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08/04/2021

Mariani

Margaret Mahler
Psicoanalista inglese trasferita negli Stati Uniti. Lei ha ampliato e sviluppato la corrente della
psicologia dell’io collegata ad Anna Freud (che studiava la dimensione dello sviluppo dell’io e delle
sue capacità adattive verso l’ambiente).

Lei è una pediatra psicoanalista, sviluppa la sua corrente teorica a New York, e prende spunto dalle
varie teorie anna freudiane.
Si occuperà dello sviluppo dell’io nella normalità, lavorando parallelamente sulle difficoltà che
possono intralciare lo sviluppo normale dell’io e causare psicosi.

Per la Mahler alcuni strumenti di tipo psicoanalitico, non sono adeguati per il trattamento di
pazienti molto gravi (≠ dai Kleiniani e Winnicottiani che invece usano la psicoanalisi proprio sui
pazienti gravi).

Il focus della psicologia dell’io è sull’io, sulla strutturazione della personalità e delle sue difese,
delle sue capacità di reggere i conflitti e della sua adattazione alla realtà ecc…

2 autori dalla quale la Malher prende molto spunto sono Spitz e Hartmann (psicoanlisti dell’io)

A Hartman va il merito di aver teorizzato una forma di energia a partire dall’ es (libido) che è in
realtà usata dall’io. Questa energia è chiamata Sfera dell’io libera da conflitti: La libido libera da
conflitti (cioè l’es non sessuale) diventa una forza energetica psichica utile all’io per l’esplorazione
dell’ambiente (ovvero, questa energia sostiene l’io nei suoi processi di esplorazione della realtà
come memoria, percezione, ecc)

A Spitz va il merito di aver portato il focus sull’analisi dei bambini deprivati in orfanotrofio
(attraverso il metodo osservativo) (“deprivazione” inteso o in termini Winnicottiani come un
ambiente non sufficientemente buono, o in termini di psicologia dell’io come un ambiente
incapace di sostenere le funzione dell’io), notando come i bambini deprivati nei primissimi mesi di
vita avevano dei deficit molto grandi e talvolta morivano.
Quindi, grazie a questi studi l’accudimento nelle prime fasi dello sviluppo diventa argomento di
rilevanza nella psicoanalisi perché è una fase fondamentale nello sviluppo normale e sano del
bambino.
Il bambino dovrebbe evitare di rimanere incastrato in questa fase di deprivazione perché
altrimenti ciò causerebbe delle deprivazioni serie a sostegno delle funzioni dell’io.

La Mahler usa il metodo osservativo con il fine di monitorare le variabili psichiche che cambiano
nel corso dei primi 4 anni di vita

Che differenza tra la corrente freudiana, kleiniana e della psicoanalisi dell’Io?


La differenza è che per Freud lo sviluppo è visto come una linea progressiva il cui obiettivo è
procedere in una tappa successiva per il corretto sviluppo psichico senza retrocedere (step by
step) pr i kleininiani e in parte anche per gli psicoanalisti dell’io lo sviluppo è come una continua
dimensione pulsionale nelle quali si presentano in continuazione delle conflittualità che l’ambiente
ci propone ma ai quali non riusciamo a dare una risposta.
Mahler ci dice anche altre cose: lei fa un lungo percorso di osservazione, e registra tutto, sulle
interazioni mamma-bambino negli asili e negli ospedali e inizia a mettere in gioco l’importanza del
funzionamento diadico mamma-bambino per uno sviluppo sano.
Il punto di vista concettuale su cui si basa la Mahler è capire quali possono essere essere quei
meccanismi che facilitano lo sviluppo dell’io. La Mahler si chiede: ma il bambino quando nasce ha
già un’ io? Oppure il bambino necessita di passare per una fase in cui si regge di fatto su una
dimensione esterna (caregiver) per riuscire poi a costruire il proprio io?
Secondo la Mahler è la seconda risposta quella corretta: il bimbo appena nasce non è in grado di
avere una dimensione organizzata e coerente dell’io ma utilizza la relazione materna come
fornitore accessorio di una dimensione identitaria (dimensione dell’io).

Quindi la psicosi infantile diventa espressione di una difficile “nascita psicologica” (che si
raggiunge quando si sviluppa un proprio io forte e stabile).
La Mahler definisce la nascita psicologica del bambino come quel processo che porta il bimbo, da
un’originale fusione con la madre, al raggiungimento di un’identità individuale stabil.

