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DOMANDE DI AUTOVALUTAZIONE DI FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO

1. Perché abbiamo parlato di composti come stringitubo?

Abbiamo parlato di composti come “stringitubo” perché sono parole composte formate da una forma
verbale e da un nome. La forma verbale dell’indicativo, che è la forma specializzata per la descrizione
degli stati di cose, dovrebbe essere preferita alla forma dell’imperativo, che è specializzata nei
comandi, ma non è così. La regola che permette di formare i nomi composti a partire da un verbo e
da un nome semplice prescrive che il verbo debba avere la forma dell’imperativo di seconda persona.

2. Spiegate, facendo un esempio, perché la regola di modificazione avverbiale basata sulla


vicinanza fra verbo e avverbio è sbagliata

“Lentamente la persona che camminava si alzò”. Se la regola basata sulla vicinanza fra verbo e
avverbio fosse giusta “lentamente” dovrebbe modificare il verbo camminare. La regola però è
sbagliata e “lentamente” modifica il verbo alzarsi che non è il verbo più vicino all’avverbio.

3. Date la formulazione della regola corretta di modificazione avverbiale

Un avverbio può modificare un verbo se l’avverbio fa parte del costituente più piccolo che contiene il
verbo.

4. Fate un esempio di una frase spiegata dalla regola corretta di modificazione avverbiale ma
non spiegata dalla regola basata sulla vicinanza fra verbo e avverbio

Responsabilmente il ragazzo che guidava si fermò allo stop. In una frase come questa, l’avverbio
responsabilmente è più vicino al verbo guidare che al verbo fermarsi. Nonostante ciò, l’avverbio
modifica fermarsi perché non è contenuto nel costituente più piccolo che contiene il verbo guidare
[Il ragazzo che guidava]. Può invece modificare fermarsi perché è contenuto nel costituente più
piccolo che lo contiene [la frase].

5. Inventate una frase e indicate almeno tre costituenti al suo interno

La nonna di Gianni è andata a prendere un vestito al centro commerciale.

• È la nonna di Gianni che è andata a prendere un vestito al centro commerciale

• È un vestito che è andata a prendere la nonna di gianni al centro commerciale

• È al centro commerciale che la nonna di Gianni è andata a prendere un vestito

6. Perché abbiamo parlato di verbal overshadowing?

Abbiamo parlato di verbal overshadowing perché a volte esplicitate delle informazioni può renderle
più precarie. Lo dimostra il fenomeno chiamato verbal overshadowing che è stato individuato da
School negli anni 80. Per verbal overshadowing ci si riferisce al fatto che descrivere verbalmente
qualcosa peggiora il riconoscimento della cosa che è stata descritta.

7.Fate un esempio di regola morfologica che usiamo senza esserne consapevoli.

Una regola morfologica che usiamo senza esserne consapevoli è la regola che permette la creazione
di parole composte. Visto che l’indicativo è il modo usato per descrivere gli stati delle cose dovrebbe
essere preferito all’imperativo che si usa per i comandi. Ma non è così. Infatti una parola come
“stringitubo” o “aprilibri” è formato da un nome semplice e dalla seconda persona dell’imperativo.
8. Perché abbiamo parlato del walkman?

Abbiamo parlato del walkman perché quando si chiede ai parlanti inglese quale sia la forma plurale
di questa parola sentono che né “walkmen” né “walkmans” funzionano ma non sanno perché è così.
Questo mostra che la regola di formazione del plurale è inconscia.

9. Come si forma il plurale nelle parole composte in inglese?

In inglese, nelle parole composte formate dall’unione di due parole semplici, la parola che trasmette i
suoi caratteri alla parola composta è quella che sta alla fine e viene chiamata “testa morfologica”. Il
plurale delle parole composte si fa pluralizzando la testa morfologica.

10.Continuum di ricchezza morfologica da lingue meno complesse a lingue più complesse.

Se dovessimo mettere le lingue su una scala di complessità morfologica, potremmo immaginare scala
di questo tipo (dalla più meno complesse a quelle più complesse).
Cinese…inglese…italiano…latino…polisintetiche. Il cinese è una lingua isolante, quasi totalmente
priva di morfologia, ovvero le parole cinesi sono tipicamente prive di declinazioni e flessioni. Le
parole non sono scomponibili in unità morfologiche più piccole, nome e verbo non si declinano
proprio e non c’è la distinzione singolare e plurale. L’inglese ha pochissimi morfemi di genere, di
persone, di numero singolare/plurale e di tempo verbale. L’italiano è più ricco morfologicamente e il
latino ancora di più poiché ha la declinazione in casi. Il punto più alto di complessità morfologica è
delle lingue polisintetiche, lingue che hanno parole estremamente lunghe e complesse, formate da
molti morfemi che devono essere messi in un ordine preciso.

11. Lingua e dialetto.

Le lingue informali possono facilmente prendere in prestito la parola mancante dalle lingue che ce
l’hanno e comunque con l’uso in contesti ufficiali svilupperanno velocemente un loro lessico
specialistico. Le lingue informali, prima di diventare tali, erano dei dialetti. “Una lingua è un dialetto
con un esercito e una marina”.

12.Fenomeni in italiano che richiamano quelli presenti in mohawk.

Il mohawk è una lingua morfologicamente complessa. Le parole contengono morfemi, sottoparti


dotate di significato, che devono essere in un ordine preciso. Ogni manipolazione di queste parti
risulterebbe in una sequenza non comprensibile. Anche in italiano ci sono parole complesse come
“daglielo” che sono formate da una forma verbale e da due pronomi clitici “gli” e “lo”. Anche in
italiano ogni manipolazione di queste parti risulterebbe in una sequenza non comprensibile se al
posto di “daglielo” dicesso “*dalogli”.

13. Ci sono lingue più complesse di altre?

Non esistono lingue che sono più complesse di altre in maniera globale. Esistono lingue che hanno
un aspetto più complesso che però viene equilibrato da un altro aspetto più semplice. Per esempio
una lingua con una morfologia molto complessa ha una sintassi molto povera.

14. Lingue polisintetiche e complessità sociale.

Le lingue polisintetiche sono lingue in cui le parole sono estremamente lunghe e complesse perché
sono formate da molti morfemi che devono essere messi in un ordine preciso. Il mohawk è un
esempio di lingua polisintetica studiata nel libro di Mark Baker “Gli atomi del linguaggio”. Le lingue
polisintetiche sono parlate in quasi tutti gli habitat occupati dalla nostra specie. Queste lingue sono
oggi parlate solo in comunità piccole, senza stratificazioni sociali, dove si comunica attraverso
un’interazione faccia a faccia e dove si frequenta il medesimo gruppo di persone per tutta la vita. La
complessità linguistica non riflette la complessità culturale come mostrano i casi estremi dei khoi-
san e delle lingue polisintetiche, lingue che hanno una complessità morfologia altissima e sono
parlate da società con un’organizzazione sociale molto limitata. Nessuna lingua polisintetica è la
lingua ufficiale di uno stato-nazione moderno tecnologicamente avanzato.

15. In quale senso specifico e/o in quale specifico ambito si potrebbe dire che l’inglese ha
una complessità sintattica maggiore a quella dell’italiano?

L’inglese ha una complessità sintattica maggiore a quella dell’italiano perché anche se in italiano
l’ordine naturale è soggetto-verbo-oggetto, il soggetto può seguire il verbo almeno in certe
configurazioni. La sintassi dell’inglese è molto più rigida e complessa perché l’articolo deve sempre
precedere il nome e il soggetto devo precedere il verbo, l’ordine non può cambiare.

