono gradualmente una serie di complesse abilità linguistiche-comunicative, come
l’acquisizione del lessico, l’apprendimento di conoscenze sintattiche, e lo sviluppo di competenze
comunicative. A livello sociale ed evoluzionista, il processo di origine ed evoluzione del linguaggio
può essere considerato un processo emergente. Infatti, l’auto-organizzazione di processi adattivi,
sociali, e neurali deve aver portato alla graduale emergenza di facoltà sociocomunicative, basata su
abilità vocali o gestuali, e su abilità cognitivo-linguistiche sempre più complesse.

I problemi di apprendimento del linguaggio.


Numerosi studi dimostrano che quando un bambino, dopo il compimento del quarto anno di età,
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presenta ancora delle alterazioni di tipo fonologico, questi ha 80% di probabilità di sviluppare un
disturbo del linguaggio e dell'apprendimento. Purtroppo, continua ancora a persistere, soprattutto tra
alcuni psicologi, la teoria dell'eziopatogenesi relazionale (il bambino parla male in quanto si rifiuta
di crescere). Nonostante questa teoria sia stata ampiamente confutata, tale pensiero è difficile da
sradicare: esistono molti bambini che si rifiutano di crescere ma, a tal fine, mettono in atto svariati
comportamenti tra i quali, però, non si evidenzia il disturbo fonologico.
Per quanto riguarda i disturbi del linguaggio, persiste ancora molta confusione e molte inesattezze,
soprattutto fra gli insegnanti. Si sente spesso dire, infatti, che un bambino con la balbuzie abbia un
disturbo del linguaggio, oppure che un bambino che ha una pessima calligrafia sia dislessico eccetera.
Tutta questa confusione si crea soprattutto quando non si ha ben chiaro cosa sia il linguaggio (da non
confondere con la lingua). Il linguaggio non è altro che l’abilità di decodificare e costruire un codice
attraverso un processo lungo e complesso (nonchè innato) detto “computazionale”: la capacità di
elaborare un (qualsiasi) codice a partire da regole date dagli adulti (o dai propri pari) oppure
semplicemente dedotte dall’uso altrui di quel codice.
Per quanto riguarda i problemi di linguaggio, si evidenzia che l’80% dei bambini mostrano deficit e
problematiche a livello della fonologia.

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La fonologia è un sistema prescrittivo in quanto non può avere carenze a livello numerico (in italiano
i fonemi sono 30 e bisogna utilizzarli tutti per parlare) e in quanto bisogna acquisirlo entro un
determinato periodo di tempo che è relativamente breve ovvero entro i 3 anni di età (fatto salvo di
eventuali problemi di sigmatismo e di rotacismo che potrebbero essere causati da disturbi prettamente
articolatori - in questo caso il bambino si rende perfettamente conto di pronunciare la S e la R in
maniera differente dai suoi pari).
Quando la decodifica del codice - nell’ambito della fonologia oppure nell’ambito di una o di tutte le
quattro componenti dello sviluppo del linguaggio sopraelencate - si sviluppa troppo lentamente
oppure in maniera alterata abbiamo un disturbo del linguaggio.
Il disturbo del linguaggio ha una caratteristica interessante ovvero si manifesta come una
persistenza per un tempo troppo lungo delle famose strutture fonotattiche primitive. Vediamo quindi,
ad esempio, che un bambino di 4 anni e mezzo invece di dire “PORTA” dice ancora “POTTA”: il
termine POTTA è costruito su una struttura sillabica piana che di solito dopo i 3 anni dovrebbe aver
lasciato il posto a strutture sillabiche più complesse.
Si tende, quindi, ad avere una sorta di semplificazione del codice che si protrae troppo a lungo.
I processi di semplificazione messi in atto dal bambino rispondono a motivazioni di carattere
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articolatorio e percettivo ed operano a due livelli: a livello della struttura della sillaba e della parola
a livello del sistema fonologico.
Nel processo di struttura, il bambino ha difficoltà nell’organizzazione sequenziale dei suoni
all’interno della sillaba o della parola quindi possiamo osservare:
• La duplicazione (caffè = [ke’kke])
• La cancellazione di sillabe atone (banana =[‘nana])
• La riduzione di gruppi consonantici (treno = [‘teno])
• l’armonia consonantica (coccodrillo= [kokko’lillo])
• l’armonia vocalica (piccola = [‘pakkala])
• La cancellazione di consonante iniziale Metatesi (topo = [‘poto])
• l’epentesi (aereo =[a’leleo])
• La riduzione di dittonghi pieno= [‘peno]
• La soppressione di consonante finale di sillaba (albero= [‘abbeo])

