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Family Home Visiting (Renata

Tambelli e Barbara Volpi)


Psicologia Dinamica
Università degli Studi di Roma La Sapienza
9 pag.

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FAMILY HOME VISITING
Introduzione
La relazione genitore- bambino prende forma nel processo di transazione alla
genitorialità, strutturandosi a partire dalla gravidanza, nella quale avviene la formazione di
una nuova identità intrapsichica ( dove la donna affronta le problematiche relative
all’evoluzione del suo ruolo sessuale, risolvendo antichi conflitti relazionali inerenti al
rapporto con la propria madre) la quale si modella ad un livello interpersonale (in base agli
scambi comunicativi della madre con il bambino ma anche nell’ambito del rapporto di
coppia, nell’ambio della famiglia e nel contesto sociale più allargato).

Gli interventi precisi nella prima infanzia (sia per quanto riguarda il sostegno alla
genitorialità, sia per quanto riguarda la promozione della salute del bambino) sono una
pratica ormai conosciuta e consolidata in molti paesi e costituiscono un modello di
prevenzione in situazioni di rischio psicologico e sociale, per tutelare i bambini e le loro
famiglie.
“Home Visiting” è un intervento domiciliare , che viene effettuato a partire dalle prime fasi
di gravidanza, permette di sostenere , accompagnare e potenziare la base sicura
genitoriale nei momenti che vanno dalla nascita fino al primo anno di vita del bambino.
In Italia esperienze simili sono numerose, ma purtroppo poco note.

L’obiettivo del volume è quello di descrivere le tappe principali del modello di intervento di
Home Visiting, che viene portato avanti in diverse aree territoriali da più di 10 anni, e
comprende il coinvolgimento di figure professionali diverse ( psicologi, ginecologi,
pediatri, psichiatri, ostetriche, assistenti sociali, medici di famiglia..) e strutture come le
università, aziende ospedaliere e i consultori familiari.

-> lo scopo di questo intervento è quello di fornire preventivamente un sostegno alla


relazione genitore- bambino al fine di promuovere traiettorie evolutive funzionali sia alla
salute mentale e al benessere psicologico del neonato, sia alla triade bambino- madre-
padre, sia all’intero nucleo familiare.

Dai dati emersi dopo anni di applicazione dell’intervento di Home Visiting, emerge che
questo modello sostiene una genitorialità più responsiva rispetto ai bisogni e alle esigenze
del piccolo e promuove la sicurezza dell’attaccamento attraverso il dialogo relazionale
dell’infanzia.

Family Home Visiting: FOCUS TEORICO


1. L’osservazione della relazione madre- bambino
La nascita della psicopatologia dello sviluppo (developmental psychopathology, intorno
agli anni 80, ha generato una serie di assunti clinici e di ricerca, che costituiscono fonti
importanti negli interventi rivolti ai bambini e alle loro famiglie.
Dopo la pubblicazione di Stern , il mondo del bambino diventa un “mondo
interpersonale”: dove le relazioni influenzano le relazioni; infatti così come esiste
un’organizzazione biologica che regola lo sviluppo fisico di ogni individuo, è presente
anche un’organizzazione sociale che regola come gli esseri umani entrano in rapporto
con la società. Questa organizzazione si sviluppa sopratutto a partire dalla famiglia, e più
precisamente nelle relazioni significative, dove si costruisce il sistema fondamentale
dell’attaccamento.

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La teoria dell’attaccamento di Bowlby determina un’impalcatura fondamentale nella
nuova concezione dell’infanzia.
Nel momento in cui Bowlby strutturava la sua teoria, non esisteva alcuna concezione
dell’infanzia che evidenziasse l’importanza del legame madre-bambino.
Questo legame diventa così centrale anche nelle osservazioni microanalitiche condotte
con l’Infant Research.
In questo modo, siccome il bambino da solo non esiste ma esiste in quanto essere in
relazione con la madre (come aveva annunciato Winnicott), allora è la relazione stessa che
diventa oggetto d’indagine, prima con l’osservazione diretta e infine oggetto d’intervento.
Sarà Stern, a legittimare il nuovo paziente prototipo, ovvero la relazione genitore-
bambino.
Il modello dell’Home Visiting quindi, parte proprio dall’osservazione della relazione
genitore-bambino come punto di partenza, utilizzandola come via d’ingresso per
l’intervento. Ciò ha fatto il modo che i genitori accettassero l’intervento psicologico,
rendendo esplicito il loro bisogno di sostegno nella fase difficile della transizione alla
genitorialità e della crescita del bambino nella prima infanzia.

