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CAPITOLO 20: LINGUA E CULTURA

1 LA CULTURA
Usiamo il termine cultura per riferirci a tutti i concetti e gli assunti sulla natura delle cose e delle persone che
acquisiamo quando diventiamo membri di un gruppo sociale . Può essere definita “conoscenza acquisita
socialmente”. E’ il tipo di conoscenza che acquisiamo senza consapevolezza. Diventiamo consapevoli di
questa conoscenza solo dopo avere sviluppato il linguaggio. La specifica L1 che acquisiamo durante il
processo di trasmissione culturale ci fornisce un sistema preconfezionato con il quale categorizzare il mondo
che ci circonda. Insieme alle parole che acquisiamo noi impariamo anche a riconoscere le categorie rilevanti
nel nostro mondo sociale.

2 CATEGORIE
Una categoria è un gruppo con determinate caratteristiche comuni e possiamo pensare al lessico che
acquisiamo come una serie di etichette di categoria. Si tratta delle parole per riferirsi ai concetti di cui le
persone del nostro mondo sociale hanno avuto bisogno di parlare. L’osservazione delle lingue del mondo
suggerisce che l’organizzazione della realtà esterna varia non poco in funzione della lingua usata per
parlarne.

2.1 Termini di parentela


Alcuni degli esempi più evidenti di categorie lessicalizzate si riferiscono a termini di parentela, parole usate
per riferirsi a membri della stessa famiglia. Tutte le lingue hanno termini di parentela, ma non tutte
organizzano le rispettive categorie nello stesso modo.

2.2 La divisione del tempo


Quando acquisiamo una parola come settimana o weekend, siamo eredi di un sistema concettuale che
utilizza la quantità tempo come categorie comuni. L’uso di parole che si riferiscono a unità di tempo
dimostra che pensiamo al tempo come una quantità. In altre visioni del mondo il tempo non è percepito in
questo modo.

3 RELATIVITA’ LINGUISTICA
Abbiamo esaminato le differenze tra le lingue per dimostrare che esistono modi diversi di parlare della
stessa realtà esterna. Ciò viene descritto in termini di relatività linguistica, poiché sembra che la nostra
lingua debba condizionare la nostra percezione del mondo.
Versione debole: questa idea esprime il fatto che non solo parliamo, ma in qualche misura forse pensiamo
anche il mondo dell’esperienza in base alle categorie presenti nella nostra lingua. La nostra L1 sembra
svolgere un ruolo importante nel plasmare il “pensiero abituale”.
Versione forte (determinismo linguistico): sostiene che “il linguaggio determina il pensiero”. Allora
possiamo pensare solo con le categorie presenti nella nostra lingua. Il sistema categoriale specifico della
lingua determina il modo in cui il parlante interpreta e articola l’esperienza.

3.1 Ipotesi Sapir-Whorf


La prospettiva generale di analisi che stiamo seguendo rientra in quella divenuta celebre alla metà dell’900
come ipotesi Sapir-Whorf. Argomentarono che le lingue degli americani nativi li portavano a vedere il
mondo in modo diverso da chi parla una lingua europea. Secondo Whorf gli Hopi percepiscono il mondo in
modo diverso dalle altre tribù a causa della lingua.

3.2 Contro l’ipotesi Sapir-Whorf


Contro l’ipotesi Sapir-Whorf sono state portate molte argomentazioni. Sampson: immaginiamo una tribù che
parla una lingua in cui le differenze di sesso siano segnalate con mezzi grammaticali e in cui i termini usati
per le femmine abbiano marche speciali. Si scopre che sono usati con altri termini. Nelle lingue spesso ci
sono corrispondenze tra queste categorie. Le categorie linguistiche non ci costringono a ignorare le categorie
biologiche.
3.3 Neve
Tornando alla neve dobbiamo sostituire la parola Eschimese con termini precisi. Gli Inuit della Groenlandia
occidentale hanno solo due parole per la “neve”. Gli inuit però sono in grado di creare un gran numero di
espressioni molto usate per riferirsi a diversi fenomeni connessi con la neve. Sarebbe più preciso dire che
hanno più sintagmi che si riferiscono alla neve. Alcune espressioni occorreranno con maggiore frequenza
nel contesto delle esperienze abituali ma è l’essere umano che pensa all’esperienza e determina cosa deve
essere espresso e non il contrario.

3.4 Categorie non lessicalizzate


Una lingua come l’italiano in realtà lessicalizza alcune distinzioni nell’area semantica della neve. Possiamo
creare varie espressioni. Queste ultime possono costituire categorie di neve per gli italofoni, ma sono non
lessicalizzate. Siamo eredi di una lingua usata per riferire le conoscenze. Ereditiamo la capacità di
manipolare la lingua e di usarla creativamente per esprimere le nostre percezioni. E’ l’essere umano che
manipola la lingua non l’inverso.

4 CATEGORIE COGNITIVE
Per analizzare la cognizione, cioè il modo di pensare delle persone, possiamo cercare nella lingua indizi. Il
fatto che gli Hopi siano eredi di un sistema di lingua in cui le nuvole hanno il tratto animato può dirci
qualcosa sul loro sistema di credenze tradizionali. Nelle tradizioni yagua tutte queste entità hanno un
particolare valore, per cui la loro interpretazione culturale del tratto animato può esprimere il concetto di
“particolarmente importante nella vita”, invece di “dotato di vita”, come nell’interpretazione culturale di
molti parlanti di altre lingue.