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Per ciò che concerne i processi di sistema, invece, il bambino ha categorizza i suoni percettivamente
ma non riesce ad utilizzarli in maniera contrastiva. Si tratta di processi semplificatori che spesso
comportano la sostituzione di una certa classe di fonemi con un’altra:
• Stopping(sole = [‘tole])
• Anteriorizzazione (cane = [‘tane])
• Gliding (mare = [‘maje])
• Semplificazione di liquide (rana = [‘lana])
• Fricazione (camicia= [ka’misa])
• Affricazione (rosso= [‘rot ∫ t ∫o])
• Desonorizzazione (gambe= [‘kampe])
• Sonorizzazione (acqua= [‘agwa])

Tutte queste difficoltà sono in genere più evidenti nella pronuncia di parole polisillabiche o che
contengono vari gruppi consonantici.
Come già detto in precedenza, l’80% dei disturbi del linguaggio in età evolutiva ha una
manifestazione denominata “disturbo fonologico-espressivo”: è strettamente correlato con 6
l’apprendimento della fono-scrittura e, quindi, è quello che evolve più favorevolmente nel disturbo
dell’apprendimento. La struttura sintattica non è alterata ma, naturalmente, è un po ridotta in quanto
il bambino tende a produrre un numero inferiore di elementi fonologici.
Il disturbo fonologico-espressivo è caratterizzato da una buona fluenza verbale e da una prognosi
benigna ovvero va a sparire nel tempo. Purtroppo, però, recenti studi hanno dimostrato che il disturbo
non sparisce nel tempo ma va semplicemente a cambiare forma ed espressività: ed ecco che subentra
lo stretto legame tra sviluppo del linguaggio e sviluppo dell’apprendimento.
Quando, infatti, troviamo un bambino che a 4 anni parla ancora in maniera poco intellegibile, di solito,
avrà miglioramenti negli anni successivi, appunto perchè si tratta di una prognosi benigna.
Successivamente, però, subentrano delle difficoltà di analisi fonologica o metafonologiche e da qui
derivano delle difficoltà soprattutto di scrittura; a volte l’apprendimento della lettura po' più
indipendente un po' più impredicibile invece quello che tende a persistere nel bambino con disturbo
fonologico espressivo in età più avanzata è il disturbo di accesso lessicale che però all'inizio non si
osserva in quanto i genitori sono abituati ai continui errori del bambino e si accontentano anche del
più piccolo miglioramento.

