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Psicologia degli atteggiamenti

e delle opinioni
CAPITOLO 1: che cosa sono gli atteggiamenti

1.1 Le origini dello studio degli atteggiamenti


Risulta difficile ad oggi riportare una definizione sufficientemente univoca di cosa si intenda con
”a7eggiamen8” a par8re dai numerosissimi contribu8 che ogni anno vengono prodo; in questo ambito.
- il termine a7eggiamento è stato u8lizzato per la prima volta da Thomas e da Znaniecki, i quali nel 1918
pubblicarono una ricerca sui contadini polacchi emigra8 in America, nella quale i due affermano che il
rapporto di dipendenza reciproca tra cultura e individui può essere spiegato a7raverso l’individuazione di
“valori sociali” e “a7eggiamen8”. In questo caso gli a7eggiamen8 sono individua8 come i processi della
coscienza individuale che determinano l’azione, ed è una definizione innova8va per l’epoca, anche a seguito
degli studi di Durkheim che negava lo stato psicologico come movente dell’agire umano.
- Una successiva definizione si ha con Allport nel 1935 che considera l’a7eggiamento come “il conce7o più
dis8n8vo e indispensabile della psicologia sociale contemporanea” e successivamente lo definisce come
“uno STATO DI PRONTEZZA MENTALE e neurologica, organizzato nel corso dell’esperienza, che esercita
un’influenza dire7rice e dinamica sulle risposte di un individuo a tu; gli ogge; e situazioni con cui è in
relazione” Si pone in evidenza come si parli di uno stato non dire7amente osservabile, ma da inferire sulla
base della risposta individuale che esso influenza. Inoltre, ha inizio l’approccio individualista, e la
definizione di a7eggiamento diventa interessante in quanto dato psicologico nella relazione individuo-
ambiente.
-McGuire ha suddiviso la storia dello studio degli a7eggiamen8 in tre periodi:
• Anni 20-30: impegno degli studiosi nel me7ere a punto tecniche di misurazione degli a7eggiamen8 (scale
Likert, differenziale seman8co) e la concezione che si ha è quella di un con8nuum favore/sfavore di un dato
ogge7o di a7eggiamento. Costruendo queste scale si ha la possibilità di studiare in modo sperimentale e
quan8ta8vo un costru7o psicologico, quindi equiparando la psicologia alle altre scienze. Verso la fine degli
anni 30 però i tenta8vi di chiarificazione dei termini non si consolidano in una definizione univoca e
condivisa del costru7o e si ha un abbandono degli studi.
• Dal 1950, in parallelo con lo sviluppo della comunicazione di massa. Si hanno studi sui processi di
costruzione del consenso e cresce l’interesse per la modificazione degli a7eggiamen8 (teoria della
dissonanza cogni8va, studi all’università di Yale)
• 1965-1975, prende avvio lo studio sulla “social cogni8on”, orientato all’individuazione delle stru7ure e
dei processi che riguardano l’elaborazione delle informazioni. A7eggiamento > percepito come una
stru7ura cogni8va, e l’a7eggiamento è una parte inserita in un sistema di stru7ure cogni8ve.

Recentemente, Terry e Hogg (2000) sinte8zzano il perché è importante lo studio degli a7eggiamen8:
1. a7eggiamen8 come “apoteosi” della cognizione sociale (social cogni8on) = costru7o non osservabile
della cognizione che si apprende, si modifica e si esprime nel contesto sociale;
2.sul piano pra8co, gli a7eggiamen8 facilmente espressi a7raverso risposte ai ques8onari, sono le fon8 di
informazioni sulle quali si costruiscono le teorie psicosociali del comportamento;
3.sul piano poli8co, gli a7eggiamen8 cos8tuiscono una possibilità di applicazione delle conce7ualizzazioni
psicosociali alla realtà
TITOLO 1
Definizione a7uale (Eagly e Chaiken): «l’a7eggiamento è una tendenza psicologica espressa a7raverso la
valutazione di una par8colare en8tà con un qualche genere di favore o sfavore […]. Con “tendenza
psicologica” si fa riferimento ad uno stato interno alla persona, e con “valutazione” ad ogni classe di
risposta valuta8va, sia essa manifesta o non osservabile, cogni8va, affe;va o comportamentale».

1.2 Atteggiamenti e opinioni: una distinzione


In senso comune possiamo dire che sono sinonimi. Nel senso scien8fico, in sociologia si preferisce
“opinioni” e in psicologia “a7eggiamen8”. Price rileva tre differenze stru7urali:
1. Livello di manifestazione della risposta all’ogge7o. Thurstone (1928) considera gli a7eggiamen8 diversi
dalle opinioni perché gli a7eggiamen8 non sono osservabili e le opinioni consentono di inferirli > opinioni
sono verbalizzazioni degli a7eggiamen8. A7eggiamen8 = tendenze laten8 a rispondere in modo posi8vo o
nega8vo di fronte ad un ogge7o di a7eggiamento. Opinione = osservazione empirica di un conce7o latente
(a7eggiamento). Hovland et al (1953) considera le opinioni come risposte verbali di fronte ad uno s8molo ≠
a7eggiamen8 = risposte implicite stre7amente legate alle opinioni, che orientano l’individuo a evitare o
avvicinare un ogge7o.
2. La base dei due costru;. L’a7eggiamento si basa sulla dimensione affe;vo-emo8va (mi a7rae/non mi
a7rae) mentre l’opinione è maggiormente basata su credenze di ordine cogni8vo (è giusto/non è giusto)
3. La natura degli ogge; a cui fanno riferimento i costru;. L’a7eggiamento è concepito come un
orientamento permanente a rispondere in modo favorevole o sfavorevole ad una classe di s8moli,
l’opinione sarebbe una risposta specifica ad una par8colare ques8one di interesse colle;vo. Jaspar e Fraser
sostengono che l’a7eggiamento come variabile latente organizzi l’insieme delle opinioni. È possibile avere
opinioni non coeren8 rispe7o ai rela8vi a7eggiamen8, dipendono dal contesto in cui vengono emesse e
l’espressione di queste è sogge7a a pressioni sociali (effe7o del falso consenso).

Per concludere, è difficile tradurre le dis8nzioni tra a7eggiamen8 e opinioni in definizioni opera8ve dei due
(Price, 1992).
Cavazza definisce le opinioni come posizioni specifiche assunte di fronte ad uno s8molo di interesse
colle;vo che possono essere almeno in parte orientate dagli a7eggiamen8.

1.3 Gli atteggiamenti sono delle preferenze?


Secondo mol8 psicologi, quando l’essere umano si pone in relazione col proprio ambiente e comincia a
formarsi una conoscenza, lo fa su base emo8va, ancora prima che descri;va. Anche nel ricordo sembra
evidente il primato della dimensione emo8va. Essa di certo non è ancora un a7eggiamento, tu7avia è in
grado di influenzare i successivi processi cogni8vi a7raverso i quali l’individuo arriva a me7ere a fuoco
l’ogge7o.

1.4 Gli atteggiamenti sono delle cognizioni?


Modello aspe7a8va-valore di Fishbein e Ajzen: il modello afferma che l’a7eggiamento di un individuo verso
un ogge7o sia cos8tuito dalla sintesi delle credenze salien8 che egli possiede su quell’ogge7o. Una
credenza è definita come la probabilità sogge;va che un ogge7o abbia un dato a7ributo > a ciò ogni
individuo assegna un valore. Si possono formare per via dire7a o indire7a L’a7eggiamento si ricava quindi
dal prodo7o fra le probabilità sogge;ve di trovare determina8 a7ribu8 nell’ogge7o e il valore assegnato a
ciascun a7ributo.
A7eggiamento = ∑ aspe7a8va x valore

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Questo significa che due persone che esprimono posizioni diverse circa lo stesso ogge7o possono par8re
dal considerare le stesse credenze, ma assegnare a queste una diversa probabilità di realizzazione e un
diverso valore.

1.5 Concezioni multicomponenti


Ad oggi gli studiosi concepiscono gli a7eggiamen8 come costru; basa8 su più di una componente >
valutazione globale dell’ogge7o, che deriva da tre fon8 di informazioni: risposte affe;ve, risposte cogni8ve
e risposte comportamentali. Su queste componen8 si basa il modello tripar8to degli a7eggiamen8, in cui si
sos8ene che gli a7eggiamen8 derivino dalla combinazione di queste tre sfere. La componente cogni8va
riguarda le informazioni e le credenze che gli individui possiedono rispe7o all’ogge7o, l’affe;va riguarda le
reazioni emo8ve che l’ogge7o suscita e la comportamentale concerne le azioni di avvicinamento o
evitamento rispe7o all’ogge7o. L’insieme complessivo delle risposte determina la valutazione globale
dell’ogge7o, anche se il peso di ciascuna componente è variabile. Generalmente, uno studio ha dimostrato
che la stragrande maggioranza degli a7eggiamen8 ha una base prevalentemente emo8va piu7osto che
cogni8va.

1.6 Gli atteggiamenti sono dei valori?


I valori sono defini8 come obie;vi astra; che le persone assumono come principi guida generali della
propria esistenza in tu7e le sue sfacce7ature. Sono a7eggiamen8 che hanno per ogge7o obie;vi
rela8vamente astra; e scopi dell’esistenza umana. Hanno natura prescri;va e fanno riferimento al dover
essere. Secondo Rokeach i valori fanno riferimento ai fini e gli a7eggiamen8 agli ogge;
———