In particolare, il modello di intervento dell’Home Visiting, era già presente nell’800, ma si è


sviluppato in Inghilterra e si è diffuso in Europa un secondo dopo, nel 900.
In particolare, alcune ricerche condotte da Klaus, Kennell e Ktaus, hanno messo in luce
l’efficacia positiva della presenza di una doula, cioè una donna che resta costantemente a
fianco della mamma, sia nel corso del travaglio, del parto e nel post- parto. Dai risultati, è
emerso che nei casi in cui la neo-mamma fosse affiancata da una doula, si è rilevata una
riduzione dei parti cesarei, una riduzione della durata del travaglio, una diminuzione delle
patologie materne legate al parto (depressione postpartum); registrando un incremento
dell’autostima.
Inoltre, importanti figure come Anna Freud, Mary Ainsworth, Selma Fraiberg, Beatrice
Beebe, Alicia Lieberman, avvalendosi di un’osservazione diretta della relazione genitore-
bambino, hanno dato vita al contesto terapeutico di holding, che caratterizza tutti gli
interventi genitore- bambino, di cui l’Home Visiting fa parte.
L’osservazione diretta del bambino inizia a svilupparsi intorno agli anni 50, e nel corso dei
venti anni successivi diventa uno strumento privilegiato di ricerca. Da qui emergono due
aspetti:
- vi è un cambiamento della considerazione del bambino (prima visto come bambino
passivo e invece ora come bambino attivo, dotato di specifiche competenze percettive,
sensomotorie e interattive);
- la relazione madre-bambino inizia ad essere studiata in maniera bidirezionale, dove c’è
“un’andata e un ritorno” del flusso interattivo.
->Questi due assunti sono alla base dei modelli di intervento a sostegno della genitorialità
e della promozione della salute mentale del bambino.

2. Le coordinate teoriche dell’Home Visiting


I concetti chiave teorici sui quali è stato costruito il modello di intervento di Family Home
Visiting:
- la teoria di attaccamento di Bowlby (integra con pag 23 delle slides): si parte dall’idea
che un buon bagaglio di partenza, costituito da una relazione di accudimento
amorevole, sensibile, responsiva e supporti, possa costituire un fattore protettivo nello
sviluppo del bambino. Numerosi risultati empirici hanno dimostrato che in presenza di
un attaccamento sicuro nei primi due anni di vita, deriva una maggiore capacità di
socializzazione con adulti e bambini, elevate performance scolastiche e una maggiore
produttività.

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[ -> il programma di intervento che parte da questa prospettiva, è volto a costituire un
legame di attaccamento sicuro. Il terapeuta tenta di costituirsi come una base sicura per
la madre, da cui poter partire per facilitare l’interiorizzazione di un modello di sicurezza e
di competenza genitoriale. Per fare ciò (costituirsi come base sicura), il terapeuta deve
avere una capacità di dialogo (verbale e affettivo), in grado di accogliere l’esperienza
soggettiva dei genitori, i loro sentimenti, i loro pensieri e i loro desideri; deve inoltre
riconoscere e tollerare le rotture della relazione e di seguito proporre tentativi di
riparazione; deve avere un atteggiamento di accettazione (trasfert positivo) delle
problematiche emerse nella relazione diadica e avere l’aspettativa che il genitore possa
fare di più di ciò che è convinto di poter fare.
-> Gli obiettivi dell’intervento sono:
- Migliorare il benessere cognitivo, sociale ed emozionale del bambino e della famiglia;
- Aiutare le famiglie a fornire un ambiente sicuro e di supporto per i loro figli;
- Sostenere gli scambi interattivi basati sulla reciprocità e la sintonizzazione affettiva;
- Facilitare nella madre l’attivazione di competenze e strategie relazionali funzionali;
- Aumentare la capacità di lettura dei segnali positivi e negativi del bambino;
- Creare un collegamento di rete tra le famiglie e le reti all’interno della comunità. ]
| questo pezzo viene ripreso dopo nel capitolo 2 |