Se il bambino quando nasce non ha la possibilità di essere supportato da un caregiver che sostiene
il suo io, allora ciò impedisce di uscire da una condizione di psicosi.
La nascita biologica non coincide con la nascita psicologica 

Questo processo di acquisizione del proprio io si svolge per varie fasi, nell’arco dei primi 4 anni di
vita:
La Mahler individua una serie di fasi che vanno dall’autismo, alla simbiosi, fino ad arrivare alle
varie sottofasi connesse alla separazione e individuazione personale del bambino.

FASE 1 (0-2 mesi): FASE AUTISTICA NORMALE


Questa è la fase di autismo normale (autositmo = bambino poco reattivo agli stimoli esterni):
ovvero il neonato si trova in una dimensione in cui è completamente chiuso e ritirato agli stimoli
esterni.
Il bambino e la madre sono un tutt’ uno (il neonato utilizza l’io materno come facente funzione del
proprio io non ancora sviluppato); ciò mette il bambino in una condizione di dipendenza assoluta
nei confronti della mamma.
In questa fase, il bambino ha un bisogno assoluto dell’altro (= della mamma) per sopravvivere,
altrimenti morirebbe (influenzata dagli studi di Spitz).

La permanenza in questa dimensione, senza possibilità di svincolarsi dalle cure della mamma e
costruire la propria identità (io), porterebbe allo sviluppo di psicosi molto gravi.*

FASE 2 (2-4 mesi): FASE DI SIMBIOSI NORMALE


Al secondo mese di vita si passa a una fase di fusionalità (detta fase di simbiosi normale) in cui il
bambino diminuisce la sua chiusura verso l’ambiente esterno, e inizia ad appropiarsi dell’io
dell’altro (della mamma).
Il bimbo in questa fase scopre pian piano la dimensione psicocorporea di se stesso (ovvero
riconosce la propria estensione corporea) seppur si trova ancora in una dimensione di dipendenza
dalla mamma.

Se ce una fissità in questa fase allora si svilupperanno psicosi gravi*


*se il neonato si fissa in una di queste prime due fasi allora non svilupperà la capacità di
distinguere le dimensioni percettive e cognitive (che ricordiamo essere funzioni gestite dall’io che
però in questo caso non essendo sviluppato non è in grado di padroneggiare) fondamentali per
permettere di mediare il rapporto con la realtà esterna.

Infatti, in caso di psicosi l’io del bambino non è in grado di avere un’autonomia psichica che gli
consente di svolgere tutte le funzioni indispensabili per la crescita (funzioni cognitive di
percezione, apprendimento, memoria ecc…) e di soddisfare i propri bisogni.

Per arrivare alla nascita del sè come oggetto differenziato dalla madre, allora si dovrà superare
questa fase di simbiosi normale.

Per Spitz, l’assenza di simbiosi con il caregiver o addirittura l’assenza totale di un caregiver
porterebbe il piccolino a non sopportare un dolore così grande e morirebbe.

In termini concreti: un bambino sano, per permettere lo sviluppo corretto del proprio sé, dovrebbe
stare in una dimensione di autismo normale, in cui la dimensione percettiva dell’ambiente esterno
è fortemente limitata e vige una dipendenza assoluta dalla mamma; dopodichè dovrebbe passare
per una fase di simbiosi normale, dopo la quale diventerà indispensabile la nascita del proprio io.

Superata la fase simbiotica normale, dal quarto mese inizia la vera fase di separazione dalla
mamma e di individuazione del proprio io. /FASE 3/

Questa fase si scinde in varie sottofasi:

SOTTOFASE 1 DELLA FASE 3 (5-9 mesi): FASE DELLA DIFFERENZIAZIONE


In questa fase si differenzia nel bambino la dimensione dell’immagine corporea (il bambino si
riconosce nello specchio, differenzia il proprio sè da quello della mamma, discriminando se stesso
dalla mamma).
In questa sottofase il bambino svilupperà una maggiore attenzione e curiosità agli stimoli esterni.

SOTTOFASE 2 (9-18 mesi): FASE DELLA SPERIMENTAZIONE


È una fase di sperimentazione verso l’ambiente (Il bambino impara a camminare, a parlare e inizia
a esplorare) in questa fase il bambino inizia ad esplorare più approfonditamente l’ambiente ( è
importante che la mamma incoraggi il figlioletto a esplorare.

