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Psicologia del lavoro -Domande

VDL 1:
Campi d’indagine

La condotta lavorativa dipende dalle relazioni che si stabiliscono in un determinato contesto lavorativo. Quindi
bisogna definire dei fattori che la determinano.
Fattori che determinano la condotta lavorativa:
a) Organizzativi: il modo con cui l’organizzazione si definisce e crea delle regole di funzionamento crea un
binario su cui la persona procede nello svolgimento della sua attività
b) Motivazioni interne: forza interna che porta la persona ad una attenzione mirata al conseguimento dei propri
obiettivi personali e quindi anche a cercare di ottenere questi obiettivi cambiando qualcosa di sé e della
situazione.
c) Di gruppo: essere membro di una squadra o di un ufficio orienta il comportamento della persona ( oltre che
ad assegnargli una identità sociale),
d) Legati al compito: molto dipenderà dalla natura dei compiti affrontati ( coerenti o non correnti alla capacità
della persona alle aspettative o ai suoi desideri.
e) Extralavorativi: ad esempio i tempi che ci mette il lavoratore ad arrivare al lavoro o la vita familiare ( sia
come fattore di facilitazione che come fattore di ostacolo).
f) Outcomes: ovvero benefici che possono derivare dal salario, dagli avanzamenti di carriera e dai
riconoscimenti.
g) Legati alle tecnologie: procedure che hanno un sostegno dal punto di vista tecnico
h) Ambiente fisico: ha una grande influenza e questo fattore è studiato anche da altre discipline come ad
esempio la medicina del lavoro. Numerosi fattori legati al fattore ambientale possono interferire
sull’organizzazione della condotta lavorativa.
i) Legati al ruolo sociale e organizzativo: può costituire sia un fattore di facilitazione che un fattore di vincolo
perché il ruolo determina ciò che il lavoratore può o non può fare. (Un principio della psicologia del lavoro porta
alla possibilità di modificare i ruoli sociali ed organizzativi qualora determinino un benessere della persona).

Livelli di analisi ed intervento

3 livelli di analisi inviduati da Leplat e Cuny:


1) livello individuale: l’attenzione è concentrata sulle caratteristiche e le prerogative del singolo individuo . Ad
es.prendo in esame il Sig. Giorgio Rossi che lavora in un ufficio. Lo psicologo si focalizza sugli attributi della
persona (attitudinali,intellettive, motivazionali e di personalità, cioè il suo self ad esempio) ,sui suoi processi
psicologici ( meccanismi sottostanti alla condotta individuale) e condotte individuali, sui suoi esiti lavorativi
(che il lavoro svolto determina sulla persona) e infine sui tipi di intervento professionali necessari
( eventualmente) e possibili sul lavoratore per modificarne la condotta.
Esempi di intervento professionale: a) selezione b) orientamento c) formazione d) assessment ( valutazione delle
attuali capacità e potenzialità della persona) e) sicurezza ( modifica delle condizioni lavorative in base alla
valutazione dei rischi ad esse correlate) f) progettazione di artefatti ad esempio una tastiera per il
computer può essere progettata tenendo conto delle caratteristiche esaminate precedentemente.

2) Livello di gruppo: incentrata sulle relazioni della persona con i suoi colleghi di squadra o reparto. Vengono
analizzati i processi psicosociali intra-gruppo: le modalità di comunicazione e le condotte di interazione; i tipi di
intervento sono orientati sul gruppo di lavoro e al suo miglior funzionamento. Esempio: si studiano i processi di
socializzazione e le relazioni intra-gruppo, la leadership, l’influenza sociale , le prese di decisione etc.
Esempi di intervento professionale:Gli interventi sono orientati alla formazione di un gruppo (team building) che
funzioni, alla progettazione di gruppo in modo che sia più efficiente ad un costo più basso, al potenziamento
delle comunicazioni all’interno di un gruppo etc..

3) Livello organizzativo: l’analisi della condotta tiene conto della struttura complessiva dell’organizzazione.
L’organizzazione ha un suo volto complessivo che rappresenta un fattore di influenzamento indiretto e diretto
sulla persona. Quindi questo livello si occupa dell’analisi psicosociali inter-gruppi: relazioni fra gruppi;
conflitti; definizione dei valori e della cultura di una certa organizzazione in modo che si differenzi dalle altre e
quindi gli si possa attribuire una propria identità.
Esempi di intervento professionale: a) gestione dei conflitti fra gruppi b) processi di negoziazione c) processi di
sviluppo dell’organizzazione che può rischiare di declinare quando il mercato non richiede più i suoi servizi d)
progettazione e cambiamento organizzativo e) diagnosi dell’organizzazione .Non sono sufficienti le conoscenze
psicologiche ma sono richieste conoscenze di altre discipline (interdisciplinarietà) . E’ importante aumentare
l’interscambio con le altre discipline anche a livello applicativo.

Job e Task Analysis

Job description: breve descrizione (1-3 pagine) di una posizione lavorativa esistente in una determinata
impresa. In genere i parametri che vengono considerati sono i seguenti:
• 1. nome della posizione. Esempio: addetto alla reception (tutti gli esempi che seguono sono riferiti a questa
figura)
• 2. scopo della posizione. Esempio: accogliere e assistere i clienti dell’albergo durante la loro permanenza
• 3. collocazione gerarchica della posizione, cioè a quale posizione risponde e quali altre posizioni coordina.
Esempio: risponde direttamente al direttore dell’albergo e eventuali rapporti con soggetti esterni
• 4. mansioni (cioè compiti principali) previsti dalla posizione lavorativa.
• 5. caratteristiche richieste per svolgere le diverse mansioni, ad esempio in termini di qualifiche, esperienze,
conoscenze, capacità, tratti caratteriali Per chi si occupa di orientamento possiamo dire che la job description è
un profilo professionale realizzato con riferimento a una azienda specifica.
La job description è uno degli strumenti per una gestione moderna di organizzazioni di medie e grandi
dimensioni. Viene utilizzata per:
• la selezione del personale: la job description indica le caratteristiche richieste per svolgere le diverse mansioni,
caratteristiche da ricercare nei candidati
• la valutazione del personale: la job description indica su quali compiti il dipendente/collaboratore deve essere
valutato e quali sono le caratteristiche necessarie per svolgere bene una determinata mansione. Può indicare
anche gli standard minimi o ottimali di prestazione.
• la formazione del personale: la job description indica quali compiti il dipendente/collaboratore deve essere in
grado di svolgere bene e le caratteristiche richieste. Permette così di identificare su quali temi il
dipendente/collaboratore debba essere formato nel caso non abbia mai svolto quella determinata mansione o non
riesca a svolgerla in maniera ottimale.

Job analysis: e’ l’analisi della situazione che serve a fare la Job description, e’ una analisi approfondita dei
compiti principali (mansioni) propri di una determinata posizione lavorativa. La job analysis può essere condotta
utilizzando uno o più dei seguenti sistemi:
• intervista con una o più persone che ricoprono la posizione
• focus group con persone che ricoprono la posizione
• intervista coi superiori persone che ricoprono la posizione
• osservazione diretta o videoregistrata della persona che ricopre la posizione
• questionari a persone che ricoprono la posizione o ai loro superiori
• esame di mansionari, manuali delle procedure, profili professionali, contratti di
lavoro e altre fonti scritte Una traccia per l’analisi della posizione può essere la seguente: quali sono i compiti
principali della posizione,quanto tempo richiede ciascuno di essi, qual è la frequenza di ciascuno dei compiti,
quali sono i compiti più importanti, quali sono i compiti più difficili, qual è la sequenza delle principali azioni
necessarie per svolgere ciascun compito, quali sono i materiali, l’equipaggiamento e/o le attrezzature necessarie
per svolgere i diversi compiti, quali sono i risultati tangibili e intangibili di ciascuna delle mansioni elencate,
quali sono le responsabilità proprie di ciascuna delle mansioni elencate, a quali altre posizioni risponde, con
quali posizioni comunica all’interno dell’impresa e quali posizioni coordina chi ricopre la posizione analizzata,
con chi comunica all’esterno dell’impresa, quali possono essere i criteri di valutazione per chi svolge la
posizione sotto analisi e come possono essere misurati , quali possono essere le caratteristiche personali ottimali
di chi ricopre la posizione sotto esame ad esempio in termini di qualifiche, esperienze, conoscenze, capacità,
tratti di personalità.
Esistono due diversi sistemi per ricavare le caratteristiche personali richieste per lo svolgimento delle diverse
mansioni; la task-based job analysis : prima si elencano tutte le mansioni identificabile attribuendo loro un
punteggio sulla base di importanza, frequenza, tempo richiesto e le caratteristiche personali richieste per la
posizione vengono poi ricavate sulla base delle mansioni più frequenti e/o importanti e la skills-based job
analysis dove le caratteristiche personali vengono invece rilevate immediatamente dall’osservazione del lavoro e
classificate sulla base di importanza e/o frequenza. In questo secondo caso le caratteristiche personali vengono in
genere scelte da un elenco messo a punto in precedenza che viene utilizzato per tutte le job descriptions messe a
punto.

Task analysis: e’ l’analisi approfondita di una mansione ,cioe’ di uno dei compiti o delle attivita’ svolte in una
posizione lavorativa. Per ogni mansione vengono analizzate le attivita’ manuali e mentali necessarie per
svolgerla, le diverse azioni che la compongono, durata, frequenza, condizioni ambientali , attrezzature e vestiario
necessario e ogni altro elmento significativo per il suo svolgimento. La task analysis e’ la base per la
realizzazione della job description, ma puo’ essere realizzata(in questi casi con un approfondimento maggiore)
anche per altri scopi, ad esempio: per ridurre o capire I motivi per cui si e’ verificato un infortunio, per
migliorare le modalita’ di lavoro e per progettare o modificare un macchinario o un software.
Il profilo professionale e’ invece una job descriptio decontestualizzata, serve principalmente per l’orientamento
e per mettere a punto corsi di formazione.

VDL 2

Valori del lavoro

Il lavoro corrisponde a pratiche sociali con molteplici significati simbolici come credenze e rappresentazioni
sviluppate nelle diverse culture e nei concreti contesti di lavoro. L;esperienza di lavoro attiva una
rappresentazione simbolica di valori che sono:
a) Scopi ideali del lavoro
b) Componente etica (cosa sarebbe giusto nel lavoro, quali relazioni dovrebbero caratterizzare l’esperienza
lavorativa)
c) Componente di attrattivita’(valenza motivazionale allo svolgimento dell’attivita’ lavorativa
d)Principi con funzione di standard di riferimento sociale ( principi fondamentali condivisi), di criteri di
scelta, degli scopi importanti di criteri di guida alle azioni.
e) Influenze culturali, etico-religiose, ideologiche e di personalità. Dobbiamo essere pronti a riconoscere le
influenze culturali ed etico-religiose che hanno caratterizzato diverse epoche. Queste orientano anche le persone
nello sviluppo della propria personalità. La nozione di valore del lavoro non è molto diffusa ma esiste una
relazione fra di essa ed alcuni costrutti quotidiani:
Valore del lavoro costruita in relazione a : rappresentazioni collettive del lavoro, motivazioni interessi e
aspettative legate al lavoro.
Gruppo meaning work individua 5 dimensioni concrete:centralita’ del lavoro, aspetti intrinseci(avere un lavoro
autonomo che permette alla persona di sviluppare le proprie potenzialita’)ed estrinseci, scopi del lavoro,
relazione con il contesto del lavoro e identificazione.

Funzioni del lavoro

1) il lavoro e’ un’attivita’ obbligata(come sottolinea Vallone) e quindi ha dei vincoli forti rispetto alle
esperienze possibili.
2)doverosita’ sociale: elemento che rafforza la correttezza e la continuita’ dell’esperienza lavorativa.
3) Funzioni manifeste : stipendio, mettere su casa e famiglia, funzioni latenti: ad esempio la strutturazione
temporale della vita messa in relazione al lavoro che e’ un fattore di ordine ma anche di vincolo per la vita
personale, anhce poi assumere uno status sociale ed una identita’ sociale.
4) Interazioni sociali: il lavoro offre occasione di formare dei legami sociali sai formali che informali con I
colleghi, con I superiori.
5) Funzioni di ordine psicodinamico ed evolutivo(Erikson), funzione di maturazione della persona,
concretezza, attenzione al risultato e mantenimento degli impegni, maturazione di personalita’.

Significati del lavoro

Secondo Shimming sono:


a)l lavoro è una attività dotata di scopi
b) quindi rappresenta sostanzialmente uno strumento per raggiungere questi scopi. La nozione di strumento
assegna al lavoro un significato positivo.
c) Richiede energie diverse: ha un costo sia cognitivo che fisico. E’ implicita nella definizione di lavoro un
costo. Se questo costo supera le energie della persona si pone il problema di comprendere la scarsa qualità
lavorativa che ne deriva.
d) Presenta caratteristiche di obbligo e costrittività. Esistono comunque dei fattori di differenziazione forte a
seconda dei contesti.
e) Prevede un riconoscimento sociale. In funzione della storia e della società esiste una certa variabilità nei
riguardi di questo riconoscimento.
f) Presenza una variabilità di significati e di legittimazione sociale ( conseguenza del punto precedente).
g) Prevede prese di posizione e giudizi diversi e contrastanti derivanti da diversi approcci all’esistenza e quindi
da diverse ideologie e filosofie di vita. Persone diverse possono attribuire valori diversi e quindi il lavoro può
essere considerato avere un valore polisemico

Valori associati al lavoro, quindi tutti quegli atteggiamenti associati al lavoro

Le Rappresentazioni sociali del lavoro sono idee sul lavoro che orientano le scelte e le preferenze delle persone.
Queste rappresentazioni sociali sono la ricostruzione semplificata dei significati del lavoro che le persone
utilizzano, un dizionario concreto che aiuta a denominare le esperienze. In questo modo possono cogliere anche
le differenze fra lavoro e lavoro come fra “bad jobs” ( lavori cattivi) e “good jobs” ( lavori buoni) .
In questo modo possiamo avere un metro per misurare quanto un lavoro sia cattivo o buono ed anche orientare la
condotta verso delle possibilità di miglioramento della nostra esperienza.
Importante quidni il concetto di Atteggiamento verso il lavoro inteso come orientamento generale . Le risposte
di atteggiamento sono conseguenza delle rappresentazioni sociali del lavoro. La nozione di atteggiamento coglie
le dimensioni che hanno per la persona sia una forza di attrazione che di repulsione. Ad es. : “nel mio lavoro
non mi piace l’orario, i turni, il ricavo “. Gli atteggiamenti verso ciò che è concretamente ci riporano ad una
rappresentazione complessiva di ciò che dovrebbe essere il lavoro ( rappresentazione sociale). Questi
atteggiamneti possono cambiare., ci permettono di comprendere come viene modulata l’esperienza lavorativa
dalla fase pre-lavoro a quella della maturazione lavorativa , l’ esperienze diretta del lavoratore, l’appartenenza ad
un gruppo. Tutti fattori che contribuiscono a costruire un atteggiamento positivo negativo o indifferente rispetto
al lavoro.
Dobbiamo avere la costanza e l’attenzione di scendere più nel dettaglio ( in concreto) dell’esperienza lavorativa
e quindi:
1) considerare come sono fatte le rappresentazioni sociali in un determinato contesto
2) Osservare gli atteggiamenti concreti che le persone hanno verso certe dimensioni del lavoro ( durata, orario di
lavoro, i compiti assegnati, la retribuzione) . In questo modo possiamo riconoscere anche gli aspetti emotivo-
affettivi i Work Moods:
Gli stati d’animo e reazioni affettive esprimono “l’altra faccia” dell’esperienza soggettiva. L’esperienza del
lavoro ha in sé queste dimensioni che sono non solo poco osservate dallo psicologo ma sono spesso negate dalla
stessa persona infatti vi è uno stile di condotta che tende ad isolare la componente cognitiva dalla componente
emozionale. Anche se lo stile è di privatizzazione di queste componenti esse hanno una grande importanza
perché costituiscono un fattore di influenza sulla nostra esperienza con effetti a breve e a lungo termine. Ad
esempio, vivere una condizione emotiva di benessere o di euforia permette di cogliere più facilmente gli aspetti
positivi della propria esperienza . Le informazioni vengono processate e tradotte in comportamenti più ottimali.
Se invece siamo depressi frustrati e malinconici anche le normali prestazioni risultano condizionate. La qualità
della vita lavorativa ed ilbenessere della persona sono collegati e questo aspetto è da tenere in considerazione
quando le persone vivono in condizioni più o meno stressanti. Oltre ad avere competenze cognitive è importante
sviluppare competenze di gestione delle emozioni in ambito di attività lavorativa .
E’ compito degli psicologi diagnosticare le caratteristiche del lavoro per poi pianificare degli interventi per il
miglioramento dell’esperienza delle persone.

