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Universit degli Studi di Parma Facolt di Lettere e Filosofia Corso di Laurea in Psicologia

PERCORSI DELLADOZIONE
IL RAPPORTO CON IL BAMBINO REALE NEL RACCONTO DEI GENITORI

Relatore: Prof.ssa Maria Pia Arrigoni

Correlatori: Prof. Gian Luca Barbieri Prof.ssa Laura Fruggeri

Laureando: Massimiliano Anzivino

Percorsi delladozione
Il rapporto con il bambino reale nel racconto dei genitori

Anno accademico 2001-2002

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Il rapporto con il bambino reale nel racconto dei genitori

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L e mamm e adot t i v e s ono c ome l e r uot e di s cor t a de l l a ma cc hi na : de vo no es s er e d el l a s t es s a mi s ur a di que l l e ch e par t ono e s i us ano quand o qu el l e al t r e s i r ompono (u n a bam bi n a adot t at a ) 1

In Galli, J. (2002).

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INDICE
Ringraziamenti Presentazione Il Progetto di ricerca PARTE I : Aspetti teorici ed introduttivi 1.La teoria dellattaccamento Traumi infantili e attaccamento Base sicura Holding Contenimento 2.Studi sulladozione Natura-cultura Fattori di rischio e fattori di protezione Patterns of adoption Disturbi legati alladozione Adolescenza Meccanismi difensivi 3.Bam bino immaginato, fantasticato e reale Vuoto e spazio mentale 4.Aspetti specifici delladozione Sterilit Sessualit Elaborazione del lutto Rivelazione 9 11 15 19 21 25 28 29 31 33 34 37 41 48 52 54 57 62 65 66 71 73 76

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5.Gruppi Gruppo bioniano Gruppo Balint 6.Narrazione e psicoanalisi

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PARTE II : La ricerca sui Servizi Sociali di Carpi 1.Una fotografia dei Servizi Sociali di Carpi Obiettivi della ricerca Strumenti e procedimento Le cartelle Liter delladozione Risultati Divisione degli argomenti Come operano i Servizi 2.Legislazione PARTE III : La ricerca sul gruppo del dopo adozione 1.Il gruppo del dopo adozione 2.Ricerca 3.Questionari Strumento utilizzato Ricerca sui genitori PMA Consegna Risultati 4.Descrizioni Strumento utilizzato Consegna Griglia per analisi dei dati Contributi narratologici Risultati 5.Osservazioni conclusive Riferimenti bibliografici

87 89 90 92 93 95 97 99 100 105 109 111 115 117 118 121 128 129 149 150 151 152 154 173 183 189

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Riferimenti legislativi

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Appendice A.Ricerca sui Servizi Sociali di Carpi B.Questionari C.Descrizioni

I III XVII XXI

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RINGRAZIAMENTI
Ogni lavoro sempre il frutto dellopera di pi persone, anche di chi non ha partecipato attivamente alla stesura o alla progettazione dello stesso. Come al solito i ringraziamenti sono rivolti a tantissimi, dai professori, agli esperti del settore, ai familiari e amici. Un ringraziamento particolare va alla Professoressa Maria Pia Arrigoni che ci ha seguito in questi due anni con grande attenzione e affetto, dispensandoci consigli utili e sagge indicazioni. A lei il ringraziamento pi grande. Vengono poi tutti coloro i quali hanno collaborato direttamente al progetto, la Dottoressa Valeria Confetti e la Dottoressa Daria Vettori che hanno proposto tale ricerca e che si sono sempre dimostrate disponibili lungo tutto il percorso che ci ha condotto alla stesura finale del lavoro; tutto lo staff dei Servizi Sociali di Carpi, in particolare la Dottoressa Liana Balluga che ha curato la parte burocratica e amministrativa e lassistente sociale Lina Anticati con la quale abbiamo lavorato a stretto contatto per diversi mesi. Non dimentico la Dottoressa Piergiuseppina Fagandini che ha dimostrato grande professionalit e disponibilit di fronte alle mie mille domande. Un sentito grazie va anche al Professor Gian Luca Barbieri, sempre disponibile e attento dispensatore di utili consigli, e alla Professoressa Laura Fruggeri in veste di correlatrice. Un altro grande ringraziamento va alle due colleghe e compagne che mi hanno accompagnato in questa avventura e con cui ho condiviso momenti di sconforto e di euforia e che sono state la spinta pi grande per terminare il lavoro. Non mi dimentico dei genitori che hanno partecipato con grande disponibilit ed entusiasmo alla ricerca e che sono i veri protagonisti di tutto questo lavoro. Grazie anche alla mia famiglia e a tutte le persone che ruotano intorno ad essa ed alla mia vita pi intima e personale: in tanti modi diversi mi sono stati tutti di grande aiuto. Grazie a tutti.

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PRESENTAZIONE
Per l a maggi or par t e de l l e per s on e i l dono pi gr ande c ons i s t e n el l e s s er e t r ov at e e ut i l i z z at e (W i n n i cot t , 1968 ) 1

La

parola

adozione

richiama

una

vastit

di

questioni

unarticolazione di problematiche davvero impensabili ad un profano o a chi si accosta a tale campo di indagine senza una approfondita conoscenza dello stesso. Le variabili in gioco sono tantissime. Queste, intrecciandosi tra loro, danno vita ad un affascinante e ambiguo gioco di specchi che rende il panorama alquanto complesso di fronte ad ogni possibilit di interpretazione. Sembra che si arrivi sempre un giorno dopo per usare le parole di Jolanda Galli nel convegno tenuto a Reggio Emilia nel maggio 2002. unistanza ricca di risorse ma anche di rischi, che richiede unattenzione costante e continua nel tempo: un percorso senza fine che va seguito con la stessa cura prima, durante e dopo, senza lasciare alcuna fase al caso. Non bisogna dimenticare che si tratta di un incontro tra persone che non si conoscono, che hanno idee, et, a volte culture e lingue diverse, e ci pu generare difficolt di vario tipo. Un ambito che, oggi pi che mai, allordine del giorno. I tanti cambiamenti richieste. La legislativi riflettono nuova legge un incremento del 2001) esponenziale ha approntato delle dei (N149

cambiamenti tali da paralizzare nel vero senso della parola le adozioni. Emerge lesigenza di una cultura nuova che sappia riflettersi sulle modalit e sullorganizzazione delliter seguito dai servizi. Gli aspiranti genitori si trovano sempre pi frequentemente di fronte alla sterilit. Per questo problema, che colpisce in linea generale tutti i paesi industrializzati occidentali, si possono fornire mille interpretazioni: linnalzamento dellet media di matrimonio e il procrastinare linizio

Confronti e contrasti nella comunicazione bambino-madre e madre-bambino. In Winnicott, D. H. (1987).


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della genitorialit anche per motivi economici sono solo alcune tra le tante ipotesi. I servizi sociali devono cos affrontare una miriade di domande, eseguite da coppie a volte poco o male informate su che cosa significhi veramente adottare un bambino, quali siano tutti gli elementi implicati in questo percorso e le mille difficolt che gravano come peso aggiuntivo sul compito gi complesso di genitore. Molte delle coppie che chiedono di adottare un bambino non hanno informazioni sulladozione, sui bambini, sulle procedure e le difficolt, nonostante sui mass media compaiano quasi quotidianamente notizie sui differenti aspetti delladozione (Galli, 2001). Di fronte ad un tale incremento delle domande non fa da contraltare una disponibilit sufficiente di minori e quindi i tempi per ottenere un bambino si fanno molto lunghi, molte domande restano insoddisfatte, molte coppie si rivolgono a canali alternativi, a volte illegali, per raggiungere il loro scopo. Annamaria DellAntonio (2001) consapevole delle tante problematiche che accompagnano questo campo dindagine: idea diffusa che ottenere unadozione sia difficile . I percorsi che occorre seguire per ottenere la tanto agognata idoneit sono poi molto lunghi, fatti di incontri con vari operatori e figure giudicanti, di domande e osservazioni per fornire una valutazione sulla propria capacit di essere genitore. Si tratta di un giudizio che si estende allintera persona, a come si . Non c da stupirsi se i servizi e i tribunali finiscano per assumere, nelle menti delle coppie, caratteristiche persecutorie e invasive. Di qui altre svariate difficolt: da parte dei servizi nello svolgere il loro lavoro; da parte dei genitori nel vivere il percorso adottivo non tanto come una formazione, o comunque un periodo necessario prima di ottenere il bambino, ma come un momento di interminabile supplizio allinsegna della paranoia e dellansia. Morral Colajanni (1997) sostiene infatti che i percorsi istituzionali non aiutano ad integrare ma [] propongono, causano e rinforzano aspetti persecutori e scissioni. [Le coppie che decidono di adottare sono poste] di fronte ad un giudizio esterno [che] solleva nel loro interno una sorta di crisi sulla capacit di essere genitori o meno.

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Un genitore naturale accetta come una conseguenza inevitabile e normale i suoi errori nellaccudire il proprio figlio. Lo stesso non accade per i genitori adottivi che devono prendere in carico un fallimento non loro e tollerarne per tutte le conseguenze negative di cui non sono responsabili. mancanze Naturalmente, prima oltre alle problematiche dal bambino, derivanti esistono da subite delladozione anche

difficolt legate alladozione in s. Ladozione poggia le sue basi su una doppia mancanza: la mancanza di un figlio per i genitori, la mancanza dei genitori per il bambino. Lobiettivo chiaramente quello di colmare vicendevolmente tale doppia mancanza favorendo una doppia nascita, quella della coppia che diventa genitore e quella del bambino che diventa figlio e persona. Adottare uno scegliersi e un camminare insieme (DellAntonio, 2001). E ancora: Adottato e adottante sono individui che si sono scelti e si scelgono per istaurare vincoli che non esistono per linea biologica (Morral Colajanni, 1992). Perch ci si realizzi alla coppia demandato il compito di trovare dentro di s delle risorse aggiuntive che consentano di elaborare la mancanza biologica e la mancanza dellesperienza di pieno. Lesperienza di vuoto, fisico e mentale, costituisce, soprattutto per la generativit materna, un limite doloroso; con ladozione una donna pu trovare una modalit diversa e nuova di donarsi, trasmettendo al bimbo adottato affetto, attenzioni, parole. Per tutti questi fattori indispensabile che la complessit dei percorsi adottivi venga accompagnata e sostenuta dal lavoro di operatori qualificati, responsabili e coordinati nelle diverse aree di professionalit. Ladozione ha bisogno di essere pensata, di ritrovare propri spazi e tempi prima di gettarsi nella dinamica del fare. Ladozione ha la necessit di essere scoperta per quello che , nelle sue caratteristiche, rischi e risorse, al di l di opinioni precodificate e di fuorvianti pregiudizi. Questo sar lintento di tale lavoro diviso in tre parti. Nella prima vengono esposti alcuni aspetti teorici con particolare riferimento alla teoria dellattaccamento di Bowlby e ai contributi di Winnicott e Bion; dopo di che si espongono gli studi che hanno indagato lambito delladozione cercando di mettere in risalto non solo gli aspetti

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negativi, ma anche le molte risorse presenti; poi lindagine si sposta sulla tematica del passaggio dal bambino immaginato/fantasticato al bambino reale, esponendo anche alcuni spunti rispetto al concetto di vuoto e di spazio mentale; vengono trattati successivamente alcuni argomenti che abbiamo definito specifici delladozione, poich in letteratura teorica ed costituiscono dei cardini del discorso, attraversando trasversalmente molti dei contributi da noi analizzati; infine la parte intruduttiva si chiude con una descrizione dei gruppi, con esplicito riferimento allopera di Bion e Balint su tale strumento di lavoro, e con la presentazione della prospettiva esposta nel libro Narrazione e psicoanalisi di Arrigoni e Barbieri (1998). La seconda parte costituisce la presentazione di una ricerca comune eseguita in collaborazione con le colleghe Lisa Agosti e Silvia Govi. Tale ricerca ha lobiettivo di fornire una descrizione il pi possibile esaustiva del lavoro svolto dai Servizi Sociali di Carpi nel campo delladozione. La terza ed ultima parte costituisce una ricerca eseguita singolarmente i cui protagonisti sono i genitori adottivi che hanno ottenuto il bambino e partecipano ad un gruppo di incontro mensile e facoltativo. Sono stati indagati i vissuti dei genitori in relazione al rapporto instaurato con il figlio adottivo utilizzando due differenti strumenti: un Questionario gi impiegato per analizzare gli stessi vissuti nei genitori sottopos ti a procreazione medicalmente assistita, e una Descrizione, ovvero la compilazione di una specie di diario in cui raccontare una giornata trascorsa con il proprio bambino.

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IL PROGETTO DI RICERCA
La proposta di effettuare una ricerca sulladozione stata avanzata nel maggio 2001 da due psicologhe impegnate da diversi anni nel settore: la Dotto ressa Valeria Confetti e la Dottoressa Daria Vettori. Queste si sono messe in contatto con lUniversit di Parma, in particolare con la Dotto ressa Maria Pia Arrigoni, per fissare alcuni incontri in cui discutere la loro idea e prospettarne la futura realizzazione sul campo. A questi incontri hanno partecipato anche i tre studenti interessati ai possibili sviluppi di tale area di ricerca in vista della stesura della tesi di laurea. Gli incontri si sono tenuti alternativamente presso le aule dellUniversit di Psicologia di Parma e presso lo studio della Dottoressa Confetti di Reggio Emilia. Ad essi hanno partecipato, in diversi momenti, oltre alle gi citate Dottoresse e ai tre studenti dellUniversit di Psicologia (Massimiliano Anzivino, Lisa Agosti e Silvia Govi), anche alcuni esperti del settore o addetti ai lavori: il Dottor Andrea Landini (neuropsichiatra infantile e psicoterapeuta), la Dottoressa Eugenia Iacinti (operatrice dei Servizi Sociali che si occupano di adozione a Parma), la Dotto ressa Piergiuseppina Fagandini (neuropsichiatria infantile esperta in neonatologia). Si trattato di discussioni aperte in cui ogni partecipante ha potuto portare un proprio personale contributo alla tematica trattata. Al termine di ogni discussione, di circa due ore, si tiravano le fila del discorso cercando di calarsi anche nella dimensione operativa della ricerca. Ci si aggiornava poi allincontro successivo con il compito di approfondire, attraverso ulteriori riflessioni personali o approfondimenti bibliografici, gli argomenti trattati ed emersi. Lidea di base era quella di approfondire largomento delladozione, tematica che a giudizio delle due psicologhe non aveva goduto, soprattutto negli ultimi anni di incredibile boom delle richieste, di unadeguata riflessione. La sensazione che si avverte nel settore che occorra riflettere su ci che sta accadendo oggi nel campo delladozione. Essa nasconde mille insidie e problemi sempre nuovi. Quanto si avverte a livello di sensazione necessita per di una sistematizzazione e qui si inserisce il nostro lavoro.

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Le due psicologhe hanno esposto la necessit di affiancare al loro operato , difficile e sempre in via di sviluppo, uno spazio di riflessione che possa aprire nuove porte e creare nuovi spunti di analisi, sia sul piano teorico che su quello pratico-organizzativo. Nei servizi manca un gruppo di riflessione seria capace di confrontarsi su quello che viene fatto per ladozione. Non si riesce a lasciare spazio al pensiero, a prendere una giusta pausa per acquisire e metabolizzare gli elementi complessi delladozione: la negazione prende tutti, genitori e operatori. La direzione in cui incanalare tale approfondimento non era del tutto chiara e gli incontri, tenutisi da maggio a novembre 2001 con cadenza mensile, sono stati orientati ad una creazione successiva e per piccoli passi di un piano di azione, alla ricerca anche dellimpostazione di tre diversi argomenti per tre diverse tesi di laurea. Si puntato sullo sviluppo di una indagine sul campo, con un piano sperimentale di tipo non quantitativo. La ricerca quindi ha assunto nel tempo i contorni di unindagine esplorativa di carattere qualitativo. Il punto di partenza stato rintracciato in una analisi di archivio presso i Servizi Sociali di Carpi (analisi comune ai tre studenti implicati nel progetto), per ottenere un quadro un po pi chiaro e numericamente definito della dimensione delladozione a Carpi negli ultimi ventanni (vedremo successivamente tale indagine nel dettaglio). Nei vari incontri lidea di fondo emersa, da cui si partiti e che ha costituito il filo conduttore di tutto il percorso di riflessione e ricerca, stata quella di fornire ai genitori adottivi implicati nellanalisi una sorta di restituzione: lavorare sui genitori dando lidea di una restituzione che sia di aiuto alla coppia parentale come agli operatori. Ricercare quali sono state le principali difficolt incontrate e come si sarebbe potuto operare per alleviarle. Si puntato molto sulla volont di non trasmettere un senso di inquisizione, bens di aiuto. Questo concetto stato pi volte sottolineato assumendo le sembianze di vero e proprio obiettivo della ricerca. Altro concetto cardine emerso negli incontri lintenzione di non insistere con questionari pesanti e anagrafici o con richieste troppo gravose a genitori che hanno gi dovuto affrontare tutta una serie di esami, il pi delle volte vissuti con forti componenti persecutorie.

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Abbiamo quindi evitato di raccogliere tutte quelle notizie anagrafiche che ci sarebbero state indispensabile per definire un campione. Inoltre un altro aspetto non trascurabile, comunque collegato ai fattori precedenti, stato la difficolt di reperibilit sul territorio di genitori adottivi disponibili a sottopo rsi ad una ricerca, quantunque lo scopo di base fosse quello di aiutare chi si trover ad affrontare, dopo di loro, il faticoso percorso delladozione. Nella tesi da me eseguita la scelta caduta sul gruppo condotto dalla Dotto ressa Confetti: come vedremo in seguito si tratta di un gruppo con caratteristiche tali da venire incontro agli assunti che abbiamo esposto sopra: restituzione, richieste non inquisitorie, disponibilit. Per lo studio di tale gruppo sono stati utilizzati due tipi di strumenti: un questionario (vedremo poi utilizzato nellambito della procreazione medicalmente la assistita (PMA) e che ben si adatta allo studio nel campo delladozione le caratteristiche dello strumento nel dettaglio); Descrizione di una giornata con tuo figlio , strumento simile a quello utilizzato dai Servizi Sociali di Carpi e modificato rispetto a quello di ispirazione (vedremo poi i motivi). Per quanto riguarda i dati anagrafici le richieste sono state delimitate dalla volont di mantenere lanonimato e di rendere la consegna in tal modo pi leggera e meno simile a quelle effettuate con i servizi. Si giunti cos al compromesso di richiedere solo tre indicatori oltre al nome e cognome (comunque coperti da diritto di privacy): et, occupazione, numero di figli. Lindagine ci ha dato la possibilit di tracciare una fotografia di tale gruppo e di estrapolarne alcune caratteristiche che possono fungere da spunto per studi successivi.

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PARTE PRIMA : ASPETTI TEORICI ED INTRODUTTIVI

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1. LA TEORIA DELLATTACCAMENTO
Gli studi sullattaccamento costituiscono un punto cardine di tutta la psicologia e si connettono strettamente, e per ovvi motivi, alla tematica delladozione. Il capostipite di questi studi in ambito psicologico John Bowlby, padre della teoria dellattaccamento. Essa ha come oggetto di interesse la propensione delluomo a stringere relazioni emotive intime con individui che si prendono cura di lui. Lattaccamento visto quindi come una componente basilare della natura umana che estende i suoi effetti lungo il corso di tutta lesistenza, alla ricerca di protezione e sostegno. Tale ricerca viene considerata come una caratteristica fondamentale della salute mentale e di un efficace funzionamento della personalit. Bowlby ha sviluppato il suo apparato teorico come una variante della teoria delle relazioni oggettuali. Essa ha incorporato concetti provenienti dalla teoria dellevoluzione, dalletologia, dalla teoria del controllo e dalla psicologia cognitiva. Bowlby insiste molto sul comportamento osservabile piuttosto che concentrarsi sul mondo interno, e in questo molto evidente linfluenza della collaborazione con Hinde e degli scritti di Tinbergen, due massimi esponenti delletologia. Secondo Holmes (1993) Bowlby ha basato la [] sua nuova teoria dellattaccamento in parte sulla scoperta delletologia e in parte sulla sua critica della psicoanalisi, finendo per costruire un vero e proprio nuovo paradigma. La teoria dellattaccamento [] diviene isolata dalla terraferma della psicoanalisi, sviluppando in tal modo proprie idee e un proprio linguaggio . Oggi tali aree stanno comunque dando luogo ad un avvicinamento e ad una certa sovrapposizione. Partito dagli studi condotti da Lorentz sullimprinting, Bowlby ha sottolineato limportanza dellattaccamento nello sviluppo del bambino ad una figura di riferimento e la necessit che tale attaccamento si realizzi allinterno di un periodo finestra nella fase iniziale della vita umana. Lorentz (1935) 1 parla di schemi fissi dazione che si esplicano fin dai
Lorentz, K. (1935). Der Kupman in der Umwelt des Vogels. Journal fur Ornithologie, 83, 137213, 289-423. Citato da Schaffer, H.R. (1996).
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primi momenti di vita (notissima losservazione delle anatre appena nate). Nelle teorizzazioni di tale autore si parla di periodo critico, o meglio di periodo sensibile: alcune esperienze hanno effetti sul comportamento con maggior pregnanza durante un certo periodo piuttosto che prima o dopo (Attili, 1995). Possiamo utilizzare questa chiave di lettura rispetto alla carenza di cure materne nellessere umano. Se tali cure non vengono fornite adeguatamente nel primo anno di vita il bambino non riesce a sviluppare un legame di attaccamento, oppure ne costruisce uno molto precario. Gli effetti di tale distorsione si ripercuotono sullo sviluppo affettivo e comportamentale successivo. I danni sono pi limitati nel caso in cui le cure materne siano deficitarie in un periodo successivo a quello critico. Le carenze precoci, e quindi i conseguenti effetti negativi, possono per venire attenuati, o addirittura superati, grazie a fattori contestuali favorevoli. Ad esempio figure allevanti, che si pongono in alternativa a quelle che non sono state in grado di fornire cure adeguate al bambino, possono configurarsi come importanti fattori di protezione. Questo un dato che va nettamente a favore delladozione, nella convinzione che questa possa spezzare la continuit di condizioni svantaggiose per lo sviluppo infantile. Se per le cure materne non sono adeguate e non si dispone di una figura sostitutiva che compensi tale mancanza, il bambino e il futuro adulto sviluppano il cosiddetto carattere anaffettivo (Bowlby, 1951) 1 , ovvero lincapacit di stabilire rapporti significativi con le altre persone. Sempre Bowlby sostiene che lattaccamento pu realizzarsi allinterno di un periodo abbastanza lungo (circa due anni-due anni e mezzo), ma mai oltre tale limite: qualsiasi esperienza positiva oltre tale periodo critico non sortirebbe alcun effetto. Alcuni autori (Tizard, 1977; Hodges e Tizard, 1989) 2 sono totalmente in disaccordo con la tesi di Bowlby, affermando che non vi relazione causale tra la mancanza di esperienza di attaccamento nei primi due anni e mezzo di vita e il successivo
Bowlby, J. (1951). Maternal care and mental health. Ginevra: Organizzazione Mondiale della Sanit. Citato da Schaffer, H.R. (1996). 2 Tizard, B. (1977). Adoption: a second chance. London: Open Books; Hodges, J., Tizard, B. (1989). IQ and behavioral adjustment of ex-istitutional adolescents. Journal of Child Psychology and Psychiatry, 30, 53-76. Citati da Schaffer, H.R. (1996).
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sviluppo del carattere anaffettivo. Anzi, bambini adottati anche ad et molto pi avanzate (7, 8 o anche 16 anni) tendono a presentare buoni rapporti con i genitori adottivi, carichi di affetto e indirizzati verso la formazione di un solido legame di attaccamento. Non esiste quindi conferma dellipotesi dellesistenza del periodo critico entro il quale debba avvenire lattaccamento. Non mai troppo tardi (Schaffer, 1996): nellambito delladozione questo molto pi che una rassicurazione. Tornando a Bowlby. Egli pu essere definito un etologo- psicoanalista vista la sua formazione e il taglio particolare dato ai suoi studi e alla sua notissima teoria. Egli si stacca, lo abbiamo gi accennato, dallottica psicoanalitica (soprattutto da quella di ispirazione freudiana): riuscito a dare la giusta importanza alle esperienze reali del bambino senza considerare solo le sue esperienze interne. Secondo la sua teoria (1969, 1973, 1980) i legami di attaccamento che vengono a svilupparsi in et infantile continuano ad essere presenti e ad emanare la loro grande influenza sul comportamento anche in et adulta: e davvero la tendenza a trattare gli altri nello stesso modo in cui siamo stati trattati noi stessi profondamente radicata nella natura umana; e in nessun momento ci pi evidente che nei primi anni. Tutti i genitori per favore ne prendano nota! (Bowlby, 1988). Si tratta di un vero e proprio schema che, una volta sviluppato, tende a persistere nel tempo, andando comunque incontro a variazioni a seconda della relazione che si viene a costituire con i genitori: lo schema di attaccamento dunque una propriet della relazione. Il legame che si instaura tra bambino e madre viene considerato come la risultante di un sistema pre-programmato di schemi comportamentali che conosce il suo sviluppo nei primi mesi di vita e ha lo scopo di consentire al bambino di mantenere una stretta prossimit con la figura materna stessa. Tale comportamento ha, come postulato della teoria, la funzione biologica di assicurare protezione. [] lo stare in stretta prossimit con o lavere facile accesso a qualcuno che probabile ti protegga la migliore di tutte le polizze di assicurazione possibili (Bowlby, 1988). Non a caso Holmes (1993) definisce la teoria dellattaccamento, nella sua

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essenza,

come una teoria spaziale: quando sono vicino a chi amo mi

sento bene, quando sono lontano sono ansioso, triste e solo. La situazione di attaccamento la ritroviamo non solo nei bambini, ma in tutte le persone di qualunque et che si vengono a trovare in situazioni di stress e di angoscia. [] in nessuna et della vita una persona invulnerabile di fronte alle possibili avversit e [] in nessuna et della vita una persona impermeabile a uninfluenza favorevole (Bowlby, 1988). Il tipo di attaccamento che si viene a creare in un individuo dipende strettamente dallesperienza che questo ha avuto nella sua famiglia. Anche il comportamento genitoriale segue linee pre-programmate a seconda delle condizioni che si vengono a verificare. Le modalit peculiari con cui si manifesta dipendono comunque dalle esperienze vissute. Lattaccamento dipende dallesperienza avuta dello stesso e dal successivo formarsi di modelli operativi interni, di s stessi e della figura di riferimento, che indirizzano il comportamento. Il concetto di modello operativo interno stato usato da Bowlby (1969) per descrivere la rappresentazione mentale delle relazioni che consentono al bambino di fare predizioni sul comportamento probabile dei suoi genitori (o delle figure di attaccamento) cos che possa sentirsi sicuro sapendo che il genitore sar disponibile quando ne avr bisogno (Byng-Hall, 1995). Mary Ainworth effettuer importanti studi che consentiranno di collegare determinati sviluppi emotivi e comportamentali nel bambino con determinate esperienze di cure materne. Secondo lAutrice i bambini che hanno avuto esperienze negative di cure materne, e quindi di attaccamento, sentono di avere paura di attaccarsi a qualcuno. Essi temono di subire un altro e a volte ennesimo rifiuto carico di rabbia e di angoscia conseguenti. Bowlby e Ainsworth. Le idee di Bowlby non sono state risparmiate da durissime critiche. Le accuse riguardano leccessivo ruolo affidato alla figura materna e ai singoli traumi vissuti dal bambino durante il periodo dellinfanzia. Non ha In questa sede, per motivi di spazio, non tratteremo i diversi pattern di attaccamento derivanti dagli studi di

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dato inoltre il giusto peso agli altri rapporti interpersonali che il bambino intrattiene con il padre, i fratelli e altre figure significative. Si tratta comunque di un contributo fondamentale per tutta la psicologia e soprattutto per gli studi relativi ai primi momenti dello sviluppo umano. Ladozione, con il suo bagaglio di sofferenza derivante da esperienze precoci traumatiche, non pu essere compresa appieno senza la comprensione di tale teoria e dei concetti ad essa legati. Anzi, proprio tali conoscenze hanno contribuito fortemente a porre maggior attenzione e sensibilit allet infantile e alle problematiche di questa fase di sviluppo.

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Traumi infantili e attaccamento


Molti studiosi si sono occupati degli effetti patologici derivanti da prolungate istituzionalizzazioni o frequenti cambiamenti nella figura di attaccamento (soprattutto quella materna) a partire dai primi mesi di vita: stato cos possibile studiare e valutare il significato e le conseguenze dellesperienza di abbandono nellinfanzia, accrescendo limportanza attribuita alle componenti affettive oltre che a quelle nutritive della relazione caregiver-bambino. Tali risultati sono ancora pi significativi se consideriamo che fino a poco tempo fa si sosteneva che il bambino non soffriva se la separazione dalla madre avveniva quando era molto piccolo (Morral Colajanni, 1992). Tra gli Autori che si sono occupati di tale tematica ricordiamo, oltre a John Bowlby (1949, 1944), Lauretta Bender (Bender e Yarnell, 1941; Bender, 1947), Dorothy Burlingham e Anna Freud (1942, 1944), William Goldfarb (1943, 1955), David Levy (1937), Ren Spitz (1945, 1946, 1965) e Harlow (1959) In particolare gli esperimenti di Harlow sul benessere da contatto sono stati fondamentali per giungere alla scoperta dellesistenza di una base genetica autonoma nello sviluppo dellattaccamento. Spitz invece ha fornito importanti studi sulla deprivazione materna, mettendo in evidenza la sofferenza che si attiva di fronte alla mancanza di un rapporto di tipo esclusivo: [] queste scoperte sono state cos frequentemente citate per mostrare i devastanti effetti che ha sullo sviluppo la mancanza di un maternale precoce anche quando sono esaudite le pi evidenti esigenze fisiologiche (fame, sete, riparo) (Eagle, 1984). Lo stesso Spitz (1958) puntualizza come tale mancanza pu portare anche alle estreme conseguenze della morte nonostante lappagamento delle esigenze fisiche. I bambini hanno bisogno di alcune condizioni di base per potersi sviluppare e crescere. Queste condizioni non si possono fermare alla cura del corpo, ma si devono necessariamente allargare al bisogno di amore, elemento indispensabile per la crescita emotiva dellessere umano. Emerge da tutte queste ricerche come linadeguatezza di cure durante la prima infanzia abbia una notevole influenza sullo sviluppo della

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personalit del bambino. Il modo con cui i genitori (o comunque le figure parentali) trattano loro figlio determina fortemente lo sviluppo dello schema di attaccamento di questo durante la prima, seconda infanzia e adolescenza. Nessuna madre per pu essere considerata malevole, anche se dispensatrice di cure non soddisfacenti. Le strategie comportamentali da lei adottate dipendono dallesperienza infantile vissuta dalle madri stesse in passato. Alcune ricerche affermano che questa non comunque la sola variabile implicata nel determinare lo stile genitoriale: la cultura di appartenenza, ad esempio, impone dei comportamenti sociali particolari anche per quanto riguarda lattaccamento (K.E.Grossman e K.Grossman; 1981; Hinde, 1982) 1 . Lesperienza dellabbandono assume inoltre significati e pesi diversi a seconda dellet in cui avviene. risaputo che un bambino abbandonato ad unet molto precoce (prima dei sei mesi di vita) ha effetti meno devastanti di uno abbandonato in et avanzata, in quanto il primo ha maggiori possibilit di sviluppare un attaccamento alternativo con altre figure di riferimento rispetto al secondo. Resta il fatto comunque che ogni esperienza di abbandono, qualsiasi sia let in cui avviene, un evento profondamente traumatico per ogni essere umano. Nel bambino tale trauma si pu ripercuotere in difficolt psicologiche di vario tipo e di apprendimento, angoscia di separazione, sentimento di lutto e di perdita. [] lesperienza di abbandono rimane dentro le persone e pu riemergere a diverse riprese: pu essere allinizio della scuola, allasilo, il giorno che per la prima volta vengono lasciati dai nonni per andare al cinema. Possono essere tanti i momenti di abbandono, ma limportante che la presenza rassicurante dei genitori, faccia capire che non un abbandono definitivo, ma che un tipo di separatezza che anche un tempo di riunificazione (Galli, 1997).

Grossman, K.E., Grossman, K. (1981). Parent-infant attachment relationships in Bielefeld: a research note. In K. Immelman, et al. (eds). Behavioral Development: The Bielefeld Interdisciplinary Project. Cambridge: Cambridge University; Hinde, R.A. (1982). Attachment: some conceptual and biological issues. In C.M. Parkes, J. Stevenson-Hinde (eds). The Place of Attachment in Human Behavior. London: Tavistock Institute Press. Citati da Attili, G.(1995).
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Nonostante la pesantezza della situazione di partenza emerge la possibilit di scorgere una capacit di recupero. Tali bambini quindi possono trarre grandi vantaggi dal miglioramento del loro ambiente di vita e delle cure ricevute. fondamentale sperimentare una figura di attaccamento importante, stabile e qualitativamente adeguata. Occorrono cure materne abbastanza buone (per dirla con Winnicott), la mancanza delle quali impedisce ai bambini di realizzarsi anche solo come bambini piccoli. Nellaggettivo materne non vi alcuna intenzione di escludere altre figure importantissime come quella del padre. Si vuole invece dare risalto alla funzione materna presente in chi si prende cura del bambino, qualsiasi sia il suo sesso o grado di parentela. Non forse vero che la madre ha comunicato con il bambino? Essa ha detto: sono attendibile non perch io sia una macchina, ma perch so ci di cui hai bisogno e me ne preoccupo e voglio darti proprio quello di cui hai bisogno. questo ci che chiamo amore a questo stadio del tuo sviluppo (Winnicott, 1968) 1 . Vediamo ora nel dettaglio tre concetti fondamentali per comprendere ladozione e le sue dinamiche, tre concetti appartenenti a tre autori diversi: Bowlby, Winnicott e Bion. Stiamo parlando, rispettivamente, del concetto di base sicura e di quelli, che ad esso si avvicinano, di holding e containing. Si tratta di aspetti molto vicini luno allaltro e che possono essere visti come facenti parte di unevoluzione concettuale che va dal fisico al mentale: la base sicura di Bowlby lespressione della concretezza di un oggetto di cui necessaria la presenza per garantire protezione e sicurezza; lholding di Winnicott mantiene una componente fisica nellidea di tenere, ma si tratta di un tenere che comincia a prefigurare degli aspetti interni; il contenimento di Bion completamente mentale, fondandosi su di una elaborazione psichica. Naturalmente, per motivi di spazio, sar costretto a semplificare al massimo lesposizione di argomenti che richiederebbero ben pi di un paragrafo per comprenderne a pieno tutte le sfumature ed implicazioni. Per ulteriori approfondimenti rimandiamo ai testi dei rispettivi Autori citati in bibliografia.
Confronto e contrasti nella comunicazione bambino-madre e madre-bambino. In Winnicott, D.H. (1987).
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Base sicura
La caratteristica principale dellessere genitore , secondo Bowlby, quella di fornire una base sicura da cui un bambino, o un adolescente, possa partire per affacciarsi sul mondo esterno e a cui possa ritornare sapendo per certo che sar il benvenuto, nutrito sul piano fisico ed emotivo, confortato se triste, rassicurato se spaventato. In sostanza questo ruolo consiste nellessere disponibili, pronti a rispondere quando chiamati in causa, per incoraggiare e dare assistenza, ma intervenendo attivamente solo quando chiaramente necessario (Bowlby, 1988). Tale base sicura ha una grandissima influenza sulle componenti emotive dello sviluppo del bambino. Quando un genitore accudisce il proprio figlio lo fa con la funzione di contribuire alla sopravvivenza di questo, il quale a sua volta sviluppa attaccamento verso il genitore per ridurre il rischio di incorrere in pericoli. La base sicura consente di acquisire quella sicurezza e quella fiducia che permettono di andare alla scoperta del mondo esterno. Secondo questa prospettiva, i problemi che spesso i bambini adottivi manifestano nellapprendimento scolastico possono essere interpretati come dovuti allincapacit, o comunque difficolt, ad interiorizzare la figura di riferimento e quindi, a livello simbolico, una base sicura. Questo impedisce loro di potersi lanciare verso la conoscenza della realt esterna sconosciuta, in questo caso delle nozioni scolastiche: come se il loro pensiero fosse bloccato da unesigenza pi forte. Le esperienze precoci di abbandono mettono a dura prova la capacit dei bambini di costruire e sperimentare una figura che possa fungere da base sicura. I loro sforzi sembrano cos concentrarsi sul controllo rispetto a tale punto di riferimento, con la paura costante di essere nuovamente abbandonati.

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Holding
Winnicott ha cominciato a studiare i bambini partendo dallesperienza di pediatra. La sua pratica di osservazione stata organizzata, oltre che in ambiente ospedaliero, anche e soprattutto negli istituti per bambini sfollati negli anni della guerra, istituti in cui la maggior parte dei bambini si presentavano come deprivati o delinquenti. Egli si discosta da Freud in quanto considera e studia la coppia bambino-madre quasi come ununit psichica. Non esiste lentit bambino: [] ogni volta che si trova un bambino si trovano cure materne e senza cure materne non ci sarebbe un bambino (Winnicott, 1965). Riconosce quindi la grande importanza che riveste il contributo della madre al benessere fisico ed emotivo del bambino attraverso lidentificazione empatica con i bisogni di questultimo. Utilizza a tal proposito lespressione maternage abbastanza buono, intendendo con questa espressione qualcosa che buono quanto basta, ma non troppo. Winnicott parla di una madre normalmente devota nella quale ripone grande fiducia circa le sue abilit e il suo intuito nel sentire e capire i bisogni del figlio. Essa ha il compito di consentire al bambino di sperimentare una fusione iniziale da cui via via occorre innestare un processo di distanziamento e separazione tramite lesposizione a frustrazioni graduali. Ogni madre in grado, semplicemente in quanto madre, di fare delle cose e di farle bene. Essa devota al compito di accudire il proprio bambino. Questo permette al bambino di formare la fiducia indispensabile perch possa evolversi e svilupparsi verso mete di maggiore complessit. Lacquisizione di tale intuito da parte della madre avviene grazie alla sua capacit di identificazione nei confronti del figlio. Questultimo parte da quello stato che possiamo definire di fusione, in cui sente di essere una cosa sola insieme alla madre (una vera e propria illusione di onnipotenza); poi, successivamente, riesce a sentire ed affermare la sua autonomia. Allinizio del rapporto col proprio figlio la madre si trova avvinta da una grandissima e totale preoccupazione. Questo stato ha una durata di qualche settimana, dopo il quale ha inizio il processo di profonda identificazione col bambino.

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Il termine holding, per Winnicott, estende il suo significato a tutto quello che una madre e fa nel periodo in cui si trova di fronte al suo bambino appena nato. La cosa principale lholding fisico che la base di tutti gli aspetti pi complessi dellholding e di ci che fornisce lambiente in generale (Winnicott, 1965). Winnicott utilizza anche il termine handling intendendo con esso il modo con cui si tratta, si maneggia fisicamente qualcosa e il modo in cui si fronteggia psicologicamente e praticamente una situazione. In questo siamo vicini alle posizioni di Bowlby viste in precedenza, ma, come afferma Holmes , (1993): come il compito principale la dellambiente sebbene, di in contenimento lattaccamento, protezione,

contrasto con Bowlby, Winnicott lo descriva in termini esistenziali piuttosto che etologici . Il momento in cui mettere in campo tali aspetti molto delicato e spesso le madri si allarmano al solo pensiero dellimportanza di ci che stanno facendo. Rammentarglielo del tutto deleterio secondo Winnicott: molto meglio che vengano lasciate in una situazione istintiva, poich la consapevolezza di s le porta a commettere degli errori. Winnicott ha dedicato alcuni suoi contributi al tema specifico delladozione 1 . Secondo lAutore spesso, alla base della sofferenza dei bambini, soprattutto quelli adottati, vi lesperienza traumatica di non essere stati tenuti abbastanza bene . E in questo caso il termine tenere o contenere ha uneccezione ben pi vasta del semplice tenere in braccio. Tale compito non pu essere assolutamente portato avanti da una madre che non accetta o si vergogna di unanomalia del figlio. Nelladozione ci scontriamo con bambini che non sono stati tenuti bene, e anzi sono stati proprio lasciati andare danneggiando le loro sicurezze. Per questo al genitore adottivo demandato il compito di essere molto attento alle componenti di cura del bambino, in modo tale che questi possa ricostruire dentro di s la sensazione di essere tenuto e accettato per quello che . Spesso per ladozione, soprattutto quella internazionale, si accompagna ad una difficolt da parte dei nuovi genitori di soddisfare tale necessit del bambino: il messaggio proveniente dai
Due bambini adottati; Le trappole delladozione; Figli adottivi e adolescenza. In Winnicott, D.H. (1996)
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genitori adottivi pu [] essere ambiguo se non contraddittorio: essi gli vogliono bene, ma non tanto per quello che [] quanto piuttosto come potenziale bambino e adulto bianco (DellAntonio, 1994), come oggetto che si adatta ai propri desideri indipendentemente dallidentit fin l costruita e dalle esperienze vissute in precedenza. Il bambino ha bisogno di essere tenuto nella sua totalit, con i suoi difetti, le sue carenze, il suo dolore: questo il compito pi difficile di chi si rivolge alladozione.