16. Perché le lingue polisintetiche sono parlate solo da comunità tradizionali?

Le lingue polisintetiche sono parlate solo da comunità tradizionali perché più una società è grande,
più ha stratificazioni sociali, più è complessa. Il linguaggio ufficiale di queste società grandi e
complesse a un certo aspettiamo a interpretare la frase che essa sia finita, a un certo punto dobbiamo
“indovinare” dove mettere la traccia. A volte la mettiamo in una posizione incompatibile con la
prosecuzione della frase. In questi casi dobbiamo tornare indietro e rivedere la scelta che abbiamo
fatto.

30. Evoluzione come bricolage

Pierre Jacob, nel suo celebre volume Evoluzione e Bricolage scrive che la selezione naturale opera
non come un ingegnere ma come un bricoleur, il quale non sa esattamente cosa produrrà ma che
recupera tutto quello che trova in giro e lo utilizza per farne qualche oggetto utile. L’evoluzione fa
quello che può con quello che ha a disposizione.

31. Huybregts come mette in contatto l’esistenza delle lingue a click e la congettura di
Hauser, Chomsky & Fitch?

In un articolo Huybregts mette in contatto l’esistenza delle lingue a click e la congettura di Hauser,
Chomsky e Fitch sostenendo che il linguaggio si sarebbe evoluto prima “internamente” e solo
successivamente sarebbe stato esternalizzato per la comunicazione. La congettura di HCF è che il
linguaggio non si è evoluto per facilitare la comunicazione, ma che ha iniziato ad avere fini
comunicativi solo dopo essersi sviluppato nei suo tratti fondamentali. Useremmo per comunicare un
sistema che in origine aveva altre funzionalità. Si tratterebbe di un processo di exattamento.
Huybregts mette in contatto questa congettura con l’esistenza delle lingue a click nella sola
popolazione khoi-san perché a suo parere il processo di esternalizzazione sarebbe avvenuto due
volte: nel gruppo originario di Eva che ora conduce ai khoisan, in cui sono stati usati i click come
possibili suoni del linguaggio e in uno dei gruppi separatisi senza l’utilizzo dei click. Quindi
l’esistenza dei click sarebbe risultato del fatto che i khoisan siano gli unici discendenti di Eva per i
quali è avvenuto un certo tipo di esternalizzazione.

32. Ipotesi su exattamento della grammatica

Si parla di exattamento quando un tratto di un organismo si è evoluto in una prima fase per svolgere
una certa funziona ma da un certo punto del percorso evolutivo, lo stesso tratto si è evoluto per
svolgere una funzione diversa. La congettura di Hauser, Chomsky e Fitch è che il linguaggio non si
evoluto per facilitare la comunicazione ma che sia stato usato per fini comunicativi solo dopo che si
era evoluto nei suoi tratti fondamentali. Quindi potrebbe essere che usciamo il linguaggio per
comunicare forzando alla comunicazione un sistema disegno per altre finalità. Chomsky e colleghi
hanno proposto che la grammatica potrebbe essersi inizialmente evoluta per svolgere una funzione
diversa da quella che svolge oggi, cioè sarebbe un caso di exattamento e non di adattamento.

33. Per quale ragione specifica in questo corso abbiamo cercato negli animali non umani
tracce del sistema di esternalizzazione e del sistema concettuale che caratterizzano il
linguaggio?

Per capire se vi è una continuità tra il linguaggio umano e i sistemi di comunicazione animale.
secondo una teoria di Chomsky, Fitch e Hauser, tali caratteri pre-esistevano al gruppo umano di Eva
Africana, che è stato in grado di colonizzare il mondo grazie al linguaggio: gli autori sostengono che
vi sia stato un exattamento delle funzioni dei due sistemi di esternalizzazione e concettuale, insieme
all’insorgere di una capacità combinatoria. Per verificare tale teoria abbiamo ricercato negli animali
non umani tracce di suddetti sistemi.

34. Perché abbiamo paragonato ambiguità visive e ambiguità linguistiche?

Abbiamo paragonate le ambiguità visive alle ambiguità linguistiche perché sono molto simili fra loro.
Sia le ambiguità linguistiche che quelle visive rimangono anche dopo che è stato svelato il “trucco”
che le crea.

35. Perché abbiamo parlato dello studio di Petitto sui bambini segnanti American Sign
Language?

Abbiamo parlato dello studio di Petitto sui bambini segnanti ASL perché i bambini segnanti e i
bambini non- segnanti tendono a fare lo stesso errore: in una determinata fase dello sviluppo
invertono il pronome. Il fenomeno è chiamato “inversione del pronome”. L’interpretazione che si dà
a all’errore è che all’inizio il bambino assuma che il pronome è una specie di nome proprio con un
referente fisso. Per studiare come il sistema linguistico non emerga in maniera spontanea da quello
prelinguistico gestuale, ma in modo parallelo con una non continuità tra il sistema gestuale
comunicativo e quello linguistico comunicativo, che sono separati e si interfacciano. Si voleva
guardare al percorso dei bambini di avvicinamento al linguaggio per osservare il rapporto tra il
linguaggio e i sistemi gestuali. Petitto ha studiato il passaggio dal sistema gestuale prelinguistico a
quello linguistico (dei segni). In specifico le interessava la fase dell’inversione del pronome, trovando
che si verifica anche nei bambini che imparano la lingua dei segni. Questo succede perché i gesti che
inizialmente usano per indicare “me” e “te” sono, appunto, gesti e non sono pronomi. C’è un conflitto
tra il significato del gesto e il significato linguistico del pronome, tra i due prevale quello linguistico.

36. Rilevanza della discussione sulle illusioni visive per la domanda se il linguaggio sia stato
forgiato dalle esigenze comunicative.

Le illusioni cognitive più note sono quelle visive. La caratteristica di queste illusioni è che
permangono anche dopo che si è svelato il trucco che le crea. Ci sono illusioni linguistiche molto
simili, ovvero una frase ci sembra naturale e accettabile ma se ci chiedono di riflettere meglio
capiamo che c’è qualcosa strano e ci accorgiamo che la frase non ha senso. Mentre le illusioni e le
ambiguità visive sono fenomeni marginali nella pratica quotidiana, le ambiguità linguistiche sono
pervasive. La psicolinguistica mostra che nella processazione online di una frase dobbiamo sempre
fare ipotesi sulla parola che verrà dopo e questa indeterminatezza ci conduce a fare delle scelte, cioè
a risolvere delle ambiguità temporanee. Le ambiguità sono quindi più una norma che un’eccezione.

37. Fate un esempio di illusione linguistica e commentatelo

Ci sono più persone di me che sono state in Russia. Quest’anno la rinascente è stata visitata da più
persone dell’anno scorso. L’esempio più famoso di illusione linguistica è la frase inglese “More people
have been to Russia than I have”. Questa frase ci sembra accettabile e naturale, anche se ci
accorgiamo che la frase non abbia senso.

38. Continuità fra sistema linguistico e sistema comunicativo gestuale pre-linguistico?

Si potrebbe pensare che i pronomi della ASL emergano in maniera graduale dal sistema gestuale, che
a sua volta è parte integrante del sistema comunicativo pre-linguistico. Il sistema gestuale continua
ad essere usato anche dopo che il linguaggio si è pienamente sviluppato. Lo studio di Petitto sembra
indicare che non c’è una forte continuità fra sistema linguistico e sistema comunicativo gestuale pre-
linguistico. Il sistema linguistico non emerge in maniera spontanea da quello prelinguistico gestuale,
ma in modo parallelo con una non continuità tra il sistema gestuale comunicativo e quello
linguistico comunicativo, che sono separati e si interfacciano. Questo è provato dallo studio di
Petitto sui bambini segnanti ASL.