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Per avere delle buone competenze metafonologiche è necessario avere una padronanza
fonologica che viene esercitata almeno dal compimento del secondo anno di età e che raggiunge il
suo apice nei 3-4 anni. Ma cosa succede al bambino che, invece, ha un disturbo fonologico e che
raggiunge queste capacità, anche un po' incerte, solo intorno ai 5 anni? Accade che purtroppo non è
sufficientemente pronto. Ne deriva che l’anno successivo, alla scuola primaria, trova moltissime
difficoltà ad apprendere la scrittura.
Anche quando, durante la scuola, i sintomi più evidenti diminuiscono, i bambini con DSL
spesso hanno deficit significativi nei compiti legati alla lingua scritta, sia relativi alla decodifica, sia
relativi alla comprensione e all’espressione; è grossa perciò la sovrapposizione tra bambini dislessici
e bambini con DSL, tanto che ritardi e/o atipie dello sviluppo linguistico vengono riscontrati con una
frequenza che arriva fino al 50% nei soggetti con dislessia evolutiva. Inoltre, frequentemente,
sembrano permanere difficoltà linguistiche sottili a livello di competenze metafonologiche, della
memoria verbale a breve termine e di altri aspetti molecolari o di integrazione logico-cognitiva.
Bisogna precisare però che, nonostante la stretta connessione tra linguaggio orale e apprendimento
del linguaggio scritto, non c’è una sovrapposizione netta tra i due.
Molti sono i settori del linguaggio compromessi nei bambini con DSA ed è emersa sempre più
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l’esigenza di distinguere questi disturbi dell’apprendimento in diversi sottotipi, in relazione alla
presenza o meno o alla rilevanza maggiore o minore di un disturbo del linguaggio. A tal proposito,
attraverso una serie di ricerche (vedi Satz e Morris, 1981, in Fabrizi, Sechi e Levi, 1991), sono stati
individuati un sottogruppo di DSA con problemi di analisi fonologica ed un altro sottogruppo con
problemi nelle competenze visuo-spaziali. Anche altri studi (Rourke, 1985, Stanovich, 1988, in
Fabrizi, Sechi e Levi, 1991) hanno confermato l’esistenza di soggetti con disturbi specifici
dell’apprendimento in cui prevalgono fattori extralinguistici, ma hanno anche mostrato che ci sono
bambini con DSA e prevalenti difficoltà fonologiche (ovvero problemi di linguaggio settoriali) e
bambini con DSA e difficoltà più generali di linguaggio orale.
Si è cercato inoltre di capire se il disturbo linguistico spieghi totalmente l’origine dei DSA, se la
favorisca solamente, o, addirittura, se ne sia una conseguenza. Alcuni autori hanno sottolineato la
difficoltà di stabilire un rapporto causale unidirezionale tra difficoltà linguistiche e difficoltà di
lettura, in quanto l’esposizione al linguaggio scritto condiziona molto lo sviluppo di alcune
competenze linguistiche e fonologiche. Inoltre, alcune ricerche, come quella di Bishop e Adams
(1990), hanno sottolineato che il livello di lettura raggiunto dai bambini con DSL, è spesso
paragonabile a quello dei bambini di controllo con pari livello di sviluppo delle competenze verbali

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e non verbali e quindi forse dislessia evolutiva e DSL condividerebbero solo apparentemente fattori
e meccanismi patogenetici.
Tipologie di disturbo del linguaggio differenti danno luogo a disturbi di apprendimento diversi
per tipo e gravità. La maggior parte delle ricerche si è interessata, a questo riguardo, del rapporto tra
DSA e difficoltà di elaborazione fonologica, in quanto le abilità fonologiche sono importanti per le
lingue alfabetiche come la nostra, in cui la scrittura si basa sull’organizzazione sonora della parola,
fonema per fonema. La capacità di identificazione di singoli fonemi e del loro raggruppamento è
cruciale perciò sia per la scrittura che per la lettura. Studi longitudinali hanno dimostrato come
soggetti con pregresso disordine fonologico eseguono compiti di lettura, spelling e conoscenza
metafonologica ottenendo prestazioni inferiori a quelle dei soggetti di controllo. Fabrizi, Sechi e Levi
(1991) mettono in evidenza come la dislalia combinatoria, un DSL a prevalente compromissione
fonologica, determini difficoltà nel processo di conversione grafema-fonema con un’interferenza
precoce nell’apprendimento del codice scritto. Gli studi comunque si sono concentrati soprattutto
sulla consapevolezza fonologica (o abilità metafonologica: analisi e sintesi esplicita dei fonemi) e
sulla ricodificazione nella memoria fonologica a breve termine. Si è rilevato che c’è una stretta
relazione tra grado di consapevolezza fonologica e apprendimento della lettura nei suoi aspetti di
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decodifica. Infatti le competenze metafonologiche, che si sviluppano soprattutto tra i 4 e i 7 anni,sono
considerate uno degli indici più attendibili del livello di acquisizione del linguaggio scritto nei primi
anni di scuola. D’altronde, però, si è parlato del rapporto tra abilità metafonologiche e apprendimento
della letto-scrittura non solo in termini causali, ma anche di interattività, in quanto le capacità
metafonologiche aumentano con l’apprendimento del linguaggio scritto.
Anche un deficit di memoria a breve termine specifico per il materiale verbale e soprattutto
per l’elaborazione delle informazioni fonologiche, sembra strettamente connesso con le difficoltà di
lettura e scrittura. Dagli studi è emerso infatti che un difettoso funzionamento della memoria di lavoro
verbale è alla base di problemi di acquisizione del linguaggio orale e scritto. Sono soprattutto lo
sviluppo lessicale e la comprensione verbale ad essere compromessi da deficit di memoria fonologica
a breve termine, ma, allo stesso tempo, sembra anche che difficoltà linguistiche espressivo-
articolatorie siano correlate (se non addirittura responsabili) a disturbi di memoria. Si è evidenziato
quindi che la memoria a breve termine fonologica è compromessa sia nei disturbi del linguaggio che
nei DSA e che è maggiormente deficitaria quando questi due disturbi sono compresenti. Da qui
l’importanza di promuovere le abilità di memoria fonologica in bambini piccoli con difficoltà
mnestiche.