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Contenimento
Sin dallinizio, lo abbiamo gi detto, il ruolo della madre fondamentale per lo sviluppo del bambino e della sua salute mentale. Essa fornisce un ambiente facilitante tale da permettere levolversi dellindividuo secondo i propri processi di crescita naturali e le interazioni con lambiente, e nel rispetto del proprio bagaglio genetico. Bion parla del concetto di containing attraverso una serie di aspetti teorici di non semplice ed immediata comprensione: il modello contenitore-contenuto, la relazione tra le posizioni schizoparanoide e depressiva, i concetto di reverie, funzione alfa ed elementi beta ed altri ancora. Tratteremo solo alcuni di tali concetti per ragioni di spazio ed economia del discorso. La teoria di Bion non semplice e nemmeno i suoi testi. Il suo linguaggio unisce la psicoanalisi di matrice kleiniana con uno sforzo di trasformare questo modello teorico in astratto, con delle sigle, delle forme per generalizzare il discorso. Sembra un ibrido tra un libro di psicoanalisi e uno di fisica. Secondo lo psicoanalista inglese il bambino ha la profonda necessit di disporre di un contenitore per i contenuti dei propri pensieri. Tale contenitore ha la funzione di depurare tali pensieri dalle componenti distruttive e di consentire lo sviluppo del pensiero del bambino. Solitamente la madre che si configura come contenitore ricettivo e metabolizzatore delle emozioni del bambino e realizza la funzione di reverie: [] la fonte psicologica che provvede al bisogno di amore e di comprensione del bambino [] lo stato mentale aperto alla ricezione di tutti gli oggetti provenienti dalloggetto amato, quello stato cio capace di recepire le identificazioni proiettive del bambino (Bion, 1962). La madre si pone [] come un contenitore effettivo delle sensazioni del lattante, e con la sua maturit riesce a trasformare con successo la fame in soddisfazione, il dolore in piacere, la solitudine in compagnia, la paura di stare per morire in tranquillit. [ la] capacit della madre di essere aperta alle proiezioni-necessit del bambino (Grinberg, Sor e de Bianchedi, 1991).

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Nelladozione molto evidente come il pensiero sia in qualche modo sospeso dalla mancanza di un contenimento adeguato. [] linsieme di emozioni, di esperienze a cui le emozioni si collegano e di pensieri che alla vita emotiva danno coesione e significato, si vengono a determinare solo se possibile lincontro con unaltra mente che contribuisca a definirne il significato (Artoni Schlesinger, 1996). Secondo Ammaniti e Stern (1995) la madre ad essere in grado di fornire una matrice (Odgen, 1985) 1 , uno spazio contenitivo silenziosamente attivo, nel quale possono realizzarsi lesperienza psicologica e fisica [del bambino], provvedendo ad uno spazio mentale in cui egli possa cominciare a generare le sue esperienze. Possiamo pensare ai tre soggetti di tale percorso (operatori, genitori e bambini) come a tre elementi rappresentabili allinterno di cerchi concentrici: gli operatori contengono le ansie e le paure dei genitori, i quali a loro volta si prendono cura dei pensieri sofferenti del bambino. La sensazione e lesperienza dellessere contenuti sono fondamentali per contribuire alla formazione di quello che Bion chiama lapparato per pensare i pensieri ovvero, semplificando al massimo, lo sviluppo del pensiero derivante da una condizione di frustrazione e dalla conseguente metabolizzazione di tale sofferenza che porta a tollerare tale frustrazione. La componente psichica lamore, la sicurezza, langoscia - richiede, con quella somatica, un processo analogo alla digestione (Bion , 1962). Tale processo trova nella funzione contenente e di reverie della madre le linee essenziali per il suo sviluppo. Nellambito dellesperienza adottiva le problematiche aggiuntive derivanti da tale condizione richiedono, a maggior ragione, la possibilit di disporre di un contenitore capace di accogliere e depurare le emozioni dolorose del bambino da una parte e dei genitori dallaltra.

Odgen, T.H. (1985). On potential space. International Journal of Psycho-Analysis, 66, 129. Citato da Ammaniti, M., Stern, D.N. (1995).
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2. STUDI SULLADOZIONE
Esiste la tendenza, nel campo degli studi sulladozione, a studiare solamente quegli aspetti che vengono considerati devianti, tralasciando quelli cosiddetti normali. come se si volesse andare a cercare per forza qualcosa di patologico, qualcosa che non funziona. Unanalisi che va alla ricerca delle problematiche e poco il concetto di adozione. un immaginario diffuso quello che vede ladozione come una situazione anomala e a rischio. A questo contribuiscono in buona parte i commenti mass mediatici che spesso presentano ladozione come la spiegazione per un doloroso fatto di cronaca inducendo ad infauste, quanto inopportune, generalizzazioni. Oggi per ladozione divenuta una realt molto diffusa che assume proporzioni raffrontabili a quelle della nascita naturale e della procreazione medicalmente assistita. Proprio questa genitori sua maggiore visibilit non sociale possiedono spinge un per modello ottenere proprio un di riconoscimento rispetto al diritto di vivere una genitorialit normale. I adottivi, inoltre, genitorialit, ma prendono in prestito quello dei genitori naturali a cui cercano di uniformarsi, ma che inevitabilmente finisce per presentare delle scollature rispetto al loro particolare percorso. Interessante a tal proposito il contributo di Lucilla Castelfranchi (1992), la quale ritiene sia importante eliminare lequiparazione tra genitorialit adottiva e naturale, in una prospettiva che guarda alle differenze per comprendere tutte le specificit dei percorsi delladozione. Un grande obiettivo sarebbe quello di riuscire a fare riferimento ai genitori adottivi non in quanto tali, ma come adulti che si apprestano a vivere o stanno vivendo unesperienza di genitorialit, che manifestano il bellissimo proposito di prendersi cura di un bambino che ha bisogno di una famiglia. Non un compito facile, soprattutto perch i contesti sociale ed istituzionale tendono a muoversi secondo linee di pregiudizio verso tale tipo di genitorialit e questo tende ad influenzare inevitabilmente non delle risorse. Si tratta di un pregiudizio che influenza fortemente la ricerca e lopinione sociale circa

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solo chi si occupa e chi vive nelladozione, ma anche chi, come noi, cerca di studiare tale campo di indagine.

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Natura-cultura
Lambito delladozione stato molto indagato rispetto alla possibilit di effettuare studi interessanti sullinfluenza relativa delle componenti genetiche ed ereditarie sullindividuo. A tal proposito interessante quanto affermano Emiliani e Molinari (1995) rispetto allinfanzia: ogni civilt ha dovuto affrontare nelleducazione limpegno verso i bambini e questo argomento stato investito in modo ricorrente e privilegiato dallantinomia classica natura-cultura, innato-acquisito che domina incontrastata tutti gli scenari culturali, storici e politici . Molto utilizzato lapproccio consistente nello studio di bambini cresciuti con genitori non naturali fin dalla tenera et, messi a confronto con le caratteristiche psicologiche sia di questi (genitori adottivi) che dei genitori biologici. Tale modalit di studio ci consente di verificare linfluenza dei fattori genetici isolandola da quella degli effetti ambientali. Se i risultati indicano somiglianze con i genitori naturali, queste vengono interpretate come una prova di influenza genetica. Al contrario, la somiglianza con i genitori adottivi va a favore dellinfluenza dei fattori ambientali. Babies born to one set of parents and raised by another tell us a lot about the relative influence of genes and the environment. [] The interaction beetween genes and environment is believed to be both subtle and complex (Howe, 1998). I bambini adottati sono pi simili ai genitori biologici (influenza predominante dei geni) o ai genitori adottivi (e in questo caso linfluenza predominante quella ambientale)? La credenza predominante nel ventesimo secolo quella che d maggior importanza alle componenti ambientali, anche se occorre porre attenzione alle alte correlazioni che legano figli e genitori naturali rispetto ad alcune variabili, come ad esempio peso e malattie. Lambiente sociale creato inizialmente dai genitori adottivi ha una forte influenza sui bambini, i quali assumono caratteristiche pi simili a quelle dei loro genitori adottivi rispetto a quelle dei genitori naturali, bench le loro caratteristiche ereditarie continuino a giocare un ruolo importante anche dopo labbinamento.

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Si tratta di studi di non semplice realizzazione che presentano, come tutti gli esperimenti sullargomento, alcune limitazioni e difficolt che ne riducono la generalizzazione dei risultati: i genitori biologici non sono sempre rintracciabili e disponibili; i bambini spesso vengono accoppiati a genitori adottivi che presentano caratteristiche simili a quelle dei genitori naturali. Alcuni studi (Horn, 1983) 1 sono stati effettuati attribuendo grande attenzione allintelligenza e agli effetti che hanno su di essa le componenti biologiche ed ambientali. Il risultato che emerge dalla maggioranza di tali studi indica come la correlazione tra QI (quoziente intellettivo) di bambini adottati e QI dei loro genitori biologici sia significativamente superiore a quella tra i primi e i genitori adottivi. Tale dato pu essere interpretato come linfluenza dei fattori genetici ereditari sullintelligenza. Ma allo stesso tempo, allinterno degli stessi studi, si riscontra che il QI medio dei bambini pi simile a quello dei genitori adottivi, soprattutto se il QI della madre naturale basso. opinione diffusa che la possibilit di vivere in un ambiente privilegiato e ricco di stimoli possa essere un fattore determinante nellinnalzamento del QI. In questo caso linterpretazione cadrebbe a favore dellinfluenza di fattori ambientali. Un altro aspetto molto studiato quello relativo alla personalit. Alcuni studi (Lohelin, Horn e Willerman, 1981; 1989) 2 hanno messo in evidenza la mancanza di somiglianza tra persone che vivono insieme, indipendentemente dal grado di parentela genetica. Ci porta allinterpretazione che i tratti di personalit non subiscono grosse influenze nella loro formazione n di tipo ereditario n di tipo ambientale. Altri studi invece (Mednick, Moffitt e Stack, 1987) 3 propendono per il

Horn, J.N. (1983). The Texas adoption project: adopted children and their intellectual resemblance to biological and adoptive parents. Child Development, 54, 268-275. Citato da Schaffer, H.R. (1996). 2 Loehlin, J.C., Horn, J.M., Willerman, L. (1981). Personality resemblance in adoptive families. Behavior Genetics, 11, 309-330; Loehlin, J.C., Horn, J.M., Willerman, L. (1989). Modeling IQ change: evidence from Texas adoption project. Child Development, 60, 993-1004. Citato da Schaffer, H.R. (1996). 3 Mednick, S.A., Moffit, T.E., Stack, S. (1987). The causes of crime: new biological approaches. New York: Cambridge University Press. Citato da Schaffer, H.R. (1996).
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versante dellinfluenza genetica, soprattutto riguardo lo sviluppo di atteggiamenti criminali. Lo stesso discorso vale per alcuni tratti quali lestroversione e il nevroticismo (Henderson, 1982). Tutta questa variet di studi e ricerche pu venire raggruppata sotto letichetta comune di genetica del comportamento o genetica comportamentale. Si tratta di un filone di ricerca che si occupa dello studio dei tratti e dei comportamenti nel tentativo di capire quanto i geni ne influenzino lespressione. Nel far questo non nega per limportanza del ruolo dellambiente. Ogni comportamento o tratto non mai determinato da un solo gene, ma sempre da molti geni che agiscono insieme allinterno di ambienti diversi. Geni e ambiente sono legati da un rapporto di correlazione reattiva: i geni causano lo sviluppo dellambiente e a sua volta lambiente generato dai geni influenza lo sviluppo individuale. Lo sviluppo individuale poi viene determinato in minima parte dalle esperienze condivise (famiglia), mentre lo in massima parte da quelle non condivise (scuola, amici) (Plomin et al., 1990) 1 . La vita in famiglia quindi non la sola responsabile dello sviluppo del bambino e dei suoi eventuali problemi, rendendo ancora pi difficile stabilire cosa va imputato ai geni e cosa allambiente. Abbiamo rapidamente effettuato un excurcus allinterno della letteratura che ha utilizzato ladozione come oggetto di indagine nella diatriba natura-cultura. La sensazione quella di un panorama di studi e di risultati molto complesso e contraddittorio. Non ci sono dati certi in una direzione o in unaltra e questo aspetto risulter una costante anche negli studi che di ne molto andremo tali ad risultati analizzare rende successivamente. quantomeno cos di La contraddittoriet rispetto a chi discutibile per un

lesplicitazione di giudizi molto rigidi e definitivi rispetto alladozione e protagonista. cauto Abbiamo optato atteggiamento nellesplicitazione pareri conclusivi,

lasciando aperte alcune domande.


Plomin,R., Chipuer, H.M., Loehlin, J. C. (1990). Behavioral genetics and personality. In L.A. Pervin (a cura di) Handbook of Personality: Theory and Research. New York: Guilford Press, 225-243. Citato da Pervin, L.A., John, O.P. (1997).
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Vediamo quindi ora come ladozione viene inquadrata e indagata dalla letteratura corrente.

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Fattori di rischio e fattori di protezione


C os a n e p ens i d el f at t o di es s er e s t at a ado t t at a? C os a n e p ens o d el f a t t o ch e ci s i amo ado t t at i ! (u n a bam bi n a adot t at a ) 1

Gabriella Merguici (2001) usa unimmagine molto forte per descrivere un minore abbandonato. Afferma infatti che la personalit di questo pu essere definita a forma di gruviera, con tanti buchi, alcuni dei quali, i pi piccoli, si sarebbero potuti chiudere, altri ridurre, mentre i pi grandi sarebbero rimasti tali nonostante le cure affettuose e le attenzioni dei nuovi genitori. La stessa Merguici, allinterno del medesimo contributo, alla manutenzione traccia poi unaltra di quellopera darte bellissima immagine del incompiuta che la genitore adottivo: un esperto restauratore preparato al recupero e personalit del bambino. In queste due immagini possiamo ritrovare lessenza dei concetti di rischio e protezione. Da una parte abbiamo un minore che ha subito una grave perdita che lo espone alla possibilit di avere dei buchi troppo grandi da rimarginare per poter affrontare la vita. Dallaltra i genitori adottivi che si dedicano con amore alla cura di un oggetto prezioso, cercando di limitare quei danni che il tempo ha cagionato. Jolanda Galli, esperta professionista del settore da molti anni, dedica grande attenzione allargomento dei fallimenti adottivi. La sua ottica per non vuole assolutamente porsi come pessimistica e giudicante. Possiamo vederla come un approccio di tipo preventivo (siamo consapevoli che il rischio di fallimento insito nelladozione ma pensiamo anche che questo si possa in molti casi prevenire), teso alla messa in luce di precise problematiche spesso taciute. [] la scarsa attenzione posta allo studio psicosociale delle coppie, le modalit collusive con gli adulti richiedenti ladozione, oppure la scarsa attenzione posta alla specificit di questo lavoro, anche per la svalutazione dello stesso da parte del sistema giuridico, che non sempre tiene conto delle controindicazioni alladozione provenienti dal lavoro svolto dallo psicologo e dallassistente sociale, partecipano attivamente a creare condizioni
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In DellAntonio, A. (2001).

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favorenti il fallimento, piuttosto che il buon esito delladozione (Galli, 2001). Alle coppie demandato il compito di essere preparate a gestire dei dati di realt: quanto pi sar approfondito il lavoro, non solo durante lindagine socio-psicologica, ma anche prima di essa, maggiori saranno le probabilit di successo. Il punto principale cercare di rallentare il processo, aprire una riflessione nella coppia che sembra bloccata nel pensiero a causa delle sofferenze provate. Lesperienza clinica delladozione ha consentito di identificare quali sono quei fattori di rischio che esistono prima ancora che ladozione si compia, quelli cio che risiedono nella storia personale di ogni partner, nella coppia e nel bambino. Quando parliamo di rischio ci riferiamo ad un concetto alquanto complesso, che si situa al confine tra normalit e patologia e definisce quegli eventi o comportamenti che possono, ma non necessariamente lo faranno, dare il via ad un percorso evolutivo non adattativo. Gli esiti di qualsiasi percorso sono sempre connotati da una certa imprevedibilit ed incertezza per il futuro, dovuti allinterazione di diversi fattori variabili in base a situazioni e contesti. Cos lesperienza delladozione, prima di essere considerata solamente un indicatore di rischio, andrebbe attentamente considerata rispetto ad una complessit di fattori. Primo fra tutti linterazione tra rischi e risorse, queste ultime spesso trascurate nellindagine sulladozione. La capacit di attivare tali fattori spesso il primo passo verso il superamento di una situazione di difficolt, anche se lesito finale sempre frutto di una serie di processi complessi e interattivi che coinvolgono diverse componenti. Le coppie non vanno valutate solamente rispetto a ci che non funziona. Occorre dedicare uno spazio anche e soprattutto alle potenzialit che risiedono in esse. Per esporre meglio tale concetto ci rifacciamo ad un contributo di Francescato, Cagnetti e Grego (1996) sulle famiglie ricostituite. In tale campo, affermano le Autrici, vi la tendenza a concentrarsi sui problemi che esistono allinterno di tali famiglie. Si ignorano totalmente quei potenziali aspetti positivi comunque esistenti, innestando un processo di profezia autodeterminantesi: se i membri della famiglia ricostituita si aspettano solo problemi e difficolt, allora questi si verificheranno. Se

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invece i potenziali positivi vengono identificati, le aspettative saranno presumibilmente pi positive. Il discorso pu essere ampliato allambito delladozione, molto spesso inquadrata secondo un modello di deficit invece che di potenziali risorse. Tali potenzialit sono laggancio per poter innestare un processo di elaborazione interiore e per prepararsi alladozione. Il rapporto che si verr ad instaurare con gli operatori fondamentale per valorizzarne le risorse e circoscriverne i limiti: se la coppia si sentir accolta, sar ben pi disposta a costruire quello spazio necessario per accogliere ed elaborare la propria sofferenza (DAndrea, 1999). Anche Jolanda Galli, durante la sua relazione al convegno Alla scoperta delle radici, tenuto a Carpi nel 1997, afferma: [] se non si utilizza il tempo che i servizi pubblici mettono a disposizione delle persone che vogliono affrontare lesperienza delladozione per pensare, per riflettere, per interrogarsi e soprattutto per comprendere quelli che sono i propri limiti e le proprie risorse, per non fare il passo pi lungo della gamba, pu accadere di buttare dalla finestra una potenzialit che quella di fare una buona adozione. Si apre qui lidea di una collaborazione profonda e di reciproca fiducia tra genitori ed operatori, obiettivo che fino ad oggi ancora lontano dal concretizzarsi. Adottare significa riuscire a trovare una coppia capace di garantire una comprensione empatica e facilitante di un processo riparatorio interno al dramma vissuto, per garantire [] un futuro privo di ulteriori traumi (Morral Colajanni, 1997). Loperatore che si accosta alla conoscenza della coppia deve adoperarsi per cogliere quali sono le risorse reali che essa pu mettere in campo. Nel fare ci occorrerebbe esimersi dallancorarsi ad un modello ideale di famiglia perfetta, modello che per vari motivi non pu essere ricalcato dalla nuova famiglia adottiva, ma non per tale ragione questultima ha minore dignit della prima. Lanza e Sabatello (1996) affermano che larrivo di un bambino porta sempre con s una serie di cambiamenti che sovvertono la dinamica e gli equilibri interni ed esterni della coppia. Questa va cos incontro alla richiesta di un notevole sforzo nel tentativo di ricostruire un nuovo equilibrio psicoemotivo: compito non semplice, soprattutto per la coppia

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adottiva,

considerando dalle

quanto

essa che

sia

spesso

gi

molto

provata alla

emotivamente

vicende

hanno

condotto

finalmente

genitorialit. risaputo che lingresso di un nuovo membro allinterno della famiglia ne aumenta inevitabilmente la complessit e ne richiede un delicato processo di adattamento. Si tratta di un adattamento che Wilma Binda (1987) considera incastonato di aspetti di gratificazione e aree di difficolt, sia sul versante organizzativo che su quello relazionale. Afferma Alessandra Santona durate il seminario formativo La preparazione della coppia alladozione internazionale , tenutosi a Montecatini tra ottobre e novembre 2001, che le figure genitoriali interiorizzate hanno una trama di rappresentazioni e reazioni che costituiscono un codice che ha in s aspetti di vincolo e di risorse . La formazione della coppia e le dinamiche che questa deve attraversare nel suo sviluppo sono importanti aspetti da prendere in considerazione nel processo delladozione. Annamaria DellAntonio (2001) riassume bene il fulcro del nostro discorso affermando che ladozione viene presentata come una cosa bellissima, ma le difficolt ci sono . Affrontarle con equilibrio e preparazione la sfida pi grande che si propone chi vive a stretto contatto con essa. Ora passiamo a proporre una rassegna di contributi che tendono a proporre una visione delladozione di tipo negativo. Pare che, secondo la maggioranza degli Autori citati, la parola adozione non possa essere considerata separatamente da aggettivi prettamente negativi: difficile, problematica, rischiosa. Inoltre limpressione che abbiamo ricevuto da tale ricerca bibliografica la presenza di giudizi molto forti e pesanti rispetto alla condizione di genitorialit adottiva, giudizi che a volte assumono la consistenza di sentenze e verit inconfutabili.

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Patterns of adoption
David Howe (1998) ha fornito un interessante contributo circa il campo delladozione e nel suo libro Pattern of Adoption ne analizza vari aspetti. Parlare di adozione comporta tante domande. Howe si chiede se ladozione possa essere considerata una forma soddisfacente di genitorialit sostitutiva; se i bambini adottati siano a rischio di disturbi psicologici pi gravi rispetto ai figli naturali; se si possa rilevare un miglioramento rispetto ai bambini che restano in famiglie economicamente e socialmente svantaggiate. Il fulcro della sua analisi riguarda la messa in evidenza dei fattori da prendere in considerazione quando si valuta limpatto dellesperienza delladozione sui bambini, nella consapevolezza della scarsit di studi e di ricerca in tale campo. Quando parliamo di adozione occorre proporre una distinzione preliminare. Utilizzando macrocategorie a scopo esplicativo, esistono due tipi fondamentali di adozione: quella che riguarda bambini piccoli (adottati prima dei sei mesi det) e quella che invece ha come protagonisti bambini pi grandi (dopo i sei mesi di et). Secondo uno studio di Seglow (1972) 1 il 90% dei bambini vengono adottati prima del terzo mese di vita. Questo dato ha come implicazioni il fatto che esiste una moltitudine di bambini grandi che ha scarsissime probabilit di trovare una famiglia disposta a prendersi cura di loro. I genitori adottivi provengono solitamente da classi sociali agiate o comunque medie, anche se in proposito ci sono studi discordanti (Hoopes, 1970) 2 che affermano invece come solo il 31,8% appartenga alla classe media, mentre ben il restante 68,2% a classi inferiori. Le madri che danno il loro bambino in adozione sono pi giovani rispetto ai genitori adottivi, oltre che rispetto alle donne che vivono da sole con il loro figlio; hanno pi probabilit di vivere in condizioni povere; sono

Seglow, J., Pringle, M.K., Wedge, P. (1972). Growing Up Adopted. Windsor: NFER. Citato da Howe, D. (1998). 2 Hoopes, J. , Sherman, E., Lawder, E., Andrews, R., Lower, K. (1970). A Follow-up Study of Adoption (Vol.II): Post-placement Functioning of Adopted Children. New York: Child Welfare League of America. Citato da Howe, D. (1998).
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meno istruite; il 71% non ha marito e il 18% sposata non con il pap naturale del loro figlio (Seglow, 1972). Per quanto riguarda lo sviluppo fisico dei bambini adottivi, questi hanno pi probabilit di essere affetti dalla sindrome alcolica fetale, dal virus dellAIDS, di soffrire di difficolt di apprendimento, di presentarsi goffi e scoordinati e con un basso peso corporeo (Seglow, 1972). Tutti questi fattori negativi alla nascita per non sono irreversibili. Anzi possono essere compensati e dar luogo ad un perfetto sviluppo fisico. Questo spiega perch i bambini adottati presentano comunque, nonostante le precarie condizioni di partenza, uno sviluppo fisico buono. Essi realizzano il loro sviluppo fisico potenziale che era stato rallentato da difficolt iniziali. Per quanto concerne lo sviluppo delle capacit cognitive anche in questambito troviamo in letteratura varie difficolt ai danni dei bambini che vengono adottati, soprattutto per quanto concerne lo sviluppo del QI (Plomin e DeFries, 1985) 1 . Anche in questo caso per essi possono raggiungere il loro pieno potenziale cognitivo se adeguatamente seguiti (Wachs, 1992) 2 . Rispetto allo sviluppo socio-emozionale la serie di problematiche presentata da tali bambini sembra non attenuarsi o risolversi nonostante ladozione e i miglioramenti che tale condizione comporta sotto vari aspetti. I bambini adottivi quindi presentano problemi scolastici, ostilit, dipendenza, ansia, poca popolarit, aggressivit, depressione, comportamento disadattivo, difficolt nelle relazioni coi pari. Inoltre in et adulta presentano una maggiore instabilit lavorativa, gravidanze precoci, difficolt nelle relazioni intime, bassa autostima, problemi di personalit, abuso di sostanze (Witmer, 1963; Raynor, 1980) 3 . Studi clinici sulla salute mentale dei bambini adottati evidenziano come questi abbiano pi incontri con personale che si occupa di salute mentale
Plomin, R., DeFries, J. (1985). Origins of Individual Differences in Infancy: The Colorado Adoption Project. New York: Academic Press. Citato da Howe, D. (1998). 2 Wachs, T.D. (1992). The Nature of Nurture. Newbury Park: Sage, CA. Citato da Howe, D. (1998). 3 Witmer, H.L., Herzog, E., Weinstein, E., Sullivan, M. (1963). Independent Adoptions. New York: Russel Sage Foundation; Raynor, L. (1980). The Adopted Child Comes of Age. London: Allen & Unwin. Citato da Howe, D. (1998).
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(Brodzinsky, 1987) 1 . Questo dato pu essere dovuto a vari fattori: i genitori adottivi sono pi inclini ad inviare i propri figli a servizi di igiene mentale oltre ad avere maggiori risorse economiche e culturali per poterlo fare. Daltro canto i bambini adottivi, secondo lAutore, hanno effettivamente maggiori problemi di comportamento che giustificano tali interventi, quindi presentano maggiori rischi di disturbi socio-emozionali. Se i bambini per sono adottati prima dei sei mesi di et (piccoli) hanno minori probabilit di avere problemi di comportamento disadattivo e problemi psichiatrici (Bohman e Sigvardsson, 1990) 2 . stato indagato il livello di soddisfazione dei genitori adottivi (Raynor, 1980), tema che si presume sia legato, secondo una relazione inversa, alle problematiche presentate dai bambini adottati. Tali studi hanno fatto emergere alti livelli di soddisfazione. Ben l85% si dichiara molto soddisfatta. Daltra parte esiste un 5% di genitori che al contrario si dichiara molto insoddisfatta e il dato interessante e che questi hanno adottato tutti bambini maschi (i bambini maschi adottati sono maggiormente a rischio di disadattamento emotivo rispetto alle femmine, e presentano un rapporto di contatto coi servizi di salute mentale di 3 a 1). Il giudizio di soddisfazione dipende in grandissima parte da quanto i genitori hanno vissuto lesperienza delladozione come veloce e semplice. Alcuni studi si sono preoccupati di scoprire quali siano i fattori che contribuiscono al successo di unadozione. Larea indagata con maggiore attenzione quella relativa alle caratteristiche di chi adotta, e in questo caso un modello che viene spesso utilizzato quello che vede il bambino come un recipiente passivo e prodotto finale di appropriate o non appropriate pratiche educative. Allinterno di tale area sono state indagate cinque caratteristiche: lo status socio-economico, le caratteristiche fisiche, le capacit genitoriali, la composizione della famiglia adottiva, le modalit con cui viene affrontato il significato delladozione.
Brodzinsky, D.M. (1987). Adjustment to adoption: a psychosocial perspective. Clinical Psychological Review, 7, 25-47. Citato da Howe, D. (1998). 2 Bohaman, M., Sigvardsson, S. (1990). Outcome in adoption: lessons from longitudinal studies. In D. Brodzinsky, M.Schechter (eds). The Psychology of Adoption. New York: Oxford University Press. Citato da Howe, D. (1998).
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Status socio-economico: i genitori adottivi tendono ad appartenere a classi sociali agiate (anche se in precedenza abbiamo citato studi discordanti in tal senso) e questo fattore contribuisce fortemente nellaiutare il bambino ad adattarsi nella scuola e nella vita in generale (Raynor, 1980). Alcuni studi (Kornitzer, 1968; Jafee e Fanshel, 1970) 1 sono in disaccordo con tale risultato e affermano come, pi che la classe sociale, sia importante la qualit dello stile genitoriale. Caratteristiche fisiche dei genitori adottivi: essi tendono ad avere unet media pi alta rispetto ai genitori naturali (30 anni contro 19) e questo dato riguarda soprattutto le madri (Fergusson, 1995) 2 . Essi hanno poi maggiori probabilit di incorrere in problemi di salute (Seglow, 1972). Questi dati per non possono essere considerati dei buoni predittori del livello di adattamento del bambino, come pu esserlo invece il fatto che molto spesso tali genitori hanno alle spalle un maggior numero di anni di matrimonio (McWhinnie, 1967) 3 . Evidentemente la stabilit familiare costituisce una risorsa importante per il bambino, il quale pu trarre da esso un giovamento che si riflette su altre aree della sua vita. Stile e qualit genitoriale: questi aspetti si traducono nel modo con cui vengono trattati i bambini, nella sensazione che si ha circa ladozione, nei problemi legati allinfertilit e nella relazioni tra i coniugi (Seglow, 1972). La relazione tra questi fattori e il buon adattamento del bambino tutto fuorch lineare e causale. Infatti le difficolt temperamentali dei bambini possono causare una genitorialit povera (Maurer, 1980) 4 . Rispetto a questa variabile importante considerare le caratteristiche del matrimonio in quanto la qualit della relazione tra i partners influenza grandemente il clima emotivo e sociale della famiglia oltre che il modo di
Kornitzer, M. (1968). Adopted Children and Family Life. London: Putman; Jafee, B., Fanshel, D. (1970). How They Fared in Adoption: A Follow-up Study. New York: Columbia University Press. Citato da Howe, D. (1998). 2 Fergusson, D.M., Linskey, M., Horwood, L.J. (1995). The adolescent outcomes of adoption: a 16 year longitudinal study. Journal of Child Psychology & Psychiatry, 36 (4), 597-616. Citato da Howe, D. (1998). 3 McWhinnie, A.M. (1967). Adpted Children: How They Grow Up. London: Routledge & Kegan Paul. Citato da Howe, D. (1998). 4 Maurer, R., Cadoret, R., Colleen, C. (1980). Cluster analysis of childhood temperament data on adoptees. American Journal of Orthopsychiatry, 50, 522-534. Citato da Howe, D. (1998).
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relazionarsi coi figli. Viene molto enfatizzato dalla letteratura il fatto che il matrimonio sia stabile, felice e soddisfacente per entrambi i partners (McWhinnie, 1967). Le attitudini e abilit di chi adotta hanno implicazioni importanti. Ci che il genitore dice, fa, pensa e sente influenza molto lo sviluppo del bambino. La genitorialit dovrebbe essere responsiva, emozionalmente sicura, accettante, con disciplina coerente, incoraggiante, concedere libert di sviluppo secondo le proprie linee, entusiasta delladozione, dispensatrice di amore per il bimbo, con strategie di reciprocit (Wachs, 1992). Il tutto indirizzato verso la realizzazione di un attaccamento sicuro, unalta autostima e una buona competenza nel problem solving. Composizione del nucleo familiare: le due variabili fondamentali in questo caso sono le dimensioni della famiglia e la presenza di eventuali altri fratelli al suo interno. In genere le famiglie adottive tendono ad essere di piccole dimensioni (la maggioranza ha un bambino e al massimo due), al contrario dalle famiglie da cui provengono gli adottandi (Seglow, 1972). Il fatto di essere figli unici aumenta la probabilit di avere problemi di adattamento (soprattutto nei maschi) (Bohman, 1970) 1 , ma, daltro canto, la presenza di figli naturali in famiglia porta i bambini adottati a vedere in modo negativo ladozione (Hoopes, 1970). Quindi possiamo affermare che avere fratelli un fattore sia di rischio che di protezione per i figli adottati. Affrontare il significato delladozione: i genitori adottivi devono necessariamente convivere con molte difficolt, molte delle quali aggiuntive rispetto al compito di genitore naturale (Kirk, 1964) 2 : devono interagire con molte persone per avere il bambino, non sono certi del loro status di genitori nelladozione anche dopo aver avuto il bimbo, non sono certi del tipo di relazione che stabiliscono col il bambino, affrontano molti conflitti a causa della continua tensione che si viene a creare tra i processi di integrazione e differenziazione (paradosso delladozione), devono integrare allinterno del sistema familiare un nuovo membro che

Bohman, M. (1970). Adopted Children and Their Family. Stockholm: Proprius Press. Citato da Howe, D. (1998). 2 Kirk, H.D. (1964). Shared Fate: A Theory of Adoption and Mental Health. New York: Free Press. Citato da Howe, D. (1998).
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ne va ad alterare gli equilibri, affrontano il problema della rivelazione delladozione. Di fronte a queste difficolt, secondo la classificazione di Kirk, i genitori adottivi possono rigettare le differenze rispetto alla genitorialit normale, simulando di essere una famiglia normale. Questo per li porta a chiudersi in s stessi proprio perch sentono la differenza come un handicap e questa, nel lungo periodo, creer delle problematiche nel bambino a cui non stata data la possibilit di riflettere sulladozione. Oppure possono accettare le diversit riconoscendo che ci sono delle differenza tra la famiglia attuale e quella di provenienza. Ci di grande aiuto per la costruzione dellidentit dei bambini. La terza via consiste nellaccettare le differenze addirittura insistendo su di esse, accentuandole (Brodzinsky, 1987). I bambini adottati qui non vengono visti come parte integrante della vita familiare, ma come totalmente alieni da essa. Questa opzione crea nei bambini sensazioni di negazione, abbandono, problemi di identificazione, scarsa competenza sociale. Esiste anche una quarta modalit di porsi consistente nel distinguere poco le differenze (Kaye, 1990) 1 . Queste non vengono rifiutate, ma i genitori non sentono tali differenze come un problema nelle relazioni familiari. I bambini adottivi necessitano, per poter sviluppare un forte senso di s, di costruire e sentire un grande senso di appartenenza. Perch ci possa realizzarsi occorre apertura, onest e accettazione delle differenze alla base della comunicazione familiare. Brodzinsky (1987; 1990) 2 espone il modello di stress e coping nelladattamento delladozione rifacendosi e adattandolo ai lavori di Erikson sullo sviluppo psicosociale (1963) 3 . Secondo tale modello i bambini adottati hanno gli stessi compiti di sviluppo dei non adottati pi alcuni peculiari delladozione. Il successo in questi compiti extra richiede
Kaye, K. (1990). Acknowledgement or rejecton of differences? In: D.Brodzinsy, M. Schechter (eds). The Psychology of Adoption. New York: Oxford University Press. Citato da Howe, D. (1998). 2 Brodzinsky, D. (1990). A stress and coping model of adoption adjustment. In: D.Brodzinsy, M. Schechter (eds). The Psychology of Adoption. New York: Oxford University Press. Citato da Howe, D. (1998). 3 Erikson, E. H. (1963). Childhood and Society, 2nd edn. New York: Norton. Citato da Howe, D. (1998).
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responsabilit, empatia, accettazione, flessibilit nei genitori adottivi per far s che i bambini capiscano cosa significhi adozione per loro e per gli altri. In questo modo potranno capire chi sono ai loro occhi e a quelli delle persone che li circondano. Il successo in questi compiti extra finisce per migliorare la propria autostima e sicurezza, due importanti fattori di protezione. Nelle persone adottate pu esistere un elemento di insicurezza nelle relazioni con gli altri: si tratta della paura di essere abbandonati. Rispetto a tale aspetto possono reagire con due modalit differenti: in modo internalizzato chiudendosi in s stessi, oppure in modo esternalizzato con forme di comportamento oppositivo (Bagley, 1993) 1 . Compito dei genitori adottivi, di fronte a queste manifestazioni di difficolt, capire ed accettare tali emozioni per far sentire i figli sicuri. I genitori che adottano per tendono a divenire ipercoinvolti, iperprotettivi, possessivi: tutti aggettivi che tendono a ricevere una connotazione negativa. Maggiore il calore e laccettazione, migliore sar ladattamento dei bimbi. Tutta questa lunga dissertazione e rivisitazione di parte della letteratura raccolta da Howe ci offre uno spunto di riflessione rispetto al significato di tali dati. Pare che dietro allimpostazione seguita da tali indagini si erga un modello culturale e pedagogico molto rigido e che ragiona per vecchi luoghi comuni. Lidea di adozione come istituto negativo stata finora il leit-motiv di buona parte dei contributi citati. Non difficile capire come il concetto di adozione venga visto rispetto ad un modello di genitorialit normale. Tali studi hanno poi la pretesa di porsi come elementi indicativi del comportamento che i genitori adottanti dovrebbero tenere, come portatori di una verit acquisita e al di sopra delle parti. La rigidit di alcune affermazioni ci porta pi vicini ad un atteggiamento dogmatico e assolutistico che ad indagini di tipo meramente conoscitivo. Forse, pi che studiare ladozione rispetto al nostro modello di genitorialit-tipo, dovremmo sforzarci di guardare alladozione come una genitorialit differente che presenta caratteristiche specifiche che non
Bagley, C. (1993). International and Transracial Adoptions. Aldershot: Avebury. Citato da Howe, D. (1998).
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traggono giovamento da alcun tipo di confronto con la cosiddetta normalit, se non giudizi svalutanti. Un genitore adottivo sottoposto a carichi di stress aggiuntivi per ovvie ragioni che approfondiremo strada facendo nel corso di questo lavoro. Ma affermare che il legame genitoriale si viene a creare attraverso maggiori difficolt, non ci consente di chiamare in causa le categorie della patologia o di poter interpretare ogni comportamento come la manifestazione di un percorso distorto.