- il modello evolutivo transazionale dello sviluppo proposto da Sroufe e colleghi:


l’individuo è concepito come un sistema vivente in continua interazione con l’ambiente in
cui è inserito( questo include sia la famiglia, sia le istituzioni sociali e culturali che
forniscono un supporto alla funzione di caregiver)
Questo modello vede lo sviluppo infantile come il prodotto dell’interazione tra il bambino
e l’ambiente in cui è inserito; le esperienze provenienti dal contesto influenzano le
competenze socioemotive che il bambino sviluppa nelle fasi successive del ciclo di vita.
( questi aspetti risultano particolarmente importanti nelle famiglie ad alto rischio, dove il
sommarsi du condizioni ambientali ed individuali avverse, compromette la qualità degli
scambi interattivi, esponendo i bambini alla possibilità di esiti psicopatologici.
—> il programma di intervento che parte da questa prospettiva inizia già dalla gravidanza,
per proseguire po nel periodo perinatale e post-natale, mettendo in primo piano la
relazione madre- bambino, considerata come il motore di avvio dello sviluppo psicofisico
e socioaffettivo del bambino. Questo modello di assistenza, evita complicazioni per la
madre e per il neonato, permette una diagnosi precoce nel caso di situazioni difficili e
crea una base adeguata affinché nell’interazione tra geni e ambiente si possa produrre la
migliore espressione genetica, un salutare sviluppo cerebrale e anche un buon
adattamento all’ambiente.
Quindi questo approccio ha focalizzato l’attenzione anche sui fattori di protezione (sia
individuali che contestuali) in grado di influenzare positivamente le modalità del
caregiving, al fine di limitare l’insorgenza di quadri psicopatologici nel bambino:
- disponibilità di sostegno da parte del partner;
- supporto percepito dal gruppo di riferimento primario;
- caratteristiche dalla madre ( buona autostima, adeguata capacità di coping);
- partecipazione a corsi di preparazione al parto;
- presenza di un sostegno emotivo durante il parto;
- caratteristiche del bambino (temperamento “facile”).

- Infant Research

Le recenti scoperte delle neuroscienze, hanno evidenziato come le esperienze precoci di


attaccamento con la figura allevante diano forma all’architettura del cervello, la quale a

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sua volte costituisce la base dell’apprendimento, del comportamento e della salute fisica
e mentale nel periodo successivo alla prima infanzia.
L’architettura di base del cervello inizia già prima della nascita: la sua strutturazione
dipende dalle esperienze relazionali e contestuali che si sviluppano nel corso della
gravidanza e nei primi anni di vita del bambino. Prima si formano delle connessioni e
competenze neurali semplici, poi si strutturano circuiti neurali sempre più sofisticati e
complessi. Dopo questo periodo di rapida proliferazione, le connessioni cerebrali
vengono ridotte attraverso un processo di potatura (pruning) per far sì che i circuiti
cerebrali diventino più efficienti e più stabili. Inoltre, connessioni neurali nuove si possono
sempre sviluppare nel corso della vita e quelle non utilizzate continuano a subire un
processo di pruning.
E’ importante capire che i circuiti del cervello sono rinforzati dall’uso ripetuto: in
particolare ciò avviene attraverso l’interazione diadica che si basa su processi
comunicativi tra madre e bambino.
In assenza di caregivers sensibili e responsivi, nel caso in cui le risposte di questi siano
inaffidabili e inappropriate, l’architettura del cervello non si sviluppa in maniera adeguata,
generando conseguenze nello sviluppo del bambino.
3. Qualità dell’attaccamento e psicopatologia
I risultati delle ricerche hanno messo in evidenza come la qualità dell’attaccamento possa
influire sulla psicopatologia.
Si ritiene che alcune strategie per affrontare lo stress si evolvano a partire da questi
modelli di relazione, modellando le risposte successive del bambino alle situazioni con cui
si confronterà.
Come già detto, l’architettura cerebrale è influenzata da processi bidirezionali di serve and
return (“ procedure in avanti e indietro”) che si sviluppano nel corso delle interazioni
diadiche tra il bambino e il suo caregiver. Quando i bambini sono sensibili e reattivi ai
segnali e alle esigenze del bambino, essi forniscono un ambiente ricco di esperienze
serve and return; mentre l’assenza persistente di questo tipo di esperienze può minare
uno sviluppo sano: non soltanto il cervello non riceve lo stimolo positivo di cui ha
bisogno, ma viene attivata una risposta da stress, inondando lo sviluppo del cervello con
gli ormoni dello stress potenzialmente dannosi.

