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La teoria dell’attaccamento

A cura di Walter Pellegrini


Infermiere Counselor
Tutor e Docente corso Laurea Infermieri
Università di Torino
Sede San Luigi
Attaccamento

Modello teorico introdotto da Bowlby, che si distingue sia da


quello pulsionale freudiano che da quello Kleiniano, ed ha un
carattere interdisciplinare

Si basa su contributi provenienti da:

• etologia, cibernetica, teorie dei sistemi, teoria evoluzionistica


darwiniana

• psicoanalisi

• metodo osservativo
Storicamente si delineano tre principali fasi nello sviluppo
delle teorie dell’attaccamento:

1. teorizzazione di Bowlby (1969) sul concetto di


“sistema comportamentale di attaccamento”;

2. la ricerca delle differenze nelle risposte di


attaccamento dei bambini valutate con la Strange
Situation (Ainsworth);

3. la terza fase centrata sulla ricerca delle differenze


individuali nell’organizzazione dell’attaccamento
(“passaggio al livello della rappresentazione”, Main&
Fonagy).
DEFINIZIONI

Attaccamento (Bowlby)

Attaccamento (Bowlby): “Dire di un bambino (o di un


adulto) che è attaccato a o ha un attaccamento per
qualcuno, significa dire che il bambino è fortemente
portato a cercare la prossimità e il contatto con
quell’individuo, specialmente in certe condizioni
specifiche. La disposizione a comportarsi in questo
modo è un attributo della persona che si è attaccata, un
attributo che persiste cambiando solo lentamente nel
corso del tempo e che non è influenzato dalla situazione
momentanea.”
DEFINIZIONI

Comportamento di attaccamento (Bowlby)

Comportamento di attaccamento (Bowlby): “Il comportamento di


attaccamento, invece, si riferisce a una delle varie forme di
comportamento che la persona mette in atto di tanto in tanto per
ottenere o mantenere una prossimità che desidera” con una
persona ritenuta in grado di affrontare il mondo in maniera più
adeguata.
E’ innescato dalla separazione (o minaccia di separazione) e viene
mitigato o eliminato dalla vicinanza, manifestandosi in particolare
in quelle situazioni in cui la persona è spaventata e attenuasi
quando si ricevono delle cure.
La teoria dell’attaccamento sottolinea:

- Il ruolo primario e funzione biologica legata alla


sopravvivenza dei legami affettivi (il concetto di
attaccamento ha le sue origini nell’etologia e nei
concetti di “imprinting” e “bisogno di calore”)

- L’influenza della figura principale di attaccamento nel


plasmare i modelli di attaccamento e lo sviluppo del
bambino

- La stabilità temporale e situazionale del tipo di


attaccamento
Confronto fra Bowlby e la teoria psicoanalitica classica:
Elementi di distinzione sono:

1. il sistema motivazionale: la motivazione primaria non è rappresentata dalle pulsioni,


ma un sistema motivazionale relazionale rappresentato dall’attaccamento;

2. viene data importanza data alla realtà, alla attualità della situazione, agli eventi
traumatici, alla carenze genitoriali, mentre manca l’apprezzamento del potere della
fantasia;

3. viene criticata la sopravvalutazione da parte della metapsicologia freudiana dei


pericoli interni a scapito di quelli esterni. Lo scopo biologico del sistema di
attaccamento è la protezione dai predatori indispensabile nell’ambiente originario
di vita, attraverso una continua vicinanza fisica tra madre e prole;

4. viene criticata la proposta freudiana di una progressione stadiale lineare e l’idea


esplicativa della malattia psicologica in termini di regressione a punti di fissazione;

5. bisogna il basarsi su dati osservativi del comportamento.


Pregi della teoria dell’attaccamento:

La teoria di Bowlby utilizza una metodologia basata su


osservazioni dirette del comportamento dei bambini in
situazioni quotidiane di vita. Non utilizza ricostruzioni di
vissuti dei pazienti, né dati desunti indirettamente.