CAPITOLO 2: struttura e funzione degli atteggiamenti

2.1 Come si formano


Differenza tra preferenze di origine presociale e a7eggiamento. Le prime sono preferenze es. preferire
paesaggi con vegetazione che paesaggi deser8ci, cuscino di piume o di chiodi ecc… Gli a7eggiamen8 però
necessita di esperienza, dire7a o indire7a che sia. Comunque ci sono 3 classificazioni per comprendere
come si formano gli a7eggiamen8:
1. Esperienza dire7a con l’ogge7o: consente all’individuo di raccogliere informazioni sulle sue
cara7eris8che, formarsi delle credenze e delle valutazioni che confluiscono in un a7eggiamento.
L’esperienza dire7a ci porta anche a fare confron8 con altri ogge; simili, e cerchiamo, quando siamo di
fronte a un a7eggiamento nuovo, di farlo rientrare in categorie note. Effe7o di mera esposizione [Zajonc]:
l’esposizione ripetuta ad uno s8molo induce una reazione emo8va e provoca un a7eggiamento più
favorevole verso questo, in quanto lo s8molo viene reso più familiare e quindi meno minaccioso (es.
pubblicità). Ricerca di metanalisi di Bornstein: u8lizza il paradigma di Zajonc pe studiare la mera
esposizione, arrivando a delineare dei pun8 fondamentali:
• Cara7eris8che dello s8molo: lo spostamento verso il favore si ha più in presenza di s8moli complessi che
semplici
• Presentazione degli s8moli: la presentazione di sequenze eterogenee di s8moli produce un effe7o più
forte rispe7o alle sequenze omogenee. Le esposizioni inferiori a un secondo per ogni s8molo provocano
effe; più for8 rispe7o ad esposizioni più prolungate.
• Misurazione delle variabili: la frequenza di esposizione è più efficace se viene fa7a non immediatamente
dalla prima esposizione
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• Variabili rela8ve agli individui: variabili individuali, es i bambini più si aumenta il numero delle esposizioni,
più l’ogge7o è considerato nega8vo.
È presente però un punto di noia, cioè un punto oltre il quale la ripe8zione dell’esposizione riduce il favore
verso lo s8molo. Esso è tanto più remoto quanto lo s8molo è complesso. Un’ulteriore condizione affinché
la mera esposizione sia efficace è che l’ogge7o inizialmente sia neutro o posi8vo, se è nega8vo non
funziona. Il contesto inoltre influisce sulla risposta affe;va: reazione emo8va può essere influenzata dagli
elemen8 presen8 nel contesto (ambiente) già connota8 = condizionamento valuta8vo = s8molo neutro
presentato sistema8camente insieme a uno s8molo già connotato posi8vamente o nega8vamente (es.
modella con orologio)

2. Esperienza indire7a: a7eggiamen8 e opinioni possono essere il prodo7o di un processo di


apprendimento che si basa, secondo Bandura, sull’imitazione. Osservare comportamen8 e a7eggiamen8
altrui (sopra7u7o in situazioni nuove e poco familiari) consente di trarre delle conclusioni
sull’appropriatezza del comportamento o dell’a7eggiamento in quel contesto sociale.
Bem, nella teoria dell’autopercezione, asserisce che l’a7eggiamento si forma a7raverso l’osservazione del
proprio comportamento nei confron8 dell’ogge7o. Gli individui conoscono i propri a7eggiamen8,
emozioni, sta8 interiori inferendoli dall’osservazione dei propri comportamen8 esterni, e questo perme7e
di inferire gli sta8 interiori (a7eggiamen8) osservando i segnali esterni (comportamen8) in assenza di
a7ribuzioni esterne (vincoli situazionali). [arrivare allo stato interiore osservando il comportamento
esteriore].

3. Comunicazione sull’ogge7o: possiamo formarci a7eggiamen8 in mancanza di esperienza personale,


quando altri ci parlano della loro esperienza. La posizione degli altri viene u8lizzata come uno standard di
confronto, in assenza di uno standard ogge;vo. Teoria del confronto sociale di Fes8nger: bisogno di
confrontare le nostre posizioni su ques8oni che sono importan8 dal punto di vista sociale (a7eggiamen8)
con quelle di altre persone che consideriamo simili a noi. Influenza norma8va: il nostro a7eggiamento è un
modo di rafforzare un’appartenenza ad un gruppo sociale che ci sta par8colarmente a cuore.

2.2 A cosa servono?


Perché le persone si formano e mantengono degli a7eggiamen8? Questo quesito cara7erizza l’approccio
funzionalista.
- Smith, Bruner e White asseriscono che gli a7eggiamen8 assolvono una o più tra le seguen8 funzioni:
1. Percezione dell’ogge7o: L’a7eggiamento è una sintesi delle cara7eris8che posi8ve e nega8ve di un
ogge7o che orienta le azioni di avvicinamento o allontanamento nei confron8 dell’ogge7o.
2. Ada7amento sociale: Alcuni a7eggiamen8 si accompagnano all’iden8ficazione con alcune categorie
sociali o dis8nzioni da esse. Orientamento posi8vo verso ogge; che so7olineano una appartenenza ad un
gruppo.
3. Esternalizzazione: È la funzione degli a7eggiamen8 che proteggono il Sé da confli; interni.

- Katz propone ulteriori qua7ro funzioni:


1. Funzione strumentale, ada;va o u8litaria: Al fine di massimizzare i benefici e minimizzare i cos8 si ha
uno sviluppo di a7eggiamen8 favorevoli verso ogge; associa8 a soddisfazione di bisogni e sfavorevoli
verso ogge; associa8 a dei cos8. A7eggiamen8 = mezzi per raggiungere scopi desidera8 ed evitare scopi
indesidera8. L’a7eggiamento si forma in base all’u8lità percepita dell’ogge7o.

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2. Funzione ego-difensiva: Gli a7eggiamen8 perme7ono di proteggere l’individuo da fa7ori interiori, come
l’ansia, e da minacce esterne. Ques8 a7eggiamen8 si sviluppano nei confron8 di ogge; che ci perme7ono
di non intaccare l’autos8ma e di migliorarla. (pregiudizi)
3. Funzione di espressione dei valori: gli a7eggiamen8 che esprimiamo dicono che genere di persone
siamo, a quale sistema di valori più generale ci riferiamo. Iden8tà personale che deriva dal senso di
appartenenza ai gruppi sociali (Tajfel).
4. Funzione di conoscenza: Gli individui si formano credenze anche per dare un significato e una
organizzazione ad un universo altrimen8 cao8co > a7eggiamento come quadro di riferimento per
interpretare ogge; ed even8, per categorizzare in modo posi8vo e nega8vo (stereo8pi).

- Maio e Olson compiono un’ulteriore rassegna:


1. Semplificare le interazioni con l’ambiente: Fungono da indicatori di avvicinamento o allontanamento da
un certo ogge7o. E’ una funzione importante in quanto influenza la formulazione dei giudizi sociali, la presa
di decisione e il comportamento.
2. A7eggiamen8 strumentali e simbolici: Strumentali sono quelli che consentono di classificare gli ogge;
secondo la loro potenzialità nel promuovere gli interessi del Sé. I simbolici sono quelli lega8 all’espressione
di una immagine di sé desiderata, di una appartenenza sociale.

Ipotesi della corrispondenza: gli stessi a7eggiamen8 possono svolgere funzioni diverse per individui diversi.
Un individuo è più facilmente influenzabile dalle argomentazioni che corrispondono alla funzione che
l’a7eggiamento svolge per quell’individuo. Le funzioni svolte da un certo a7eggiamento possono cambiare
nel corso della vita dell’individuo.
Le ricerche di Fazio hanno privilegiato lo studio degli a7eggiamen8 come strumen8 di orientamento alla
conoscenza. Fazio (2000): «il solo fa7o di possedere un a7eggiamento è u8le all’individuo perché possa
orientarsi nei confron8 dell’ogge7o in ques8one» > a7eggiamen8 come strumen8 di orientamento della
conoscenza del contesto (funzione di conoscenza).

2.3 Questioni di forza


Il conce7o di forza dell’a7eggiamento è una cara7eris8ca stru7urale generale che include diversi aspe; e
che ha diverse implicazioni circa le funzioni che l’a7eggiamento può svolgere. Pe7y e Krosnick hanno
definito un a7eggiamento “forte” se è durevole e di impa7o.
• Durevole: riguarda sia la persistenza nel tempo anche in assenza di tenta8vi di cambiamento da parte di
fon8 di influenza, sia la resistenza
• Impa7o: è l’influenza che l’a7eggiamento esercita sui processi di elaborazione delle informazioni e sul
comportamento.
La durevolezza riguarda principalmente la stru7ura, l’impa7o le funzioni.
Gli a7ribu8 lega8 alla forza degli a7eggiamen8 si suddividono in qua7ro classi:
1. Aspe; intrinseci all’a7eggiamento (estremismo)
2. Aspe; che riguardano la stru7ura cogni8va nella memoria (accessibilità, ricchezza delle informazioni)
3. Importanza dell’ogge7o, coinvolgimento personale, certezza
4. Modo in cui si è formato l’a7eggiamento (esperienza dire7a con l’ogge7o o analisi a7enta delle
informazioni possedute)

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2.3.1 l’accessibilità
Su alcune ques8oni abbiamo già una valutazione in memoria. Secondo Fazio per ogni persona gli ogge;
potenzialmente valutabili si collocano su un con8nuum che separa i poli a7eggiamento/non-
a7eggiamento. Vicino al polo “a7eggiamento” si ha il conce7o di accessibilità > il livello di accessibilità, in
una teorizzazione in cui gli a7eggiamen8 sono considera8 una rete cogni8va, si riferisce alla facilità o
difficoltà di richiamare alla memoria questo legame quando l’individuo si trova di fronte all’ogge7o > Forza
dell’associazione tra ogge7o e valutazione.
I primi test per l’accessibilità si ebbero con la misura dei tempi di latenza delle risposte, quando uno s8molo
ripetuto si inserisce in memoria e viene 8rato fuori più facilmente a una seconda esposizione a esso.
Numero maggiore di esposizioni > maggiore accessibilità. Diversi fa7ori concorrono a determinare il grado
di accessibilità di un a7eggiamento. Il più importante è la frequenza con la quale la persona a;va nella
memoria la rela8va stru7ura cogni8va. Altre sono le cara7eris8che culturali e ideologiche del contesto.
L’accessibilità che diventa cronica, coincide con la forza del legame in memoria fra l’ogge7o e la valutazione.
Se l’ogge7o è stre7amente legato ad una valutazione nella memoria, il solo fa7o di osservarlo basterà ad
a;vare anche la sua valutazione.
Per Fazio, più gli a7eggiamen8 sono accessibili, più essi riescono ad assolvere la funzione di orientamento
della conoscenza.
A7eggiamen8 altamente accessibili:
1.Sono migliori predi7ori del comportamento rispe7o ad a7eggiamen8 scarsamente o non accessibili.
2.Rendono le persone più impermeabili alle nuove informazioni e sopra7u7o a quelle non congruen8 con
la stru7ura cogni8va
3.L’elaborazione di informazioni non congruen8 può avvenire in modo distorto, poiché l’interpretazione è
guidata dall’a7eggiamento preesistente e finalizzata ad una sua conferma > problemi per il cambiamento di
a7eggiamento
4.Impedisce di percepire la trasformazione della natura degli ogge; nel corso del tempo > rende meno
probabile il cambiamento di a7eggiamento
Conseguenze dell’accessibilità:
• no8amo con più probabilità l’ogge7o in situazioni complesse e con mol8 s8moli presen8 > fare
a7enzione agli ogge; che ci interessano, evitare gli ogge; per i quali non abbiamo un a7eggiamento
accessibile (massimizzare i benefici, minimizzare i cos8)
• orientano la categorizzazione degli s8moli e la successiva connotazione valuta8va
• orientano la presa di decisione e potenziano la sicurezza rispe7o alla decisione presa (l’alterna8va scelta
è difficilmente messa in discussione successivamente)
• consentono di liberare risorse cogni8ve quando si devono affrontare compi8 complessi
=FUNZIONE DI CONOSCENZA

2.3.2 l’estremismo
Gli a7eggiamen8 estremi sono più for8 rispe7o a quelli meno estremi in quanto sono più predi;vi del
comportamento e più resisten8 a tenta8vi di influenza.
L’estremismo è un aspe7o interessante della forza degli a7eggiamen8 per la rilevanza sociale che ha.
Pensare a una ques8one o ripetere la propria posizione rispe7o ad essa contribuiscono a rafforzare il
legame tra l’ogge7o e la sua valutazione > estremismo del giudizio.