VDL 3

Socializzazione lavorativa

E’ un lungo processo di acquisizione di conoscenze, capacità, atteggiamenti, valori adatti ad affrontare la vita
lavorativa. E’ un apprendimento sociale, un processo di interazione fra la persona e il contesto di lavoro.
Le fasi di questo processo sono:
a) socializzazione pre-lavorativa
b) di ingresso o primo impatto con l’organizzazione
c) di stabilizzazione o mantenimento
d) di uscita
Abbiamo tre tipi di socializzazione:
1- al lavoro, quindi riferita alla fase pre-lavorativa , cambiamenti che precedono l’ingresso nel mondo
del lavoro,2-socializzazione lavorativa quando si presta piu’ attenzione allo scorrere delle esperienza
lavorative e 3-socializzazione organizzativa , quanod si vogliono sottolineare I cambiamenti che
avvengono nella persona nelle sue relazioni sociali quando si trovano all’interno di un’organizzazione
La conoscenza dei processi di socializzazione è molto importante per articolare e progettare diagnosi ed
interventi .La diagnosi delle potenzialità e delle capacità è fatta anche in base all’analisi dell’esperienza
lavorativa della persona durante la quale essa ha avuto la possibilità di acquisire competenze aggiuntive rispetto
a quelle presenti al momento del suo ingresso ( ad esempio titoli di studio) . In generale sapere come si
realizzano i cambiamenti durante l’esperienza lavorativa e conoscere gli effetti che il lavoro ha sulle persone
rappresenta un elemento di miglioramento della partecipazione alla vita sociale lavorativa e quindi dell’ambiente
dove la persona puo’ realizzare meglio le sue aspettative.

Fase pre lavorativa

Viene anche detta socializzazione anticipatoria si definiscono una serie di conoscenze,atteggiamenti e significati
funzionali alla esperienza futura. Infatti in questa fase:
a) Si approfondiscono temi riguardanti le rappresentazioni lavorative ossia come il soggetto si immagina la sua
imminente esperienza sociale nell’ambiente di lavoro.
b) Si opera una costruzione cognitiva che consiste nella conoscenza dei tipi di lavoro sul mercato.
c) Si elaborano le conoscenze, competenze e skills che devono svilupparsi per facilitare l’inserimento
d) Si mette alla prova il proprio concetto di se’ rapportato alla prova , un confronto fra quello che la persona è o
vorrebbe essere e quelle che sono le effettive opportunità pratiche di realizzazione di sé. Quindi in questa fase si
delineano dei modelli di identità della persona nel futuro contesto di lavoro.
e) Si esaminano preferenze, aspettative e progetti della persona. Questo al fine di rendere consapevole il
soggetto che può così, eventualmente effettuare delle auto-correzzioni ad evitare delle disillusioni nell’ impatto
con l’ambiente di lavoro.
f) Si esamina il grado di attrattività che può avere una attività, un profilo, un’era di lavoro per un determinato
soggetto .
Quindi la socializzazione influenza le scelte del soggetto e dirige l’organizzazione verso la scelta di un ambito
di inserimento dello stesso. Una fase di socializzazione anticipatoria come quella descritta dovrebbe essere
facilitatoria in relazione all’ingresso vero e proprio nel mondo del lavoro.
Esiti del processo di socializzazione lavorativa

Per capire se la socializzazione ha avuto dei buoni esiti possiamo usare degli indicatori che sono utili sia dal
punto di vista della conoscenza che dal punto di vista di interventi possibili ( sostegno) .
Esiti:
1) Traiettoria caratteristica o traiettoria di carriera : può essere di tipo lineare ascendente il che significa che
nel corso della sua esperienza la persona ha una crescita sia soggettiva, sia professionale, sia di posizione ( ad
esempio promozioni). E’ segnale di un buon andamento di socializzazione anche sul piano di modesto contesto
organizzativo. E’ una traiettoria di riuscita sia soggettiva che oggettiva.
2) Benessere psicologico: qualità dell’esperienza soggettiva. Gli indicatori possono essere, ad esempio la
soddisfazione e il bilancio dei costi complessivi dell’investimento lavorativo.
3) Capacita’ di prestazione: in una forma ottimale il processo di socializzazione è congruente con le
competenze professionali. Se il tempo passa e il livello di capacità non cresce vuol dire che ci sono stati
problemi nel processo di socializzazione .
4) Impegno e continuita’ dell’apprendimento: soprattutto sull’impegno nell’apprendimento da parte della
persona. La domanda è: nell’esperienza che si sta facendo, ci sono opportunità di apprendimento? Ambienti non
favorevoli per l’apprendimento sono poco favorevoli anche per quanto riguarda il processo di socializzazione.
5) Identita’ personale e sociale, intesa come senso di appartenenza della persona ad un gruppo che gli fornisce
degli ancoraggi nel modo di giudicare sé , gli altri e i propri progetti. Una non buona socializzazione si
evidenzia quando la sua identità non è ben connessa con il percorso lavorativo della persona .
6) Interazioni sociali: è importante la costruzione con gli altri del senso da attribuire all’esperienza di lavoro e
quindi buone interazioni sociali sono indicatrici di buona socializzazione. L’esperienza del lavorare è un segnale
di come una persona gestisce la sua interazione con l’organizzazione. E’ importante comprendere quale
dei 2 poli ( persona o organizzazione) sovrasta l’altro o se ci sono degli equilibri fra i 2 attori in gioco.
La persona deve essere messa in condizione di gestire i cambiamenti anche nel caso delle imprevedibilita’.

Ciclo transizionale di Nicholson

E’ un modello che aiuta a spiegare I cambiamenti che avvengono nella persona in relazione alle sue transizioni
in differenti aree:
1) area delle aspettative
2) area delle conoscenze
3) area delle regole di funzionamento
4) interazione sociale.
Egli quindi considera il movimento complessivo dell’assetto
psicologico della persona. Si parte da una considerazione: la persona
dovrebbe avere un tempo e uno spazio psicologico per prepararsi a questi
passaggi e quidni essere consapevole delle apsettative dei
desideri e delle risorse che ha a disposizione per affrontare le
transizioni. A questo punto l’incontro puo’ rappresentare una
transizione controllabile perche’ in esso si focalizzano le
richieste presetni nel contesto. Quindi la persona può decidere o no se attuare dei cambiamenti autoregolati su
aspetti cognitivi, personali, motivazionali ed emozionali o cambiamenti effettuati sullo stile e le modalità di
lavoro . I cambiamenti possono poi essere stabilizzati e potenziati mediante l’impegno personale e il
riconoscimento delle proprie capacità di gestione. Questo ciclo ha il carattere di ricorsività : quanto più la
persona riesce a gestirlo nel corso della sua esperienza, tanto più ha le risorse necessarie per affrontare non solo
il primo ingresso ma anche le successive tappe dell’esperienza lavorativa ( promozione, cambiamento di
posizione, mobilità orizzontale) che stimolano la persona a gestire la situazione e quindi a raggiungere risultati
più significativi. Il ciclo di N. offre spunti di riflessione alle persone sull’aspetto di realtà e di significato delle
proprie aspettative nei riguardi delle esperienze lavorative Nella fase di ingresso la persona è chiamata a dei
Compiti di Sviluppo: apprendimenti di conoscenze sia di tipo generale che specifico, impegno attivo ( proattività
nel gestire il passaggio) e impegno nel passaggio che altre persone possono dare in quell’ambito lavorativo
( sostegno dei colleghi e capi ) . La persona deve essere in grado di mettere a fuoco i punti sui quali attuare
l’innovazione sia verso il ruolo che verso se stessa.

VDL 4

Motivazione/approcci, modelli teorici di riferimento

Scopo degli studi sulla motivazione e’ comprendere I motivi per cui alcune persone si impegnano nel lavoro ed
altre invece no. La motivazione e’ il complesso processo di forze che attivano, dirigono e sostengono il
comportamento lavorativo nel corso del tempo. Le teorie si possono dividere in base ai diversi approcci cui
appartengono.

-Approccio bisogni-motivi-valori: secondo questi teorici la motivazione dipende da alcune caratteristiche degli
individui. L’individuo lavora per soddisfare alcuni dei suoi bisogni .Sono:

Teoria di Maslow

Propone 5 categorie di bisogni in rapporto gerarchico. Piramide di Maslow include: alla base bisogni fisiologici
(strettamente legati alla sopravvivenza, ad esempio cerchera’ lavoro, bisogni di sicurezza: ricerca di stabilita’(ad
esempio cerca di stabilizzare il lavoro), bisogno di appartenenza: ad esempio ad un gruppo lavorativo. Identita’
sociale. Bisongo di affetto e stima,la persona ci tiene nel lavoro ad esprimere una sua identita’ personale e si
riconosce. La punta della piramide e’ costituita da Bisogni di autorealizzazione: vogliamo che le potenzialita’
che pensiamo di avere possano concretizzarsi.
Il modello è di sviluppo sequenziale gerarchico nel senso che si passa al soddisfacimento di un bisogno di livello
superiore se e solo se sono stati soddisfatti bisogni che appartengono ai livelli inferiori
Teoria di MC Lelland

Teoria dell’equita’ di Adams (dissonanza)

Anche se rientra nella categoria delle teorie bisogni-motivazioni-valori siamo in un’ottica completamente
diversa. Addams sostiene che chi lavora preferisce delle condizioni di equità negli scambi con l’ambiente
perché l’ingiustizia genera tensione e che chi sperimenta situazioni di non equità è motivato a ridurre la tensione.
L’equità è un’istanza presente in tutti gli individui e in tutte le culture . Le persone che lavorano sono molto
attente alle dimensioni di giustizia che si realizzano nell’ambiente di lavoro. Addams intuisce e comprende che
laddove le persone intuiscano condizioni di non equità esse sviluppano uno stato di tensione che produrrà delle
conseguenze anche sul piano del comportamento.
Condizione di equita’’: la percezione di equità si ha quando un individuo sul rapporto fra ciò che egli porta
nello scambio e ciò che viene dallo scambio coincide con l’analogo rapporto in un’altra persona assunta come
oggetto di confronto. Es: se io mi impegno ed ho un certo riconoscimento di carattere economico e vedo che
un’altra persona si impegna come me ed ha un analogo riconoscimento sono in una condizione di equità . Se
invece la persona ha un riconoscimento ( danaro, riconoscimenti e carriera) maggiore ( o minore) allora non sono
in condizioni di equità. Quindi : Siamo in condizioni di non equita’ quando il rapporto tra I risultatti conseguiti
(Outcomes) e gli apporti individuali(Input) di un soggetto A non coincide con lo stesso rapporto del soggetto B.
Se l’individuo A percepisce uno stato di non equità rispetto all’equilibrio B si potrebbe produrre al suo interno
una dissonanza che ha come conseguenza dei comportamenti come una riduzione del suo impegno ( l’individuo
potrebbe ritenere i comportamenti dell’azienda come ingiusti nei suoi riguardi, a torto o a ragione). In alcuni casi
si verifica l’abbandonino delle persone che non riescono a sostenere la non equità. ( distributiva, procedurale,
interazionale).
-Approccio della scelta cognitiva: insieme di teorie che ritengono la motivazione dipendente da dimensioni
razionali e calcoli della persona, valutazione su se convenga o no investire energia sul lavoro.

Teoria dell’aspettativa di Vroom VIE. A che domande risponde la sua teoria

Valence-Instrumentality expectancy. Parte dal presupposto che l’uomo sia un decisore fortemente razionale e
cosciente e sia motivato all’attivita’ di lavoro.
Secondo questa teoria la motivazione ai comportamenti lavorativi e’ stabilita da 5 fattori:
1) Risultati del lavoro: aumento di retribuzione, promozione, trasferimento etc..( calcolo nella mente della
persona: risultati attesi)
2) Valenza: cioè che valore dà la persona a ciascuno dei possibili risultati del lavoro. ( soggettivo, non è un fatto
monetario ma è rilevante)
3) Strumentalita’: grado di relazione che c’è fra l’impegno della persona e il conseguimento del risultato atteso:
è la probabilità percepita che una determinata serie di comportamenti porti ad un risultato lavorativo. Se la
strumentalità è bassa la persona si impegnerà di meno.
4) Aspettativa : è la credenza soggettiva che l’esercizio di un certo livello di impegno porterà alla riuscita della
prestazione: se ci si impegna tanto in una situazione ci si aspetta un buon risultato. Questo fattore indica la
relazione che viene percepita fra impegno e prestazione.
5) Forza: ammontare dello sforzo, pressione all’interno dell’individuo ad essere motivato. Quanto più è intensa
è la forza tanto più rilevante risulterà l’ipotizzata motivazione.
Sul libro di psicologia del lavoro le variabili considerate sono 3 e precisamente: valenza, aspettativa e
strumentalità. La persona associa un coefficiente ad ogni variabile ( -1,0,+1) e la forza della motivazione deriva
dal “prodotto” di questi 3 valori.

-Approccio dell’autoregolazione (Teoria apprendimento sociale Bandura , ma anche:

Teoria del goal setting di Locke e Lantham

Si considera una persona che vive in un suo contesto di relazioni e di lavoro. Gli obiettivi sono una cosa
importante nella vita e sono le piu’ forti detrminanti cognitive del comportamento lavorativo che influenzano e
dirigono l’attenzione. Gli obiettivi :
-mobilitano la concentrazione
-incoraggiano la persistenza
-facilitano lo sviluppo di strategie
Questo e’ il motivo per cui nelle aziende si lavora per obiettivi che devono essere conseguiti in un arco
temporale prefissato.
Secondo le ricerche quinid:
-Obiettivi ardui ed impegnativi conducono ad una prestazione superiore rispetto a obiettivi semplici ed
elementari. Le persone preferisco qualcosa di sfidante rispetto a qualcosa di noioso e facile.
-Gli obiettivi specifici sollecitano una migliore prestazione che non l’assenza di obiettivi o obiettivi generici. E’
auspicabile lasciare alle persone l’autonomia di organizzarsi non sul singolo compito ma sull’obiettivo specifico.
- frequenti feedback fanno si che la determinazione degli obiettivi influenzi la prestazione. Il feedback serve
anche per monitare il conseguimento degli obiettivi.
-il processo funziona meglio se le persone sono coinvolte nella definizone degli obiettivi quidni possono
partecipare.
Con il modello dell’autoregolazione si ha un salto di qualità perché non c’è più la centratura sull’individuo né
sui suoi processi razionali cognitivi ma abbiamo una grande capacità dell’individuo di leggere il contesto ed
autoregolarsi in funzione del contesto. Abbiamo un individuo che valuta, comprende, conosce sè stesso e decide
se è il caso di impegnarsi o no in una attività per raggiungere degli obiettivi. Le persone si impegnano anche in
compiti che non li interessano molto purché siano chiari gli obiettivi, quali sono le risorse che devono
impiegare, gli obiettivi devono essere un po’ sfidanti per avere un po’ di gusto e poi devono conoscere le
conseguenze del raggiungerli.

Risultati applicativi della motivazione

10 regole per sostenere la motivazione al lavoro nelle organizzazioni:


1) importante fornire una visione che dia un senso all’operato individuale o collettivo, le persone
vogliono capire qual e’ il contributo che danno in una operazione piu’ vasta, devono comprendere per
attivarsi.
2)importanti obiettivi non ripetitivi e privi di itneressi, alle persone piace mettersi alla prova
3) incrementare sentimento di equita’ : grande demotivazione quando l’ingiustizia raggiunge livelli alti
4) Riconoscere I bisogni della persona, non considerarla come un numero, si puo’ anche dare un
giudizio sulla prestazione e non sulla persona
5) Valorizzare le differenze e gli apporti creativi, le organizzazioni hanno bisogno di diversita’, e’ un
elemento che ci assicura una visione differente della realta’. Sono importanti le differenze di pensiero
soprattutto quelle che si riferiscono a situazioni specifiche della realta’ lavorativa com ead esempio
quella relativa alle strategie di marketing. Le organizzazioni che non valorizzano le differenze e la
creativita’ nel futuro avranno bisogno di apporti esterni.
6) vAlorizzare il fare ma anche il pensare, operativita’ pensata
7) importante l’ascolto per rilevare segnali e apportare miglioramenti all’organizzazione
8) far prevalere un autorita’ promotrice e non inibitoria, elemento importane per comprendere la
leadership. C’e’un’autorita’ che inibisce e controlla ed una che promuove e questo e’ molto importante
per alcune persone
9) Valorizzare le emozioni , dobbiamo ricomporrre l’unita’ cognitivo-emotiva e dare molta importanza
alle dimensioni emozionali che colorano la vita lavorativa.
10) Affrontare problemi nuovi con categorie del passato.