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Disturbi legati alladozione


Ladozione, lo abbiamo gi visto, viene considerata portatrice di una serie di problematiche aggiuntive rispetto ad uno sviluppo normale, sia nei bambini che nei genitori. Per quanto riguarda i primi questi devono fare i conti con il dolore di passate esperienze di abbandono o di deprivazione, se non di maltrattamento. I secondi hanno lincombenza di assumere il ruolo parentale (nella maggioranza dei casi un ruolo nuovo) e di rispondere alle esigenze di riparazione del figlio. Impegnarsi a fare i genitori significa [] mirare in alto. Inoltre, poich fare il genitore con successo una chiave di volta per la salute mentale delle nuove generazioni, abbiamo bisogno di sapere tutto il possibile riguardo alle molteplici condizioni sociali e psicologiche che influenzano in senso positivo o negativo lo sviluppo di tale processo (Bowlby, 1988). Le esperienze sfavorevoli che vengono vissute nel rapporto coi genitori durante linfanzia hanno un impatto decisivo nel determinare i disturbi cognitivi nel bambino. Ancor di pi quando le esperienze di separazione si ripropongono riattivando situazioni di stress psicologico. Il bambino pu perdere fiducia negli adulti e in se stesso rispetto alle proprie capacit di costruire legami affettivi e quindi manifestare angoscia e comportamenti antisociali. I primi anni di vita poi sono fondamentali per quanto riguarda lo sviluppo adeguato e sano di molte funzioni cognitive e comunicative, prima fra tutte lo sviluppo del linguaggio. In questa prospettiva di primaria importanza che il bambino possa disporre di una buona qualit di cure da parte del caregiver. Facendo riferimento alle categorie di Thomas e Chess (1977) 1 , esistono prove valide secondo le quali cure materne premurose e sensibili portano anche il bambino difficile a svilupparsi bene (Sameroff e Chandler, 1975) 2 . Daltro canto un bambino facile

Thomas, A., Chess, S. (1977). Temperament and development. New York: Bremner/Mazel. Citato da Schaffer, H.R. (1996). 2 Sameroff, A.J., Chandler, M.A. (1975). Reproductive risk and the continuance of caretaking causality. In F.D. Horowitz, et al. (eds). Review of Child Development Research, vol.4. Chicago: University of Chicago Press. Citato da Bowlby, J. (1988).
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pu essere condotto

ad uno sviluppo disturbato se incontra cure

insensibili (Sroufe, 1983) 3 . Tra i genitori adottivi, come del resto tra i genitori normali, esistono naturalmente coppie pi abili di altre nel rapporto coi bambini. Le agenzie dadozione, per, selezionano, preparano e approvano solo quei genitori che appaiono migliori nel crescere i bambini. Laspettativa che ne conviene che i bambini adottivi avranno pochissimi problemi. Purtroppo non cos. Questo perch ladozione (sia per chi adotta che per chi viene adottato) un fatto emozionalmente non neutro che deriva da esperienza di forti lutti. Inoltre il temperamento e il comportamento dei bambini influenzano la qualit di cure genitoriali ricevute. Tizard (1977) afferma che le coppie senza figli e i bambini senza genitori hanno pi probabilit di soffrire di problemi inerenti il dare e il ricevere affetto e il mantenere relazioni durature. Quindi ladozione, date queste premesse, appare come una soluzione alle necessit emozionali di entrambe le parti, evitando per che tale incontro divenga solamente un atto compensatorio e riparatore del dolore fin l provato. Abbiamo riscontrato in letteratura come i bambini adottati debbano fare i conti con due turbative essenziali: langoscia di separazione e il lutto. La capacit di elaborare tali sofferenze viene considerata, soprattutto dagli operatori del settore, alla base del buon esito delladozione. Un dato che ritorna spesso quello secondo cui i bambini adottivi incontrano molti problemi a scuola: difficolt di concentrazione, di apprendimento, di comportamento. Questi possono essere determinati dal dover affrontare un passaggio difficile da una situazione di dipendenza ad una di autonomia, dalla protezione alla responsabilit. Le capacit simboliche necessarie per effettuare tale passaggio sembrano esser insufficienti nel bambino adottivo, incapace di mantenere dentro di s il legame parentale, base sicura da cui partire per dare avvio allapprendimento. Resta langoscia dellabbandono che paralizza il pensiero sovraccaricandolo e non lasciando cos spazio creativo per la conoscenza.
Sroufe, L.A. (1983). Infant-caregiver attachment and patterns of adaptation in pre-school: the roots of maladaptation and competence. In M. Perlmutter (eds). Minnesota Symposium in Child Psychology, vol.16. Minneapolis: University of Minnesota Press. Citato da Bowlby, J. (1988).
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Bowlby afferma che le minacce di abbandono hanno gli stessi esiti patologici delle separazioni reali. Spesso queste vengono usate come unarma molto potente con lo scopo di controllare il comportamento del bambino stesso. Inevitabilmente questi finir per conformarsi ai desideri dei genitori, senza possibilit di realizzarsi per quello che realmente prova ed . [] alla base di alcuni disturbi psicopatologici quali i cosiddetti deficit di attenzione accompagnati da iperattivit, il disturbo oppositivo-provocatorio, disturbi dellapprendimento, frequentemente diagnosticati dai clinici in bambini adottati, [vi ] la riattivazione del trauma dellabbandono nel sentimento di perdita della continuit relazionale (Viero, 2001). Tutte queste problematiche, a cui abbiamo brevemente accennato, ci ricordano quanto, per essere preparati ad affrontare lo spinoso campo delladozione, occorra una preparazione vastissima: in materia di diritto, di sviluppo emotivo, di clinica. Occorre che ci si addentri al suo interno guidati da operatori qualificati capaci di effettuare analisi adeguate del singolo caso, in modo da evitare insuccessi prevedibili: i fallimenti adottivi (per citare il titolo del libro di Jolanda Galli pubblicato nel 2001). In base agli studi fatti e allesperienza degli operatori, esiste accordo sul fatto che ladozione sia una buona cosa e che molto spesso vada incontro ad esiti favorevoli. Winnicott (1954) 1 per afferma che unadozione fallita di solito disastrosa per il bambino, al punto che sarebbe stato meglio per lui che non si fosse nemmeno tentato. bene inoltre non trascurare la percezione che hanno i genitori del figlio adottivo. Chiaramente percepirne le differenze rispetto ad un figlio naturale doloroso e pu formare una barriera nei suoi confronti. molto pi soddisfacente e semplice vederli come simili. Ci per nasconde alcuni pericoli da non sottovalutare, come la creazione di aspettative che possono venire frustrate. Alcuni studi hanno indicato lesistenza di variabili fondamentali nel contribuire alla creazione di un buon adattamento dopo labbinamento con
Le trappole delladozione. In Winnicott, D.H. (1996).
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il nuovo

figlio

adottivo:

la

soddisfazione

nel

ruolo

di

genitore,

laccettazione del ruolo di figlio adottivo, il calore emotivo nei confronti del bambino, la compatibilit tra genitori nel prendere le decisioni e la soddisfazione rispetto al matrimonio, il parlare delladozione (Berry, 1992) 1 . opinione diffusa che molti problemi possano essere evitati se si rivela al bambino la verit circa il fatto di essere adottato, soprattutto se ci gli viene detto in et precoce. Le semplici informazioni non sono di per s sufficienti. I bambini adottati hanno bisogno di poter fare affidamento su persone che li sostengano nella ricerca della verit e che siano comprensivi verso la necessit di vivere le emozioni legate alla loro origine. Rispetto a tale tema, per, si sono creati anche molti malintesi, come vedremo pi avanti. Altro aspetto da prendere in considerazione la possibilit che il bambino adottato possa disporre di una buona stabilit familiare, tale da consentire la creazione di quella base sicura da cui partire per esplorare il mondo e conoscere se stesso. Durante ladolescenza i figli adottivi si differenziano da quelli naturali. Essi vivono questo periodo della loro vita con maggiore tensione rendendosi goffi e impacciati. Sono ragazzi che necessitano di maggiore attenzione e maggiori spiegazioni. Nel prossimo paragrafo tratteremo questo tema in modo pi dettagliato. Molta attenzione va dedicata allevitare di rintracciare le cause dei disturbi di un bambino adottato sempre e soltanto nelle proprie origini ed esperienze passate. Il bimbo sente molto profondamente i sentimenti e lo stato danimo dei suoi nuovi genitori e pu soffrire di tale situazione indipendentemente dal dolore provato per labbandono e per le esperienze precedenti ladozione. Secondo Lanza e Sabatello (1996) i bambini adottivi tendono ad essere segnalati e seguiti dai servizi psichiatrici con frequenza maggiore rispetto agli altri (come abbiamo gi visto nei paragrafi precedenti). Questo dato per va valutato con cautela, in quanto i bambini adottivi vengono segnalati anche quando i loro problemi non sono cos significativi da
Berry, M. (1992). Contributors to adjustment problems od adoptees: a review of the longitudinal research. Child and Adolescent Social Work Journal, 9, 525-540. Citato da Howe, D. (1998).
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giustificarne lintervento dello specialista. [] come se fosse per loro facilitata la strada del ricorso alle istituzioni . Ladozione viene quindi spesso inquadrata come un fattore di rischio che merita unattenzione particolare. Gli stessi Autori sottolineano comunque i grandi successi ottenuti dallistanza delladozione. Molte figure genitoriali sostitutive infatti sono riuscite ad aiutare i bambini a svolgere il proprio filo della vita, allinsegna di quellamore indispensabile per vivere. Questo ci pare il contributo pi grande che i genitori adottivi possano dare e il punto di partenza da cui cominciare ad inquadrare il tema delladozione.

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Adolescenza
Let adolescenziale per molti esseri umani un periodo della vita che ha molti aspetti di discontinuit (Ammaniti e Stern, 1985). Si tratta di un periodo di crisi dovuto a vari fattori come i cambiamenti fisici, le trasformazioni sessuali, loscillazione degli stati danimo, solo per citarne alcuni. Tali sconvolgimenti, che hanno inizio nella pubert, sembrano non trovare nelladottato un apparato psichico in grado di tollerare limpatto di tale metamorfosi. Per un giovane adottato poi a queste problematiche e compiti di sviluppo se ne aggiungono altri caratteristici della sua condizione. Sono dellavviso che sebbene nellinfanzia adottiva [] i problemi siano gi sufficientemente consistenti, con larrivo delladolescenza, tendono notevolmente ad amplificarsi(Galli, 2001). Il pensiero di essere figlio di una madre sconosciuta e di una terra lontana pu diventare insopportabile. Ai genitori demandato il compito di essere pazienti e comprensivi rispetto a un momento di passaggio molto complesso nella vita dei loro figli adottivi. Ladolescenza considerata un evento critico allinterno del ciclo di vita familiare. Lingresso di un membro della famiglia nelladolescenza uno di tali eventi critici, un momento particolare di crisi potenziale per lequilibrio familiare: le modalit abituali di funzionamento sino a quel momento sperimentate risultano infatti inadeguate ed occorre operare una riorganizzazione, tramite lattivazione di nuovi processi di adattamento (Zani, 1993). La qualit di tale adattamento strettamente legata a quella delle relazioni allinterno della famiglia, specie quelle che intercorrono tra genitori e figli. Proprio qui emerge quella che Fausta Ferraro (1996) considera la complessit delle funzioni genitoriali, ovvero [] la capacit di mantenere uno sguardo di accompagnamento a distanza. Il processo di trasformazione si articola in una dialettica tra autonomia e dipendenza, compito sempre pi difficile dati i cambiamenti sociali odierni e carico di ambivalenze e di componenti dinamiche. Per quanto riguarda il caso specifico dei genitori adottivi la problematica adolescenziale diventa [] acuta e gli stessi genitori ne

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vengono coinvolti perch, nella necessit di ridefinire il rapporto con lui (il bambino) essi devono ripensare il loro ruolo genitoriale e ci fa s che si ripresentino in loro, soprattutto se non sono state convenientemente elaborate e risolte, le problematiche connesse con i sensi di inadeguatezza ad esso e con il timore di perdere laffetto del figlio che avevano caratterizzato il momento della loro scelta di adottare (DellAntonio, 1994). Si presentano difficolt nel confrontarsi con le proprie ansie e nel ridefinire i reciproci rapporti. Perch ladolescente adottato possa essere in grado di affrontare i compiti di sviluppo legati a questa fase della vita ha la necessit di recuperare una dimensione personale data dal ricordo delle esperienze precedenti ladozione e, nel caso di adozione internazionale, del paese di origine. Occorre stabilire un dialogo allinterno della famiglia, [] un percorso che partendo da realt personali diverse permetta di elaborare obiettivi, stili di vita ed anche valori da tutti condivisi e riconosciuti come propri (DellAntonio, 1994). Da questa base diventa pi agevole per il neoadolescente incamminarsi verso la costruzione di una propria autonomia ed identit. [] le diverse proposte identitarie con cui il minore entra in contatto, nel corso del suo processo di socializzazione, tendono a scontrarsi e sovrapporsi con un impatto violento che provoca vari e differenti terremoti identitari (Harrison, 2001). Durante ladolescenza, infine, acquisisce grande importanza il gruppo dei pari. I coetanei infatti rappresentano un importante attore sociale che contribuisce alla ricerca dei processi identitari, grazie allofferta di un forte senso di appartenenza al gruppo e di differenziazione rispetto al mondo adulto. I ragazzi adottati possono avere difficolt ad inserirsi in un gruppo di coetanei per vari motivi: a causa di discriminazioni rispetto alla condizione adottiva, oppure per le difficolt a mettere in atto il processo di separazione dalle figure genitoriali. Non ci sono comunque dati che affermino che i ragazzi adottati non possano usufruire dellappoggio di questo gruppo di socializzazione. Come non ci sono dati certi e inoppugnabili che asseriscano che solo ladolescenza adottiva vada considerata unistanza a rischio, quando siamo circondati da esempi di

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adolescenti coinvolti in veri e propri drammi familiari che appartengono alla categoria dei figli cosiddetti normali.

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Meccanismi difensivi
Ladozione viene considerata unesperienza con forti componenti

traumatiche. Come in tutte gli eventi della vita che hanno a che fare con situazioni complesse e dolorose, anche in essa chi vi coinvolto mette in gioco una serie di difese psicologiche. Quando parliamo di difesa psicologica facciamo riferimento ad un operazione psichica [] messa in atto per ridurre o sopprimere ogni turbativa che possa mettere in pericolo lintegrit dellIo e il suo equilibrio interno (Galimberti, 1999). Lindividuo riesce cos a mantenere un equilibrio emotivo di fronte alle tante turbative incontrate durante la propria esistenza. LIo vittorioso quando le sue misure difensive raggiungono lo scopo, quando cio esse gli permettono di arginare langoscia e la sofferenza e gli assicurano, grazie ad una trasformazione degli istinti, una certa gratificazione anche in circostanze difficili, stabilendo cos, nella misura del possibile, un accordo armonico tra Es, Super-Io e le forze del mondo esterno (Freud, A., 1936). La psicoanalisi si occupata molto di questi temi ed ha indicato diversi tipi di meccanismi difensivi che presentano notevoli differenze luno dallaltro. Nellambito delladozione emergono maggiormente alcuni tipi di difese, anche se in linea generale tutte vengono in qualche modo chiamate in causa. Carmen Morral Colajanni (1992) sostiene che le famiglie coinvolte in una adozione problematica presentano difese estremamente rigide in cui il bambino depositario di una conflittualit non risolta. Purtroppo i genitori che si avvicinano pieni di speranze alladozione possono andare incontro ad una serie di problematiche molto ardue e di lunga durata. Si dice che ladozione per sempre, che non si pu stabilirne a priori una fine. E spesso questo lungo percorso non si conclude con lagognata acquisizione di un bambino. I servizi, secondo Morral Colajanni (1997), vengono demonizzati e visti come in possesso della potenza e della creativit, contro una coppia depositaria dellimpotenza. Il percorso istituzionale [] propone modelli di difesa molto primitivi e persecutori. Sarebbe auspicabile che gi dal primo momento si incontrasse un clima preparatorio,

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trasformativo,

di

riflessione

ed

elaborazione

con

il

conseguente

arricchimento del mondo interno. I servizi divengono cos un contenitore istituzionale facile oggetto della proiezione di vissuti di tipo persecutorio da parte della coppia. A questa serie di difficolt vanno poi aggiunti quei traumi che possono aver portato alla decisione di adottare: un esempio tra tutti la sterilit, argomento molto difficile da affrontare e accettare. Si tratta di un lutto che richiede molta forza per essere elaborato, e che spesso non conosce un suo pieno superamento. Di fronte a tale situazione i genitori possono esibire un senso di onnipotenza nel tentativo di annullare il limite procreativo. A tale onnipotenza pu subentrare un opposto senso di impotenza dovuto alle reali difficolt in cui versa la coppia. Diviene quindi importante accettare il limite imposto dalla sterilit. Lelaborazione del lutto viene considerata, in ambito psicologico, una componente chiave dellesperienza dei genitori adottivi, che si trovano costretti a rinunciare allidea di poter procreare, di avere un figlio proprio, di divenire un genitore naturale e normale come tutti gli altri. Altre difese estremamente rigide possono essere messe in campo dalla coppia rispetto alla capacit di elaborare laspetto della rivelazione e del passato del bambino. Si tende a negare tale passato, a destorificare il minore negandone le sofferenze passate e i legami con i genitori naturali e con la sua terra. Si idealizza un bambino perfetto che venga a compensare la sofferenza dei genitori, i quali a loro volta possono spostare su di lui alcune sensazioni spiacevoli secondo il meccanismo dellidentificazione proiettiva. Si pu avvertire anche una certa difficolt da parte del bambino e dei genitori nellintegrare gli aspetti buoni e cattivi di s e dellaltro secondo un meccanismo di scissione. Ladozione quindi si viene ad inquadrare come una situazione di trauma su trauma, una serie di difficolt a livello psichico (e pratico) che ne rendono difficoltosa la realizzazione. La mente umana per dotata della capacit di riparazione, un meccanismo in grado di donare valenze positive ad esperienze angoscianti. Cos ladozione passa da una condizione di lutto ad una disponibilit ad accogliere. Adottare come prendersi cura attivando la funzione genitoriale, passando dallattenzione

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alloggetto, come elemento da riparare. alla funzione riparatrice della mente collegata alle esperienze emotive.

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3. BAMBINO IMMAGINATO, FANTASTICATO E REALE


Ogni coppia genitoriale, qualsiasi sia la modalit con cui lo diventa, costruisce delle aspettative riguardo allidea del futuro figlio, crea unimmagine del bambino. Entrambi [i genitori] durante la gravidanza sviluppano attese ed elaborano fantasie sul loro bambino, derivate a loro volta dalle esperienze delle proprie relazioni passate, in cui vengono integrate anche alcune eventuali percezioni reali (Ammaniti e Stern, 1995). In tal modo essi costruiscono una fantasia del bambino. In psicoanalisi quando si parla di fantasia si fa riferimento ad un elemento che si trova in stretta relazione con la realt che partecipa alla sua organizzazione. Quando parliamo di realt intendiamo una realt esterna ed oggettiva. Essa distinta da quella interna definita realt psichica, regno di immagini, sentimenti, pensieri, che occupano metaforicamente uno spazio interno al soggetto (Ammaniti e Stern, 1995). Lidea di bambino nasce allinterno di uno spazio mentale emotivamente molto forte in cui la rappresentazione dello stesso bambino pu essere pi o meno flessibile. La letteratura su tale argomento pone laccento sul fatto che maggiore tale flessibilit, migliore sar ladeguamento dei genitori al momento del contatto col bambino reale, ovvero quello che esiste nella concretezza della quotidianit. Come afferma Gandione (1998) aver desiderato, pensato, immaginato il bambino necessario per poter entrare in contatto con lui, ma il bambino della fantasia deve potersi integrare con il bambino reale perch questo possa essere riconosciuto. Il bambino viene solitamente immaginato, come afferma Castelfranchi (1992), nelle fattezze di un neonato sano e bello che somigli alla propria immagine idealizzata: quello che viene chiamato bambino immaginato. Il termine immaginato non per correttissimo in riferimento ai genitori adottivi, poich questi ultimi non hanno alcuna esperienza su cui basare le immagini del bambino, come accade per i genitori naturali. Questi ultimi, rispetto ai genitori adottivi, possono

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disporre di un processo biologico che agevola notevolmente la riduzione della distanza tra ci che si immagina e ci che si manifesta nel mondo concreto: lesperienza della gravidanza concede ai genitori di effettuare un graduale passaggio di conoscenza dal bambino immaginario della gestazione a quello reale della nascita. Inoltre la possibilit di ottenere una prima immagine del bambino attraverso lecografia un altro elemento che facilita tale processo (Gagliardi et al., 1985; Di Cagno et al., 1986; Todros et al., 1988) 1 . Per fare riferimento allo stesso passaggio nella coppia adottiva sarebbe pi idoneo utilizzare lespressione bambino fantasticato. Si tratta della costruzione di unimmagine che non pu fare affidamento su alcun dato esperienziale diretto e che per questa ragione ci pare pi adeguata a descrivere limmagine creata da questi genitori durante il periodo dellattesa. La letteratura sullargomento per insiste sullespressione bambino immaginato o immaginario quindi, per evitare confusioni terminologiche, continueremo ad utilizzare questi termini. Nelladozione, specie quella motivata da problemi di sterilit, pu succedere che i genitori entrino in competizione con le capacit dei genitori biologici: non a caso il ricorrente desiderio e laspettativa di ottenere labbinamento con un bambino neonato riflettono in parte la volont di rendere la propria esperienza genitoriale simile a quella naturale. Questo porta, come affermano Lanza e Sabatello (1996), ad opporre alla procreazione corporea una procreazione solo mentale che appare come la realizzazione di unonnipotenza di pensiero. Winnicott, come abbiamo visto in precedenza, ha sottolineato come lonnipotenza sia una condizione di partenza da cui parte lo sviluppo del pensiero e che ha origine dallo stato di fusione iniziale tra mamma e
Gagliardi, L., Todros, T., Sanfelici, C., Di Cagno, L., Rigardetto, R. Bondonio, L., Gandione, M., Butano, C., Randaccio, S., Tacconis, M.L. (1985). La donna e i movimenti fetali: bilancio psicologico dellimpatto ecografico. Bologna: Monduzzi; Di Cagno, L., Rigardetto, R., Bondonio, L., Gandione, M. (1986). La relation mre-foetus: une comparaison entre le bb senti et le bb vu sur lcran de lechographie. II Congrs international, 21-25 Juillet 1986, Paris (France), Association International de psychiatrie de lenfant et de ladolescent et des professions associes. Paris: Expansion Scientifique Franaise; Todros, T., Sanfelici, C., Rigardetto, R., Bondonio, L., Gandione, M., Panettoni, G.L. (1988). Quantitative evaluation of foetal motor activity: longitudinal study. Boll.Soc.It.Biol.Sper., 9, 845851. Citati da Gandione, M. (1998).
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bambino. Nelle coppie di genitori naturali la separatezza una condizione che si crea a partire da un legame fusionale. Nelladozione invece si parte da una distanza e da questa si cerca di stabilire un legame stretto e, successivamente, una relazione profonda in cui dare spazio al riconoscimento dellaltro. Secondo Santona (2001) il bambino immaginato pu essere investito della funzione riparativa rispetto alla storia personale dei singoli membri della coppia e della coppia stessa. Tale bambino assume le sembianze del figlio del bisogno, chiamato a lenire le difficolt interne dei coniugi, invece che un figlio del desiderio, frutto di affettivit maggiormente integrate ed elaborate. La coppia, soprattutto la donna, fin dallinizio della ricerca del concepimento, porta gi dentro di s limmagine del bambino. Anche lesperienza traumatica della sterilit non pu impedire lesistenza di tale immagine, ma solo la sua assenza (Santona, 2001): Limmagine del bambino prende, allora, forma nella coppia sterile in due direzioni: una di mancanza, nel reale, e laltra di presenza, nellimmaginario. E ancora: lelaborazione permette la gestazione di uno spazio altro dove pu essere presente il bambino reale. In una ricerca eseguita in Veneto (AA.VV., 2001) emersa la difficolt da parte dei genitori adottivi ad ammettere di aver costruito unimmagine interiore del bambino prima del suo arrivo. Tale difficolt dovuta, secondo gli Autori, a due fattori principali: la presenza concreta del bambino reale che toglie spazio alla rappresentazione di quello immaginato e la ritrosia a riconoscere i meccanismi proiettivi a cui legata tale produzione della mente. I genitori tendono inoltre a non trovare, qualora ne accettino la passata esistenza, differenze tra il bambino immaginato e quello reale, attivando processi di negazione e rimozione di fronte a tale vissuto. Gli stessi Autori sottolineano come la capacit di elaborare la diversit tra il bambino reale e questultimo (il bambino immaginato) produce conseguenze significative per il futuro equilibrio delle relazioni. Allinterno di tale elaborazione rientrano la capacit di riconoscere le proprie aspettative rispetto al bambino e al suo futuro inserimento nel nuovo contesto familiare e sociale.

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Avere accesso a questo processo di digestione impresa ardua: per tale ragione la coppia potrebbe avere bisogno di essere accompagnata in tale processo da operatori che la aiutino ad accettare e tollerare la discrepanza che frequentemente esiste tra le due dimensioni, quella immaginata e quella reale. Facendo ci i genitori possono arrivare a sentirsi comunque legittimati nellaver prodotto una fantasia del loro bambino bench ci li esponga a possibili delusioni nel confronto con la realt concreta. Ma proprio grazie a tale elaborazione che la coppia si apre verso laccettazione di quel bambino in carne ed ossa che la realt propone. Il tipo di immagine costruito pu avere delle ripercussioni sul rapporto tra genitore e bambino. Broussard (1984) 1 ha realizzato degli studi in cui emerge che gli esiti evolutivi dei bambini sono correlabili alla rappresentazione che la madre possiede del proprio bambino ad un mese di et e della relazione con cui essa si rapportava idealmente a lui. Non si tratta quindi di un aspetto trascurabile in quanto va ad inserirsi profondamente nella concretezza del rapporto genitore-figlio. Francesco Viero (2001) indica nella frustrazione e nel dolore derivante dalla mancata congruenza tra il figlio reale e il figlio del desiderio degli aspetti centrali per quanto riguarda i fallimenti adottivi. Laspetto fondamentale delladozione, e della scelta della coppia idonea ad essa, non la mancanza di problemi al suo interno, bens la capacit di farvi fronte, di affrontare le difficolt che esistono e che la vita proporr. Il bambino adottato rappresenta lo sconosciuto, lestraneo, una situazione di incertezza soprattutto rispetto ad un passato che non appartiene alla coppia adottiva. Se ne deduce quanto sia insidioso affrontare il bambino reale, portatore di un carico emotivo ed esperienziale spesso molto pesante anche per genitori assai motivati e ben preparati a tale incontro. Rossana Dalla Stella (2001) parla del futuro genitore che, venuto a contatto con il bambino vero, assegna a questultimo la rinascita di un fantasma contenuto nei recessi della mente e che coincide con il figlio idealizzato.

Broussard, E.R. (1984). The Pittspburgh firstborns at age nineteen years. In J.D. Galeson, R. Tyson (a cura di). Frontiers of infant psychiatry. New York: Basic Books. Citato da Ammaniti, M., Stern, D.N. (1995).
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Allinizio, durante le prime fasi di incontro col bambino, i genitori adottivi possono sentirsi ansiosi e incerti, timorosi di non essere accettati e di non riuscire a sviluppare e a far nascere un attaccamento immediato. Inoltre i genitori possono essere perplessi dal fatto che il loro desiderio di affetto immediato non venga esaudito e anzi vi sia una certa difficolt nel comprendere il comportamento del bambino. La somiglianza fisica un aspetto che aiuta molto nellidentificazione e nel riconoscimento del proprio figlio. Tale dato manca nelladozione, soprattutto in quella internazionale, ed una fonte aggiuntiva di preoccupazione e disagio. Spesso i genitori cercano di superare tale differenza, con la speranza di una casuale somiglianza fisica. Si cerca cos di diminuire lestraneit del bambino che entra nella famiglia. Dal punto di vista del bambino ladozione viene a supplire ad unesperienza di perdita molto forte. La mancanza di cure adeguate nei primi periodi di vita crea incertezza e ansia e questa si pu ripercuotere sulla nuova famiglia. Ai nuovi genitori demandato il compito di accogliere ed accettare il bambino per come si presenta, per quello che ed stato e cercare di garantire intorno a lui una certa continuit e stabilit. Il bambino imparer cos a lasciarsi alle spalle la mamma della pancia, quella a cui deve la vita, per legarsi ai genitori del cuore, quelli a cui deve lorigine dei suoi affetti. La diversit fisica rester un aspetto ineliminabile nel bambino, un elemento che ricorda la sua origine. Gli operatori del settore battono molto su questo punto invitando i genitori a fare in modo che lelaborazione della diversit sia continua e permanente. Per tutti questi fattori divenire genitori adottivi si configura come un percorso difficile, come del resto lo qualsiasi tipo di genitorialit. Il passaggio dal bambino immaginato a quello reale viene considerato dalla letteratura e dagli operatori un elemento molto importante per poter affrontare al meglio il compito genitoriale. A tal proposito alcuni strumenti sono stati approntati per valutare questo processo allinterno dellindagine socio-psicologica con i genitori adottivi. La ricerca che esporremo allinterno della parte III di questo lavoro cercher di mettere a fuoco tali elementi, soprattutto attraverso lo strumento denominato Descrizioni.

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Vuoto e spazio mentale


Ladozione viene definita una filiazione mentale che comporta,

secondo Lanza e Sabatello (1996), una situazione di vuoto di origine agli esordi della vita del bambino, e una di vuoto in itinere nella vita della coppia: una doppia deprivazione che va alla ricerca di riparazione. Questo un aspetto fondamentale che segna, insieme alla mancanza di procreazione come atto psicofisico, una differenza con la genitorialit biologica. Danielle Quinodoz (1996) ha elaborato un concetto molto interessante attraverso lanalisi di una paziente adottata. Questa, adottata allet di sei mesi, presenta la fantasia di non essere mai esistita prima delladozione (I was born when I was six mounth old, afferma la ragazza in seduta), con una nascita che si pu far risalire al momento in cui ha incominciato ad essere pensata. Il periodo precedente ladozione assume i connotati e laspetto di un vuoto- oggettuale (hole-object), creato dalla paziente per difendersi dalla sofferenza psichica e dagli istinti aggressivi verso loggetto stesso (in questo caso i genitori naturali). Sembra manchi nel suo mondo interno una rappresentazione dei propri genitori biologici. Tale concetto ci aiuta a comprendere quali sensazioni pu provare un individuo che deve confrontarsi ogni giorno con un passato indefinito e con una nascita misteriosa e sconosciuta. Tale individuo pu sentire di essere nato dal niente e avere la sensazione di cadere nel vuoto. Il vuoto anche la conseguenza di una infinit di fantasie e di affetti che la persona non in grado di organizzare e a cui non riesce ad attribuire un senso. Un figlio adottivo incontra difficolt aggiuntive rispetto ad un figlio naturale nella costruzione della propria identit, poich al suo interno deve integrare le immagini dei genitori attuali con quelle fantasticate dei genitori naturali. Come vedremo in seguito nel paragrafo dedicato allelaborazione del lutto, in questo processo importante la partecipazione di chi accompagna il bambino. Limportanza della rivelazione delle proprie origini e radici appare quindi in tutta la sua grandezza e pregnanza. Questo tema per sembra

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essere trattato come la panacea di tutti i mali, tanto da far passare lidea che la rivelazione sia sufficiente per chiudere i buchi e risolvere tutti i problemi. Riempire tali mancanze pu avere invece leffetto opposto, facendo emergere la convinzione che tali buchi non esistano o non possano essere percepiti e pensati. La rivelazione assume un senso se inserita in un processo di costruzione e ristrutturazione del rapporto con i nuovi genitori, un processo che sappia integrare il passato e il presente della storia del bambino e dei genitori adottivi. Un individuo adottato, per, non pu essere considerato solamente per la dimensione di vuoto che lo accompagna a causa di vicende personali di cui peraltro non responsabile. Egli ha a disposizione un potenziale spazio mentale allinterno del quale poter costruire nuove immagini e nuovi legami capaci di ricostruire un nuovo equilibrio nella propria vita. Qui il lavoro e il ruolo dei genitori adottivi diviene fondamentale a partire da unaccettazione incondizionata del bimbo, con la sua storia, la sua cultura, la sua persona compresa nella totalit. Per i genitori non si tratta certo di un compito semplice. Le problematiche che tali coppie hanno dovuto affrontare sono comunque in agguato e possono creare qualche intoppo. Anche i genitori adottivi conservano dentro di s un vuoto che non stato colmato. Il termine colmare per pu essere fuorviante. Quello che intendiamo la capacit di sperimentare lesperienza del vuoto senza volerne rintracciare una soluzione, ma sentirla, aprirsi verso questa per dare modo al pensiero di emergere in tutta la sua potenzialit creativa. Bion afferma che il pensiero nasce proprio dallesperienza del non oggetto e dalla frustrazione conseguente. La tolleranza della frustrazione [] di grande importanza nel processo di formazione dei pensieri e della capacit di pensare (Grinberg, Sor e de Bianchedi, 1991). Tornando allo specifico delladozione, Santona (2001) afferma che si deve poter trasformare una rappresentazione di vuoto, che pu far divenire infertile la mente della coppia, impedendogli di fantasticare un figlio nato da altri o di farlo solo come surrogato di quello mai nato . Il vuoto non richiede di essere colmato, bens di essere pensato e trasformato. Quindi [] ogni deprivazione che chieda di essere colmata ad ogni costo ritenuta pericolosa per lequilibrio adottivo, in

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quanto pu portare ladulto alluso del bambino come evitamento dellelaborazione (Castelfranchi, 1992). Anche la discrepanza che si avverte tra il bambino immaginato e quello reale pu dare vita ad un senso di perdita, di mancanza, di lutto. Tale stato, per quanto possa apparire negativo, necessario perch il bambino possa essere percepito nella sua realt, unicit e separatezza (Gandione, 1998), innescando un forte bisogno di conoscersi reciprocamente. In tal modo il bambino viene pensato, ovvero pu disporre di qualcuno che lo tiene nella sua mente, che capisce e d significato alla sua persona, che gli concede la possibilit di dare avvio alla sua capacit di pensiero. In questo paragrafo abbiamo cercato di trasmettere quanto pi possibile una visione positiva del concetto di vuoto, visto pi nelle sue componenti di potenzialit che in quelle di mancanza. Il termine vuoto richiama immagini di dolore e sofferenza; ma sono i sentimenti che accompagnano il contatto con la realt e la conoscenza. Il nostro tentativo stato ripensare ladozione come un percorso di conoscenza e di costruzione di un legame non solo affettivo, ma anche mentale con i nuovi genitori, un legame che possa in qualche misura sostituire il momento della nascita naturale. Il bambino per diventare figlio ha la necessit di essere concepito e partorito dalla mente della madre e riconosciuto nelle proprie caratteristiche ed emozioni, in modo da poter sentire di appartenere veramente e completamente alla nuova famiglia come figlio e di avere la possibilit di vivere.

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4. ASPETTI SPECIFICI DELLADOZIONE


Finora abbiamo delineato un quadro abbastanza articolato, e a volte contraddittorio, di contributi riguardanti ladozione. Intorno a tali argomenti possiamo rintracciare alcuni temi principali che ritornano spesso in tutti i discorsi ad essa legati e che attraversano trasversalmente la letteratura dedicata alladozione Ne abbiamo scelti quattro. A nostro parere costituiscono le tematiche che, secondo gli Autori, sono centrali e pi di altre fanno emergere con maggiore nitidezza i contorni definitori delladozione, i suoi significati e le sue mille implicazioni. Lanalisi della letteratura ci ha cos portato a scegliere largomento della sterilit, uno dei fattori principali che spinge alla scelta adottiva; la sessualit come tema di indagine che si connette a quello dellinfertilit e che pu avere implicazioni anche nella scelta di affidarsi alla procreazione medicalmente assistita; lelaborazione del lutto come tematica centrale che viene sottolineata con forza dagli operatori come il punto nodale di tutto il percorso adottivo; la rivelazione, aspetto considerato essenziale per lo stabilirsi di un rapporto di fiducia e di condivisione con i nuovi genitori, anche se occorre fare molta attenzione per non trasformare tale momento nella soluzione di tutti i mali. Analizziamo ora nel dettaglio ognuno di tali aspetti cercando di tracciarne un quadro completo rispetto a ci che offre la letteratura a riguardo e, allo stesso tempo, proporre una visione critica di tali contributi.

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Sterilit
Nes s un bam bi no n as ce d al l a pa n ci a del l a m a m m a , t ut t i i bam bi n i n a s co no da u n aer eo (un bam bi no adot t a t o) 1

Le coppie che propendono per la domanda di adozione spesso presentano un problema relativo alla procreazione. Tra questi la sterilit sicuramente il principale e, soprattutto negli ultimi anni, divenuta una problematica in via di espansione. Questo un dato che in letteratura viene pi volte ribadito senza per dimenticare la presenza di altri tipi di motivazione che avvicinano alla scelta adottiva. La sterilit una problematica grave. Essa viene acutizzata dalla stigmatizzazione che incontra rispetto alle sue componenti di privazione e diversit. Si pu distinguere tra sterilit e infertilit: la prima definita come impossibilit definitiva al concepimento, la seconda come incapacit di riuscire a portare a termine una gravidanza (AA.VV., 1991) 2 . Secondo Farri Monaco e Peila Castellani (1994) il problema sterilit (o comunque difficolt procreative in genere) riguarda unampia percentuale della popolazione (15-20%): un dato che mostra chiaramente quanto il fenomeno sia ampio e degno di attenzione, soprattutto nelle societ occidentali. In campo sanitario una coppia viene definita sterile dopo due anni di tentativi di fecondazione falliti. Le cause sono ascrivibili tanto al partner maschile che a quello femminile, mentre in passato dominava la credenza di maggiori se non complete responsabilit a carico della donna. Esistono anche casi di sterilit cosiddetta di coppia: in questo caso entrambi i coniugi sono portatori del problema, oppure non sono stati individuati fattori certi di sterilit (sterilit sine causa). Frequentemente le coppie che intendono affrontare tale problematica si dedicano molto attivamente a tentativi di procreazione assistita (PMA). Negli ultimi anni si assistito ad un aumento massiccio del ricorso a tali
In DellAntonio, A. (1994). AA.VV. (1991). Libro bianco sulla riproduzione assistita. Palermo: SIFES. Citato da Farri Monaco, M., Peila Castellani, P. (1994).
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tecniche di fecondazione artificiale. Tale dato sembra esplicitare, a parere di alcuni Autori (Farri Monaco e Peila Castellani, 1994), la necessit di diventare genitori biologici a tutti i costi. Il limite viene avvertito come intollerabile e al medico viene demandato il compito messianico di fornire una soluzione a tale dolore. In una ricerca Americana dellAmerican Fertility Society, (AA.VV., 1991) stata stabilita la percentuale di successo delle tecniche di riproduzione artificiale. Su 100 donne solo il 13% riesce a dare inizio ad una gravidanza, ma ancora meno sono quelle che riescono a portarla a termine con successo: il 7,8%. Pare che venga sempre pi a galla un bisogno di superare i limiti inaccettabili, di poter dominare lesistente. Lonnipotenza non lascia spazio allinsuccesso tanto da trasformarsi, nel nostro caso specifico, in vero e proprio accanimento terapeutico. Quando le coppie che hanno tentato la via della procreazione medicalmente assistita giungono alla richiesta di adozione hanno alle spalle una serie, a volte consistente, di tentativi infruttuosi che hanno portato speranze e delusioni. Questo fatto genera un lutto allinterno della coppia che richiede, secondo le modalit seguite dai servizi che si occupano di adozione, una adeguata elaborazione. Quando parliamo di lutto intendiamo unesperienza strettamente legata alla vita e allesistenza. Essa non si riferisce solo alla morte, ma riconducibile ad ogni situazione di mancanza sul piano affettivo. Cos anche limpossibilit a procreare pu scatenare unesperienza di lutto. La possiamo vedere come una morte particolare riguardante una parte del proprio s e del desiderio di continuit generazionale. Inoltre, come afferma Dalla Stella (2000), il sogno di dare alla luce un figlio, se da una parte proietta certamente la coppia nel futuro, verso limmortalit generazionale, dallaltra si radica nel passato individuale e sociale . Quindi, oltre ad una dimensione di proiezione futura, esiste, nella ricerca della genitorialit, anche un forte ancoraggio alle proprie radici che si manifesta nella ricerca di somiglianze fisiche nel bambino, anche se si tratta di un bambino adottato. Siamo di fronte a sentimenti molto forti che necessitano di una profonda e lunga elaborazione mentale. Senza di essa la scelta adottiva sembra non potersi esimere da spiacevoli fallimenti.

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In una ricerca condotta in Veneto da Bonato, Lissandrini e Mirandola (1995) emergono alcuni aspetti interessanti che possiamo aggiungere alla nostra trattazione. Gli Autori hanno studiato 232 schede (e quindi 232 coppie) esaminando la filiazione, le esperienze di aborto spontaneo e provocato, i percorsi che portano alla scoperta della sterilit e i conseguenti atteggiamenti verso ladozione, la sfera sessuale e le difficolt a volte ad esse implicate. Tutte le coppie che hanno costituito il campione sono state giudicate dal Tribunale dei Minori idonee alladozione. Circa il 73% delle coppie non ha mai vissuto lesperienza di iniziare una gravidanza. Il 21% ha affrontato lesperienza della perdita del bambino durante la gravidanza con una media di circa 2 aborti per coppia. Solo una piccola minoranza di coppie riuscita ad avere figli biologici (6%). Le coppie sterili tendono, al momento dellabbinamento col bambino adottivo, ad essere meno deluse delle coppie non sterili. Forse, secondo gli Autori, il fatto di non avere altre alternative per divenire genitore non permette di avere verso il bambino quei sentimenti di delusione che pu invece provare con maggiore libert chi ha la possibilit di avere un figlio naturale. Emerge inoltre che le coppie sterili manifestano maggiori capacit riparative rispetto alle non sterili (a meno che non abbiamo elaborato adeguatamente la propria condizione di sterilit). La sterilit quindi sembra costituire un parametro da tenere in grande considerazione per garantire un buon esito del percorso adottivo. Non esistono prove del fatto che genitori sterili non possano rivestire adeguatamente il ruolo genitoriale. La condizione sine qua non pare essere la possibilit di elaborare il lutto derivante dalla scoperta di non poter avere figli. Nel percorso di acquisizione della genitorialit biologica il periodo della gravidanza pu essere considerato un periodo provvidenziale. In esso infatti la donna e futura madre pu trovare il tempo per effettuare quel graduale cambiamento che la porta da un tipo particolare di egocentrismo ad un altro. Lo stesso processo riguarda i padri o le persone che decidono di diventare genitori attraverso ladozione. In questultimo caso il

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genitore acquista consapevolezza dellidea di adottare e si mette al lavoro in attesa del momento in cui il bambino viene a materializzarsi. Si sostiene possa essere di fondamentale importanza quindi un periodo di preparazione, sia quando la genitorialit viene acquisita naturalmente tramite la gravidanza, sia quando questa giunge attraverso ladozione. Chiaramente la possibilit che ha una madre biologica di stabilire una profondit di rapporto col proprio figlio molto grande. Pensiamo solo allesperienza dellallattamento che costituisce un mezzo di comunicazione molto profondo, una vera e propria canzone senza parole, per usare unespressione di Winnicott (1957) 1 , un nutrimento del corpo ma anche del cuore e della mente. Lo spazio dellattesa uno spazio sia fisico che mentale in cui avviene una trasformazione, in cui si immagina e si crea lidea del proprio bambino. E questo vale sia per la genitorialit naturale che per quella adottiva. La gravidanza facilita la creazione di tale spazio trasformativo grazie alle trasformazioni ormonali che avvengono nel corpo e, di conseguenza, nella mente delle madri. utile ricordare poi quale significato rivesta per la coppia madre-bambino la fase intrauterina, soprattutto a livello emozionale. Nelladozione la mancanza di tale esperienza necessita di essere compensata attraverso un ripensamento e unelaborazione del dolore legato a tale assenza. A tal proposito abbiamo gi esposto il concetto di vuoto con tutte le implicazioni che esso comporta. Inoltre il genitore adottivo dovr confrontarsi con le esperienze passate del bambino che ha condiviso la fase intrauterina con un'altra madre. Ed proprio entro questi limiti e tali difficolt che la genitorialit adottiva trova la sua forza e la sua originalit, dotandosi della cultura per colmare il vuoto di un figlio proprio. La difficolt sta nel dover articolare un passaggio dal fuori al dentro, anzich dal dentro al fuori cos come avviene partendo dallesperienza stessa della gravidanza. [] di fronte si ha un bambino gi separato nel corpo, che si muove da subito in un altro spazio generazionale (Dalla Stella, 2000).

Il contributo della psicoanalisi allostetricia. In Winnicott, D.H. (1987).