2.4. Questioni di struttura interna: atteggiamenti unipolari, bipolari, ambivalenti


TITOLO 6
Pratkanis sos8ene che la stru7ura interna degli a7eggiamen8 può essere unipolare o bipolare. Se è
unipolare nel con8nuum si ha un polo posi8vo o nega8vo e dall’altra parte uno neutro. Se è bipolare su un
con8nuum ha un polo posi8vo (pro) e uno nega8vo (contro). Ci sono ogge; che favoriscono lo sviluppo di
uno piu7osto dell’altro. Gli ogge; controversi sono generalmente più bipolari.
Il livello di ambivalenza è considerato un importante aspe7o che riguarda la stru7ura interna degli
a7eggiamen8. Test effe7ua8: viene valutata differentemente dall’incertezza , dall’indifferenza e dalla
moderazione. La coesistenza fra valutazioni posi8ve e nega8ve nell’a7eggiamento che una persona ha nei
confron8 di un ogge7o è l’ambivalenza a;tudinale.
L’ambivalenza intracomponente: abbiamo ambivalenza cogni8va, quando l’individuo a7ribuisce
cara7eris8che posi8ve e nega8ve allo stesso ogge7o, ambivalenza emo8va quando l’ogge7o suscita allo
stesso tempo emozioni posi8ve e nega8ve.
Nell’ambivalenza intercomponente si fa riferimento alla diversa valutazione sui due piani: per esempio
mangiare cioccolata fa ingrassare (a7ributo nega8vo) ma mi piace (emozione posi8va).
È dissonanza cogni8va? No! La dissonanza induce uno stato emo8vo nega8vo che mo8va ad una sua
rimozione nel breve periodo, mentre l’ambivalenza può essere mantenuta anche nel lungo periodo. Inoltre,
la dissonanza deriva dal rapporto fra un elemento cogni8vo dell’a7eggiamento e un elemento esterno alla
stru7ura a;tudinale, mentre l’ambivalenza riguarda unicamente il rapporto fra elemen8 inclusi nella stessa
stru7ura a;tudinale.
La stessa persona può avere a7eggiamen8 monovalen8 verso alcuni ogge; e altri ambivalen8 verso altri
ogge;. L’interesse per lo studio dell’ambivalenza deriva anche dal fa7o che gli a7eggiamen8 monovalen8
assolvono funzioni diverse rispe7o a quelli ambivalen8. L’alta ambivalenza si associa prevalentemente,
benché non si sovrapponga, a scarsa accessibilità, moderazione e scarsa certezza.
Ambivalenza >
1. elaborare in modo approfondito le informazioni, richiede risorse cogni8ve ma svolge una funzione di
ada7amento sociale, ovvero flessibilità stru7urale che consente alle persone di esprimere la propria
posizione u8lizzando la componente che è più in accordo con il contesto norma8vo, senza sen8rsi
incoeren8 (risparmio cogni8vo, via d’uscita indolore)
2. consente di esprimere le diverse connotazioni su piani diversi, senza cambiare il proprio a7eggiamento
(risulterebbe costoso in termini cogni8vi ed emo8vi)
3. stru7ura cogni8va complessa? No. Un ogge7o noto, rappresentato in memoria ha una stru7ura cogni8va
complessa > giudizi associa8 a sicurezza e alta accessibilità. Con l’ambivalenza non si ha questa complessità
cogni8va.
———

CAPITOLO 3: come si studiano gli atteggiamenti e le opinioni

3.1 Si possono misurare gli atteggiamenti e le opinioni?


Conce7o di “misura” > si possono misurare così come si misura una lunghezza? Gli a7eggiamen8 non sono
osservabili dall’esterno, possiamo soltanto inferirli da elemen8 che riteniamo indicatori > maniera più
semplice di cogliere l’a7eggiamento di una persona è interrogarla (item singolo o item mul8plo).
In psicologia ci sono due tradizioni di misurazione:
• scaling psicofisico: finalizzato ad individuare le relazioni esisten8 tra s8molo fisico e le sensazioni che
questo produce nelle persone

TITOLO 7
• scaling psicometrico: finalizzate a quan8ficare a7ribu8 che non hanno un referente fisico. Le scale Likert e
il differenziale seman8co sono basa8 su questo approccio.
La legi;mità del termine “misurazione” in ambito psicologico è tu7ora però ogge7o di diba;to.
Misurare: a7ribuzione di un codice numerico ad una cara7eris8ca di un ogge7o secondo delle regole
(Stevens,1946).
Misurazione: quando si dispone di un’unità di misura (Marradi,1981).
Misurazione: l’operazione che implica qualsiasi livello di scala(nominale, ordinale, cardinale, quasi-
cardinale).

3.2 Misure dirette multi-item: le scale


Nel 1928 Thurstone > Gli a7eggiamen8 possono essere misura8, sviluppa il metodo degli intervalli
apparentemente uguali, strumento ad oggi u8lizzato pochissimo nella ricerca, sia per la complessità della
costruzione della scala sia per le cri8cità avanzate nei confron8 dei presuppos8 alla base della sua
costruzione.
Le scale di a7eggiamento più usate nelle ricerche sono oggi quelle di 8po Likert e il differenziale seman8co.
Likert propone una modalità di ricerca decisamente meno impegna8va di quella di Thurstone, per questa
ragione la sua proposta ha conosciuto una grande diffusione.
Si tra7a di raccogliere delle affermazioni (item) che esprimono posizioni favorevoli o sfavorevoli nei
confron8 di un ogge7o (forma8 di risposta a 5 o a 7, da “del tu7o in disaccordo” a “completamente
d’accordo”). La somma, o media, dei punteggi che un individuo totalizza cos8tuisce la sua posizione sul
con8nuum valuta8vo e la rende confrontabile con quella di altri individui che hanno risposto alla stessa
scala > unidimensionalità della scala (tu; gli item contribuiscono a misurare un pezze7o dello stesso
a7eggiamento). Tu; gli item devono perme7ere di dis8nguere fra persone che hanno posizioni diverse.
Ciò rende inu8le l’inclusione di affermazioni che presumibilmente saranno acce7ate o rifiutate da tu;.
Il differenziale seman8co (Osgood e Tannenbaum) consiste in una lista di coppie di agge;vi bipolari
separa8 da 5 o 7 passi e presenta8 in ordine casuale. Si tra7a di uno strumento che rileva la componente
emozionale dell’a7eggiamento verso l’ogge7o. Le risposte vengono so7oposte all’analisi fa7oriale
finalizzata a individuare delle so7odimensioni. Quelle che emergono sistema8camente sono valutazione
(es. bello/bru7o), a;vità (es. stabile/instabile) e potenza (es. forte/debole).
Le scale semi-aperte (Esses e Maio) propongono di rilevare in modo separato la componente emo8va e
quella cogni8va degli a7eggiamen8. La tecnica si compone di due momen8 di rilevazione. La prima fase
consiste nel richiedere ai partecipan8 di esprimere liberamente quali sono le cara7eris8che a7ribuite
all’ogge7o e le emozioni suscitate da esso. > u8lizzare una parola o una frase breve per ogni componente,
poi si valutano con un punteggio che va da es. -3 a +3. Questa procedura si riferisce in modo coerente al
modello aspe7a8va-valore di Ajzen e Fishbein, in quanto fa risalire la misura dell’a7eggiamento
all’integrazione fra ogni a7ributo e la sua valutazione, ma in più 8ene anche conto delle emozioni!
I da8 che si o7engono si possono usare per:
•analisi quan8ta8ve
•analisi del contenuto
È possibile poi ricavare indici che riguardano le cara7eris8che stru7urali dell’a7eggiamento. Questa scala si
usa facilmente in ricerche trans-culturali (poiché sono i partecipan8 stessi a generare il contenuto degli
item > contenuto della domanda non culturalmente specifico). È stata impiegata spesso per rilevare
a7eggiamen8, stereo8pi, pregiudizi nei confron8 di gruppi sociali, minoranze etniche o gruppi s8gma8zza8.

TITOLO 8
3.3 Problemi di affidabilità e validità
La scala deve essere valida e a7endibile.
A7endibilità-> grado di accordo fra tenta8vi indipenden8 di misurare lo stesso conce7o. Nel campo dei
costru; psicologici il problema è più complicato della misurazione, ad esempio, di una grandezza fisica
quale la lunghezza. Uno strumento è de7o a7endibile quando riduce l’errore delle diverse misurazioni al
minimo > a7ualmente l’a7endibilità si misura in termini di coerenza interna dello strumento (alpha di
Cronbach).
Validità -> fa riferimento alla capacità della scala di misurare proprio quel par8colare a7eggiamento che è
al centro dell’interesse di ricerca.

Per concludere, l’uso delle scale per la rilevazione degli a7eggiamen8 si basa su due presuppos8:
•che i da8 raccol8 siano fedeli, cioè rappresen8no fedelmente la realtà
•che le risposte date da intervista8 diversi siano confrontabili
I principali bias di risposta sono di due 8pi: il primo fa riferimento al contenuto degli item: le persone a
volte tendono a rispondere in modo da comunicare agli altri e a sé stessi un’immagine di sé posi8va >
desiderabilità sociale.
Il secondo 8po di distorsione nelle risposte riguarda invece le cara7eris8che stru7urali del ques8onario e le
cara7eris8che sociali dell’intervistato > effe7o della acquiescenza, cioè la tendenza a dichiararsi sempre
d’accordo, indipendentemente dal contenuto dell’item.
Ques8 bias possono essere rido;, non elimina8, tramite accorgimen8 in fase di proge7azione della ricerca.

3.4 Rilevare l’opinione pubblica: i sondaggi


Uno strumento dire7o di rilevazione delle opinioni diventato oggi par8colarmente familiare a tu; è il
sondaggio > scopo di cogliere la distribuzione delle opinioni di una data popolazione su un dato ogge7o
a7raverso la somministrazione di un ques8onario standardizzato ad un campione rappresenta8vo di
popolazione.
Il sondaggio si inserisce in un approccio di 8po descri;vo (si quan8fica il numero delle persone che
esprimono una data posizione e l’intensità con cui la esprimono, nonché le cara7eris8che socio-
anagrafiche di esse).
Si parla di sondaggio per lo più quando lo scopo ul8mo della conoscenza che se ne ricava è lo studio
dell’opinione pubblica.
La validità del sondaggio è legata alla modalità di campionamento della popolazione di riferimento >
campione rappresenta8vo è il migliore. Il metodo più semplice è l’estrazione casuale dei nomina8vi, o per
ovviare la so7os8ma di alcuni parametri, il campionamento stra8ficato.
Anche il sondaggio è vulnerabile agli effe; della desiderabilità sociale e a tu; i 8pi di response bias.