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Si può in sintesi affermare che le difficoltà fonologiche, soprattutto metafonologiche, sono molto
spesso alla base dei DSA e, in particolar modo, dei disturbi di lettura e scrittura, per i quali sembrano
rappresentare un importante fattore causale e che, allo stesso tempo, un problema di letto-scrittura
può rendere ancora più difficile la maturazione delle competenze fonologiche.
Sembra però che il controllo complessivo del linguaggio scritto (correttezza e comprensione),
sia maggiormente determinato da componenti linguistiche più generali, soprattutto con il crescere del
bambino.
Anche problemi di tipo lessicale-semantico sono presenti in soggetti con DSA: infatti le abilità
lessicali sembrano connesse alla decodifica del linguaggio scritto e all’estrazione del significato
(comprensione del linguaggio scritto). Nei bambini con disturbi specifici dell’apprendimento si sono
riscontrate difficoltà morfo-sintattiche (difficoltà a riconoscere le forme che una parola può assumere
in relazione ad una frase) come quelle presenti ad esempio nel DSL definito disfasia evolutiva, che
provoca una difficoltà precoce nell’apprendimento di lettura e scrittura e, a causa di un deficit sul
piano logico-linguistico, un problema di apprendimento anche in una fase successiva, che
compromette la comprensione della lettura e la programmazione della frase scritta.
Si può dedurre, quindi, che i bambini con DSA hanno problemi specifici e significativi in tutti i settori
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del linguaggio orale, deficit che, a loro volta, si collegano in maniera differente con le diverse
componenti del processo di lettura e scrittura. Infatti, le competenze fonologiche sono più
determinanti per la decodifica e la trascrizione delle parole, mentre le competenze semantiche e
morfo-sintattiche sono più coinvolte nell’estrazione del significato e nella programmazione del
linguaggio scritto. La gravità del DA è maggiore comunque nei bambini con disturbo
prevalentemente morfo-sintattico e/o con compromissione della comprensione verbale.

Suggerimenti per la scuola: come gestire i DSL in classe


È opportuno sottolineare che alla Scuola non compete il ruolo di risolvere i problemi relativi i disturbi
del linguaggio e poiché un’analisi dei possibili interventi terapeutici e riabilitativi esula dagli obiettivi
del presente e-seminar essi non verranno presi in esame. La Scuola però può svolgere un ruolo
primario sia nella loro individuazione precoce, in quanto contesto di osservazione privilegiata dei vari
campanelli d’allarme, sia nel fornire adeguate strategie di supporto. Scuola dell’ Infanzia I disturbi
del linguaggio che sono osservabili già in questa fase dello sviluppo del bambino riguardano
essenzialmente il versante espressivo, nello specifico le difficoltà fonologiche e quelle relative la
povertà del vocabolario.