Per questo il rigore scientifico e l’attenzione al dato


osservabile, piuttosto che al mondo interno, hanno condotto
nel corso degli anni ad un recupero e ad una integrazione
dell’aspetto osservabile e di quello inferito, che per tanto
tempo hanno separato la psicologia dello sviluppo e la
psicoanalisi e che attualmente sembra stiano integrandosi
vicendevolmente (infant research).
Stili di attaccamento

attaccamento sicuro

L’individuo che ha un attaccamento sicuro mostra fiducia


nella disponibilità, nella comprensione e nell’aiuto della
figura di attaccamento, di solito un genitore, nelle
situazioni di difficoltà o paura; questo schema viene
proposto da un genitore facilmente disponibile, attento e
reattivo ai segnali del bambino, empatico e amoroso
quando il bambino cerca conforto o coccole.
Stili di attaccamento

attaccamento insicuro-ambivalente

L’attaccamento di tipo insicuro-ambivalente è tipico di


quegli individui che non hanno la certezza che il genitore
sia pronto ad aiutarli o contenerli in caso di bisogno;
questa incertezza spinge il bambino, e successivamente
l’adulto, a essere sempre incline a provare una forte
angoscia di separazione, è ansioso, non spinto
all’esplorazione gioiosa, sempre impaurito. In questo
schema il conflitto è evidente e il genitore è incostante nel
dare aiuto e vicinanza al bambino oppure è troppo esigete
e minaccia di abbandono il figlio ogni volta che questo non
rispetta le sue aspettative.
Stili di attaccamento

attaccamento insicuro-evitante

Si ha un attaccamento di tipo insicuro-evitante in tutti quegli


individui che hanno capito che ogni volta che si dimostrano
bisognosi di aiuto o vicinanza, vengono seccamente e
nettamente rifiutati e allontanati. Questi soggetti imparano
presto a inibire i loro sentimenti, di paura e amore, a
diventare precocemente autosufficienti a livello emotivo e
rischiano di diventare personalità di tipo falso Sé (Winnicott,
1960) o di tipo narcisista; i casi più gravi sono risultato di
genitori costantemente e fortemente rifiutanti nei confronti
dei bambini, che li allontanavano ogni qual volta essi avevano
bisogno.
Stili di attaccamento

attaccamento disorganizzato

Il soggetto con attaccamento di tipo disorganizzato


non costituisce un modello perfettamente
distinguibile ma che rappresenta piuttosto l’assenza
di un modello definito o la versione disorganizzata
dei uno o più degli altri schemi, dove aspetti
evitanti e fortemente angosciosi si mischiano.
Metodi di misura

Gli strumenti principali utilizzati per lo studio degli stili


di attaccamento sono la Strange Situation, ideato per i
bambini, e l’Adult Attachment Interview, applicabile
dall’adolescenza in poi. Mentre il primo test studia lo
stile di attaccamento proprio nella sua prima fase di
sviluppo, il secondo si concentra sul risultato di questa
evoluzione, cioè sui modelli operativi interni.
Metodi di misura

Strange Situation

Strange Situation: procedura sperimentale su base


osservativa ideata ed utilizzata da Mary Ainsworth nel 1971
per individuare i modelli di attaccamento.
In essa si osservano i comportamenti corrispondenti a due
momenti di separazione e di successiva riunione del bambino di
12 mesi dalla madre alla presenza di un estraneo in un
ambiente estraneo.
È suddivisa in 8 momenti che si organizzano attorno
all’allontanamento - riunione del bambino con la madre e alla
presenza di un estraneo, in un laboratorio attrezzato per lo
scopo.
Metodi di misura

Adult Attachment Interview - AAI -


(George, Main e Kaplan, 1984):

Intervista semi-strutturata, somministrabile fin


dall’adolescenza e preadolescenza, con domande dirette,
relative alle sue relazioni nell’infanzia (il soggetto è
invitato a concentrarsi sui suoi primi 14 anni di vita, al
massimo) con le figure di attaccamento (generalmente
padre e madre) e sull’influenza esercitata da queste
prime relazioni sul suo successivo sviluppo.