39. Descrivete cosa ha trovato Petitto sull’inversione del pronome nelle lingue dei segni

La morale che Petitto ha tratto da questo studio è che c’è una cesura fra sistema comunicativo che
include i gesti e il sistema linguistico vero e proprio. Questo spiegherebbe perché i due bambini
sordi prima di usare i gesti in modo linguistico come pronomi passano attraverso un periodo in cui
smettono di usarli. Nel sistema gestuale non si fanno errori di inversione. Infatti, i bambini e gli
adulti che indicano il proprio corpo si riferiscono sempre a sé stessi, mai all’interlocutore. Si
potrebbe quindi pensare che i pronomi in ASL, essendo fisicamente molto simili ai gesti di
puntamento, siano immuni dagli errori di inversione. Ma non è così. Anche se sono fisicamente
simili o uguali ai gesti, i pronomi dell’ASL sono parte del sistema linguistico e quindi sono soggetti a
errori di inversione

40. Quali sono i limiti del sistema di individuazione in parallelo?

Il sistema di individuazione in parallelo non supporta la comparazione di insiemi che eccedono un


determinato limite di grandezza: - Bambini in età preverbale: 3 elementi - Adulti e macachi: 4
elementi L’individuazione in parallelo è una comparazione in base ad una corrispondenza uno-a-uno
fra gli elementi di un insieme. Il sistema è preciso e ha come limite la grandezza dell’insieme, ovvero
non viene usato oltre a un certo numero. I limiti variano in base all’età e alla specie. Per i bambini in
età pre-verbale il limite è un insieme di tre elementi, per gli uomini adulti e i macachi è di quattro
elementi.

41.Quali sono i limiti del sistema di grandezze approssimative?

Il sistema di grandezze approssimative non si attiva quando la cardinalità di due insieme è simile fra
loro. Per esempio i macachi sanno distinguere tra 4 e 8 oggetti ma non sanno distinguere fra due
insieme che ne hanno rispettivamente 4 e 6. Il sistema delle grandezze approssimative è un sistema
meno preciso del PA ed è basato sulla proporzione: si confrontano due insiemi con differenza di
cardinalità, quindi anche se può funzionare in linea di principio con sistemi di qualsiasi grandezza,
funziona bene solo se la differenza è chiara. Non posso contare su questo sistema se confronto un
insieme di ad es 23 ed uno di ad es 25 elementi. I macachi, ad esempio, distinguono tra 4 e 8, ma non
tra 4 e 6.

42. Biscotti in un contenitore: cosa fanno i bambini prima dei 22 mesi?

Bambini in età prelinguistica non sanno distinguere fra singolare e plurale nelle condizioni in cui
uno dei due insiemi eccede il limite di individuazione parallelo, che per loro è 3. Per esempio se si
mettono uno dopo l’altro tre biscotti in un contenitore e poi si mette un solo biscotto dentro un altro
contenitore, i bambini scelgono il contenitore con tre biscotti. Invece, se si mettono uno dopo l’altro
quattro biscotti in un contenitore e poi si mette un solo biscotto dentro un altro contenitore, i
bambini non scelgono il contenitore con quattro biscotti.

43. Come disattivare il sistema di individuazione in parallelo

Gli elementi di ogni insieme devono essere presentati come fossero un’entità non facilmente
frazionabile, in modo tale da non permettere una corrispondenza uno a uno fra gli elementi dei due
insiemi. Bisogna usare insieme che hanno una numerosità maggiore di quella che permette
l’attivazione del sistema (4 per gli adulti umani e per i macachi).

44. Come disattivare il sistema di grandezze approssimative

Si devono usare insiemi piccoli. Gli elementi devono presentati una sola volta, in modo tale che non
ci sia familiarizzazione con l’insieme e che la rappresentazione approssimativa non sia facilmente
attivabile.

45. Setting sperimentale dell’esperimento singolare/plurale con i macachi

I soggetti dell’esperimento sono 80 macachi adulti che vivono liberi nell’isola di Cayo Santiago
(Puerto Rico). Due ricercatori identificavano una scimmia isolata, la avvicinavano e piazzavano due
scatole non trasparenti distanti fra loro 2 metri e distanti dalla scimmia dai 2 ai 5 metri. Dopo aver
attirato l’attenzione della scimmia, un insieme di mele attaccate una dopo l’altra con un velcro su
una base rettangolare veniva mostrato e inserito in una delle due scatole. La stessa operazione veniva
ripetuta con un secondo insieme di mele di diversa numerosità che veniva posto nell’altro
contenitore. A questo punto il ricercatore si voltava di 180 gradi e si allontanava, dando la possibilità
al macaco di avvinarsi alle scatole; appena il macaco raggiungeva una delle due scatole veniva
bloccato. Solo qualche macaco è riuscito a rubare qualche mela. Nel frattempo l’altro ricercatore
filmava la scena da 8 metri di distanza. Le prove venivano interrotte se il soggetto: non guardava
tutta la scena, no sceglieva nessuna scatola o se veniva distratto da un’altra scimmia durante la
presentazione o la scelta. Le mele erano presentate come un unico insieme di oggetti non separabili.
Questa modalità doveva scoraggiare l’attivazione del sistema di individuazione in parallelo.

46. Condizioni sperimentali dell’esperimento singolare/plurale con i macachi

Agli 80 soggetti sperimentali sono state presentate le seguenti comparazioni: 1-2 / 2-3 / 1-5 / 2-4 / 2-5

47. Risultati dell’esperimento singolare/plurale con i macachi

I macachi preferiscono l’insieme plurale rispetto all’insieme singolare ma la preferenza per l’insieme
non può essere spiegata con la rappresentazione parallela e nemmeno con il sistema di grandezza
dell’apprendimento, pertanto è possibile che il compito venisse portato a termine grazie alla
familiarità con gli oggetti, piuttosto che utilizzando la memoria episodica.

58. Spiegate l’esperimento I sulle ghiandaie.

L’esperimento 1 è chiamato: “vermi o noccioline?” in un primo giorno venivano dati alle ghiandaie
dei vermi e un contenitore dove nasconderli. In un giorno successivo venivano date loro delle
noccioline e un contenitore, diverso da quello dove avevano nascosto i vermi, dove nascondere le
noccioline. Il compito era pensato per vedere se le ghiandaie si ricordavano cosa avevano nascosto,
dove lo avevano nascosto e quando lo avevano nascosto. Vengono definite due condizioni
sperimentali: - Gruppo di decadimento: precedentemente istruito riguardo al fatto che i vermi, il loro
cibo preferito, col tempo, deperiscono; - Gruppo del rifornimento: non ha l’opportunità d’imparare
che i vermi sono un cibo che deperisce Se veniva data la possibilità al gruppo di decadimento di
recuperare il cibo entro breve tempo (4 ore), i soggetti davano la precedenza al consumo dei vermi,
cercavano le noccioline se l’intervallo di tempo era maggiore (124 ore). Il gruppo del riferimento,
all’opposto, prosegue nella ricerca dei vermi senza tenere in considerazione il periodo che intercorre
tra immagazzinamento e recupero del cibo.

