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UNIVERSITÀ CA’ FOSCARI DI VENEZIA

Dipartimento di Studi Linguistici e Culturali Comparati


Corso di Laurea Magistrale
in Scienze del linguaggio

L’ACQUISIZIONE LINGUISTICA DEL BAMBINO UDENTE E SORDO


MESSE A CONFRONTO:
IL MANUAL BABBLING

Studentessa
Milica Stojković
Matricola
864124
Anno Accademico
2020-2021
1
Tutti gli esseri umani hanno due occhi,
ma diversi da quelli di un altro.
Tutti gli uomini parlano,
ma vi sono migliaia di lingue diverse nel mondo.
Così possono chiamarsi ugualitari coloro che,
pur sapendo che gli uomini sono tanto uguali quanto diversi,
danno importanza più a quello che rende dissimili i singoli uomini
rispetto a quello che li accomuna.

-Norberto Bobbio

2
INDICE

Introduzione ............................................................................................... 4

1. L’acquisizione linguistica del bambino udente....................................5


1.1 La facoltà del linguaggio..........................................................................5
1.2 Gli stadi dello sviluppo linguistico ..........................................................7
2. L’acquisizione linguista del bambino sordo ........................................8
2.1 L’acquisizione della lingua orale e le sue difficoltà ................................8
2.2 L’acquisizione della lingua dei segni ......................................................9
3. Babbling in the Manual Mode: Evidence for the Ontogeny of
Language (Laura Ann Petitto, Paula F. Marentette) .........................11
Conclusione .......................................................................................................13

Bibliografia ........................................................................................................14

3
INTRODUZIONE

Alla base di questo studio vi è una breve analisi sui processi di acquisizione di una lingua. In
particolare, si pone attenzione all’acquisizione linguistica di soggetti sordi.

Gli obiettivi di questa tesi sono molteplici: in primis, affermare che la competenza linguistica non è
determinata dall’apparato fono-articolatorio, ma ben sì è conseguibile da tutti i soggetti che sono
stati esposti ad una lingua alla nascita. Secondo, i soggetti sordi sono in grado di sviluppare una
competenza linguistica a tutti gli effetti e le fasi dello sviluppo linguistico per gran parte
corrispondo a quelle dei soggetti udenti. Infine, l’acquisizione della lingua dei segni è un processo
naturale e avviene senza grande sforzo, mentre l’apprendimento della lingua orale per un sordo è un
processo forzato e indotto.

La tesi è così strutturata: il primo capitolo mira a dare una breve introduzione su ciò che sono i
principi della facoltà del linguaggio, citando il LAD e la UG. Un breve paragrafo spiega le fasi
d’acquisizione della lingua orale per i soggetti udenti. Il secondo capitolo introduce un tema di
grande interesse: l’acquisizione linguistica dei soggetti sordi; verrà confrontato l’apprendimento di
una lingua orale indotto e l’acquisizione della lingua dei segni più naturale. Inoltre, una breve
analisi delle fasi dell’acquisizione della lingua dei segni dimostra che i bambini sordi se esposti
dalla nascita alla lingua, attraverseranno le stesse fasi linguistiche di un soggetto a sviluppo tipico.
Nel terzo ed ultimo capitolo, l’analisi di uno studio di Petitto e Marentette del 1991 analizza la fase
di manual babbling di bambini sordi a confronto con bambini udenti, dimostrando che la facoltà del
linguaggio è disponibile sia in modalità orale, che visivo-gestuale.

4
1. L’acquisizione linguistica del bambino udente
1.1 La facoltà del linguaggio

Il linguaggio non è un artefatto culturale che impariamo così come impariamo a leggere l’ora o a
capire come funziona il governo federale. [...] Il linguaggio è un’abilità complessa e specializzata
che si sviluppa spontaneamente nel bambino senza sforzo conscio o istruzione formale, che viene
usato senza la coscienza della sua struttura logica. [...] Il termine “istinto”, anche se un po’
antiquato, suggerisce l’idea che l’uomo sa parlare più o meno nello stesso senso in cui il ragno sa
tessere la sua tela [Pinker, 1994].