E’ lo strumento principale per la valutazione degli IWM,


tramite le narrative degli adulti.
Metodi di misura

Adult Attachment Interview - AAI -


(George, Main e Kaplan, 1984):

L’AAI ha permesso di identificare tre differenti pattern


d’attaccamento adulto suddivisibili a loro volta in sotto-categorie:
-una prima macro-categoria è costituita dagli individui Autonomi-Sicuri
(categoria F, dall’inglese free) ;
- una seconda classe comprende i soggetti Preoccupati o Coinvolti
(categoria E, dall’inglese entagled);
- una terza categoria è relativa ai soggetti Distanzianti
(categoria D, dall’inglese dismissing).

Inoltre la classificazione dell’AAI aggiunge la categoria


dell’attaccamento Con lutti o traumi non risolti (categoria U, dall’inglese
unresolved) e l’attaccamento Non Classificabile (categoria CC, dall’inglese
cannot classified) quando gli elementi del discorso non possono essere
collocati in nessuna delle categorie precedentemente definite.
Modelli operativi interni (Internal Working Models: IWM)

Nel corso della crescita e dell’interazione continua del bambino con il


proprio ambiente, fisico e sociale, il bambino si costruisce delle
rappresentazioni interne complementari che comprendono il Sè e le figure
di attaccamento, rappresentazioni che scaturiscono dai pattern relazionali
tra il bambino e le figure di attaccamento.

L’operatività del modello risiede nel fatto che esso non è un qualcosa di
statico ma che, in quanto riproduzione interna di una relazione-struttura
del mondo reale (Craik, 1943).

Gli IWM, che si formano durante i primi 5 anni di vita del bambino,
funzionano continuamente e in maniera automatica e inconsapevole.

Se il modello relativo alle figure di attaccamento è di tipo positivo


(genitori attenti, amorevoli, che si prendono cura del bambino) allora il
bambino svilupperà un complementare modello del Sè buono e meritevole
d’amore e di attenzioni.
Attaccamento e metacognizione

Il modello esplicativo proposto dalla Main (1991) sulla trasmissione


dell’attaccamento ha aperto la strada ad un vasto e interessante settore di
studio sul monitoraggio metacognitivo, ipotizzando che le differenze nelle
organizzazioni dell’attaccamento del bambino siano fortemente collegate alla
qualità della metacognizione dei genitori ovvero alla loro “capacità di
comprendere la semplice natura rappresentazionale dei loro e degli altrui
pensieri” e più in particolare quelli del bambino.

L’assenza della capacità metacognitiva del genitore rende il bimbo


particolarmente vulnerabile alla variabilità del comportamento dell’adulto.

La Main crea una scala per valutare le differenze individuali nelle capacità
metacognitive dell’adulto: la funzione riflessiva del Sé – SRF -, che è
intimamente connessa al concetto di mentalizzazione e alla capacità di pensare
ai propri stati mentali e a quelli degli altri.
Attaccamento e metacognizione

La funzione autoriflessiva (SRF) viene definita da


Fonagy&Main nei termini di “mentalizzazione”, cioè di
capacità di vedere e comprendere se stessi e gli altri in
termini di stati mentali (sentimenti, credenze, intenzioni e
desideri) e di ragionare relativamente al proprio ed altrui
comportamento nei medesimi termini, attraverso un
processo psichico che viene definito riflessione.
Attaccamento e metacognizione

La capacità di “mentalizzazione” concorre non soltanto a determinare la


natura della realtà psichica degli individui, ma anche la qualità e la
coerenza della struttura del sé e delle relazioni che essi instaurano.
La SRF è la chiave di interpretazione della trasmissione
intergenerazionale dei pattern d’attaccamento, in un range che va dalla
elevata presenza della capacità di riflettere sui propri ed altrui stati
mentali fino ad una incapacità o addirittura ad una antiriflessività

elevata presenza della bassa presenza della


propri ed altrui stati mentali
capacità di riflettere capacità di riflettere
antiriflessività
Attaccamento e metacognizione