4.1 Classificatori
Conosciamo la classificazione delle parole in lingue come lo Yagua grazie a marche grammaticali dette
classificatori che indicano il tipo o classe del sostantivo in questione. I classificatori sono spesso associati
alla categoria del numero per indicare il tipo di cose che si vogliono contare. L’inglese si avvicina all’uso
dei classificatori quando si parla di “unità di” alcuni tipi di cose. Esiste una distinzione tra cose numerabili e
non numerabili. L’esistenza di una classe grammaticale di “entità non numerabili” dimostra l’esistenza di un
tipo di categorizzazione cognitiva sottostante all’espressione della quantità in inglese.

5 CATEGORIE SOCIALI
Parole come zio o nonna rappresentano esempi di categorie sociali, cioè categorie di organizzazione sociale
che possiamo usare per indicare il nostro rapporto o la nostra parentela con altri. Possiamo usare queste
parole come strumenti di categorizzazione sociale, cioè come marche per indicare che una persona è
membro di un gruppo definito da rapporti sociali.

5.1 Allocutivi
Allocutivo è una parola o sintagma che indica la persona a cui si parla o si scrive. Un’interazione basata su
di un rapporto diseguale conterrà allocutivi come un titolo o titolo più cognome per la persona di status più
alto e solo il nome di battesimo per quella di status più basso. In molte lingue vi è differenza tra i pronomi
usati per rivolgersi a chi è vicino socialmente e a chi è lontano. Si tratta della distinzione T/V. In ognuna di
queste distinzioni la seconda delle due forme indica che tra i parlanti non c’è rapporto stretto. Un tempo
queste forme venivano usate per segnalare un rapporto di potere. Il parlante di status più alto o il più potente
poteva dare il tu a un ricevente di status inferiore ma non viceversa. Le persone di status inferiore dovevano
usare le forme V. Questo uso è definito non-reciproco, ma l’uso reciproco è andato aumentando in Europa
tra i giovani. Le persone senza un titolo professionale ricevono come allocutivo signore, signora o signorina.
Solo gli allocutivi femminili contengono informazioni sullo stato civile. Quando si è formato il sistema
originario, era naturale identificare socialmente una donna attraverso il suo rapporto con un uomo, o come
moglie o come figlia. Questi allocutivi continuano a funzionare come etichette di categoria sociale.

6 IL GENERE
Il genere biologico è la differenza di sesso. Il genere grammaticale è la distinzione tra femminile e maschile.
Il genere sociale è la distinzione che facciamo quando usiamo donna o uomo per classificare le persone in
relazione ai loro ruoli sociali. Moltissimi aspetti dei ruoli sociali delle donne e degli uomini non sono
collegati alla biologia. Nel processo con cui impariamo a diventare “ragazza” o “ragazzo” acquisiamo una
cultura di genere nel senso del genere sociale. Questo processo può essere semplice o complesso.
L’acquisizione di un genere sociale include anche la capacità di servirsi di un uso della lingua marcato per il
genere.

6.1 Parole di Genere


Nel Sidamo esistono parole usate solo dalle donne e altre solo dagli uomini. Nell’inglese americano
contemporaneo l’uso di parole di genere per segnalare questo tipo di differenza si sta riducendo e si stanno
usando parole che non contengono l’elemento maschile e che possono essere usate per donne e uomini
indistintamente. Quando si parla in termini generali, c’è ancora la forte tendenza a usare le forme maschili.
Altri termini continuano a rappresentare esempi di parole speciali per le donne e non per gli uomini.

6.2 Strutture di Genere


Nel descrivere la variazione sociale abbiamo ignorato le differenze di genere. In ogni classe sociale c’è una
notevole variazione in rapporto al genere. Dovunque vi sia una variabile con una variante di maggior
prestigio e una di minor prestigio, le donne usano mediamente più degli uomini quella di maggior prestigio.
Le forme non standard o tipiche della classe operaia possono essere preferite dagli uomini.

6.3 Lingua di Genere


Gli uomini hanno in genere un tratto vocale più lungo, una laringe più grande e pliche vocali più spesse delle
donne. Di solito hanno una voce più bassa. Il termine pitch (altezza) descrive l’effetto della vibrazione delle
pliche vocali, per cui una vibrazione più lenta produce voci più basse e una vibrazione più veloce voci più
alte. Tra le donne che parlano l’inglese americano contemporaneo c’è anche di solito un maggior uso delle
variazioni di altezza. Sono stati identificati come tipici del parlato femminile l’uso di un’intonazione
ascendente alla fine di una frase affermativa, l’uso frequente degli attenuatori e delle domande in coda
(domande formate da un ausiliare e da un pronome poste alla fine di una frase affermativa). Gli uomini
tendono ad usare forme più assertive e forti.

6.4 Gruppi Monogeneri


Fin dai 3 anni preferiamo parlare con persone del nostro stesso genere. I maschi socializzano in grandi
gruppi, in cui si impegnano in attività competitive . Le femmine in gruppi più piccoli e in attività
collaborative. In molte società questa socializzazione monogenere è rafforzata da esperienze scolastiche
separate e da diverse pratiche sociali.

6.5 Interazione di genere


Un effetto dei diversi stili acquisiti da uomini e donne è che alcuni tratti diventano determinanti nelle
interazioni tra i due generi. In una conversazione monogenere c’è poca differenza tra la frequenza delle
interruzioni che ciascun parlante effettua durante il turno dell’altro. Nelle interazioni miste sono gli uomini a
interrompere le donne molto più spesso. Nella conversazione monogenere le donne producono più
backchannels. Questo termine indica l’uso di parole o suoni da parte dell’ascoltatore mentre l’altro sta
parlando. Gli uomini sembrano considerarli come segnali di consenso. Nell’interazione mista questo porta le
donne a pensare che gli uomini non stanno prestando la loro attenzione.

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