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Il metodo di Giuseppina Pizzigoni è, assieme a quello Montessori, riconosciuto dal MIUR.

In Italia, al momento, c’è solamente una scuola che lo adotta, l’Istituto Comprensivo
Rinnovata Pizzigoni di Milano.
La Scuola Rinnovata rappresenta un esempio di Scuola Nuova, ovvero la traduzione in un
movimento dell’attivismo, una scuola di pensiero a cui apparteneva la stessa Pizzigoni.

La Pizzigoni approfondì molto il rapporto tra psicologia ed educazione, opponendosi ai


reattivi psicologici. Con lo psicologo Zaccaria Treves, elaborò alla Rinnovata un orario di
lavoro partendo dalle necessità fisico-psichiche dei bambini che gli servirono per costruire
una cartella biotipologica per ogni bambino. Lo strumento in questione aveva lo scopo di
analizzare il percorso scolastico di ogni bambino, andando oltre il rendimento scolastico
poiché erano sempre associati gli interessi professionali latenti o manifesti e le relazioni
familiari ed è il motivo per cui il metodo si dimostra particolarmente utile per affrontare
situazioni di svantaggio socio-culturale. Questo elemento si nota particolarmente nei diari
di Sara Bertuzzi che applicò il metodo della Pizzigoni alla Rinnovata dopo la morte della
fondatrice della scuola.

La Pizzigoni critica e si distacca dal positivismo in pedagogia attraverso la sua avversione


per il didatticismo ed i rituali didattici, contrapponendovi, in “Le mie lezioni ai Maestri delle
Scuole elementi d’Italia” del 1931 “il fatto compiuto ed imponente”.
Contesta della scuola elementare, il verbalismo, ad esempio il rigido rapporto tra educatori
ed educandi, la carenza delle strutture edilizie che costringono gli alunni all’immobilismo
sul banco. In particolare. quest’ultimo punto lo ritiene deleterio per i bambini perché la loro
struttura fisica non è in grado di sopportarlo, provocando anche malformazioni gravi.
Viceversa, è tollerabile per la struttura corporea più forte dei ragazzi che frequentano la
scuola secondaria.
Il verbalismo viene associato al livellamento delle menti con modi codificati che porta ad
ignorare il fatto che ogni allievo possiede una propria struttura per apprendere in maniera
personale, l’inerzia, che inaridisce la vitalità degli scolari e non consente la cooperazione
con il docente ed infine le deformazioni fisiche e morali dei ragazzi che non consentono
alla scuola di promuovere autentici processi formativi, anzi ne impediscono pesantemente
il percorso. La Pizzigoni contesta tutti quegli elementi che ostacolano i processi naturali di
apprendimento e che trasformano la scuola in una istituzione oppressiva.

Nella convinzione che il rinnovamento della scuola consista più nel metodo che nel
programma, Pizzigoni si rifarà al metodo galileiano, secondo cui non si può fare della
scienza senza l’esperimento, senza la verifica delle ipotesi. Per Galileo l’elaborazione
scientifica fatta dal pensiero non avrebbe valore senza una preliminare verifica
sperimentale e questo approccio alla scienza viene fatto proprio dalle principale scuole
attive. Lo troviamo, addirittura nei programmi delle scuole elementari moderne, dove viene
sottolineata l’importanza del vissuto del bambino nel suo processo di apprendimento.