Motivazione intrinseca/autonoma, estrinseca/controllata

Queste definzioni derivano dagli studi sulla motivazione condotti negli anni settanta e ottanta del XX secolo dai
ricercatori Edward L. Deci e Richard M. Ryan. Elaborano la Teoria dell’autodeterminazione.
Motivazione intrinseca e’ quella che viene dall’interno ed e’ associata all’attivita’ in se’. Esistono degli impulsi
che ci spingono a comportarci in un certo modo. A questi si aggiungono I nostri valori centrali, I nostri interessi
e il nostro senso personale della moralita’.
Motivazione estrinseca nasce dall’interesse per cio’ che e’ esterno. Le fonti di tale motivazione sono I sistemi di
valutazione degli impiegati, I premi e I complimenti o il rispetto e l’ammirazione altrui.
Motivazione autonoma comprende la motivazione che viene da fonti interne ma anche quella delle fonti
estrinseche se l’individuo si e’ identificato con il valore di un’attivita’ e sente che e’ in linea con l’immagine che
vuole mostrare.
Motivazione controllata e’ composta da: una regolazione esterna: un tipo di motivazione in cui il
comportamento dell’individuo e’ guidato da ricompense o punizioni esterne e una regolazione interna,
motivazione che proviene da attivita’ e valori in parte interiorizzati e motivi per I quali evitare l’imbarazzo,
cercando l’approvazione e proteggendo l’ego.

Definizione di ruolo e potere

Ruolo: Insieme dei comportamenti che caratterizzano la posizione di una persona nei contesti di
lavoro. Ma anche l’insieme delle aspettative che la persona stessa e gli altri soggetti che interagiscono
nell’ambiente hanno nei confronti di chi occupa una specifica posizione. Es. Lo studente si aspetta che
il prof. Universitario soddisfi certe aspettative e questo vale per una persona che abbia un determinato
ruolo in un’organizzazione.
Ogni ruolo si gioca intorno a tre poli: potere, risorse e vincoli.
1) Il ruolo esiste solo perché esistono altri ruoli ( il ruolo di maestro esiste perché esiste il ruolo di alunno, il
ruolo di marito perché esiste il ruolo di moglie etc..)
2) Ogni ruolo è determinato da confini: ogni ruolo ha un suo territorio che ha un confine. Può accadere che
nell’esercizio di un ruolo A ci sia uno sconfinamento in un ruolo B che determinerà una reazione da parte del
titolare del ruolo B che potrà accettare o respingere l’invasore. Nel primo caso il titolare del ruolo A avrà
allargato i confini del suo ruolo. Nella natura dei ruoli ci sono problematiche di relazione che possono
manifestarsi anche con conflitti
3) Il ruolo è contraddistinto da vincoli esterni e vincoli interni: non esiste nessun ruolo che non abbia vincoli.
Esterni: leggi, norme, istituzioni . Interni: ad esempio una persona che non sappia usare il suo repertorio
emozionale e si trovi in un ruolo che abbisogna di capacità relazionali .
4) Ogni ruolo ha una dimensione di prescrizione ed una soggettiva. Di prescrizione: ogni ruolo deve avvenire
all’interno di regole stabilite. Ad esempio se devo fare una lezione devo stare nei tempi e non debbo andare
troppo fuori tema. Soggettiva e personale: ogni ruolo ha lo stesso contenuto ma poi viene esplicitato, messo in
atto, in maniera diversa a seconda di chi lo esercita.
Ogni ruolo soggiace ad una duplice valenza di valutazione : valutazione esterna ( degli altri che osservano
l’esercizio del ruolo) e valutazione interna ( di come percepisce il suo operato colui che esercita il ruolo) molto
importante per l’esercizio successivo .
I ruoli si muovono su due dimensioni:
1) la dimensione di ciò che è prescritto
2) la dimensione di ciò che è discrezionale
Questi sono due poli sui quali si possono giocare molte soluzioni alternative: ad esempio quando si sente dire:
“ho le mani legate, le regole non me lo permettono”, si è spostati molto verso il polo prescrittivo. Noi sappiamo
che ogni ruolo, per modesto che sia, contiene un ambito discrezionale e nello nello spazio fra ambito prescrittivo
e ambito discrezionale si gioca l’esercizio del ruolo e la stessa evoluzione dell’organizzazione

Potere: Abilità nell’influenzare la condotta degli altri e a resistere alla influenza indesiderata
messa in atto nei propri confronti. ( definizione antica)
Adesso consideriamo una definizione di potere riferita ai ruoli e consideriamo una vecchia classificazione.
Fonti e tipi di potere:( French, Raven 1959)
1) Potere di Posizione: deriva alla persona per il fatto di occupare una certa posizione all’interno
dell’organizzazione ed è sempre qualcuno che ce lo conferisce. In alcuni casi è formalizzato ( ad esempio in
determinate posizioni si possono firmare certi atti in altre no)
2) Potere di Competenza:deriva dal fatto che sappiamo e sappiamo fare alcune
cose ( grande potere) .Bisogna notare che questi due poteri possono essere in rapporto fra di loro. Ad esempio in
alcune organizzazioni ci sono persone che hanno alto potere di posizione e basso potere di competenza e quelli
che sono consapevoli di questo aspetto potranno compensare circondandosi di persone che hanno alto potere di
competenza.
3) Potere di Carisma: che è il potere di affascinare gli altri. Nelle organizzazioni non deve essere eccessivo
4) Potere di Coercizione: per semplicità il prof lo chiama potere di disconoscere gli altri attraverso giudizi
negativi e indifferenza.
5) Potere di riconoscimento: il contrario del precedente. Poter dire ad un collaboratore : “ Sono soddisfatto di
te” è una forma di potere che si può combinare con gli altri ( tranne il precedente) e dare luogo ad una persona
con grande potere
Altre fonti di potere:
1) Ci sono attività che danno più potere e quindi il potere ha origine anche dalla struttura delle attività di lavoro.
Quando abbiamo parlato di compiti manageriali,gestionali tecnico-specialistici e operativi etc li potremmo
associare a dei ruoli.
2) Insieme delle informazioni che possiede una persona. Quando non erano disponibili tutti i nostri mezzi
informatici chi sapeva di più aveva un grande potere. Oggi nelle aziende si ha un maggiore decentramento
dell’informazione attraverso ad esempio reti
internet
3) Capacità di gestire eventi critici: ci sono eventi particolari che non rientrano nelle ordinarie capacità di
gestione in quanto eventi eccezionali. Ad esempio una organizzazione che ha bisogno di una materia prima che
improvvisamente diventa carente sul mercato : questo evento critico che ha bisogno di una persona che lo
gestisca e che in questo modo assumerà potere nell’organizzazione.
Tattiche per acquisire potere:
1) Partecipazione ad un gruppo: consente di acquisire un po’ di potere perché si possono raggiungere degli
obiettivi che altrimenti da soli non si potrebberoraggiungere
2) Fare favori a qualcuno per indurlo a sentimenti di riconoscenza e di debito. Così la persona che fa favori
acquisisce potere rispetto a quella a cui li ha fatti.
3) Esistono soggetti più trasgressivi ( avversari) che vengono integrati e neutralizzati con promozioni
( cooptazioni )
4) Seduzione e cura dell’immagine: il seduttore ha molto potere perché sa che il suo gioco avrà un risultato
positivo solo se riuscirà a sedurre le persone.

Leadership nei gruppi di lavoro e teorie

Leadership: uso di una influenza non coercitiva ( perché parliamo di gruppi di lavoro) per dirigere e coordinare
le attività dei membri di un gruppo ( e le loro energie) organizzato verso il raggiungimento degli obiettivi del
gruppo .
Stiamo parlando della leadership all’interno di un gruppo di lavoro e non di leadership in generale( ad esempio
una leadership politica) e quindi di un gruppo di persone che sono chiamate a raggiungere degli obiettivi
lavorando insieme e attraverso le lorocapacità e competenze.
Funzioni della leadership:
1) Generare e mantenere il livello di impegno: ( problema della persistenza)
2) Direzionare lo sforzo: specialmente nelle organizzazioni è importante che le energie dei singoli vengano
orientate verso il medesimo scopo.
3) Gestire i compiti del gruppo: nella vita concreta ci sono attività professionali che abbisognano di competenze
specifiche e il leader deve saperle gestire.
4) Mantenere l’appartenenza al gruppo: se le persone non si sentono far parte di questo genera delle influenze
negative sulla prestazione.

Teorie universalistiche: chiamate cosi’perche’ studiano I tratti caratteristici e I comportamenti del leader a
prescindere dal contesto e dalle situazioni culturali. Hanno l’obiettivo di selezionare il leader giusto teorie che
cercano I tratti e I comportamenti che I leader devono avere. I tratti maggiormente riscontrati sono:
-Categoria intelligenza: capacita’ critica, decisionalita’ , facilita’ di parola
-caratteristiche personali: creativita’, fiducia in se stessi, socievolezza
-caratteristiche di abilita’: nel cooperare e nell’ottenere cooperazione
Comuqnue si e’ anche visto che persone con queste caratteristiche non necessariamente sono buoni leader.
Teoria della leadership di Bales(2 tipologie):
1) leader orientato al compito:al raggiungimento dell’obiettivo quindi
2) leader orientato alla relazione: dimensione relazionale, sono persone che stanno bene con gli altri ,
ascoltano , dialogano.
Se queste dimensioni ono separate si possono verificare dei problemi perché un leader orientato solo al compito
non tiene sotto controllo le dinamiche di relazione che ci sono nei gruppi . Se invece si ha un leader delizioso
che non fa nessun monitoraggio degli obiettivi del compito si ha una bassa produttività.

Teorie della contigenza: il vero leader e’ una persona che e’ capace di comprendere la mutevolezza delle
situazioni e quidni non ha caratteristiche statiche ma sapra’ adattarsi alle diverse situazioni. Importanza del lato
situazionale. Vengono deffinite le tre forze della leadership nelle teorie situazionali:
a) caratteristiche del leadership
b) caratteristiche degli altri membri del gruppo. SI dice che il leader avra’ un comportamento diverso a seconda
del livello di maturita’ dei collaboratori , lo stile del leader dipende quidni dalla maturita’ individuale o di
grupppo. Abbiamo Maturita’ bassa(M1), medio-bassa(M2) , medio-alta(M3) e alta(M4). Il leader deve sapere
leggere le situazioni ed il livello di maturita’ delle persone.
Deve usare:
-stile prescrittivo con soggetti M1----- gli dice cosa devono fare(per persone con poche competenze e’
importante che gli venga detto cosa fare). Dargli troppa liberta’ li mette in difficolta’, non hanno le comptenze
per fare da soli.
-sitle mirato ad addestrare per soggetti M2---seguire la persona in modo da dirigerla ma anche sostenerla, fa gia’
parte del lavoro da sola
-stile mirato a coinvolgere per M3---leader deve avere alto comportamento di relazione e basso comportamento
direttivo
-stile di delega(misconosciuto nel nostro paese)-dedicato ai soggetti M4 prevede un comportamento poco
direttivo e poco di sostegno, Non si utilizzano techniche di coinvolgimento perche se usiamo la proscrizione
umiliamo M4 che ha gia’ le competenze e se sue se sudiamo un comportamento relazionale sarà inutile perché è
già disponibile e costante. Nel nostro paese c’è una tendenza a delegare poco per poter accentrare il potere.
Molte attività potrebber essere delegate a persone competenti ed affidabili.
c) La situazione complessiva: condurre u gruppo di ricerca o un gruppo operativo sarà diverso

Come sono cambiate le teorie della Leadership

Teorie piu’ recenti:( teorie dell’attribuzione, leadership carismatica, teorie trasformazionali). Il leader
carismatico tende a costruire un nuovo e differente mondo che sia fenomenologicamente valido per lui e i suoi
collaboratori.La societa’ e’ in cambiamento, si osservano trasformazioni e quindi non da senso di stabilita’.
La leadership carismatica ci introduce al tema di poter dire dove si sta andando vivendo in una società meno
stabile e con meno certezze . Può essere di tipo visionario nel senso che ci dà una visione del futuro per
indirizzarci sul come comportarci nel futuro.
Leadership prodotta dalla crisi:
Ci sono leader carismatici che non partono dalla teoria ma dalla realtà concreta e sono i cosiddetti “prodotti dalla
crisi”. e si muovono verso schemi interpretativi per giustificare l’azione. ( dalle situazioni di difficoltà si arriva a
formulare una nuova visione).
Nel 1978 cominciano ad apparire le prime teorie trasformazionali. Facciamo una distinzione:
Leader trasformazionali (sono un po’ quelli carismatici): cambiano il corso degli eventi , motivano i
collaboratori a lavorare per obiettivi altissimi invece che per interessi immediati e per l’auto-motivazione
piuttosto che per la sicurezza. ( ad esempio concepire un nuovo modo di essere nell’organizzazione , aprire
nuovi mercati etc..)
Questi sono caratterizzati dal carisma e tendono a cambiare il corso dell’azione . Generano orgoglio fiducia e
rispetto ( mobilitano emozioni) ed hanno il dono di vedere quello che è realmente importante possedendo una
visione articolata della realtà.. In condizioni critiche rassicurano perché hanno la capacità di far vedere gli
obiettivi, anche se lontani.
Leader Transazionali: migliorano le situazioni esistenti aiutano i collaboratori a chiarire quali sono i loro ruoli
e le richieste dei compiti , aumentano la motivazione del gruppo . Faticano quotidianamente perché gestiscono
l’esistente. Operano attraverso la ricompensa contingente : il leader non interviene solo quando non vengono
raggiunti gli obiettivi ( standard) ma anche quando si verificano delle eccezioni c’è bisogno di gestirle , ad
esempio allontanano o avvicinano dall’obiettivo. Operano anche attraverso la considerazione individualizzata il
leader delega la pianificazione di progetti ( è molto attento ai singoli) per stimolare e creare
esperienze di apprendimento nei collaboratori.
Entrambi i leader sono grandi produttori di idee e quindi stimolano i collaboratori ad una attività intellettuale.

La teoria della contingenza(vedi sopra)


Competenze cosa sono e quali sono i contenuti

Per competenze professionali si intende cosa sa fare e come si pone una persona nel contesto lavorativo. La
definzione attuale di competenze professionali : set di conoscenze, skills(capacita’ che si esplicano nelle
situazioni), abilita’ (attitudini sottostanti il comportamento manifesto), motivazioni(spinte a fare),
rappresentazioni, credenze(carattere cognitivo), valori e interessi(orientano le strategie di risposta che le persone
esplicitano nella risposta lavorativa).
Quindi sono un patrimonio o attributi della persona in una data situazione lavorativa e costruiti nel corso
dell’esperienza lavorativa, si sedimentano nel tempo .
Sono un patrimonio potenzionale che si eplicita quando viene attivato dalla situazione reale sperimentata dal
soggetto.

Contenuti:
-sono di tipo cognitivo:
1)sapere e conoscenze tecniche e procedurali orientati al problem solving in un dato gruppo e momento
2)saperi di ordine pratico: piu’ esperienza si acquisisce piu’ si valorizzano I saperi tecnici e procedurali, la
persona sviluppa autonomia rispetto ad essi, si sposta da cio’che ha appreso sviluppand un patrimonio personale
che comprende le esperienze positive accumulate
3)mobilizzazione:capacita’ di spostare I saperi in altre situazioni(expertise)
4) velocita’ di attivazione:rapidita’ con cui il soggetto mette in atto le sue conoscenze
Capacita’ di flessibilita’ pesonale e’ fondamentale per essere esperti
-normativo:
regole che caratterizzano la risposta competente.Si presuppone un criterio normativo dell’utilità sociale delle
competenze stesse in una data situazione organizzativa e sociale. La persona competente non è quindi misurabile
in astratto ma lo è in un certo ambito e in una certa situazione. Si definisce quindi una soglia di competenza che
tenga conto della situazione che deriva da una sorta di negoziazione sociale che quindi deriva da un elemento
relativo e non assoluto. I criteri di soglia sono il frutto di una discussione sociale. Ad esempio, oggi potremmo
dire che per avere delle competenze occorrono più competenze professionali ( lingue , informatica). Nel passato
una persona era ritenuta competente avendo una soglia di ingresso diversa nella attività lavorativa.
-fattori gestionali:
considerare I lavoratori in base alle competenze e non le qualifiche. Attenzione alle capacita’ effettiva della
persona che porti ad un’azione riuscita in una situazione concreta. Si sta delineando un intersse per il saper fare
ed il saper essere di una persona piuttosto che per le qualificazioni formali. Attenzione quidni all’esperienza
lavorativa in termini soggettivi.

Bilancio competenze

Sono parte del processo di valutazione delle competenze(aree di applicazione delle comeptenze) e si esprime
attraverso le risorse e il repertorio di abilita’ costruite nel tempo , ovvero durante la carriera si valutano I
progressi del soggetto, questo tipo di valutazione e’ molto usata all’estero.