59. Spiegate l’esperimento II sulle ghiandaie.

L’esperimento 2 è chiamato: “le ghiandaie ladruncole ed osservatrici”. I soggetti sono ghiandaie


adulte, già utilizzate in precedenti esperimenti. I ricercatori nei precedenti esperimento avevano
creato situazioni in cui queste ghiandaie avevano commesso dei furti di cibo ai danni di altre
ghiandaie e avevano osservato altre ghiandaie commettere i furti. Queste ghiandaie aveva
un’esperienza sociale, attiva o passiva, del furto del cibo. Gli uccelli venivano privati del cibo durante
la notte. Il mattino seguente nella gabbia di ogni esemplare veniva posto un contenitore pieno di
sabbia e un vasetto contenente 50 vermi. L’esemplare aveva 15 minuti di tempo in cui poteva
mangiare i vermi o nasconderli nel contenitore pieno di sabbia. Di fatto, ogni esemplare ne
nascondeva un certo numero. Nella condizione “non osservati”, la vista dell’animale osservatore
viene oscurata da un panno posto intorno alla gabbia. Nella condizione “osservati”, l’animale
osservatore aveva una chiara visuale della scena. Dopo 15 minuti, il contenitore pieno di sabbia e il
vasetto contenente i vermi venivano tolti dalla gabbia e la ghiandaia veniva nutrita con 3 vermi. 3 ore
dopo, venivano inseriti nella gabbia del soggetto due contenitori. Uno è quello dove la ghiandaia
aveva nascosto i vermi tre ore prima, mentre il secondo contenitore era nuovo questa fase
dell’esperimento avveniva sempre fuori dalla vista dell’animale osservatore perché la gabbia dell’altra
ghiandaia era coperta con un panno. I soggetti per 10 minuti potevano mangiare i vermi nascosti 3
ore prima, oppure potevano cambiargli di posizione o nasconderli in nuovi punti nel vecchio
contenitore oppure metterli nel nuovo contenitore. Nella condizione “osservati”, le ghiandaie
nascondo in una nuova posizione una quantità maggiore di vermi che nella condizione “non
osservati”. Inoltre, i soggetti, hanno la tendenza ad immagazzinare il cibo in nuovi siti più nella
condizione “osservati” che nella condizione “non osservati”

60.Spiegate l’esperimento III sulle ghiandaie.

L’esperimento 3 si chiama: “ghiandaie “oneste” ed osservatrici”. L’esperimento è identico al


precedente tranne per i soggetti coinvolti. I soggetti sono ghiandaie che non erano mai state messe
nella condizione di commettere furti di cibo ma erano state testimoni di furti altrui. Rispetto alle
ghiandaie ladruncole dell’esperimento precedente, nella fase di recupero (3 ore dopo) le ghiandaie
oneste rinascondono un numero molto piccolo di ermi, indipendentemente che siano nella
condizione “osservati” o nella condizione “non osservati”.

61. Spiegate l’esperimento IV sulle ghiandaie.

L’esperimento 4 si chiama: “le ghiandaie ladruncole e non osservatrici”. L’esperimento è identico a


quelli precedenti tranne per i soggetti coinvolti. I soggetti erano ghiandaie che avevano commesso
furti di cibo ma non erano mai state testimoni direte. I soggetti rinascondono una quantità maggiore
di vermi nella condizione “osservato”. I soggetti hanno la tendenza ad immagazzinare il cibo in nuovi
siti più nella condizione “osservato che nella condizione “non osservato”.

62. Perché abbiamo parlato del gene PAX6?

Abbiamo parlato del gene PAX6 perché ci sono esempi di analogia in cui due tratti complessi si sono
evoluti indipendentemente in due specie distanti, ma in cui l’evoluzione è stata diretta dallo stesso
gene regolatore. Un gene regolatore è un gene che è necessario e sufficiente per l’attivazione di altri
geni che, lavorando in modo coordinato, portano allo sviluppo di un tratto complesso. Il gene PAX6
è il gene regolatore che ha portato all’evoluzione indipendente dell’occhio in specie così distanti
come l’uomo, il calamaro e il moscerino.

63. Tratti analoghi e tratti omologhi

I tratti analoghi sono i tratti che sono presenti in due specie senza che ci sia evidenza che fossero
presenti nel progenitore più vicino. I tratti omologhi sono i tratti che sono riconducibili al comune
progenitore. 64. Percezione categoriale nel linguaggio Il fenomeno di discretizzazione del continuo è
chiamato percezione categoriale. Il fenomeno della percezione categoriale è importante perché senza
di esso il linguaggio non potrebbe avere un insieme finito di fonemi che formano l’inventario da cui
ogni lingua attinge per costruire il suo vocabolario.

65. La percezione categoriale è un unicum umano?

La percezione categoriale non è un unicum umano infatti al giorno d’oggi si sa che molto specie
animali come macachi, rane, cincillà e certi uccelli hanno un tipo di percezione categoriale.

66. Dimensione del lessico nell’uomo e in altre specie

Le parole devono essere apprese attraverso l’imitazione del comportamento di conspecifici. Gli
umani hanno una capacità straordinaria di apprendere nuove parole. Un giovane adulto di
educazione medio alta ha una conoscenza di diverse decine di migliaia di parole, circa intorno alle
60.000. Questa capacità non è presente fra i primati superiori a noi più vicini. Gli sforzi per insegnare
un lessico a gorilla, scimpanzé e bonobo hanno condotto a insegnare loro poche centinaia di parole,
in forme di segni, dopo molti anni di insegnamento intensivo ed esplicito.

67. La percezione categoriale esiste solo nelle lingue parlate?

Alcuni ricercatori hanno trovato evidenza dell’esistenza del fenomeno della percezione categoriale
anche per la configurazione della mano, uno dei parametri fonologici delle lingue dei segni.

68. Come formulereste la tesi Sapir-Whorf?

Secondo la tesi del relativismo linguistico, chiamata anche tesi Sapir-Whorf dai due autori che
l’hanno sostenuto, il possesso di una particolare lingua determina in maniera essenziale il nostro
modo di pensare. Non potremmo avere pensieri o concetti o modi di categorizzare la realtà senza o
al di fuori della lingua che parliamo. Discende dalla tesi del relativismo linguistico che due diverse
comunità linguistiche concettualizzerebbero il mondo in modo diverso e queste differenze sarebbero
tanto maggiori quanto maggiori sono le differenza fra le lingue delle due comunità.

69. Riassumete con le vostre parole la citazione dal libro di Whorf contenuta nelle dispense
del corso.

La lingua che parliamo cambia il modo in cui pensiamo e concettualizziamo il mondo. Il limite dei
nostri pensieri e dei nostri concetti è proprio la lingua che parliamo, quindi non possiamo averne al
di fuori di essa. Organizziamo la natura in concetti che sono codificati secondo gli schemi della
lingua che parliamo. Noi tutti siamo esposti alle stesse prove fisiche, ma le codifichiamo
diversamente proprio a partire dalla lingua.

70. Determinismo linguistico e relativismo linguistico. In cosa sono differenti?

Per relativismo linguistico si intende la tesi Sapir-Whorf secondo cui il possesso di una particolare
lingua determina in maniera essenziale il nostro modo di pensare. Per determinismo linguistico si
intende la tesi che il linguaggio in generale, e non una specifica lingua, determina le categorie di
pensiero. Il relativismo linguistico è molto più drastico del determinismo linguistico.
71. Si può essere relativisti linguistici senza essere deterministi linguistici?

Non si può essere relativisti linguistici senza essere deterministi linguistici perché bisogna pensare
che le lingue varino fra loro anche negli aspetti fondamentali che permettono loro di plasmare il
pensiero.