Alla base della scuola nuova concepita da Giuseppina Pizzigoni troviamo l’esperienza
personale dello scolaro, dalla possibilità, cioè, che l’alunno ha di rendersi conto dei
problemi. La scuola nuova ha come scopo il vero e come metodo l’esperienza. Ogni
conoscenza nasce dal rapporto che l’alunno ha con i problemi concreti e con la realtà che
lo circonda. Nella scuola della Pizzigoni ogni l’alunno ha la possibilità di accrescere il
proprio sapere attraverso il fare, l’agire, il contatto diretto con la natura, con le cose, con gli
uomini. Nel suo processo di crescita, il fanciullo deve essere guidato sapientemente dal
maestro, che oltre a dover preparare nella scuola un ambiente che favorisca le continue
scoperte dello scolaro, deve stimolarne l’intelligenza, accrescerne l’amore per il sapere,
per la vita, per la bellezza. L’ambiente non deve condizionare negativamente gli alunni
perché emergerebbero situazioni di imposizione e di coercizione, impedendo la crescita di
una personalità libera. Per la Pizzigoni, occorre preparare un ambiente che sia in grado di
favorire la crescita dell’intelligenza e del senso morale, quindi che sia una stimolo per
l’iniziativa personale. Il bambino va aiutato per evitare possibili errori con ricadute negative
sull’evoluzione della sua personalità. La Rinnovata segue il metodo sperimentale,
favorendo tutte le possibili esperienze del bambino aiutandolo nel processo autoeducativo
sul piano cognitivo, intellettivo, morale. Pizzigoni non attribuisce alla scuola solo un
compito istruttivo ma si preoccupa fondamentalmente della formazione morale dei fanciulli,
la sola, a suo parere, che può guidare gli uomini sulla via del bene e della convivenza
pacifica, perché essa si sostanzia di valori quali la bellezza, la semplicità, la sincerità,
l’ordine, la responsabilità, la giustizia, il sacrificio, l’uso della libertà, la pratica della carità,
senza cui è vano sperare in una società rispettosa della dignità umana.
All’attività intesa in senso lato è strettamente legato il metodo sperimentale perché
l’esperienza è solo possibile con l’attività. Se l’esperienza del bambino non è un fatto
gratuito, ma un continuo processo che si identifica con l’evolversi della vita, la positività di
questo processo dipende dall’ambiente in cui il ragazzo opera, oltre che dalle sue
dotazioni naturali.
La scuola nuova pizzigoniana è agli antipodi della scuola tradizionale, che si serve della
parola per promuovere la formazione dell’alunno, al quale sono chieste parole più che fatti,
staticità più che attività riducendo, così, le possibilità autoeducative e causandone la
passività.
La scuola tradizionale si serviva fondamentalmente del libro e della lavagna per attuare
l’opera educativa, l’apprendimento era inteso come acquisizione di quanto l’adulto
trasmetteva attraverso il canale verbale. La scuola nuova vuole un’educazione funzionale,
promuove l’attività concreta dell’alunno, stimola il suo fare e, perciò, dà impulso alla sua
esperienze, promuovendo la sua curiosità a ricercare, a scoprire, a verificare. Il metodo
sperimentale pizzigoniano guida l’esperienza del fanciullo nell’ambito di ciò che il fanciullo
può vedere e toccare. Per Pizzigoni il dato empirico è l’unico elemento che consente al
pensiero di sperimentare, perché la sperimentazione è un atto del pensiero che ha operato
prima induttivamente nell’ambito sensibile. È in virtù di queste operazioni che il metodo
sperimentale può investire, in un certo modo, pure le sfere non sensibili. Il fondamento del
metodo sperimentale pizzigoniano trova riscontro in quello della scuola attiva, che pone
uno stretto legame tra pensiero e azione, tra il fare e l’imparare e considera possibile il
progresso cognitivo dell’alunno solo se questi opera alla luce del proprio mondo interiore e
viene posto dinanzi a problemi concreti e, ove possibile, verificabili.