Aree di applicazione delle competenze professionali

Sono tre:
-Area 1: identificazione delle competenze,si fa un’analisi psicologica del lavoro tramite osservazione diretta,
partecipata autoderscrizione. Si osservano le capacita’ sia di carattere generale, che quelle piu’ legate al
contesto.cioe’ ai legami tra caratteristiche psicologiche del soggetto e le richieste del contesto. Si analizzano le
dimensioni emotivo-affettive e relazionali che caratterizzano questi legami
-Area 2: valutazione delle competenze, :
valutazione all’ingresso del lavoro-- si analizza il gap tra preparazione scolastica rapportato ai saperi pratici
bilancio delle competenze(vedi sopra)
selezione: si valutano le competenze del soggetto in relazione ai tipi di compiti richiesti dall’azienda.
Valutazione del potenziali: ovvero il potenziale di crescita lavorativa e si valuta anceh quanto il soggetto sia
flessibile.
-Area 3: Organizzare per competere: ridefinire I sistemi di selezione, I sistemi premianti, di valutazione, di
carriera, le modalita’ di training(facilitazioni non piu’ basati sull’eta’ o sul servizio), le modalita’ di formazione
etc.

VDL 7

Cos’e’ la valutazione

E’ una procedura per avere dei feedbak(a livello individuale) che renda le persone consapevoli di avere o no
centrato gli obiettivi o in quale misura si sono avvicinate e se il loro contributo nel lavoro di gruppo e’ efficace.
Serve a capire se c’e’ bisogno di corregere cose o impegnarsi di piu’ e a motivare la persona a impegnarsi. A
livello organizzativo invece il feedback ha valore per l’organizzazione per stabilire se la persona ha soddisfatto
le sue attese, serve a comprendere I risultati ottenute e organizzare un sistema di primi e punizioni a seconda
degli obiettivi raggiunti, ha anche la funzione di motivare il personale , stabilire corsi di formazione etcc.

Finalita’ della valutazione. (vedi sopra)

Come si valuta e cosa si valuta

Come si valuta :
1)attraverso un capo diretto: tramite un ordine gerarchico , es. Il superiore responsabile che ha conoscenze sia
formali che informali del livello di attivita’ della persona. In teoria un capo dovrebbe avere delle competenze
nell’ambito valutativo(questa e’ una lacuna della valutazione)
2) utilizzando un esperto che intervisti il capo diretto: puo’ avere un ruolo piu’ distaccato , si appoggia a
interviste o sondaggi.
3) procedura di Ranking: basata sul confronto fra I diversi attori coinvolti in una dterminata prestazione secondo
I criteri di :impegno, accuratezza delle prestazioni e capacita’ di coinvolgimento.
4)procedure di classificazione
5)strumenti piu’ formalizzati:esempio scale di atteggiamento
6) interviste:da cui si ricavano informazioni qualitative sulla prestazione , si possono poi fare mappature
dell’attivita’ e fornire dei feedback.

Cosa si valuta(oggetti della valutazione):

1) qualita’ della prestazione


2) quantita’ della prestazione—in passato era uno dei criteri forndamentali , oggi il lavoro richide maggiore
rielaborazione mentale
3)tempestivita’ della prestazione: terminare il compito nei tempi previsti ha un valore importante in termini
economici.
4) efficienza della prestazione: fattori di economizzazione maggiore o minore nella realizzazione dell’attivita’
5)impegno di coordinamento:da parte di un singolo o di un gruppo di lavoro
6)impegno interpersonale:elemento di coinvolgimento soggettivo ed implica I costi soggettivi implicati in una
prestazione

Contenuti della valutazione


1) Risorse disponibili per la realizzazione di una attività
2) Risorse potenziali per la realizzazione di una attività
3) Eventuali risorse aggiuntive richieste per situazioni eccezionali
4) Gli esiti del lavoro svolto: ciò che risulta al termine di una attività
a) I processi mentali di anticipazione e di progettazione delle attività
b) Le attività
c) Le competenze
d) Gli atteggiamenti e le aspettative delle persone: aspetti soggettivi di cui sarebbe auspicabile avere una mappa.
Gli oggetti della valutazione non dovrebbero essere definiti solo dall’organizzazione ma dovrebbero tener conto
del contesto ed essere discussi anticipatamente dai diversi attori ( personale ed organizzazione) . Il contesto può
esercitare delle
interferenze sui risultati lavorativi. Si sa che si ha una crescita di preoccupazione fra i lavoratori se gli oggetti di
valutazione non sono specificati e i metodi di valutazione non sono chiari e condivisi.

Concetti di efficacia ed efficienza

Sono 2 parametri che consentono di ancorare gran parte dei giudizi relativi alla valutazione. In tutte le
organizzazioni sono attuate forme di valutazione più o meno strutturate , più o meno formalizzate. Sono
comunque accomunate dal farsi le domande che abbiamo prima descritto e dal fatto che in misura diversa sono
finalizzate a riorientare l’attività organizzativa.
Le valutazioni sono attuate per capire se l’attività lavorativa è efficiente ed efficace.
EFFICIENZA: è il rapporto fra input ed output dell’azione. In pratica è il rapporto fra ciò che investiamo e ciò
che otteniamo. Un’attività efficiente sfrutta molto bene le risorse.
EFFICACIA: misura di quanto la nostra attività si avvicina all’obiettivo che volevamo raggiungere.
Si possono dare diverse combinazioni di questi due parametri. Chi utilizzerà nella sua attività queste
conoscenze, scoprirà come la capacità di combinare questi due parametri sia un aspetto molto delicato della
progettazione dell’azione organizzativa. Possono esistere attività abbastanza efficaci che raggiungono gli
obiettivi preposti con costi molto alti ( i benefici non giustificano gli investimenti iniziali). Allo stesso
modo possiamo avere attività efficienti semplicemente in rapporto a quanto utilizzano senza che però vengano
centrati gli obiettivi preposti

Approcci alla valutazione

Famiglia di tecniche che risalgono agli anni ’60 del secolo scorso quando ci furono i primi tentativi sistematici di
formalizzare e pratiche e procedure per dare risposta alle domande poste prima e quindi di trovare criteri di
valutazione di efficacia ed efficienza

1) Sperimentale: si richiama al paradigma classico della ricerca scientifica. L’attenzione è focalizzata a


controllare i fattori estranei alla variabile controllata, a controllare le influenze esterne e la validità delle misure.
I termini di misura e validità hanno lo stesso significato che hanno per le scienze sociali. Esempio:
consideriamo una attività di formazione all’interno di una organizzazione. Ci si propone di capire quali metodi di
formazione siano più efficaci in un determinato contesto. L’approccio sperimentale utilizza gruppi di controllo
per capire se i risultati di una attività formativa sono effettivamente imputabili ad una tale tecnica. L’approccio
sperimentale mira a produrre risultati generalizzati: questo permette di utilizzarli anche i diverse condizioni
sperimentali. Questo approccio è applicato raramente nelle organizzazioni.
2) Orientato agli obiettivi: l’obiettivo è capire se una attività specifica è o no efficace ed efficiente. Il punto
centrale è lo scarto fra obiettivi e risultati . Quindi qui si misura lo scarto che in un momento dato esiste fra dove
siamo arrivati in termini di apprendimento, soddisfazione, professionalizzazionee gli obiettivi che ci si
prefiggeva di arrivare. A necessità di misurare è implicita nella definizione di questo criterio e bisogna trovare
delle variabili misurabili per poter determinare lo scarto che essa rappresenta. Cecità selettiva: è la terza
caratteristica di questo criterio e permette di rendere più oggettivabile e trasmissibile la misura delle variabili.
Essa riguarda il fatto che tutte le variabili e i fattori implicati in una certa attività che però non vengono presi in
considerazione per la valutazione, non vengono visti, è come se non ci fossero. La valutazione seleziona le
variabili da misurare ma è cieca ad altre che comunque sono presenti. Ci sono invece eventi non previsti che
hanno un enorme impatto sulla realizzazione degli obiettivi e questo comporta un limite di questo approccio.
3) Orientato alla fruibilità: rappresenta il passaggio dalle catene di cause-effetti verso l’attenzione all’individuo
alle persone. dopo aver utilizzato a lungo il modello orientato alla centratura degli obiettivi ci si è resi conto che
gran parte della mole spesa in valutazione non veniva utilizzata. Questo fa nascere in diversi autori su
come si potesse ri-orientare l’attività di valutazione in modo che avesse un’incidenza sull’organizzazione. Qui la
domanda di partenza è: chi deve utilizzare la valutazione? Per chi viene fatta? Per un decisore? Per un gruppo
che non deve prendere decisioni strategiche? Per fare una diagnosi ed immaginare scenari possibili? La
valutazione può cambiare completamente a seconda dello scopo che ha. Porre questa domanda vuol dire
prendere in considerazione fattori diversi in relazione alla sua fruibilità.

Errori nella valutazione delle competenze

-Componenti soggettive e bias del valutatore :


-----effetto alone: ricavare la valutazione da un elemento(tratto) saliente nella condotta del valutato ed
estenderlo ad altri elementi. Comporta una distorsione del giudizio.
-----effetto indulgenza/severita’:il valutatore mantiene una posizione cognitiva estremizzata che deforma sia nel
bene che nel male il giudizio finale che si da’ sulla persona
------effetto primacy/recency: per il primacy il valutatore rimane ancorato al primo giudizio sull’attivita’
lavorativa o all’ultimo (recency). Il giudizio non viene dato sull’attivita’ complessiva, le cose osservate sono
positive o negative
------effetti di contrasto:di fronte a situazioni estremizzate il valutatore da una risposta eccessiva per
contrastare una risposta precedente particolarmente indulgente. C’e’ una ricerca della media che deforma la
realta’
-------effetti di tendenza centrale:il valutatore fornisce un giudizio medio a tutti coloro che vengono osservati
-------effetto di persona simile a me: e’ un’identificazione del valutatore con il valutando che porta distorsione
di giudizio.

-Errori imputabili alle reazioni dei valutati:


-----effetto di desiderabilita’ sociale: I valutati cercano volontariamento o no di dare un’immagine migliore di
se dando le risposte che credono che il valutatore voglia sentire
-----compiacenza: rafforza l’effetto di desiderabilita’ sociale. Il valutato ha un atteggiamento volontario da
apparire ed essere ben considerato dall’altro.
------reazioni aggressivi di rifiuto e di svalutazione:la persona che non vuole farsi valutare puo’ arrivare a
forme aggressive di rifiuto vero e proprio .

Effetti di distorsione dovuti al setting del contesto di valutazione:


clima psicosociale: ad esempio lotta sindacale o in generale situazioni conflittuali. CI potrebbero essere
resistenze di carattere collettivo anche dovute alla mancanza di condivisione del criterio valutativo.

VDL 8

Soddisfazione lavorativa, componenti

1)legati al Se’:valori personali: I significati che diamo al lavoro


2) Ambientali: la percezione delle nostre attese e del nostro ambiente organizzativo
La soddisfazione lavorativa ha molti aspetti: e’ la conseguenza della possibilita’ di soddisfare I nostri bisogni
individuali attraverso il lavoro; e’ il risultato del contfronto tra le aspettative sul lavoro e la realta’ quotidiana; e’
il frutto di un processo di alternanza di emozioni positive e negative che ci portano perennemente alla ricerca di
un equilibrio.
I fattori della soddisfazione lavoratiiva sono 4:
-retribuzione
-caratteristiche intrinseche del lavoro(cio’ che concreamente fanno le persone nel lavoro)
-la qualita’ della vita al di fuori del ruolo lavorativo
caratteristiche socio-demografiche e personali e cioe’:identita’ di genere, caratteristiche di personalita’, nuclei
rappresentazionali, sistemi di valori tipici dell’individuo

Conseguenze della soddisfazione lavorativa

a) LA SPILLOVER HYPOTESIS: indica che un campo si rovescia ( spill over) nell’altro e quindi chi è
(in)soddisfatto sul lavoro sarà anche (in)soddisfatto nella vita e viceversa. Qui c’è un’idea di un essere umano
unico che trascina nei vari contesti una situazione che caratterizza la sua esistenza.
b) LA COMPENSATION HYPOTESIS: i lavoratori insoddisfatti cercano maggiormente al di fuori dell’ambito
lavorativo motivo di soddisfazione e viceversa. Quindi se una persona è insoddisfatta nell’ambiente familiare
cercherà soddisfazione nell’ambiente lavorativo e viceversa.
c) SEGMENTATION HYPOTESIS: afferma che non c’è relazione fra i due costrutti ossia soddisfazione
lavorativa e soddisfazione al di fuori del lavoro sono indipendenti. La relazione fra ambienti di lavoro e ambienti
di vita è molto più complessa di come viene presentata da queste ipotesi in quanto le persone cercano nella loro
esistenza di trovare un bilanciamento fra i due aspetti della vita: c’è comunque da dire che le persone investono
tanta energia e tante emozioni nella vita lavorava e questo comporta una grande importanza della componente di
soddisfazione lavorativa che quindi viene portata anche in altri contesti della vita.

Insoddisfazione lavorativa indicatori/Fonti

1) Contenuto del lavoro: non possiamo trovare regole generali perché l’insoddisfazione dipende dalle persone e
dei contesti. Natura del compito: ripetitiva o no. Anche qui la quantità di soddisfazione è soggettiva.
2) Concrete modalità di svolgimento del lavoro: è un elemento indipendente dal tipo di lavoro. Prende,ad
esempio, in considerazione la disorganizzazione e la mancanza di chiarezza con cui esso si dovrebbe svolgere
( procedure corrette).
3) Ambiente fisico in cui si svolge il lavoro: l’ambiente fisico o luogo è molto importante . Ad esempio alcune
persone che lavorano in open space lamentano la mancanza di intimità. In alcuni casi il problema è grave perché
esistono ambienti di lavoro che non tutelano a livello di salute. .
4) Ambiente sociale e dinamica dei ruoli organizzativi: in una organizzazione i ruoli danno dei confini che
consentono alle persone di potersi riconoscere nelle diverse attività. Le ambiguità di ruolo portano
insoddisfazione in quanto le persone non hanno chiare quali siano le loro mansioni e a situazioni conflittuali con
altri ruoli.
5) Eccessivo carico di lavoro: ci sono disparità in relazione alla quantità di lavoro assegnata ai lavoratori.
Alcuni sono pressati e questo genera insoddisfazione se non hanno sufficiente resistenza.
6) Disconoscimento: è la più grande fonte di insoddisfazione di una persona perché essa viene considerata come
non esistente, annullata. In alcuni casi questa dimensione diviene molto forte ( mobbing)
7) La cultura dell’organizzazione: ci sono situazioni lavorative in cui le persone amano il loro lavoro ed hanno
un buon rapporto con i colleghi ma l’insieme dei valori dell’ambiente lavorativo no sono da esse condivise.
Anche le organizzazioni hanno dei valori e in alcuni casi la distanza fra questi e i valori personali è intollerabile (
alcuni cambiano lavoro per questo)
8) Le differenze individuali: ci sono regole di convivenza nelle organizzazioni ma c’è anche una pluralità, delle
differenze che devono convivere insieme. Questo dipende dalle situazioni infatti ci sono contesti in cui sono
presenti molte differenze e contesti in cui sono assenti.

Conseguenze dell’insoddisfazione lavorativa

1) Problemi di tipo psico-fisico: esistono molte conseguenze a livello individuale. Molte persone che hanno
compiti di responsabilità vivono una insoddisfazione in quanto percepiscono che si potrebbero intaccare la loro
immagine e la loro carriera. E’ frequente che assumano dei farmaci.
2) Assenteismo: pianificato da parte dell’individuo sia per recuperare energia sia come forma di meccanismo di
punzone dell’organizzazione che considera responsabile .
3) Turn-Over: la persona non ce la fa più a vivere nel suo ambiente di lavoro e se ne va. ( e deve sopportare le
conseguenze della disoccupazione)
4) Mutamento del sentimento di appartenenza all’organizzazione: si abbassa il grado di identificazione con
l’organizzazione da cui consegue un più basso impegno .Questo ha precise conseguenze sulla performance
lavorativa perche’ piu’ ci si sente di appartenere ad una organizzazione piu’ ci si impegna.
5) Stress: stato emozionale di sgradevolezza derivante dalla percezione che le richieste dell’ambiente e della
situazione che un eccede le capacità dell’individuo.
6) Burnout: forma estrema di stress: condizione emozionale fisica e mentale di esaurimento con sintomi di
depersonalizzazione conseguenti ad una prolungata esposizione a stress lavorativo. Si manifesta in professioni in
cui ha grande rilevanza l’aspetto relazionale.
Considerazioni sulle organizzazioni e sulla società: se si creassero delle condizioni di soddisfazione a livello
collettivo ( ad esempio in relazione all’ambiente fisico) avremmo ricadute delle conseguenze molto importanti
( miglioramenti) che si ripercuoterebbero anche sull’organizzazione.
SINTESI: Soddisfa ciò che è sicuro, stabile ( lavoro fisso) , prevedibile ( retribuzione fissa) e un ambiente sia
fisico che relazionale piacevole. La convivenza in una organizzazione può assumere livelli diversi. Le
organizzazioni che curano la convivenza hanno un buon ritorno economico.