La velocità e la naturalezza con la quale i bambini riescono a raggiungere una competenza


linguistica1 complessa come è quella di un adulto è spesso stata materia di studio di molti
ricercatori: con un’iniziale fase di conoscenza linguistica titubante, nella fase di “esplosione
linguistica” che avviene attorno ai 2 anni di vita dell’infante, la competenza lessicale nella propria
lingua madre cresce notevolmente. Mehler, nel 1990, affermò che un bambino di 2 anni acquisisce
una nuova parola ad ogni ora di veglia. A questo fenomeno si è interessato Skinner (1957) 2: con la
sua teoria del “comportamentismo”, affermò che il processo di acquisizione del bambino era frutto
di imitazione dell’adulto, il quale restituiva un feedback positivo o negativo (in caso d’errore, il
bambino viene corretto, in caso di successo il bambino viene gratificato). Questa teoria fu
pesantemente criticata da Chomsky nel 1959, il quale sosteneva che la teoria comportamentista
non potesse spiegare il fenomeno della creatività linguistica: è impossibile che un infante riesca a
produrre delle frasi corrette e mai sentite prima solo grazie ad un fenomeno di imitazione
dell’adulto. La visione chomskiana, quindi, afferma che il modulo linguistico riesce a svilupparsi
naturalmente grazie ad un organo chiamato LAD (Language Acquisition Device) di cui ogni
essere è dotato geneticamente, il quale fa sì che il cervello interpreti dei dati linguistici presenti
nell’ambiente tramite un sistema di principi vincolanti [Chesi, 2000]. A sostegno della teoria
chomskiana, nel 1981 Hornstein e Lightfoot affermarono che “le persone raggiungono una
conoscenza della struttura della propria lingua per la quale nessuna evidenza è disponibile nei dati
a cui i bambini sono esposti”: l’abilità di giudizio di cui un bambino dispone per riconoscere una
frase agrammaticale o ambigua nella propria lingua madre, non può essere altro che frutto di una
competenza pregressa ed innata, non appresa grazie all’esperienza.

1
“Capacità di comprendere e di produrre un numero infinito di enunciati partendo dai dati (lessico) e strumenti
computazionali (regole e principi) finiti ma anche di riconoscere espressioni devianti rispetto alle proprietà
grammaticali offerte dalla propria lingua” [Chesi 2006].
2
Verbal behaviour di Burrhus Skinner, 1957.
5
Nonostante l’indiscutibile presenza di fattori biologici che caratterizzano la competenza
linguistica, è altrettanto necessario sottolineare la cruciale importanza dell’input che l’ambiente
linguistico fornisce al bambino, soprattutto per l’apprendimento degli elementi lessicali della
lingua. Grazie all’input linguistico dato dall’ambiente che circonda l’infante, è reso possibile al
bambino apprendere anche l’ordine posizionale delle parole e il ruolo nella struttura complessiva
della frase: queste proprietà vincolanti sono chiamate da Chomsky “parametri” 3 e sono quelle che
distinguono le lingue e che fanno sì che la grammatica di un infante si fissi sull’apprendimento
della propria lingua madre [Chesi, 2000].