3.5 Misure indirette


Per ovviare i problemi del rispondente sul controllo delle risposte, si usano misure indire7e per la
rilevazione degli a7eggiamen8, anche se alcuni presentano diverse difficoltà di u8lizzo.
Un primo 8po di misure indire7e consiste nell’inferire l’intensità e la direzione dell’ a;vazione emo8va che
l’ogge7o suscita nelle persone dalla ampiezza e dal 8po di reazioni fisiologiche.
Reazioni fisiologiche: (molto intrusive):
- riflesso galvanico
- Dilatazione pupillare
TITOLO 9
- Ele7romiogramma facciale
Misure non intrusive:
- osservazione del comportamento
- Tecnica della le7era smarrita
- Tecnica del falso canale di informazione
Misure implicite:
- priming
- IAT

Per quanto riguarda le misure implicite, esse hanno in comune il fa7o di fornire una s8ma
dell’a7eggiamento senza chiedere dire7amente alla persona di esprimerlo verbalmente. In questo modo i
risulta8 sono liberi dalla desiderabilità sociale.
Il priming consiste nel presentare ai partecipan8 alla ricerca uno s8molo-target decisamente nega8vo o
posi8vo dopo essere sta8 espos8 ad uno s8molo prime rispe7o al quale sii vuole cogliere l’a7eggiamento.
Si valuta il tempo di risposta > se il prime ha per l’individuo una valenza uguale a quella dello s8molo-target
(posi8vo-posi8vo o nega8vo-nega8vo) i tempi di risposta saranno più rapidi.
Lo IAT è il metodo implicito più conosciuto. Compi8 di categorizzazione delle immagini presentate insieme
a valutazioni di 8po posi8vo-nega8vo.
Nella ricerca di Greenwald i partecipan8 erano molto più veloci a rispondere quando dovevano usare lo
stesso tasto per categorizzare nomi di afroamericani e termini nega8vi, rispe7o a quando dovevano usare
lo stesso tasto pe i nomi degli afroamericani e termini posi8vi.
Mol8ssime ricerche mostrano la validità dello IAT nell’espressione della preferenza verso l’ingroup.
Inoltre, quando si tra7a di stereo8pi o pregiudizi, le correlazioni fra le misure esplicite e implicite sono
basse, mentre diventano significa8ve quando l’ogge7o è meno connotato socialmente.

3.6 I focus group


La misurazione numerica dei costru; psicologici, pur quanto u8le, non perme7e al ricercatore di capire il
significato più complesso che l’intervistato associa alla posizione che esprime a7raverso la croce sul
ques8onario.
Uno strumento molto usato a questo scopo, anche nelle ricerche applica8ve, è il focus group. La peculiarità
di esso risiede sopra7u7o nello spostare l’unità d’analisi dall’individuo al gruppo. Si tra7a di una
discussione di gruppo su un tema preciso e definito a priori (focus) sulla base degli obie;vi della ricerca. I
partecipan8 sono invita8 a intervenire nella discussione, esprimendo il proprio punto di vista. Nel farlo, si
usa una guideline che consiste in una lista di aspe; da toccare, nella sequenza psicologicamente
appropriata per quel gruppo > può prevedere uno o più compi8 stru7ura8 che offrono l’occasione di
s8molare la discussione.
Ciò che si o;ene è un prodo7o di gruppo, essendo il gruppo stesso unità di analisi. I da8 che si o7engono
non sono la somma degli a7eggiamen8 individuali, e per questo non possono essere riferi8 agli individui
che compongono il gruppo.
La discussione solitamente viene registrata e successivamente sbobinata al fine di effe7uare:
- Analisi del contenuto seman8co, tramite la griglia di codifica. Vengono classificate in modo indipendente
le produzioni linguis8che dei partecipan8. Può essere anche effe7uata tramite so…ware.
- Analisi stru7urale, che consente di individuare dei nuclei tema8ci o classificazioni di enuncia8 sulla base
dell’omogeneità dei termini al loro interno.
TITOLO 10
———

CAPITOLO 5: dagli atteggiamenti ai comportamenti

5.1 Conoscere gli atteggiamenti consente di prevedere i comportamenti?


La ragione del forte interesse degli psicologi nei confron8 degli a7eggiamen8 risiede nella sua potenzialità
di rappresentare un forte predi7ore del comportamento. > interessante per vari scopi (marke8ng,
psicologia sociale, pubblicità…). Il senso comune porta a pensare che un a7eggiamento por8 un
comportamento coerente con l’a7eggiamento stesso. Per molto tempo anche gli psicologi sociali l’hanno
pensata così, fino agli anni 60, nonostante fosse già stato fa7o l’esperimento di LaPiere sulla coppia di
turis8 cinesi negli Sta8 Uni8.
1 fase: Solo in 1 caso su 250 vengono respin8 come ospi8.
2 fase: invia una le7era, non più di persona, con la stessa richiesta di acce7are membri cinesi come ospi8. Il
92% dei proprietari di alberghi rifiuta.
Solo alla fine degli anni 60 si riprese in mano il tema > nel 1969 Wicker esaminò 47 studi empirici sulla
relazione fra a7eggiamento e comportamento ed evidenziò il fa7o che la correlazione fra le rispe;ve
misure o7enute in queste ricerche superava raramente una soglia piu7osto bassa (.30) e che gli
a7eggiamen8 potevano spiegare circa il 10% della varianza comportamentale.
Nuova fase di studi (Fazio e Zanna 1982) > la domanda, quindi, non era più “esiste una relazione di
coerenza fra a7eggiamen8 e comportamen8?” ma “a quali condizioni si evidenzia una relazione di
coerenza fra i due fa7ori?”
Kraus (1995) con una metanalisi ha selezionato e analizzato gli studi fino al 1990. L’autore nota che le basse
correlazioni rilevate fra a7eggiamen8 e comportamen8 vengono a7ribuite dagli studiosi a due problemi:
-Le metodologie impiegate nella misurazione
-L’esistenza di variabili moderatrici che intervengono nella relazione
Domanda corre7a è: “In quali condizioni gli a7eggiamen8 guidano il comportamento?”
Per quanto riguarda il problema metodologico > Fishbein e Ajzen notarono che in tu7e le ricerche gli
sperimentatori chiedevano ai partecipan8 di esprimere un a7eggiamento in termini molto generici > ma un
a7eggiamento generale non può prevedere un’azione specifica. Sia l’a7eggiamento che il comportamento
possono essere analizza8 sul con8nuum specificità/generalità. Il principio di compa8bilità afferma che gli
indicatori di a7eggiamento e comportamento sono compa8bili quando sono rileva8 allo stesso livello di
specificità. Per cui, tanto più gli elemen8 -target, azione, contesto, tempo- compresi nella risposta verbale
(a7eggiamento) sono simili agli elemen8 della risposta non verbale (comportamento), tanto più forte sarà
la relazione sta8s8ca fra i due. A7raverso indicatori compa8bili si o7engono misure di correlazione molto
alte, e questo è confermato anche nella metanalisi di Kraus.
Sia l’a7eggiamento che il comportamento possono essere analizza8 sul con8nuum specificità/generalità,
a7raverso bersaglio, azione, contesto, momento. (elemen8 TACT):
4 elemen8 rela8vi alle misure dell’a7eggiamento e del comportamento
a. Target (ogge7o, bersaglio) verso cui l’azione è dire7a > una mela
b. Azione eseguita > mangiare
c. Contesto in cui si esegue l’azione > a pranzo
d. Tempo (momento) in cui si esegue l’azione > oggi
Gli a7eggiamen8 prevedono il comportamento quando le Misure di a7eggiamento e comportamento sono
corrisponden8 in termini di TACT.
TITOLO 11
L’insieme delle ricerche incluse nella metanalisi di Kraus fornisce un gran numero di variabili moderatrici
che vengono classificate dall’autore in:
-Cara7eris8che degli a7eggiamen8
-Cara7eris8che del comportamento in relazione all’ogge7o
-Cara7eris8che personali
-Cara7eris8che situazionali
Da ques8 studi emerge che gli a7eggiamen8 che maggiormente predicono il comportamento in modo
significa8vo sono stabili, accessibili, forma8 per esperienza dire7a, espressi dall’individuo ad un buon
livello di sicurezza, coeren8 nelle componen8 affe;va e cogni8va, in una parola a7eggiamen8 for8.

5.2 I modelli di relazione fra atteggiamenti e comportamenti


La teoria dell’azione ragionata: Fishbein e Ajzen riaffermano il ruolo della razionalità umana, prevedendo un
processo che avviene a7raverso l’analisi razionale dei fa7ori in gioco. L’idea centrale è che la causa più
prossima del comportamento sia l’intenzione sogge;va di intraprenderlo. L’intenzione riguarda la
decisione di intraprendere un dato a7o comportamentale, ed è cos8tuita da:
-A7eggiamento verso quel dato comportamento
-Norme sogge;ve (percezione che l’individuo ha circa le aspe7a8ve di altri significa8vi rela8vamente alla
a7uazione di quel comportamento)
Ad un’ulteriore analisi, l’a7eggiamento verso il comportamento è determinato dalle credenze
comportamentali, mentre le norme sogge;ve sono determinate dalle credenze norma8ve.
L’a7eggiamento è più probabilmente determinato dall’insieme delle credenze comportamentali, vale a dire
dall’insieme delle conseguenze previste dall’individuo rela8vamente alla messa in a7o di quel
comportamento, insieme alla valutazione che egli a7ribuisce ad ognuna di queste conseguenze.
Secondo questa teoria quindi il cambiamento del comportamento si verifica quando si modificano le
credenze che ne stanno alla base. Questo può avvenire o tramite esperienza dire7a oppure a7raverso
l’esposizione alla comunicazione persuasiva, grazie all’acquisizione di nuove informazioni. Con questa teoria
Fishbein e Ajzen intendono esplicitamente rendere conto del processo che avviene nel caso di
comportamento volontario > individuo voli8vo.
Questo modello però non spiega tu; quei comportamen8 abitudinari, di rou8ne, compulsivi > si elabora la
teoria del comportamento pianificato.
Teoria del comportamento pianificato: nasce in seguito all’impossibilità della teoria dell’azione ragionata di
spiegare i comportamen8 che non sono so7o il pieno controllo individuale. Il livello di controllo sulle azioni
è influenzato da una serie di fa7ori sia personali che situazionali. Fra i fa7ori personali Ajzen individua il
possesso delle informazioni e abilità necessarie e il ruolo delle emozioni. Fra i fa7ori situazionali considera
le opportunità di cui la persona dispone.
Dunque, rispe7o alla teoria dell’azione ragionata, la teoria del comportamento pianificato include un
ulteriore elemento: la percezione del controllo sull’azione, riconce7ualizzata successivamente dallo stesso
autore come la percezione della facilità o difficoltà di a7uare il comportamento. L’intenzione sogge;va in
questo modello è determinata da tre fa7ori: l’a7eggiamento verso il comportamento, le norme sogge;ve,
la percezione di controllo comportamentale.
La percezione di controllo comportamentale è funzione a sua volta dell’insieme delle credenze circa il
proprio controllo, vale a dire di un insieme di credenze che riguardano la presenza o l’assenza delle
opportunità necessarie per l’a7uazione del comportamento. Quando l’a7ore sociale percepisce di avere il
controllo totale su una determinata azione il processo previsto dal presente modello coincide pienamente