È importante mettere in luce che l’ambiente di formazione, quello in cui lo scolaro percorre
la strada della propria esperienza, è il mondo. La scuola non si presenta nella veste di una
comune istituzione chiusa, ma si proietta nel vasto orizzonte della vita che si svolge sulla
terra. Perciò non v’è angolo del mondo che non possa considerarsi valida palestra di
formazione umana. Accanto al concetto di scuola come ambiente di formazione, va
collocato il concetto di maestro nuovo, la cui funzione assume importanza rilevante nella
organizzazione dei contenuti culturali, morali e religiosi di cui avrà bisogno la formazione
dell’alunno. È evidente che la crescita totale dello scolaro è in relazione alle caratteristiche
dell’ambiente e alle qualità del maestro. Pizzigoni è convinta che l’essere umano è una
creatura completa, capace di acquistare la piena autonomia, ma che ha bisogno della
guida di chi è più esperto per aver percorso una strada lunga e ricca di significative
esperienze. Allora il maestro nuovo è colui che sa soddisfare la necessità dell’alunno
nuovo e sul piano biologico e sul piano spirituale.
Uno degli aspetti più importanti della scuola moderna è senza dubbio costituito dalla
necessità di educare alla libertà, alla indipendenza, all’autonomia. Questo tipo di
educazione richiede il rispetto delle leggi fondamentali della natura: essa ci dice che ogni
bambino è dotato di notevoli capacità di apprendere e che gli itinerari che egli percorrerà
sono sempre in relazione alle sue possibilità personali e non solo alle capacità formative
dell’ambiente in cui egli vive; pertanto l’attività educativa che la scuola svolge a favore dei
fanciulli deve essere un’arte che coopera con la natura di ciascuno. Il fondamento della
didattica odierna è costituito dalla conoscenza sempre più profonda, sempre più
sperimentata scientificamente, dell’alunno. Certamente il problema dell’educazione non è
solo un fatto didattico, di metodo, ma implica anche la progettazione di contenuti che sono
la sostanza dell’alimento sperimentale dell’alunno. Perciò la parola del maestro, ripetiamo,
è importante, ma lo è a condizione che essa sia capace di entrare nell’esperienza del
bambino e di stimolarlo verso ulteriori conquiste sul piano cognitivo, sociale, morale;
l’insegnamento è valido se produce apprendimento e dà impulso alla coscienza dei valori
della vita sociale. Quando Pizzigoni dice che nella scuola ogni alunno deve trovare il
proprio alimento spirituale, anticipa la problematica degli attuali programmi sull’ambiente di
apprendimento. Dire scuola, secondo lo spirito degli attuali programmi, è dire ambiente di
apprendimento, luogo, cioè, dove ognuno deve trovare la più ampia possibilità di crescere
integralmente. Se nella scuola non avviene questo tipo di crescita, è evidente che essa
non è un ambiente di apprendimento. La scuola nuova si deve preoccupare in primo luogo
dello scolaro, che costituisce, perciò, la centralità della vita scolastica. La formazione
dell’uomo e del cittadino resta solo un’espressione verbale se la scuola non è in grado di
rinnovarsi profondamente per offrire al fanciullo tutte le opportunità che consentano
l’arricchimento della sua esperienza personale attraverso un rapporto quanto più possibile
diretto con il mondo, con i suoi problemi d’ordine comunicativo, economico, scientifico,
culturale. La scuola sognata e fondata da Giuseppina Pizzigoni ha tutti i requisiti di un
«laboratorio di cultura» in cui il rapporto tra alunni, lavoro manuale, ricerca di gruppo,
lavoro di officina, viaggi di esplorazione e di istruzione al di fuori della scuola, uso dei
sussidi della moderna tecnologia diventano importanti elementi di vita attiva, strumenti di
cui l’alunno si serve per mettere in funzione le sue doti fisiche e spirituali. La Rinnovata
diventa, così, un vero ambiente di apprendimento, in quanto ambiente di lavoro, dove il
maestro è un importante cooperatore dello scolaro.
I programmi redatti dalla Pizzigoni e dai suoi collaboratori nascono per orientare il lavoro di
una scuola diversa da tutte le altre scuole sparse sul territorio nazionale e che di anno in
anno assumerà una fisionomia sempre più sua fino a divenire, nel 1927, ente morale.
Dopo la riforma del Gentile, 1923, che istituiva i corsi integrativi per coloro che si
sarebbero avviati al lavoro, G. Pizzigoni avviava nella Rinnovata il Corso integrativo ad
indirizzo professionale, che comprendeva la sesta, la settima e l’ottava classe. Sappiamo
che la sesta classe, già esistente, avrebbe avuto carattere di orientamento al lavoro,
mentre la settima e l’ottava avrebbero avviato al lavoro professionale differenziato. Per
comprendere e valutare la portata istituzionale e formativa della Ghisolfa, è opportuno
accennare ai programmi generali che riguardano il corso completo dalla prima classe
all’ottava, nonché al personale docente e non docente cui Giuseppina Pizzigoni diede