Altro fenomeno che ha interessato molti studi è il periodo critico per l’apprendimento del
linguaggio: questa proprietà biologica sembra essere disponibile (o almeno al massimo della sua
potenzialità) nel periodo che va dalla nascita all’adolescenza. Superato questo periodo, la
difficoltà nell’apprendimento di alcune strutture caratterizzanti una lingua, quali gli elementi
funzionali, risulterebbe insormontabile. Secondo Mehler (1990), questa difficoltà si può attribuire
ad una riduzione dell’elasticità neuronale: come spiega Chesi (2000) nella sua tesi, “normalmente,
dopo l’adolescenza, l’attività metabolica cerebrale, che fino a quel momento eccedeva i livelli
standard, raggiunge i livelli adulti e le connessioni sinaptiche iniziano a stabilizzarsi attraverso il
fenomeno di mielinizzazione delle fibre nervose.” A sostegno di questa teoria abbiamo i soggetti
sordi: spesso, la diagnosi della sordità è tardiva, di conseguenza anche la protesizzazione; questo
comporta che il soggetto abbia accesso all’input in età oltre il periodo critico per l’apprendimento
del linguaggio. Infatti, un fenomeno che è stato spesso osservato in caso di sordità e
protesizzazione tardiva, è la difficoltà nell’apprendimento di elementi funzionali (vedi studi di
Friedmann, Stzerman, Volpato e colleghi).

Possiamo quindi concludere che, da una parte la facoltà di linguaggio è un fattore biologico ed
innato, dall’altra l’input linguistico proveniente dall’ambiente che circonda l’infante determina
l’acquisizione degli elementi lessicali e permette la fissazione dei parametri di una data lingua. In
aggiunta, tutto questo avviene senza sforzo ed in modo inconsapevole, ma deve avvenire
all’interno del periodo critico, onde evitare futuri deficit linguistici.

1.2 Gli stadi dello sviluppo linguistico

Tramite un’attenta osservazione delle performances di bambini con sviluppo tipico, è stato
possibile inferire che le fasi dello sviluppo linguistico sono ripetitive ed omogenee negli infanti:

3
Un esempio di parametro può essere il soggetto nullo: in italiano è possibile ommettere il soggetto all’interno di una
frase, senza che questa risulti agrammaticale; in lingue come l’inglese e il francese questo non è possibile, il soggetto
deve essere esplicitato altrimenti la frase è considerata agrammaticale.
6
vedremo qui quali sono le fasi principali. È strabiliante ciò di cui il bambino è capace ancora
prima dalla nascita: esso è in grado di distinguere la voce della propria madre già nell’ultimo
trimestre della gravidanza ed è, inoltre, in grado di discriminare i vari ritmi linguistici
privilegiando quelli della lingua madre a pochi giorni dalla nascita. Tra i sei e i nove mesi ai sei e
gli otto mesi di vita, è stata identificata una prima fase denominata “lallazione”: “è questo un
particolare tipo di balbettio che si differenzia dai pianti e dagli strilli della fase che lo precedono
(propriamente definita di frobbing in cui il bambino mette alla prova il proprio apparato fono-
articolatorio per produrre ogni genere di suoni e rumori)” [Chesi, 2000]. Vedremo, poi, nell’ultimo
capitolo di questa breve tesi che questa fase avviene anche quando la modalità linguistica è visivo-
gestuale: anche i bambini sordi che sono esposti dalla nascita alla lingua dei segni, attraversano
una fase denominata “manual babbling”, detta anche lallazione manuale [Petitto e Marentette,
1991]. Questo stadio dell’acquisizione del linguaggio non sembra essere dipendente dalla lingua a
cui il bambino è esposto, infatti la lallazione di un bambino italiano ed uno serbo non presenta
sostanziale differenza. Una seconda fase è, invece, caratterizzata dalla produzione di parole
singole: questo stadio si presenta dalla fine del primo anno fino alla fine del secondo ed è segnata
dalla produzione orale di nomi propri oppure di nome di oggetti (casa, macchina, pallone...) e,
addirittura, una prima produzione di azioni ed esigenze (pipì, pappa, ancora, no! ...) [Chesi 2000].
La terza fase, infine, va dal secondo anno di vita e dura fino al quinto anno, anche se il periodo è
molto variabile [Foss e Hakes, 1978]. Durante questa fase, i bambini sono in grado di determinare
la posizione strutturale di un elemento linguistico all’interno di una frase, però peccano nell’uso
corretto degli elementi funzionali, non raggiungendo ancora, quindi, la grammatica di un adulto.
Una buona competenza grammaticale4 e nell’uso degli elementi funzionali verrà raggiunta in
periodi successivi.