TITOLO 12
con quello formulato dalla teoria dell’azione ragionata > anche da un esperimento condo7o da Ajzen,
emerge che il fa7ore “percezione di controllo” risulta il più importante dei due.
Per quanto riguarda le norme sogge;ve inoltre, c’è chi fa notare che nelle ricerche condo7e entro questo
paradigma, il fa7ore risulta sistema8camente un predi7ore meno potente rispe7o all’a7eggiamento > la
percezione di norma8vità del comportamento all’interno di un gruppo rilevante per l’individuo risulta un
forte predi7ore dell’intenzione comportamentale soltanto fra le persone che esprimono una significa8va
iden8ficazione con il gruppo.
Il MODE: Per rendere conto di comportamen8 sia automa8ci che controlla8 e del loro rapporto con gli
a7eggiamen8, Fazio propone un modello a due vie che si chiama MODE (Mo8va8on and Opportunity as
DEterminants) > modello coerente con la tendenza a ritenere che il livello di mo8vazione personale
inneschi processi cogni8vi di natura differenziata. Il MODE prevede che gli a7eggiamen8 e i comportamen8
siano messi in relazione a7raverso due 8pi di processi. La dis8nzione fra i due risiede nella presenza o
assenza di una analisi consapevole delle alterna8ve di comportamento. Un a7eggiamento accessibile verso
l’ogge7o provoca l’a;vazione automa8ca del comportamento. In condizioni di bassa mo8vazione
l’a7eggiamento accessibile orienta l’interpretazione della situazione. Se invece l’individuo non ha un
a7eggiamento accessibile che orien8 l’interpretazione della situazione, si baserà su elemen8
par8colarmente salien8 in quel momento e che potrebbero risultare in contrasto con l’a7eggiamento
preliminare. Quindi, quando la mo8vazione e le possibilità di elaborazione sono alte, l’individuo procede a
prendere in considerazione varie alterna8ve di comportamento, ne valuta le conseguenze, l’impa7o sociale
e le proprie possibilità di controllo > sforzo cogni8vo elevato.
Il conce7o di mo8vazione muta: la mo8vazione fa riferimento all’interesse di evitare conclusioni errate, che
deriva dalla percezione dei cos8 che comporterebbe un errore di giudizio. Il “8more dell’errore” mo8va
l’individuo a prendere in considerazione in modo anali8co le informazioni disponibili. La mo8vazione
tu7avia non è sufficiente per procedere ad un’elaborazione approfondita. Sono altre7anto necessari tempo
e risorse cogni8ve per l’elaborazione (opportunity).
Per concludere la presentazione dei modelli teorici che conce7ualizzano il rapporto fra gli a7eggiamen8 e i
comportamen8, ci si potrebbe chiedere che ruolo hanno in ques8 modelli i fa7ori sociali.
Nelle teorie di Fishbein e Ajzen essi entrano nella forma di aspe7a8ve norma8ve: l'a7ore sociale percepisce
che gli altri per lui significa8vi (famiglia, amici) hanno delle aspe7a8ve sui comportamen8 che egli me7e in
a7o. Nel modello a due vie di Fazio e colleghi questa percezione agisce soltanto quando l'a7ore è
sufficientemente mo8vato per considerare in modo anali8co quale comportamento sia più vantaggioso. A
livello di gruppo, quanto più una persona si iden8fica con un gruppo, tanto più essa sarà mo8vata ad
aderire alle sue norme. Questo non solo rende salien8 (quindi accessibili) gli a7eggiamen8 congruen8 con
queste, ma agisce anche dire7amente sul comportamento: comportarsi coerentemente con un
a7eggiamento socialmente norma8vo rafforza lo status dell’individuo all’interno del gruppo.
———

CAPITOLO 6: il cambiamento degli atteggiamenti e delle opinioni

6.1 Fonti di cambiamento


Gli a7eggiamen8 nel corso del tempo possono mutare. Se pensiamo al cambiamento degli a7eggiamen8
provocato da pressioni esterne, forse la prima idea che viene alla mente è quella rela8va alla
comunicazione persuasiva: me7e già men8 possono cambiare come eventuale esito dell'esposizione ad un
messaggio che presenta una par8colare posizione o l'opportunità di a7uare un determinato
comportamento. Ma gli a7eggiamen8 delle persone si possono modificare anche al di fuori di contes8
educa8vi in senso stre7o nel corso dell'esperienza e grazie al fa7o che la messa in a7o di comportamen8
propri e altrui modifica il campo entro il quale l'individuo agisce.
TITOLO 13
6.2 La persuasione
I cambiamen8 di a7eggiamento che avvengono a fronte di una pressione esercitata sull’individuo
dall’esterno hanno ricevuto una grande a7enzione da parte degli psicologi sociali. Si assume che esistano
tre classi di s8moli, presen8 nella situazione di comunicazione, in grado di agire sulla percezione dei
vantaggi lega8 all’adozione di una determinata posizione:
1. Fonte del messaggio
2. Se;ng
3. Contenuto della comunicazione
Si sono successivamente sviluppate due teorie fondamentali: paradigma dell’elaborazione delle
informazioni (McGuire) e l’approccio della risposta cogni8va (Pe7y, Ostrom e Brock).

6.2.1 Paradigma dell’elaborazione delle informazioni:


L’impa7o della comunicazione persuasiva può essere colto considerando un processo a tre fasi in sequenza
temporale: a7enzione rivolta al messaggio, comprensione del suo contenuto, acce7azione della
conclusione.
McGuire, nel suo paradigma dell’elaborazione dell’informazione, sviluppa questa idea e concepisce un
processo cos8tuito da sei fasi:
1. Presentazione del messaggio
2. A7enzione
3. Comprensione dei contenu8
4. Acce7azione della posizione sostenuta dal messaggio
5. Memorizzazione della nuova opinione
6. Comportamento
Secondo questo paradigma la comunicazione persuasiva esercita un impa7o sul ricevente se si verifica
ognuna delle sei fasi. Il fallimento di uno solo di ques8 passaggi interrompe dunque il processo. Il modello è
configurato come una catena di risposte, ognuna delle quali porta con sé un certo grado di incertezza.
Questo spiega la difficoltà di modificare gli a7eggiamen8 e i comportamen8 rela8vi, specialmente in
contes8 esterni al laboratorio sperimentale. Sul piano empirico però è molto difficile scindere le fasi e
verificare cosa accade in ciascuna di esse (fa7ori probabilis8ci in gioco). Il modello è stato testato perciò
nella sua forma semplificata in due fasi: ricezione e acce7azione.
P(I) = P(R) x P(A)
Cioè la probabilità di essere influenza8 dal messaggio persuasivo P(I) è uguale al prodo7o della probabilità
di ricevere adeguatamente il messaggio P(R) prestarvi a7enzione e capirlo, per la probabilità di acce7arne
le conclusioni P(A).
Il potere predi;vo di questo modello, infine, diminuisce molto quando il processo in considerazione
avviene fuori dal laboratorio.

6.2.2 L’approccio della risposta cognitiva:


Secondo gli autori l’approccio al ruolo del ricevente si basa sull’idea che l’impa7o persuasivo sia sopra7u7o
determinato dalla natura delle risposte cogni8ve che il ricevente formula quando an8cipa, riceve o rifle7e
su una comunicazione. > non negano l’importanza delle fasi del modello precedente, tu7avia associano
all’apprendimento un altro fa7ore cruciale: l’interpretazione dei contenu8. La reazione sogge;va sarebbe
in questo caso l’elemento che media fra l’esposizione ad un messaggio e l’effe;vo cambiamento degli
a7eggiamen8 rela8vi > il ricevente me7e in relazione l’informazione contenuta nel messaggio con le
TITOLO 14
credenze che egli già possiede rela8vamente alla ques8one. Non si tra7a di una ripe8zione interiore dei
contenu8 ma di una riformulazione! Se le informazioni inducono pensieri favorevoli alla posizione o
all’ogge7o di a7eggiamento, l’a7eggiamento iniziale del ricevente ne risulterà influenzato nella direzione
desiderata, inoltre più un messaggio è in grado di evocare pensieri favorevoli, più esso risulta persuasivo.
Per poter indagare empiricamente l’a;vità di rielaborazione indo7a dalle informazioni presentate nel
messaggio, gli autori hanno sviluppato la tecnica della lista dei pensieri. Concepire il processo di
persuasione in termini di risposta cogni8va non porta ad una teoria generale, piu7osto ad un orientamento
culturale che so7olinea l’importanza dell’a;vità cogni8va individuale di rielaborazione dei contenu8
propos8.
Fes$nger e Maccboy o7engono un risultato controintui8vo: Fa7ori di distrazione presen8 nella situazione
persuasiva possono facilitare l'acce7azione di una comunicazione contro a;tudinale. Gli autori
interpretano questa cosa ipo8zzando che quando un individuo viene posto di fronte ad un messaggio
contro a;tudinale comincia una a;vità mentale di controargomentazione. Se questa viene impedita da
fa7ori esterni di distrazione, la resistenza alla comunicazione si indebolisce, favorendo l'acce7azione del
messaggio.