VDL 12

Strutture organizzative

Taylor mise in evidenza che all’interno di un’organizzazione non vi è solo un percorso esecutivo dove le persone
adempiono al loro compito ma parallelamente c’è una attività con la quale si mette a punto il modo di lavorare
( tempi e metodi) , la selezione, la formazione, l’incentivazione e la gestione delle risorse economiche e materiali
dell’organizzazione ( precostituire una serie di precondizioni che permettono di fare il lavoro al meglio: il one
best way). Questa parte del lavoro dell’organizzazione viene ordinata secondo un criterio che non è solo
gerarchico ma dipendente da altre persone, altre competenze e quindi da altri capi ed altre gerarchie.
Quindi nasce la nozione di funzione: un’organizzazione ha un ordinamento che non è solo infunzione di chi
comanda e di chi ubbidisce ma anche in funzione delle diverse competenze che vengono esercitate al suo
interno.
Uno dei caratteri tipici, oltre alla divisione del lavoro è la specializzazione.
Funzione: riguarda diversi momenti del funzionamento organizzativo che corrispondo ai diversi momenti della
specializzazione delle competenze che riguardano quella particolare organizzazione; svolge la Ricomposizione
del lavor che è stato spezzettato e il coordinamento del lavoro diviso che comporta una interdipendenza. Il
lavoro diviso è composto da singoli lavori specializzati. Il coordinamento si può avere nella stessa area di
competenza come in diverse aree ( ad esempio nella messa in essere di un particolare processo produttivo: es. dal
trattamento di materie prime del legno di una sedia , alla verniciatura finale della sedia)
Gerarchia: ordinamento dall’alto verso il basso; soddisfa esigenze di comando e di controllo. La nozione di
funzione si è sviluppata circa mezzo secolo dopo Taylor attraverso l’opera di Parson ( sociologo).

Assetto funzionale (struttura funzionale?)vedi immagine

Le caratteristiche di un assetto funzionale sono:


Funzioni in ingresso: sono relative ad attività necessarie a reperire le risorse necessarie alla produzione , ad
esempio legno, macchinari, capitali, persone in grado di lavorare con me macchine e quei particolari materiali.
Le attività confluiscono nella gestione delle risorse di ingresso e sono a monte del processo di produzione
Processo produttivo intermedio: può essere rotto in diversi momenti. Il primo consiste nel costruire i
componenti di cui è fatta la sedia ( gambe, sedile, schienale), il secondo momento consiste nell’assemblaggio
degli elementi e il terzo nella lucidatura. Quindi il processo di produzione può essere immaginato in diversi
momenti ( non necessariamente 3) o diversi reparti.
Funzioni di uscita: una volta prodotta la sedia deve essere immessa sul mercato a persone che hanno bisogno di
sedie e che identifichiamo con la domanda. Ci saranno uffici in cui ci saranno persone il cui compito sarà quello
di fare in modo che i prodotti siano vengano venduti e distribuiti
Fra input ed output ci sono delle attività di processo indicate con la
Funzione di pattern: il concetto di pattern è ripreso dall’informatica e vuol dire memoria ausiliaria ( si parla di
immagazzinamento di risorse e prodotti come se essi fossero elementi di una memoria di supporto) .Il pattern
serve a far sì che l’impatto delle risorse e della domanda, nel corso del processo di trasformazione, sia attutito
(si potrebbe anche chiamare buffer). Una tipica funzione di pattern è quella dell’immagazzinamento: ad esempio
delle materie prime ( che si comprano quando il mercato è più favorevole) che se sono in eccesso vengono messe
in un magazzino ( stoccaggio) fino a che non sono necessarie. Allo stesso modo vengono immagazzinati i
prodotti che non vengono venduti immediatamente. Queste zone cuscinetto hanno lo scopo di stabilizzare il
processo di produzione rispetto alla variabilità delle attività di confine ( risorse e domanda). A queste zone
corrisponde il processo di buffering ( cuscinetto) che ha lo scopo di isolare il vero e proprio processo di
produzione ( nucleo di produzione) dalle attività di ingresso e di uscita e delle attività che hanno il
compito di gestire gli ambienti di ingresso e di uscita.
Funzioni di coordinamento: sono relative alla coordinazione delle attività viste in precedenza. Fra le funzioni
di coordinamento possiamo identificare il direttore di produzione.
Funzioni di progettazione: Salendo nella gerarchia troviamo le attività di ricerca e sviluppo: le sedie non
devono essere solo prodotte ma anche progettate e immaginate sia nel design che nel percorso e nelle tecnologie
che deve essere attuato per produrle.
L’assetto funzionale è una combinazione di funzioni sull’orizzontale ( specializzazione delle competenze) e
livelli sulla verticale ( gerarchia).
!Le funzioni sono ritagliate sulle specializzazioni delle competenze e quindi disposte su grandi aree (
“produzione”, “marketing”, “personale”, “vendite” etc).. Ed entro le funzioni c’è un’ articolazione per
uffici, reparti a loro volta disaggregati in livelli che definisce la divisione del lavoro. Poi ci sono le zone
cuscinetto (buffer) che hanno la funzione di proteggere il nucleo tecnico.

Forme di razionalita’ organizzativa

All’interno di un’organizzazione , sotto il modo di gestire e di pensare possiamo


distinguere due mondi
1) Il mondo della razionalità organizzativa: è tipico dei presidi dell’ambiente sia in ingresso che in uscita. La
razionalità amministrativa è’ un modo di concepire il mondo e di prendere decisione che gioca sull’incertezza e
sulle contingenze. Per definizione le contingenze sono quegli eventi su cui non possiamo esercitare un controllo
diretto ( ad esempio una crisi economica) e sono anche condizioni dellequali l’azienda non ha una conoscenza
perfetta perché gli eventi contingenti non sono prevedibili. Questo modo si occupa della gestione della domanda
e quindi deve essere attento anche al grado di soddisfazione dei clienti ( visibilità sul risultato
finale).
Implicazioni: l’affidabilità e cioè fare le cose seguendo sempre lo stesso schema, non genera efficienza né
efficacia. Per essere efficienti ( ossia ottenere il miglior impiego delle risorse) non è sufficiente ripetere sempre
le stesse procedure. Il tipo di responsabilità di chi attua la razionalità amministrativa è rivolta a far fronte ad
eventi esterni e quindi a trovare le risposte migliori a ciò che accade all’esterno
2) Il mondo della razionalità tecnica: ha a che fare con delle certezze ( funzioni con delle variabili che
determinano il processo produttivo) o variabili che rappresentano eventi che sono sotto il controllo della
produzione( posso aumentare o diminuire la produzione o i giri di una certa attrezzatura) e i rapporti causa
effetto sono certi. Quindi l’attenersi a certi programmi e a certe procedure genera efficienza. La responsabilità
delle persone coinvolte è quella di gestire i processi interni. C’è bisogno più di conoscere che di controllare e chi
si occupa degli aspetti tecnici ha una scarsa visibilità in relazione agli esiti del prodotto ( non solo la sua vendita
ma anche il grado di soddisfazione dei clienti).
Quindi c’è una distanza fra questi due mondi : uno è periferico (razionalità organizzativa) e gestisce l’esterno,
uno è centrale e gestisce l’interno (razionalità tecnica). Fra i due mondi abbiamo le attività di buffer che
protegge la ripetitività del nucleo tecnico. Questo è un modello classico di base che è stat concepito per le
attività manifatturiere ma abbiamo anche esempi su organizzazioni diverse come gliospedali.
!L’ospedale è un’organizzazione di tipo funzionale non puro perché ci sono degli aspetti dell’ospedale come I
dipartimenti delle emergenze e dell’accettazione che non ha una divisione del lavoro basata sulle competenze
( chirurgia, servizi ma si basano sulla domanda esterna.
!!IL MODELLO DIVISIONALE: è una evoluzione dellassetto funzionale. Non è distante dal modello
funzionale ma è una sofisticazione del modello funzionale. Ad esempio: se nell’azienda di siede vengono
costruite sedie per uffici e sedie per uso domestico, si potrebbe pensare di dividere l’azienda in due aziende
ognuna delle quali dedicata alla produzione di una delle due tipologie.

VDL 13

Crisi del modello funzionale

Il modello funzionale ha caratterizzato la produzione industriale ed anche altri tipi di organizzazione nel secolo
scorso.
In età critiche come quelle recenti è stato sostituito con un altro modo di intendere il corso di azioni. I modo di
essere di una organizzazione dipende da circostanze materiali, dai compiti che devono essere assolti e da modi
diversi di intendere ciò che si fa.
Il JUST IN TIME è un esempio per vedere l’evoluzione del modelli organizzativo. Testimonia un mutato
rapporto fra l’azienda e la sua domanda piuttosto che una mutazione di tipo tecnico.
IL JUST IN TIME ( appena in tempo, in tempo reale) CONSISTE IN :
1) Eliminazione delle zone cuscinetto ( buffering)
2) Riduzione dei tempi di risposta : fare in modo che le organizzazioni siano capaci di ottenere risultati non tanto
in tempi più brevi ma di trasformare le risorse in mdi da rispondere rapidamente alla domanda esterna
( caratteristiche dei prodotti che richiede il mercato).
3) Evoluzione dell’idea di qualità: coerente con questa modifica del rapporto fra richiesta e domanda. (è
sull’evoluzione di questo concetto che sono avvenuti i cambiamenti riscontrati gli ultimi decenni del secolo
scorso.) Un inciso sulla qualità: l’evoluzione della qualità in ambito aziendale
Nell’altro modello c’e’ una unita’ di coordinamento ed una divisione in reparti che qui non abbiamo , il momento
della produzione viene interato per assolvere meglio ai compiti richiesti.

Esempio di just in time: nasce nell’industria automobilistica giapponese e il suo obiettivo era quello di scegliere
un particolare modello di automobile nel giro di 2-3 settimane. In questo relè just in time significa “ in tempo
reale”. Il cliente aveva tutta la gamma di possibili forme colori, motorizzazioni, optional che poteva avere
l’automobile e sceglieva quello che voleva. Poi in pochi giorni poteva avere il prodotto. Questo comporta una
revisione complessiva del processo infatti nel modello precedente era presente il buffering (o
immagazzinamento) che qui non è più necessario. Con una organizzazione come quella funzionale non è
possibile avere il prodotto “personalizzato” in poco tempo perché bisogna andare a monte del processo
modificando risorse, attrezzature etc.. Con il just in time, invece l’obiettivo è quello di produrre seguendo le
indicazioni commerciali. Dunque il buffering è stato eliminato perché può portare sia ad uno spreco di risorse
che ad un allungamento dei tempi. Un esempio di organizzazione funzionale è quella dell’industria
automobilistica di Ford che produceva un tipo di macchina e quel tipo doveva soddisfare i clienti ( e basta!).

Struttura a matrice

E’ un modello all’interno del quale la gerarchia perde gradualmente importanza mentre acquista maggiore
importanza l’idea di processo e cioè la congiunzione trasversale delle diverse attività che caratterizzano il
funzionamento dell’organizzazione. In questo modello abbiamo da un lato le funzioni classiche ( acquisti,
produzione, personale, commercializzazione etc..) e dall’altro la messa in evidenza dei processi
orizzontali che attraversano queste funzioni e quindi anche l’esigenza di gestire ciò che accade all’interno
dell’azienda ed ordinare il corso di azioni, non solo verticalmente seguendo la logica funzionale delle
competenze e della loro specializzazione ma anche orizzontalmente seguendo la logica di processo che
caratterizza il prodotto.
Esempi:
1) Banca: da un po’ di anni nascono banche con assetto tendenzialmente a matrice nel senso che la banca, pur
essendo un’unità, ha al suo interno delle articolazioni diverse a seconda del tipo di utenza a cui è rivolta. Per cui
c’è la banca x per i cittadini e le famiglie, la banca per le piccole medie aziende oppure per la grande
azienda. La banca specializza la propria rete in funzioane del tipo di utenza. E’sempre la stessa banca ma ha tre
terminali diversi e si organizza orizzontalmente in modo da tener conto delle esigenze dei diversi utenti
2) Organizzazione dell’industria manifatturiera per linea di prodotto: ad esempio l’azienda di sedie che si
articola in due sotto-aziende, una di sedie per uffici ed una di sedie per famiglie. Ragionando in termini di
matrici famiglie ed uffici sono due singoli processi: si avrà un direttore della produzione e un direttore dei servizi
amministrativi secondo il modello funzionale però accanto a questi compariranno un manager di prodotto
perogni tipologie di sedie che rappresenta il momento orizzontale della matrice.
3) Ospedali e sanità: l’assetto degli ospedali oggi è prevalentemente funzionale perché ci sono settori
specializzati ( psichiatria, oculistica, ortopedia.. etc) che determinano la divisione degli ospedali in dipartimenti.
Questo non è sempre vero perché i reparti di urgenza e l’accettazione non seguono la logica specialistica. Oggi
diventa sempre più forte l’esigenza di un cambiamento perché anche gli ospedali devono tener conto delle
esigenze degli utenti per poterle soddisfare nel miglior modo possibile. Ad esempio un paziente con più
patologie ha bisogno della consulenza di più dipartimenti. anche l’ammalato ha un percorso orizzontale nella
struttura orizzontale e le organizzazioni devo quindi tener conto dei profili sanitari oltre che delle
competenze tecnico specifici.

VDL 15

Funzionamento organizzativo: benessere e malessere

Le modalità di funzionamento delle organizzazioni creano le condizioni che rendono più probabile il benessere o
il malessere di individui e gruppi. La strutturazione delle organizzazioni e la conduzione dei loro processi interni,
a parità di altri fattori, determina maggiore o minore probabilità di avere esiti interni di benessere o di
malessere per gli individui e i gruppi. Attualmente ci sono molti cambiamenti nella gestione delle
organizzazioni. Ci sono cambiamenti nel modo di lavorare , negli orari di lavoro, nelle modalità con cui si hanno
dei rapporti di lavoro. Dal punto di vista psicologico si rileva che ogni cambiamento proposto ai lavoratori e ai
membri dell’organizzazione ( ad esempio il posto fisico, il modo di lavorare , il tipo di relazioni con i compagni
di lavoro) può essere visto come un compito da risolvere. Come tutti i compiti ha una doppia valenza: da un lato
affrontare cambiamenti delle condizioni lavorative offre l’occasione di migliorare le capacità complessive della
persona. La ricerca però ci insegna che questo sviluppo si verifica a patto che il compito sia proporzionato alle
risorse che il soggetto possiede o può procurarsi.