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Di fronte al desiderio frustrato di non poter realizzare la gravidanza biologicamente, la coppia sembra rifugiarsi nellazione pi che nella riflessione, affidandosi alle mani del medico per ottenere il figlio tanto desiderato. Allo stesso modo anche ladozione assume spesso i connotati dellagire prima ancora di aver meditato ed elaborato a fondo la scelta adottiva. La frustrazione e la sua intollerabilit generano fretta. Sappiamo che oggi la decisione di avere il primo figlio stata posticipata di molti anni per vari motivi, non da ultimo quello economicooccupazionale. Questo ha determinato come conseguenza un aumento delle difficolt di concepimento nel momento in cui finalmente avviene la fatidica decisione. Per quanto concerne ladozione la letteratura mostra come spesso nei servizi ci si trovi di fronte a coppie che iniziano una gravidanza subito dopo la presentazione della domanda di adozione, al termine dello studio di coppia, dopo lottenimento dellidoneit, dopo labbinamento con il bambino. Lo stesso dato stato riscontrato allinterno dello studio sui Servizi Sociali di Carpi. come se tutti questi eventi e ladozione in generale costituissero dei veri e propri fattori di sblocco psicologico (Galli, 2001). Le gravidanze interrotte possono essere collegate ad un difetto nellelaborazione della propria identit di genere e identit corporea. Il tutto si ipotizza possa farsi risalire a problematiche emotive nellinfanzia. Oppure i fattori chiamati in causa possono essere riferiti alla conflittualit latente e non consapevole esistente tra i coniugi. In questi casi, dopo la separazione, il rapporto con un partner diverso pu portare una gravidanza inaspettata. Gli operatori, impegnati nella consultazione per valutare lidoneit alladozione, notano come la coppia neghi con forza il dolore collegato alla sterilit. Anzi spesso sembra proprio mancare addirittura di consapevolezza. Il dolore viene riferito alla mancanza del figlio e non alla sterilit. Pochi sono quelli che si sono rivolti a psicologi, al contrario tutti raccontano storie di vita scandite da svariate e interminabili visite mediche. Non a caso nel momento in cui sono invitati dagli operatori a riflettere sulla mancanza e sul lutto procreativo si sentono smarriti e molto stupiti.

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Dalla consultazione risulta sovente come la sterilit fisica si accompagni a quella mentale: la coppia infatti non solo non riesce ad esprimere emozioni, ma non riesce neppure a pensare, immaginare, simbolizzare il figlio e lessere genitore. Lo strumento del Diario di cinque anni dopo, come vedremo successivamente, va ad agire proprio su queste componenti deficitarie, cercando di scoprirle e, se possibile, attivarle. Quando le coppie vengono giudicate non idonee alladozione vivono molto negativamente tale decisione del tribunale. Esse si sentono giudicate incapaci per la seconda volta, incapaci come genitori biologici ed ora anche come genitori adottivi. Di fronte a tale rifiuto spesso si attivano meccanismi di difesa volti al controllo e alla negazione della sofferenza e del fallimento. Le procedure di valutazione sono vissute in modo molto negativo dai genitori adottivi e forse a ragione. Questi ultimi per difendersi attaccano gli operatori, accusandoli di adoperarsi in modo persecutorio e selettivo. Anche nel caso in cui si verifichi labbinamento a volte si possono riscontrare segnali di disagio, sia riguardo le procedure di valutazione, che vengono vissute in modo intrusivo, sia riguardo ladozione stessa. Creare uno spirito di collaborazione e di ascolto reciproco potrebbe facilitare il percorso adottivo e limitare al massimo tali vissuti negativi, aiutando la coppia ad innestare un processo di riflessione riguardante la scelta adottiva e, nel caso trattato specificatamente in questo paragrafo, la sterilit.

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Sessualit
Sappiamo che i 3/4 delle coppie che giungono alladozione hanno dovuto affrontare il problema della sterilit e quindi lunghe trafile medicoterapeutiche che hanno condotto a scindere nellatto sessuale le componenti della procreazione da quelle della ricerca di piacere. Queste ultime, di conseguenza, vengono molto penalizzate (Bonato, Lissandrini e Mirandola, 1995). Gli insuccessi nei tentativi di procreazione assistita portano ad associare i fallimenti e le conseguenti frustrazioni allatto sessuale che ne risulta ancor di pi sminuito. Larea sessuale diventa oggetto di profonde modificazioni nella relazione di coppia dopo la perdita della sua finalit procreativa. DAndrea (1999) sostiene che la coppia deve riscoprire la sessualit come un valore di reciproco scambio affettivo e di piacere per evitare che la sterilit biologica si trasformi nella morte del desiderio. Esistono anche casi di coppie non sterili che dietro la richiesta delladozione nascondono problemi nei rapporti sessuali, fino allestremo dei cosiddetti matrimoni bianchi. innegabile che in questo caso occorra una profonda riflessione perch il bambino non si tramuti nella soluzione del problema di coppia. Jolanda Galli, nel corso del Convegno tenuto a Reggio Emilia nel Maggio 2002, ha sottolineato come a volte, dietro ad una presunta sterilit, si nasconda una scarsit, o addirittura la mancanza, di rapporti sessuali. Da tali considerazioni si evince come laspetto della sessualit sia alquanto spinoso e molto spesso venga trascurato dalle coppie, ma anche dagli operatori che temono di creare sofferenze aggiuntive e inutili. Del resto si potrebbe aprire un interminabile dibattito in merito al diritto che si arrogano gli operatori di trattare argomenti tanto personali e intimi. Oppure, ancora peggio, di formulare giudizi circa ladeguatezza o meno della vita sessuale della coppia. Bonato, Lissandrini e Mirandola (1995) parlano nel loro studio di una percentuale pari al 15% di coppie che manifestano difficolt sessuali medie o gravi. Spesso tale dato emerge in associazione a racconti relativi alla sterilit e ai tentativi di fecondazione assistita.

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Si tratta, secondo gli Autori, di un settore di indagine che, per quanto problematico, e forse proprio per questo motivo, andrebbe approfondito. Occorrono le dovute cautele e la dovuta preparazione, ma la difese e le resistenze sono ritenute pi dannose dello sforzo di comunicare aspetti delicati della propria vita intima. Si sostiene inoltre che lo studio della sessualit sia legato ad aspetti imprescindibili per chi deve dare una valutazione dellidoneit alladozione: lo sviluppo della personalit, lo sviluppo delle capacit genitoriali, la capacit riparativa verso il bambino sono considerati tutti aspetti che non possono essere conosciuti se non vengono affrontati i vissuti e le esperienze sessuali. Il solo fatto di spiegare il collegamento tra adozione e sessualit pu costituire gi una buona motivazione a parlarne di pi e con meno remore. Limportante non giungere ad estremi di intrusivit tali da scatenare ulteriori reazioni difensive delle coppie. Per molte coppie i colloqui per ladozione possono essere importanti indicatori di difficolt di relazione da affrontare con attenzione. Tali colloqui sono tesi alla creazione di spazi di riflessione e confronto sia con loperatore che con il partner stesso allo scopo di ridare vita alle fantasie, al desiderio e alle aspirazioni [in modo da permettere] alla coppia di ricostruire quello spazio di intimit, incontro, progettualit, che lostacolo dellinfertilit aveva congelato (DAndrea, 1999). Evidentemente gli incontri con lo psicologo sono ritenuti importanti non solo dal punto di vista valutativo, ma terapeutico, se si pensa che siano capaci di trasformare la relazione di coppia. Tornano cos gli interrogativi riguardo i pregiudizi che accompagnano gli aspiranti genitori adottivi. Perch mai tali genitori debbono essere considerati portatori di problematiche a vari livelli? Per quale motivo essi devono dimostrare e acquisire la patente di buoni genitori, mentre a nessun genitore naturale viene fatta una simile richiesta? Si tratta di domande che non conoscono una risposta soddisfacente che metta daccordo tutte le forze chiamate in causa: genitori, bambini ed istituzioni. La nostra idea di riconoscere limportanza del lavoro dei servizi che operano per garantire al bambino la sistemazione migliore possibile, ma il monito quello di non lasciare che tale obiettivo porti a comportamenti

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inquisitori tali da intaccare la dignit personale di chi viene sottoposto a tali indagini.

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Elaborazione del lutto


L or i gi ne d ei bamb i n i ha l uo go quand o s ono p ens a t i (Wi nni co t t , 1966) 1 .

La lunghezza delle procedure che separano la coppia dal figlio adottivo viene considerata come un momento indispensabile per poter utilizzare lesperienza della mancanza come una spinta allelaborazione dei pensieri. Perch ci accada indispensabile che i lutti, sperimentati e tuttora sentiti dalla coppia e dal bambino, possano essere affrontati e non considerati come tab, n tanto meno come presenze incombenti del passato: si tratta di esperienze di cui si pu parlare. Pu succedere che il vissuto legato alla sterilit faccia riferimento ad una sensazione riguardante lessere privati piuttosto che la mancanza (Santona, 2001). Questo rende pi complesso il lavoro di accettazione che sta alla base dellelaborazione di una perdita. Adottare una gravidanza affettiva, molto faticosa, sentita come interminabile e diversa, ma che va vissuta come tale. Ladozione lincontro tra due perdite. Genitori e bambini possono sviluppare una proficua relazione se riescono nel difficile compito di identificarsi luno nella sofferenza dellaltro. I bambini adottivi hanno bisogno di elaborare il lutto e in questo sono simili ai loro nuovi genitori, anche se si tratta di lutti differenti; comunque aumentano lo stress emotivo e di conseguenza la vulnerabilit di fronte ai problemi. Pu succedere che i genitori, dinanzi a tale dolore, si rifugino nelladozione per tamponare la propria sofferenza. Cos facendo possono confondere lo scopo principale delladozione, consistente nel cercare la famiglia per il bambino e non il bambino per la famiglia (Merguici, 2001). Tale inconveniente ancor pi palese nel caso delladozione tra bambino, internazionale vista come pi rapida, sicura e maggiormente rassicurante nel taglio netto e definitivo del cordone ombelicale genitori naturali e terra di origine.
Linizio dellindividuo. In Winnicott, D.H. (1987).
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Annamaria DellAntonio (1994) afferma che ladozione va vista come un incontro tra persone con problemi non risolti che possono realizzare una storia comune se sono in grado di capire le esigenze e il lutto dellaltro. Il trauma vissuto rappresenta il non contenimento, la non contenibilit. Si tratta cio di quei contenuti che la mente non stata in grado di contenere: labbandono, i successivi soggiorni in istituti non adeguati, i passaggi da un istituto allaltro o da una famiglia affidataria allaltra. Per questo si fa appello, come proposto dal modello bioniano (1962), alla funzione di reverie dei genitori: si tratta di quella capacit che consente al genitore adottivo di vivere una sorta di gravidanza mentale e permette al bambino di trovare finalmente un adeguato contenitore per tutti questi eventi dolorosi. Si va cos verso la creazione di un legame mentale tra genitore e figlio. Secondo Rossana Dalla Stella (2000) lo psicologo che si relaziona con la coppia aspirante alladozione deve misurarsi con un lutto procreativo ancora in atto. Un lutto non ancora risolto in una adeguata elaborazione. Pare che la coppia non voglia rinunciare a quel figlio sognato che solo il corpo poteva fabbricare (Dalla Stella, 2000). Lelaborazione del lutto consente di effettuare quel delicato e fondamentale passaggio dal bambino immaginario, frutto del desiderio dei genitori, al bambino reale, quello che entrer in rapporto con la famiglia. In questo modo si pu dare avvio ad un processo di reciproca conoscenza e passare dalla diade alla triade, costruendo uno spazio fisico e mentale per un terzo membro della famiglia. Risulta per difficile per la coppia trovare tale spazio di riflessione. Antonio DAndrea (1999) afferma che la coppia tende a spingersi sulla strada del fare e dellagire, piuttosto che su quella dellattesa riflessiva e del pensiero. Claudia Artoni Schlesinger (1996) conclude il suo contributo con una splendida frase, facendo riferimento al concetto gi visto di holeobject (vuoto delloggetto) di Quinodoz (1996), ovvero la mancanza di rappresentazioni dei genitori naturali avvertita da alcuni figli adottivi. Scrive la Schlesinger: il buco nero di cui parlano gli astrofisici non affatto vuoto, ma pieno di elementi cos fittamente imbricati da non permettere il passaggio della luce. [Lobiettivo] tentare di mandare un

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po di luce in quella direzione, nella speranza che qualche particolare, anche se apparentemente piccolo, si illumini . Abbiamo visto tutta una serie di contributi derivanti da vari Autori circa il tema dellelaborazione del lutto. Si tratta di un tema centrale allinterno delladozione tanto che anche in paragrafi dedicati ad altri argomenti emerge limportanza di creare uno spazio di riflessione. Tale spazio riguarda i genitori, i bambini e anche gli operatori che entrano in contatto con questi. Lesperienza di perdita accompagna il bambino abbandonato e trascurato; i genitori sono alle prese con la sterilit e il ridimensionamento del desiderio di un bambino proprio. Devono confrontarsi percorso adottivo, disseminato di complessit e a con il difficile volte dolorosi

fallimenti; gli operatori dei servizi possono veder frustrati lunghi mesi di lavoro di fronte alla restituzione di un bambino. Lidea di fondo quella che un problema, per essere superato, non ammette scorciatoie: richiede di essere affrontato e pensato in tutte le sue componenti. Elaborare il lutto diventa cos unespressione che si avvicina molto al concetto di vuoto, a ci che abbiamo visto essere una risposta a tale condizione. Lessere umano, di fronte al dolore di una perdita, tende a dimenticare piuttosto che ripensare al trauma subito. Crediamo quindi che tali aspetti meritino la grande attenzione che viene loro dedicata, nel tentativo di far emergere le potenzialit positive insite in tutte le situazioni dolorose e di crisi. La possibilit di far nascere da una situazione traumatica un solido legame mentale ed affettivo sta alla base della creazione di una storia familiare in cui tale trauma viene integrato. Lobiettivo il riconoscimento della storia presente e della realt di quel nucleo relazionale.

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Rivelazione
Saper e da do ve s i v i e n e , p er me t t e di af f r on t ar e me gl i o i l pr oge t t o c he guar da v er s o i l f ut ur o, v er s o i l dov e s i v a (Ga l l i , 1995 ) Un pont e non s i pu c os t r u i r e s e non par t e nd o co nt em por an ea me n t e da due punt i di appogg i o , c he s i s al dano n el punt o di i nc on t r o ( Il cost ru t t o r e di pont i ) 1 .

Quello della rivelazione un tema che nasconde molte insidie e che non si pu circoscrivere ad un preciso momento temporale: la rivelazione per sempre, perch non ne esiste una sola, bens ce ne sono tante. Tale tematica un tempo veniva relegata ai margini, nella ferma convinzione della bont della scelta di propendere verso il silenzio circa le vere origini del bambino. Oggi per, per tutta una serie di motivi, non ultima una differente preparazione dei genitori e degli operatori, il quadro si rovesciato e le differenze non possono pi essere nascoste o dimenticate. Il tempo passato non pu pi rimanere un tempo congelato, con tutti i connotati negativi e di rigidit e di paura che questo comporta (DAndrea, 2000). Perch ci sia rivelazione, secondo Francesco Viero (2002) 2 , occorre essere prima in contatto con le proprie verit. Se c chiarezza interna rispetto ad esse, le difficolt nellaccogliere quelle del bambino vengono di molto ridimensionate. Il bambino adottivo ha bisogno di nutrirsi di una mente fertile. compito degli adulti fornirgliene una cominciando dallacconsentire ad ascoltare le tante domande che pone e si pone il bambino. Anche le risposte che vengono date vanno viste non nellottica di un colmare, di una rendere sazi, ma di un rimanere in attesa, dando spazio al pensiero.

1 2

In DAndrea, A. (2000). In Galli, J. (2002).

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I bambini adottati vivono uno stato di ambivalenza: da una parte si sentono legati ai genitori naturali che gli hanno dato la vita, ma che poi li hanno abbandonati; dallaltra condividono la loro quotidianit con i genitori adottivi che sono estranei alla loro origine e spesso alla loro cultura, ma a cui devono tantissimo. Purtroppo la relazione che intrattengono oggi con i loro nuovi genitori adottivi pu trovare difficolt a raggiungere la profondit relazionale primitiva e naturale. Cos, una volta cresciuti, tali figli adottivi possono sentire il bisogno di andare alla ricerca delle proprie origini e tale ricerca pu assumere le sembianze di un tormento fino alla sua realizzazione. La necessit di appartenere, strettamente legata al senso di identit, nellessere umano per tutta la vita (Santona, 2001). fondamentale conoscere la storia del bambino precedente alladozione. Da essa dipenderanno molte delle sue vicende future. Il poter conoscere tali esperienze precoci, che hanno creato e creano tuttora difficolt allo sviluppo emotivo del bambino, consente di prevedere quali saranno le richieste a cui dovranno rispondere i nuovi genitori adottivi: se semplicemente dovranno accudire i loro bambini, oppure dovranno curarli rivestendo un ruolo quasi terapeutico. Ladozione infatti pu assumere le sembianze di una terapia e per i genitori adottivi molto importante aiutare i loro figli, forse pi di quanto lo per i genitori naturali. [] quando si consegna un bambino a due genitori non si offre loro un simpatico diversivo, si altera tutta la loro vita. Se tutto va bene, passeranno i prossimi venticinque anni cercando di risolvere il problema che gli abbiamo proposto. Se poi invece le cose non vanno [], li avremo avviati sul difficile cammino della delusione e della tolleranza alla frustrazione (Winnicott, 1953) 1 . La rivelazione delladozione: spesso essa viene considerata con pericolosa superficialit da parte della coppia ignorando le inevitabili difficolt che tale disattenzione porter in futuro. Rivelare sembra connotarsi sacralmente come la confessione di un segreto gelosamente tenuto nascosto fino ad allora.
Due bambini adottati. In Winnicott, D.H. (1996).
1

presente

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Alcuni Autori ritengono che il silenzio riguardo alla realt adottiva del bambino sia frutto di una negazione e nasconda un conflitto irrisolto tra listanza biologica e quella mentale. Il figlio adottivo ha due origini, quella biologica legata alla procreazione, e quella affettiva legata alladozione. Certamente questultima prevale sullaltra, perch il riconoscimento e il cammino di ogni essere umano avvengono nella relazione affettiva e nella condivisione, e non nella semplice origine biologica (Farri Monaco e Peila Castellani, 1994). I genitori mostrano di trovarsi in grande imbarazzo e difficolt nellaffrontare tale argomento e sono molto incerti circa le modalit con cui comunicare tale informazione: quando? come? Si vengono a creare degli ostacoli insidiosi alla comunicazione. Spesso i bambini capiscono tutto ancor prima che i genitori gliene abbiano parlato e si siano accorti di tale consapevolezza. Anche per questo prolungati tab e bugie sulladozione possono nascondere pericoli per la relazione genitore-figlio. Il problema il mistero, la conseguente mistura di fantasia e di realt, e il peso delle emozioni potenziali di amore, di rabbia, di orrore e di disgusto, che sono sempre in agguato ma che non possono mai essere vissute. Se lemozione non viene vissuta, non ce la si pu lasciare alle spalle (Winnicott, 1955) 1 . Non esistono regole precodificate o pi giuste di altre per rivelare ladozione. Forse lessere autentici e sinceri, sia nelle parole come nello stile di vita, la strada pi semplice da seguire. Lautenticit un fatto fondamentale per vitalizzare il funzionamento mentale. Ladulto deve porre al centro il bisogno del bambino e cercare di mettere ordine dentro di lui, contenerne le angosce non solo con le parole, ma anche col gioco, con la dimensione del fare, soprattutto quando il bambino non ancora in grado di ascoltare. Parlare ai bambini in et scolare della loro adozione va bene, ma non hanno le capacit cognitive per capire tutte le connotazioni e implicazioni dellessere adottati. Inoltre limpatto di venire a conoscenza della vera natura del loro lutto pu portare problemi di comportamento, emozionali,
Figli adottivi e adolescenza. In Winnicott, D.H. (1996).
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cambiamenti attitudinali, senso di perdita. Artoni Schlesinger (1996) sostiene che il rivelare le notizie reali sul passato del bambino pu costituire un evento traumatico. LAutrice, pi che alla rivelazione di fatti concreti, pone grande attenzione alle origini intese come stato mentale, grazie al quale il bambino pu riconoscere di appartenere ad un proprio contesto ambientale le cui radici risalgono fino ai momenti precedenti la nascita. [] quello che succede al bambino adottivo la perdita dello scrigno della sua memoria, la perdita del testimone della sua prima vita, di colei o coloro con cui sarebbe possibile condividere vissuti e riconoscere pensieri comuni per poter andare alla scoperta di ci che sentono dentro, ma a cui non sanno dare un nome. Il figlio adottivo, per usare unespressione di DAndrea (1999), si trova posto in mezzo tra la faglia biologica e quella adottiva: una posizione che pu attivare purtroppo uno stato di crisi didentit. Per risolvere tale stato di incertezza ha bisogno che i genitori adottivi sappiano riconoscere e accogliere come ricchezze le tre doti di cui il bambino portatore: il suo corpo, il suo nome, la sua storia. terribile per un bambino adottato giungere a conoscere da altri la verit circa lessere stati adottati. Per lui, infatti, la persona di cui nutre una profonda fiducia diventa un traditore: si sente ingannato e questo laspetto pi doloroso. Pi della scoperta fatta. Tutti noi abbiamo costruito un romanzo della nostra vita: lo stesso deve fare il bambino adottato. Perch ci accada, egli ha bisogno di essere guidato, che qualcuno, usando le parole di Jolanda Galli (2002), gli fornisca il filo per infilare le perline della collana . Nel compiere tale operazione ladulto deve considerare non le proprie esigenze e i propri tempi, bens quelli del bambino: deve sapersi fare forza quando restio a parlare e saper altres aspettare quando i tempi non sono maturi. Laspetto fondamentale parlare insieme con il figlio, a qualunque et, cogliendo tutte le occasioni che si presentano quotidianamente, ascoltando ed interrogandosi insieme a lui.

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5. GRUPPI
Diversi Autori hanno osservato come i genitori adottivi mostrino il desiderio di avere un confronto con altri genitori che hanno affrontato il loro stesso percorso (Castelfranchi, 1992; Farri Monaco e Peila Castellani, 1994). Da tale necessit nasce la proposta di formare gruppi di genitori adottivi che, al termine del percorso, sentono il bisogno di mantenere un contatto con gli operatori ed altre famiglie. Il gruppo viene quindi ad inquadrarsi come un contenitore al quale possono rivolgersi le coppie e le famiglie che lo ritengono opportuno. Questo servizio rientra nellottica dellaccompagnamento a lungo termine delle famiglie adottive. I gruppi, soprattutto quando sono misti, cio formati da genitori in attesa del bambino e genitori che hanno ottenuto labbinamento col minore, hanno grandi potenzialit nel ridurre lansia e la paura, nellaiutare a capire ci che li aspetter nel prossimo futuro, nel contribuire ad un prezioso arricchimento. Come possiamo definire un gruppo? Usando le parole di Galimberti (1992) lo possiamo considerare un insieme di individui che interagiscono tra loro influenzandosi reciprocamente e che condividono, pi o meno consapevolmente, interessi, scopi, caratteristiche e norme comportamentali. Nel nostro studio abbiamo usufruito della collaborazione di un gruppo formato da una ventina di genitori giunti al compimento del percorso adottivo. Questo gruppo viene condotto dalla Dottoressa Valeria Confetti a Carpi una volta al mese e segue una impostazione a met strada tra il gruppo di tipo Bioniano e quello tipo Balint. Vediamo brevemente il significato di tali termini.

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Gruppo bioniano
Wilfred Bion stato un autore che ha lasciato unimpronta importante allinterno della psicoanalisi e della psicologia in generale. La maggior parte delle sue idee nascono dallattivit svolta con i gruppi: egli infatti ha lavorato a lungo servendosi di tale strumento. Bion convinto che lessere umano [sia] un animale gregario. Non pu evitare di essere membro di un gruppo, anche in quei casi in cui lappartenenza al gruppo consiste nel comportarsi in modo da dare la sensazione di non appartenere ad alcun gruppo. E ancora: nessun individuo, per quanto isolato, pu essere marginale rispetto a un gruppo (Grinberg, Sor e de Bianchedi, 1991). Durante questa esperienza, che lo terr impegnato per parecchi anni e che ne segner tutto il pensiero successivo, Bion formula alcune ipotesi che sono divenute dei capisaldi per il lavoro con i gruppi. C la consapevolezza dellesistenza di molte forze in interazione allinterno di essi: linteresse di Bion viene subito catturato dal clima emotivo che si sviluppa allinterno dei gruppi e da come tale contesto condizioni il comportamento dei membri partecipanti. Bion osserva come i membri, che si ritrovano per realizzare uno scopo ben preciso e determinato, appaiano dedicarsi a comportamenti e a pratiche che, al contrario, non sembrano dirette al raggiungimento di tale obiettivo. La grande carica emotiva, venutasi a creare allinterno del gruppo, influenza massimamente i partecipanti, indirizzandone inconsapevolmente lattivit, e tende ad influenzare il terapeuta stesso. Si ha la netta impressione che il gruppo funzioni come un tutto, come ununit indipendente dagli apporti individuali e, proprio attraverso losservazione del gruppo stesso (e non dei suoi singoli membri), si apportano nuovi significati alle situazioni emergenti. Molto sinteticamente emerge un dato di fatto, ovvero quando varie persone si riuniscono per svolgere un compito, si possono individuare due tipi di tendenza: una diretta alla realizzazione del compito, laltra che sembra opporsi ad esso (Grinberg, Sor e de Bianchedi, 1991). Nel gruppo esistono due forze che si equilibrano: la tendenza a compiere qualcosa, a raggiungere un risultato prefisso, e la difficolt che il gruppo funzioni come un gruppo di lavoro. Tutte le volte

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che si crea un gruppo c una grande serie di forze inconsce che si incontrano (assunti di base), ovvero delle linee, delle forze che ostacolano il lavoro. Quindi da un lato la forza, dallaltro la resistenza. Bion arricchisce la sua analisi di molti concetti teorici come mentalit di gruppo, cultura di gruppo, assunti di base, gruppo in assunto di base, gruppo di lavoro, cambiamento catastrofico , mistico ed altri ancora. Per motivi di spazio per non verranno trattati allinterno di questo lavoro e rimandiamo alla bibliografia per ulteriori approfondimenti.

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Gruppo Balint
Per quanto riguarda la definizione gruppo tipo Balint ci riferiamo allopera dello psicoanalista ungherese agli inizi del secolo scorso. Balint convinto della necessit di una comprensione olistica del malato, ovvero comprenderne le caratteristiche nella totalit aldil di approcci settoriali che separano psichico ed organico. Per questo auspica una formazione di medici volta a sviluppare la sensibilit per gli aspetti interpersonali della terapia. A tal fine crea dei gruppi di formazione la cui caratteristica di base la mancanza di distinzione tra chi insegna e chi apprende: esiste solo una messa in comune di esperienze diverse. Ogni componente porta un caso al gruppo e questo si confronta tramite gli apporti di ognuno alle problematiche emergenti. Il conduttore del gruppo rimane un po in disparte, ovvero evita di dare consigli e rassicurazioni, si astiene dal direzionare le dinamiche del discorso pur rimanendo molto attivo in ambito interpretativo. Questo tipo di approccio al lavoro di gruppo proposto da Balint ha in s vari aspetti e si positivi: ha i partecipanti riguardo sono pi maturi gli poich effetti maggiormente consapevoli di s, c maggiore attenzione verso i bisogni dellaltro maggior nel considerare inconsapevoli delle proprie azioni. Ogni componente del gruppo giunge gradatamente a riconoscere e controllare gli aspetti emotivi della comunicazione grazie ad unattenta analisi dei propri bisogni e resistenze. Ogni misconoscimento di s si trasforma in opacit nella comprensione dellaltro (Vegetti Finzi, 1986). Le idee di Balint hanno trovato grandi consensi, soprattutto in Italia dove operano tuttoggi vari gruppi di formazione che seguono questo tipo di orientamento.

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6. NARRAZIONE E PSICOANALISI
Paola Marion (2000) afferma che oggi il tema riguardante la narrazione si trova in un momento particolarmente fecondo allinterno del vasto panorama psicoanalitico italiano. Cita a tal proposito tre interessanti contributi di recente pubblicazione: Raccontami una storia di Dina Vallino (1998), La psicoanalisi come letteratura e terapia di Antonino Ferro (1999) e Narrazione e psicoanalisi di Arrigoni e Barbieri (1998). La nostra analisi si concentrer sui contributi offerti da questultima opera, la quale offre molti spunti di riflessione per il lavoro che verr presentato successivamente. Dietro i racconti delladozione si nascondono informazioni profonde sul comportamento e sullo sviluppo umano: le modalit con cui le persone si raccontano sono indicatori di vari aspetti relativi alla loro esistenza: possono offrire informazioni ed emozioni che altrimenti non trapelerebbero. Il concetto di narrazione ha in s una forte componente dinamica: un concetto pragmatico che include non solo lazione, ma anche gli aspetti contestuali (quando parliamo dal narrato invece si fa riferimento alle componenti lessicali, semantiche e sintattiche di un testo). Inoltre si tratta di un concetto che comprende in s la conoscenza nel senso di narrare inteso come far conoscere. Le persone narrano e si narrano storie per dare un significato alla propria vita e queste storie diventano il punto di ancoraggio per ogni nuova situazione o avvenimento dellesistenza. Maria Pia Arrigoni e Gian Luca Barbieri hanno realizzato unanalisi attenta e interessante circa la possibilit di utilizzare le categorie della narrazione in ambito psicoanalitico, nella considerazione di quanto sia continua [] lopera di tessitura e ritessitura narrativa che si sviluppa in analisi (Ferro, 1998). Il libro sviluppa il concetto di narrazione, muovendosi tra i concetti di emittente e destinatario, comunicazione dialogica, lingua e parola, narrazione orale contrapposta e confrontata con quella scritta, tempo e

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personaggi;

definisce

inoltre

come

narrazione

interpretazione

si

collocano allinterno della psicoanalisi. Gli strumenti utilizzati sono quelli della semiologia e della narratologia, soprattutto quanto stato indagato e teorizzato da questultima corrente di studio negli ultimi anni. Queste concettualizzazioni sono di grande aiuto al lavoro dello psicoanalista, specie nellambito del lavoro clinico, alla scoperta di strade alternative per la ricerca di ulteriori significati. Esse possono fornire uno sguardo dallesterno, da unaltra angolatura rispetto a quella della relazione terapeutica, che offre strumenti per una riflessione sullatteggiamento mentale del paziente (Ferro, 1998). Come vedremo in seguito nella nostra ricerca abbiamo utilizzato molte delle intuizioni tratte da tale libro, soprattutto per quanto riguarda lanalisi dello strumento delle Descrizioni, in cui ci siamo serviti abbondantemente delle categorie danalisi della narratologia che descriveremo successivamente nel dettaglio.

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SECONDA PARTE : LA RICERCA SUI SERVIZI SOCIALI DI CARPI

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1. UNA FOTOGRAFIA DEI SERVIZI SOCIALI DI CARPI


La ricerca che andiamo a presentare ha lo scopo di fornire unimmagine, il pi dettagliata possibile, dei Servizi Sociali di Carpi in merito al lavoro svolto nel campo delladozione dal 1975 al 2001. Si tratta di una realt certamente di piccole dimensioni, ma che nel corso degli anni ha saputo riflettere sul suo operato apportando innovazioni e nuovi spunti di riflessione allinterno del percorso adottivo. Questa stessa ricerca si configura come unopportunit per i Servizi Sociali di Carpi di approfondire tematiche e verificare il proprio lavoro sotto vari aspetti. La situazione riscontrata a Carpi non generalizzabile al contesto italiano, essendo una citt con caratteristiche socioeconomiche non rappresentative della situazione nazionale. Essa per ci pu essere di grande aiuto, configurandosi come una guida rispetto a diversi aspetti dellambito delladozione: come operano i servizi, com strutturato liter delladozione, quali metodologie vengono utilizzate per la valutazione dei genitori. Tale indagine ha costituito un punto di partenza importante per il nostro progetto, aiutandoci ad acquisire dei dati numerici ed una maggiore dimestichezza con tutto ci che riguarda tale ambito di studio. Si tratta del punto di partenza da cui avranno origine tre diverse tesi di laurea, come avremo modo di approfondire in seguito.

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Obiettivi della ricerca


Per delineare gli obiettivi della nostra ricerca comune presentiamo la lettera originale consegnata ai Servizi Sociali di Carpi per richiedere la disponibilit a cominciare un progetto di collaborazione con lUniversit di Parma. Gli obiettivi si sono poi via via chiariti e meglio definiti durante il lavoro svolto sul campo. Spettabili Servizi Sociali del comune di Carpi, lUniversit di Parma, in collaborazione con altri professionisti dellarea psicologica (Dott. Daria Vettori, Dott. Valeria Confetti, Dott. Andrea Landini) interessata ad aprire un percorso di ricerca sul tema delladozione. Tale ricerca ancora in fase di studio e come primo approccio ci pare necessario eseguire una ricerca di archivio rispetto ai dati disponibili sulle famiglie che hanno usufruito del vostro servizio di adozione negli ultimi ventanni. Per questo motivo vorremmo aprire con voi una collaborazione. Vi saremmo grati se voleste metterci a disposizione la documentazione disponibile riguardo alle famiglie e ai bambini da queste adottate. Vorremmo servirci dello spoglio delle cartelle e di quanto altro materiale disponibile presso il vostro servizio per eseguire una raccolta anonima di informazioni: sesso, et di adozione, provenienza, caratteristiche dei genitori e quanto altro ancora emerge dalle cartelle. Naturalmente lUniversit di Parma si far garante di un uso corretto dei dati e rispettoso della privacy dei soggetti da cui gli stessi dati derivano direttamente. Il lavoro verr effettuato da alcuni studenti iscritti allultimo anno del Corso di Laurea in Psicologia presso lUniversit di Parma. I nominativi ed eventuali informazioni vi verranno comunicati al momento del contatto col vostro servizio. Vi inviamo quindi, come da voi espressamente richiesto tramite la Dott. Daria Vettori, un progetto di fattibilit della ricerca. Riassumiamo in alcuni punti gli obiettivi che tale ricognizione si propone:

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come primo obiettivo ci proponiamo di eseguire unattenta ricerca bibliografica; il nostro secondo obiettivo si prefigge di raccogliere la vostra testimonianza riguardo la formulazione e la concretizzazione del vostro progetto sulladozione;

il terzo obiettivo riguarda lanalisi approfondita delle cartelle; come quarto infine ci proponiamo di individuare le possibili ricadute della nostra indagine sullorganizzazione del servizio e proporre eventuali indicazioni per ulteriori ricerche.

Speriamo

di

essere

stati

sufficientemente

esaurienti

chiari

nellesposizione di questo progetto e siamo a vostra disposizione per ulteriori chiarimenti. Vi ringraziamo fin dora per la vostra gentile disponibilit. Cordiali saluti

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Strumenti e procedimento
Dopo aver ottenuto il consenso, il gruppo di ricerca ha incontrato, presso lo stabile dei Servizi Sociali di Carpi, i principali responsabili del settore adozione del servizio: lassistente sociale Lina Anticati, la responsabile del settore amministrativo Dottoressa Liana Balluga, la psicologa Dotto ressa Cinzia Sgarbi. Sono state esposte nuovamente le linee essenziali del nostro progetto di ricerca, ovvero il tentativo di tracciare un quadro numericamente completo delle adozioni seguite dai Servizi Sociali di Carpi negli ultimi ventanni, e da questo poi trarre utili indicazioni per tracciare nuove proposte di approfondimento. Lo strumento scelto a questo scopo stato lo spoglio delle cartelle: gli studenti incaricati avevano libero accesso agli schedari contenenti tutte le cartelle di ogni singola coppia. Questi schedari e le cartelle in esse contenuti venivano, attraverso lo spoglio sistematico di ogni loro parte, ordinati in ordine cronologico sia rispetto allanno della richiesta di adozione sia rispetto ai vari documenti componenti ogni singola cartella. Il tutto sotto la supervisione dellassistente sociale che, in tutte le annate da noi prese in esame (dal 1975 al 2001 comprese), stata sempre presente e ha seguito personalmente ogni caso insieme a varie psicologhe succedutesi negli anni. Attraverso questo spoglio sistematico e riordinamento siamo stati in grado di capire alcuni aspetti fondamentali: quali documenti compongono una cartella; qual il percorso burocratico, legislativo e sociale che ogni coppia deve seguire per adottare; come le cartelle sono cambiate negli anni a seguito di cambiamenti sociali e legislativi e nellorganizzazione del servizio stesso; dati numerici precisi circa numero di richieste, numero di adozioni, numero, sesso e nazionalit dei bambini adottati; quali strumenti sono stati inseriti e quali aboliti nel corso degli anni. Tutti questi dati ci forniscono sia le dimensioni del lavoro svolto dai Servizi Sociali di Carpi che quelle del fenomeno adozione.

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Le cartelle
Lo spoglio delle cartelle ci ha permesso di entrare in contatto con un mondo di cui non sospettavamo lesistenza: un mondo molto complesso e articolato che ci ha portato alla conclusione che ogni cartella costituisca un universo a s stante. Per questo motivo diviene difficile qualsiasi lavoro di categorizzazione e di inquadramento numerico. Oltre ai documenti che tra poco andr a descrivere, in ogni cartella compaiono elementi molto singolari e caratteristici di ogni storia, come cartoline, biglietti di ringraziamento, articoli di giornale: aspetti che hanno leffetto di condurre verso linteriorit di un processo che coinvolge profondamente lemotivit sia dei genitori che degli operatori. La difficolt di questo lavoro di ricerca quindi stata acuita da questo tipo di complessit, certamente una fonte di arricchimento, ma che, sui grandi numeri, finisce per creare una sorta di confusione da gestire con grande attenzione. Le cartelle sono essenzialmente composte da unossatura di base costituita dai seguenti documenti: la prima richiesta (i genitori chiedono al Tribunale dei Minori e, dopo il 1983, ai Servizi Sociali, di poter cominciare lindagine socio-psicologica per avere un bambino in adozione); una relazione (dopo una serie di incontri, che possono occupare un periodo variabile di durata che si aggira intorno ai 4-6 mesi, lassistente sociale e lo psicologo stilano una relazione in cui emergono tutti gli aspetti significativi tratti dai colloqui. Tale relazione viene inviata al Tribunale dei Minori che decide sullidoneit dei genitori ad adottare); un decreto di idoneit alladozione (fornito dal Tribunale dei Minori); un documento riguardante laccoppiamento di un minore alla coppia dichiarata idonea (si tratta dellaffido cosiddetto pre-adottivo, una specie di periodo di prova che ha la durata di circa un anno in cui il minore e la coppia vivono insieme); una relazione al termine dellaffido pre-adottivo (lassistente sociale e la psicologa stilano unaltra relazione, del tutto simile alla

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prima, in cui tracciano la situazione attuale rispetto al rapporto col bambino); un decreto di adozione (il bambino diviene a tutti gli effetti figlio della coppia attraverso questo documento emanato dal Tribunale dei Minori). Questi sono i documenti di base che si rintracciano in quella che possiamo definire una cartella tipo, ma non mancano cartelle in cui compare solo una prima richiesta (i genitori hanno rinunciato, oppure hanno avuto un figlio naturalmente o attraverso la procreazione medicalmente assistita), oppure cartelle che si fermano al decreto di idoneit (non stato possibile trovare un bambino per leventuale abbinamento con la coppia), oppure ancora cartelle con documenti relativi alladozione internazionale (ad esempio i documenti dellassociazione interpellata, i documenti provenienti dallestero). La variet e la variabilit sono allordine del giorno in ogni cartella e per questo lassistente sociale Lina Anticati ci stata di fondamentale aiuto per orientarci in questo mare di informazioni. Per quanto riguarda levoluzione negli anni abbiamo potuto constatate come siano stati introdotti via via nuovi strumenti per arricchire la conoscenza della coppia da parte degli esperti: Diario di una giornata di 5 anni dopo (descrizione di una giornata immaginata dalla coppia tra 5 anni: tale strumento ci sar di ispirazione per la creazione del nostro strumento definito Descrizioni); questionario 1 (strumento appositamente costruito ed usato dai Servizi Sociali di Carpi in sostituzione del questionario proposto dal Tribunale dei Minori); lettera ai genitori naturali (i genitori immaginano di scrivere unipotetica lettera ai genitori naturali del bambino). Si tratta comunque di cambiamenti non sistematici, ovvero non vi un momento cardine che funge da punto di partenza per lutilizzo di tale nuova metodologia. Si trovano infatti cartelle in cui compaiono tali
Si tratta di un questionario diverso da quello che verr utilizzato nel corso della ricerca sui genitori adottivi esposta nella parte III di questo lavoro.
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novit in anni diversi e cartelle che nello stesso anno sono diverse in questo senso. Unaltra importante novit apportata negli ultimi anni riguarda la notazione della partecipazione o meno al gruppo dellanno di affido preadottivo seguito dalla Dottoressa Daria Vettori. Molte coppie che hanno partecipato a tale gruppo hanno poi proseguito lesperienza lintenzione obbligatorio. con di la Dottoressa Confetti al di (gruppo fuori post- affido), delliter a dimostrazione del fatto che lesperienza ha avuto esiti positivi suscitando continuarla anche adottivo

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Liter delladozione
Liter delladozione costituisce un percorso alquanto complesso sia per chi lo deve affrontare che per chi lo deve gestire. In esso si intrecciano molti soggetti che vanno dal giudice del Tribunale dei Minori agli operatori dei servizi sociali, da chi gestisce le associazioni a tutta una serie di addetti ai lavori che rendono sicuramente difficile riuscire a destreggiarsi senza problemi allinterno di tale matassa. Negli anni poi le leggi sulladozione sono state oggetto di costanti cambiamenti a volte anche radicali e questo di certo non ha semplificato le cose: ancora oggi, a quasi un anno di distanza dallapprovazione della nuova legge (n149, 2001), i servizi e gli operatori stessi si trovano in grandi difficolt nel cercare di gestire questi nuovi cambiamenti. facile immaginare quindi quali problematiche si trovino di fronte i genitori che giungono carichi di speranze ai servizi per poi dover affrontare un lungo percorso ad ostacoli. Inoltre essi sono messi di fronte al fatto che molto difficilmente, alla fine di tutto, potranno veder soddisfatte le proprie aspettative. I tempi poi sono decisamente lunghi e non potrebbe essere altrimenti data la delicatezza della questione e la ormai cronica difficolt nel soddisfare le crescenti domande di adozione. Molto spesso le coppie si trovano spiazzate di fronte a tali difficolt e lasciano a met il cammino intrapreso. Ladozione, oggi pi che mai, si identifica sempre pi con ladozione internazionale e questo porta ulteriori pesi da affrontare, sia di tipo emotivo, ma anche e soprattutto di tipo economico: pensiamo che per un bambino bianco neonato, afferma Jolanda Galli (2001), si pagano fino a 100-150 milioni di vecchie lire e che addirittura, nel momento in cui si va a prendere il bambino, occorre una guardia del corpo personale! I percorsi seguiti dalladozione internazionale non sono omologabili tra loro. Ogni storia sembra a s nelle modalit di incontro, abbinamento, burocrazia Loperatore ha anche il compito, attraverso la sua presenza, di assicurare il ricordo delladozione per contrastare le forti tendenze alla idealizzazione e per aiutare la coppia ad avviare il processo di

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trasformazione del proprio desiderio di genitorialit nella scelta di essere genitori. Nel tempo abbiamo notato come i colloqui si siano evoluti modificando anche gli obiettivi: i colloqui di consultazione hanno subito [] negli ultimi anni profonde trasformazioni: da selettivi stanno diventando incontri di maturazione. [] Questo percorso in qualche modo, pu essere anche autonomo dalle finalit per cui richiesto; rimane comunque un percorso di crescita (DAndrea, 2000).