sempre notevole importanza, in vista del conseguimento degli obiettivi della Rinnovata. Un
cenno dovrà essere fatto anche alla struttura architettonica dell’edificio, progettato in
funzione dell’attività didattica della scuola. Le discipline di studio sono: l’educazione fisica,
l’educazione morale, l’educazione estetica, l’educazione religiosa, l’educazione
intellettuale, la lingua italiana, le scienze naturali, la storia e la geografia, l’aritmetica e la
geometria, l’igiene e l’economia domestica, il disegno, il lavoro, la musica, la calligrafia.
Ognuna di queste aree disciplinari assume una dimensione adeguata alle classi e ai
bisogni degli alunni e tutti gli argomenti vengono affrontati partendo dall’esperienza da loro
acquisita.
Per quanto concerne l’educazione fisica, disciplina di primo piano per la formazione
integrale dello scolaro, il programma della Rinnovata prevede, tra l’altro, vita all’aperto
quanto più è possibile e in luoghi ricchi di vegetazione, una nutrizione sana, frugale e
abbondante. Funzionando la scuola a tempo pieno, si rende indispensabile il riposo di due
ore a mezzogiorno per il corso elementare e di un’ora e mezza nella classe sesta e in
quelle di avviamento al lavoro. Molto importanti sono gli esercizi quotidiani di respirazione,
il rispetto dell’igiene, le passeggiate settimanali e graduali, le gite e i viaggi, i giochi liberi e
guidati, la ginnastica ritmica e la ginnastica svedese, l’esercitazione dei sensi, le audizioni
e la teoria musicale, le visite mediche somatiche e psichiche, le cure odontoiatriche. Il
rispetto per la persona fisica assicura a ciascun alunno una crescita sana, equilibrata, forte
sia fisicamente che psichicamente. Sicuramente gli obiettivi fondamentali della Pizzigoni
erano la salute del bambino, la sua vita allegra, gioiosa, poi la sua formazione intellettuale
fondata su una salda educazione morale e religiosa.
Pizzigoni poneva a fondamento della formazione morale dell’individuo la formazione
religiosa: l’obiettivo morale e quello religioso costituivano, perciò, un contesto unitario. La
morale che proviene dal Vangelo trova il suo fondamento in verità assolute, universali,
valide per tutti gli uomini in ogni tempo e in ogni luogo, pertanto l’insegnamento evangelico
rappresenta il contenuto più valido per la formazione etica dell’uomo. Era convinzione
della fondatrice della Rinnovata che senza una formazione morale e religiosa dell’alunno
non si potesse costruire una società integrata: quando l’uomo è privo di valori duraturi, di
valori, cioè, che non sono modificabili dai cambiamenti che si registrano sul piano
economico, su quello sentimentale e sul piano politico-sociale, di valori, in altre parole, che
ci provengono dall’insegnamento di Cristo, tutto diventa difficile: la coerenza, l’onestà, il
coraggio, la tolleranza perdono la loro forza. Se si esamina la condizione dell’uomo
contemporaneo, ci si rende conto che ove questi valori mancano vi è sempre un vuoto di
umanità, di socialità, di solidarietà. Ma il male più grave consiste nel riconoscere questi
valori e, nel contempo, nella mancanza di un forte impegno perché essi diventino la guida
delle nostre azioni. Il fariseismo ha sempre avuto il suo spazio e nella vita del singolo e in
quella collettiva, ma vi sono periodi in cui questo spazio dimostra con maggiore evidenza
la debolezza del senso dei valori e della fede. Una saggia formazione etico-religiosa può
certamente dare forza alla fede dell’uomo nei valori, fugare ogni ombra di ipocrisia, far
amare lo spirito di verità. Pizzigoni, ponendo la formazione cristiana a fondamento della
formazione morale dell’alunno, era convinta che la società, per non essere vittima del
materialismo, dovesse sentire la presenza di Dio e fare in modo che tale presenza fosse
viva nella coscienza di ogni individuo. La necessità di legare la formazione morale del
fanciullo alla formazione cristiana era dettata dalla convinzione che solo la presenza del
Padre comune avrebbe garantito la certezza di ogni bene sociale. Sostanziata, dunque,
dalla formazione religiosa, l’educazione morale deve avvenire attraverso l’ordine, la
chiarezza e la semplicità. L’ordine vuole che ogni cosa sia al proprio posto, che ogni
azione abbia una conseguenza logica, che vi sia corrispondenza tra l’ordine interiore e
l’ordine esteriore. La chiarezza è «limpidezza, trasparenza», essa deve aiutare l’alunno a
vedere le cose nella loro autenticità, nella verità. La semplicità, infine, di cui l’alunno può
impossessarsi se è capace di valutare ciò che è buono, conveniente, se è in grado di
distinguere il necessario dal superfluo, deve essere in primo luogo semplicità di spirito,
forza interiore che consente di non essere travolti dalle cose futili e ingannevoli. Questo
itinerario si può percorrere con grandi vantaggi morali solo se ci si avvia in tenera età e se
la famiglia, cui spetta il compito della basilare educazione morale e religiosa, vede
l’urgenza e la necessità di questo cammino.