Genitori supportivi e sensibili riescono a sfruttare le avversità che il bambino incontra


quotidianamente per modulare capacità di gestione dello stress in termini positivi; ciò fa si
che ci sarà un senso di autoefficacia personale e padronanza del Sè.
Inoltre molti studi hanno dimostrato che la “resilienza” sia il risultato dell’interazione tra
diversi fattori: ambiente sociale di protezione e sistemi biologici altamente reattivi; è
proprio tra l’interazione tra individuo e ambiente che il bambino affina la capacità di far
fronte alle avversità e superare le minacce per uno sviluppo sano.

Come gia detto, la corrente teorica che negli ultimi decenni si è focalizzata sull’analisi
microanalitica del flusso bidirezionale delle interazioni faccia a faccia tra madre e bambino
è stata l’Infant Research: questa prospettiva ha dimostrato come gli schemi di
autoregolazione e di regolazione interattiva siano basati su coniugazioni comportamentali
co-costruire dai due partner (attraverso il volto, la voce, il tatto, l’orientamento spaziale).
Quando i caregivers sono sensibili e responsabili ai segnali de bambino, rafforzano le
aspettative cognitive e affettive positive di questo, costruendo un rapporto di
corrispondenza e fiducia reciproca; viceversa quando non lo sono (per esempio a causa
di patologie come la depressione postpartum materna) il bambino attiva una risposta da
stress. Queste risposte da stress, nonostante siano per natura funzionali e protettivi, nel
momento in cui vengono attivati eccessivamente e in modo prolungato, producono dei
cambiamenti fisiologici che possono avere un effetto dannoso sul cervello del bambino in

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via di sviluppo, sul sistema cardiovascolare, sulla funzione immunitaria e sul sistema
metabolico.
Esistono diverse risposte da stress:
- risposta allo stress positivo: è una parte normale di un sano sviluppo, è caratterizzata
da un breve aumento della frequenza cardiaca e lieve innalzamento dei livelli ormonali
(alcune situazioni che potrebbero innescare una risposta da stress sono per esempio, il
primo giorno di inserimento nel nido, o l’iniezione di un vaccino);
- risposta da stress tollerabile: vengono attivati nel corpo maggiori sistemi di allarme ( ciò
avviene in situazioni stressanti più gravi, come la perdita di una persona cara, un
disastro naturale o un grave infortunio).
- risposta da stress tossico: può verificarsi quando un bambino sperimenta una forte,
frequente e prolungata avversità (es: abuso fisico o emotivo, trascuratezza cronica,
abuso di sostanze, malattia mentale del caregiver, esposizione alla violenza, disagio
economico familiare). Questo tipo di attivazione prolungata dei sistemi di risposta allo
stress può compromettere lo sviluppo dell’architettura del cervello e di altri organi,
aumentare il rischio di malattie legate allo stress, deterioramento cognitivo.
Maggiori sono le esperienze negative nell’infanzia, maggiore probabilità c’è del
verificarsi di ritardi nello sviluppo e problemi di salute successivi (tra cui malattie
cardiache, diabete, depressione, abuso di sostanze).

Molti studi, si sono domandati se esista un periodo sensibile, subito dopo la nascita, in
cui il bambino possa apprendere meglio le caratteristiche della figura allevante e fare in
modo che si formi “la base sicura”.
Dal punto di vista evolutivo, si ritiene che nei mammiferi questo periodo sia determinante per
instaurare un collegamento tra madre e bambino; come dimostrano gli studi che hanno messo in
evidenza il ruolo dell’ossitocina, che aumenta dopo il travaglio e nel momento in cui il bambino
viene attaccato al seno materno, facendo in modo di predisporre la stessa madre al suo
accudimento.
L’allattamento è un momento importante di incontro, di scambio, di conoscenza tra madre e
bambino: i bambini che sono stati allattati esclusivamente al seno, nei primi tre mesi di vita hanno
ingerito un livello di vitamine e ormoni che riflettono il ritmo circadiano della madre (come ad
esempio il suo ritmo sonno-veglia nel corso delle 24 ore) e sembrano avere un sonno più efficace.