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L’acquisizione dell’abilità fonologica globale può essere agevolata e potenziata già a partire dalla
Scuola dell’Infanzia proponendo attività e giochi che contemplano l’uso dei “suoni del linguaggio”.
Per esempio, dare un suono target e cercare tutte le parole che lo contengono o cantare in coro
filastrocche o rime, non importa che il bambino con DSL non riesca ad impararle a memoria o sbagli
qualche parola, gli è comunque d’aiuto farlo insieme agli altri compagni. È utile qualunque attività
che, sempre sotto forma di gioco, aiuti ad acquisire dimestichezza con i suoni, non necessariamente
parole; si possono per esempio fare giochi in cui bisogna riconoscere se due suoni sono uguali o
diversi (drin-drin , tac-pac, bum-bum ecc, …). È importante, quando il bambino pronuncia male una
parola, non correggerlo apertamente ma ripetere la parola nel modo corretto, se il bambino per
esempio dice “voglio la bacca” indicando un giocattolo, non bisogna correggerlo dicendo “non si dice
bacca, di dice barca”, piuttosto la maestra può dire “vuoi la barca? Eccola..” ripetendo la parola nel
modo corretto senza che per il bambino ciò venga vissuto come un giudizio o rimprovero. Per
supportare lo sviluppo del vocabolario può essere utile accompagnare le parole nuove con dei disegni,
o immagini, magari da attaccare o tenere in un luogo che il bambino può facilmente vedere. È utile
inoltre stimolare sempre il bambino affinché usi il linguaggio, soprattutto con quei bambini che
tendono a comunicare a gesti indicando per esempio ciò che vogliono. Anche in questo caso, quando
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il bambino indica un oggetto è bene in un primo momento stimolarlo a pronunciare la parola, per
esempio facendo finta di non capire “cosa vuoi ? cosa vuoi che ti prenda?” successivamente, qualora
notiamo che il bambino proprio non riesce a pronunciarla o manifesta eccessiva frustrazione, è bene
passargli l’oggetto che vuole sempre però ripetendone il nome “vuoi questo? Vuoi il bicchiere? Tieni
ti passo il bicchiere”.
Scuola Primaria e Secondaria
Con l’ingresso del bambino nella scuola primaria, e con l’introduzione della letto-scrittura, le
difficoltà insite nei DSL diventano maggiori ed emergono via via anche gli aspetti più latenti. Durante
i primi 2/3 anni della primaria valgono essenzialmente le stesse indicazioni per la scuola d’infanzia
relative il supporto della componente fonologica, le modalità di correzione e l’acquisizione di nuovi
termini. Soprattutto per l’uso dei fonemi e dei grafemi questi bambini presentano solitamente
un’acquisizione molto più lenta rispetto alla media. In questi casi occorre predisporre un maggior
“allenamento” per la gestione dei fonemi. Risultano utili gli esercizi simili alle attività proposte nel
test CMF (descritte nelle pagine precedenti), segmentazione e fusione dei fonemi, formazione di rime
e giochi con i suoni delle parole. Qualora il bambino presenti distorsioni nella pronuncia di più suoni,
e non abbia ancora intrapreso un percorso riabilitativo, è importante suggerirne ai genitori