Nella lezione che ha per titolo «Il mio asilo infantile», Pizzigoni esclude le novità assolute
di teorie e metodi pedagogici affermando che il pensiero moderno è «figlio del pensiero di
chi ci ha precorsi» e che la base di qualsiasi metodo «è sempre costituita dai vecchi
principi, che, per essere fondamentali, sono immutabili nella loro essenza, e che quindi
saranno fino a quando ci sarà umanità» (Pizzigoni, 1961, p. 195). È fuor di dubbio che
nulla è assolutamente nuovo, anche se la storia del pensiero è possibile in virtù dei vari
pensamenti, dei diversi modi di intendere la realtà, le cose, gli eventi. Ciò significa che
niente è identico al precedente, ma neppure completamente diverso. È 225 questo il
senso vichiano della «storia ideale eterna» e dei «corsi e ricorsi storici». Di assolutamente
nuovo non v’è ovviamente neppure nell’asilo pizzigoniano, che per molti aspetti rimanda
alla Scuola materna delle Agazzi e alle Case dei bambini montessoriane, le quali
rimandano, a loro volta, agli Asili aportiani e ai Giardini fröbeliani. Ciò non vuol dire,
tuttavia, che l’istituzione pizzigoniana non abbia nulla di proprio o che non abbia avuto una
grande importanza nella storia della Rinnovata.
È, questo, un programma che richiede un alto grado di professionalità docente e che
evidenzia pure il riconoscimento delle grandi possibilità autoeducative dell’infanzia. Se è
vero che la maestra non deve assillarsi per il raggiungimento degli obiettivi scolastici, è pur
vero che è obbligata a prestare la massima attenzione alle necessità naturali del bambino,
alle sue richieste di conoscenza, di sapere, di fare, perciò deve pure adoperarsi a porre al
centro della vita scolastica l’esperienza del bambino, preoccuparsi di alimentare, secondo
il principio che Dewey chiama «di continuità», quelle esperienze che costituiscono le tappe
fondamentali dello sviluppo della sua personalità. L’attenzione e l’interesse di Giuseppina
Pizzigoni per il problema formativo del bambino emergono anche dai documenti personali
del piccolo. Nella pagella biografica vengono trascritte le sue generalità, il nome dei
genitori, la loro professione, il numero dei fratelli e delle sorelle conviventi e la loro età,
l’abitazione del nucleo familiare, il numero dei locali occupati e il numero dei conviventi.
Fanno anche parte dei documenti personali del bambino la scheda dell’anamnesi familiare
e quella individuale costituita dalle seguenti voci: allattamento, sviluppo fisico e
intellettuale, beve vino?, malattie sofferte. Altra scheda è quella dell’esame somatico, le
cui voci riguardano le condizioni generali di sviluppo, lo stato di nutrizione, le condizioni
dello scheletro, della muscolatura, della cute e delle mucose, il sistema linfatico, gli occhi,
il naso, la gola, gli orecchi, l’apparato respiratorio, circolatorio e digerente, il sistema
nervoso, il linguaggio, l’apparato uropoietico, l’enuresi diurna e notturna, le vaccinazioni.