72. Perché abbiamo parlato di eschimesi e enologi?

Abbiamo parlato di eschimesi perché se davvero la tesi del relativismo linguistico fosse vera allora gli
eschimesi concettualizzerebbero in mondo in un modo diverso da noi, per esempio avrebbe più
termini per riferirsi alla neve poiché vivono in una condizione in cui la neve è presente tutto l’anno,
al contrario di noi che abbiamo solo un termine per la categoria “neve”. Abbiamo parlato degli
enologi perché loro possiedono un vasto vocabolario per riferirsi al vino ma questo non vuol dire che
la loro mente e il loro sistema percettivi funzioni in modo diverso da quello di una persona che di
vino sa poco. Al massimo avranno un vocabolario enologico ricco perché hanno tante conoscenze da
trasmettere.

73.Discutete, facendo un esempio, la questione del nesso di causalità a proposito della tesi
Sapir-Whorf.

Secondo la tesi di Sapir-Whorf, la lingua parlata determina il modo di concettualizzare la realtà;


pertanto, se non si è in grado di descrivere tramite il linguaggio un concetto, allora quel concetto
non può esistere nella testa del parlante. Sorge quindi la questione del nesso di causalità: è il
linguaggio che definisce la visione della realtà o il linguaggio che si parla è una conseguenza della
realtà che circonda i parlanti? Sembrerebbe essere la seconda, poiché, è poco verosimile pensare che
una popolazione non è in grado di camminare siccome non ha parole per esprimere il concetto di
locomozione; è molto più plausibile sostenere che la popolazione non abbia parole che esprimono il
concetto di locomozione dal momento che non cammina

74. Tesi relativistica forte e debole.

La tesi relativistica forte dice che noi pensiamo in una specifica lingua. Secondo questa tesi,
l’organizzazione del mio pensiero corrisponde all’organizzazione della frase che esprime quel
pensiero nella mia lingua. La tesi relativistica forte non è credibile. La tesi relativistica debole è più
credibile. Secondo la tesi debole, l’abitudine all’uso di certa lingua e l’esposizione a specifiche
proprietà di quella lingua ci predispone a soffermarci, almeno all’inizio, su certi aspetti piuttosto che
su altri.

75. Sulla base di quanto studiato commentate la seguente affermazione: “use of the
linguistic system actually forces the speaker to make computations he or she might
otherwise not make”. Fate almeno un esempio.

Secondo la tesi relativistica debole, l’abitudine all’uso di una certa lingua e l’esposizione a specifiche
proprietà di quella lingua ci predispone a soffermarci, almeno in prima battuta, su taluni aspetti
piuttosto che su altro. Ad esempio, negli esperimenti sulle lingue blurro.

76. Perché abbiamo parlato degli indicali a proposito della tesi Sapir-Whorf?

La tesi relativistica forte dice che noi pensiamo in una specifica lingua. Secondo questa tesi,
l’organizzazione del mio pensiero corrisponde all’organizzazione della frase che esprime quel
pensiero nella mia lingua. Abbiamo parlato degli indicali perché sono uno dei casi in cui è chiaro che
la lingua non determina il pensiero rigidamente: il contenuto linguistico è più povero del messaggio
che riesco a convogliare.
77. Perché abbiamo parlato dello “zio Piero” a proposito della tesi Sapir-Whorf?

Abbiamo parlato dello “zio Piero” perché sono uno dei casi in cui è chiaro che la lingua non
determina il pensiero rigidamente: le parole sono in genere più povere del pensiero che riusciamo a
trasmettere quando le usiamo. Se dico “Quello è mio zio” per riferirmi allo “zio Piero” il contenuto
linguistico in senso stretto è “quello è un uomo che è il fratello di mia madre/ è il fratello di mio
padre/ è un uomo che ha sposato una sorella di mia madre / è un uomo che ha sposato una sorella di
mio padre.” Quando uso l’espressione “quello è mio zio” io so quale condizione si applica
all’enunciato. Il pensiero circa lo zio Piero va oltre quanto la frase letteralmente dice.

78. Secondo Quine quali tipi di enunciato sono più informativi per il linguista radicale e
perché?

Estensionale → dato un insieme, elenco tutti gli elementi che ne fanno parte Intensionali → dato un
insieme, fornisco la proprietà necessaria che deve avere un elemento per farne parte. Consideriamo
l’insieme dei multipli di 7. La definizione estensionale è fornita dalla lista degli elementi che la
compongono [7;14;21;28…], la definizione intensionale è fornita dalla “ricetta” per ricavarli. { x: x =7y,
y è un numero intero }. Allo stesso modo, se dico “mammifero” sto dando un significato estensionale,
mentre se dico “animale dotato di cuore” ne sto dando uno intensionale. Questo va in disaccordo
con il comportamentismo, perché si vorrebbe ridurre l’astratto all’osservabile, ma definendo in
termini osservabili ed estensionali la realtà sembra che si possa perdere il significato intensionale: se
dico “animale dotato di cuore” non voglio semplicemente dire “mammifero”, ma qualcosa di più
ampio. Per questo Quine accetta una prospettiva unicamente estensionale, perché per lui l’unico
significato accettabile è quello di significato-stimolo.

93. Gavagai e stadi temporali di coniglità

Supponiamo che il linguista radicale stia cercando il suo primo enunciato di occasione osservativo e
sia nella foresta con un indigeno. Passa un coniglio e l’indigeno lo indica dicendo “gavagai”. Il
linguista ipotizza che “gavagai” sia la traduzione di “(ecco un) coniglio”. Verificato che anche gli altri
indigeni acconsentono all’espressione “gavagai” se e solo se percepiscono la presenza di un coniglio
intorno a loro, il linguista radicale decide che ha trovato la traduzione corretta di “gavagai”.
“Gavagai” traduce “coniglio”. Supponiamo che il linguista radicale stia cercando il suo primo
enunciato di occasione osservativo e sia nella foresta con un indigeno. Passa un coniglio e l’indigeno
lo indica dicendo “gavagai”. Tradurre in un modo o nell’altro fa una differenza, perché la coda di un
coniglio è una “parte non staccata di coniglio” ma non è un “coniglio”. Lo stesso problema si pone
con altre possibili traduzioni. Prendete il concetto di “coniglità”, che definiremo come stadio
temporale di coniglio. Il significato-stimolo di “coniglio” sarà uguale al significato stimolo di
“coniglità” e quindi il problema della traduzione “giusta” sorgerà di nuovo.

94. Nomi contabili e nomi massa: cosa sono e perché sono rilevanti per la tesi del
relativismo linguistico.

I nomi contabili sono i nomi che si possono pluralizzare, possono essere introdotti da un numerale e
si riferiscono a entità individuabili. I nomi contabili sono i nomi che non si possono pluralizzare, non
possono essere introdotti da numerali e si riferiscono a entità a sostanze oppure designano una
quantità imprecisata di oggetti che di per sé sarebbero numerabili. Questo tipo di distinzione è
importante per la tesi del relativismo linguistico grammaticale, perché secondo tale ipotesi le
differenze strutturali della grammatica possono influenzare la categorizzazione della realtà esterna.
95. Esperimento di Lucy con lo Yucatec e sue debolezze.