La capacità del genitore di verbalizzare, riconoscere e


comunicare al bambino i suoi stati mentali, le credenze, le
intenzioni e i desideri, dà al bambino la possibilità di
riflettere, dare un nome a ciò che prova da solo o all’interno
della relazione e permette che lo stile di attaccamento
“passi” dai genitori ai figli (approccio comunicativo,
Bretherton).
Attaccamento e psicopatologia

Un attaccamento stabile è fondamentale per una


crescita armonica e per l’interiorizzazione di modalità
adattive di comportamento.

Causa di psicopatologia è la perdita della figura di


attaccamento o una sua presenza carente (depressione,
minacce di abbandono): questo toglie al bambino una
base sicura e prevedibile.
Attaccamento e psicopatologia

E’ essenziale per la salute mentale che il bambino riesca ad


avere un figura d’attaccamento (la madre o con un
sostituto materno permanente) costante e stabile al loro
fianco, con cui avere un rapporto caldo, intimo, ininterrotto
nel quale entrambi possano trovare soddisfazione e
godimento e che permetta di interiorizzare modalità
adattive di comportamento (base sicura, controllabile e
prevedibile).
Attaccamento e psicopatologia

Le tipologie di modelli operativi interni si riflettono sulle


tipologie di psicopatologie: la causa di psicopatologia è la
perdita della figura di attaccamento, una sua presenza
carente o comportamenti eclatanti, generalmente a carico
del singolo genitore o della coppia.
Eventi patogeni nella vita del bambino sono anche le carenze
qualitative dei genitori (depressione, violenza in famiglia e verso il
bambino stesso, minacce di non amare il bambino come mezzo per
controllarlo, minacce di abbandono e di suicidio del genitore, poca
sensibilità materna, incapacità di mettersi in sintonia).
Attaccamento
NUOVO ATTACCAMENTO
e
separazione. ATTACCAMENTO

LUTTO LEGAME

SEPARAZIONE

ROTTURA

SENTIMENTI DI SOLITUDINE E ABBANDONO


( collera, paura, tristezza, rabbia, solitudine, isolamento, ansia, angoscia, … )

TOSSICOMANIE DEPRESSIONE MALATTIE VIOLENZA


Alcolismo, Patologica e Malattie Contro se stessi,
Eroina, non reattiva Psicosomatiche Contro gli altri.
Eccesso di rischi...
Stili di attaccamento nell’adulto: modello a quattro categorie
Modello di sé
(Dipendenza)
Positivo Negativo

SICURO PREOCCUPATO
A proprio agio con Preoccupato per le
Positivo relazioni
l’intimità e
Modello Dell’altro l’autonomia
(Evitamento) DISTACCATO TIMOROSO
Negativo SVALUTANTE Timore dell’intimità
Rifiuto dell’intimità esitamento sociale
e della dipendenza
Funzioni emotive introiettive.

A cura di
Dott. Walter Pellegrini
Infermiere Magistrale Counselor
Tutor e docente corso Laurea Infermieri
Università di Torino
Funzioni emotive introiettive.

Martha Harris e Donald Meltzer definiscono la mente pensante


in un modo utile nella prospettiva formativa e professionale
infermieristica.