4. Vulnerabilità e rischio
I disturbi relazionali tra bambino e caregiver nelle fasi precoci dello sviluppo, possono portare a
conseguenze a lungo termine nella capacità di apprendimento del bambino, nella competenza
sociale con gli altri.
Un ambiente di cura caratterizzato da elementi di tossicità fisica e psicologica ( come condizioni
economiche svantaggiate, scarso supporto sociale, ansia e depressione in gravidanza, violenza e
maltrattamenti..) è considerato rischioso per lo sviluppo del bambino.
Allo scopo di formulare un criterio di rischio generalizzatile, il gruppo di lavoro “Home Visiting” ha
elaborato un’intervista di rischio in gravidanza e una scheda di rischio in gravidanza, nella quale
viene rilevata la storia psichiatrica della donna in gravidanza, la presenza di comportamenti
devianti , gli eventi stressanti della donna ( come ad esempio grave conflittualità con la famiglia di
origine, episodi di abuso e maltrattamento..
Altri comportamenti problematici possono essere manifestazione delle strategie di attaccamento
(es: lamentarsi, disobbedire o altre forme di ricerca di attenzione) , possono avere la funzione di
regolare e controllare la vicinanza dei genitori al bambino in condizioni di cura non ottimali.
Le esperienze precoci di accudimento giocano un ruolo importante nel determinare le modalità di
parenti del genitore, in base al principio della trasmissione generazionale dell’attaccamento.
-> Per questo che l’azione rivolta alla promozione della salute mentale del bambino, deve
necessariamente essere rivolta prima allo sviluppo di una sana competenza genitoriale.
La relazione diadica madre- bambino , indirizza il percorso di crescita del bambino verso esiti di :
- vulnerabilità (in questo modo ci sarà una disarmonia dello sviluppo);
- resilienza (in questo modo ci sarà un’armonia dello sviluppo).
[ slides da pag 7 (in basso) a pag 16]

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Family Home Visiting: FOCUS CLINICO
1. L’intervento domiciliare: un laboratorio <in vivo>
Il modello di intervento del Family Home Visiting rappresenta un laboratorio in vivo che
permette di rilevare tempestivamente gli indicatori di rischio per il benessere psicologico
della madre, del bambino e di tutto il nucleo familiare. Diversamente dai tradizionali
setting terapeutici, la terapia ha luogo nei domicili privati.
Seppure le indicazioni teoriche possono essere generalizzate a contesti distinti, il ciclico
deve guardare con attenzione la specificità di quella particolare situazione, di quella
particolare relazione diadica, sulla quale verrà calibrato il programma di sostegno.

Il focus dell’intervento si struttura nel “prendere per mano” la madre, sostenerla,


accompagnarla, almeno nelle prime fasi, nella comprensione e nel riconoscimento dei
bisogni affettivi del bambino, al fine di farle riuscire a sviluppare una capacità di
comprensione empatica alla base di un’adeguata sensibilità affettiva.
Molto spesso, soprattutto nelle situazioni di consapevolezza di disagio, sono le madre
stesse a chiedere aiuto, esprimendo la loro impotenza e il loro desiderio di voler diventare
un buon genitore.
L’importanza di questo modello di intervento, Home visiting, volto all’assistenza delle
madri e alla genitorialità, è stata riconosciuta dalla comunità scientifica nazionale e
internazionale (infatti l’UNICEF in Europa ha posto l’Home Visiting al centro della propria
azione, sviluppando linee guida e fornendo supporto ai paesi allo scopo di contrastare
problematiche e disuguaglianze sociali e anche i problemi di salute emergenti).
Anche in Italia, negli ultimi 50 anni, si è passati da un’assistenza essenzialmente medica
ai genitori, ad un percorso di accompagnamento alla genitorialità che vede altre figure
professionali, nuove metodologie e diversi servizi; ciò è la testimonianza di un approccio
culturale diverso di maternità.
E’ bene che questi interventi siano preventivi: l’intervento preventivo mette in scena
diverse figure professionali dello sviluppo infantile, che entrano in gioco in quei contenti
familiari dove ci sono fattori di rischio che possono minare lo sviluppo del bambino.
L’obiettivo quindi di un intervento preventivo è quello di aumentare la probabilità di uno
sviluppo normale nel bambino e diminuire i potenziali disturbi successivi. La prevenzione
inoltre è un intervento più facile e ha minori costi sulla famiglia, sul bambino e sulla
comunità, rispetto al trattamento di un disturbo.
Ci possono essere tre tipi di interventi preventivi:
- interventi di prevenzione primaria: sono rivolti all’intera popolazione, indipendentemente
dalla presenza di un rischio individuale; si cerca di ridurre la probabilità di insorgenza di
rischi e si rafforzano i fattori protettivi.
- interventi di prevenzione secondaria: sono rivolti a quelle situazioni che sono già state
compromesse (es: episodi di violenza o maltrattamento sul bambino si sono già
verificati) oppure dove c’è un alto rischio di insorgenza di rischi (es: situazioni in cui c’è:
depressione materna, mamme adolescenti, immigrate, nascita pretermine,..) .
- interventi di prevenzione terziaria: si attuano quando è già presenta una psicopatologia,
cioè sono rivolti ad individui ad alto rischio, lo scopo è quello di ridurne l’impatto
negativo a lungo termine.