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l’importanza, sottolineandone il legame con l’acquisizione della letto-scrittura. Allo stesso modo che
per gli alunni con DSA, anche per coloro che hanno disturbi del linguaggio risulta sempre utile
l’associazione con le immagini, delle parole nuove, o dei termini via via più specifici. Le immagini
sono un utile supporto anche per l’acquisizione dei principali ruoli grammaticali (per capire la
differenza tra “il gatto insegue il topo” e “il topo è inseguito dal gatto” risulta inizialmente più facile
se il bambino può veder la frase sotto forma di disegno). Le immagini supportano e funzionano perché
sono “gestite” da ambiti e funzioni cognitive diverse rispetto quelle del linguaggio, e questo, per il
cervello di chi ha un DSL (così come un DSA) rappresenta una sorta di canale privilegiato.
La mappa concettuale è uno strumento versatile poiché può essere utilizzata come supporto
per vari aspetti: per creare una sorta di vocabolario illustrato, utile per i termini specifici delle varie
materie, per lavorare sulle parole chiave o sulle parole legame (circoscrivendo i concetti principali ai
singoli “nodi” della mappa e le parole legame solo sulle frecce, in tal modo se ne evidenzia
maggiormente il ruolo), per articolare in maniera efficace un discorso, come supporto quindi
all’esposizione orale. Per supportare i problemi di comprensione verbale si suggerisce di non fermarsi
alla semplice domanda “hai capito?”, ma di chiedere all’alunno di raccontarci a modo loro cosa
pensano di aver capito, o verificarlo con un esercizio di prova (è tipico infatti che il bambino o il
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ragazzino affermi di aver capito tutto della lezione, salvo poi riscontrare il contrario!) È utile
ricordarsi che questi alunni possono avere difficoltà anche nel richiedere chiarimenti o fare domande,
e ciò sia perché spesso non sono in grado di afferrare in poco tempo le informazioni che non gli
risultano chiare, sia perché il più delle volte cercano di evitare di esporsi, quindi non formulano
domande, non chiedono spiegazioni, in generale partecipano poco.
Spesso sono gli insegnanti che devono, almeno inizialmente, cercare di instaurare delle routine
con l’alunno attraverso le quali monitorare il suo grado di comprensione. È opportuno parlare
apertamente con l’alunno anche delle sue difficoltà; si può per esempio dire “so che con le parole fai
spesso confusione e so che non dipende dalla tua volontà, per aiutarti dobbiamo insieme fare più
attenzione proprio alle cose che ci sfuggono di più … So che spesso pensi di aver capito tutto ma poi
quando devi svolgere l’esercizio ti confondi… Visto che non ti viene naturale fare delle domande, te
ne ricorderò io… Ogni fine lezione tu dovrai farmene almeno una…magari anche pensandoci un pò…
All’inizio ti sembrerà strano ma poi magari diventerà una buona abitudine…”. Ovviamente questo è
solo un esempio, ogni insegnante potrà farlo a modo proprio e con parole proprie, ma ciò che conta è
manifestare all’alunno che conosciamo la natura delle sue difficoltà, le accogliamo e cerchiamo
insieme di gestirle. Sia con i bambini della primaria che con i ragazzi della secondaria è fondamentale

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Il Linguaggio: disturbi del linguaggio e dell’apprendimento

veicolare l’idea che si fa gioco di squadra, “io insegnate ti vengo incontro e cerco di suggerirti
modalità e strategie per arginare le tue difficoltà e portarti al successo scolastico, tu, da alunno,
mostrami il tuo impegno, aiutami ad aiutarmi!”; senza tale collaborazione e confronto di base l’alunno
corre il rischio di demotivarsi e mollare del tutto l’impegno, ritenendo che tanto è inutile perché non
ce la fa, l’insegnate di accumulare frustrazione e senso di impotenza. Per la comprensione del testo
scritto si suggerisce di leggere ad alta voce, per tutta la classe, la consegna del compito o
dell’esercizio, di sottolineare, nel foglio dell’alunno con DSL le parole chiave, per esempio la
domanda finale di un problema o i termini specifici, e di cercare di formulare quesiti essenziali e poco
articolati. Ulteriormente utile se la consegna viene accompagnata da un esercizio che faccia da
esempio. Se l’alunno deve svolgere esercizi in cui si devono inserire termini specifici può agevolare
se le parole vengono contestualmente presentate, in questo caso il compito è di riconoscimento,
poiché il termine c’è già, ed è un compito che a livello cognitivo risulta più semplice. La
comprensione del testo può essere inoltre agevolata da un lavoro mirato sulle parole legame (pronomi,
congiunzioni …). Qualora l’alunno faccia tanti errori linguistici, legati alla pronuncia o alla semantica
delle parole, e ci si rende conto che viene deriso dai compagni, è opportuno intervenire sottolineando
il fatto che ciascuno di noi ha i propri punti di forza e di debolezza, per esempio “…sappiamo che per
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Marco le parole non sempre sono il sono forte, in compenso fa meglio con i numeri …” o con
qualunque altro ambito, e lo stesso vale per tutti i compagni. È fondamentale che non si crei in classe
un clima di scherno o derisione.
Se gli alunni con DSL hanno difficoltà con la lingua madre, è facilmente comprensibile che
le difficoltà si moltiplicano nell’apprendimento delle lingue straniere. In questi casi si può sempre
ricorrere all’uso di mappe e vocabolari illustrati, ma resta indispensabile far buon uso di pazienza e
tolleranza dell’errore poiché alcuni deficit non possono essere del tutto arginati. Si ricorda, inoltre,
che i Disturbi Specifici del Linguaggio rientrano nella Direttiva Ministeriale 27 Dicembre 2012
“Strumenti di intervento per alunni con bisogni educativi speciali e organizzazione territoriale per
l’inclusione scolastica” all’interno della quale si legge che: «per disturbi evolutivi specifici
intendiamo, oltre i disturbi specifici dell’apprendimento, anche i deficit del linguaggio (…) alcune
tipologie di disturbi, non esplicitati dalla legge 170/2010, danno diritto ad usufruire delle stesse
misure ivi previste in quanto presentano problematiche specifiche in presenza di competenze
intellettive nella norma. Si tratta, in particolare, dei disturbi con specifiche problematiche nell’area
del linguaggio (disturbi specifici del linguaggio o – più in generale – presenza di bassa intelligenza
verbale associata ad alta intelligenza non verbale) …». Ne consegue che anche per i DSL è possibile