DATI DELLA FONDAZIONE EUROPEA PER IL MIGLIORAMENTO DELLE


CONDIZIONI LAVORATIVE E DI VITA ( 2000) . Ci riferiamo ai lavoratori europei e quindi a diverse tipologie
di lavoratori (diverse collocazioni in campo produttivo) a cui corrisponde una gamma molto ampia di
collocazione organizzativa.
I dati sono:
- Il 20% dei lavoratori europei lavora più di 45 ore alla settimana.
- Il 27% dei lavoratori europei ritiene che il suo lavoro stia in qualche modo minacciando la sua salute. Questi
dati sono in costante aumento dal 1995 .
- Il 24% dichiara di lavorare con ritmi elevati quasi tutto l’orario di lavoro. (rileva delle pressioni relative al
ritmo elevato della attività lavorativa)
- Il 56% dichiara di lavorare ad un ritmo elevato per almeno un quarto del tempo complessivo di lavoro.
Causa di questa pressione percepita e’ dovuta alle relazioni con persone.
La causa principale non è, come un tempo, determinata da obiettivi prefissati o imposta da macchine ( si pensi
alle catene di montaggio) sono clienti, utenti e pazienti. Le esigenze non provengono da macchine od obiettivi
produttivi ma da relazioni con altre persone. Mentre in tempi passati i movimenti operai hanno attuato proteste
contro la pressione lavorativa indotta dai ritmi fisici causati da macchine e da obiettivi di produzione ( vedi il
film “Tempi moderni di C. Chaplin), ad oggi risulta difficile attuare delle proteste perché esse sarebbero rivolte a
relazioni con persone coinvolte nel corso dell’attività lavorativa, relazioni di cui sono difficoltosi la gestione
e il controllo.
Siamo in una condizione in cui il lavoro esagera perché si evidenzia che ai lavoratori viene chiesta
sostanzialmente più flessibilità. ( da un punto di vista psicologico oltre che lavorativo). Ciò è evidente se
analizziamo quello che si legge sui giornali in merito alle richieste lavorative. La flessibilità è quindi intesa non
solo dal punto di vista macro-organizzativo, economico e produttivo ma anche come garanzia della flessibilità
dell’attività lavorativa da parte del lavoratore. La richiesta di esibire più flessibilità sul lavoro porta una
maggiore ambiguità sul cosa fare e come fare. Essere flessibili vuol dire prendere più decisioni, farsi carico di
maggior responsabilità, discrezionalità e rispondere in tempo reale alle possibili varianti di richieste e quindi, a
parità di altri fattori, comporta minore prescrittività e minore possibilità di ricorrere ad un protocollo ( di
conseguenza c’è più ambiguità). Quindi: la flessibilità porta all’ambiguità e l’ambiguità porta incertezza
L’incertezza non viene solo dalla scarsa prevedibilità (gli stati futuri non sono prevedibili a causa della
turbolenza dell’ambiente)

Burnout. Sintomi. Quali sono le persone maggiormente esposte

Maslach, tre dimensioni principali:


1): E’ una sindrome di esaurimento emotivo
2) E’ una sindrome di depersonalizzazione
3) E’ una sindrome che porta ad una ridotta realizzazione personale ( riduzione del senso di autoefficacia della
persona) . Maskach realizzò uno strumento diagnostico standardizzato chiamato Maslach Burnout Inventory.
Le ricerche dimostrano che persone che presentino un esaurimento emozionale e un distacco consapevole e
sofferente non sono necessariamente a rischio di burnout. Analogamente non è stata dimostrata una dipendenza
della sindrome da caratteristiche di personalità. Di certo una buona capacità di hardness e di resistenza di fronte
alle difficoltà é una delle caratteristiche individuali che è risultata correlata ma anche in questo caso non ci sono
risultati decisivi. Anche gli atteggiamenti verso il lavoro non hanno mostrato una correlazione certa : ad esempio
aver un atteggiamento molto positivo verso il lavoro ha portato a dei risultati anch’essi
non definitivi.

Mobbing/Stress correlato al lavoro

I comportamenti di mobbing sono caratterizzati da:


a) un’aggressione: che tende ad essere protratta nel tempo
b) tende ad aumentare di intensità con il tempo
c) è associata alla percezione dell’impossibilità di difendersi da parte del soggetto.
Quindi l’elemento dell’aggressione e del protrarsi nel tempo sono elementi tipici dell sindrome di stress ma più
che dalla presenza dello stressore la sindrome da mobbing deriva dalla incapacità di difendersi dalla sua azione.
L’aggressione aumenta e in cui è rilevante la scarsa possibilità di interrompere il processo da parte della persona.

CAUSE DEL MOBBING ( nesso fra funzionamento organizzativo e mobbing)


. Si fa riferimento ad un modello multicausale nel quali entrano fattori individuali, grippali ed organizzativi.
Fattori principali:

1) Il mobbing è più probabile quando la vittima crede di non poter trovare un altro lavoro soddisfacente
2) Quando il clima è povero di sostegno sociale
3) Quando nel gruppo di lavoro c’è un alto livello di frustrazione
4) Quando la leadership è inadeguata alla situazione: è un classico quando situazioni di normale conflitto
possono degenerare per l’incapacità dei responsabili di cogliere la problematicità del conflitto e intervenire in
maniera adeguata
5) Il flusso informativo è inadeguato
6) Il gruppo dirigente ritiene di poterlo utilizzare come mezzo di governo.
7) Quando i capi si sentono minacciati dai collaboratori.
8) Quando i conflitti non sono riconosciuti per tempo e quindi non si interviene
tardivamente.
9) Quando è alta l’ambiguità
10) Quando non è facile modificare il proprio lavoro. (1999)
Questa è una lista volutamente ampia perché c’è ancora una difficoltà di chiudere il concetto di mobbing
scientificamente.Se prendiamo questo elenco troviamo che ad ogni singolo fattore si possono associare
problemi connessi ad un malfunzionamento organizzativo. Ciò vuol dire che è altamente probabile che le stesse
persone, collocate in un ambiente lavorativo con diverso funzionamento (relazionali, produttive, di
organizzazione del lavoro etc) non avrebbero la possibilità di produrre la stessa situazione di mobbing.
Il mobbing e il burnout sono vissuti come una situazione patologica e individuale ma possono essere più
facilmente ricondotti alla modalità di funzionamento organizzativo.

Benessere e malessere, indicatori

Gli indicatori del benessere sono:


- Soddisfazione di appartenere l’organizzazione
- Le persone mostrano una volontà di impegnarsi attivamente per il lavorai
- si ha la sensazione di far parte di un team
- le persone trovano soddisfazione ad andare al lavoro.
- coinvolgimento rispetto agli obiettivi dell’organizzazione
- Speranza di poter cambiare le condizioni negative attuali
- Percezione di successo dell’organizzazione
- Rapporto equilibrato fra vita lavorativa e vita privata
- Relazioni interpersonali accettabili
- Una condivisione dei valori organizzativi di fondo
- Una immagine positiva del management.
Questi indicatori hanno avuto un riscontro empirico e possono essere utilizzati per effettuare una diagnosi del
livello di benessere di un’organizzazione.

Fattori di rischio psicosociale all’interno delle organizzazioni

Storicamente ci si è occupati del benessere nelle organizzazioni nella prospettiva della sicurezza ( assenze di
minacce alla salute fisica).Nel 1990 Rymond Wood e Patrick introducono la “occupational Healt Psychology”
cioè che ci sia una psicologia che si occupa di sviluppare una salute occupazionale ossia una
salute all’interno delle strutture organizzative. E’ in questo contesto che nasce l’importanza dei fattori
psicosociali di rischio. Prima c’era una lunga tradizione di medicina del lavoro che si occupava solo di fattori
di rischio a livello fisico ( sostanze, temperatura che possano mettere a rischio la salte dei lavoratori). Ora nasce
una tematica che vuole individuare i fattori psicosociali di rischio che sono connessi a come è strutturato
l’ambiente lavorativo inteso come sistema sociale e produttivo. La “occupational Healt Psychology” individua
6 grandi aree di fattori psicosociali di rischio :
1) Orario e ritmi di lavoro
2) Job design
3) Qualità delle relazioni interpersonali
4) La possibilita di progettare e gestire la carriera
5) Gli stili di direzione dei capi
6) Le caratteristiche organizzative
E’ stato dimostrato che questi fattori influiscono sul malessere e sul benessere delle persone e sono stati anche
progettati dei protocolli di intervento.
Clima e cultura nelle organizzazioni. Definizione

Clima
E’ uno dei due concetti ( l’altro è quello di cultura) che è in grado di qualificare una organizzazione in un
momento specifico della sua vita.
Primo concetto di clima organizzativo (nasce negli anni ’60 del secolo scorso): Esiste per ogni organizzazione
un set di caratteristiche specifiche che:
a) Sono descrittive di come funziona un’organizzazione
b) Sono capaci di identificare l’organizzazione quando essa è messa a confronto con le ad altre.
c) Sono durevoli nel tempo ( si manifestano con una certa regolarità)
d) Influenzano i comportamenti delle persone ( definizione classica tipica degli inizidi questi studi (Forehand &
Van Haller) )
Non è un caso che vi sia una analogia fra clima organizzativo e clima atmosferico in quanto come il clima
atmosferico si riferisce all’insieme delle condizioni che caratterizzano una certa regione da un punto di vista
geografico influenzando in essa lo sviluppo della vita , questo set di caratteristiche sono fattori capaci di
influenzare il comportamento delle persone.
IL CONCETTO DI CLIMA E’ IN ANALOGIA CON QUELLO DI PERSONALITA’
Questo approccio non è lontano a quello della psicologia della personalità per gli individui: infatti le
caratteristiche possono essere paragonate ai tratti di personalità che possiedono le proprietà a,b,c,d. Quindi c’è
una analogia forte fra il concetto di clima organizzativo e quello di personalità.
CONOSCERE IL CLIMA ORGANIZZATIVO CONSENTE DI FARE PREVISIONI
Una conseguenza è che si conoscono bene gli elementi del clima si possono fare previsioni sui comportamenti
futuri che avranno gli individui, i gruppi e le organizzazioni che sono composte da essi.

DEFINIZIONE DI CLIMA ( Pritchard & Karasick)


Il clima è una qualità relativamente durevole dell’organizzazione che è percepita dai membri e serve da base per
interpretare la situazione. Qui c’è il passaggio in più che sottolinea l’importanza dei modi con cui le persone si
formano le percezioni dell’organizzazione, di come le scambiano e le adoperano per dare una spiegazione di ciò
che accade all’interno dell’organizzazione. Successivamente viene ulteriormente accentuata l’attenzione su come
individui e gruppi percepiscono e costruiscono una spiegazione della organizzazione sulla base delle percezioni
di clima.

Approccio interazionista al clima:


Il clima organizzativo è fatto delle percezioni condivise delle politiche pratiche e procedure organizzativi,
formali e informali. Questa definizioni sottolinea le percezioni condivise cioè il modo in cui le persone
confrontano all’interno delle diverse situazioni sociali le loro percezioni co quelle di altri, costruiscono
rappresentazioni socialmente condivise o almeno compatibili della situazione e applicano questa
rappresentazione a politiche di più lungo periodo, alle pratiche e procedure quotidiane sia formali che informali.

ESEMPI DI ITEM PER LA MISURA DEL CLIMA ORGANIZZATIVO:


1) Il mio capo mi informa regolarmente su quanto devo sapere per saper far bene il mio lavoro.
2) In questa organizzazione la competitività fra i reparti è incoraggiata.
3) Posso contare sull’aiuto dei miei compagni

Cultura organizzativa

In ogni organizzazione ci sono dei modi tipici di operare,.Questi modo tipici sono riassunti nelle frase: “ E’ il
modo in cui facciamo le cose da queste parti”. che potremmo ottenere il perché di alcune modalità osservate. E’
una risposta che segnala che una organizzazione non è caratterizzata solo da tratti tipici e distintivi ma anche da
anche da modalità tipiche di operare. Questi modo tipici di operare dipendono dalla cultura dell’organizzazione
Tre livelli della cultura delle organizzazioni di Schein:
1) GLI ARTEFATTI: sono tutto ciò che produce un’organizzazione, ad esempio la relazione che accompagna i
bilancio annuale , gli edifici che fisicamente contengono l’organizzazione , le modalità concrete facilmente
visibili a chi voglia osservare il comportamento dell’organizzazione. Il problema è che gli artefatti sono
facilmente visibili ma difficilmente interpretabili. In fatti descrivono cos’è un’organizzazione ma ci dicono poco
del perché sia così. A questo livello non possiamo elaborare delle interpretazioni.
2) I VALORI UFFICIALMENTE DICHIARATI DALL’ORGANIZZAZIONE COME FONDANTI DEL SUO
FUNZIONAMENTO: ci possono spiegare qualcosa in più sul perché degli artefatti. Essi possono essere
individuati osservando:
a) Le strategie :
b) Gli obiettivi: ufficialmente dichiarati come obiettivi che orientano l’attività
dell’organizzazione
c) Filosofie considerate come tipiche ( siamo molto attenti alle persone)
4) ASSUNTI TACITI CONDIVISI: per Scheine artefatti e valori dichiarati appaiono spesso in contrasto con
alcuni comportamenti reali messi in atto nelle organizzazioni. Ad esempio: possiamo trovarci in una
organizzazione che dichiara di essere attenta alle persone e poi scopriamo che le persone hanno difficoltà a
costruire i loro progetti di carriera per deficit di informazioni.

DEFINIZIONE DI CULTURA ORGANIZZATIVA DI SCHEINE 1984


E’ un insieme coerente di assunti fondamentali che un gruppo specifico ha inventato e sviluppato imparando ad
affrontare sia i problemi di adattamento esterno, sia di integrazione interna. Questo insieme di assunti
fondamentali scoperti da un dato gruppo nel corso della sua attività che hanno funzionato abbastanza bene da
essereconsiderati validi e perciò insegnabili a nuovi membri dell’organizzazione e rappresentano il modo
corretto di percepire, di pensare e sentire in relazione ai problemi dell’organizzazione. Consideriamo una
organizzazione che nasce che comincia a sviluppare per prove ed errori risposte ad ogni esigenza dell’ambiante.
Se utilizziamo la logica longitudinale osserviamo che alcuni tipi di risposta verranno automatizzate e che non
sarà necessario rifare ogni volta l’analisi del problema per richiamare la risposta che è stata associata,dai
successi precedenti ad un determinato tipo di esigenza ambientale. Si vede quindi che una parte dei motivi per
cui alcuni comportamenti vengono messi in atto da individui e gruppi è un “dato per scontato” che era visibile
nell’esperienza di quando il gruppo si è formato ma potrebbe non esserlo più oggi perché i comportamenti sono
stati automatizzati.

Differenze e similitudini clima e cultura

iI clima è l’atmosfera di una organizzazione , il modo in cui le persone si sentono mentre la cultura ci dice su
quali basi si è sedimentato il modo di funzionare tipico di un’organizzazione.
CLIMA E CULTURA SONO SIMILI E DIVERSI
PAYNE ( 2000) afferma che ci sono 6 dimensioni di base su cui confrontare clima e
cultura.
a) L’approccio: la cultura organizzativa ha un approccio molto attento al contesto mentre il clima organizzativo
si occupa soprattutto di classificare e di comparare
b) La prospettiva: quando ragioniamo in termini di cultura organizzativo ci mettiamo dalla prospettiva delle
persone dell’organizzazione mentre quando ragioniamo di clima organizzativo la prospettiva è quella del
ricercatore.
c) I metodi: la cultura organizzativa utilizza metodi quantitativi mentre il clima organizzativo utilizza metodi
quantitativi .
d) Il nodo centrale del problema : è nella cultura organizzativa arrivare agli assunti di base mentre per il clima
organizzativo è stimare il loro grado di consenso
e) La base teorica: La cultura organizzativa richiama le teorie del costruttivismo, dell’interazionismo simbolico
mentre per il clima organizzativo la base teorica più coerente è quella di Lewin che definisce il comportamento
individuale come risultato dell’interazione fra persona e ambiente.
f) Taglio: quello con cui si ragiona in termini di cultura organizzativa è di tipo antropologico mentre il taglio con
cui si affronta il clima organizzativo è di tipo psicologico.
Abbiamo visto concetti sui quali è importante e utile e a fare delle differenze.
Ci sono alcuni fattori che i portano alla differenziazione.

Fattori Differenziazione
a) Il clima è più modificabile della cultura .
b) Ci sono diversi metodi
c) Inoltre, mentre per il clima ci chiediamo come funzionano le cose, per la cultura ci chiediamo perché
funzionano in un certo modo.
4) Da una prospettiva micro del clima passiamo ad una prospettiva macro della cultura.
Fattori similitudine
a) Metodi i avvicinamento reciproco
b) Attenzione reciproca ( ma più dagli studiosi del clima verso la cultura cheviceversa)
c) Obiettivo comune: spiegare il comportamento umano nelle organizzazioni. Quindi bisogna considerare in
maniera integrata questi due concetti ( clima e cultura) seppur tenendo presenti le differenze.