Seguendo le diverse sfaccettature che può assumere la genitorialità, Sameroff ha


proposto tre tipologie di interventi preventivi a seconda dell’azione preventiva prescelta,
definendo le tipologie applicative come le “tre R”:
1) interventi basati sulla Riparazione: si cerca di modificare i comportamenti e le
risposte del bambino , che sono rivolte al genitore, al fine di migliorare la capacità di
quest’ultimo di attivare il suo comportamento di cura e protezione.

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2) interventi basati sulla Ridefinizione: si pone l’obiettivo di modificare il modo in cui il
genitore interpreta il comportamento del figlio, depurandolo dalle attribuzioni negative,
in modo da far sì che il genitore scopra il “bambino reale” e si liberi da eventuali
“fantasmi del passato” (come li chiama la Fraiberg).
3) interventi basati sulla Rieducazione: si mira a modificare le concrete modalità di
accudimento del genitore e si sensibilità responsiva nei confronti del bambino.
-> Per cui, è la relazione genitore- bambino che rappresenta il fulcro dell’intervento, non
l’individuo singolo. Si cerca di trasformare la dimensione intrapsichica del funzionamento
mentale, non l’intera personalità: per fare ciò si osservano gli aspetti non- verbali della
relazione e si cercano di mettere in luce eventuali conflitti inconsci da parte del genitore
che ovviamente influiscono sulla relazione con il bambino. Quindi è necessario “qualcosa
in più’ rispetto alla tradizionale interpretazione del processo terapeutica. Per questo, che il
contesto terapeutico di holding deve essere un contesto più positivo e di
accompagnamento, rispetto alle alleanze terapeutiche tradizionali.

2. Linee guida per l’intervento


In questo modello di intervento , vi sono diverse linee guida. In particolare vi è l’esigenza
di:
- raggiungere tutte le famiglie: bisogna superare le barriere socioculturali che a volte
impediscono l’accesso ai servizi pubblici o comunque lo rendono meno efficace;
l’intervento di Home Visiting si propone di “cercare” le persone piuttosto che attenderle
nei servizi.
- tempestività dell’intervento: permette di individuare le finestre di vulnerabilità/
opportunità per lo sviluppo del bambino( questi interventi si propongono di rilevare i
fattori di rischio o di protezione e contemporaneamente di supportare la famiglia).
- centralità della figura genitoriale: bisogna avere una conoscenza approfondita
dell’ambiente familiare nei vari livelli (interazione madre-bambino, passaggio dalla
coppia coniugale alla coppia genitoriale, inclusione/esclusione di altre figure del nucleo
familiare, presenza di conflitti e patologie familiari).
Per quanto riguarda i principi generali del modello di Family Home Visiting:
- l’interesse per il minore è di primaria importanza
- I genitori devono avere la responsabilità primaria di crescere i propri bambini e la
società li deve aiutare
- Il supporto deve essere garantito a tutti i genitori e bisogna rispettare modelli familiari
diversi
- I servizi per i bambini richiedono una collaborazione tra genitori, comunità,
organizzazioni e tutti i settori rivolti all’infanzia (vi è un approccio olistico).