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Risultati
Lo scopo di questa ricerca eminentemente esplorativo, unindagine di tipo qualitativo che mira allesplorazione del vasto campo delladozione per poter formulare ipotesi che possano eventualmente essere sviluppate in seguito. Come abbiamo gi visto siamo partiti da una ricerca darchivio: si tratta di una ricerca eseguita su dati che il ricercatore non ha contribuito a raccogliere e in cui il ricercatore stesso esamina e sceglie i dati per lanalisi (McBurney, 1994). Il materiale stato fornito dai Servizi Sociali di Carpi (Modena): si tratta delle cartelle raccolte a partire dallanno 1975 fino allanno 2001 in cui sono presenti le indagini socio-psicologiche sui singoli casi (coppia) che hanno fatto richiesta di adozione. Il lavoro svolto stato di ordinamento del materiale di ogni cartella (ordinamento cronologico di tutti i documenti in cartella). Sono state poi identificate alcune variabili per costruire una griglia in cui sono stati inseriti i dati delle cartelle. Se ne ricavata una fotografia del lavoro svolto dai Servizi Sociali di Carpi in pi di ventanni di attivit nel campo delladozione. I risultati sono esposti nelle tabelle e nei grafici inseriti in Appendice. Vediamo in modo sintetico gli elementi salienti emersi da questa indagine preliminare 1 : -156 coppie adottanti (solo 12 di queste sono state rigettate); -99 bambini adottati (nessuno di questi stato restituito); -16 bambini maschi, 18 femmine italiani; 44 maschi, 21 femmine stranieri; -27 bambini provenienti dal Brasile, 13 dalla Russia, 9 dallIndia, 3 dal Per e dal Messico, 2 dalla Romania e dalla Colombia, 1 dalle Filippine, dal Cile, dalla Polonia, dal Marocco, dallArgentina; -i bambini sono stati adottati tra 1 mese e 12 anni di vita, con picchi tra 1 mese e 6 mesi (18) e tra 1 e 2 anni (17); -nel corso degli anni si assistito ad un consistente aumento delle richieste, specie di adozioni internazionali, con picchi negli anni 90 (1996).
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I risultati vengono esposti in modo pi dettagliato in Appendice.

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Dallo spoglio delle cartelle sono state tratte altre informazioni utili: -49 coppie hanno scritto il Diario di una giornata di 5 anni dopo; -19 coppie hanno scritto la Lettera ai genitori naturali dei loro figli adottati; -13 coppie hanno compilato il questionario proposto dal Tribunale dei Minori e 16 il questionario proposto dai Servizi Sociali di Carpi; -46 coppie hanno seguito gli incontri di gruppo con la Dott. Vettori (anno di affido preadottivo) -10 coppie si incontrano nel gruppo seguito dalla Dott. Confetti (postadozione) Partendo da tali dati stato possibile avere una panoramica pi dettagliata del fenomeno adozione a Carpi e si sono cos individuate alcune possibili aree di indagine da trattare con maggiore attenzione.

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Divisione degli argomenti


In base a tali risultati, che abbiamo brevemente esposto, sono state individuate tre possibili aree di indagine: 1 Indagine di confronto tra la realt dei Servizi Sociali di Carpi e il

territorio regionale e/o nazionale in merito alla pratica delladozione. Particolare attenzione viene rivolta ai cambiamenti legislativi e ad eventuali differenze statistiche significative. 2 Indagine sul contenuto delle relazioni di fine indagine socio-

psicologica (ex istruttoria): ricerca dei criteri didoneit, dei cambiamenti evolutivi delle relazioni e delle correlazioni tra le caratteristiche del genitore e del bambino richiesto. 3 Indagine sul gruppo seguito dalla Dott. Valeria Confetti (post

adozione) con somministrazione di alcuni strumenti di indagine. Ognuno di questi argomenti viene sviluppato da uno studente diverso. Il presente lavoro si centra sul punto 3.

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Come operano i servizi


Abbiamo scelto i Servizi Sociali di Carpi per vari motivi. I Servizi stessi si sono dichiarati interessati ad una verifica del loro operato. Essi inoltre costituiscono un esempio significativo del modo di operare in Emilia Romagna nel campo delladozione. La disponibilit alla collaborazione dimostrata dal fatto che i Servizi Sociali di Carpi ci hanno dato la possibilit di disporre della supervisione dellassistente sociale che ha seguito personalmente tutte le coppie che hanno fatto domanda di adozione a Carpi dal 1975 ad oggi. Lassistente sociale un operatore di riferimento sia durante che dopo la conclusione delliter adottivo. La sua una presenza rassicurante: risponde a molte domande e colma tutta una serie di dubbi e perplessit riguardo liter adottivo. Favorisce cos lorientamento della coppia che sente di muoversi in una dimensione meno sconosciuta. Il lavoro dellassistente sociale e dello psicologo, che nelladozione si trovano fianco a fianco, non viene mai scisso, ma si fonda su una interdisciplinariet arricchente e chiarificatrice. Per tali motivi risulta evidente quanto possa essere stato importante, per il buon esito della nostra ricerca, poter usufruire dei consigli e della guida di una tale figura professionale con un cos ampio bagaglio di esperienza. Il ricorso ai servizi reso indispensabile dalle leggi in vigore in merito alladozione. Ad essi infatti demandato il compito di effettuare una conoscenza della coppia richiedente, fissare degli incontri con questa in modo da informarla sulladozione e allo stesso tempo valutarne lidoneit allabbinamento con un bambino. Da sempre tale pratica valutativa oggetto di grandi polemiche e spesso malintesi. Abbiamo gi accennato a tali aspetti nella prima parte di questo lavoro. I servizi costituiscono lanello di congiunzione tra le coppie aspiranti e il contesto istituzionale che sancir il soddisfacimento o meno di tali aspirazioni. Molto spesso il suo ruolo viene svalutato, se non reso addirittura inutile, dal ricorso da parte della coppia, in caso di valutazione negativa, ad altri servizi o addirittura a canali alternativi.

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Inoltre

le decisioni prese

dal Tribunale dei Minori

volte

non

rispecchiano lesito dei colloqui e la relazione stilata dal servizio. Si tratta quindi di un ruolo delicato che cerca di unire al compito valutativo una funzione di contenimento per le ansie e le paure dei genitori. I servizi devono essere in grado di fornire informazioni precise e delineare un quadro completo di cosa significa adottare, in tutti i suoi risvolti. Il compito che gli operatori si prefiggono quello di trasformare una prassi burocratica in un percorso conoscitivo e di crescita parallela dei vari attori implicati. Alla coppia viene offerta una serie di colloqui per conoscere ladozione e conoscere s stessi attraverso il dialogo e lascolto. Gli operatori ritengono che sia importante condurre i genitori a riconoscere dentro di loro i propri sentimenti e ad acquisire la capacit di pensare i pensieri per usare un termine caro a Bion (1962). In tal modo possono elaborare il loro dolore e determinarne nuovi significati. Possono trasformare il tempo dellattesa in tempo della vita (DAndrea, 2000) per rendersi disponibili ad accogliere un figlio. Perch ci avvenga necessario che la coppia senta di essere accolta e rassicurata. Le aspettative che i genitori si sono costruite rispetto al loro bambino adottivo sono un oggetto importante della consultazione. Loperatore ha il compito di assicurarsi che tali prefigurazioni siano flessibili per potersi adattare alla realt ed evitare spiacevoli delusioni. Spesso infatti si di fronte ad aspettative molto vicine allidealizzazione e per questo molto vulnerabili una volta messe a confronto col bambino reale. Le coppie durante la consultazione tendono a fornire di s unimmagine molto positiva nella convinzione che questo sar decisivo per ottenere lidoneit. DAndrea (2000) parla a tal proposito dellambivalenza del dover apparire. Per questa ragione loperatore deve essere molto attento a cogliere quei segnali nascosti che possono essere indicatori di difficolt: disposizione dei coniugi nella stanza, sguardi reciproci. Il momento della consultazione inerente la riflessione sulla sterilit uno dei passaggi pi difficili delliter adottivo. La coppia molto restia a parlare di tale argomento, perch carico di una sofferenza gi lasciata alle spalle nella speranza di ottenere un figlio con ladozione. Si tratta invece

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di una riflessione ritenuta indispensabile per poter creare quello spazio creativo in cui andr accolto il bambino. Oggi pi che mai, dato il sempre maggior sbilanciamento tra richieste di adozione e bambini dichiarati adottabili, ai servizi demandato il compito di mettere in moto negli aspiranti genitori adottivi un processo di riflessione, di pausa riflessiva in cui metabolizzare appieno gli elementi di base della loro scelta e le conseguenze di questa sulla loro vita. Proprio a questo proposito Jolanda Galli, durante il Convegno tenuto a Reggio Emilia nel maggio 2002, ha esposto uninteressante metodologia di lavoro basata su un lavoro di gruppo con le coppie aspiranti ladozione. Se questi genitori mantengono inalterata la loro decisione di adottare, i servizi stilano la relazione in cui emerge la valutazione della coppia. Spetta al Tribunale dei Minori pronunciarsi in merito allidoneit di questa alladozione. La scelta ricade su quella coppia che tra tante dimostra di avere i requisiti migliori e pi adeguati rispetto alle necessit del minore da adottare. Per questa ragione coppie che risultano idonee possono non vedere accolta la loro domanda per diversi anni o, nella peggiore delle ipotesi, addirittura mai, perch altre coppie sono state ritenute meglio in sintonia con i bisogni del minore in questione. Una volta effettuato labbinamento tra il minore e la coppia si dispone un periodo di prova definito anno di affido preadottivo sul quale i servizi sociali sono chiamati ad unopera di supervisione. Esistono anche le situazioni definite affidamento a rischio giuridico in cui la famiglia di origine non daccordo sullo stato di adottabilit del proprio figlio, ma il Tribunale dei Minori decide, nellinteresse del bambino, di affidarlo ad unaltra famiglia. La durata di tale affido per imprevedibile, come imprevedibile lesito di tale controversia. Per la coppia adottiva tale situazione si connota con forti componenti di incertezza rispetto al futuro. Nel caso di minori adottati ad unet avanzata il periodo di affido preadottivo pu essere prolungato per favorire ladattamento in una situazione molto complessa. Per quanto riguarda ladozione internazionale, partita in Italia intorno alla fine degli anni settanta, possiamo constatare una crescita vertiginosa del ricorso a tale istituto. Una nuova consapevolezza socio-culturale ha

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portato le coppie intenzionate ad adottare a muoversi in direzione dellestero in unottica di solidariet transculturale. Allinizio si trattato quindi di adozioni legate pi a prospettive aperte al dramma della sofferenza dellinfanzia mondiale che non alla mancanza di un figlio proprio. Presto il quadro muta drasticamente e le motivazioni si fanno molto diverse. Le richieste aumentano enormemente non supportate da un numero equivalente di bambini adottabili e da adeguate riflessioni personali commercio sulladozione. di bambini Emergono sotto fenomeni inquietanti come pi il che lottica dellappropriazione

dellapertura ad accogliere. Il bambino straniero che viene adottato soffre della perdita dei propri genitori e a questa deve aggiungere anche quella della sua terra. Un completo sradicamento alle radici che va a minare la sua identit etnica e comporta, quasi inevitabilmente, lassimilazione passiva della nuova cultura. Annamaria DellAntonio (1994) afferma a tal proposito come le differenze riscontrate da tali bambini nel nuovo ambiente non riguardino solo letnia e la razza, ma anche e soprattutto la provenienza da culture in cui la concezione dellallevamento di un bambino diametralmente opposta rispetto a quella tipica del paese dei genitori adottivi. I bambini adottati inoltre possono sentirsi come un oggetto di possesso in questo passaggio da un paese allaltro, senza la possibilit di decidere nulla o di sapere con precisione cosa sta succedendo nella loro vita. La disponibilit alladozione internazionale oggi sembra esser un espediente per aumentare le probabilit di successo pi che una scelta consapevole e meditata a fondo. Non stupisce quindi il fatto che i genitori si trovino in grosse difficolt una volta di fronte ad un bambino appartenente ad unaltra cultura che ne ha gi in parte forgiato la personalit e lidentit. [] lallevamento di un bambino di unaltra razza -o anche solo di unaltra etnia compito pi arduo dellallevamento di un bambino appartenente fin dalla nascita alla cultura di chi lo cura, anche in rapporto ad una non sempre facile accettazione delle persone di colore nellambiente in cui il bambino viene immesso (DellAntonio, 1994).

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In questo paragrafo abbiamo delineato le modalit operative dei servizi che si occupano di adozione. Analizzando la letteratura abbiamo constatato come molto spesso gli psicologi, o comunque gli operatori, utilizzino uno stile normativo proprio della giurisprudenza nel descrivere ci che a loro avviso i genitori devono fare. Forse tale atteggiamento, che non riguarda solamente il campo delladozione, in parte dovuto alle richieste stesse di chi si rivolge alle figure professionali nella speranza di ottenere una risposta alla domanda cosa devo fare?. indicativo come la maggior parte delle indicazioni rivolte, nel nostro caso, ai genitori adottivi si pongano come specie di postulati. Si ha limpressione che le coppie vengano considerate non in grado di pensare autonomamente, come se avessero la necessit di affidarsi a qualcuno che le sappia guidare e consigliare. Questo non accade per i genitori naturali, bench spesso le indicazioni siano riferibili anche al loro specifico compito genitoriale. Limpressione che i genitori naturali, per il solo fatto di aver concepito naturalmente il bambino, siano ritenuti capaci di far crescere loro figlio nel modo migliore. Per i genitori adottivi invece la loro incapacit procreativa sembra riflettersi, secondo gli operatori, nellincapacit di accudire il bambino se non attraverso una costante supervisione.

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2. LEGISLAZIONE
Ladozione un campo strettamente legato sia ai cambiamenti delle leggi che e a quelli socio-culturali. Il lavoro sulladozione ha portato a rilevare tali mutamenti e a proporre norme legislative pi adeguate allevolversi di tale ambito. Nel 1942 la legislazione tutelava gli interessi degli adulti che, impossibilitati ad avere figli naturali, vedevano messa in crisi la continuazione del proprio patrimonio e del nome di famiglia. Nel 1967 (legge n 431) viene introdotta ladozione speciale che sancisce il passaggio dalla tutela principale delladulto a quella del minore e dei suoi bisogni. La legge n 184, che vedremo pi oltre, il completamento di questo percorso con la trasformazione delladozione speciale in adozione normale: si delinea cio un unico istituto giuridico per poter dare una famiglia al minore che ne privo. Ricordiamo che il minore il protagonista delladozione e gli sforzi della legislazione sono tesi a limitare i casi in cui il minore ne diviene invece la vittima. Per quanto riguarda il panorama odierno le leggi principali, ovvero le linee guida che hanno segnato il passo nel campo delladozione negli ultimi anni, sono essenzialmente 4: 1 Legge 4 maggio 1983, n 184: Disciplina delladozione e dellaffidamento dei minori 2 Legge 31 dicembre 1998, n 476: Ratifica ed esecuzione della convenzione dellAja del 29 maggio 1993 sui diritti dei minori 3 Legge 1 dicembre 1999 n 492: Regolamento per la costituzione, organizzazione e funzionamento della commissione per le adozioni internazionali 4 Legge 28 marzo 2001, n 149: Modifiche alla legge 4 maggio 1983 n 184.

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Vediamo brevemente quali sono i punti salienti di ognuna di esse analizzandole nel dettaglio: 1 La legge n 184 del 1983 si riferisce soprattutto alladozione nazionale italiana. Dopo un ampio dibattito socio-politicoculturale, il minore viene considerato soggetto di diritti e alladulto demandato il compito della sua formazione psicoaffettiva. Sancisce 5 punti: la coppia deve essere unita in matrimonio da almeno tre anni; la differenza di et tra chi adotta e chi viene adottato deve

essere superiore a 18 anni ma non superare i 40 (anche se sono ammesse delle deroghe); la coppia che si propone per ladozione deve possedere le capacit di fornire educazione, istruzione e mantenimento dei minori che adotteranno; la domanda per ladozione deve essere presentata dalla coppia stessa al Tribunale per i Minori (la domanda decade dopo 2 anni e si possono presentare pi domande anche a tribunali diversi). Il Tribunale avr preadottivo. lincarico 1989 di la effettuare coppia fa labbinamento domanda di coppiaidoneit bambino e di vigilare sul buon andamento del periodo di affido (Dal direttamente ai servizi sociali rivolgendosi al Tribunale dei Minori solo al termine dellindagine socio-psicologica); si passa da un diritto sui minori ad un diritto per i minori: la famiglia viene riconosciuta come diritto fondamentale per il minore ed quindi fondamentale far s che i minori che ne sono privi possano trovare una famiglia che si occupi di loro e possa quindi garantirgli un ambiente familiare idoneo alla crescita. 2 La legge n 476 del 1998 di fondamentale importanza per quanto riguarda le adozioni internazionali che divengono maggiormente controllate e regolamentate. alla Si de tratta LAja delladattamento del 1993 che dellordinamento Convenzione

scommette su unibrida privatizzazione operativa tramite enti autorizzati. Vediamone i punti salienti:

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per adottare allestero occorre passare obbligatoriamente dalle

autorit preposte dei paesi di provenienza dei minori, dagli enti autorizzati e dallautorit centrale; si tutela maggiormente linteresse e i diritti del minore straniero nel tentativo di sostenere i diritti dellinfanzia gi allinterno del paese di provenienza (principio di sussidiariet); il bambino adottato allestero ha necessit di un sostegno maggiore dovuto alle difficolt aggiuntive derivanti dalle sue origini; viene richiesta la disponibilit della coppia alladozione internazionale. Le esperienze precedenti del minore straniero non possono essere cancellate, ma anzi la coppia deve favorirne lelaborazione. Per questo motivo la coppia stessa ha necessit di ricevere unadeguata preparazione e sostegno da parte degli enti locali; viene bandita ogni forma di fai da te nelle modalit di gli enti autorizzati hanno il compito di mettersi in contatto con le coppie adottanti possono avvalersi di alcune agevolazioni: obbligatoria dal lavoro per i 3 mesi successivi adozione le autorit centrali straniere e di curare le procedure di adozione; astensione

allentrata in Italia del minore straniero, congedo dal lavoro per il periodo di permanenza nel paese straniero, assenza dal lavoro fino al raggiungimento dei 6 anni di et da parte del minore; il bambino visto come un soggetto altro dalla coppia: un individuo con propri interessi, dotato di una propria individualit che i genitori devono accettare e rispettare costruendo verso di lui un dialogo di confronto; i servizi sociali non hanno solo un compito di controllo, ma devono offrire la possibilit di riflessione e crescita allinterno del percorso delladozione svolto dalla coppia; la relazione stilata dai servizi sociali va inviata al Tribunale dei Minori entro 4 mesi dalla data di richiesta presentata dalla coppia.

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La legge n 492 del 1999 unestensione della legge appena esposta (n 476 del 1998), in quanto vengono definiti i compiti e le funzioni della commissione per le adozioni internazionali. Tale commissione: ha sede presso la presidenza del Consiglio dei Ministri a Roma; rappresenta lautorit centrale italiana in materia di adozione; preposta alla raccolta di dati e statistiche sulladozione fornisce un elenco delle caratteristiche necessarie agli enti

internazionale autorizzati per poter operare (periodicamente viene fornito lelenco ufficiale degli enti riconosciuti dallo Stato). 4 La legge n 149 del 2001 pone laccento sulla priorit della disciplina delladozione: il diritto del minore a una famiglia. Tale legge prevede alcuni punti fondamentali: il minore ha diritto ad essere educato allinterno della propria famiglia e di ottenere condizioni di vita migliori se la famiglia non fosse in grado di offrirgliele. Ladozione viene quindi vista come soluzione estrema conseguente ad una accertata e irreparabile condizione di abbandono; rimane intatto e anzi viene rafforzato il principio di il minore ha diritto non solo ad essere educato e mantenuto sussidiariet (vedi sopra legge n 476, 1998); dalla propria famiglia di origine, ma anche di crescere al suo interno; lo stato di adattabilit del minore non pu derivare da una semplice condizione di povert della famiglia di origine. Per poter effettuare tale dichiarazione occorre laccertamento della mancanza sia dellassistenza materiale che di quella morale da parte della famiglia stessa. Questa inoltre pu avvalersi di appositi interventi di sostegno; la differenza di et tra genitori adottivi e minore da adottare va per valutare la stabilit del rapporto di coppia non pi dai 18 ai 45 anni (sono per ammesse delle deroghe); necessario che i coniugi siano sposati da 3 anni. sufficiente che

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la coppia abbia convissuto per almeno 3 anni prima del matrimonio che rimane comunque un vincolo; la domanda di idoneit decade dopo 3 anni dopo la presentazione della stessa (pu essere rinnovata); il minore ha il diritto di essere informato circa la sua condizione di adottato e la coppia ha il dovere di informarlo nei modi e nei termini che ritiene pi opportuni; ladottato che giunge allet di 25 anni ha il diritto di accedere ad informazioni riguardanti la propria origine ed identit, il nome dei genitori biologici (a meno che questi non abbiamo espresso il volere di non essere riconosciuti).

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PARTE TERZA : LA RICERCA SUL GRUPPO DEL DOPO ADOZIONE

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1. IL GRUPPO DEL DOPO ADOZIONE


Lesperienza delliter adottivo porta alcuni genitori a sentire la necessit di non interrompere il rapporto con gli operatori. Di qui la proposta di formare dei gruppi di discussione anche dopo lanno di affido preadottivo. Il nostro lavoro si concentra su questarea. Il gruppo in questione si incontra in modo facoltativo e partecipano a tali incontri solo genitori che hanno avuto il bambino, quelli cio che, dopo lanno di affido pre-adottivo, hanno ricevuto il decreto legislativo che attesta che il bambino effettivamente loro figlio. I bambini di tali coppie, nel momento in cui hanno avuto inizio gli incontri di gruppo, presentavano unet variabile tra 1 e 3 anni, salvo alcune eccezioni. Si tratta di un gruppo numeroso formato da una decina di coppie. Il fatto che partecipino anche gli uomini ci fa capire come ladozione faccia scattare una modalit genitoriale differente: i padri sono una presenza attiva (parlano dei loro bambini e delle sensazioni che provano verso di loro, si lamentano dei rapporti della madre col bambino). un gruppo abbastanza stabile (prosegue da circa due anni) anche se possono entrare coppie nuove. Gli incontri vengono tenuti a Carpi una volta al mese, il sabato pomeriggio, e sono organizzati con discussioni su argomenti svariati portati dagli stessi partecipanti i quali si dispongono in cerchio insieme alloperatore che conduce lincontro. Il concetto di fondo che ognuno porta al gruppo le proprie problematiche. La conduzione del gruppo un misto tra il gruppo tipo Balint e limpostazione bioniana come abbiamo esposto sopra. Loperatore interviene (per mettere in moto un processo di mediazione) quando sente delle aggressivit sottostanti nel gruppo. Quando ci sono dei silenzi comunicativi lascia spazio alla formazione di pensieri mantenendo tale condizione. Allinizio di ogni incontro loperatore propone un riassunto per tenere il filo tra i vari incontri. Il conduttore del gruppo non ha il ruolo di insegnante o di risolutore dei problemi delle famiglie. Egli si pone come una figura che cerca di favorire

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il costituirsi nelladulto della capacit emotiva di ascolto del bambino per comprenderne i bisogni. Tale consapevolezza viene raggiunta da ogni partecipante partendo dalla rivisitazione dei propri vissuti interiori. Allinizio il gruppo non accetta tale ruolo delloperatore a cui demanda funzioni differenti: si nota soprattutto una dipendenza marcata dal suo sapere. La difficolt nel pensare e la confusione possono poi riversarsi in una espulsione-negazione di ogni problema. Sta al conduttore essere capace di contenere tali sentimenti e dare un senso a quanto accade allinterno del gruppo. Questo processo permette lemergere di emozioni e pensieri, fino ad allora nascosti, tramite il dialogo e il confronto. Il gruppo si orienta cos verso quello che Bion definisce il gruppo di lavoro, grazie allo sviluppo di un apparato per pensare i pensieri. Il gruppo apre spazi di confronto che agiscono e si riflettono sul rapporto genitore-figlio. Allinizio ero molto diffidente, mi domandavo come avrei fatto a parlare di me davanti a persone sconosciute chiss cosa avrebbero pensato, come mi avrebbero giudicato poi lentamente ho preso fiducia, lansia che avevo dentro diminuiva, ero quasi pi libera e sicura. Sento che il confronto servito le mie ansie, confrontate con quelle di altre madri, mi hanno fatto capire che bisogna pensare a lungo prima di agire e di affrontare i problemi (un genitore adottivo) 1 . Tramite unintervista alla Dottoressa Confetti, conduttrice del gruppo, stato possibile estrapolare alcuni aspetti che meritano attenzione emersi durante gli incontri mensili. Si nota nei componenti del gruppo una grande euforia per il fatto di aver avuto il bambino, ma anche una certa preoccupazione: emerge il desiderio di dimostrare al gruppo di essere capaci di assumere il ruolo genitoriale (soprattutto nellattaccamento). Questo fatto pu essere ricondotto allimpossibilit della coppia di creare il proprio bambino e quindi di non

In Farri Monaco, M., Peila Castellani, P. (1994).

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avere

potuto

usufruire

di

tale

evento

per

scandire

il

passaggio

alladultit. I bambini adottati mostrano alcuni comportamenti che possono far propendere verso lesistenza di alcuni processi disintegrativi e di un attaccamento indifferenziato (non solo verso i genitori adottivi). I discorsi che vengono affrontati nel gruppo vertono spesso sullidentit individuale: pare che sentano di essere dei genitori diversi. Essi sentono il bisogno di conquistare lidentit di genitore nei confronti dei genitori naturali del bambino e dei loro stessi genitori (nonni). Questi ultimi mostrano di essere molto perplessi durante liter adottivo, ma, dopo larrivo del bambino, appaiono pi liberi e questo potrebbe essere dovuto al fatto che non vivono la conflittualit presente nei genitori adottivi. Sono pi distaccati anche se diventano ipercritici verso i loro figli. I genitori mostrano di faticare ad accettare la diversit della genitorialit e la sofferenza del bambino. Non si sentono molto sicuri nel ruolo genitoriale e tendono ad enfatizzare laspetto educativo. Difficilmente i membri parlano delle difficolt di linguaggio. Hanno una comunicazione primordiale coi loro bimbi, fatta di segni, come si fa di solito coi bambini molto piccoli: sembra ci sia paura di non capirsi. Il fatto che i genitori adottivi sentano la necessit di confrontarsi con altri che hanno vissuto le stesse esperienze una dimostrazione lampante del fatto che questi non abbiano lintenzione di restare ancorati ad una fase della loro vita. Essi anzi dimostrano tutte le intenzioni di proseguire verso un percorso di evoluzione familiare. La formazione di tali gruppi negli ultimi anni pu essere un esempio di collaborazione tra genitori ed operatori e la forte motivazione dei partecipanti dimostra come possano aprirsi percorsi di condivisione volti a spezzare lidea di conflittualit insita nel rapporto con le istituzioni.

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2. RICERCA
La nostra ricerca viene inquadrata come unindagine qualitativa di tipo esplorativo allo scopo di formulare delle ipotesi che possano venire sviluppate in seguito da ricerche successive. Si tratta cio di una osservazione preliminare che mira a fornire un ritratto del gruppo postadozione e che si presenta come aperta a svariate direzioni di indagine. Date le sue caratteristiche, tale ricerca pu fornire principalmente dei risultati di tendenza tali da far emergere alcune considerazioni validabili in future ricerche. I protagonisti di tale ricerca sono i genitori che, attraverso i Questionari e le Descrizioni, raccontano la storia dello sviluppo del loro bambino e del rapporto che con esso hanno instaurato. Si tratta quindi di strumenti che si focalizzano sul vissuto genitoriale rispetto allincontro con il bambino reale. Dallo spoglio delle cartelle eseguito nellindagine presso i Servizi Sociali di Carpi sono emersi alcuni strumenti interessanti. Ad alcuni genitori adottivi, durante il percorso dellindagine socio-psicologica (ex istruttoria), sono stati somministrati strumenti innovativi con lo scopo di approfondire il loro vissuto rispetto al bambino tanto desiderato e ai cambiamenti che tale scelta comporta per la loro vita personale e di coppia. Lo strumento che pi ci ha colpito quello definito Diario di una giornata di 5 anni dopo. Ai genitori viene chiesto di immaginare e quindi descrivere in forma scritta una giornata trascorsa insieme al tanto agognato figlio proiettandosi nel futuro. Tale proiezione consente di verificare le caratteristiche del bambino immaginato e lo spazio che ad esso viene dedicato nel corso della descrizione. Avendo a disposizione un gruppo di genitori che hanno ottenuto il bambino, abbiamo optato per una scelta differente. Lo strumento di ispirazione rimane quello che abbiamo appena esposto, ma la descrizione viene riferita ad eventi realmente vissuti e in un momento molto vicino nel tempo. Questo proprio per far emergere laltra componente fondamentale nella costruzione del rapporto genitore-figlio: il bambino

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reale. Tutti i genitori devono fare i conti, al momento della nascita o dellabbinamento, con il bambino nella sua realt e concretezza. Questo viene posto di fronte a loro e alle fantasie che, fino a quel momento, avevano cullato su tale evento e sul bambino stesso: il fatidico passaggio dal bambino immaginario a quello reale. Lutilizzo delle Descrizioni costituisce solo una parte del nostro lavoro. Abbiamo optato anche per luso di un questionario costruito da Fagandini, Bevolo, Landini e Vaccari (1998) per indagare i genitori sottopos tisi alla procreazione medicalmente assistita. Anche in questo caso emerge con chiarezza come i genitori si rapportano con il bambino che hanno concretamente dinanzi agli occhi. Lidea di base di tutta questa ricerca proprio quella di andare ad indagare tutte quelle componenti che vengono esplicitate dai genitori nel momento in cui si rapportano con il bambino in carne ed ossa. Tale aspetto tanto pi significativo nei genitori adottivi che per diverse ragioni, che abbiamo esposto in precedenza, hanno costruito nella loro mente unidea molto pregnante e particolare del bambino immaginario. Vediamo ora nel dettaglio la ricerca articolata nelle sue due diverse parti e corrispondenti strumenti.

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3. QUESTIONARI
Presentiamo in questa sezione il questionario utilizzato nellindagine con i genitori del gruppo del dopo adozione. Vedremo le caratteristiche di tale strumento e la ricerca che con esso stata eseguita da Fagandini, Bevolo, Landini e Vaccari (1998) sui genitori che si sono serviti della procreazione medicalmente assistita (PMA). Dedicheremo poi spazio alle modalit di consegna del materiale e ai risultati ottenuti attraverso questa prima fase della ricerca.

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Strumento utilizzato
Lo strumento utilizzato, lo abbiamo gi accennato, un questionario costruito da Fagandini, Bevolo, Landini e Vaccari (1998), Autori della ricerca che ha come oggetto un confronto tra genitori PMA e genitori naturali. Nella costruzione gli Autori hanno preso spunto da uno strumento gi utilizzato da Palacio Espasa e Knaeur (1996) 1 e da RobertTissot (1989) 2 per uno studio sui vissuti materni, rielaborandolo e adattandolo allo scopo della ricerca. Tale nuovo questionario formato da 11 domande miste (aperte- chiuse), mirate allesplicitazione di alcuni punti considerati significativi ed stato proposto ad entrambi i genitori. Questo questionario non ha pretese di analisi statistica, ma costituisce comunque uno strumento capace di cogliere delle importanti dinamiche nei genitori adottivi. Innanzitutto lidea di base da cui si partiti (e che accomuna anche il nostro successivo lavoro che a questo si ispirato) il fatto di avere necessit di conoscere i soggetti, ma nella consapevolezza che questi si presentano, al momento dellindagine, gi ampiamente frustrati da diverse problematiche, una fra tutte la sterilit. Il questionario quindi deve garantire una certa delicatezza, ponendo le domande in termini positivi, alla ricerca non della patologia, ma delle risorse dei genitori. Si tratta comunque di un questionario molto aperto che lascia quindi ampio spazio allemergere degli aspetti positivi. Anche la lunghezza del questionario (molto breve, solo 11 rapide domande) sempre orientata allo stesso obiettivo. Nella ricerca di Fagandini, Bevolo, Landini e Vaccari (1998) ci si dotati anche di un altro questionario, molto pi approfondito che noi non analizzeremo per motivi di spazio ed economia del discorso.

Palacio Espasa, F. , Knauer, D. (1996). Le Development de la Vie Fantasmatique et des Identifications du Beb dans la Clinique de Psychoterapies Mres-Enfant. Psychotrapies, 3, 13-21. Citato da La Sala, G.B. (a cura di)(1998). 2 Robert-Tissot, C. et al. (1989). Le questionnaire Symptom Check List. In S. Lebovici, P. Mazet, J.P. Visier (eds) (1989). LEvaluation des Interaction Prcoces entre le Bb et ses Partenaires. Genve: Edition Eshel. Citato da La Sala, G.B. (a cura di)(1998).
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Lidea di base rimane comunque, sia per la prima che per la seconda parte, quella di somministrare uno strumento semplice, aperto, a scopo conoscitivo. Gli Autori sono partiti da una specie di pregiudizio secondo il quale i genitori PMA presentano caratteristiche diverse dagli altri genitori cosiddetti normali. Si tratta di unipotesi di partenza di cui questa ricerca ha il compito di verificare la portata esplicativa. Grande attenzione, stato ribadito pi volte, viene dedicata alla sola differenza e non alla patologia. Questo un punto che la nostra ricerca condivide, come gi espresso nel corso dellanalisi della letteratura nella prima parte di questo lavoro. Vediamo nel dettaglio le domande. Innanzitutto su un piano pi generale possiamo constatare come la tendenza sia stata quella di proporre prima elementi positivi rispetto a quelli negativi. Questo fatto ben evidente nei primi due quesiti in cui prima si chiede cosa piace e poi cosa non piace del bambino. Lo stesso avviene nella domanda n5 proponendo di esplicitare i desideri prima delle paure. Nella terza domanda, quella relativa alle emozioni provate nei confronti del figlio, viene usato il termine pi forti che non indica emozioni n in termini particolarmente positivi n particolarmente negativi e anzi si presta molto allinterpretazione dei singoli soggetti. un termine pi ampio e largo da cui possono emergere elementi molto significativi. La quarta domanda stata proposta allo scopo di verificare la domanda precedente, specie nelleventualit in cui i genitori non siano stati in grado di trovare le parole dellemozione. In questo modo si aiutano i genitori a riflettere di pi sui loro sentimenti: unoccasione di elaborazione. La domanda relativa ai desideri e alle paure (quinta domanda) importante per valutare se questi elementi sono pi centrati sul bambino o sui soggetti come genitori e per capire verso quali categorie si muovono principalmente.

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La sesta domanda ha lo scopo di verificare se i genitori ammettono le difficolt del rapporto. Tale ammissione si manifesta attraverso il ricorso ad una doppia preferenza che consideri non solo la soddisfazione, ma anche le componenti di fatica insite nella gestione del bambino. La settima domanda si riferisce alla precedente ed interessante per verificare le componenti immaginative dei soggetti. La domanda n8 stata proposta per porre in evidenza la memoria semantica. Lidea che i genitori abbiano difficolt a ricordare; per, se gli viene concessa la possibilit di scrivere, e riescono a far riemergere qualcosa dalla memoria, si tratta spesso di elementi significativi. Nella nona domanda si cerca di verificare in che modo i soggetti si percepiscono come genitori e quali sono gli aspetti problematici della relazione. Il questionario di partenza a cui gli Autori si sono ispirati (Palacio Espasa e Knauer, 1996; Robert- Tissot, 1989) centrato solo sullanalisi delle madri, mentre nella ricerca che stiamo analizzando rivolto ad entrambi i partner. Le ultime due domande sono state aggiunte dal gruppo di ricerca specificatamente per i genitori PMA. La decima nello specifico stata posta appositamente in modo ambiguo per verificare quale impatto aveva la parola nascita sui genitori. Nellanalizzare la ricerca sui genitori PMA ci siamo serviti, oltre che dei contributi della letteratura, anche dellaiuto personale della Dotto ressa Fagandini e di alcuni suoi collaboratori che mi hanno chiarito molti dubbi e fornito alcuni elementi utili allanalisi non citati nelle pubblicazioni esistenti della ricerca.

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Ricerca sui genitori PMA


Lo scopo di tale ricerca quello di effettuare un confronto per rintracciare eventuali differenze tra genitori che hanno concepito un figlio in modo naturale e genitori che invece hanno fatto ricorso alla procreazione medicalmente assistita (PMA). Le differenze vengono

ricercate rispetto a come i soggetti riferiscono soggettivamente la loro esperienza genitoriale. La nostra analisi si concentrer sul questionario PMA, ovvero su una serie di domande che indagano come i genitori considerano la loro relazione con il bambino da un punto di vista cognitivo ed affettivo. I protagonisti della ricerca sono quindi i genitori che raccontano tramite il questionario loro stessi, i loro bambini, e il rapporto che hanno creato con questi. Gli Autori si chiedono se sia possibile per i genitori PMA riuscire a passare dal bambino ideale a quello reale riuscendo a pensare il legame con lui. I soggetti sono stati divisi in due gruppi: uno formato dai genitori PMA 1 e uno costituito da genitori naturali 2 . Entrambi i gruppi sono stati scelti in base allet dei bambini che varia tra 0 e 5 anni. Analizzando le caratteristiche demografiche del gruppo balza subito agli occhi la differenza relativa allet di entrambi i genitori nei due gruppi, con i genitori PMA pi anziani di circa 3 anni (et media: 34,8 anni contro 31,5 anni). Del resto risaputo che le famiglie che ricorrono alla PMA si trovano di fronte ad un iter diagnostico e medico che pu ritardare di alcuni anni il concepimento rispetto ai genitori naturali. Questo aspetto pu far riflettere sullesperienza del tempo che permette di recuperare una dimensione di progetto della coppia e che spinge verso la condivisione. In entrambi i gruppi la percentuale di risposta ai questionari distribuiti si aggirata intorno al 50%. Lidea di partenza stata quella di non definire subito in modo psicopatologico gli eventi traumatici evidenziati dai genitori PMA, bens cercare di capire quali sono le differenze tra una genitorialit di questo
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Coppie (72 soggetti) che hanno avuto un bambino attraverso la procreazione medicalmente assistita presso il Centro per la Sterilit della Divisione di Ostetricia e Ginecologia dellArcispedale S.Maria Nuova di Reggio Emilia tra il 1992 e il 1996. 2 Coppie (82 soggetti) che fanno riferimento a cinque pediatri del distretto di Reggio Emilia e che hanno concepito in modo naturale un bambino tra il 1993 e il 1997.