Definizione di cultura organizzativa(vedi sopra)

VDL 17

Comunicazione di raccordo e interna

Comunicazione di raccordo
Usiamo una metafora per vedere come la comunicazione fra un reparto ( ol’organizzazione) e le singole persone
rappresenti un momento importante di una organizzazione.
Pensiamo ad una stazione ferroviaria ed a un modello aeroporto. La prima associazione è che le stazioni
ferroviarie sono caratterizzate da un viavai caotico di persone e da una certa sporcizia mentre gli aeroporti si
immaginano lindi e puliti. Quello che notiamo a prima vista delle stazioni e degli aeroporti da cosa deriva? Quali
sono le cause, a livello organizzativo, che determinano le differenze fra stazioni ferroviarie e
aeroporti? Le cause possono essere messe in relazione con la comunicazione.
Gli aeroporti hanno , a differenza delle stazioni:
1) Analisi preliminare della domanda e segmentazione : un aeroporto separa i flussi delle persone in arrivo
dai flussi delle persone in partenza; separa i voli nazionalidagli internazionali, se l’aeroporto è grande i voli
continentali sono separati da quelli intercontinentali. Gli utenti dell’aeroporto esprimono domande diverse e
queste domande sono trattate separatamente il che vuol dire SEGMENTARE LA DOMANDA.
2) Semplicità del percorso e perspicuità dell’offerta : grazie alla segmentazione possiamo costruire percorsi
diversi per le singole fasce di domanda che sono relativamente semplici e chiari per l’utente. L’uso è stato
semplificato in quanto mirato e specializzato per una fascia particolare di utenza; esso comporta una quantità di
operazioni relativamente ristretta e circoscritta. Quindi il percorso che mette in comunicazione l’utente col
servizio è stato studiato e reso semplice perché se ad esempio una persona è in arrivo segue il percorso che è
indicato e così se è in partenza.
3) Attivazione burocratica verso l’attivazione dell’utente: nella stazione ferroviaria vi sono altoparlanti e la
persona solitamente aspetta che arrivino le informazioni mentre in un aeroporto si usano forme attive di
informazione in quanto l’utente è invitato a cercare l’informazione perché normalmente è sempre disponibile. Se
lui sta seguendo un suo percorso sa che su quel percorso ci saranno le informazioni che gli sono necessarie senza
aspettarsi che qualcuno gliele offra. Nelle stazioni c’è un uso burocratico delle informazioni che comporta una
domanda da parte dell’utente ( che non sa se le informazioni saranno disponibili) mentre negli aeroporti c’è un
uso civile delle informazioni in quanto sono sempre disponibili sui percorsi dell’utente.
4) Riflessività: vuol dire essere in grado di vedere ciò che uno fa è corretto o pure no. Condizioni per la
riflessività: a) la prima è la ridondanza dell’informazione cioèripetere in modo regolare l’informazione affinché
possa controllare se la scelta fatta a monte sia adeguata all’informazione che riceve successivamente ( sono sulla
strada giusta o no?), b) la seconda condizione è che le regole siano semplici e comprensibili. La persona deve
capire quali regole di funzionamento per usufruire dei servizi e apprenderle abbastanza rapidamente. Con la
comunicazione di servizio bisogna dare alle persone tutte le informazioni necessarie ed inserirete in un
contesto il più possibile semplice ( in modo che esse siano autonome). Il confronto fra una stazione dei treni ed
un aeroporto dà una idea di comunicazione di raccordo anche se un è un po’ semplicistica in quanto ci sono
forme più complesse di comunicazioni di raccordo. Molte volte quando si entra in una organizzazione non
sappiamo esattamente dove andare ( nel caso dei viaggiatori aeroportuali è invece evidente) , ad esempio in un
ospedale potremmo non conoscere il nostro percorso e quindi il compito è più complesso di quello
dell’aeroporto. Ciò che la metafora ci fa comprendere è che nel rapporto fra servizio e utente bisogna cercare di
costruire in maniera preventiva i significati che orientano il sistema di comunicazione. Le organizzazioni non
sono luoghi di oggetti fisici e materiali ma sono luoghi in cui si costruiscono dei significati e ideali che le
persone comprendono per poter agire. Un sistema di comunicazione serve nella misura in cui è
in grado di orientare la costruzione di questo sistema di significati. Nel caso
dell’aeroporto è fatto dalle regole che lo governano. Il servizio funziona in maniera
efficiente ed efficace in quanto esprime una cultura , dei modelli che sono condivisi da
chi eroga il servizio e chi ne fruisce dall’altra parte. L’ esigenza di comprendersi è
predisposta dalla comunicazione dell’organizzazione.

Comunicazione interna
La comunicazione interna ha varie forme e scopi.
Scopi:
1) OMOLOGAZIONE
2) CONTROLLI DI TERZO ORDINE ( IDEOLOGIE, VALORI, MODELLI CULTURALI COMUNI..) :
manipolare le premesse decisionali
3) COORDINAMENTO: aiutare le persone a lavorare insieme.
4) INNOVAZIONE
Vediamo come possono essere raggiunti questi scopi usando la comunicazione.
Esempi:
a) La stampa a larga diffusione: le grandi organizzazioni hanno delle riviste interne che sono rivolte soprattuto
ai dipendenti ma alcune volte anche ai clienti ( ad es. la FIAT ha una rivista che si chiama “Illustrato FIAT” di
grande diffusione.) Questo è un modo di comunicare che è stato adottato anche dalla pubblica amministrazione
( anche aziende sanitarie) . Lo scopo di questa forma di comunicazione interna ( che potrebbe essere anche
effettuata con riunioni per farsi gli auguri in prossimità delle feste o con grandi riunioni come family day ) ha
l’obiettivo di stabilire coerenza, coesione ed identità . Si cerca di favorire l’identificazione del dipendente con
l’organizzazione. Esse sono comunicazioni non segmentate e non hanno al loro interno una particolare intensità
di formazione perché non approfondiscono i contenuti: sono dei rotocalchi. Il messaggio che viene mandato è
quello di un contratto psicologico che è rappresentato da uno scambio fra stabilità e permanenza offerte
dall’organizzazione e fedeltà da parte del lavoratore.
b) La stampa a bassa diffusione: la rassegna stampa. Se si lavora ad un certo livello l’azienda manda ogni
giorno o a scadenza settimanale , una rassegna di ciò che la stampa ha pubblicato il giorno prima o la settimana
prima ha pubblicato sull’azienda ( mercati, indice di gradimento etc. ). Questa è una forma di attenzione che
l’azienda rivolge ai suoi dirigenti ma è anche un atto anche interessato perché cerca di guidare il modo di fruire
dell’informazione esterna in modo da enfatizzare le notizie che maggiormente interessano l’azienda. Qui
abbiamo un sistema prevalentemente rivolto alla motivazione gerarchica cioè al far sentire alcune
persone privilegiate all’interno dell’organizzazione e quindi è una comunicazione segmentata il cui obiettivo è
gratificare ed unificare il gruppo dirigente. Il grado di informazione è maggiore. L’organizzazione offre
partecipazione e potere ai dirigenti che in cambio abbracciano la visione del mondo che ha l’organizzazione.
c) Convegni a tema: sono mirati alla motivazione professionale. Ad esempio un meeting in cui si parli di
argomenti specifici inerenti l’organizzazione.
d) Sistema integrato e-mail più sito web: è un sistema innovativo che mette in contatto virtuale diversi esperti.
Ad esempio nel caso di diagnosi vengono formate delle reti di comunicazioni virtuali fra diversi medici
specialisti. I referti vengono ricevuti via mail e analizzati dai singoli esperti che comunque possono discutere in
reti diagnosi e terapie. Il sistema è integrato fra informazioni interne ed esterne ed ha grandi potenzialità di
miglioramento di prestazioni in ambito organizzativo.Questo sistema possiamo chiamarlo “circolazione
dell’innovazione” . La segmentazione è quasi trasversale e non più verticale perché ci sono diverse competenze
su un unicocaso; L’organizzazione favorisce la creatività e l’innovatività anche a condizione di attenuare i
vincoli burocratici e utilizzando mezzi tecnologici. In sintesi abbiamo che si può interpretare la sequenza delle
diverse tipologie di comunicazione interna come una evoluzione, infatti si parte da quella più classica della
larga diffusione a quella innovativa che utilizza nuove tecnologie. Così passiamo a sistemi di governo e di
controllo a sistemi dove la finalità è quella di gestire delle risorse tecniche e professionali. Possiamo dire che
passando dal sistema base a quello dell’innovazione aumenta l’integrazione interno- esterno e in quest’ultimo
caso comunicazione interna ed esterna tendono ad intrecciarsi. Queste forme di comunicazione hanno anche lo
scopo di promuovere la motivazione verso l’organizzazione in modo da promuoverne lo sviluppo e la loro
evoluzione può essere messa in relazione con la trasformazione da organizzazioni funzionali ad organizzazioni a
matrice o a rete.

VDL 18

Cambiamento all’interno delle organizzazioni e approcci

La prima cosa da tener presente come psicologi è che il cambiamento è una condizione
normale degli organismi viventi. “l’unica condizione di non cambiamento è la morte” per un organismo vivente,
oltre che per un biologo anche per uno studioso delcomportamento. Per gli studiosi del comportamento si è
arrivati, al contrario, ad affermare che è la stabilità a dover essere spiegata e quindi la psicologia si propone di
illustrare i motivi per cui una persona attraversi periodi di stabilità e non di cambiamento . Questo perché è la
stabilità e non il cambiamento a costituire un elemento non “naturale”. Tuttavia si sente parlare spesso di
RESISTENZA AL CAMBIAMENTO tutte le volte individui e gruppi sembrano recalcitranti a nuove
modalità di lavoro , procedure, sistemi di ricompensa e si sottolinea il contrasto con quello che abbiamo prima
affermato. Ci si chiede quindi chi abbia ragione: i lavoratori che resistono ai cambiamenti o gli studiosi che lo
considerano uno stato naturale?
Questa è una sfida intellettuale che ci obbliga ad una analisi per punti:
1) Ogni tipo di cambiamento rappresenta un rischio , un pericolo potenziale per gli equilibri preesistenti. Un
gruppo di lavoro, un ufficio, un’organizzazione operano sostanzialmente, in un momento dato, avendo raggiunto
un equilibrio dinamico per il quale ogni cambiamento è un rischio o un pericolo potenziale. Questa affermazione
ci proviene dallo studio del comportamento sociale.
2) Ogni cambiamento rappresenta una opportunità, una occasione di apprendimento per gli individui e gruppi
coinvolti: ogni cambiamento introduce nuove modalità di interpretazione delle situazioni, stimola il mettere in
campo nuove competenze che non posseggono o che non credono di possedere e in questo modo costituisce la
base per lo sviluppo di esse. Possiamo sostenere che in assenza di cambiamenti, ad esempio di procedure, viene
a mancare la possibilità di sviluppare nuove capacità e competenze pure se la situazione precedente si potesse
configurare di equilibrio. Quindi la messa in discussione di un equilibrio, ad esempio fra ciò che una persona
sa e ciò che sa fare, da un lato e ciò che gli viene richiesto, dall’altro può essere una situazione problematica per
la persona ( ansia), può essere percepita come un pericolo e problematica per l’organizzazione che chiede
prestazioni ad una persona che non è certa che abbia le competenze necessarie.
Quindi bisogna considerare come normalmente fisiologica la doppia natura del cambiamento ( rischio,
opportunità) .
Esempi di cambiamento in un’organizzazione: Cambiamento procedure di lavoro, nuove funzioni organizzative,
apertura di nuovi canali di comunicazione.

Scenario del cambiamento e modelli

1) Modello della decisione razionale: e’ contraddistinto dall’idea che affrontare il cambiamento significa saper
fare una descrizione analitica del problema, essere in grado di cogliere gli aspetti di programmazione per
affrontare il cambiamento, predisporne I piani nel modo piu’ razionale e attuarlo. Elementi:
a)e’ un modello Top down
b)dentro un’organizz. Questo cambiamento e’ responsabilita’ del manager
c)sono fondamentali le tecnologie per la decisione
d)in questo approccio esiste un one best way: un modo migliore possibile di prendere la decisione
2) Modello dell’azione pianificata: esempi soono
a) la Action Research di Kurt Lewin , ricerca e intervento sono strettamente legati perche’ la componente action
rappresentta la tensione verso la modificazione concreta dell’azione. Ricerca che porta a una diagnosi attendibile
della situazione al fine di modificare le azioni da svolgere per ottenere gli obiettivi pianificati. SI pianifica
un’azione, si progetta un cambiamenteo concreto e lo si fa su una base di ricerca applicata le risorse in essa
presenti e si valutano gli effetti che l’azione introduce man mano nella situazione sociale concreta che vogliamo
modificare. Gli attori sono la dirigenza organizzativa che ha la maggior parte delle responsabilità) quando La
dirigenza non funziona o è assente questo tipo di ricerca pianificata ha poche possibilità di concretizzarsi e,
differenza del caso precedente, individui e gruppi coinvolti nel cambiamento. Un terzo attore è l’agente di
cambiamento , cioè colui che aiuta a cristallizzare la situazione e aiuta un gruppo sociale capace di apprendere
dal modo stesso in cui si attua il cambiamento , dai feedback rappresentati dai dati del cambiamento riorienta la
sua azione acquisendo consapevolezza , migliorando consapevolezza della situazione e migliorando la capacità
di intervento sulla situazione ( learning community). In questo modello viene particolarmente sottolineata
l’attività dell’agente di cambiamento che funziona da facilitatore per far sì che che individui e gruppi possano
più facilmente gestire gli aspetti di ricerca e di intervento che questa prospettiva richiede. L’agente di
cambiamento non è necessariamente un consulente esterno né un alto dirigente ma può anche essere un interno
in grado di mobilitare le risorse per la ricerca-azione.
Le 3 Fasi del cambiamento ( adattato da Kurt Lewin e successivamente E.Schein)
FASE 1 SCONGELAMENTO ogni equilibrio è in qualche maniera anche una situazione che si è stabilizzata
momento per momento. Questo vuol dire che bisogna convincere le persone coinvolte che senza un
cambiamento non si otterranno risultati buoni come prima ( senza disconfermare l’equilibrio attuale e i
comportamenti che vi sono collegati non è possibile mettere in moto il cambiamento).
In questa fase c’è bisogno di creare sicurezza: un individuo o un gruppo, di fronte ad una o più disconferme deve
pensare di avere le risorse per affrontare il cambiamento e quindi c’è bisogno che gli venga creata sicurezza. Se
questa fase funziona ci troviamo di fronte ad un individuo e ad un gruppo che sono disposti a cambiare anche se
vedono il cambiamento come una sfida, un rischio e un pericolo che però sono ingrado di affrontare. Se
questafase è andata a buon fine si passa alla fase 2.
FASE 2 CAMBIAMENTO VERO E PROPRIO:ci si misura col cambiamento e secondo Schein ci sono 2 aspetti
importanti : a) offrire a chi è coinvolto un modello di ruolo ( no istruzioni comportamentali da seguire ma
possibilità di vedere chi ha già sperimentato cambiamenti analoghi e quindi di poter ricavare degli apprendimenti
nel modo in cui possono essere affrontati prima di affrontarli o mentre ci si attrezza per
farlo. b) una grande facilitazione proviene dalla possibilità per le persone di poter esplorare pro-attivamente
l’ambiente ( possano cercare informazioni, anticipare i problemi, non semplicemente reagire ai cambiamenti
come nel caso del modello top-down ma anche contribuire attivamente negoziando le modalità del
cambiamento.)
FASE 3 RICONGELAMENTO: quando fase 1 e 2 sono andate a buon fine bisogna stabilizzare il cambiamento.
Se l’equilibrio è di tipo dinamico e se vogliamo che l’azione sociale pianificata abbia possibilità di integrarsi in
modo abituale di operare dell’individuo e del gruppo dobbiamo operare il ricongelamento. Quindi bisogna
integrare le nuove abilità e conoscenze , i nuovi layout fisici nell’assetto psicosociale del cliente ( colui che ha
affrontato il cambiamento). Questo non basta perché, come cambiamenti organizzativi concreti mostrano, anche
se un individuo o un gruppo ha affrontato e superato le 3 fasi questo non vale per i suoi partner di ruolo che non
sono consapevoli dei cambiamenti dei loro colleghi. Quindi bisogna raccontare e descrivere anche a loro che si
trovano ad interagire con chi ha fatto parte del processo di cambiamento.
b) La prospettiva OD ( sviluppo organizzativo)
In che cosa è diversa dalla Action Research? Gli attori sono la dirigenza organizzativa e l’agente di
cambiamento. C’è un sistema di ricompense per chi accetta il cambiamento. Chi ne è coinvolto nn interagisce
pro-attivamente e quindi non c’è una negoziazione con l’organizzazione.
3) Modello del Cambiamento continuo ( il più attuale, è un modello senza piani): esso è basato sull’assunto
che ogni cambiamento è per sua natura imprevedibile ed è quindi difficile pianificarlo. Quindi è in sostanza un
processo continuo. Bisogna anche considerare che in condizioni reali ci sono attori con interessi diversi,
conoscenze imperfette ed azioni ridotte e la possibilità di pianificare è messa in discussione
anche da questo. Il cambiamento è un processo pragmatico che si svolge per prove ed errori e il suo successo
dipende poco dai piani formulati ma molto dalla capacità di comprende realtà mutevoli e ambigue. Qui di questo
tipo di approccio è contingente e di tipo BOTTOM-UP ( opposto del tipo top down ed anche di quello
pianificato).

Consulenza al cambiamento e approcci

Consulenza psicosociale nelle oorganizzazioni


Consulenza può significare:
- Fornire informazione
- Diagnosticare problemi
- Addestrare altri a prendere decisioni
- Fornire informazioniù
- Aiutare ad eseguire decisioni difficili o impopolari
- Attivare ( o sbloccare) flussi informativi
- Fornire sostegno emozionale a chi deve decidere e potremmo continuare ancora con altre caratteristiche.
Queste attività sono accomunate dall’aiuto in situazioni problematiche.