6.2.3 I modelli a due percorsi:


2 proposte teoriche: il modello della probabilità di elaborazione (Pe/y e Cacioppo) e il modello euris8co-
sistema8co di Chaiken.
Il modello della probabilità di elaborazione (ELM) prevede che di fronte ad un messaggio persuasivo
l'a7eggiamento può cambiare a7raverso due diversi processi: il percorso centrale e il percorso periferico. Il
percorso centrale è un processo di elaborazione a7enta e di riflessione accurata sulle argomentazioni e
sulle informazioni contenute nel messaggio persuasivo. Questo processo richiede una certa quan8tà di
risorse cogni8ve.
Il percorso periferico fa invece riferimento ad un processo basato su elemen8 che non hanno dire7amente
a che vedere con le argomentazioni u8lizzate per sostenere una data posizione, quanto piu7osto con il
modo in cui essi sono presentate. I due fa7ori chiave che determinano la probabilità che essi arrivino ad
una conclusione dopo aver a7entamente vagliato le informazioni in gioco sono la mo8vazione e l'abilità
cogni8va. La mo8vazione fa riferimento alla rilevanza che il tema del messaggio persuasivo ricopre per il
ricevente in relazione agli scopi che egli si prefigge di raggiungere. L'abilità cogni8va si riferisce sia alle
capacità rela8vamente stabili come il livello di intelligenza o le competenze tecniche necessarie. Secondo il
modello della probabilità di elaborazione, quando una persona è mo8vata e capace di elaborare il
contenuto informa8vo di una comunicazione, l'eventuale cambiamento di a7eggiamento è l'esito del
percorso centrale di elaborazione. Al contrario, quando il ricevente non è mo8vato o non è in grado di
des8nare un certo sforzo cogni8vo al tema in ques8one, gli eventuali cambiamen8 di a7eggiamento sono il
risultato di un percorso periferico. I due processi, quello centrale e quello periferico, possono essere
pensa8 come i due estremi di un con8nuum di elaborazione a cui corrisponde anche una variazione
dell’importanza che assumono gli elemen8 centrali e quelli periferici. Il modello duale viene pubblicato
negli stessi anni e presenta alcuni aspe; in comune con quello di Pe7y e Cacioppo, ma per alcuni versi se
ne differenzia.
Il modello di Chaiken ha il nome di euris8co sistema8co e prevede due processi di natura diversa. Il primo
processo è quello sistema8co; esso coincide con la elaborazione approfondita dei contenu8 informa8vi del
messaggio indicata come percorso centrale nel modello viso sopra punto il secondo processo, quello
euris8co, consiste nel raggiungimento di una opinione finale a7raverso la semplice applicazione di una
euris8ca ovvero di una regola di decisione. Anche nel modello euris8co sistema8co le capacità cogni8ve del
ricevente e la sua mo8vazione sono fa7ori fondamentali. Tu7avia, in esso è prevista la possibilità che le due
modalità di elaborazione non si escludono a vicenda.

TITOLO 15
I due modelli illustra8 hanno mol8 pun8 in comune ma presentano elemen8 di discon8nuità . Entrambi
prevedono due percorsi. Il secondo 8po di elaborazione - periferica per l'uno, euris8ca per l'altro - non
rifle7e invece lo stesso processo. Il percorso periferico dell’ ELM può essere pensato come un insieme di
processi cara7erizza8 da elaborazione minima fra i quali si può comprendere anche l'u8lizzo delle
euris8che ma non solo quello.

6.2.4 Un modello ad un percorso:


Kruglanski propone una riconce7ualizzazione del processo di cambiamento degli a7eggiamen8 in termini
unimodali. Ques8 autori sostengono che il cambiamento degli a7eggiamen8 sia l'esito di un processo che
risponde alle stesse regole di qualsiasi altro processo epistemico di formazione dei giudizi. Ques8 autori
non dis8nguono tra segnali di 8po centrale e periferico. Essi sostengono che le differenze negli effe;
persuasivi prodo; dalle argomentazioni e dai segnali periferici emerse dalle ricerche sperimentali condo7e
entro il quadro teorico duale sono dovute ad artefa; metodologici. In altri termini, i segnali euris8ci o
periferici e gli argomen8 centrali sono concepi8 come casi speciali della categoria “evidenze persuasive”.
Nel modello unimodale si prevede dunque che la natura del processo di elaborazione sia unica. Ciò che
varia è l'estensione del processo stesso , cioè la durata della verifica di ipotesi successive prima di giungere
ad una conclusione che la persona ritenga soddisfacente. I risulta8 di un esperimento mostrano che
l'elaborazione approfondita non si applica ad una classe par8colare di informazioni, se non a quelle che il
ricevente considera per8nen8 e rilevan8 rispe7o al giudizio che deve formulare. In un altro esperimento le
partecipan8 poco interessa8 alla moda esprimono giudizi sul prodo7o influenza8 dalla presenza o assenza
della firma sulla maglie7a e non dalla presenza o assenza di informazioni più complesse che descrivono la
fonte della comunicazione persuasiva. Le partecipan8 più interessato alla moda non si sono lasciate
influenzare in maniera dire7a dalla presenza della firma sulla t-shirt ma hanno tenuto conto anche di altre
informazioni disponibili.

6.3 L’effetto della corrispondenza (matching effect)


È diventato sempre più evidente che la comunicazione persuasiva deve incontrare le cara7eris8che
stru7urali e funzionali degli a7eggiamen8 bersaglio. Si parla di matching effect che traduciamo in effe7o di
corrispondenza, per indicare l'influenza che si esercita nella condizione in cui la comunicazione persuasiva
faccia leva sugli elemen8 specifici che cara7erizzano l'a7eggiamento rela8vo.
Per quanto riguarda l'effe7o di corrispondenza funzionale, esso è da considerare nel quadro degli approcci
funzionalis8 allo studio degli a7eggiamen8, cioè quelli guida8 dalla domanda: perché le persone hanno
degli a7eggiamen8? L'ipotesi della corrispondenza funzionale prevede che i tenta8vi di persuadere saranno
tanto più efficaci quanto più il messaggio fa leva sulla funzione prevalentemente assolta da quel dato
a7eggiamento per l’individuo.
Diversi studi finalizza8 a me7ere alla prova queste ipotesi hanno impiegato la scala di automonitoraggio di
Snydee E la 8pologia di persone che da essa deriva. Le persone ad alto automonitoraggio sono quelle che
vorrebbero sempre comportarsi in modo da rispe7are le norme implicite del contesto sociale specifico in
cui si trovano, le persone a basso automonitoraggio invece desiderano che il proprio comportamento
rifle7a sempre la loro vera natura. Si può allora inferire che per i primi gli a7eggiamen8 svolgono
sopra7u7o una funzione di ada7amento sociale, mentre per i secondi prevale la funzione espressiva dei
valori. In una serie di esperimen8 persone ad alto o basso automonitoraggio sono state esposte a
pubblicità che so7olineano l'una o l'altra funzione. I risulta8 mostrano che i cambiamen8 di a7eggiamento
e le intenzioni di acquisto sono più for8 nelle condizioni di corrispondenza fra 8po di messaggio e 8po di
funzione prevalente rispe7o alle condizioni di non corrispondenza.
Anche l'a7eggiamento nei confron8 della partecipazione poli8ca è stato esplorato in questa o;ca.
Individui che tendono ad associare alla partecipazione poli8ca una funzione di espressione dei valori

TITOLO 16
oppure di ada7amento sociale accolgono in maniera differenziata gli appelli della propaganda che fanno
leva su queste mo8vazioni.
La rilevanza funzionale del messaggio per l'individuo può influenzare sia il modo in cui egli analizza le
argomentazioni sia la profondità dell'analisi. Innanzitu7o il messaggio funzionalmente rilevante viene
analizzato in modo tendenzialmente posi8vo. Questo si verifica perché la funzione prevalente influenza il
contenuto degli a7eggiamen8. Dunque l'argomentazione basata sui valori viene percepita a7raverso una
stru7ura che rende quei contenu8 rilevan8.
Inoltre, le persone elaborano in modo più approfondito le informazioni che corrispondono alla funzione
a;tudinale personalmente privilegiata rispe7o a quelle che non corrispondono.
Le analisi condo7e da Lavine e Snyder Sulla partecipazione poli8ca confermano che l'effe7o della
corrispondenza è mediato dalla percezione della qualità dei messaggi e che l'effe7o si rifle7e non soltanto
sull'a7eggiamento ma anche sul comportamento realmente messo in a7o. L'effe7o di corrispondenza
funzionale spiegherebbe anche perché le campagne di prevenzione dell'uso di droga o contro il tabagismo
centrate sulle informazioni hanno avuto così scarso effe7o mentre maggiore effe7o hanno avuto le
operazioni propagandis8che che hanno fa7o leva sulla funzione di iden8ficazione sociale che ha il consumo
di queste sostanze.
Un effe7o di corrispondenza nella persuasione è stato evidenziato anche sul piano stru7urale. Gli
a7eggiamen8 possono essere classifica8 come "a base emo8va" quando la valutazione globale che egli
esprime è molto vicina alla connotazione che deriva dalla componente emo8va, mentre si parla di
a7eggiamen8 "a base cogni8va" quando la valutazione globale è vicino alla connotazione che deriva dalla
componente cogni8va. Questa dis8nzione è stata u8lizzata anche per classificare i 8pi di messaggi
persuasivi. Un messaggio persuasivo può fare appello alle reazioni emo8ve oppure alle cara7eris8che
dell’ogge7o.
L'ipotesi della corrispondenza stru7urale prevede che una comunicazione persuasiva basata su elemen8
cogni8vi vs emo8vi risulterà più efficace sulla componente a;tudinale corrispondente rispe7o alla
componente non corrispondente.
Per semplificare il paradigma sperimentale Fabrigar e Pe7y testano l'ipotesi inducendo la formazione di un
a7eggiamento a base emo8va vs cogni8va nei confron8 di un ogge7o non preliminarmente conosciuto dai
partecipan8, ovvero un animale marino fi;zio. L'esperimento si svolge in due fasi, una di formazione
dell'a7eggiamento a base emo8va o cogni8va e una di persuasione a base emo8va o cogni8va. Nella prima
fase metà dei partecipan8 risponde ad una serie di item sui sen8men8 che suscita un presunto animale, il
lemphur. Naturalmente dato che l'animale è fi;zio, i ricercatori spiegano ai partecipan8 di essere
par8colarmente interessa8 a studiare i loro sen8men8 nei confron8 di questo animale e che se non lo
ricordano possono tentare di immaginarselo. Viene fa7o loro leggere un brano finalizzato ad evocare
emozioni verso l'animale e nel brano viene descri7o l'incontro fra una persona e un esemplare di questo
animale. L'altra metà dei partecipan8 svolge lo stesso compito nella condizione finalizzata a formare un
a7eggiamento a base cogni8va. In questa condizione il brano che viene fa7o leggere è un estra7o fi;zio da
un’enciclopedia che con8ene informazioni posi8ve sull’animale. Una volta formato l'a7eggiamento verso
l'animale prevalentemente su dimensioni emo8ve o cogni8ve, prende il via la fase della manipolazione del
8po di persuasione. Metà dei partecipan8 legge un brano che descrive l'animale uccidere brutalmente e
mangiare una persona che stava nuotando, mentre l'altra metà legge un estra7o fi;zio da un libro sulla
vita del mare che descrive in modo nega8vo l'animale, il primo è un messaggio emo8vo nega8vo e il
secondo è un messaggio cogni8vo nega8vo. Infine tu; rispondono agli item delle scale di a7eggiamento
nei confron8 dell’animale.
I risulta8 dell'esperimento mostrano che il messaggio di 8po emo8vo provoca più cambiamen8 negli
a7eggiamen8 a base emo8va che negli a7eggiamen8 a base cogni8va, ma l'effe7o di corrispondenza si
rivelano significa8vi nella condizione sperimentale in cui viene u8lizzato il messaggio di 8po cogni8vo.
Risulta8 di questo genere sono ricorren8 nei vari studi sperimentali.