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tipo ed una normale. Si tratta quindi di una ricerca a scopo conoscitivo e non psicodiagnostico. [] i bambini nati con PMA non sono bambini speciali [mentre] i genitori che hanno utilizzato la PMA a Reggio Emilia possono essere considerati speciali, ma non in termini di diversit, inadeguatezza, o addirittura patologia, piuttosto, speciali per la maggiore complessit e forse profondit della loro esperienza genitoriale . Questa lipotesi di lavoro formulata da Fagandini, Bevolo, Landini e Vaccari (1998), ed la stessa che muove lindagine coi genitori adottivi. Brevemente vediamo quali sono stati i risultati emersi nella ricerca sui genitori PMA. I padri PMA sembrano rispondere in modo pi assoluto rispetto ai genitori naturali alle domande riguardanti cosa piace e non piace del loro bambino (domande n1 e 2). Mentre i padri naturali rispondono in modo pi Le variabile, madri i padri PMA rispondono ad frequentemente la usando le espressioni tutto o niente. naturali tendono enfatizzare piacevolezza delle caratteristiche emotive rispetto a tutti gli altri gruppi. Per quanto riguarda le madri PMA esse forniscono, in modo simile ai padri, risposte pi assolute rispetto ai genitori naturali, alle domande riguardanti cosa piace e non piace del loro bambino. I genitori PMA sembra abbiano la tendenza a vedere i loro bambini in modo pi generalizzato, evitando i dettagli individuali e ponendo meno attenzione alle caratteristiche negative. Il bambino sembra essere apprezzato maggiormente per la sua stessa esistenza che risolve sia il desiderio di avere un figlio sia la paura di non raggiungere tale obiettivo. Pare esserci una certa difficolt nei genitori PMA a pensare il loro bambino reale anche negli aspetti pi piacevoli del rapporto con lui. Analizzando la parte dedicata alle emozioni suscitate dal bambino (domande n3 e 4), vediamo come tali domande ci aiutino ad analizzare pi in profondit il processo di costruzione del legame genitore-figlio. Considerando i dati generali comuni ai due gruppi (genitori PMA e naturali) da notare la differenza nelle emozioni indicate prevalentemente al primo, secondo e terzo posto.

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Lemozione 1 in prevalenza vede la comparsa dei sentimenti di Amore, Tenerezza in entrambi i gruppi, sia nelle madri che nei padri. Lemozione 2 quelli di Tenerezza, Dolcezza, Gioia sempre in entrambi i gruppi e in entrambi i coniugi. Lemozione 3 invece non ha fornito possibilit di rilevare risposte prevalenti: Felicit , Simpatia, Curiosit, Rabbia, Pazienza, Paura mostrano lemergere di sentimenti difficili e ambivalenti. C una tendenza verso laumento di variet nella descrizione delle emozioni procedendo verso la terza posizione. I pap PMA tendono ad esprimere emozioni maggiormente diversificate rispetto alle mamme PMA e ai padri naturali. Lipotesi proposta dagli Autori che i pap PMA tendano a problematizzare di pi con un coinvolgimento emotivo profondo e complesso, che non esce dalle altre domande. Forse liniziale maggiore difficolt a ri-conoscere il bambino reale e s come padre, se affrontata e non negata, pu aprire spazi emotivi in pi. Sembra che la gestazione mentale pi lunga per questi pap abbia risvegliato anche emozioni e sentimenti pi variegati. Facendo unanalisi delle parole-emozioni espresse solo nei singoli gruppi (mamme e pap PMA/mamme e pap naturali) compaiono le rappresentazioni emotive tipiche per ogni gruppo genitoriale. Lemozione 1: per le mamme PMA Adorazione e Nascita, per i pap PMA Nascita. Per le mamme naturali Protezione e per i pap Orgoglio. Il riferimento alla parola-evento globale Nascita sottolinea la presenza di emozioni magiche legate a tale momento. Anche Adorazione pare un sentimento molto idealizzato. I controlli esprimono emozioni pi vicine ai consueti ruoli materno e paterno. Lemozione 2: Meraviglia , Entusiasmo, Commozione nelle madri PMA; Commozione nei padri PMA; Orgoglio nelle madri naturali; Orgoglio, Responsabilit , Dolore e panico nei padri naturali. I genitori PMA cominciano a trovare le parole per descrivere le emozioni provate. La Commozione accomuna le madri e i padri PMA mettendo in evidenza le componenti quasi di incredulit, di raggiungimento di un evento a lungo sognato e finalmente realizzato. Da notare come i pap naturali aggiungano oltre allOrgoglio un altro sentimento tipico del ruolo

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paterno ovvero la Responsabilit e inoltre citino un sentimento difficile come Dolore e panico, aspetto che non ritroviamo negli altri gruppi. Lemozione 3: Entusiasmo, Senso di colpa per le madri PMA; Donarsi, Bellezza, Senso di Competizione per i padri PMA; Allegria, Ostinazione per le madri naturali; Speranza, Curiosit per i padri naturali. Per la prima volta compaiono nei PMA sentimenti difficili e tutti i gruppi sono diversi, non ci sono cio sovrapposizioni nelle risposte. Lanalisi di queste parole-emozioni molto complessa e articolata. Gli Autori pensano che lesperienza della genitorialit per i genitori PMA sia un evento nuovo tale da togliere le parole per poterlo definire. I genitori PMA si trovano poi in difficolt nel riconoscersi nelle categorie al ruolo materno e paterno e socialmente tradizionalmente legate

condivise. Tali differenze possono essere dovute ad esperienze critiche che richiedono un tipo di elaborazione particolare. Il percorso dei genitori PMA appare quindi pi complesso, ma anche pi profondo. Analizzando la domanda riguardante i desideri e le paure rispetto al bambino (n5), vediamo che i padri PMA tendono ad essere pi preoccupati degli eventi riguardanti le relazioni allinterno della vita familiare e meno di quelli relativi a pericoli fisici o sociali provenienti dallesterno della famiglia come accade per i genitori naturali. Questo potrebbe essere, secondo gli Autori, un indicatore della paura di essere inadeguati come genitori: sembra che la loro attenzione si focalizzi maggiormente su eventuali difetti nellabilit genitoriale ad interagire con il figlio rispetto a quella di difenderlo dai pericoli esterni. Le madri PMA mostrano di avere maggiori preoccupazioni per i pericoli fisici e sociali rispetto ai padri PMA. In generale tutte le mamme, PMA e naturali, manifestano maggiori preoccupazioni rispetto ai padri in tale categoria. Le mamme PMA inoltre differiscono dal gruppo di controllo circa i loro desideri per il futuro del bambino, ma tale differenza non particolarmente forte. Esse mostrano desideri per i loro bambini rispetto allintelligenza, allindipendenza, allautorealizzazione facendo poco riferimento alla felicit e alle buone relazioni interpersonali cos come le madri naturali. Sembra che le madri PMA abbiamo un desiderio pi forte riguardo allelasticit e allautonomia del bambino e lascino un po in disparte il loro bisogno di offrire un supporto parentale. Lipotesi in

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questo caso potrebbe essere che queste madri abbiano unimmagine di s in cui la possibilit di essere un genitore fragile, debole e non completamente capace deve venire esaminata e verificata molto pi spesso di quanto accada per i genitori naturali. Il desiderio relativo alla salute quello maggiormente presente in tutti i gruppi. Per quanto concerne la domanda n8, relativa al ricordo di eventuali avvenimenti significativi nel rapporto con il bambino, si riscontrano maggiori differenze tra madri e padri che non tra i due diversi gruppi. Si registra comunque una sorta di difficolt a ricordare (50% del campione). Gli Autori ipotizzano quindi che la difficolt ad individuare il bambino reale e la propria funzione genitoriale sia una caratteristica propria dei primi anni di vita del bambino per tutti i genitori . Soprattutto i padri sono quelli che manifestano maggiori difficolt a ricordare e se lo fanno tendono ad avere ricordi pi felici rispetto alle mamme. In questo caso gli Autori ipotizzano che lidealizzazione per i padri si prolunghi maggiormente. Tali ricordi positivi inoltre sono collegati a tappe della crescita, al momento della ricongiunzione al ritorno dal lavoro, nei momenti di assenza della madre rendendo manifesta lesistenza di un legame che si connota per solo in termini sostitutivi rispetto al ruolo materno. Le mamme virano verso ricordi pi difficili concentrandosi prevalentemente sul processo di attaccamento- separazione e accettando gli aspetti ambivalenti del legame con il figlio. I ricordi felici delle madri sono strettamente legati allesperienza fisica dellallattamento al seno. Le mamme PMA tendono a ricordare e raccontare un minor numero di ricordi felici rispetto alle mamme normali. Gli Autori hanno interpretato tale dato ipotizzando che forse per le mamme PMA pi difficile permettersi un sospiro di sollievo, lasciarsi andare alla consapevolezza di un reale legame felice; quasi per un effetto di incredulit di fronte al loro bambino reale, rimangono pi legate allidealizzazione e allo stupore. Passando alle ultime due domande (n10 e 11), i padri naturali riportano una maggior propensione a parlare ai bambini della loro nascita. Per dare significato a questo dato stata estrapolato il modo con cui i

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padri hanno interpretato la parola nascita. stato scoperto che pi spesso i padri PMA rispondevano come se la nascita corrispondesse al concepimento piuttosto che alla gravidanza e al parto e pi specificatamente sembrano fare riferimento alle circostanze in cui sono implicate le procedure di fecondazione artificiale. Tale dato pu essere interpretato in termini di preoccupazione rispetto allinfertilit e come lemergere di un valore aggiuntivo del ruolo genitoriale nella storia del bambino. I genitori naturali interpretano la parola nascita come il momento in cui venuto alla luce il bambino. Le madri PMA affermano di non aver detto niente al loro bambino circa la sua nascita pi frequentemente rispetto alle madri controllo; esse comunque non differiscono significativamente dalle madri controllo nelle intenzioni di fare ci. Come per i padri PMA, e addirittura con una percentuale ancora pi alta, linterpretazione del termine nascita usata dalle madri PMA si riferisce al concepimento. Tale aspetto ancor pi significativo considerando che tali genitori hanno avuto unesperienza di gravidanza e di parto diretta. Il focus rimane sul concepimento che ha avuto successo attraverso un aiuto medico esterno. Sembra che il loro contributo alla procreazione resti secondario o addirittura potenzialmente pericoloso per lintegrit del bambino. Lipotesi in questo caso riguarda la possibilit che i genitori PMA, anche dopo la nascita del bambino, non abbiano ancora risolto levento critico della scoperta della sterilit. Tale evento Questo potrebbe ancora rimanere pi un trauma che influenza che e condiziona genitori attivamente il loro modo di vedere s stessi come genitori difettosi. significativo considerando tali manifestano abilit genitoriali simili a quelle dei genitori naturali e che i loro bambini manifestano uno sviluppo normale. Secondo La Sala, Landini, Fagandini e Bevolo (2001) pare che per i genitori PMA la gravidanza non si configuri come uno spazio di attesa e creazione del bambino, ma piuttosto come un tunnel da attraversare per arrivare finalmente al bambino, un tempo segnato dal rischio di perderlo. E questo forse a causa di componenti mediche intrusive che vanno a risvegliare sentimenti di timore e fragilit rispetto alla procreazione. Vedremo come tali aspetti possano venire traslati nel campo

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delladozione a proposito dei vissuti suscitati nei genitori dalliter adottivo. Nella domanda n11, riguardante lintenzione di parlare con il bambino nel caso ci non fosse stato fatto, i genitori PMA tendono a procrastinare nel tempo tale evento, oppure non hanno intenzione di farlo neppure in futuro. Questo ultimo aspetto molto evidente nei padri PMA. I genitori naturali non hanno invece problemi nel manifestare lintenzione di parlare con il bambino della sua nascita. Nella PMA i genitori vivono una gravidanza che ha conosciuto una gestazione mentale molto pi prolungata rispetto a quella che sperimentano i genitori normali. Per essi esistono due nascite: oltre alla nascita del bambino esiste la prima nascita che quella del concepimento che sancisce la loro capacit procreativa. Le domande di cui non abbiamo approfondito i contributi delle risposte da esse suscitate ( n6,7,9), secondo lanalisi degli Autori, non hanno portato allevidenziazione di differenze particolari tra i due gruppi. Rispetto alle variabili prese in considerazione da tali quesiti i genitori PMA e i genitori naturali sono considerati simili. Gli Autori pensavano inizialmente che lobiettivo principale dei genitori PMA fosse tentare di superare lostacolo biologico e quindi poter procreare come gli altri genitori. Fatta tale premessa si ipotizzata una certa difficolt da parte dei genitori PMA a confrontarsi emozionalmente con il bambino reale rendendo pi rischioso il processo di elaborazione che conduce alla genitorialit. Si per abbandonata tale prospettiva propendendo per lesistenza di un tipo di genitorialit diversa e pi profonda nelle sue componenti di complessit, specie nel rapporto con il bambino. Tale complessit pu essere una risorsa che promuove una visione pi sottile e discriminata delle relazioni familiari e dei suoi problemi. Potrebbe per anche essere una possibile fonte di distorsione nella valutazione delle qualit di queste stesse relazioni, manifestando una tendenza allidealizzazione e la presenza di un segreto familiare riguardante la nascita del bambino. [] ogni nascita, PMA o naturale che sia, rappresenta lincontro con lunicit del soggetto, il bambino reale, una dimensione biologica e psichica non conoscibile a priori . [] La PMA pone maggiormente in

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evidenza gli interrogativi propri di tutte le nascite, cio tutte le difficolt di un padre e di una madre a soggettivare la venuta al mondo di un bambino, il bambino reale, il reale in quanto inconoscibile da riconoscere(Fagandini, Bevolo, Landini e Vaccari, 1998). Si tratta quindi di un percorso comune ad ogni tipo di genitorialit e in cui le difficolt fanno parte di un processo normale che pu esplicarsi secondo modalit differenti a seconda della specificit dellesperienza genitoriale vissuta.

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Consegna
La consegna dei Questionari, in quanto a tempi, luoghi e modalit, rispecchia quella dello strumento delle Descrizioni. Rimandiamo quindi al paragrafo dedicato a tale argomento per le indicazioni dettagliate.

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Risultati
I soggetti sono genitori adottivi che partecipano ad un gruppo di discussione, condotto dalla Dottoressa Confetti, sul tema della relazione genitori-figli. Cominciamo lanalisi con lesplicitazione di percentuali e frequenze relative alla composizione del gruppo. Questo formato da 20 persone (10 coppie eterosessuali), con et media al momento della compilazione del materiale della ricerca di 41,7 anni (42,7 per i padri; 40,7 per le madri). Il range det va dai 36 ai 49 anni (37-49 per i padri; 36-49 per le madri). Let media nettamente pi alta rispetto a quella sia dei genitori naturali che a quella dei genitori PMA. Occorre per considerare che i riferimenti anagrafici a nostra disposizione sono riferiti al momento della compilazione del materiale di ricerca. Questo gruppo di genitori adottivi, nel momento della nostra ricerca, ha avuto labbinamento con il bambino da circa tre anni che andrebbero cos sottratti dal calcolo della media per avere una stima pi precisa. Rimane comunque una cospicua differenza di et. Questo dato facilmente spiegabile considerando le lunghe trafile che i genitori adottivi devono affrontare per avere un bambino, come abbiamo visto nelle prima parte di questa tesi. Come per i genitori PMA tale dato pu essere considerato come la spinta per trovare insieme, madre e padre, un progetto di coppia da condividere. Tale aspetto nei genitori adottivi ancor pi enfatizzato visto il maggiore dilatamento temporale nellacquisizione della genitorialit e la mancanza dellesperienza della gravidanza. Si vede comunque come, gi in questo primo dato, si delinei una particolarit: la data di inizio della genitorialit non corrisponde alla data della nascita del bambino. E i genitori adottivi vengono accomunati non in base allet del bambino, come successo per i gruppi precedenti, ma in base allarrivo del bambino nella famiglia, cio alla nascita della coppia come genitori. Le occupazioni svolte sono tra le pi diverse. Servendoci di una divisione macroscopica secondo due categorie lavorative il 60% fa parte dei lavoratori dipendenti e il 40% degli autonomi.

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La stragrande maggioranza (80%)

delle coppie ha un solo

figlio

(adottivo), 2 coppie hanno 2 figli (1 coppia entrambi adottivi, laltra 1 adottivo e 1 naturale). I bambini sono quindi 12 (8 maschi e 4 femmine) ed hanno unet che varia dai 3 ai 5 anni, fatta eccezione per un caso in cui la bambina ha gi 11 anni. Anche in questo caso si tratta di dati riferiti al momento della ricerca e a cui occorre sottrarre 3 anni per ottenere la situazione al momento dellabbinamento. La percentuale di risposta al questionario stata del 100%: si tratta di un dato molto significativo, indice di una forte motivazione presente allinterno del gruppo ad approfondire le tematiche delladozione e a scoprire nuovi aspetti della propria esperienza genitoriale. Analizzando i questionari compilati dai genitori adottivi abbiamo tratto alcuni dati interessanti. Luso di tale tipo di strumento rende difficile adottare unottica quantitativa in quanto ogni questionario si presenta ricco di dati e sollecita in continuazione nuove domande e diverse possibilit di lettura dei dati stessi. Nostra intenzione quella di dare una visione la pi completa possibile dei genitori adottivi che hanno partecipato alla nostra indagine per conoscere questo tipo alternativo di genitorialit. Per fare ci ci siamo proposti di mettere da parte, per quanto possibile, qualsiasi tipo di pregiudizio nei confronti delladozione. Innanzitutto, per quanto riguarda lapprezzamento relativamente alle caratteristiche del bambino (domanda n1), inquadrabili in tre categorie (Tutto, stata rinvenuta una cognitive, differenza fondamentale. Mentre i genitori PMA avevano delineato aspetti Caratteristiche Caratteristiche emotive), i genitori adottivi hanno evidenziato unaltra categoria totalmente nuova ovvero quella delle Caratteristiche fisiche:
Quel faccino di color ambrato , con due occhioni grandi che sembrano due perle, un sorriso stupendo (M1), Mi piace il sorriso di A. (M2), I suoi occhioni neri (M3), (P3), Il sorriso, gli occhi, il colore della pelle, le mani (P2),

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La bellezza (P4).

A volte si tratta di lunghi elenchi di caratteristiche del bambino in cui vengono menzionati attributi fisici insieme ad altri aspetti:
La faccia, la sua dolcezza, la sua ingenuit (M4), La dolcezza/ lallegria/ la sveltezza nellapprendere le cose/ Il suo viso e i suoi capelli (M6).

un dato interessante in quanto si tratta di aspetti che piacciono, che vengono cio molto valorizzati e a cui i genitori PMA non avevano fatto alcun riferimento. (I genitori PMA hanno dato risposte pi generali, mentre i genitori naturali hanno sottolineato le caratteristiche emotive). Pu darsi che laspetto fisico dei bambini adottivi, aspetto che molto spesso totalmente differente da quello dei nuovi genitori, sia percettivamente ed emotivamente pi pregnante per i genitori adottivi che ne enfatizzano le componenti di bellezza. significativo che anche un elemento come il colore della pelle, che comunemente viene considerato una preoccupazione, venga qui invece inserito allinterno delle caratteristiche piacevoli. Un altro aspetto da prendere in considerazione riguarda lemergere, allinterno della categoria delle Caratteristiche cognitive , di molte caratteristiche che possiamo definire caratteriali, soprattutto quelle legate alla vivacit, allessere solare ed energico.
la sua allegria, la sua spensieratezza (M1), Il carattere allegro. Al suo risveglio sempre sorridente e p ronto al gioco (M5), La vivacit, la spontaneit e lenergia che sprigion a in tutta la giornata con tanta voglia di imparare (M9), il suo carattere solare e gioioso (M10), la gioia e lallegria che sa trasmettere (P1),

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Il suo carattere sempre allegro, mai triste, mai serio, mai musone, sempre voglia di ridere, di giocare (P5), la gioia e lentusiasmo che vedo in lei (P10).

Si enfatizzano molto anche le caratteristiche emotive e in particolare la dolcezza:


il carattere forte, dolce, affettuoso , coccolone (M8), laffetto che sa dimostrare (P6).

In questo particolare

caso si pu ipotizzare in questi genitori unattenzione verso quelle componenti che pi di altre sono

costituzionalmente presenti nellindividuo e che si configurano come aspetti molto piacevoli. Emiliani e Molinari (1995) affermano che dai discorsi delle madri naturali (soggetti della loro indagine) emerge lidea diffusa del carattere inteso come dato oggettivo visibile fin dalla nascita e stabile nel tempo. Tale idea, presente anche nei genitori adottivi, pu essere una via per entrare in rapporto con lalterit del bambino, segnata, in questo caso, da caratteristiche positive ed accattivanti. Anche la grande gioia per essere riusciti a raggiungere la genitorialit potrebbe spingere ad apprezzare tutto ci che riguarda il bambino in una sorta di atteggiamento riconoscente. La risposta di un padre a questa domanda (n1) molto significativa in tal senso:
Mi piace il fatto che mi essere un pap (P1).

Mi sembra che compaia in questa frase il desiderio profondo di genitorialit che finalmente giunto a suo compimento grazie allarrivo di un bambino gi nato, quindi dotato di una sua individualit. Per quanto concerne ci che non piace ai genitori adottivi (domanda n2) non abbiamo rintracciato grosse differenze rispetto alle categorie di analisi rinvenute nei genitori PMA, eccetto una. Se manteniamo le stesse categorie: Niente, Caratteristiche fisiche, Caparbiet/ostinazione, Scoppi dira/collera, Altre caratteristiche del carattere, vediamo come le

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Caratteristiche fisiche rientrino per i genitori PMA (anche se in modo trascurabile) tra le caratteristiche che non piacciono. Pi marcata la percentuale di genitori naturali che nomina tali caratteristiche. I genitori adottivi non indicano in questa risposta le caratteristiche fisiche, che, come abbiamo visto, sono considerate in senso positivo. Grande spazio invece dedicato allelencazione delle caratteristiche legate alla testardaggine, allinsistenza, ad atteggiamenti violenti e di sfida o comunque ad aspetti che rendono difficile la gestione del bambino:
A volte molto insistente e testardo. Quando fa dei giochi con altri bambini vuol decidere sempre lui lasciando poco spazio agli altri (M1), a volte picchia gli altri bambini (M2), La sua insistenza, il parlare troppo, il volersi sentire sempre al centro dellattenzione (M4), La testardaggi ne che dimostra , nonostante i rimproveri, a continuare certi atteggiamenti sbagliati e di sfida nei nostri confronti (M5), Le sfide che mi lancia/ la testardaggine (M6), Liperattivit, il disinteresse al rispetto delle regole (M7).

Si assiste ad una specie di dato costante che accompagna la maggioranza dei questionari. Vediamo cos gli stessi aspetti menzionati dai padri:
lottusit nel voler essere lei a decidere cosa fare (P1), Le botte, i pianti senza spiegazione (P2), testardo a volte non sempre (P3), La sua insistenza (P4).

La difficolt nella gestione di tale aspetto viene anche sottolineata con forza:
La testardaggi ne, soprattutto questo (P6),

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A volte quando gli si nega qualcosa che vuole o vuole fare ha degli attacchi di rabbia di cui non so darmi ragione (P9).

Tale dato compare con frequenza anche nelle risposte dei genitori naturali e PMA, soprattutto per le madri di tutti questi gruppi. Ci pu essere dovuto al fatto che le madri trascorrono pi tempo insieme ai bambini e quindi si espongano maggiormente a loro comportamenti negativi, i quali sembrano costituire una specificit generazionale piuttosto che essere legata ad una particolare modalit genitoriale. Anche se pare esserci una maggiore enfasi su questi aspetti da parte dei genitori adottivi. Allinterno di un singolo questionario a questa domanda abbiamo rintracciato una risposta significativa:
Se fosse nato da me non era di certo cos. come lo avrei voluto allegro tenace socievole ed una sfida continua (M9).

Non labbiamo inclusa allinterno di alcuna categoria e la nostra proposta che sia inseribile allinterno di una categoria a parte definibile Caratteristiche maggiormente emotive espressa. della Si relazione. nota in Pu darsi che una eseguendo sorta di unindagine con un campione pi ampio tale categoria possa essere tale risposta autosvalutazione in merito alle proprie capacit procreative denunciate come difettose o non in grado di generare il corrispettivo dei propri desideri e un riconoscimento di qualit proprie del bambino. Da notare come i genitori adottivi si differenzino molto rispetto ai genitori PMA nelluso delle categorie generali tutto e niente, utilizzandole pochissimo. Mostrano quindi un atteggiamento meno assoluto e pi attento agli aspetti particolari del loro bambino. Non abbiamo riscontrato particolari diversit tra padri e madri adottivi. Si potrebbe ipotizzare che tale mancanza di differenze sia dovuta ad un percorso simmetrico dei coniugi nellacquisizione della genitorialit, cosa che invece non avviene n nei genitori PMA n in quelli naturali che vivono percorsi differenti dovuti allesperienza femminile della gravidanza e del parto. Per quanto riguarda il tipo di emozioni suscitate dal bambino (domanda n3) abbiamo utilizzato due macrocategorie: emozioni positive e

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negative. Vi prevalenza di emozioni positive soprattutto Amore, Tenerezza e Gioia ed altre che a queste si richiamano come Felicit e Dolcezza. Emergono per anche emozioni negative soprattutto nelle madri che presentano anche un rapporto fisso nelle risposte: le prime due risposte riguardano emozioni positive, la terza una negativa:
-Amore (con il bisogno di abbracciarlo ) -Tenerezza -Rabbia (M4) -Felicit -Dolcezza -Rabbia (M6) -Dolcezza -Soddisfazione -Ansia-paura (M8)

Questaspetto si ritrova anche nei genitori PMA ed stato un punto preso in considerazione nella costruzione dello strumento. Nei padri tale rapporto viene mantenuto solamente in una minoranza di casi e sono solo 3 i padri che parlano anche di emozioni negative:
-Felicit -Desiderio di proteggerli -Rabbia/vergogna (P2).

Questo fatto potrebbe essere dovuto alla maggiore quantit di tempo trascorsa dalle madri con i figli, che pu permettere di sperimentare un rapporto pi completo allinterno del quale esprimere anche componenti ambivalenti.

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Per i padri forse il non poter disporre di tale tipo di esperienza tende a precludere la possibilit di inquadrare il loro rapporto anche in termini di difficolt che potrebbero legarsi al poco tempo passato insieme. Tra le emozioni negative quella che compare maggiormente la Rabbia, mentre ve ne sono diverse relative a preoccupazioni di vario tipo come la Paura, la Preoccupazione, lAnsia. Da notare che 2 padri e 2 madri non si sono espressi in termini di emozioni servendosi invece di risposte che fanno riferimento ad avvenimenti:
-Quando la vedo dormire nel suo lettino -Quando dice Mamma ti voglio bene -Quando c qualcosa che non va farle le coccole (M1)

o ad aspetti del bambino che suscitano emozioni:


-La sua allegria -Il suo sorriso -Essere socievole (M3) -La sua allegria -Il suo carattere -La sua voglia di creare e di costruire (P3)

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-Rivedere foto filmini ecc. -Quando lo tosiamo si evidenzia i suoi tratti -I suoi sguardi molto profondi (P4)

Ricordiamo che questa domanda chiedeva: Quali sono le tre emozioni pi forti che le suscita il suo bambino? . Mi sembra significativo il fatto che questi genitori non abbiano espresso i propri sentimenti in termini di emozioni bens utilizzando aspetti concreti ed esempi da cui si pu dedurre il tipo di emozione. Da sottolineare che durante la consegna del materiale alcuni genitori avevano espresso alcuni dubbi rispetto a tale domanda chiedendo chiarimenti, ma nonostante ci alcuni si siano comunque espressi in un modo diverso. La lettura di questo dato potrebbe andare verso lesistenza di una certa difficolt incontrata nel rintracciare ed esplicitare le proprie emozioni rispetto al rapporto col bambino. Rispetto alle posizioni delle emozioni notiamo come quelle maggiormente citate al primo posto siano Amore, Gioia e Felicit. Da notare che in questa posizione non compare alcuna emozione con caratteristiche negative (si tratta di un termine fuorviante che fa per riferimento alle macrocategorie scelte per lanalisi). In seconda posizione prevale la Tenerezza e cominciano a comparire emozioni negative come Paura e Apprensione. Nella terza infine prevale nettamente la Rabbia e vi comunque un netto aumento delle emozioni negative, anche se rimangono molti genitori che citano emozioni positive. Si assiste quindi ad una tendenza verso la variet e lambivalenza nellespressione delle emozioni (come nei genitori PMA e in minor misura in quelli naturali). Anche qui non si notano particolari differenze tra madri e padri adottivi che manifestano le stesse tendenze di risposta. Nei genitori PMA si riscontra lespressione di emozioni pi diversificate nei padri rispetto alle madri, indice di un probabile coinvolgimento emotivo pi profondo e di una riflessione interiore pi partecipe. Si mantiene comunque quella differenza legata allo specifico dei ruoli materno e paterno rinvenuta nei genitori naturali. Nella domanda n5 abbiamo indagato i desideri e le paure dei genitori per i loro bambini.

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Nei desideri abbiamo utilizzato le stesse categorie danalisi usate nella ricerca sui genitori PMA ovvero Intelligenza, Protezione dai Moralit, pericoli , Salute, Autonomia , Felicit, Socievolezza,

Autorealizzazione e Altro. Le punte pi alte si trovano rispetto alla Salute, alla Felicit (specie la Serenit e la Sensazione di essere amati) e la Socievolezza (particolarmente un Buon rapporto con gli altri e Buon rapporto con la famiglia). Laspetto legato alla Salute comune a tutte le categorie genitoriali (adottiva, PMA, naturale), mentre quello della Socievolezza pi enfatizzato nei genitori adottivi. Forse essi temono pi degli altri genitori che i figli possano avere dei problemi proprio a causa della condizione adottiva:
Che impari a giocare con i bambini (M5), Che abbiano un rapport o sereno con gli altri (P2), Che si trovasse di pi a suo agio anche al di fuori dellambiente familiare, in mezzo alla gente (P5), Che si integrino bene nella societ (P7).

Oppure i desideri sono relativi al bisogno di colmare la situazione di carenza e abbandono precedente ladozione:
Vorrei riuscire a darle quelle opportuni t che non avrebbe potuto avere l dove nata (P1), Che si avverino tutti i suoi sogni (M1), Che si senta sempre amato e protetto da noi, e che non tema pi un eventuale abbandono (M5), Desidererei che ricevessero da tutti lamore di cui necessitano (M7).

Oppure temono che non riescano ad apprezzare la nuova famiglia e a vivere felici allinterno di essa:
Amare la sua famiglia (M3), Un buon rapport o con la sua famiglia (P5),

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Una famiglia sempre unita come siamo noi (P10).

E a questo riguardo emergono dei dubbi rispetto alla propria funzione genitoriale:
Che quando sar grande riesca a vedermi come una buona madre (M6), Che capisca quanto bene gli vogliamo (M9), Che vedano nei loro genitori sempre un punto di riferimento (P7).

Si potrebbe vedere in questo tipo di risposte lemergere di una paura rispetto al non essere riconosciuti dal figlio come buoni genitori o il non riuscire ad esplicare al meglio il proprio ruolo genitoriale. Sembra riaffiorare lidea di una genitorialit che viene messa alla prova continuamente e in questo forse si sentono i riflessi dei pregiudizi sociali e della lunghezza e delle componenti valutative delliter adottivo affrontato. Nelle paure abbiamo trovato un insieme di risposte che non rientra nelle categorie valide per i genitori PMA ( Danni fisici o sociali , Malattie e Altro). Si tratta di un gruppo di risposte piuttosto consistente che noi abbiamo deciso di raggruppare sotto la categoria Conseguenze delladozione. Si tratta infatti di aspetti molto diversi tra loro e dei pi svariati tipi che sono inerenti ladozione come lelaborazione del lutto:
Paura che non riescano ad elaborare labbandono (M2), La paura che un giorno possa riaffiorare il ricordo di un passato non felice(M7).

Il peso dellessere adottato:


Ho paura che soffra quando da grande capir, veramente, cosa significa essere stato adottato (M5), La paura che un giorno possano sentire il peso di essere figli adottati (M7), Che gli venga fatto pesare lessere un bimbo adottato (P5),

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Qualche frase che possa ferirla detta da persone i gnora nti in situazioni particolari (P10), Le forme di razzismo nei suoi confronti (M1).

Il sentirsi diverso dagli altri:


Ho paura che si senta un po diverso dagli altri bambini (M5).

Possibili problemi psicologici dovuti al suo passato o alla sua condizione adottiva:
Che nella sua adolescenza viva un momento critico a causa delladozione (M4), Che il loro passato possa in futuro creare problemi psicologici (P7).

Il desiderio di conoscere le sue origini:


Paura che un giorno non ci riconosca pi come genitori e che voglia cercare le sue origini (so che sicuramente lo aiuter ma mi fa paura ) (M9), Quando comincer a fare domande precise sulle sue origini spero di dare tutte risposte soddisfacenti per lui (P9).

Ed altri ancora:
Che un giorno la madre naturale me lo porti via (M6).

Si pu ipotizzare che tale dato sia ancora una volta un residuo dellesperienza delliter adottivo lungo il quale i genitori sono stati messi in guardia (a volte in modo eccessivo) sulle possibili difficolt del figlio derivanti dalla sua condizione adottiva. Oppure si possono chiamare in causa i pregiudizi socioculturali legati a tale condizione, con i timori di esclusione o dellemergere di sentimenti di diversit. Per le restanti risposte torna ancora una grande preoccupazione per le malattie che speculare ai tanti desideri di salute. Abbiamo visto come i genitori PMA tendano ad avere minori preoccupazioni rispetto a pericoli provenienti dallesterno. Al contrario i

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genitori adottivi mostrano di essere pi preoccupati proprio per ci che pu minacciare il bambino allesterno. In questo caso, oltre alla paura di discriminazioni da parte dellambiente sociale attuale, troviamo anche il timore per le sofferenze inferte dallambiente povero e degradato da cui il bambino proviene. Sembra affiorare il timore che lintervento dei genitori non sia sufficientemente salvifico e che il danno sia irreversibile. Lambiente familiare viene cos caricato da questi genitori di una responsabilit protettiva anche maggiore. Rispetto ai Danni fisici o sociali le preoccupazioni possono venire divise in due tronconi: quello che comune a tutti i bambini (incidenti, droga, pedofilia, brutti incontri) e quelli invece legati alla condizione adottiva (non essere accettato da altri a scuola, razzismo). Per quanto riguarda risposte come adolescenza e apprendimento scolastico sono riferite alla condizione adottiva dalle affermazioni dei genitori stessi, che temono particolari difficolt dovute alladozione. Si avverte inoltre un senso di precariet, insicurezza e di minaccia proveniente dallambiente esterno che si pu ripercuotere allinterno del nucleo familiare. Un padre ha espresso le sue paure utilizzando la categoria Niente, mai comparsa nei genitori PMA e naturali. Nella domanda n6, quella relativa alla valutazione del rapporto con il bambino, vediamo la netta prevalenza di un vissuto di grande soddisfazione: 14 genitori su 20 affermano che il rapporto con il figlio molto soddisfacente. Di questi per solo 6 affermano anche lesistenza di una componente di fatica. Nessun genitore afferma che il suo rapporto con il figlio sia solamente faticoso o molto faticoso se non accompagnato ad una valutazione positiva molto soddisfacente o abbastanza soddisfacente. Questo pu essere indice di grande gioia per aver ottenuto il bambino; una gioia cos forte che pu occultare quelle componenti negative presenti in ogni rapporto interpersonale, specie quello tra genitore e figlio. Oppure potrebbe trattarsi del riflesso di componenti valutative del ruolo genitoriale riattivate dalla consegna del questionario da parte di un futuro psicologo allinterno del gruppo post- adozione. Pi della met del gruppo (12 soggetti) asserisce (domanda n7) di avere immaginato il loro rapporto con il bambino proprio come lo stanno

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vivendo

ora.

restanti

genitori

affermano

invece

di

non

averlo

immaginato cos, fornendo, in sporadici casi, spiegazioni circa tali difficolt. Esiste una corrispondenza fra le risposte del nostro gruppo e quelle dei genitori PMA e naturali indagati in precedenza. La successiva domanda (n8) si riferisce al ricordo di un avvenimento ritenuto particolarmente significativo nella costruzione del rapporto con il bambino. Il dato pi saliente, sempre facendo un confronto con la ricerca sui genitori PMA, il fatto che i genitori adottivi non mostrino (tranne un soggetto) alcuna difficolt a ricordare. Tale difficolt riguarda ben il 50% dei soggetti appartenenti sia al gruppo dei genitori PMA che quello dei genitori naturali (Fagandini, Bevolo, Landini e Vaccari, 1998). Si potrebbe ipotizzare che i genitori adottivi, ottenendo il bambino non immediatamente dopo la sua nascita, ma spesso in un periodo successivo, non subiscano quel meccanismo di amnesia che riguarda, secondo gli Autori, i primi momenti della genitorialit, e soprattutto lesperienza confusiva e traumatica del parto. Non da sottovalutare lesperienza formativa e di riflessione vissuta negli incontri di gruppo che pu aver notevolmente facilitato lemergere di tali ricordi. I dati pi significativi sembrano per forniti da affermazioni relative alla nascita della consapevolezza di essere genitori: questo avviene in momenti diversi da quello dellarrivo del bambino, e in riferimento a particolari situazioni relazionali. Tali momenti sono molto significativi per il genitore adottivo che li designa come una specie di seconda nascita: della famiglia, del genitore, del figlio:
La prima grossa litigata perch ci ha aiutati a stabilire i ruoli: genitorifiglio (M8).

Soprattutto nel momento di espressione dei sentimenti di amore o manifestazioni di affetto del bambino verso i genitori: si ha limpressione che questo evento venga considerato come linizio del loro rapporto:
quando per la prima volta mi ha detto ti voglio bene (M9),

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Un pomeriggio (quando aveva circa 3 anni ) ho sgridato i figli dei vicini perch lanciavano oggetti (pesanti ) oltre la siepe nel nostro giardino rischiando di colpirlo. Lho preso in braccio mentre li sgridavo e lui tutto felice mi ha detto: Mamma, mi piaciuto , li sgridi un altro pochino? . Secondo me da quel giorno si sentito ancora pi protetto (M5), Una sera mentre stavo addormentando la mia bambina tra una coccola e laltra lei mi ha stretto forte e mi ha detto ti voglio tanto bene. Per me stata una cosa molto emozionante (M10), Mi ha messo un braccio intorno al collo e, senza dire nulla, mi ha stretto forte. Mi sono emozionato per il suo ringrazi amento (P5), Quando mi vide scendere dal pulman mi corse incontro con un abbraccio e bacio. La cosa mi aveva commosso (P10).

Oppure ancora emblematica la frase di un padre che sottolinea limportanza del momento in cui il bambino per la prima volta lo ha chiamato pap:
La prima volta che riferendosi a me ha detto a chi ci stava intorno QUESTO IL MIO PAP (P9).

Sembra che i genitori avvertano una sorta di difficolt a riconoscersi come tali. Si ha limpressione che essi attendano una sorta di conferma, un segno che sancisca un riconoscimento esterno. I padri adottivi tendono a riferire situazioni relative al ricongiungimento dopo il lavoro o a difficolt che si sono risolte consolidando il rapporto:
Nei primi due mesi C. non mi considerava molto, cos con pazienza ho dovuto meritarmi la sua fiducia, ci sono alla fine riuscito (P6).

Tali vissuti si avvicinano molto a quelli descritti dalle madri adottive, cosa che invece non accadeva nel confronto tra i padri e le madri PMA. Anche questo pu essere un indice di un percorso genitoriale molto pi simile tra i coniugi rispetto alla nascita a seguito di una gravidanza. Nella domanda n9 si chiede ai genitori cosa cambierebbero nel loro rapporto con il bambino.

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La madri adottive prevalentemente (6 su 10) rispondono che non vorrebbero cambiare nulla, considerando il rapporto attuale gi molto positivo.
In questo momento non vorrei cambiare niente (M1), Non ho un rapporto ideale nella mia mente a cui per forza far riferimento. Per ora mi piace cos, si cresce insieme e non sappiamo dove ci porter (M4), Niente perch malgrado i momenti di rabbia, un rapporto chiaro e limpido con tutte le componenti di un rapporto di madre e figlio (per adesso) (M6).

Le restanti madri gradirebbero avere pi tempo da trascorrere con il figlio oppure riuscire ad essere pi severe:
Vorrei avere ancora pi tempo e sempre di pi (M3), Devo essere pi severa (M2).

I padri adottivi manifestano una minore tendenza a rispondere in modo assoluto e solo in 3 casi si esprimono affermando di non voler cambiare nulla nel rapporto:
Tr ovo difficile voler cambiare qualcosa, va bene cos (P9).

La maggior parte delle risposte si focalizza sul proponimento di migliorare tale rapporto attraverso, anche qui, una quantit maggiore di tempo passato insieme e una maggiore severit e inoltre cercando di partecipare di pi al gioco e al dialogo con il bambino:
Vorrei passare pi tempo con loro. Vorrei parlargli di pi e meglio. Vorrei avere pi pazienza (P2), Vorrei che mi ascoltasse di pi, che fosse pi ubbidiente, che mi facesse partecipare di pi ai suoi giochi . Vorrei essere pi paziente ed arrabbiarmi di meno (P5), Vederla e potere stare insieme a lei qualche ora in pi (P10).

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Lultimo aspetto indagato dal questionario (domande n10 e 11) quello relativo alla rivelazione della nascita del bambino e alle modalit con cui ci stato fatto. Notiamo subito come la stragrande maggioranza del gruppo (15 coppie su 20) ha gi detto al bambino la verit circa la sua condizione di bambino adottivo. Tra i cinque che invece non lhanno fatto una coppia ha adottato una bambina grande che gi era a conoscenza di tutto:
era gi grande e lei sapeva gi tutto (P8).