2. L’acquisizione linguistica del bambino sordo

2.1 L’acquisizione della lingua orale e le sue difficoltà

4
La competenza grammaticale definisce una conoscenza innata di regole: secondo Chomsky, tale competenza va
considerata innata poiché il parlante non deve essere istruito per svilupparla e sarà in grado di applicarla ad un numero
infinito di esempi mai sentiti prima. Le componenti centrali della grammatica sono incluse nella competenza
linguistica del parlante e queste componenti corrispondono alle cinque principali branche della linguistica: fonetica,
fonologia, morfologia, sintassi e semantica.

7
Come precedentemente citato, i soggetti sordi spesso presentano delle lacune linguistiche a causa
di un danno all’apparato uditivo:

Varie prove mostrano che il canale sensoriale privilegiato per la trasmissione di informazioni
linguistiche verbali sia proprio l’udito. Come visto in precedenza, è proprio questo senso quello
che si sviluppa prima nell’essere umano e che raggiunge un’efficienza di discriminazione degli
stimoli 5dimostrata pari a quella adulta fin dai primi giorni dopo la nascita. Le informazioni
soprasegmentali6 sembrano inoltre essere un pozzo di indizi fondamentali per dirigere il bambino
nella segmentazione del flusso fonico umano [Chesi, 2000].

Spesso, questo canale resta bloccato per un lungo periodo a causa di una tarda diagnosi e di
conseguenza una tarda protesizzazione, sempre che essa avvenga (sono i genitori udenti di
bambini sordi che insistono nell’educare i propri figli all’acquisizione della lingua orale, mentre i
genitori sordi tendono a preferire l’uso della lingua dei segni). Questi soggetti, quindi, spesso
hanno l’accesso all’input linguistico di una lingua orale dopo il periodo critico: questo comporta
gravi lacune per l’apprendimento di elementi funzionali di una certa lingua; meno problematici
sono gli elementi lessicali. Il processo d’acquisizione della lingua orale sarà, quindi, un processo
complesso e lento e il soggetto sordo non raggiungerà mai il livello di competenza linguistica di
un soggetto udente che è stato esposto alla lingua orale dalla nascita. Inoltre, non si parlerà più di
un processo di acquisizione, ma ben sì di apprendimento: nel primo caso, la lingua viene acquisita
in modo spontaneo, senza grande sforzo; nel secondo caso questa non verrà appresa naturalmente,
ma tramite continue sedute logopediche, dove il soggetto sordo si sforzerà di apprendere una
lingua che a lui/lei non risulta naturale. Infine, è importante sottolineare che nel caso i soggetti non
fossero stati esposti dalla nascita a nessuna lingua (né in modalità orale, né visivo-gestuale), questi
non avranno nessuna base linguistica da cui partire per poter “costruire” la loro competenza
linguistica nella lingua orale [Chesi, 2000].

È interessante, a questo punto, porre uno sguardo a quale sarà l’effettiva produzione e quali
saranno gli errori dei soggetti sordi che si approcciano alla lingua orale. La tardiva esposizione
alla lingua porterà il soggetto sordo a produrre frasi più corte, ad evitare le strutture complesse,
all’omissione e alla sostituzione di articoli e di preposizioni, i modali e gli ausiliari verranno
spesso omessi o sostituiti; anche il giudizio di grammaticalità (soprattutto di frasi complesse con
subordinate e relative o frasi contenenti pronomi) subirà un danno nel soggetto sordo. Nonostante
ciò, come spiega Chesi (2000), la performance di un soggetto sordo sarà caratterizzata anche da

5
La discriminazione degli stimoli è l’inibizione della riposta per stimoli simili.
6
I principali tratti soprasegmentali o prosodici sono accento, tono (al livello della parola) e intonazione (al livello
dell'enunciato).
8
forme di iperregolarizzazione (come flettere un verbo che fa eccezione secondo il paradigma
standard), le quali

mettono in evidenza, da una parte, l’innata capacità di generalizzazione di principi innati, che
conduce il bambino ad applicare pattern tipici della lingua in contesti in cui questi pattern non
sono generalizzabili, dall’altra, una struttura alternativa che veicola proprietà atipiche ma
ciononostante frutto di una competenza linguistica che probabilmente si conforma agli stessi
principi che regolano le produzioni standard [Chesi, 2000].