La base sicura terapeutica ha l’obiettivo di essere un trampolino di lancio per i genitori


(sopratutto la madre), dal quale poter interiorizzare un modello di sicurezza e competenza
che si dovrà adattare alla funzione genitoriale. Per questo, bisogna innanzitutto affermare
che la paziente più importante è proprio la madre, la quale si deve accogliere e sostenere
fin da subito.
La base sicura terapeutica inoltra è composta da diverse figure professionali ( psicologi,
ginecologi, assistenti sociali, pediatri, medici di famiglia, ostetrici..) che collaborano nelle
diverse strutture per promuovere la salute dei bambini e dei loro genitori.
Questa base sicura, a livello clinico deve avere le seguenti caratteristiche:
- capacità di dialogo affettivo, in modo da poter cogliere tutta l’esperienza soggettiva
della madre;
- atteggiamento di accettazione (transfert positivo) delle problematiche emerse nella
relazione diadica e deve avere l’aspettativa che il genitore possa migliorare;

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- sensibilità ai momenti di rottura della relazione , deve avere la prontezza di effettuare
una riparazione.
3. Una nuova figura professionale: il Family Home Visitor
Nel team di operatori che ruotano intorno alla costituzione della base sicura terapeutica,
assume un ruolo centrale la figura del Family Home Visitor che deve essere una figura
femminile con una formazione universitaria in ambito psicologico , che fornisca gli
strumenti necessari a sostenere la relazione genitore-bambino, deve avere conoscenza
approfondite sulle teoria dell’attaccamento, deve avere un atteggiamento empatico e non
giudicante. Laddove non sia possibile l’inclusione nel team della figura dello psicologo (in
alcune realtà territoriali), si può optare nella formazione specifica di figure professionali
che ruotano nell’ambito dell’”evento nascita” (es: assistenti sociali, ostetriche, operatrici
comunità).
La figura dell’Home Visitor inoltre, deve avere una conoscenza dettagliata sui diversi
settori di crescita e di sviluppo del bambino (in particolare nel 1 anno di vita) :
- salute e benessere della mamma ( conoscenza delle diverse patologie durante a
gravidanza e le problematiche post-partum)
- salute e benessere del padre e salute e benessere del bambino
- interazione madre-bambino e interazione madre/padre/bambino
- alimentazione (chiarire l’importanza dell’allattamento al seno e degli scambi interattivi
durante i pasti)
- Tematiche di salute pubblica e prevenzione
- Competenze professionali
4. Le fasi dell’intervento
Il nucleo centrale sul quale viene strutturato l’intervento del Family Home Visiting si
incentra nel sostegno alla relazione genitore- bambino a partire dalla gravidanza (in
genere nei reparti di maternità e nei consultori) con l’obiettivo di migliorare la salute fisica
e mentale dei bambini e delle loro famiglie, fornire un ambiente sicuro e di supporto,
creare un collegamento di rete tra famiglie e servizi all’interno della comunità. Dopodiché ,
alla nascita del bambino, l’intervento fa il suo ingresso nell’abitazione della famiglia sulla
scia della “psicoterapia in cucina”.
Per avere uno schema di riferimento, molte volte si utilizza un diario delle visite domiciliari,
che viene compilato nelle diverse fasi evolutive del bambino, dove si colgono tutti gli
elementi di diversi ambiti (sintonizzazione affettiva, ritmo sonno veglia, alimentazione,
accudimento, pianto, gioco, attaccamento). Questo diario delle visite domiciliari,
costituisce un grande supporto, che può essere potenziato con l’uso di videoregistrazioni
delle interazioni diadiche. Sono necessari inoltre anche gli incontri di supervisione, di
modo che possa avvenire un confronto tra le diverse figure professionali coinvolte
nell’intervento e affinché il Family Home Visitor possa avere un gruppo di supporto e di
sostegno nella sua attività, incrementando la sua capacità riflessiva.

Modalità di attuazione —> l’intervento di snoda lungo un periodo di 14/15 mesi e ha inizio
dal 7°/8° mese di gravidanza fino al 12°/13° mese di vita del bambino. Alla fine del
percorso di Home visiting, è importante verificare l’andamento del lavoro domiciliare
svolto attraverso una scheda di verifica che segnala l’evoluzione della relazione diadica
madre-bambino.
Fino al 7° mese del bambino, di solito gli incontri hanno una cadenza settimanale, mentre
dal 7° mese al 12° mese, la cadenza delle visite può essere anche ogni 15 giorni, in base
alla valutazione clinica condivisa con l’équipe di supervisione. Ogni visita domiciliare di
solito ha una durata di 60 fino ai 90 minuti.
Nelle situazioni di rischio maggiore, gli interventi posso avere anche una cadenza
plurisettimanale.