Mentre unaltra coppia ha adottato una bambina molto piccola che, a loro giudizio, non ancora in grado di comprendere appieno tali significati:
Vista let non ancora. Stiamo iniziand o adesso (P10).

Solo in un caso i due coniugi differiscono rispetto a tale risposta: si tratta per di un padre che afferma di aver trattato poco largomento lasciando maggiormente lincombenza alla moglie, ma nella consapevolezza comunque che si tratta di un suo limite:
Poco, spesso ci pensa la madre, un mio limite e me ne dispiace (P6).

Lorientamento predominante quello quindi di essere sinceri e aperti verso il bambino, forse anche sotto la spinta della nuova legge e delle indicazioni degli operatori. Rispetto alle modalit utilizzate per la rivelazione ne predominano principalmente due: la prima lutilizzo di favole, cartoni animati, filmini, foto che raccontano ladozione o la storia del bambino. La seconda, utilizzata soprattutto dalle madri, il riferimento alla pancia di unaltra mamma che non poteva tenere il bambino. Lutilizzo del termine pancia sembrerebbe un esempio di oggetto parziale che utile ad evitare limmagine di una persona intera con una propria identit, storia, affetti, esistenza da cui deriva la nascita del bambino: una persona intera con cui mettersi a confronto, con cui paragonarsi. Il ricorso alloggetto parziale risulterebbe essere una difesa

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a cui genitori adottivi farebbero ricorso (ben 7 sui 15 che hanno fatto la rivelazione):
Ho spiegato a mia figlia R. che lei nata in India dalla pancia di unaltra Mamma (M1), Che nata a Mosca, dalla pancia di unaltra mamma .Che la cicogna ha sbagliato strada. (M4).

La paura del confronto con la mamma naturale evidente nella risposta di una mamma che utilizza lespressione bella signora per indicare la madre naturale del bambino e poi la svaluta affermando che questa non era brava a fare la mamma come invece si sente lei:
Gli ho dato spiegazioni: che io non riuscivo ad avere bimbi con la pancia ma mi sentivo una buona mamma e la bella signora che ha fatto nascere lui non era brava a fare la mamma cos lo ha portato in una scuola insieme ad altri bambini che aspettavano la mamma. (M6).

A volte questa rivelazione assume i connotati di una storia personale, una specie di favola, dai contenuti dolorosi:
A 3 anni gli ho spiegato che i bimbi crescono nella pancina delle mamme ma, siccome la mia era un po rotta, ho dovuto farlo crescere nella mia mente e nel mio cuore per un po di tempo finch non ho potuto raggiungerlo. Lui sembra soddisfatt o di questa sua storia e adesso quando gli racconto favole a volte mi dice: Adesso mi racconti la mia storia? (M5).

Ancora un madre fa riferimento alla pancia di unaltra mamma, ma mette il termine tra virgolette come se si trattasse di un modo di dire o di una frase fatta:
in diverse occasioni sono stati loro ad introdurre largomento della loro provenienza da un altro paese, da unaltra pancia , da unaltra mamma (M7).

I due padri che parlano della pancia utilizzano le medesime modalit scelte dalle madri:

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R. sa che nata in India dalla pancia di unaltra Mamma con laiuto di un altro Pap (P1), Raccontando che nato dalla pancia di una signora che quando stato il momento di diventare mamma non ce lha fatta e che li ha portati in una grande casa con tanti bimbi e con delle tate che si prendevano cura di lui. (P9).

Donald Winnicott, in un suo contributo sulladozione, utilizza parole molto simili: Vi sarete domandati quando questo ragazzo abbia saputo di essere stato adottato: penso che la cosa avvenne quando aveva circa tre anni: gli era stato detto [] come nascono i bambini. La mamma gli aveva detto: Sai, tu vieni dalla pancia di unaltra mamma, non dalla mia. Io ti ho preso con me perch la tua vera mamma non poteva occuparsi di te (Winnicott, 1953) 1 . Laltra modalit (utilizzo di foto, filmini, fiabe, cartoni animati) pu essere dovuta a consigli degli operatori o comunque al fatto di legarsi a tutta una serie di attivit in cui i bambini trascorrono buona parte del loro tempo, specie i cartoni animati e le favole:
Attraverso alcuni cartoni animati (Dumbo, Bianca e Bernie, ecc.) e tramite foto e le cassette di quando siamo andati a prenderlo. (M4),

Le racconto una favola che assomiglia un po alla sua storia (M10),


inizialmente riguardando foto, film ecc. Anche con cartoni tipo Dumbo ed altri (P4), Allinizio era come una fiaba poi un po alla volta si arricchita di pi particolari. Ora molte volte la chiede lui (P5).

In alcune risposte si enfatizza lesito positivo di tale processo di rivelazione, semplice e lontano dallincorrere in problemi di alcun tipo:

Due bambini adottati. In Winnicott, D.H. (1987).


1

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raccontando in modo semplice la verit (M9), Al linizio era come un gioco poi man mano che lui cresceva ha capito di che cosa si tratta senza traumi (P3).

Emergono anche frasi molto crude che evidenziano la precariet della situazione in cui viveva il bambino:
dicendo loro che sono nati in un posto dove non cera da mangiare e dove nessuno poteva occuparsi di loro (M7).

Per fare un confronto con la ricerca sui genitori PMA rispetto allinterpretazione data al termine nascita, possiamo constatare come, nella maggioranza dei casi, si faccia riferimento alla nascita biologica del bambino attraverso lutilizzo, come abbiamo visto, della pancia di unaltra mamma. Emerge per un aspetto interessante. Accanto a questa nascita naturale se ne accosta unaltra, quella del viaggio per andare a prendere il bambino e della nascita della famiglia a partire da quel momento:
Mamma e Pap, che desideravano tanto un bambino, hanno preso laereo per andarli a prendere (M2), Abbiamo iniziato quasi subito a raccontargli la sua storia di come eravamo andati a prenderlo (P5).

Sembra che i genitori adottivi siano consapevoli dellesistenza di una storia personale del bambino in cui si colloca levento nascita, ma che vogliano anche enfatizzare quella che per loro stata la vera nascita del bambino, ovvero il suo ingresso nella loro vita. Si tratta evidentemente di un evento emozionalmente molto forte che riveste un significato particolare per i genitori adottivi:
Gli ho spiegato che labbiamo tanto desiderato e tanto aspettato che finalmente quel giorno il nostro sogno si avverato! (M5).

Cos essi, nonostante abbiano la piena consapevolezza dellimportanza del passato del bambino, tendono a mettere tale esperienza un po in secondo

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piano e, soprattutto, a fare risaltare limportanza positiva di una nuova vita che possono condividere con il bambino. Abbiamo tracciato unimmagine di genitorialit adottiva secondo gli spunti fornitici dal questionario PMA. Si ottenuta unimmagine di genitori in parte differente da quella che possiamo definire normale. Si tratta di unimmagine che presenta caratteristiche proprie che denotano lesistenza di un particolare itinerario di crescita. Tale diversit crediamo possa essere vista come lespressione di unesperienza relazionale molto complessa. Sappiamo infatti che ladozione, per le sue caratteristiche, richiede ai genitori una tempistica molto lunga in cui si pu dare spazio alla riflessione e alla elaborazione di vari contenuti e situazioni. Uno tra questi certamente il proprio ruolo genitoriale e la propria identit come genitore che pu cos configurarsi con componenti molto profonde ed emotivamente diversificate rispetto ad altri tipi di genitorialit, specie nei padri adottivi. I dati, lo abbiamo sottolineato pi volte, indicano lesistenza di possibili tendenze che non possono essere generalizzate data lesiguit del campione. Essi per forniscono una fotografia abbastanza dettagliata del gruppo del dopo- adozione. Abbiamo riscontrato alcuni dati che possono essere visti come segni di difficolt spesso esplicitate chiaramente. Nellambito affettivo:
Ho avuto paura! Mi sono resa conto della loro fragilit (M2), Ero ancora in una fase in cui la mia gelosia verso di lui era forte, .. .e lui ha preferito andare in braccio ad una mia amica piuttosto che a me. Ho avuto bisogno di tante conferme per capire che sono io la sua mamma (M4), Allinizio per ovvi motivi non si riusciva ad avere un buon rapporto poi pian piano con un po di serenit tutto passato (P3), La paura che si legasse ad altri (P4).

E in quello educativo:
Il pi delle volte sembra non ascoltarmi neanche (M5).

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Non abbiamo riscontrato per ulteriori indicatori di sofferenza che non fossero legati, come abbiamo visto, alle difficolt incontrate allinizio di un rapporto nuovo e speciale come quello con un bambino adottivo. Tali sensazioni possono essere legate alla complessit delle emozioni e possono produrre una maggiore consapevolezza da parte dei genitori e ulteriori risorse da spendere nella relazione con il bambino. In questo percorso lesperienza del gruppo pu avere contribuito a sviluppare una maggiore consapevolezza delle difficolt e delle responsabilit proprie di tale rapporto, ma ha contribuito anche alla loro elaborazione. I genitori del gruppo post- adozione hanno manifestato il desiderio di eseguire un incontro di restituzione al termine della ricerca. Questo ci fa supporre che la possibilit di essere informati sui risultati di unindagine che li riguarda pu rassicurarli sulle proprie capacit e funzioni genitoriali e metterli al riparo dalla sensazione di vulnerabilit rispetto alla propria funzione genitoriale. Daltra parte questo desiderio sembra essere la naturale conseguenza dellatteggiamento comunicativo con il quale i genitori hanno accettato, affrontato e compilato il questionario. Esso risultato unoccasione per confrontare e pensare lesperienza della genitorialit, e ha permesso lemergere della ricchezza della funzione genitoriale, attraverso un bisogno di raccontarsi che ci ha fatto riflettere su quanto la narrazione possa essere considerata uno strumento capace di innescare lelaborazione di vissuti molto profondi.

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4. DESCRIZIONI
Presentiamo in questa sezione il secondo strumento utilizzato nel corso dellindagine con i genitori del gruppo del dopo- adozione: le Descrizioni. Vedremo successivamente a quale strumento esso si ispira e dedicheremo ampio spazio allesplicitazione delle sue caratteristiche e delle modalit di consegna del materiale. Verr poi presentata la griglia di analisi costruita appositamente per estrapolare dati significativi da tali racconti e presenteremo un rapido excursus riguardante i contributi narratologici che ne hanno ispirato la creazione. Infine passeremo in rassegna i risultati ottenuti proponendo alcune chiavi di lettura.

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Strumento utilizzato
Lidea di somministrare le Descrizioni nata dallosservazione di uno strumento molto simile per caratteristiche che stato pi volte usato dai Servizi Sociali di Carpi durante lindagine socio-psicologica, ovvero il Diario di una giornata di 5 anni dopo. Mauro Favaloro (1990) lo definisce Diario Futuro Commentato (DFC): A ciascuno dei coniugi viene fornito un foglio di quelli utilizzati dal Servizio per compilare le cartelle e che opportunamente riportano la dicitura diario. La coppia viene invitata a scrivere una pagina di diario che si collocher ad esattamente cinque anni nel futuro. [] si tratta di una normale pagina di diario nella quale si pu scrivere quello che accade durante la giornata, i propri pensieri e le proprie riflessioni. La compilazione di tale strumento personale, quindi ogni coniuge compila separatamente le pagine del diario. Nel nostro strumento abbiamo scelto di rinunciare alla componente di proiezione nel futuro e quindi alla componente immaginativa, mentre rimasta intatta quella relazionale-affettiva. uno strumento aperto che fornisce molte informazioni e per questo motivo diviene difficile analizzarlo: abbiamo per optato per questo tipo di analisi poich laltro strumento della nostra ricerca (il Questionario) affronta alcune tematiche delladozione con domande e possibilit di risposta pi mirate. Naturalmente, trattandosi di uno strumento molto aperto che lascia ampia possibilit di risposta, non possibile aspettarsi unanalisi di tipo quantitativo-statistico. Lo scopo quello di far emergere tutta la ricchezza possibile dellesperienza dei genitori adottivi per ottenere il maggior numero di informazioni e per lasciare libert di risposta ai genitori. Le tipologie di risposta sono le pi svariate: si va dalle poche righe in stampatello, alle quattro pagine scritte al computer (solo considerando un criterio molto macroscopico e di immediata percezione come la lunghezza degli elaborati).

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Non si trattato di un compito agevole e molti genitori si sono confrontati con la Dottoressa Confetti, al momento della restituzione del materiale, circa le difficolt incontrate. Evidentemente tale indagine andata a toccare degli aspetti molto delicati, specie da un punto di vista emotivo, dei genitori adottivi che non a caso hanno manifestato uniniziale diffidenza, ma anche grande interesse per i risultati di tale ricerca.

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Consegna
La consegna stata eseguita direttamente al gruppo durante una giornata di incontro mensile, precisamente il giorno 13 aprile 2002 a Carpi. Il gruppo era gi stato preventivamente informato dalla Dottoressa Confetti della ricerca e dellincontro fissato con il sottoscritto. La consegna consistita nella distribuzione del materiale allinterno di alcune buste. Ogni busta conteneva il materiale per un singolo componente della coppia e recava allesterno unetichetta che identificava il destinatario (per il pap, per la mamma). In ogni busta erano presenti: -un foglio di presentazione della ricerca; -un foglio per le notizie anagrafiche (nome, cognome, et, occupazione, numero figli); -un documento per la garanzia del diritto di privacy; -il Questionario (vedi sopra); -un foglio bianco con lintestazione: Descrivi una giornata con tuo figlio (che noi abbiamo definito Descrizione). Ogni singolo documento stato analizzato chiarendo lo scopo e le caratteristiche di ognuno. Sono state poi date risposte ai vari quesiti proposti dai genitori a seguito di questa presentazione. stata inoltre ribadita la disponibilit ad una consulenza di tipo telefonico in caso di dubbi durante la compilazione del materiale (cosa di cui nessuno si servito). Si prestata attenzione ad eventuali difficolt e si sottolineata la necessit di eseguire la consegna separatamente e non in coppia. I genitori avevano un mese di tempo per compilare il materiale per poi riconsegnarlo nellincontro fissato per il mese di maggio.

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Griglia per analisi dei dati


Data la complessit e la vastit dei dati ottenuti abbiamo dovuto ricorrere ad una griglia di analisi che ci consentisse di raggruppare per categorie linfinita mole di informazioni. Ho elaborato questa griglia sulla base di alcuni suggerimenti del professor Gian Luca Barbieri seguendo delle categorie narratologiche e semiologiche e le indicazioni di vari Autori 1 . La griglia si divide in tre macrocategorie di analisi: 1-ANALISI TEMATICA 3-ANALISI LINGUISTICA (di cosa si parla?) (con quali parole?) 2-ANALISI STRUTTURALE (come se ne parla?)

Ognuna di esse poi costituita da varie sottocategorie: 1 A B C 2 A B C D E


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-personaggi -contesto (spazio e tempo) -eccezionalit/ricorsivit di cellule narrative -disposizioni dei fatti (collegamenti cronologici, logici, causali) -ellissi -flashback/anticipazioni -dimensioni testuali -destinatario

Apriamo una piccola parentesi riguardo la costruzione della griglia di analisi. Allinterno di questa inizialmente stato inserito il modello di Giancarlo Lai (1993; 1995). Si tratta di un modello, pensato ed utilizzato nellambito della terapia psicoanalitica, che cerca di rintracciare il motivo narrativo del racconto del soggetto per poter poi restituire allo stesso quanto stato colto dal suo interlocutore. Il punto centrale del modello che non si va mai al di sotto della superficie testuale, non si cerca nessuna verit nascosta: tutto gi contenuto nel testo orale del paziente (Arrigoni e Barbieri, 1998). Lai si affida quindi ad un mero spoglio lessico-grammaticale, alla ricerca di statistiche circa la frequenza di pronomi, tempi, verbi nel tentativo di rintracciare una corrispondenza che connetta tali elementi ai motivi narrati. Si tratta di unanalisi linguistica attenta e rigorosa della conversazione psicoanalitica registrata su nastro magnetico (nel nostro caso di un contenuto testuale) alla ricerca di quelle componenti lessicali suscettibili di aprire uno spiraglio nellinteriorit del soggetto in questione. Grazie alla registrazione e trascrizione il tutto pu essere letteralmente sezionato tenendo conto solo del livello grammaticaletestuale e tralasciando invece le componenti extratestuali, personali e interpersonali: interessa solo la parola in s, la parola che rimanda solo a se stessa. Abbiamo analizzato le Descrizioni servendoci di tale strumento, ma i risultati non sono stati soddisfacenti. Ci sembrato un po eccessivo e del tutto non produttivo effettuare un conteggio numerico di frequenze rispetto alluso di verbi o di pronomi allinterno di racconti spesso molto brevi. Lai si serve di queste procedure allinterno della sua pratica psicoanalitica in pi incontri con lo stesso paziente. Attraverso la conoscenza reciproca che si viene a creare durante i colloqui riesce ad ottenere delle informazioni aggiuntive che lo aiutano ad interpretare meglio quanto ha estrapolato dal nastro magnetico. Possibilit che a noi per ovvi motivi preclusa. La decisione stata quindi quella di spostare maggiormente il nostro focus su altri elementi di carattere pi prettamente semiologico-narratologico e meno legati allambito psicoterapeutico.

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F 3 A B C D E F G H I

-focalizzazione -stile -distanza narrativa (discorso diretto/indiretto/diretto libero/indiretto libero) -nomi/ruoli -forme impersonali -tempi verbali -maiuscole -data e firma dellautore -correzioni -parentesi

Al termine di questo tipo di analisi il nostro proponimento stato quello di individuare le costanti, le zone di intersezione che emergono dallo spoglio accurato delle Descrizioni.

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Contributi narratologici
Il s ogge t t o de l r omanz o, i l l uo go, l i nt er va l l o cr o no l o gi co , l a f r equ en z a e l a f or z a deg l i ac c e nt i dr ammat i c i , l a p er s onal i t e l i de al e de i pr ot ag on i s t i , l am pi ez z a e l a nat ur a d el c on f l i t t o , i n una par ol a , l a v i s i on e de l mondo de l l a ut or e c on f e r i s co no al r ac co nt o i l s uo and ame nt o sp ec i f i c o (Bour n euf e Ouel l et , 1972) . Il Tass o s cr i v e v a ch e l op er a l e t t e r ar i a non un es er c i t o , non una c i t t , ma un uni v er s o, dov e l a r el az i on e f r a gl i e l e m en t i di n ami ca e g en er a vi t a (C or t i , 197 6) . L oper a dar t e i n e f f e t t i unor ga ni z z az i o ne uni ca e i r r i pe t i bi l e ; s pes s o l e s i s t a da va nt i i nd ug i a nd o (C or t i , 197 6) .

Occorrono alcune precisazioni preliminari rispetto ai concetti che ci hanno aiutato nello stilare la griglia di analisi delle Descrizioni e che quindi saranno daiuto per capire le direzioni del nostro lavoro. Divideremo tale trattazione in alcuni argomenti principali: tratteremo quindi del concetto di testo, dellarticolazione tra le caratteristiche di autore, narratore e personaggi, della dinamica che intercorre tra mittente e destinatario di unopera. Ci soffermeremo poi sui concetti narratologici di discorso, stile, punto di vista e focalizzazione, tempi e spazi e infine le concatenazioni tra fabula e intreccio.

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Testo
Segre (1985) presenta quelle che a suo parere sono le operazioni che con maggior utilit si possono applicare ad un testo. Nel nostro caso, dato loggetto di interesse di questo studio, per testo intendiamo un testo scritto, anche se tale termine ha una pluralit di rimandi e di impieghi che spaziano dalla composizione scritta ad ogni genere di enunciato verbale. Il termine testo pu designare anche un dipinto, una danza, una rappresentazione scenica, un film, una scultura (per spingersi agli estremi significati). Designa un oggetto di comunicazione in cui le parole che lo compongono sono viste come un tessuto (dal latino textus, tessuto). Ogni testo pu essere visto come una successione di strati o livelli: morfologico, fonologico, metrico. Lanalisi di Segre prende spunto dalle idee di vari autori che si sono interessati allambito della comunicazione e della narratologia: Jacobson, Benveniste, De Saussure, Hjelmslev, solo per citarne alcuni. Lassioma di partenza che la letteratura una forma di comunicazione (Segre, 1985). Secondo Austin (1962) 1 in ogni enunciato occorre considerare tre diversi aspetti che si realizzano contemporaneamente: latto locutivo (atto linguistico in senso proprio), latto illocutivo (atto che produce mutamenti nei rapporti tra gli interlocutori) e latto perlocutivo (atto non esplicitato linguisticamente che cerca di influenzare linterlocutore). Il testo letterario costituisce un tipo di situazione che, a differenza della comunicazione dialogica o colloquio, poco legata alla situazione immediata di emissione e quindi, pi che sulle caratteristiche perlocutive, si concentra maggiormente su quelle locutive. Viene comunque lasciato uno spazio sottile agli aspetti perlocutivi le cui potenzialit non vengono sviluppate ed esaurite subito, bens assumono una portata illimitata. La nostra esperienza del mondo, che si attua almeno in parte per il tramite di testi, scritti e orali, tende a trasformare in testo qualunque sintattico, lessicale, simbolico, enunciativo, prosodico,

Austin, J.L. (1962). How to do Things with Words. London: Oxford University Press. Citato da Segre, C. (1985).
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conoscenza, perch ogni conoscenza raggiunge la razionalit solo mediante la verbalizzazione (Segre, 1985).

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Autore, narratore e personaggi


In ambito letterario occorre distinguere nettamente il fatto che chi parla nel racconto, il cosiddetto narratore, non corrisponde a chi scrive nella vita reale, ovvero a colui che possiamo identificare con lo scrittore. Si tratta di ruoli che richiedono di essere tenuti ben separati. I rapporti che si istaurano reciprocamente tra queste figure, e tra questultime, i personaggi della storia e il lettore, sono un aspetto cruciale in ambito narratologico. Essi costituiscono uno strumento applicabile anche al nostro ambito di interesse. Si tratta di giochi di reciproca questi identificazione la e distacco del tipo che di possono discorso, fornire argomento molte che informazioni interessanti: dipende dalla distanza che viene creata tra scelta

attraverso

approfondiremo meglio in seguito. Arrigoni e Barbieri (1998) fanno riferimento alla ricerca di quelle quantit variabili di inconscio che emergono allinterno dei racconti, dei personaggi, soprattutto di quelli meno coinvolti con lidentit dellautore e che quindi subiscono una minore censura da parte dellautore stesso. Parola dellautore, parola del narratore e parola del personaggio si alternano e si intrecciano, rendendo a volte problematico individuare chi lemittente del messaggio in quel preciso momento, e che rapporto esiste tra i tre piani discorsivi. Il narratore, a seconda di dove va a posizionarsi allinterno della narrazione, assume caratteristiche differenti: pu essere un narratore omodiegetico o eterodiegetico in base alla sua posizione rispetto alla storia; oppure ancora intradiegetico o extradiegetico in base al suo livello narrativo. Questi concetti si allacciano molto da vicino alla tematica della focalizzazione, ovvero della prospettiva narrativa che il narratore adotta nella sua narrazione. La focalizzazione, come vedremo in seguito pi dettagliatamente, pu essere di diversi tipi e sar un punto fondamentale nella nostra analisi, una chiave di lettura che ci fornir interessanti spunti di riflessione. Il narratore, allinterno della narrazione, pu assolvere a funzioni di vario tipo: da quella narrativa (che riguarda il narratore in quanto tale), a

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quella di regia (riferita alla messa in atto, da parte del narratore, di un discorso metanarrativo tale da far risaltare lorganizzazione interna del testo); da quella di comunicazione (centrata sulla relazione narratorenarratario) a quella testimoniale (relativa al rapporto affettivo tra il narratore e la sua storia). Per finire la funzione ideologica (commenti didattici ed esplicativi alla storia da parte del narratore). I formalisti russi, tra i quali ricordiamo Sklovskij, Ejchembaum, Tynjanov, Tomasevskij, hanno individuato le cosiddette funzioni , ovvero i ruoli fissi dei personaggi presenti nei racconti. Si tratta dei ruoli attanziali rivestiti dai personaggi i quali possono essere distinti in alcune tipologie a seconda degli approcci utilizzati. Secondo gli approcci psicologisti la dimensione del romanzo si identifica con quella della realt del mondo reale: il personaggio nel testo viene visto come una persona reale, dotata di psicologia e carattere propri, che entra in rapporto con altri personaggi reali. Secondo i formalisti russi invece il testo si discosta fortemente dal mondo, una realt in s: i personaggi sono subordinati alla narrazione, al testo, ai meccanismi letterari. Esiste poi un terzo approccio che si interessa allinterazione testo- lettore: il personaggio viene visto in questo caso in modo dinamico e pragmatico. Riassumendo: ogni approccio propone una differente concezione del personaggio, rispettivamente come specchio della realt, pura funzione narrativa e riflesso dellinterazione testo- lettore. In questultima prospettiva interessante la distinzione di Hamon (1972) 1 di tre categorie di personaggi: referenziali (storici, sociali), commutatori (spie della presenza dellautore nel testo) e anaforici (con funzione organizzativa e di coesione del testo). Il personaggio romanzesco pu svolgere differenti funzioni allinterno del racconto. Da elemento di decoro, a vero agente della storia, da portavoce dellautore ad essere umano fittizio dotato di percezioni, sentimenti, modi di esistere. Souriau (1962) 2 distingue 6 tipi di forze o funzioni relative ai personaggi:
Hamon, p. (1972). Pour un statut smiologique du personnage. Littrature, 6, 86-111. Citato da Bouneuf, R., Ouellet, R. (1972). 2 Souriau, E. (1962). Grands problmes de lesthtique thatrale. Paris : CDU. Citato da Bouneuf, R., Ouellet, R. (1972).
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-il protagonista (la forza tematica, il personaggio che d allazione il suo primo impulso dinamico); -lantagonista (la forza oppositrice, un ostacolo, un impedimento per il protagonista); -loggetto (la rappresentazione del valore, lo scopo a cui si tende oppure loggetto temuto); -il destinatore (larbitro che dirige lazione: alla fine del racconto decide da che parte far pendere la bilancia); -il destinatario (il beneficiario dellazione, pu eventualmente ottenere loggetto anche se non necessariamente il protagonista); -laiutante (un aiuto o un impulso ad una nuova forza). Queste sei funzioni non sempre si ritrovano allinterno dei personaggi di ogni racconto. Alcune forze possono poi passare lungo il corso della narrazione da un personaggio allaltro, oppure coabitare allinterno di uno solo. Ci che a noi interessa nellanalisi di un romanzo sono i rapporti che si vengono a creare e ad intrecciare, tramite gesti e parole, tra i personaggi. Tali rapporti costituiscono un modo con cui il personaggio ci parla di s e degli altri a cui si relaziona. Vi uninteressante distinzione tra mimesi e diegesi (showing e telling ): nel caso della mimesi lautore finisce per annullarsi nei personaggi parlando con parole che escono dalle loro bocche; nella diegesi invece lautore gestisce egli stesso direttamente la narrazione, anche se la diegesi pura non si realizza praticamente mai. Nei testi facile rinvenire un alternarsi dei due tipi di enunciati, attraverso lutilizzo di precise posizioni rispetto alla materia o tramite luso della tecnica del romanzo epistolare. La distanza che si viene a creare tra autore, materia trattata e la posizione da cui si descrivono i fatti determinata dallasse che congiunge narratore e personaggio. Si parla in questo caso di punto di vista che pu presentarsi in vari modi come vedremo successivamente. Il rapporto interpsicologico che si istaura tra autore e personaggio per alcuni aspetti simile a quello che caratterizza la relazione tra medico e paziente in ambito psicoanalitico (Arrigoni e Barbieri, 1998).

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Nel mettere in scena i personaggi della storia lautore pu servirsi di due differenti tecniche di imitazione poetica formalizzate da Aristotele. La prima viene definita diretta: i fatti si svolgono davanti ai nostri occhi per il tramite degli attori; la seconda invece quella narrativa: in questo caso il tramite costituito dal narratore. Molti critici anglosassoni hanno ripreso e approfondito tale distinzione per poi applicarla allanalisi del romanzo. I termini utilizzati corrispondono rispettivamente a scena (scene) e riassunto (summary). Per completare la gamma dei procedimenti narrativi a disposizione dello scrittore occorre aggiungere la descrizione. A cosa serve la descrizione? Essa pu innanzitutto essere deputata a stabilire il ritmo del racconto: pu creare distensione dopo lazione, oppure partecipare alla creazione della suspense, oppure ancora costituire una sorta di ouverture per presentare il tono dellopera, pu assumere valore simbolico attraverso le pause ricorrenti nel testo che creano una sorta di complicit ritmica. Inoltre, e forse quella pi evidente, essa fa vedere, si assurge a funzione pittorica.

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Mittente e destinatario
Anche per quanto riguarda il lettore occorre fare delle distinzioni preliminari di importanza non secondaria (Eco, 1979). Possiamo avere un lettore reale, ovvero chi legge realmente la storia, detto anche lettore empirico, un lettore ideale (auspicato dallautore), virtuale (che potrebbe leggere il romanzo) o fittizio (che entra allinterno del racconto). Si pu parlare anche di narratario, il corrispettivo del narratore: non si tratta di un individuo reale, ma di un essere di carta, unistanza discorsiva interna alla storia. Lopera contiene in se stessa limmagine del lettore a cui destinata (Corti, 1976). Il riferimento al destinatario-lettore dobbligo. Marion (2000) afferma che lo scrivere un gesto che va verso laltro e per questo ha bisogno di un riconoscimento. Il versante comunicativo della scrittura risulta evidente se pensiamo a quanto latto dello scrivere sempre (dentro di noi) rivolto a un interlocutore, il lettore immaginario, destinatario del nostro atto creativo. E continua Marion: lidea di comunicare [] inevitabilmente legata allidea, sia pure globale e indistinta, di un mondo esterno con il quale entriamo in contatto e che pu suscitare un sistema complesso di emozioni e di ansiet non sempre facili da sostenere. Mittente e destinatario appartengono a tempi differenti che escludono la loro possibile compresenza allinterno della comunicazione letteraria. Si parla infatti di una comunicazione a senso unico caratterizzata anche da un contatto molto lieve e da un contesto che spesso ignoto al lettore. Inoltre la mancanza di segnali paralinguistici quali gesti, tono della voce, prossemica, mimica facciale, e la diversit di codice che si crea tra chi scrive e chi legge, pongono ulteriori difficolt. Come contraltare abbiamo anche degli elementi nettamente positivi: la possibilit di rileggere pi e pi volte a piacimento consente di ottenere una migliore comprensione del messaggio, non si creano vuoti di attenzione ed possibile effettuare verifiche su altre fonti dello stesso autore.

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Lautore il mittente del messaggio ed un elemento imprescindibile della comunicazione letteraria essendone il creatore e il garante della funzione comunicativa. Egli inoltre, per assumere tale funzione, deve porsi in modo particolare rispetto al destinatario: lautore quindi , ancor prima che scrittore, vera e propria autorit nella sue valenze di promotore e garante. Dallaltra parte abbiamo il lettore che non va confuso con il destinatario. A questi lasciata ampia libert in quanto non esiste alcuna lettura che possa emarginare la libert di immaginazione (Segre, 1985). Si tratta comunque di due figure, lautore e il lettore, difficilmente definibili e circoscrivibili allinterno di categorie precise. Ad esempio spesso ci si trova di fronte non allautore reale, storico, ma a quello che si rivela nellopera. Lo stesso dicasi per il lettore. Si parla in questi casi di autore e lettore impliciti che corrispondono rispettivamente al destinatore e al vero destinatario. Ogni discorso va considerato come un messaggio che passa da un mittente ad un destinatario tramite un codice comune che consenta il passaggio delle informazioni. I due soggetti mantengono le proprie individualit indipendentemente dalle variazioni possibili di contesto e contatto. I condizionamenti culturali si inseriscono nella possibilit da parte dellemittente di formulare messaggi e in quella del destinatario di comprenderli. Lautore implicito viene anche definito costruttore dellopera. Egli trasforma in procedimento artistico le emozioni, gli avvenimenti, le idee personali. Il lettore, durante la lettura dellopera, non pu esimersi dal costruirsi unimmagine di tale scrivente, qualunque sia il modo con cui questi si presenta. Il destinatario pu avere rapporti con lemittente, con lopera e con altri destinatari. Il destinatario costruisce un nuovo tipo di rapporto con lopera in quanto finisce per partecipare allo sforzo creativo dellartista. Con lopera per non intrattiene mai un rapporto lineare: al suo interno finiscono per mescolarsi relazioni che si rifanno a diversi livelli: semiologico, storico, psicologico, socio-culturale ed altri ancora. Quindi le nostre letture non si possono mai definire autonome, ma risultano

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sempre pesantemente condizionate. Ogni testo finisce per essere un insieme di molti testi date le innumerevoli forme di decodificazione o destrutturazione che si verificano ad ogni lettura. La dinamica del testo non mai sola: ad essa si accompagna sempre quella della lettura che pone il problema delle modalit di costruzione dellimmagine dellopera allinterno della mente del destinatario. Ricordiamo per che la competenza del destinatario pu essere anche molto diversa da quella dellemittente e che i codici di entrambi possono variare in modo significativo. Quindi, per essere in grado di decodificare un messaggio, non sufficiente la sola competenza linguistica, ma diviene indispensabile anche quella circostanziale: essere cio in grado di fare presupposizioni. La lettura non pu mai essere una lettura neutra, in quanta questa sempre condizionata e preceduta da unipotesi di interpretazione, anche se magari inconsapevole. Vari Autori hanno dato un contributo a tale aspetto: la lettura stessa [] gi impegno interpretativo, perch la

trasformazione che essa opera dei significanti in segni risulta da uno scontro tra codici di emissione e codici di ricezione, da una scelta tra valori possibili dei segni che non pu limitarsi strettamente alla denotazione (Segre, 1985). E continua lo stesso Segre: la realizzazione del testo [] in uno stato di continua potenzialit. Il testo resta materia scrittoria attraversata da righe di scrittura, inerti finch non vengano lette. Il testo prende a significare, e a comunicare, solo per lintervento del lettore Luniverso dei destinatari di unopera letteraria il precipitato di incessanti e spesso incontrollabili relazioni col testo (Corti, 1976). Il testo una macchina pigra che esige dal lettore un fiero lavoro cooperativo per riempire spazi di non-detto o di gi detto rimasti per cos dire in bianco, allora il testo altro non che una macchina presupposizionale (Eco, 1979).

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Il testo caratterizzato dal fatto di presentare al suo interno una grande complessit resa ancora pi grande dalla mole di non-detto, cio di non manifesto in superficie, nellespressione. Tale complessit costituisce il fulcro del lavoro del destinatario a cui viene chiesta una cooperazione attiva e cosciente. Un testo vuole che qualcuno lo aiuti a funzionare (Eco, 1979). Ogni testo ha bisogno per esistere di postulare il proprio destinatario, sia per poter comunicare, sia per poter esprimere tutte le proprie potenzialit. Il testo viene costruito proprio in base allidea di Lettore Modello (Eco, 1979) che lautore si costruito. Allo stesso tempo il Lettore Modello viene costruito man mano che procede la stesura del testo. Il narratore una voce (un essere di carta). Quando lautore scrive un romanzo affida ad una voce il compito di raccontare la storia. Non sempre facile individuare il narratore, ma in ogni caso esiste in ogni romanziere un narratore da non identificare mai con lautore. Ci possono anzi essere casi in cui lautore si distacca completamente dal narratore. Si pu distinguere un narratore interno (personaggio della storia) da un narratore esterno (non partecipa alla storia che racconta). Esiste poi un narratore di primo grado (quello che racconta la storia direttamente) e un narratore si secondo grado (quello che, come personaggio, racconta allinterno del racconto). Al narratore corrisponde il narratario, ovvero alla voce che racconta la storia corrisponde il destinatario di tale voce. Ogni volta che si crea una storia letteraria si costruisce, come abbiamo visto nel paragrafo precedente, un rapporto complesso tra autorenarratore- personaggio. Si realizza un gioco di specchi, una serie di rapporti complessi.

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Discorso
Interessanti sono i diversi modi con cui vengono fatti parlare i personaggi messi in scena dal narratore: le cosiddette voci materiali che attraversano il racconto (Arrigoni e Barbieri, 1998). Abbiamo: -un discorso diretto (le parole del personaggio vengono riportate fedelmente); -un discorso indiretto (il narratore filtra le parole del personaggio attraverso la sua voce); -un discorso indiretto libero (il narratore coglie e riporta in terza persona anche le intenzioni e i pensieri del personaggio); -un discorso diretto libero (le voci del narratore e del personaggio si sovrappongono perfettamente). Per fare un esempio per ogni tipo di discorso abbiamo rispettivamente: -Carlo pensa: ho freddo -Carlo pensa che ha freddo -Carlo aveva freddo -Ho freddo La scelta consente di stabilire una determinata distanza dal personaggio che si riduce man mano che si passa dal discorso diretto a quello indiretto, indiretto libero e diretto libero. Sono indicatori importanti della presenza a vari livelli dellautore e della sua interiorit. Le parole assumono un differente significato a seconda del tipo di contesto in cui vengono pronunciate, a seconda del tipo di discorso utilizzato, del tipo di formazione e concatenamento delle parole stesse e delle frasi. Analizzando nello specifico il discorso indiretto libero vediamo come questo sia caratterizzato da contenuti di discorsi e pensieri non introdotti da segni espliciti, ma gestito invece dal narratore. Questultimo manifesta chiaramente il fatto che non si tratta di pensieri suoi, bens del personaggio di cui sta parlando in quel momento. Esso caratterizzato dalla mancanza dei verba dicendi (come succede nel discorso indiretto) e dal fatto che lautore degli enunciati non viene indicato col pronome io, ma con quello di terza persona (come succede nel discorso diretto).

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La scelta del tipo di discorso non costituisce un meccanico passaggio da una forma allaltra o una scelta causale. Essa nasconde ed implica fortemente un determinato orientamento del mezzo di espressione linguistica utilizzato: come se il discorso disponesse di leggi proprie.

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Stile
Unaltra distinzione interessante quella che risale a De Saussure (1916) 1 : langue e parole, ovvero codice e messaggio. Anche questo concetto si collega alla distanza narratore- personaggio e in questo caso parliamo di scarto dalla norma. La parole, nel momento in cui nasce dalla langue, la usa, la distorce, la ricrea. Nello spazio che separa le due sfere del codice e del messaggio, della lingua e dello stile, si materializza uno scarto che sfugge al controllo della razionalit dellautore, e che permette al suo preconscio o al suo inconscio di lasciare tracce che aspettano di essere colte e interpretate (Arrigoni e Barbieri, 1998). La distanza tra codice e messaggio si manifesta attraverso lo stile utilizzato dallautore nella narrazione. Tutti gli autori che si occupano di linguaggio fanno uso di tale distinzione. Abbiamo quindi una langue definita lingua di comunicazione come istituto sociale. Implica la volont di comunicare, di farsi capire, di usare un codice condiviso. una comunicazione condivisa. E poi la parole, ovvero laspetto individuale della langue: appropriandosene la si attualizza. quello che usiamo quando parliamo. Non si d luna senza laltra. Una d per scontato che esista laltra, altrimenti entrambe non esisterebbero. Allinterno di un romanzo, o comunque allinterno dei generi letterari, difficile, se non impossibile, fornire una definizione precisa e unitaria dello stile utilizzato. Lautore non comunica soltanto riflessioni e sentimenti propri, ma inventa un mondo, con situazioni e personaggi, riferisce direttamente o indirettamente discorsi (Segre, 1985). Incontriamo cos nei vari testi una contaminazione continua di stili gestiti dal narratore. Bachtin (1963) 2 parla a questo proposito di testo stilisticamente pezzato, che varia in base alla persona che sta parlando e allorizzonte visivo da cui si guardano fatti e luoghi.
De Saussure, F. (1916). Corso di linguistica generale. Bari: Laterza. Citato da Volli, U. (1994). 2 Bachtin, M.M. (1963). Problemy poetiki Dostoevskogo. Moskva: Sovetskij Pisatel. Citato da Segre, C. (1985).
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Infine un romanzo pu essere composto in due modi: orizzontalmente, in quanto successione di episodi nei quali si esplica una serie di eventi riguardanti vari personaggi, motivi e temi che possono in diversi modi intersecarsi e trasformarsi; verticalmente, in cui ogni episodio organizza gli elementi appena visti in proporzioni e ordini variabili. La scelta delluna o dellaltra modalit non casuale e lascia trasparire, come del resto anche rispetto allo stile impiegato, le intenzioni comunicative del messaggio di chi scrive.

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Punto di vista e focalizzazione


Henry James (1947) 1 ha proposto alcune idee in merito al concetto di punto di vista. Chi scrive, a suo parere, deve cercare di illudere chi legge della presenza di un processo reale. Questo pu avvenire inquadrando i fatti ora nella coscienza di un personaggio, ora in quella di un altro. A suo avviso occorre cio evitare la neutralit del narratore che conosce tutto (onnisciente) molto usato nellepopea classica. Abbiamo quattro diversi modi di vedere e raccontare la storia. Pu esserci: -un narratore omodiegetico: presente come personaggio nella storia; -un narratore eterodiegetico: assente dalla storia; -un narratore intradiegetico: che analizza gli avvenimenti dallinterno; -un narratore extradiegetico: che analizza gli avvenimenti dallesterno. Le prime e le ultime due categorie si possono incrociare fornendo varie tipologie di narratore: 1-omodiegetico-intradiegetico: leroe racconta la sua storia 2-omodiegetico-extradiegetico: dellautore 3-eterodiegetico-intradiegetico: lautore onnisciente racconta la storia 4-eterodiegetico-extradiegetico: lautore racconta la storia dallesterno. Dopo il concetto di punto vista affrontiamo quello di prospettiva narrativa, ovvero il rapporto che intercorre tra la quantit di informazione di cui in possesso il singolo personaggio e quella di cui invece usufruisce il narratore. Esiste comunque una certa sovrapposizione con il concetto di punto di vista e spesso i due termini vengono confusi e utilizzati come sinonimi. Quando facciamo riferimento alla prospettiva narrativa parliamo di focalizzazione ovvero, per dirlo con Genette (1972), il luogo o la persona nella cui prospettiva o campo di visione la narrazione condotta. Il punto di vista non si riferisce solamente allistituzione di personaggi o modi, ma riguarda anche e soprattutto
1

un

testimone

racconta

la

storia

continui cambiamenti nella

James, H. (1947). The art of novel. Trad.it. in A. Lombardo (a cura di)(1956). Le prefazioni. Venezia: Neri Pozza. Citato da Segre, C. (1985).