2.2 L’acquisizione della lingua dei segni

Secondo l’approccio clinico-riabilitativo, il sordo non rieducato al linguaggio vocale è muto, ma


in una prospettiva socioculturale ogni muto diventa parlante quando si impadronisce degli
strumenti per veicolare fuori di sé il messaggio, qualunque sia la modalità di linguaggio adottata.
E’ dunque la facoltà di linguaggio, e non la sua modalità, quella che consente alle persone sorde
di costruire la comunicazione e di uscire dal mutismo [Caselli, Maragna, Volterra 2006; Favia
2003].

Nel paragrafo precedente è stato accennato brevemente che cosa significa per un soggetto sordo
approcciare una lingua orale, la quale risulta complessa e della quale l’insegnamento è indotto,
non naturale; diversamente da quanto detto per la lingua orale, l’acquisizione della lingua dei
segni è un processo naturale e avviene senza grande sforzo. Questo è possibile perché, pur avendo
un deficit uditivo, il soggetto sordo è in possesso della facoltà del linguaggio come ogni altro
soggetto udente: questa affermazione è di cruciale importanza perché indica che la facoltà del
linguaggio è indipendente dall’apparato fono-articolatorio. Se il bambino sordo è dotato dello
stesso organo di cui sono dotati i bambini udenti (LAD) 7 e anch’essi dispongono della UG8, ci si
aspetta che gli steps per l’acquisizione linguistica siano gli stessi dei soggetti udenti,
presupponendo che questi abbiano iniziato il processo di acquisizione della lingua dei segni dalla
nascita e quindi che abbiano sfruttato a pieno il periodo critico. Le fasi di sviluppo della lingua dei
segni nei soggetti sordi sono state tema di numerose ricerche: Orlansky, Bonvillian e Novak
affermano che la comparsa del primo segno avviene in media a 8 mesi e mezzo; la comparsa dei
primi dieci segni avviene, invece, in media ai 13 mesi di vita del bambino. Facendo un confronto
con la produzione dei soggetti udenti, alla stessa età questi producono solo due parole; risulta,
dunque, che addirittura ci sia una precoce produzione di segni dei bambini sordi “quando ancora

7
Language Acquisition Device.
8
Universal Grammar.
9
non sono raggiunte, sul piano cognitivo e comunicativo, tappe tradizionalmente considerate come
prerequisiti fondamentali all’emergere del linguaggio.” [De Santis, 2010].

Inoltre, sembra che i segni prodotti dai bambini sordi siano legati agli stessi fattori che
intervengono nel processo d’evoluzione del linguaggio dell’infante normoudente: “le interazioni
comunicative con gli adulti, il vissuto personale, l’ambiente in cui il bambino cresce, lo sviluppo
delle capacità cognitive.” [De Santis, 2010]. È stata, inoltre, evidenziata un’analogia nel processo
di sviluppo dell’abilità comunicativa dei soggetti sordi e udenti: essi raggiungo le stesse fasi ad età
confrontabili [Caselli, 1985]. Questa analogia è stata individuata soprattutto nelle prime fasi di
sviluppo della competenza linguistica; quelle più significative sono: la produzione del babbling
manuale che corrisponde alla lallazione di un bambino udente e la semplificazione che un soggetto
sordo esegue dal punto di vista motorio sui segni prodotti, le quali sono paragonabili alle
semplificazioni fonologiche dei soggetti udenti. De Santis (2010) ci propone il seguente esempio:
“il segno “uccello” che, nella forma adulta, viene prodotto con la configurazione L, e con un
movimento ripetuto di apertura e chiusura vicino alle labbra, e orientato verso il ricevente, è
spesso prodotto dai bambini piccoli con la configurazione 5, più facile di L, in cui il movimento di
apertura e chiusura resta invariato ma viene eseguito opponendo il pollice alle altre dita.” Grazie a
questi studi, è possibile affermare che l’acquisizione della lingua dei segni è paragonabile in tutti i
sensi all’acquisizione di una lingua orale: non solo ripercorre gli stessi steps, ma addirittura risulta
essere inconscia e senza grande sforzo; al contrario, l’insegnamento di una lingua orale ad un
soggetto sordo è un processo di apprendimento, perché sforzato e innaturale.