SOTTOFASE 3 (18-24 mesi): FASE DEL RIAVVICINAMENTO


fase in cui si rinegozia la sperimentazione  il bambino si è allontanato per esplorare ma ora teme
la perdita dell’oggetto materno e inizia allora una negoziazione di allontanamento-
riavvicinamento.
La mamma è colei che consente al bambino una sperimentazione sicura verso l’ambiente esterno,
perché il bambino può tornare da lei se ha paura.
A questo punto esso vivrà una crisi di riavvicinamento, per la quale il bisogno di dipendere dalla
madre è in conflitto con il desiderio di mantenere la propria indipendenza.
Il bambino proverà dunque un’ambivalenza affettiva verso la madre, per la quale alternerà periodi
di intenso bisogno a periodi di prepotenti riaffermazioni di separatezza.
Il compito evolutivo di questa sotto-fase è l’integrazione dell’ambivalenza affettiva
Anche qui è fondamentale la disponibilità emotiva della mamma; se la mamma non è disponibile
al riavvicinamento del bambino, esso sarà troppo impegnato nel tentativo di riconquistarla e non
potrà sviluppare correttamente il suo io.

SOTTOFASE 4 (24 mesi- a circa 4 anni): FASE DI ACQUISIZIONE DEL CONCETTO DI COSTANZA O
(PERMANENZA) DELL’OGGETTO:
Fase di acquisizione del concetto di costanza (o permanenza) d’oggetto: la costanza d’oggetto è
quella fase in cui il bambino capisce che anche se si allontana dall’oggetto, esso continuerà ad
esistere al di là di se steso (ex: se nasconde un gioco nella sabbia il gioco non scompare, ma si
rende conto che continua ad esistere anche sotto la sabbia).
Implicazioni psicoanalitiche: il bambino inizia a capire che sua madre esiste anche se non la
vede.
La permanenza dell’oggetto è dunque indispensabile per permettere al bambino di permanere
nella fase di separazione e individuazione.
Se non si sviluppa questa consapevolezza di permanenza d’oggetto, allora il bambino rimarrebbe
fisso nella fase di esplorazione-riavvicinamento, perché teme che se si allontana troppo l‘oggetto
scompare.
In certi sensi, la permanenza dell’oggetto consente al bambino die essere libero, di muoversi ed
esplorare il mondo liberamente senza paura di perdere l’oggetto “mamma” se si allontana troppo.
Inoltre, in questa sottofase si sviluppa la capacità simbolica (rappresentazione degli oggetti,
fantasie ecc…)

Ora, secondo la Mahler in relazione a una fissità in una specifica fase corrisponde un corrispettivo
psicopatologico:

 psicosi molto gravi (schizoidi) attribuibili a processi incompiuti delle prime fasi dello
sviluppo (=non superamento della fase autistica o della fase simbiotica) ciò causa la non
nascita psicologica (= no sviluppo dell’io)

 Disturbi meno gravi (ex borderline, angoscia di perdita) attribuibili a un non superamento
psichico delle varie sottofasi della terza fase.

Ci deve essere la nascita psicologica altrimenti si incorre in una psicosi.


Occorre riconoscere l’altro, differenziarsi dall’altro e riconoscerlo come indipendente da me e che
esiste al di là del mio controllo.

Il processo di nascita psicologica del bambino è influenzato dall’ambiente, dalla modalità di


accudimento e dalle caratteristiche personali della madre, oltre che da quelle del bambino.
In particolare è fondamentale il modo in cui la madre reagisce a ciascuna fase!

Se nelle fasi autistica e simbiotica il bambino incorre in eventi fortemente traumatici, oppure in
una madre con modalità interattiva disfunzionale, o ancora se il bambino, per propri fattori
costituzionali, è portato ad ostacolare il processo evolutivo, può svilupparsi una psicosi infantile
grave.
Psicosi autistica = incapacità di stabilire un rapporto con il caregiver
Psicosi simbiotica = incapacità di distaccarsi dal rapporto con il caregiver

TERAPIA: secondo la Mahler, l’analista deve avere per il bambino la stessa funzione che aveva la
madre nella fase che si è interrotta
esempio: nella psicosi simbiotica, l’analista e il bambino si devono fondere in una matrice
simbiotica; solo grazie a questa esperienza di totale immersione il bambino potrà riprendere il suo
sviluppo interrotto e ripercorrerlo.

Caso clinico Stanley

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