Nell’esperimento Lucy mostrava lo stesso oggetto (un foglio di carta), chiamato stimolo standard, ad
adulti americani anglofoni e ad adulti parlanti yucatec. Mostrava poi due alternative: - Un oggetto
che aveva la stessa forma dello stimolo standard ma non la stessa sostanza, era un foglio di plastica -
Un oggetto che era fatto della stessa sostanza ma che aveva una forma diversa, un libro Lucy
chiedeva ai soggetti quale delle due alternative fosse più simile allo stimolo standard. Gli americani
tendevano a scegliere l’oggetto che aveva la stessa forma, gli yucatec tendevano a scegliere l’oggetto
fatto dello stesso materiale. L’esperimento di Lucy sembra sostenere una forma di relativismo
linguistico. Lucy ipotizza che l’uso della lingua inglese attiri la nostra attenzione sulla forma
dell’oggetto, mentre lo yucatec sulla composizione dello stesso. Vale a dire che gli yucatec
vedrebbero sostanze dove gli inglesi vedono oggetti. Per dimostrarlo conduce uno studio mostrando
ai partecipanti, parlanti di inglese e dello yucatec, un foglio di carta. Questo stimolo standard deve
essere paragonato ad una delle due alternative: una con la stessa forma (un foglio di plastico) e una
con lo stesso materiale (un libro). Tra i due, gli inglesi sceglievano la forma, gli yucatec il materiale.
Queste differenze potrebbero però essere dovute alla cultura e non alla lingua, dache si tratta di un
esperimento con persone adulte.

96. Descrivete la condizione “oggetto complesso” nell’esperimento di Soya et al., inclusi i


risultati.

Fase 1 → A un primo gruppo di bambini veniva mostrato un oggetto di metallo che non avevano mai
visto che aveva una forma di T. Lo sperimentatore diceva frasi come This is my blicket oppure Do
you see this blicket ? In questo modo veniva dato un nome inventato (“blicket”) all’oggetto a forma
di T. Notate che in inglese la struttura sintattica delle frasi usate è compatibile sia con i nomi massa,
sia con i nomi contabili (si può dire “this is my wallet” come “this is my water”). Quindi i bambini
non potevano capire dal contesto grammaticale se il nome “blicket” fosse contabile o massa. Fase 2
→ Dopo un certo lasso di tempo, venivano mostrate al bambini due alternative. Uno era un oggetto
a forma di T, simile per forma al “blicket” originario ma diverso per la materia di cui era fatto (per
esempio, non era di metallo ma di plastica). La seconda alternativa erano alcuni pezzetti della stessa
sostanza del “blicket” originario (metallo) che non avevano una forma ben definita. Veniva detto al
bambino: “point to the blicket”. I bambini nella gran parte dei casi indicavano l’oggetto a forma di T.
Questo indica che i bambini, anche senza indizi grammaticali, avevano assunto che il nome “blicket”
si riferisse a un oggetto, non a una sostanza. Altrimenti non avrebbero detto che il nuovo oggetto era
un “blicket”, dato che esso era fatto di una sostanza diversa rispetto al “blicket” originario.

97. Descrivete la condizione “sostanza” nell’esperimento di Soya et al., inclusi i risultati.

Fase 1 → A un secondo gruppo di bambini veniva mostrata una certa quantità di crema Nivea. La
crema formava un grumo avente la forma di una S rovesciata. Per il resto l’esperimento era simile a
quello con i “blicket”, cioè lo sperimentatore diceva frasi come This is my stad oppure Do you see
this stad ? In questo modo veniva dato un nome inventato (“stad”) alla sostanza cremosa. Anche in
questo caso i bambini non potevano capire dal contesto grammaticale se il nome “stad” fosse
contabile o massa. Fase 2 → Dopo un certo lasso di tempo, venivano mostrate ai bambini due
alternative. La prima alternativa era ancora la crema Nivea (stessa sostanza) ma questa volta essa
formava dei mucchietti, al posto di formare una S rovesciata. La seconda alternativa era una nuova
sostanza, un gel per capelli, che aveva la medesima forma della crema Nivea nella fase 1 (cioè
formava una S rovesciata). Veniva detto al bambino: “point to the stad”. I bambini nella gran parte
dei casi indicavano la crema Nivea, anche se quanto stavano indicando aveva una configurazione
(forma) diversa dalla crema Nivea alla quale era stato originariamente associato il nome “stad”.
Questo indica che i bambini, anche senza indizi grammaticali, avevano assunto che il nome “stad” si
riferisse a una sostanza, non a un oggetto con una forma determinata. Altrimenti non avrebbero
indicato la nuova massa di crema come “stad”, dato che essa aveva una configurazione diversa
rispetto allo “stad” originario.

98. Riassumete la rilevanza dell’esperimento di Soya et al. per la questione dell’acquisizione


del lessico da parte del bambino.

Questo esperimento suggerisce che il bambino quando impara nuove parole è guidato da dei bias,
predisposizioni per le quali se un oggetto ha forma stabile e non modificabile la parola si riferisce alla
forma, altrimenti alla sostanza. Questo vuol dire che abbiamo nozioni ontologiche su com’è fatto il
mondo che sembrano essere prelinguistiche, anteriori alla distinzione tra nomi massa e nomi
contabili.

99. Sulla base dell’esperimento di Soya et al., cosa possiamo dedurre sulle assunzioni
ontologiche di partenza di un bambino nei primi stadi di acquisizione del linguaggio?

Possiamo dedurre di avere nozioni ontologiche su com’è fatto il mondo che sembrano essere
prelinguistiche, anteriori alla distinzione tra nomi massa e nomi contabili.

100. In che cosa si differenzia l’esperimento di Soya et al. da quello di Imai e Gentner?

L’esperimento di Soya è diverso da quello di Imai e Getner perché in quest’ultimo è stata aggiunta
una condizione intermedia chiamata condizione “oggetto semplice”. Si tratta di un oggetto con una
forma poco definita, tipo un rene. In questo caso i bambini anglofoni si presentano come nella
condizione 1, i bambini giapponesi non hanno comportamento omogeneo.

101. Quali sono i risultati principali dell’esperimento di Imai e Gentner?

Nell’esperimento di Imai e Gentner vengono testati bambini americani e giapponesi e viene


introdotta una terza condizione, quella dell’oggetto semplice. Si tratta di un oggetto con una forma
poco definita, tipo un rene. In questo caso i bambini anglofoni si presentano come nella condizione
1, i bambini giapponesi non hanno comportamento omogeneo.

102. Qual è la rilevanza dei risultati dell’esperimento di Imai e Gentner per la tesi del
relativismo linguistico?

Quindi le differenze fra bambini inglesi e bambini giapponesi sono state interpretate da alcuni come
una evidenza a favore di una versione debole della tesi del relativismo linguistico. I loro risultati
sembrano andare a favore della tesi relativistica debole: nei casi intermedi c’è una maggiore
predisposizione ad andare verso la forma se la lingua ha la distinzione tra massa e contabili: ai
bambini giapponesi non manca il concetto e riconoscono la distinzione, ma l’abitudine alla lingua
predispone a certe scelte.

103. Descrivete i risultati della condizione “oggetto semplice” dell’esperimento di Imai e


Gentner.

Nella condizione “oggetto semplice” quello che veniva mostrato inizialmente era un oggetto che però
aveva una forma meno definita del “blicket”. La forma dell’oggetto semplice assomigliava un po’ a
quella della sostanza, aveva la forma di un rene.

104.Descrivete la condizione “parete blu” dell’esperimento di Hermer e Spelke sul


disorientamento spaziale.

La condizione «parete blu» è uguale alla condizione «pareti bianche» tranne per il fatto che la parete
lunga all’angolo della quale è nascosto l’oggetto è blu. Hermer & Spelke hanno osservato che i
bambini più bravi a trovare l’oggetto nella condizione “parete blu” sono i bambini che sanno
produrre spontaneamente frasi nelle quali il lessico per descrivere lo spazio è combinato con il
lessico di colore; propongono quindi che l’integrazione fra informazione circa lo spazio e
l’informazione circa il colore sarebbe mediata linguisticamente.