La lingua orale non può essere per il sordo la prima lingua: come potrebbe esserlo se ci vogliono
anni di sforzo e di artificioso addestramento per impararla? Inserire il sordo in un percorso di
apprendimento e conoscenza fondato esclusivamente sul linguaggio verbale risulta un’operazione
costrittiva, impositiva e innaturale. Una lingua madre è frutto di acquisizione, non di
apprendimento: può emergere solo in condizioni naturali e spontanee e si tratta di un’esperienza
evolutiva globale, che vede coinvolti in strettissima interconnessione gli aspetti biologici, cognitivi,
relazionali [De Santis, 2010].

3. Babbling in the Manual Mode: Evidence for the Ontogeny of


Language (Laura Ann Petitto, Paula F. Marentette)

10
In quest’ultimo capitolo di questa breve tesi verrà presentato uno studio di Laura Ann Petitto e
Paula F. Marentette sulla manual babbling: come già accennato nei paragrafi precedenti, la fase di
lallazione che attraversa un soggetto udente sembra esistere anche in modalità visivo-gestuale.
Questo studio è un’ulteriore prova dell’indipendenza della facoltà di linguaggio dall’apparato
fono-articolatorio.

In questo studio sono stati raccolti dei dati dall’attenta osservazione di 5 bambini, i quali sono stati
filmati in tre diversi momenti: a 10, 12 e 14 mesi di vita. Due dei partecipanti erano figli di
genitori sordi ed erano caratterizzati da una sordità profonda (soggetti D1 e D2); questi, hanno
acquisito come L1 l’ASL (American Sign Language). Come controllo 9 dell’esperimento sono stati
selezionati 3 partecipanti udenti figli di genitori udenti (partecipanti H1, H2, H3), i quali sono stati
esposti alla lingua orale e mai a quella dei segni.

La modalità con la quale sono state osservate le produzioni di manual babbling dei soggetti è la
seguente: inizialmente, tutte le attività svolte con le mani sono state trascritte ed inserite in un
database all’interno di un computer che possedeva un sistema di trascrizione che era stato testato
precedentemente. Utilizzando questo sistema di trascrizione, la forma fisica della mano dei
partecipanti è stata codificata con dei diacritici che rappresentavano le caratteristiche interne della
mano (per esempio la forma che la mano adottava durante la produzione e la sua posizione nello
spazio). Inoltre, particolare attenzione è stata data anche allo scopo dell’azione della mano: si
flette per tenere un oggetto oppure per comunicare, per indicare oppure è un segno standard
dell’ASL? Dopo di che, sono state analizzate tutte le attività prodotte dalla mano che non
appartenevano all’ASL per determinare se avessero qualche organizzazione sistematica;
l’attribuzione di manual babbling è stata assegnata solo a quei gesti che corrispondevano agli
stessi criteri a cui corrisponde la lallazione.

I risultati ottenuti tramite questa analisi hanno portato all’osservazione di due tipi di attività
manuali: lallazione manuale sillabica e gesti (come, per esempio, l’uso del braccio per prendere la
tazza di tè e portarla alla bocca). Entrambe le tipologie di attività sono state osservate sia in D1 e
D2, che in H1, H2, H3: la quantità di gesti prodotta durante le sessioni di studio equivale sia per i
soggetti sordi che per i soggetti udenti; ciò che li distingue è la quantità di manual babbling
sillabica prodotta dai soggetti sordi. Vediamo nella tabella qui sotto che D1 e D2 hanno prodotto
percentuali di manual babbling superiori ai partecipanti H1, H2, H3.