Meltzer e Harris definiscono quattro atteggiamenti di base


(funzioni emotive introiettive) che favoriscono la crescita degli
individui, della comunità, e della società in generale, e sono:
• generare amore,
• sostenere la speranza,
• contenere la sofferenza depressiva e
• pensare.
sostenere la speranza

generare amore

FUNZIONI EMOTIVE INTROIETTIVE.

contenere la
sofferenza depressiva
pensare
Generare Amore

• Generare amore è l’atteggiamento che favorisce la crescita di noi


stessi, dei nostri figli, delle persone che ci sono vicine, delle persone in
evoluzione, in formazione.
• E’ l’atteggiamento con cui si immette amore nel tessuto sociale per
favorire un clima di fiducia, dove le persone si possono sentire
accettate in tutte le loro componenti emotive, comportamentali e di
pensiero.
• E’ così che le persone possono esprimersi in modo autentico e fare
l’esperienza di essere contenuti attraverso cui si apprende a contenere e
si pongono le basi per l’apprendimento più generale.
• L’opposto di tutto ciò è il “diffondere odio” che impedisce una reale
crescita delle persone e favorisce atteggiamenti di dipendenza e/o
controdipendenza, di fuga o di compiacenza.
Sostenere la speranza

 Sostenere la speranza è la possibilità di cercare e trovare un senso


al vivere e ai suoi eventi, specie quelli più duri legati al dolore, alla
malattia e alla morte.

 Sostenere la speranza non significa vivere di illusioni e


finzioni, ma sostenere la fiducia è aiutare a cercare un senso
autentico al vivere, è una funzione complessa e di qualità.

 L’opposto è “seminare la disperazione”, la paura che impedisce di


affrontare e risolvere qualsiasi problema evitando di prendersi le proprie
responsabilità rinunciando così all’autonomia.
Contenere la sofferenza depressiva
 Contenere la sofferenza depressiva è la capacità di accogliere
il dolore senza scaricarlo fuori, dando la colpa a qualcun altro con
rabbia.

 Significa imparare a sentire davvero tutte le emozioni


accogliendo così anche la gioia e tutta la gamma di emozioni
positive che ogni persona può vivere in tutte le circostanze.

 L’opposto è “esprimere ansia persecutoria” dove prevale la ricerca,


spesso rabbiosa e persecutoria di uno o più colpevoli coprendo così
tutta la gamma di altre emozioni possibili e impedendosi di
individuare vie di uscita e soluzioni alternative ai problemi.
Pensare e insegnare a pensare

 Pensare e insegnare a pensare come capacità di ri-flettere,


ovvero, mettere in connessione il proprio interno (emozioni, pensieri,
comportamenti) con gli elementi della realtà esterna sapendo così
distinguerli, collegarli senza con-fonderli, è la condizione basilare, non
solo per vivere pienamente le emozioni in una dimensione
autenticamente umana, ma anche per pensare in un modo più
autentico e ponendosi nella posizione professionale corretta di chi si
chiede: “cos’è utile a … , per …” consapevole delle risorse e dei limiti.

 L’opposto è produrre menzogne e confusione, essere in una posizione


di verosimile, mescolando e con-fondendo elementi di realtà e di
vissuto, dati e illusioni, opinioni personali e evidenze scientifiche.
Bibliografia.
 Meltzer D. e Harris M. Il ruolo educativo della famiglia: un modello psicanalitico
dei processi di apprendimento, Centro Scientifico Torinese, Torino, 1986

 Meltzer D. Studi di metapsicologia allargata, Raffaello Cortina, Milano 1987


 Nielsen N. P. Pillole o parole ? Raffaello Cortina, Milano 1998
 Novellino, l’approccio clinico dell’Analisi Transazionale. Franco Angeli, Milano
1998
 Michele Cerato, Emozioni e sentimenti, curare il cuore e la mente. Effatà
Editrice, Torino 2003

 Bowlby J. Una base Sicura. Raffaello Cortina, Milano 1987


(…)
Lì, dove terra e acqua si confondono
e il procedere si arresta,
solo la mente può andare oltre.

Ogni linea di confine diventa luogo di desiderio


e di sogno;

si genera il pensiero di un altrove,


nasce la curiosità e il timore per l’ignoto,
il sentimento vago di altri mondi possibili,
di terre e genti intuite e distanti.
(…)

Anna Fabbrini

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