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Nei primi incontri, in genere si fornisce un sostegno per l’allattamento e per i primi bisogni
del neonato. Nel corso delle visite, le operatrici osservano il comportamento del bambino
e attirano l’attenzione del padre e della madre sulle modalità che egli utilizza per interagire
con essi, aumentando in questo modo la loro competenza nel rispondere ai suoi bisogni.
Gli interventi vengono attuati in particolari momenti della giornata : pasto, fasi che
precedono il sonno, igiene e cura del bambino.

L’intervento si può considerare valido nel momento in cui ci siano delle evidenze
significative: come la promozione dell’allattamento al seno alla prevenzione del
maltrattamento, della depressione post-partum, passando per un miglioramento
dell’autostima materna e un miglior supporto sociale.

Strumenti di lavoro:
- Contratto con la coppia genitoriale: la relazione è vista come un’alleanza di lavoro, vi deve
essere chiarezza degli obiettivi condivisi e una ridefinizione continua durante il percorso in base
alle tappe evolutive;
- Relazione operatore domiciliare e madre (base sicura): è una funzione chiave per attivare il
cambiamento nella diede madre-bambino; la madre deve essere sostenuta, si deve sentire di
poter esprimere tutte le sue ansie, paure, dubbi e incertezze, in modo che riesca al meglio ad
esprimere sé stessa, presupposto essenziale per sviluppare le sue competenze genitoriali.
-> in questo modo la madre può sperimentale una relazione sicura con il terapeuta , e nel
momento in cui capisce che una relazione di questo tipo è possibile, inizia a vedere nello stesso
modo anche il bambino
- Supervisione con le altre figure professionali: avvengono delle consultazioni cliniche periodiche
sui singoli casi, vi è un sostegno e aiuto da parte dei membri dell’èquipe, soprattutto nei
momenti critici.
Family Home Visiting: focus applicativo
Il reclutamento delle donne che vengono segnalate per il programma Family Home Visiting
avviene in diversi momenti (consegna del libretto per la gravidanza, cosi di accompagnamento
alla nascita, visite, controlli ecografici, prima vaccinazione o bilancio di salute del bambino). In
ciascuna di queste occasioni, gli operatori offrono alla donna la possibilità di effettuare uno
screening psicologico: questo screening permette di individuare in maniera veloce e oggettiva la
fascia di popolazione destinataria dell’intervento, mediante degli indicatori specifici per fattori di
rischio psichico e psicosociale.

In modo particolare, l’intervento di articola attraverso un percorso che prevede 5 moduli,


ognuno dei quali si snoda in obiettivi specifici che seguono le tappe di sviluppo del
bambino all’interno della relazione con la madre. Questi moduli sono una guida
applicativa durante le visite domiciliari:
- MODULO 1: Sostenere la genitorialità ( va dal 7° mese di gravidanza ai 15 giorni che
precedono il parto; si cerca di instaurare un rapporto di alleanza, esplorare i vissuti
emotivi e le esperienze infantili dei genitori, cercando di individuare dei fattori di
rischio);
- MODULO 2: Costruire relazioni (va dalla 2° settimana dopo il parto al 3° mese di vita
del bambino; si cerca di incrementare le competenze genitoriali , in modo da riconosce
i bisogni del piccolo e cercare di far capire l’importanza di un sostegno di coppia);
- MODULO 3: Sintonizzarsi con il bambino (dal 4° al 6° mese di vita del bambino; si
cerca di far scoprire ai genitori le competenze relazionali e sociali del bambino,
fornendo delle indicazioni adeguate e promuovendole attraverso i giochi);
- MODULO 4: Avviare la separazione (dal 7° al 9° mese di vita del bambino; si cerca di
lavorare sull’ansia da separazione e sui ritmi sonno/veglia del bambino)
- MODULO 5: Verificare la base sicura (dal 10° al 13° mese di vita del bambino; si
valuta lo stile di attaccamento del bambino ai genitori).

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