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Maio e Haddock infine sostengono che considerando l'effe7o di corrispondenza ora illustrato, si potrebbe
ipo8zzare una maggiore probabilità di influenza quando il messaggio persuasivo è bilaterale e la stru7ura
dell'a7eggiamento della ricevente è bidimensionale oppure quando il messaggio è ad argomentazione
unilaterale e la stru7ura a;tudinale del ricevente è UNI dimensionale rispe7o alle due condizioni di non
corrispondenza. Per quanto teoricamente fondata appaia l'ipotesi, ad oggi non sono disponibili da8
empirici che consentano di validarla.

6.4 Il ruolo dei fattori sociali


Gli studi condo; sul cambiamento degli a7eggiamen8 si sono via via sempre più focalizza8 su processi
cogni8vi individuali, trascurando spesso IL ruolo di fa7ori sociali. Intui8vamente possiamo immaginare che
non siamo ugualmente dispos8 ad acce7are un'opinione diversa dalla nostra se questa proviene da
qualcuno che fa parte di un gruppo al quale apparteniamo anche noi oppure se fa parte di un gruppo al
quale non apparteniamo sopra7u7o se quella opinione ha a che vedere con la vita gli scopi dei gruppi in
ques8one.
La deriva individualis8ca che ha cara7erizzato questo ambito può essere dovuta al fa7o che l'influenza
esercitata dai gruppi sull'individuo è stata vista spesso come un effe7o di compiacenza superficiale da parte
di quest'ul8mo e non di vero e proprio cambiamento degli a7eggiamen8.
Ciò nonostante sono disponibili alcune ricerche che hanno analizzato gli effe; persuasivi provoca8 da una
fonte ingroup assumendo come quadro teorico di riferimento i modelli a due percorsi. In ques8 studi viene
u8lizzato un paradigma sperimentale nel quale una fonte di 8po ingroup o outgroup esprime una posizione
a7raverso argomen8 fortemente convincen8 oppure piu7osto deboli. Viene poi fa7o variare nei diversi
esperimen8 il tema in ogge7o, in modo tale che possa essere rilevante rispe7o all'appartenenza di gruppo
oppure irrilevante. I risulta8 mostrano che in generale i messaggi provenien8 dal proprio gruppo hanno un
maggiore impa7o persuasivo rispe7o a quelli dell’outgroup. Tu7avia quando il tema è rilevante rispe7o
all'appartenenza di gruppo oppure quando la posizione sostenuta dalla fonte non è immediatamente chiara
i partecipan8 mostrano di procedere ad elaborazioni cogni8ve impegna8ve solo nella condizione in cui la
fonte sia un membro ingroup. Tale a;vità cogni8va si rifle7e sulle misure di controllo e si traduce in un
maggior cambiamento di a7eggiamento di fronte agli argomen8 fortemente convincen8. La forza degli
argomen8 al contrario non ha nessun impa7o significa8vo nelle condizioni in cui il messaggio viene
a7ribuito ad un membro dell’outgroup. Ques8 risulta8 indicano che quando un individuo ascolta un
messaggio proveniente da una fonte con la quale condivide un'appartenenza sociale, può u8lizzare
quest'ul8ma informazione come un segnale euris8co oppure può percepire il messaggio trasmesso come
par8colarmente rilevante e può quindi procedere ad una più a7enta analisi del contenuto.
Nel primo caso si a;va un processo di iden8ficazione. Il cambiamento che ne deriva è transitorio, in
quanto esito di un processo periferico. Nel secondo caso invece il cambiamento fru7o di un'analisi
approfondita dei contenu8, è rela8vamente stabile e aspecifico.
In ques8 studi i gruppi a cui fa riferimento la procedura sperimentale sono generalmente cos8tui8 da
categorie di studen8 di università diverse. In questo caso spesso i partecipan8 non percepiscono differenze
di status fra il proprio gruppo e quello a cui appar8ene la presunta fonte della comunicazione persuasiva. Al
contrario, un elemento cara7eris8co di quasi tu7e le relazioni intergruppi nel mondo reale è dato dal fa7o
che i gruppi si differenziano per status. Lo status del gruppo di appartenenza di fonte e ricevente della
comunicazione non può essere un’informazione irrilevante rispe7o agli esi8 della comunicazione stessa.
Allo scopo di indagare in che modo questa asimmetria influenza il grado di efficacia della comunicazione
persuasiva, ma anche l'a;vità cogni8va mediante la quale si producono tali effe;, abbiamo condo7o una
ricerca sui gruppi di 8fosi di basket a Bologna. In questa ci7à era presente all'epoca della ricerca una forte
tradizione di 8foseria legata al gioco della pallacanestro e una confli7ualità ben radicata tra le 8foserie di
due squadre (Virtus e For8tudo) locali di basket entrambe presen8 fino al 2003 nel campionato di serie A.
Fino a quel momento, i 8fosi della for8tudo ricoprivano una posizione di minoranza rispe7o a quelli della
TITOLO 18
Virtus, in quanto la prima squadra aveva o7enuto nel passato un maggior numero di sconfi7e, la società
disponeva di minori risorse economiche e la 8foseria era tradizionalmente di estrazione sociale più bassa.
In questo studio, oltre a manipolare l'appartenenza categoriale della fonte e la qualità delle argomentazioni
persuasive, abbiamo considerato l'appartenenza categoriale del ricevente, suddividendo il nostro campione
sulla base della squadra verso cui ciascun individuo si dichiarava 8foso. Abbiamo esposto ogni partecipante
ad un messaggio il cui tema era fortemente rilevante rispe7o alla convivenza delle due 8foserie rivali:
l'u8lità di una maggiore collaborazione dei 8fosi delle due squadre per diffondere l'interesse per il basket e
incrementare l'a7enzione su di esso dei principali mass-media nazionali.
Il risultato centrale di questo studio riguarda il fa7o che i 8fosi della squadra di status inferiore elaborano le
informazioni disponibili più di quanto facciano quelli della squadra di status più alto. I 8fosi for8tudo
ricordano e comprendono meglio le argomentazioni rispe7o a quelli dell'altro gruppo e mostrano un
accordo con la posizione contenuta nel messaggio che varia nelle diverse condizioni sperimentali. Le
argomentazioni fortemente convincen8 integrate al fa7o che queste sono vincolate da una fonte di alto
status provocano un'opinione molto favorevole da parte dei 8fosi for8tudo mentre i 8fosi Virtus
manifestano un accordo medio in ogni condizione. Risulta8 simili erano sta8 o7enu8 anche in due
esperimen8 preliminari condo; con altri gruppi reali.
L'appartenenza categoriale della fonte non induce di per sé un'elaborazione differenziata delle informazioni
che essa veicola: questa variabile non è stata u8lizzata dai nostri partecipan8 come un indice periferico o
come un criterio che influenza la mo8vazione all’elaborazione. Nel nostro studio è il fa7ore rela8vo
all'appartenenza di 8fosi a gruppi di diverso status che induce una maggiore o minore elaborazione delle
informazioni e di conseguenza un accordo differenziato nelle varie condizioni sperimentali. È la posizione
da cui l'individuo considera il problema a definire la rilevanza degli elemen8 a disposizione. Fare parte di un
gruppo dominante porta ad acce7are una data posizione soltanto sulla base del fa7o che essa è sostenuta
da una fonte che si ri8ene credibile. L'eventuale collaborazione con l'altro gruppo non rappresenta una
minaccia data la solita differenza di status tra i due. Al contrario far parte di un gruppo dominato conduce i
partecipan8 a prestare a7enzione ad ogni possibilità di miglioramento di tale posizione. Queste evidenze
portano a pensare che la posizione reciproca dei gruppi di appartenenza di fonte e ricevente è percepita dai
8fosi come l'informazione più rilevante.
Benché queste ricerche rappresen8no un tenta8vo di integrare nell'impianto interpreta8vo il ruolo dei
fa7ori sociali, rimane il fa7o che in gran parte degli studi sperimentali condo; sul cambiamento degli
a7eggiamen8 il ricevente viene esposto alla comunicazione in quanto singolo.
Le ricerche sulle comunicazioni di massa so7olineano spesso il ruolo del gruppo sociale nel mi8gare gli
effe; an8sociali dei media nei confron8 degli adolescen8. In ques8 gruppi si renderebbero disponibili
modelli valoriali alterna8vi a quelli propos8 in TV e si creerebbero le occasioni per un confronto cri8co dei
contenu8 mediali.
In linea con questa concatenazione abbiamo condo7o una serie di studi ipo8zzando che l'esposizione in
gruppo ad una comunicazione persuasiva televisiva favorisca una maggiore elaborazione dei contenu8
veicola8 anche in persone scarsamente coinvolte rispe7o al tema del messaggio. I risulta8 mostrano che
persone esposte in gruppo ad un video di Greenpeace e lasciate qualche minuto nel laboratorio
sperimentale senza altri compi8 ne elaborano i contenu8 in maniera più approfondita rispe7o ai
partecipan8 espos8 individualmente e anche rispe7o ai partecipan8 che sono espos8 in gruppo ma a cui
non venga lasciato il tempo di parlarne. Questo risultato mostra che la sola presenza degli altri non basta
per far si che il singolo desideri raggiungere un giudizio finale molto accurato. Al contrario il confronto
effe;vo tra i membri del gruppo fornisce ai singoli partecipan8 ulteriori contenu8 rilevan8 rispe7o al
messaggio.