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Didattica speciale (9 CFU) – M-PED/03
Marianna Petrecca
Il Linguaggio: disturbi del linguaggio e dell’apprendimento

racchiudere i suggerimenti e le procedure sopra indicate in un Piano Didattico Personalizzato, nel


quale dunque poter verbalizzare l’uso delle mappe concettuali, la riduzione delle verifiche scritte o il
recupero con interrogazioni orali per gli alunni con difficoltà di comprensione del testo, o, il contrario,
prediligere le prove scritte per gli alunni con maggiori difficoltà sul piano espressivo, la tolleranza
all’errore sia per l’ortografia dell’italiano, e ancor di più per le lingue straniere - laddove spesso
occorre estendere la tolleranza anche agli errori di pronuncia (soprattutto nel caso di disturbo
espressivo e fonologico) -, e qualunque modalità che si ritenga opportuna. Si rammenta, infine, che
gli alunni con DSL sono molto sensibili ai rumori e tendono a distrarsi o a confondersi facilmente in
contesti rumorosi, ragion per cui si suggerisce di assegnare preferibilmente un posto che non sia
vicino alla porta o alla finestra (fonte di maggiore rumore) o ad un compagno particolarmente
chiacchierone. Può sembrare una banalità ma per questi alunni anche svolgere una verifica o
un’interrogazione in un contesto in cui vi sono chiacchiere e rumori di fondo persistenti può incidere
negativamente.

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Il Linguaggio: disturbi del linguaggio e dell’apprendimento

• Camaioni L., Psicologia dello sviluppo del linguaggio; Edizioni Il mulino; 2001.
• Gilardone M., Casetta M., Luciani A.; Il bambino con disturbo di linguaggio. Valutazione e
trattamento logopedico; Cortina Editore; 2008.
• Sabbadini L., Disturbi specifici del linguaggio, disprassie e funzioni esecutive. Con una
raccolta di casi clinici ed esempi di terapia; Springer Verlag Editore; 2013.
• Mariani E., Marotta L., Pieretti M.; Presa in carico e intervento nei disturbi dello sviluppo.
Disturbi specifici del linguaggio e dell’apprendimento, disturbi generalizzati dello sviluppo,
disturbo di attenzione e iperattività, disabilità intellettive, disprassia e sordità. Centro Studi
Erickson; 2009.
• Venera A.M.; Arricchimento linguistico nella scuola dell’infanzia. Giochi e attività per
sviluppare le competenze lessicali, narrative e descrittive; Centro Studi Erickson 2014
• Azzaro C., Parlare… Giocando. Consigli ai genitori per aiutare i bambini a parlare bene.
Armando Editore,2014
• Cipriani P., Chilosi A.M., Bottari P., Pfanner L. L’acquisizione della morfosintassi in italiano. 14
Fasi e processi, Unipress, Padova. 1993.
• Favilla M.E., Ferroni L., Disturbi del linguaggio e neurolinguistica; Guerra Edizioni; 2009.
Tabossi P., Il linguaggio; Il Muliono Editore; 2002.
• Bickel J., Il bambino con problemi di linguaggio. Diagnosi, intervento, prevenzione a casa e
a scuola; Books & Company Ediotre; 2007.

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