105. Descrivete la condizione “pareti bianche” dell’esperimento di Hermer e Spelke sul


disorientamento spaziale.

I soggetti entrano in una stanza rettangolare che non ha punti di riferimento. In ognuno dei 4 angoli
della stanza c’è un occlusore. Dietro uno di questi occlusori, a un angolo fra una parete lunga e una
parte corta, viene nascosto un oggetto che è di interesse per il soggetto sperimentale. Il soggetto
vede dove viene nascosto l’oggetto e poi viene spazialmente disorientato. I soggetti vengono fatti
fermare (in varie posizioni scelte), e si toglie loro la benda. Il soggetto:

• È rivolto in direzione opposta a quella originale, e se pensa di essere tornato nella posizione di
partenza, cercherà l’oggetto all’angolo fra parete corta e parete lunga alla sua sinistra.

• È rivolto in direzione opposta a quella originale, e se pensa di essere rivolto verso la parte corta
opposta a quella in cui era rivolto prima del disorientamento, si volterà di 180 gradi.

106. I risultati degli esperimenti di Hermer e Spelke sul disorientamento spaziale


supportano la tesi del determinismo linguistico, quella del relativismo linguistico o nessuna
delle due?

I risultati non supportano nessuna delle due tesi. L’esperimento di Hermer e Spelke può essere
interpretato come un’indicazione che il linguaggio (non una specifica lingua) sia necessario per avere
una rappresentazione che integra informazione sui colori a quella puramente spaziale (i bambini
piccoli e i topi falliscono perché non hanno, o non hanno ancora, la possibilità di costruire frasi che
integrano queste informazioni); quindi supporta la tesi del determinismo linguistico.

107. Definire la modalità geocentrica e quella egocentrica.

Nella modalità geocentrica o assoluta l’oggetto è collocato spazialmente rispetto a un punto di


riferimento indipendente dall’osservatore. Nella modalità egocentrica l’oggetto è collocato
spazialmente rispetto alla posizione dell’osservatore. C’è una differenza fondamentale tra queste due
modalità: se l’osservatore si - I tempi di reazione nel rispondere a un numero alto con la mano destra
sono minori di quelli necessari pe rispondere a un numero basso con la stessa mano.

120. Cosa si intende per “pseudoneglect”?

Lo pseudoneglect è un fenomeno per cui in vari compiti di bisezione lineare i soggetti normodotati
tendono a indicare come punto di bisezione un punto un po’ più a sinistra della metà reale di una
linea. I soggetti hanno un bias verso sinistra, tendono a errare in direzione opposta ai pazienti con
neglect. Si interpreta l’esistenza del bias verso sinistra come evidenza che, quando l’emisero non è
danneggiato, la metà sinistra dello spazio viene leggermente sovrastimata. Questa sovrastima è il
contrario di quanto succede quando c’è un danno cerebrale all’emisfero destro con conseguente
neglect.

121. Fate un esempio di pseudoneglect numerico.

In un tipico compito di bisezione numerica vengono dati a un soggetto 50 coppie di numeri a due
cifre. In metà delle coppie i numeri sono crescenti e in metà sono decrescenti. In compito del
soggetto è di dire, senza fare conto, qual è il numero che sta in mezzi fra i due numeri di ogni coppia.
Se si danno al soggetto due numeri come 36 e 85, il numero che sta a metà è 60,5. Se la risposta del
soggetto fosse un numero intorno al 50 ci sarebbe un bias verso sinistra e quindi il fenomeno di
pseudoneglect.

122. Perché abbiamo parlato di “SNARC effect” e “pseudoneglect” nella parte di corso sul
relativismo linguistico?

Abbiamo parlato di SNARC effect e di pseudoneglect perché sono due fenomeni che dimostrano che
le persone che sono cresciute in civiltà industrializzate e alfabetizzate mappano i numeri nello spazio
proiettandoli in una linea da sinistra verso destra. Questo avviene in maniera inconsapevole anche in
compiti che non richiedono un tale mapping.

123. Sulla base di quanto studiato per questo corso, secondo voi la propensione a mappare
numerosità nello spazio è un fatto culturale o un fatto biologico?

La propensione a mappare numerosità nello spazio è un fatto culturale, gli individui che vivono in
città industrializzate tendono a fare un mapping lineare mentre i soggetti che non hanno ricevuto
un’istruzione tendono a fare un mapping logaritmico. Questa situazione può cambiare non appena si
entra in contatto con una cultura diversa dalla nostra come mostrano gli esperimenti con i
mundurukù. Non è chiarissimo perché vi sono evidenze in favore e quelle a sfavore; un metodo per
verificare la questione è quello di testare le persone che scrivono da destra verso sinistra e vedere se
lo SNARC Effect presente in maniera opposta: effettivamente alcune persone che scrivono da destra
a sinistra, tendono ad uno SNARC Effect opposto a quello di scrive nel senso inverso. Va sottolineato,
tuttavia, che il test è stato verificato anche sui macachi e si è trovato che anche loro hanno una
tendenza a mappare i numeri più piccoli a sinistra mentre quelli più grandi a destra.

• Si è trovato che effettivamente alcune persone che scrivono da destra a sinistra, tendono ad uno
SNARC Effect opposto a quello di coloro che scrivono da sinistra a destra;

• L'esperimento è stato svolto anche sui macachi e i risultati dimostrano che la tendenza a mettere i
numeri più piccoli a sinistra e quelli più grandi a destra, è una caratteristica comune anche agli
animali non linguistici.

Va quindi considerato che mappare i numeri da destra a sinistra sia in parte una facoltà biologica e
in parte una culturale.

124. Il possesso di un vocabolario numerico è un prerequisito necessario per poter mappare


numerosità nello spazio?

Il possesso di un vocabolario numerico non è un prerequisito necessario per poter mappare


numerosità nello spazio. Persino una popolazione che non è abituata a contare e usa solo i numeri 1 e
2 per riferirsi a quantità precise sa associare numerosità crescenti a punti dello spazio e che si
sviluppano progressivamente da sinistra verso destra.

125.Termini numerici nella lingua mundurukú.

I mundurukù sono una popolazione di circa 7000 individui che vivono in piccoli villaggi nello stato
del Parà, in Brasile. Hanno scarsi contatti con altre popolazioni anche se pochi di loro sanno un po’
di portoghese per via dei contatti che hanno avuto con funzionari del governo o con missionari. Solo
qualche bambino ha ricevuto un minimo di istruzione. La lingua mundurukù ha termini solo per
numeri da uno a cinque, per numerosità maggiori di cinque sono usate espressioni come “alcuni” “un
po’”, “una certa quantità”. I mundurukù non usano i numeri da 1 a 5 in sequenza e non sono abituati
a contato. I termini corrispondenti a uno e due sono usati per quantità precise. Gli altri tre termini
numeri sono usati con una certa flessibilità.
126. Abilità geometriche dei mundurukú.

Pur non avendo alcun rudimento di geometria euclidea, i mundurukù se la cavano abbastanza bene
con i compiti di discriminazione fra forme geometriche. In un esperimento, dopo una fase di training
iniziale, i mundurukù sapevano individuare nel 93% delle prove l’unica immagine fra sei in cui un
punto si trovava fuori dalla figura e non all’interno del suo perimetro.