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focalizzazione operata dallautore nel testo. Questi non pu esimersi dallavvicinarsi di volta in volta ai vari personaggi e, cos facendo, limita la sua visuale a quella del personaggio stesso. Ci avviene anche nei casi in cui il testo parta con lintenzione di dotarsi di un narratore onnisciente e imparziale. Si viene a creare quindi un meccanismo continuo di avvicinamento-distanziamento rispetto ai personaggi: da una parte lautore lascia alle sue creature unapparente piena autonomia di parola e movimento, dallaltra vuole entrare nella storia per esplicitare le proprie adesioni e dissensi. Il discorso per ovvie ragioni legato strettamente alla situazione in cui avviene la sua emissione: si tratta del lato pragmatico della comunicazione. Tale situazione pu subire messe a fuoco di vario genere a seconda della distanza prescelta. Genette ha condotto unattenta analisi relativa al problema del punto di vista. Si tratta di una problematica riferita alle tecniche narrative che stata molto studiata gi a partire dalla fine del diciannovesimo secolo. Purtroppo per tali studi hanno portato a tentativi di classificazione che manifestano una confusione di termini tra modo e voce. Ovvero non vi chiarezza nella distinzione tra il problema del punto di vista propriamente detto, della prospettiva, di chi vede e il problema dellidentit del narratore, di chi parla: si tratta evidentemente di questioni alquanto differenti che andrebbero tenute ben distinte. Parlando quindi del modo Genette distingue tre tipi di focalizzazione rifacendosi alla terminologia gi utilizzata da Jean Pouillon (1946) 1 : parla di focalizzazione zero (visione alle spalle), interna (visione con) ed esterna (visione dal di fuori). -zero/alle spalle: lautore non si pone allinterno dei personaggi, ma cerca di distaccarsi da questi per cercare di considerarne obiettivamente gli aspetti interiori (non per vederlo dal di fuori). usata in generale dai romanzieri dell800, specie da Balzac e Manzoni. Il narratore sa tutto: conosce il passato, il presente e il futuro dei personaggi, i loro pensieri. Addirittura ne sa anche di pi dei personaggi;
Pouillon, J. (1945). Temps et roman. Paris: Gallimard. Citato da Bourneuf, R., Ouellet, R. (1972).
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-interna/con: scelta di un solo personaggio che costituisce il centro del racconto e dai cui occhi vediamo gli altri. Si tratta di un narratore che vede e sente gli avvenimenti narrati con gli occhi e i sentimenti di un personaggio e che quindi conosce solamente ci che conosce quel determinato personaggio. Tale focalizzazione pu essere di tre tipi: fissa (tutto visto da un solo personaggio), variabile (ci sono pi personaggi che diventano di volta in volta focali) e multipla (lo stesso avvenimento visto successivamente con gli occhi di pi personaggi); -esterna/dal di fuori: si coglie nello stesso tempo il comportamento osservabile, laspetto fisico del personaggio e il suo ambiente di vita. Questi sono considerati i rivelatori dellinteriorit psicologica del personaggio. Il narratore descrive solo ci che vede e nullaltro e ha una conoscenza inferiore a quella dei personaggi. una focalizzazione tipica dei racconti di Hemingway. Ristringendo lanalisi possiamo riassumere e concludere affermando lesistenza di due diverse posizioni occupabili dal narratore: quella nella storia oppure quella fuori dalla stessa. [] la vanit di qualsiasi giudizio di valore espresso a priori su questo o quel modo di narrazione. Ci che chiamiamo onniscienza o il realismo soggettivo non sono in s tecniche inferiori o superiori, ma i soli mezzi di rendere due differenti visioni del mondo (Bourneuf e Ouellet, 1972).

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Tempi e spazi
Un romanzo pu accogliere libero al suo oppure interno narrazioni riguardanti unorganizzazione

avventure, descrizioni, riflessioni personali il tutto scegliendo un ritmo proprio, rigorosa. Weinrich (1964) 1 apre una discussione circa lutilizzo dei tempi verbali. Egli distingue tempi narrativi (imperfetto, passato remoto, trapassato prossimo, condizionale) e tempi commentativi (presente, passato prossimo, futuro). Lalternarsi di tali verbi lungo il testo serve per distinguere le parti diegetiche da quelle descrittive. La scelta dei tempi quindi un indicatore dellatteggiamento dello scrittore rispetto alla materia narrata. Di fronte ad un romanzo occorre considerare tre diversi tempi: il tempo dellavventura (riferita alla storia raccontata), della scrittura (riferita allintreccio) e della lettura. utile anche distinguere due tecniche narrative che consentono di eseguire dei salti temporali allinterno del racconto: prolessi e analessi. La prima unanticipazione di un avvenimento successivo al momento della storia in cui ci si trova. La seconda, al contrario, una retrospezione, evocazione successiva ad un avvenimento anteriore a quel momento. Tali tecniche saranno riprese rispetto alla distinzione tra fabula ed intreccio. Unaltra tecnica che pu essere impiegata dal narratore lellissi ovvero leliminazioni di qualcosa. Si tratta, a livello narrativo, di un vero e proprio salto rispetto ad alcuni momenti della storia che non vengono narrati. Ad esempio un personaggio si addormenta e si sveglia la mattina dopo: in questo caso lellissi riguarda tutto ci che accaduto durante la notte. Lellissi pu anche essere di tipo grammaticale e in questo caso si tralasciano non avvenimenti, ma porzioni di frasi come il soggetto o il verbo. Per quanto riguarda poi i tipi di collegamenti che legano le proposizioni di un testo, e di conseguenza le vicende narrate, possiamo distinguere due tipi di collegamenti: abbiamo i collegamenti cronologici in cui il legame
Weinrich, H. (1965). Tempus. Le funzioni dei tempi nel testo. Bologna: Il Mulino, 1978. Citato da Segre, C. (1985).
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estremamente

seguendo

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tra gli avvenimenti viene fatto in base alla loro successione normale nel tempo; e poi i collegamenti logici, in questo caso i legami prescindono dal tempo e vengono costruiti sulla base dei loro rapporti di significato o su altri aspetti che li collegano. La dimensione temporale costituisce un asse danalisi da non sottovalutare e da cui latto linguistico non pu assolutamente prescindere in alcun modo. Lelemento spazio presente nei racconti non pu essere assolutamente considerato un elemento accessorio. Anzi, al contrario, esso riveste una molteplicit di significati e a volte, spinto alle sue estreme conseguenze, pu costituire addirittura il fulcro dellopera. Abbiamo gi visto gli svariati significati della descrizione che nasconde differenti funzioni narrative.

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Fabula e intreccio
Secondo Segre (1985) con il termine fabula intendiamo un insieme di motivi nel loro logico rapporto causale-temporale, mentre con quello di intreccio si designa linsieme degli stessi motivi nelle successione e nel rapporto in cui sono presentati nellopera. Il procedimento di cominciare a narrare i fatti di un racconto partendo in medias res molto antico, risalente alla tradizione letteraria pi antica. Consiste nel narrare i fatti non seguendo lordine puramente cronologico, ma cominciando da un punto centrale per poi comunicare gli avvenimenti iniziali mano a mano che la narrazione prosegue tramite flashback. Si d inizio al racconto quando lazione ha gi preso il via. Nel corso della narrazione si torner per fini esplicativi allepoca anteriore in cui sono avvenuti i fatti precedenti non ancora raccontati, ma spesso dati per scontati. Il riferimento alle tecniche sopra esposte di prolessi e analessi abbastanza esplicito. La differenza tra fabula e intreccio stata ampiamente indagata dai formalisti russi (la critica anglosassone utilizza i termini equivalenti di plot e story). Per intreccio intendono lesposizione degli avvenimenti narrati nellordine in cui sono proposti nel testo; per fabula invece fanno riferimento allesposizione degli stessi accadimenti ma in ordine cronologico e logico, una sorta di riordinamento dellintreccio che tende a ricostituire quei nessi spezzati nella narrazione. E ancora: lintreccio la storia come viene effettivamente raccontata nel testo, con anticipazioni e flash-back, descrizioni e riflessioni; la fabula costituisce lo schema cardine della narrazione, il corso ordinato temporalmente degli eventi, la logica delle azioni dei personaggi e non (oggetti inanimati, idee). Oltre ad essere una forma di riordinamento per la fabula un vero e proprio atto di individuazione del valore funzionale delle azioni e quindi di costruzione del modello narrativo grazie ai concetti di ordine, durata e frequenza (le tre manifestazioni fondamentali della temporalit). Luso di questi espedienti fa parte dei poteri di cui il narratore si investe nella stesura del racconto.

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Quando si parla di intreccio non ci si riferisce tanto ai personaggi quanto alla concatenazione degli episodi e al montaggio della struttura narrativa. Scholes e Kellog (1966) 1 distinguono il termine storia da quello di intreccio in modo diverso: il primo pi generale e distingue personaggi e azione; il secondo pi specifico e fa riferimento alla sola azione. Lintreccio una concatenazione di fatti che poggia le sue fondamenta su una tensione interna tra tali fatti. Essa esiste fin dallinizio della narrazione, va mantenuta durante lo sviluppo e conclusa tramite una soluzione nellepilogo. Al romanziere demandato il compito di decidere di quale forza e intensit dotare tale tensione a seconda degli obiettivi estetici del narratore. Lintreccio ha lo scopo di preparare le attese del Lettore Modello a livello della fabula, costruendo situazioni di attesa nelle vicende del personaggio. La scelta di qualunque tipo di intreccio, e quindi di determinati spazi e tempi narrativi, comporta sempre ed inevitabilmente la rinuncia ad un altro tipo di intreccio. Tale scelta fa parte della cosiddetta competenza artistica. La competenza dellartista ha come contraltare quella dei destinatari i quali sono cos in grado di comprendere lintreccio e magari prevederne levoluzione. La fabula pu essere considerata la struttura profonda del racconto, mentre lintreccio pu essere visto come la macrostruttura dellopera stessa. [] ogni fabula possa essere squartata e diversamente ricomposta, per cui ogni intreccio e di conseguenza ogni racconto su di esso costruito potenzialmente nella coscienza di chi lo idea intercambiabile con altri (Corti, 1976).

Scholes, R., Kellog, R. (1966). La natura della narrativa. Bologna: Il Mulino, 1970. Citato da Bourneuf, R., Ouellet, R. (1972).
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Risultati
Dallanalisi delle Descrizioni, servendoci della griglia esposta sopra e delle indicazioni tratte dai contributi narratologici presentati, abbiamo tratto alcuni aspetti ed elementi che ora andiamo a presentare. Seguendo gli elementi inseriti nella griglia cominciamo con lindagare la parte relativa allanalisi tematica con le sottocategorie corrispondenti. Partiamo con lanalisi dei personaggi. Quelli che vengono scelti nelle descrizioni sono pressoch in tutti i casi membri della famiglia. Dal nucleo familiare ristretto si fanno rapide menzioni di parenti o di persone che gravitano intorno alla vita del bambino. Il protagonista principale risulta essere il bambino anche se non sempre si riesce a ricavarne unimmagine articolata e chiara. Appare pi una figura costante, ma quasi invisibile, come se fosse tenuta nascosta. Indagando le caratteristiche dello spazio e del tempo (ci che noi abbiamo definito contesto) risalta come in parecchie Descrizioni si faccia molto riferimento ai momenti trascorsi nel lettone, sia al risveglio che al momento di coricarsi. Si tratta di momenti molto dolci e di grande tranquillit che non a caso costituiscono le due forme di equilibrio dei diari, quella di partenza e quella finale. Torna spesso anche la descrizione di spazi aperti solitamente coperti attraverso una passeggiata o un giro in bicicletta. Per lo pi gli spazi descritti sono quelli casalinghi con le attivit connesse ai vari ambienti della casa. Il concetto di tempo, come abbiamo visto, molto scandito, spesso evidenziato e utilizzato quasi come il titolo di una porzione di testo. Si tratta nella maggior parte di casi di un tempo lineare che comprende tutta la giornata focalizzandosi sui momenti pi significativi come i pasti, i preparativi della mattina e della sera. Le giornate descritte seguono poi due modalit ben distinte. Abbiamo cio Descrizioni che fanno riferimento a giornate eccezionali (weekend, festivit di vario tipo) ed altre che invece si rifanno ad una giornata standard, per intenderci una classica giornata lavorativa infrasettimanale. Su 19 descrizioni disponibili risulta molto omogenea la

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distribuzioni dei due tipi di narrazione: 9 descrivono una tipica giornata lavorativa, 10 una giornata di festa, solitamente il sabato o la domenica. interessante notare come la consegna sia molto libera e si presti a svariati usi e interpretazioni da parte dei genitori. Essi sono liberi di decidere se fare riferimento ad un tipo o allaltro di giornata e la loro scelta significativa. Optare per un giorno di festa o per una domenica potrebbe essere un primo indicatore di idealizzazione, tutto va bene, tutto bellissimo e perfetto, oppure nascondere la paura del giudizio altrui rispetto magari al poco tempo trascorso con il bambino. La consegna stata effettuata dal sottoscritto in veste di futuro psicologo e questo pu avere riattivato nei genitori quelle dinamiche persecutorie e valutative vissute durante lindagine socio-psicologica per lottenimento del bambino. Visualizzare una giornata di festa, nei suoi connotati di gioia, euforia e comunione familiare, sicuramente molto pi rassicurante e fornisce unimmagine pi positiva di genitore e di armonia familiare rispetto alle difficolt che si incontrano durante il lavoro e la vita quotidiana. Daltro canto potrebbe trattarsi anche di una scelta mirata per poter fornire una descrizione pi ricca aumentando in tali frangenti la quantit di tempo trascorsa con il bambino. I racconti poi presentano una grande differenza che possiamo sintetizzare in due categorie. Ci sono genitori che dedicano un ampio spazio a tutte le difficolt che devono affrontare durante la giornata. Si tratta spesso di elenchi lunghi, vissuti con stanchezza e nella speranza continua di una piena risoluzione, specie per alcuni problemi specifici del bambino. Altre descrizioni invece appaiono totalmente solari e positive, senza il minimo riferimento ad alcun tipo di problematica. Ogni momento della giornata appare in tutta la sua gioia e naturalezza. La contrapposizione tra le due tipologie di descrizioni evidente e possono venire proposte varie ipotesi esplicative. Innanzitutto la variabilit nel carattere dei bambini, e nella percezione della fatica nei genitori. per opinione diffusa che il compito di genitore, naturale come adottivo, richieda un carico di stress notevole e un mutamento delle abitudini precedenti spesso drastico che si ripercuote su tutta lorganizzazione della vita familiare. Unaltra spiegazione pu rintracciarsi nel desiderio di non voler far

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trasparire elementi che rimandano ad un qualche tipo di difficolt nella gestione del bambino. Unaltra ancora pu essere dovuta ad un meccanismo di idealizzazione che non consente di riconoscere gli aspetti faticosi ma ineliminabili dellessere genitore. Sottolineiamo come, nella maggior parte delle Descrizioni che appartengono alla prima tipologia, la parte dedicata allelencazione delle difficolt incontrate ha spesso come contraltare lesternazione di un grande sentimento di gioia e soddisfazione che ripaga ampiamente dei sacrifici fatti. Gli abbracci e le manifestazioni di affetto sono elementi che tornano nei racconti dei genitori e che spesso vengono identificati come il momento clou della giornata, seppur nella sua brevit:
i cinque minuti doro (M5), al risveglio il trionfo della dolcezza nei nostri confronti (P6).

Vediamo ora gli elementi legati allanalisi strutturale. La struttura dei diari segue uno schema abbastanza standard: si parte con la rottura di un equilibrio (solitamente il risveglio del mattino), vi poi tutta una serie di eventi ed azioni svolte che sfociano nuovamente in unaltra rottura che giunge infine ad una forma di riequilibrio tendente al lieto fine. Laspetto strutturale viene a volte evidenziato dal ricorso ad indicatori di una lista di punti (-), come se si trattasse di una scaletta da seguire o di appunti da ricordare. I collegamenti esistenti tra le proposizioni che compongono i testi sono in stragrande maggioranza collegamenti di tipo cronologico, con grande enfasi affidata alla scansione temporale della giornata. I collegamenti logici vengono utilizzati quando si vogliono precisare dei punti o delle situazioni personali. A volte la narrazione tende poi a configurarsi come una narrazione di tipo indiziario: sembra che i genitori vogliano seminare qua e l degli indizi, delle informazioni che poi non vengono raccolte. Alcuni genitori fanno uso della tecnica dellellissi omettendo porzioni anche significative di racconto:

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Cena. Dopocena si gioca un po (P6).

Questo potrebbe essere un indicatore del tentativo di mettere in gioco il destinatario del loro racconto, il lettore che, come vedremo in seguito, pu venire ipotizzato in modo molto diverso da genitore a genitore. Non abbiamo rinvenuto alcun tipo di analessi o prolessi e quindi lintreccio proposto corrisponde sempre alla fabula. Emergono solo sporadiche sospensioni del racconto dovute ad alcune descrizioni che fungono da spiegazione per alcuni elementi significativi della vita familiare. Alcune Descrizioni sono molto prolisse, andando ad occupare tutte le quattro facciate consegnate (anche se non vi stata unesplicita indicazione riguardo la lunghezza del racconto e neppure una limitazione trattandosi semplicemente di ordinari fogli bianchi in formato A4); altre sono estremamente sintetiche con racconti di poche righe a volte scritti anche in stampatello. In questultimo caso possiamo ipotizzare lemergere di una certa difficolt nellesplicitare sentimenti e situazioni che a questi sono strettamente collegati. Si tratta di racconti sintetici, ridotti al massimo che contengono indicazioni spesso arbitrarie, non richieste e che non sono molto legate al resto delle proposizioni scelte:
Il maschio frequenta una scuola di calcio. La femmina una di judo (P7).

Da sottolineare come la lunghezza dei testi sia spesso simile tra i due coniugi. Per quanto riguarda il destinatario di tali descrizioni abbiamo individuato tre tipi diversi di ipotetici lettori: un operatore/psicologo, un genitore, s stessi. Abbiamo visto come alcuni racconti siano estremamente concisi, quasi si avesse timore di esprimere qualcosa o di descrivere determinate situazioni. Oppure abbiamo osservato descrizioni in cui completamente assente un riferimento a qualunque tipo di difficolt nella vita in famiglia con larrivo del bambino. Potremmo interpretare tale dato come il timore di unennesima valutazione da parte di un operatore, ruolo che nelle menti dei genitori il sottoscritto probabilmente ha esercitato.

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Altre Descrizioni ci appaiono destinate ad altri genitori, a persone che possono condividere con loro le difficolt e le gioie dellessere genitore. Altri ancora invece mi paiono delle riflessioni personali, come fare il punto della situazione, tirare le somme. Spesso i giudizi conclusivi che riassumono un po lo stato danimo dei genitori paiono rivolti pi a loro stessi che a qualcun altro. Si tratta in questo caso di una scrittura direi riflessiva, per fermarsi un attimo a pensare interrompendo i ritmi frenetici imposti dalla giornata fuori e dentro la famiglia. Anche il tipo di lessico utilizzato ci fornisce indicazioni rispetto al destinatario con toni pi o meno formali e ricercati a seconda che il riferimento sia ad un ipotetico operatore o genitore. Laspetto pi interessante di tutta la nostra analisi riguarda sicuramente la focalizzazione. Come abbiamo gi visto si tratta della prospettiva da cui viene effettuata la narrazione che pu essere di tre tipi: zero, interna ed esterna. I genitori che hanno eseguito la consegna mostrano una focalizzazione che possiamo definire di tipo misto. Essi non propendono n per luno n per laltro tipo di focalizzazione bens passano da una allaltra manifestando forse una sorta di meccanismo difensivo. In partenza tendono ad utilizzare una focalizzazione zero ponendosi come narratori onniscienti. Poi passano ad una focalizzazione di tipo esterno con descrizioni che assomigliano molto ad un referto, a volte con interpretazioni dei sentimenti, mescolata ad una focalizzazione interna, simile a quella onnisciente ma con pi cautela. Limpressione che tali soggetti mettano in atto delle difese perch restii a mettersi in gioco in prima persona e ad andare a fondo nel descrivere le emozioni del bambino. Lonniscenza verrebbe abbandonata come per timore di andare in quel modo a toccare delle verit difficili da gestire, anche solo sulla carta. Il narratore mira ad una focalizzazione zero perch vuole avere il controllo totale della materia narrativa, ma sembra fermarsi un po prima, evidentemente perch ci che sta indagando pu nascondere qualche aspetto inquietante che preferisce lasciare nascosto. Ed allora ecco trovare la soluzione in corner della focalizzazione interna o pi spesso di quella, pi rassicurante, esterna (Barbieri, 2002, comunicazione personale).

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Il fatto che alcune descrizioni abbiano laspetto di una specie di programmazione della giornata di un villaggio turistico, con orari scanditi rispetto a determinate impegni ed azioni, un altro indicatore del tentativo di ottenere un senso di controllo sulla situazione. Infine trattiamo la parte dedicata allanalisi linguistica. Ci ha colpito luso molto frequente di avverbi di tempo come sempre e mai che hanno evidenti componenti estreme:
sempre felice (P1), i l mio bimbo sempre allegro la giornata comincia sempre bene (M3).

Spesso

tali

avverbi

si

accompagnano

descrizioni

idilliache

che

rimandano a immagine di pace e tranquillit:


t utto sembra specialein cui tutti sono felici bello scambiarsi una stretta di mano (P1), s iamo tanto felici (M3).

Per quanto riguarda il tipo di discorso utilizzato abbiamo visto che ne esistono quattro tipologie: diretto, indiretto , indiretto libero, diretto libero. Luso di quello diretto garantisce una maggiore distanza dalla persona di cui si sta parlando e dalla situazione specifica con i connotati affettivi che questa implica. Il discorso indiretto coinvolge maggiormente i sentimenti dellaltro, ne riserva una spazio pi ampio. Abbiamo notato nel nostro gruppo di analisi come spesso il discorso diretto sia accompagnato da un commento. Questo garantisce al genitore ancora una volta una sorta di controllo. Alcuni genitori lasciano spazio alle parole del bambino, spesso con frasi infantili che ne amplificano gli aspetti di tenerezza: Mamma, latte!Mamma, via lacciIo primo mia maglia bella (M2),
S tataAtte!! Io bicicletta pap mamma milla (P2),

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Mammiii iiina Te lavevo detto che tornavo!! Non ce lho!Non mi serve! (M5), Quando hai mangiat o la pappa ti vengo a prendere hai visto che sono venuto a prenderti (ripetendo le pa role del padre) (P5), Perch io devo andare a letto e tu e pap state in casa a guardare la televisione (M6).

Per quanto riguarda luso dei nomi e dei ruoli vediamo spesso lenfasi posta sui termini mamma e pap. Spesso i genitori parlano di s stessi facendo riferimento a dei modelli. Si tratta di modelli che possiamo definire ibridi e che risalgono spesso al mondo delle favole e dei cartoni animati. Sembra che i genitori vogliano cercare visioni alternative per definirsi e a cui fare riferimento, e in questo tentativo finiscano per travalicare nel mondo del fantastico e dellimmaginato. rassicuranti:
dice che io sono come Mufasa cio il padre del leoncino (M5), riesci ad arrampicarti sugli alberi come Mogli (M2), come nella storia di Cenerentola (P1).

Tali

modelli

sembrano

possedere

caratteristiche

Per quanto riguarda il modo con cui si fa riferimento al bambino compare spesso il pronome personale di terza persona lui/lei:
l ui non mai musone neanche appena sveglio lo vado a riprendere e lui mi corre incontro felice (M5).

I coniugi tendono a riferirsi lun laltro con il termine moglie e marito:


l o sveglio io mentre mia moglie quello che speriamo io e mia moglie (P5).

Ci si riferisce ai bambini, nella stragrande maggioranza dei casi, oltre che con il pronome di terza persona (lui/lei), anche con il termine bimbo/bambino. Solamente in quattro descrizioni, tutte eseguite da

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padri, compare lindicazione del ruolo di figlio (P1, P8, P9, P10). Solo 7 genitori utilizzano il nome proprio del bambino (P1, M2, P2, P3, P4, P5, P9) e anche in questo caso c una netta prevalenza da parte dei padri. In alcuni casi laltro coniuge non trova spazio non essendo nemmeno nominato o dato implicitamente per scontato (M3, P3, M4, P7, M8, P8). Nelle restanti Descrizioni invece si fa riferimento al partner utilizzando perlopi i termini di ruolo mamma e pap. Da notare che solo i padri fanno riferimento alle madri con il termine mia moglie (P1, P2, P4, P5) mentre non avviene lo stesso a ruoli invertiti fatta eccezione per un caso (M5): le madri cio tendono ad enfatizzare maggiormente laspetto paterno pi che quello coniugale. Abbiamo rinvenuto lutilizzo di molte forme impersonali:
s i sa che i bambini amano si fa un po merenda, si gioca, o si esce se c il sole (M4), si fa la doccia, ci si rilassa un (P4), si va tutti sul lettone (M6), si decide cosa fare e spesso tutti insieme ci si muove (P6), si parte per la scuola si pranza alle si va tutti e tre nel nostro negozio (M8), si prova a riaddormentars i si esce insieme tutto quello che si ha voglia di fare (M9), si sta bene si sa (P1). poco e dopo ci si prepara per la cena

Tali frasi potrebbero fungere da deresponsabilizzatori e garantire la sensazione di essere appoggiati da un pensiero condiviso. Frasi impersonali tornano nelle chiusure dei racconti quando si esprimono giudizi che spesso sono fortemente connotati emotivamente:
anche se non si fa niente di particolare stare tutti e tre insieme importante (M9),

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le giornate con F. sono molte piene e si arriva alla sera anche stanchi, ma riconosco che si tratta di una stanchezza carica di felicit (P4).

Troviamo anche conclusioni che non trattano di momenti particolari e manifestano la difficolt nellesprimere i sentimenti:
mi dispiace non trasmettere tutti quei momenti pieni di emozioni e felicit che comunque si creano anche in una normale quotidianit (P6).

Oppure ancora si manifestano speranze per miglioramenti futuri rispetto alle problematiche legate al bambino e ai ritmi della vita:
con la speranza che ci siano dei passi in avanti (M5), Questo almeno quello che speriamo (P6).

Torna quindi la necessit di sentirsi uguali agli altri, di rientrare allinterno di una genitorialit cosiddetta normale. A volte al posto di frasi impersonali i genitori si servono di frasi che hanno per soggetto un oggetto o unazione ottenendo lo stesso risultato:
Colaz ione tranquil laUna videocassetta al giorno concessa (M9), cominciano i giochi la doccia un altro momento molto belloil ritorno a casa per preparare (P9), viene lidea laccoglienza calorosa qualcuno guarda lora (P1), il latte viene bevuto tutto la voglia di cambiarsi il pannolino e di vestirsi non c quattro occhi tristi tristi che mi guardano (M2).

Analizzando il tipo di utilizzo dei tempi verbali eseguito dai genitori non abbiamo riscontrato particolari aspetti significativi, con azioni descritte perlopi al tempo presente. Tale scelta, oltre ad essere molto frequente in una narrazione, pu essere dovuta al fatto che i genitori descrivano una situazione che viene a ripetersi nel tempo, un modello di giornata, sia essa lavorativa o di festa, che non ha una collocazione temporale definita.

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Per quanto riguarda lutilizzo delle lettere maiuscole non abbiamo rinvenuto nessuna tendenza significativa. Solo allinterno di una Descrizione (P1) vi luso quasi sistematico della lettera maiuscola per indicare nomi e ruoli corrispondenti, ma anche in quel caso non ci sembra un indicatore significativo. Alcune Descrizioni presentano la firma dellautore. Nellinserire tale aspetto allinterno della griglia abbiamo ipotizzato che la firma potesse essere un indicatore utile rispetto ad alcuni fattori: ad esempio la responsabilit, il riconoscimento dellautore del racconto. Le sole quattro firme rinvenute per non permettono di trarre alcuna conclusione in merito a tale scelta. significativo per il caso di una Descrizione (M3) in cui la madre si firma non con il proprio nome, ma con il ruolo da lei assunto, ovvero La mamma. Sarebbe interessante poter verificare se con un campione pi numeroso frequenza. e dei ruoli. Abbiamo esaminato anche le correzioni che sono state apportate alle Descrizioni dagli stessi genitori. Esse potevano fungere da indicatori di possibili difficolt nellesplicitare emozioni o argomenti. Ne abbiamo rinvenute pochissime anche perch alcuni genitori si sono serviti di altri fogli che hanno elaborato al computer impedendo la verifica di eventuali correzioni. Anche questa ipotesi quindi non ha dato i frutti sperati risultando le correzioni un aspetto irrilevante. Abbiamo constatato poi la presenza di svariate frasi parentetiche e anche di frasi esplicitamente messe tra parentesi:
(grandi risate)(que sto invece devo lavarlo io tra tanti brontolamenti ) (M2).

tale dato un

compare con maggiore del desiderio di

Esso

potrebbe

essere

indicatore

riconoscimento genitoriale come abbiamo visto rispetto alluso dei nomi

Queste possono essere lette come un meccanismo difensivo che permette di controllare le emozioni oppure come un altro espediente utilizzato dai genitori per fornire ulteriori specificazioni alla narrazione. Alcune parti delle Descrizioni sono dedicate alla spiegazione di alcuni elementi familiari o di caratteristiche specifiche dei bambini, cosa che non viene assolutamente richiesta dalla consegna. Traspare quindi il tentativo

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di porsi come narratore con funzione di regia, come un mediatore che possa portare alla luce alcuni elementi importanti, che possa spiegare.

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5. OSSERVAZIONI CONCLUSIVE
Com s t r a n o vero? Sem bra c he i p robl em i a vol te fan n o i n co nt r a r e l e pe rs one (M a r t i n a ) 1

La nostra indagine ha cercato di fornire unimmagine della genitorialit adottiva attraverso le risposte e le narrazioni dei genitori del gruppo del dopo- adozione. Abbiamo gi pi volte inquadrato la nostra ricerca come unindagine qualitativa di tipo esplorativo e a tal proposito le parole di Guariento (1995) ci sembrano riassumere al meglio il nostro proposito: obiettivo dellindagine non stato affermare delle certezze o fare delle conclusioni categoriche, quanto piuttosto sollevare dubbi, proporre degli interrogativi, aprire spazi per studi futuri. Con il suggerimento di avvicinarsi alla materia senza ipotesi rigidamente precostituite, di cui cercare conferma nei dati, ma di saper attendere ed osservare, con critica curiosit, quanto dai dati emerge. Analizzando la letteratura sullargomento abbiamo constatato come ladozione sia accompagnata da una visione critica che intravede in tale istituto un fattore di rischio per tutti i soggetti implicati. Vari Autori si esprimono con toni forti e con frasi molto nette dal carattere quasi normativo, sottolineando non tanto chi sono i genitori adottivi, ma ci che dovrebbero fare per essere buoni genitori. Il confronto con la normalit sembra essere un destino ineludibile per i genitori adottivi e purtroppo, a volte, anche frustrante. Ho cercato di porre tutta la mia analisi da un altro punto di vista, pi aperto verso la differenza e la specificit dellesperienza genitoriale vissuta attraverso ladozione. La somministrazione del Questionario ci ha fornito informazioni che abbiamo potuto confrontare con quelle fornite dai genitori naturali e dai genitori PMA. Le differenze che abbiamo riscontrato ci sono parse il
1

In DAndrea, A. (2000).

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frutto di esperienze particolari ed emotivamente molto forti. Esperienze che trovano punti di contatto con quelle tipiche degli altri tipi di genitorialit, ma che portano con s un bagaglio di vissuti in certi aspetti diversi. Lesperienza della gravidanza certamente un elemento cruciale, a cui i genitori adottivi non possono accedere. Tutti sappiamo quanto gratificante, anche per gli adulti, lesperienza quasi fusionale, fisica, tattile, corporea con un neonato, quanto attraverso contatto e sguardi viaggi la maggior parte della comunicazione non verbale; come tutto questo concorra allo stabilirsi di unintesa, una complicit, base fondamentale per una conoscenza reciproca e profonda; come queste precoci esperienze affettive siano ritenute essenziali per una relazione di attaccamento (DAndrea, 2000). Il percorso di genitori adottivi ha inizio in un punto differente della vita del bambino, quando questo gi unentit a s stante, che ha gi oltrepassato quei delicati momenti fusionali che si realizzano nei primi momenti della vita, con i primi contatti e lallattamento. Tutto posticipato e assume significati diversi. Cos il primo sorriso, che per un genitore naturale un segno della crescita del bambino, per un genitore adottivo diventa il segno di un moto affettivo e di un riconoscimento a s stesso come genitore. questo uno dei punti che ci ha maggiormente colpito: come gli atti del bambino assumessero, nelle parole dei genitori, il valore di atti di legittimazione della propria funzione genitoriale:
Quando avevano tre mesi, abbiamo lasciato i bimbi soli con i nonni per la prima volta A. ha pianto per due ore consecutive e si calmato solo quando sono ritornat a e lho abbracciato. Mi sono sentita veramente la sua mamma (M2).

Una genitorialit che si costruisce giorno per giorno, attraverso incontri prima incerti e poi sempre pi ravvicinati, tesi al superamento di quella quota di estraneit creata dal vuoto delle origini. Uno spazio in cui i soggetti non si conoscevano e che rimane patrimonio privato e in qualche misura misterioso.

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Il lavoro mentale richiesto ai genitori adottivi sia dai servizi ai quali si rivolgono, sia dalla situazione-adozione, rende questo tipo di genitorialit pi complessa, ricca e profonda. Questo dato si riscontra soprattutto nei padri adottivi che dimostrano maggiori propensioni alla riflessione e conseguenti elaborazioni rispetto alle emozioni provate e al proprio ruolo genitoriale. Attraverso la compilazione dello strumento delle Descrizioni abbiamo rinvenuto anche qualche elemento che pu essere letto come indicatore di un disagio nei genitori adottivi. Essi sembrano enfatizzare laspetto del controllo, il desiderio di mantenere sotto la propria capacit di gestione molti degli aspetti legati al loro ruolo genitoriale e al rapporto con il bambino. Pu trattarsi di ansie legate al contesto socioculturale nel quale viviamo che tende a svalorizzare la genitorialit adottiva e alla lunghezza e a volte durezza delliter adottivo. Ma anche possibile che si tratti della difficolt di stare di fronte al vuoto, con un atteggiamento di rispetto e di disponibilit, sapendo che possono solo dare un contributo alla sua trasformazione nella mente del bambino, attraverso la tolleranza del dubbio. Essi inoltre appaiono in difficolt nellesprimere le proprie emozioni nella stesura delle Descrizioni, come se si andassero a riattivare dei condensati affettivi difficili da gestire. Il fulcro della nostra analisi, come evidenziato dal titolo del lavoro, stato il tentativo di valutare come si pongono i soggetti rispetto al bambino, il loro rapporto genitore-figlio specie nel passaggio dallimmaginazione alla realt. Abbiamo visto come sia considerato un passo essenziale che i genitori adottivi giungano al riconoscimento del bambino reale rinunciando allonnipotenza immaginativa. La coppia, per assumere il ruolo di genitore, ha bisogno di immaginare il bambino indirizzandosi verso un vero e proprio concepimento mentale. Questo non pu essere pensato semplicemente come un prolungamento del s privo di potenzialit autonome. Credo che tale gruppo di genitori abbia a lungo elaborato tale passaggio, sia durante la fase dellindagine socio-psicologica, sia durante gli incontri

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di gruppo. Mi parso di constatare una certa capacit di pensarsi e di pensare il proprio bambino negli aspetti felici come in quelli di difficolt. Nei Questionari infatti compaiono spesso risposte che fanno riferimento allambivalenza del rapporto con il bambino e molte domande hanno suscitato vissuti riferiti ad emozioni negative vicino a quelle positive. Nelle Descrizioni poi pi volte abbiamo trovato proposizioni che si concentrano sulle difficolt nellorganizzare la vita quotidiana intorno al nuovo membro della famiglia. Lidealizzazione emersa a tratti, ma non con modalit tali da far propendere per lipotesi di una difesa eccessivamente rigida.

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Credo che per i genitori adottivi rimanga fondamentale il periodo trascorso nellattesa del bambino, soprattutto il rapporto con gli operatori e con liter delladozione che indicano le difficolt incontrate in generale nel rapporto con il bambino, specie quello adottivo. Molto spesso liter adottivo appare come connotato da eccessivo rigore e sospetto nei confronti dei richiedenti. C in questi ultimi la netta impressione che gli operatori che hanno il compito di giudicarne lidoneit siano affetti da una serie di pregiudizi nei loro confronti. Pare che il desiderio di avere un figlio e divenire genitori venga tanto apprezzato nella coppia normale quanto colpevolizzato in quella sterile. Per questo la coppia adottante viene sottoposta ad un vero e proprio processo. Forse si dimentica e non si pone la giusta attenzione sul fatto che i bambini adottivi derivano da coppie biologiche che non sono state in grado di prendersene cura. Ma allora perch questi genitori non subiscono le inquisizioni che devono patire i genitori adottivi? Questa la domanda ricorrente di chi si rivolge ai servizi per realizzare il desiderio di avere un bambino. Tilde Giani Gallino (1994), nella presentazione al libro Il Figlio del desiderio, afferma che oggi molto difficile distinguere nettamente genitori naturali e adottivi poich i bambini non nascono pi per caso, ma sono consapevolmente desiderati. Tutti i genitori sono oggigiorno adottanti, in quanto tutti hanno deciso in maniera cosciente di dedicare il loro impegno alla crescita di un bambino. E ancora Giani Gallino chiude il suo intervento con una domanda molto accattivante: come possiamo decidere quali debbano essere i criteri validi per i genitori adottivi, se ancora nessuno conosce a fondo, o ha formulato, biologici? . compito i parametri Una corretti forse amore da pu e richiedere ai genitori risposta dare venire dai contributi speranza, contenere le

psicoanalitici che identificano alcuni parametri fondamentali del genitoriale: sofferenze e sostenere lo sviluppo del bambino.

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Se vogliamo cercare di comprendere ladozione e i suoi problemi abbiamo la necessit di familiarizzare con le storie umane nella loro infinita variet. In quanto unadozione ben riuscita non n pi n meno di una normale storia umana. Questo non significa per che ladozione possa essere equiparata alla normalit. Esiste sempre qualcosa al suo interno di diverso sia per i genitori che per i bambini che vi sono implicati. Ci piace pensare che questa diversit sia qualcosa di speciale e che come tale possa finalmente essere valorizzata e vista come una ricchezza, come un elemento particolare della complessit del generare. Pensiamo che il compito primario dei genitori adottivi sia quello di riuscire ad autolegittimarsi come genitori, sganciandosi dallaggettivo adottivi: questo sembra essere il passo determinate per potersi sentire genitori a pieno titolo e adoperarsi come tali. Concepire il bambino come mio figlio richiede il passaggio attraverso una fase intima che come tale va salvaguardata. I due tipi di genitorialit analizzate rispetto a quella normale (PMA e adottiva) mostrano come spesso tale intimit venga in qualche maniera violata dalla intrusivit medica, burocratica, valutativa. Diviene cos difficile far nascere nella propria mente il bambino come una parte di s e come manifestazione della propria capacit creativa, che genera attraverso gli affetti e le relazioni umane. Non esistono ricette semplici per essere dei buoni genitori adottivi, come non esistono manuali per essere genitore naturale. Si tratta di scelte importanti, in entrambi i casi difficili e delicate. Credo che il punto di partenza da cui i genitori possano muovere sia la consapevolezza di essersi posti con la genitorialit una meta molto ambiziosa che richieder loro dei sacrifici. Penso che questo sia un buon punto di partenza: la consapevolezza delle difficolt, che accompagnano da sempre la realizzazione di ogni impresa umana, e della necessit di mettersi in gioco, aprendosi allaltro e al mondo con il cuore e con la mente. E in questo caso mi sembra non esistano delle categorie, ma solo i genitori e i loro figli. In conclusione ci sembra sia possibile per ora solo cercare di capire: questo lo spunto che ci sentiamo di fornire ai tecnici che affrontano

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ladozione, perch pensiamo che questo sia latteggiamento mentale che pu essere trasmesso e rinforzato anche nei genitori. Del resto lesperienza delladozione ancora lontana dal permettere di trarre conclusioni definitive e certe. Siamo solo allinizio di un lungo processo conoscitivo. un fenomeno in continuo mutamento ed in grande espansione e proprio per questo richiede unattenzione particolare e la capacit di saper attendere, di rimanere in attesa. Non abbiamo portato quindi dati definitivi, ma una serie di riflessioni da cui partire per conoscere meglio il fenomeno adozione.

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