6.5 la teoria della dissonanza cognitiva

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Un processo di natura mo8vazionale che porta al cambiamento degli a7eggiamen8 al di fuori di un
contesto comunica8vo in senso stre7o è quello individuato da Fes8nger e conce7ualizzato nella teoria
della dissonanza cogni8va.
La teoria parte dall'assunto che l'individuo ha la necessità di mantenere la coerenza tra le cognizioni che
possiede, ovvero le opinioni e le credenze circa se stesso, il proprio comportamento e l'ambiente quando
queste siano in una relazione di a;nenza reciproca. Credenze, a7eggiamen8 e opinioni rela8vi ad uno
stesso ambito si compongono i complessi in8mamente coeren8. Se due cognizioni sono a;nen8 ma non
coeren8 fra loro la dissonanza che ne deriva provoca uno stato di disagio emo8vo che l'individuo desidera
rimuovere e riportare in equilibrio. Per farlo occorre ridurre la dissonanza e ciò è possibile a7raverso l'uso
di diverse strategie. La prima consiste nel modificare l'elemento dissonante meno resistente al
cambiamento. Se riprendiamo l'esempio possiamo scomporlo in un elemento esterno all'individuo
difficilmente modificabile da questo, un elemento interno non osservabile e un elemento so7o il controllo
individuale ma osservabile dall’esterno. Venivi dopo allora a cambiare il suo comportamento cominciando
per esempio ad u8lizzare sempre il casco (es di una credenza rela8va a quanto l'uso del casco possa
prevenire conseguenze gravi in caso di inciden8) oppure può modificare la credenza a7raverso
l'esposizione sele;va alle informazioni. In quest'ul8mo caso egli farà par8colarmente a7enzione e tenderà
a ricordare meglio quelle informazioni che me7ono in dubbio l'efficacia del casco nel prevenire gravi
conseguenze in caso di inciden8.
In questo quadro si può prevedere allora che se una persona viene indo7a a me7ere in a7o un
comportamento che non corrisponde al proprio a7eggiamento rela8vo, sperimenta uno stato di dissonanza
in grado di mo8vare il cambiamento dell'elemento meno resistente ovvero l’a7eggiamento. È questa
l'ipotesi alla base di un celeberrimo esperimento condo7o da Fes8nger e Carlsmith, I cui risulta8 sembrano
confermare in modo convincente la teoria di cui ci s8amo occupando. Gli sperimentatori chiedevano ai
partecipan8 di svolgere un compito molto noioso. Alla fine del compito dicevano ad ogni partecipante che
l'esperimento era finito quindi spiegavano di aver preso parte ad una condizione di controllo, ma ad altri
partecipan8 sarebbe stato de7o in an8cipo a seconda della condizione sperimentale, che il compito era
molto divertente oppure che era molto noioso. A quel punto i ricercatori chiedevano al partecipante di
sos8tuire l'assistente di ricerca che non si era recato in tempo al laboratorio e di dire allo studente che
stava arrivando per prendere parte allo studio e che il compito appena svolto era stato molto divertente.
In cambio di questa prestazione gli offrivano o un dollaro oppure 20 $. Successivamente chiedevano ai
partecipan8 di valutare il compito
Coloro che avevano ricevuto un dollaro per dire che era divertente lo valutavano significa8vamente più
divertente di quelli che avevano ricevuto 20 $. L'interpretazione dei risulta8 richiamo al fa7o che dalle
cognizioni “il compito mi è sembrato noioso” e “ho de7o che è divertente”, emerge una relazione
dissonante. La persona che ha ricevuto 20 $ ristabilisce l'equilibrio a7raverso l'informazione "ho men8to in
cambio di un'adeguata ricompensa”, mentre la persona che ha ricevuto un solo dollaro non può
considerarla una ricompensa adeguata a gius8ficare la menzogna. In questo caso allora la dissonanza viene
rido7a a7raverso la modifica dell'a7eggiamento verso il compito: l'individuo valuta dunque il compito
come poco noioso.
Gli autori sostengono che il cambiamento di a7eggiamento risulta massimo quando la ricompensa esterna
è appena sufficiente per o7enere la condiscendenza all'a7uazione del comportamento contro a;tudinale
ma non abbastanza elevato per gius8ficarlo.
Un elemento cruciale perché si possa osservare questo genere di cambiamento riguarda il sen8mento di
libera scelta: soltanto se un individuo ha la sensazione di aver a7uato liberamente il proprio
comportamento dissonante con il suo a7eggiamento sarà mo8vato a modificare quest’ul8mo.
Se al contrario avrà la sensazione di esservi stato costre7o la dissonanza sarà facilmente risolta a7raverso
un'a7ribuzione causale a fa7ori esterni. Quando il ricercatore so7olinea al partecipante che è libero di
procedere nel comportamento contro a;tudinale o di non partecipare all'esperimento, le conseguenze

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non possono essere imputa8 a pressioni esterne e dunque inducono lo stato previsto di dissonanza.
Occorre so7olineare che si tra7a pur sempre di un'illusione di libertà. Spesso le ricerche riportano che nel
momento in cui ricercatore afferma questa libertà e chiede il consenso alla partecipazione quasi nessuno
rifiuta di procedere: in qualche modo la pressione esterna è sempre presente.
La teoria della dissonanza cogni8va ha s8molato una serie notevole di ricerche e in par8colare
l'esperimento citato ha offerto un paradigma sperimentale che si andato consolidando nel tempo.
Sono famosi gli esperimen8 di Aronson e Carlsmith condo; con bambini in età prescolare. Il disegno
sperimentale prevedeva che i bambini indicassero una lista di preferenze fra cinque gioca7oli.
Successivamente veniva proibito loro di giocare con quello valutato al secondo posto di tale lista,
accompagnando il divieto o con una minaccia lieve oppure con una minaccia forte. Nell'immediato nessun
bambino osava toccare il gioca7olo proibito. Dopo 40 giorni i bambini minaccia8 in modo lieve
con8nuavano ad evitarlo e lo valutavano come Meno a7raente dei bambini che avevano ricevuto una
minaccia più forte. Coerentemente con i risulta8 dell'esperimento sul compito noioso, tu; i bambini
avver8vano una situazione di dissonanza fra la tensione esercitata dal gioca7olo e il comportamento di
Evitamento, ma quelli che avevano ricevuto una minaccia forte a7ribuivano la ragione dell’evitamento alla
minaccia mentre gli altri finivano per ritenere il giocato lo stesso poco interessante.
In una rassegna delle ricerche in tema di dissonanza cogni8va prodo7a in quarant'anni, si legge che oggi
sappiamo bene che le persone sperimentano sta8 di dissonanza e che sono mo8va8 a ridurla ma non
sappiamo ancora esa7amente perché si sperimen8no ques8 Sta8 e perché dovremmo essere mo8va8 a
ridurli. Alcune risposte sono state avanzate.
Cooper e Fazio sostengono che la dissonanza emerge in relazione alla consapevolezza dell'individuo di aver
provocato conseguenze non desiderate. Nell'esperimento di Fes8nger e Carlsmith, ad esempio, il
partecipante pensa che la persona dopo di lui affron8 un compito noioso credendo che sia divertente e
quindi pensa di procurare una delusione ad un altro studente. Questo processo secondo gli autori
avverrebbe secondo i seguen8 passaggi: la persona me7e in a7o un comportamento contro a;tudinale;
stabilisce quali conseguenze ha avuto; se ci sono conseguenze indesiderabili stabilisce a chi o a che cosa
può essere imputata la responsabilità; se si sente personalmente responsabile emerge l'a;vazione
emo8va; se lo stato emo8vo a;vato è nega8vo cerca di capire a che cosa è dovuto; se lo a7ribuisce alla
propria responsabilità per le conseguenze indesiderate emerge la mo8vazione al cambiamento
dell'a7eggiamento rela8vo; quindi il cambiamento vero e proprio si verifica.
Aronson sos8ene invece che la dissonanza emerge quando il comportamento contro a;tudinale messo in
a7o è in contrasto con il conce7o di se che l’individuo ha. La mo8vazione alla riduzione scaturisce dunque
dal bisogno di riaffermare un conce7o di se è centrato sulla competenza, moralità e razionalità.
Anche Steele vede la causa della dissonanza nella minaccia al sé che un comportamento può cos8tuire.
Tu7avia nella prospe;va di questo studioso l'obie;vo della riduzione della dissonanza non è tanto quello
di ristabilire un'immagine di sé posi8va, quanto quello di restaurare il senso di integrità del sé. Quando la
percezione di integrità globale del sé è minacciata l'individuo tenta di ristabilirla a7raverso la focalizzazione
su aspe; posi8vi globalmente importan8 per il sé. Il ricorso all'a;vazione di queste cognizioni posi8ve sul
sé porterebbe all'eliminazione dello stato emo8vo nega8vo senza modificare necessariamente le cognizioni
dissonan8. Alcune ricerche mostrano effe;vamente che persone con alta autos8ma sono meno vulnerabili
alle conseguenze dell'induzione sperimentale di dissonanza rispe7o a quelle con bassa autos8ma.
Una proposta che sembra conciliare le preceden8 radicata nella concezione originaria di Fes8nger. Dato che
le cognizioni servono per orientare l'azione, la dissonanza sarà provocata in par8colare da quelle cognizioni
che forniscono informazioni u8li per l'azione. L'esempio più chiaro è quello della decisione: se l'individuo
deve scegliere un'opzione fra due alterna8ve, le condizioni che riguardano queste due alterna8ve
guideranno la scelta. Quando le informazioni che orientano l'azione in un momento dato sono incoeren8
fra loro, si a;va uno stato emo8vo nega8vo dovuto alla difficoltà di individuare azioni efficaci. I fa7ori che

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le ricerche hanno evidenziato come influen8 sull'ampiezza della dissonanza aumentano la probabilità che
una data condizione abbia implicazioni rilevan8 per l’azione.
Nonostante l'effe7o della dissonanza cogni8va sia principalmente un processo individuale, recentemente è
stato so7olineato il fa7o che l'esperienza di dissonanza in situazioni di gruppo può produrre esi8 diversi dal
cambiamento dell'a7eggiamento o del comportamento. Per esempio alcuni esperimen8 di zanna e Sande
mostrano che quando il comportamento contro a;tudinale è compiuto in un gruppo I singoli individui
tendono a percepire una responsabilità diffusa per le conseguenze dei propri a; e quindi la dissonanza non
provoca cambiamen8. Nell'esperimento gli studen8 dovevano scrivere un saggio persuasivo sulla u8lità di
ridurre i finanziamen8 all'università. Metà dei partecipan8 svolge questo compito in una condizione
individuale, l'altra metà invece Deve discutere individuare le argomentazioni più persuasive da usare in
gruppi di tre partecipan8 ciascuno. Dopo la stesura del saggio contro a;tudinale viene chiesto a tu; i
partecipan8 di esprimere il proprio parere circa la decurtazione dei fondi universitari. I partecipan8 nella
condizione individuale si mostrano meno contrario rispe7o a quelli della condizione di gruppo, dunque la
discrepanza tra l'a7eggiamento iniziale e il comportamento effe;vo sia rido7a più nel primo caso che nel
secondo. Gli autori sostengono che il senso di diffusione di responsabilità per le conseguenze del proprio
comportamento modera l’ effe7o di riduzione della dissonanza.

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