9
In ogni disegno sperimentale è necessario poter confrontare il proprio gruppo sperimentale con un valore di default, un
valore già stabilito (come nel caso di alcuni test grammaticali dove il range di normalità è prestabilito) oppure con un
gruppo di controllo, dai quali ci si aspetta abbiano una certa performance tale da essere confrontata con quella del
nostro gruppo sperimentale.
11
La produzione di manual babbling dei soggetti sordi è paragonabile alla produzione di vocal
babbling nei bambini udenti per i seguenti motivi: come i bambini udenti, i sordi reduplicano le
sillabe dei segni (in lallazione “dadada”); inoltre, la fase del babbling avviene intorno alla stessa
età (in questo caso, i bambini sordi a 10 mesi avevano già una buona produzione di manual
babbling). Infine, si può osservare una continuità nelle produzione di babbling dei soggetti D1 e
D2: le unità fonetiche più frequentemente utilizzate durante la fase di lallazione manuale, sono le
stesse che vengo usate più tardi con la comparsa dei primi segni.

Questo studio è la conferma dell’amodalità10 della facoltà del linguaggio; è interessante come la
competenza linguistica sia allo stesso momento molto strutturata ma anche flessibile:

Like other systems identified in evolutionary biology (32), the language capacity appears to be
both constrained and flexible. It is internally constrained with regard to the structures that it
can realize (phonetic and syllabic units), yet, in the face of environmental variation, it appears
to be flexible with regard to the expressive modality it can adopt to realize this capacity (signed
or spoken) [Petitto e Marentette, 1991].

CONCLUSIONE

10
La facoltà del linguaggio non dipende dalla modalità in cui questa viene espressa.
12
Questo breve studio, puramente descrittivo, ha cercato di approfondire il tema dello sviluppo
linguistico in soggetti udenti e soggetti sordi. A tal fine, è stata condotta un’analisi comparativa
delle fasi di acquisizione della lingua tra udenti e sordi, ponendo attenzione alle difficoltà che un
soggetto con deficit uditivo deve affrontare lungo il processo di apprendimento di una lingua orale.

Dopo aver fornito una breve introduzione ai principi della facoltà del linguaggio e aver steso una
breve lista delle fasi d’acquisizione linguistica in bambini a sviluppo tipico, si è parlato
dell’acquisizione linguistica di un soggetto sordo. Importante è la grande differenza che comporta
l’apprendimento di una lingua che a loro risulta innaturale (la lingua orale) e l’acquisizione, invece,
spontanea e senza grande sforzo, di una lingua dei segni. È stata sottolineata la cruciale importanza
dell’esposizione alla lingua fin dalla nascita, onde evitare future lacune date da un’acquisizione
tardiva del linguaggio (soprattutto se questa avviene dopo il periodo critico). Infine, con la tesi di
Petitto e Marentette è stato dimostrato che la facoltà del linguaggio non è dipendente dall’apparato
fono-articolatorio: i soggetti sordi, pur non avendo accesso all’input sonoro, sono in grado di
acquisire una lingua (anche se in altra modalità, visivo-gestuale) e attraversano le stesse fasi di
acquisizione di un soggetto udente che si approccia ad una lingua orale.

BIBLIOGRAFIA

13
 Chesi C., Inferenze strutturali, analisi sull’uso degli elementi funzionali nelle produzioni
verbali dei bambini sordi, Siena, 1999-2000.
 De Santis D., Lo sviluppo del linguaggio nel bambino sordo e udente: due modalità
comunicative a confronto, Bari, 2010.
 Petitto L.A., Marentette P.F., Babbling in the manual mode: evidence for the ontogeny of
language, 1991.

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