Diari Bertuzzi

Diari con stile narrativo cronologico, con una parte introduttiva, una strutturazione mensile
delle attività e una descrizione quotidiana della vita scolastica.
Il diario 1954-1955 risale al periodo di tirocinio alla Rinnovata, la scrittura dei diari si
interrompe per poi riprendere nel 1961-1962 e in modo continuato nel 1966-1967.
L’evoluzione mostra lo sviluppo professionale della maestra, con un miglioramento
progressivo del discorso pedagogico che porta alla scrittura di un vero e proprio manifesto
programmatico per la scuola dell’infanzia.
Ogni diario descrive minuziosamente il programma svolto e le attività svolte in classe,
delineando una chiara coerenza interna al metodo di Pizzigoni, ed inizia con un’analisi
generale della vita della Sezione.
Tra le attività portate avanti troviamo la creazione del giornale della classe e del
calendario.
Tutto ciò per fissare fatti e avvenimenti utili a introdurre concetti del tempo e dello spazio.
Ad ogni data è collegato un momento significativo della vita scolastica e serve a creare
una memoria condivida e creare un senso di appartenenza al gruppo.
Si cerca di coinvolgere la famiglia nella partecipazione alla proposta educativo.
Di grande rilievo è l’educazione estetica che si sviluppa grazie alle ricorrenze religiose e
civili che aiutano la riflessione dei bambini anche per mezzo di riproduzione artistiche che
educano al bello. Oppure tramite l’osservazione di quadri d’autore.
L’elemento religioso, inoltre, serve ad insegnare il significato che una determinata festività
ha per la vita della persona, della famiglia e della comunità.
Attraverso storie come quella di San Martina, esempio di virtù da emulare, si educa al
sentimento morale che è determinato in particolar modo dall’ambiente familiare, dato che il
bambino rispecchia integralmente il sentimento morale degli adulti.
Sara parla di processo di chiarificazione per indicare il lento e discontinuo progredire della
crescita del giudizio morale, da collegare al condizionamento delle figure di maggiore
riferimento verso cui i bambini nutrono amore, fiducia per attaccamene e affidamento
senza limiti.
Questo aiuta a riportare l’aggressività dei bambini dentro un contesto di vivibilità, senza
che diventino atteggiamenti deleteri.

L’opera educativa iniziale ha come scopo insegnare a vivere insieme bambini che non
hanno mai frequentato la scuola e che sono disorientati.
La vita sociale cresce nelle attività pratiche dei bambini, dove si confrontano interesse
scopo da raggiungere insieme.
La programmazione mensile passa da una forma sintetica e discorsiva che fa riferimento
alla quotidianità della scuola dei primi diari del 1954-1955 e 1961-1962 ad una
strutturazione precisa e dettagliata che compare nel terzo diario del 1962-1963 e che si
mantiene fino all’ultimo del 9166-1967.
Le attività programmate in ogni mese si concentrano sull’indagine psicologica collegata
alle attività da svolgere.
Nell’ambito delle osservazione psicologiche riveste un ruolo centrale lo studio dei
comportamenti dei bambini, con rivelazioni costanti che si ripetono per tutto l’anno,
evidenziando i progressi e regressioni di ciascun allievo.
Si tratta di una descrizione senza stereotipi che delineano i profili di personalità,
mostrando una particolare attenzione per quanto riguarda lo sviluppo psicofisico che serve
per ragionare sui futuri interventi della maestra.
Interessante è anche l’approccio di Beruzzi all’educazione scientifica. Nei diari ricorre
l’osservazione delle condizioni metrologiche e lo studio delle foglie, delle piante e degli
animali grazie alla vicina azienda agricola.
La natura viene utilizzata per descrivere fenomeni fisici che altrimenti resterebbero un
concetto astratto ed inerte nella mente del bambino, senza alcun collegamento con la
realtà fenomenica. Qui ritorna il monito della Pizzigoni di tenere sempre unita teoria e
pratica.

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