127. Descrivete l’esperimento di Dehaene e colleghi con i mundurukú.

I soggetti dell’esperimento erano 33 mundurukù (adulti e bambini) + adulti americani di controllo. Il


compito era di individuare su una linea la posizione di uno stimolo. Ci sono due item di
familiarizzazione: si mostra che con “un dot” corrisponde all’estremo sinistro della linea e “10 dots”
corrispondono all’estremo destro della linea. Con i due item di familiarizzazione si dice ai
partecipanti che le numerosità “1” e “10” costituiscono gli estremi della linea e che gli stimoli
presentati successivamente, che corrispondono a numerosità intermedie, possono essere posizionati
in qualsiasi posizione. Visto che la familiarizzazione non coinvolgeva i numeri intermedi, l’analisi
delle scelte compiute dai soggetti servivano per verificare se i soggetti compissero un mapping
sistematico. Ai mundurukù venivano presentati stimoli di quattro tipi:

-Insiemi di dots

- Sequenze di toni da 1 a 10

-Espressioni di numero in mundurukù da 1 a 10

-Espressioni di numero in portoghese da 1 a 10 (rilevante solo per chi sapeva un po’ di portoghese)
Mentre sentivano questi suoni avevano davanti a sé una linea orizzontale sullo schermo del
computer. Dopo le due “prove di riscaldamento” i mundurukù dovevano indicare un punto sulla
linea che corrispondeva a quanto avevano visto o sentito.

128. Descrivete i risultati dell’esperimento di Dehaene e colleghi con i mundurukú.

I risultati mostrano che i mundurukù hanno capito il compito. Tranne pochi partecipanti che
usavano solo i punti estremi, gli altri indicavano punti distribuiti sull’intera linea e inoltre c’è una
correlazione positiva fra numerosità dello stimolo e posizione indicata sulla linea. Questo avveniva
in tutte e quattro le modalità di presentazione. Questo fatto mostra che la capacità di mappare
numerosità nello spazio non è determinata culturalmente. I mundurukù mappavano i numeri in
modo logaritmico, non lineare. I controlli nord- americani mappavano in modo lineare. Il
comportamento dei mundurukù è analogo a quello dei bambini in età prescolare che sanno mappare
numerosità nello spazio ma lo fanno in maniera logaritmica. È comune che un bambino collochi il
numero 10 verso la metà di una linea che va da 0 a 100. Nelle nostre culture, il passaggio dal mapping
logaritmico a quello lineare avviene di solito a partire dalla prima elementare.

129. Definite in maniera informale cosa si intende per mapping lineare e mapping
logaritmico.

Il mapping è lineare quando si distribuiscono i numeri nello spazio rispettando la stessa distanza fra
tutti i numeri. Il mapping è logaritmico quando i numeri più grandi sono schiacciati nella parte
destra dello spazio.

130. Descrivete i risultati riguardanti i mundurukú che avevano imparato un po’ di


portoghese.

I mundurukù che avevano ricevuto un’istruzione rudimentale in portoghese e quindi conoscevano i


numeri da 1 a 10 avevano una prestazione logaritmica con i numeri in mundurukù ma una
prestazione lineare con i numeri in portoghese. È possibile che questo sia dovuto al fatto che i
numeri in mundurukù sono visti come etichette per quantità imprecise, non come veri numeri in
una scala. Quindi i numeri in mundurukù non si mappano nello spazio in modo lineare perché di
base non sono concepiti come intervallati in modo regolare l’uno dall’altro.

131. Che interpretazione danno Dehaene e colleghi dei loro risultati rispetto alla questione
della tesi Sapir- Whorf?

I ricercatori interpretano le prestazioni del gruppo di mundurukù che capivano un po’ di portoghese
come un’evidenza che va contro la tesi Sapir-Whorf, almeno nella sua forma forte. Infatti è bastata
una limitata esposizione al sistema dei numeri per attivare il mapping lineare. Se le lingue fosse
gabbie che limitano la nostra capacità di pensiero, non ci si aspetterebbe una transizione così veloce
da un sistema all’altro.

132. Confronto fra periodo ipotetico in italiano e in cinese mandarino

In italiano per il periodo ipotetico si usa il congiuntivo + il condizionale. In cinese mandarino per gli
enunciati ipotetici si usano strategie diverse che non coinvolgono la morfologia verbale ma scelte
lessicali. L’italiano presenta vari tipi di periodo ipotetico, a seconda dei modi e dei tempi verbali che
usiamo per esprimerli. Tutti sono introdotti dal se, ma possono essere ipotetici della realtà
(indicativo nei vari tempi), possibili (congiuntivo nella frase antecedente, condizionale nella
conseguente) e infine controfattuali (congiuntivo e condizionale passati). Il cinese mandarino ha un
sistema morfosintattico estremamente povero, nonostante questo si possono produrre svariati tipi di
periodi ipotetici, perché hanno molteplici modi di esprimere la congiunzione se. Non sembrano
esistere strategie lessicali/grammaticali/prosodiche che indichino che si parli di controfattualità.

133. Tesi di Bloom su “linguistc shaping of thought”

Alfred Bloom nel 1981 pubblica un libro, The linguistic shaping of thought, in cui sostiene una
versione debole del relativismo linguistico riguardo l’influenza della lingua sul pensiero astratto.Nel
suo libro, Bloom sostiene la forma debole del relativismo linguistico. Bloom pensa che l’assenza di
certe strutture, nel suo caso la controfattualità, porti a delle conseguenze cognitive, ovvero i parlanti
di una data lingua hanno un tipo di ragionamento astratto differente da chi parla una lingua che
segnala la controfattualità.

134. Che differenza c’è fra la versione 2 e la versione 3 di Bloom?

Nella versione 2 l’interpretazione controfattuale è possibile. Nella versione 3 l’interpretazione


controfattuale è l’unica possibile. La differenza tra la versione 2 e la versione 3 è che nel primo caso
viene lasciata aperta la possibilità che Bier riesca a entrare in contatto con qualche testo filosofico
cinese, visto che alcuni (pochi) sono stati tradotti. Mentre nella versione 3, questa possibilità è
esclusa: Bier non sa il cinese e nessun testo cinese è stato tradotto.

135. Differenza fra Bloom e Au nei testi usati e nei risultati ottenuti

Au reputa le storie di Bloom in mandarino non naturali, artificio e sospetta che la bassa accuratezza
riscontrata da Bloom sia in fatto dovuta alla formulazione non chiara. Au riscrive una nuova storia
che ha la stessa struttura di quella iniziate di Bloom: X non si è verificato ma se X fosse successo
allora sarebbe successo Y, Z, W e K. Questa nuova storia risulta essere idiomatica, è percepita come
naturale e leggibile. È la storia del brodo umano. Con questa nuova formulazione, i parlanti cinesi
hanno un’accuratezza superiore al 90%. Bloom replica allo studio di Au, sostenendo che la storia da
lei testata non era davvero equivalente alla sua, perché era troppo semplice e concreta. Bloom
sostiene che se si vuole testare il ragionamento controfattuale è necessario fornire dei contesti
astratti e complessi.

136. La tesi di Lardiere

Lardiere ipotizza che le prestazione inferiore di parlante cinese e arabo nei compiti di ragionamento
controfattuale nei suo esperimenti, che richiedono l’ipotizzare una situazione che non si è verificata,
e valutare quindi che cosa sarebbe successo nell’eventualità che si fosse realizzata, non sia dovuta a
differenze linguistiche, ma a differenze culturali, che si riflettono anche nei metodi educativi adottati
a scuola.

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