MODELLI DI Schein DI APPROCCIO PER FARE CONSULENZE ( su un continuum)


1) Modello consulenza per informazioni( il consulente dà informazioni, di solito specialistiche) : è adatto se il
cliente ( individuale o collettivo) ha già eseguito la diagnosi corretta e quindi sa da chi andare a cercare
l’informazione specialistica . C’è bisogno che il consulente possieda le capacità adatte. Il cliente può comunicare
bene il problema e ne accetta le conseguenze. Il cliente deve saper scegliere lo specialista
2)Modello medico-paziente: è adatto se il cliente considera le diagnosi utili per sé , che abbia interpretato bene i
sintomi, che non occulti o esageri i dati dell situazione e sappia abbastanza interpretare la diagnosi. ( non sempre
ci sono queste condizioni). Il cliente porta dei sintomi e li consegna al consulente un po’ come si consegna uno
stato di benessere o malessere a un medico, ne riceve una diagnosi e il sostegno funziona se il paziente segue le
indicazioni del medico.
3) Modello della consulenza di processo: é adatto se il cliente prova disagio ma non sa come affrontarlo, non
sa quale consulenza sia più adatta, può apprendere dalla diagnosi e ( come mostra la ricerca) ha obiettivi e valori
che il consulente può accettare. Questo tipo di consulenza è diverso dagli altri due in cuiil consulente è direttivo
mentre in questo ha la funzione di facilitatore che spiega come fare e non cosa fare. Gli obiettivi e i valori sono
diversi perché il consulente non dovrebbe facilitare un processo che ha finalità etiche diverse dalle sue. Ad
esempio una consulente che ritenga che gli OGM sono la salvezza per il nostropianeta non potrebbe mai fare
consulenze ad una organizzazione come Grenpeace.

VDL 19

Sviluppo organizzativo(O.D)

un intervento a vasto raggio per migliorare i processi di soluzione e di rinnovamento di un’organizzazione


attraverso il controllo più efficace e collaborativo della cultura dell’organizzazione ( Bell e French 1976).
Questa definizione sottolinea l’importanza di migliorare i processi organizzativi attraverso diversi attori ( il che
mette in evidenza la dimensione collaborativa ) e l’utilizzazione della cultura organizzativa già esistente. Sono
quindi importanti i diversi gruppi di lavoro ( formali) con l’intervento di un agente di cambiamento ( che è una
igura professionale specifica) che funge da catalizzatore del processo di cambiamento. Bennis ( 1972) è stato un
padre fondatore di questo movimento e insiste sul fatto che lo sviluppo amministrativo è una risposta adattiva
all’istanza dicambiamento ( proveniente anche da richieste esterne) che si ottiene con una strategia educativa
tesa a modificare gli orientamenti di fondo, gli atteggiamenti, le convinzioni delle persone e dei gruppi

Elenchiamo le teorie che sono alla base dello sviluppo organizzativo. Lo sviluppo organizzativo si appoggia ad
una serie di metodi per migliorarel’adattamento esterno e l’integrazione interna di una organizzazione . Essi si
appoggiano ai seguenti postulati che:
1) il cambiamento é generato in modo che tutti gli appartenenti all’organizzazione partecipino attivamente allo
sviluppo e al miglioramento. L’elemento chiave è la partecipazione che deve essere attivata.
2) Si presuppone una grande fiducia negli individui e nella loro grande capacità di assumersi delle responsabilità
e di contribuire al successo delle organizzazioni : alla base vi è ancora l’implicazione diretta dei membri
dell’organizzazione ed una visione del mondo, di interpretare le caratteristiche dei soggetti implicati che
sono: la fiducia, la responsabilità e la capacità di prendersi in carico il processo di sviluppo organizzativo.
3) I gruppi costituenti l’organizzazione costituiscono un importante strumento per lo sviluppo degli individui e
dell’organizzazione: questo postulato mette in evidenza la dimensione grippale che è uno snodo fondamentale
per intervenire nelle politiche di sviluppo organizzativo. L’azione di sviluppo può essere svolta a livello
organizzativo ( quindi sulla ridefinizione di piani organizzativi , della suddivisione del lavoro,) ,
può avvenire a livello individuale ( con lo sviluppo di nuove competenze e abilità) ma le attività di sviluppo
organizzativo contano molto sul livello intermedio che è quello dei gruppi che possono maturare processi di
cresca e di sviluppo che avranno riflessi sia sul piano individuale che su quello organizzativo.
!Si vede da questi postulati che lo sviluppo è visto come un insieme di processi che partono dal basso attraverso
la partecipazione e la collaborazione di tutti gli attori sociali. Le attività di cambiamento non sono imposte
dall’alto delle politiche aziendali secondo il metodo top -down

Elementi che favoriscono lo sviluppo organizzativo (Ricerca-Azione)

Questi metodi possono essere suddivisi in 3 grandi aree


1) CENTRATI SULL’ORGANIZZAZIONE: a) indagine con feedback . I dati sono discussi dagli interessati per
elaborare interpretazioni e piani di azione. La ricerca azione prevede delle fasi di diagnosi e raccolta dati che
hanno come scopo quello di coinvolgere i diretti interessati. Questo è un esempio di come concretamente
questo si realizza : i coinvolti partecipano alla comprensione del senso , alla elaborazione ed interpretazione dei
dati e offrono dei feedback ( informazioni di ritorno) sulla base dei quali vengono costruiti dei piani di azione.
b) Centrato sull’elaborazione diretta degli interessati: consiste nella discussione di diversi punti di vista
sull’organizzazione: elaborazione individuale discussione in gruppi e condivisione di piani di intervento.
c) Metodo dell’organizzazione parallela: formazione di gruppi temporanei , esterni alla organizzazione formale,
per la discussione e di soluzioni organizzative originali e innovative. Questa metodologia ha come caratteristica
la formazione di gruppi non gerarchicamente delineati ( che non devono rispondere a superiori e dirigenti) .
2) CENTRATI SUI GRUPPI:
a) Armonizzazione dell’equipe: si tratta di raccolta ed analisi di dati a cura del gruppo ed elaborazione di
interventi pianificati per migliorare la collaborazione interne e l’efficacia.. Armonizzazione del gruppo vuol dire
creare un clima di gruppo, metodi di lavoro, formulazione di obiettivi comuni che permettono al gruppo di
crescere e proporre all’organizzazioni soluzioni in modo continuo.
b) Consulenza sul funzionamento del gruppo: attività diretta da un consulente esterno di team building che
permette al gruppo di crescere, di individuare le criticità e di cercare di superarle . Anche in questo caso vi è
procedura di analisi di dinamiche del gruppo ( processi interni al gruppo come modalità di comunicazione) .
c) Armonizzazione funzionale fra gruppi ( parallela alla metodologia b)) : è un metodo simile al precedente che
si occupa della relazione intergruppo e quindi è finalizzata al miglioramento delle relazioni e prestazioni tra
diversi gruppi di un’organizzazione. ( relazioni fra gruppi professionali, fra reparti, fra gruppi
organizzativi). L’analisi e l’intervento di chi attua questo metodo è finalizzato a migliorare il clima, la
comunicazione fra gruppi e la modalità di leadership .
3) CENTRATI SUGLI INDIVIDUI:
a) Negoziazione di ruolo: favorire un chiarimento tra individuo e organizzazione circa le aspettative reciproche.
qui depriviamo una serie di metodologie che riguardano il rapporto fra l’organizzazione e i suoi membri visti
singolarmente . L’organizzazione offre sviluppo, benefici miglioramento etc e individuo che offre motivazione,
implicazione e senso di appartenenza.
b) Ridefinizione della posizione: adeguamento progressivo e permanente dei bisogni e delle competenze
individuali alle caratteristiche del compito.
c) Elaborazione di piani di carriera: riguardano l’individuazione degli obiettivi professionali degli individui , la
costruzione di piani di sviluppo delle competenze , la pianificazione della carriera.
Tre fasi: scongelamento, azione, ricongelamento

Fondamenti della ricerca-azione

PRINCIPI DELLA RICERCA AZIONE


-Metodo fondato sulla diagnosi organizzativa e sulla risoluzione dei problemi grazie alla partecipazione dei
membri: in questa prima definizioni si individua un metodo ( ossia un apparato che utilizza alcuni strumenti e
soluzioni di processi), una diagnosi ( ossia un’osservazione sistematica di ricerca-azione sulla realtà), vi è una
componente di risoluzione di problemi ( quindi di intervento) e una partecipazione dei membri ( vipossonoessere
attività di ricerca- azione che non richiedono partecipazione dei membri ma se non vi è partecipazione attiva dei
membri sia nelle fasi della ricerca che in quella dell’azione non siamo nel campo dello sviluppo organizzativo
ma in altriambiti di processo di cambiamento organizzativo indotto).
DEFINIZIONE DI RICERCA-AZIONE Processo di raccolta di dati relativi ad un sistema in continuo
cambiamento , prevede l’individuazione e l’applicazione della soluzione con il diretto coinvolgimento degli
interessati. Quindi abbiamo:
a) Raccolta di dati per l’indagine che porta ad una diagnosi. Il termine ricerca è inteso in senso ampio perché la
possiamo intendere condotta con questionari ,osservazione diretta di comportamenti, analisi d’archivio.
b) Individuazione e applicazione di soluzioni: questo è l’elemento di azione. Peculiare è l’interazione fra le fasi
di indagine e quelle di azione. Gli elementi informativi devono interagire con delle ipotesi di azione che
permettono poi di rielaborare nuove fasi di osservazione.
c) Coinvolgimento diretto degli interessati: esistono degli strumenti che permettono questa implicazione diretta,
non sempre facile, degli interessati.

PECULIARITA' E TRATTI CARATTERISTICI DELLA RICERCA-AZIONE


APPROCCIO METODOLOGICO
Approccio lontano da quello neopositivista . C’è una componente di osservazione legata ai processi di azione ,
non vi sia un intento metodologico di ricerca di conferma o falsificazione di ipotesi e non vi sia l’intento di
verifica di modelli precostituiti che cercano di interpretare la situazione ricercando un nesso fra causa ed effetto
MIRA ALLA GENERAZIONE DI TEORIE E NON ALLA FALSIFICAZIONE DI
IPOTESI Come detto prima l’obiettivo è una attività di ricerca che stimola la generazione di ipotesi che
permettono di elaborare nuovi modelli interpretativi della realtàorganizzativa. generativi

VDL 22

Formazione. Ruolo all’interno delle organizzazioni

La formazione dei membri di un’organizzazione può essere considerata un potente elemento di sviluppo
individuale e organizzativo.
Possiamo considerare almeno 4 differenti azioni che la formazione esercita
1) Formazione come specializzazione: in questa accezione la formazione riveste il ruolo più tradizionale:
quello di migliorare le capacitàprofessionali degli individui ( ad esempio nel caso di aggiornamento continuo, di
riconversione o di affinamento delle competenze per svolgere al meglio i compiti affidati). I nuovi immessi
apprendono gli elementi fondamentali per svolgere ilproprio lavoro, oppure soggetti già appartenenti possono
potenziare il loro patrimonio acquisendo nuovi saperi o migliorare le loro pratiche professionali per svolgere al
meglio i propri compiti ( anche acquisendo competenze su nuove tecnologie che si evolvono rapidamente)
2) La formazione come strumento di socializzazione:si acquisiscono conoscenze relative al funzionamento
dell’organizzazione, alle norme e valoriorganizzativi. Questa funzione è meno evidente ma è chiaro che
attraverso i processi di formazione le organizzazioni puntano al fatto che i membri acquisiscano gli elementi alla
base della convivenza nella collettività. Si tratta di apprendere le norme collettive di gruppo e di funzionamento
dell’organizzazione ed i valori fondanti dell’organizzazione. Questo tipo di formazione le troviamo nelle
iniziative che favoriscono l’ingresso dei nuovi membri, infatti vengono organizzati dei percorsi professionali che
oltre che costruire o affinare le competenze relative alaparticolare professione, insegnano le norme e i valori
sopra citati.

3) La formazione coem costruzione di pratiche: si apprendono stili di comportamento valorizzati, aspettative


di ruolo, saperi organizzativi. In questo caso si entra più nel merito della vita professionale dei gruppi di lavoro.
Attraversoi processi formativi si acquisiscono delle routine che sono dei modelli di comportamento nei riguardi
di individui e gruppi. L’aspetto peculiare di questo tipo di formazione è che si può esercitare non
necessariamente in aule Quando si parla di questo tipo di formazione si parla di apprendimento che avviene
nell’esecuzione stessa dei compiti lavorativi ed è attraverso questa partecipazione attiva che i membri
dell’organizzazione ( soprattutto i nuovi) , acquisiscono le pratiche professionali , le migliorano e le affinano
attraverso colleghi superiori o di pari livello che hanno dovuto affrontare diverse situazioni critiche nello
svolgimento dei loro compiti
4) LA formazione come strumento di crescita: si costruiscono competenze pregiate ed esclusive che
favoriscono lo sviluppo di carriera e l’innovazione organizzativa. Qui si prendono in esame gli effetti delle
attività formative. La formazione diventa una risorsa per l’individuo che attraverso di essa costruisce
competenze esclusive che può trasportare anche in altri ambiti in casodi mobilità. Ma soprattutto la formazione
diventa elemento strettamente ancorato con l’evoluzione i percorsi di carriera e quindi anche con la crescita
dell’individuo sia in senso professionale che individuale ( senso di responsabilità , autonomia)E’ importante far
marciare insieme gli elementi di sviluppo di crescita professionale e quelli di crescita organizzativa. L’armonia
fra questi 2 elementi fa sì che lo sviluppo
venga portato a termine con successo.

Apprendimento organizzativo

Rappresenta uno degli sviluppi più recenti in ambito formativo nelle organizzazione e ci consente di legare il
problema della formazione a quello dello sviluppo organizzativo.
Apprendimetno organizzativo: sviluppi recenti hanno posto l’accento sulle risorse collettive e quindi sulle
competenze e le conoscenze che non riguardano più isingoli individui ma vengono sedimentati nella storia
dell’organizzazione e che quindi le appartengono. L’apprendimento organizzativo è un processo di acquisizione
econservazione dei saperi professionali a livello organizzativo. Ogni organizzazione hadegli elementi peculiari e
competenze specifiche che fanno sì che essa possa svilupparsi e produrre prodotti e servizi appetibili sulla base
di saperi specificidell’organizzazione stessa.
FONTI DI ACQUISIZIONE
1) Imitazione di altri modelli organizzativi : assimilazione e confronto con esperienze di organizzazioni che
vivono esperienze simili.
2) Esperienza e pratica professionale: quello che gli individui effettivamente fanno all’interno dello specifico
contesto organizzativo. Quindi è fondamentale la partecipazione ad attivvita’ professionali ; quindi quando si
mettono in relazione formazione e sviluppo organizzativo si considerano ambienti altamente contestualizzati ( le
competenze non possono essere isolate dalle condizioni sociali di produzione) .
Quindi quando si parla di apprendimento organizzativo si privilegia la Formazione on the job: Apprendere le
procedure e non dalle conoscenze, si apprende dalle pratiche e non dalle teorie.
Questo vuol dire sperimentare sul campo , mettere in pratica teorie. Il processo formativo è informale e riferito a
gruppi e comunità e quindi implica una partecipazione attiva ( forte riferimento all’ambiente socio-professionale
di appartenenza)

VDL 23

Gestione delle carriere/career manager


E’ una strategia di intervento per regolare l’evoluzione delle posizioni amminsitrative dei membri. Gestire le
carrieri vuol dire regolare le politiche di crescita professionale degli individui quindi gli avanzament di livello, la
mobilita’ ascendente su posizioni sempre piu’ ricche . Bisogna trovare un nesso fra la traiettoria ascendente della
carriera di una persona e lo sviluppo orgnaizzativo:
Dobbiamo inetgrare la gestione delle carriere con altre funzioni organizzative. La gestione si integra con:
a) Strategie di sviluppo: per prima cosa si definiscono obiettivi strategici; la promozione (avanzamento) delle
persone, deve andare di pari passo con l’avanzamento dell’organizzazione. Si promuovono quei ruoli
organizzativi che sonofondamentali per l’evoluzione organizzativa ( apertura di nuovi mercati, nuovi
servizi produzione di nuovi prodotti..etc) .
b) Valutazione del personale: lo sviluppo di carriera deve andare di pari passo con un sistema di valutazione del
personale a partire da:
1) selezione del personale
2) valutazione delle prestazioni
3) valutazione del potenziale
c) il bilancio delle competenze E’ importante sottolineare che gestire le carriere vuol dire valorizzare le
differenze: premiare alcuni soggetti perché particolarmente dotati di abilità e competenze. Per poter avere un
sistema di gestione funzionante e trasparente e riconosciuto delle carriere bisogna avere un sistema di
valutazione considerato pertinente e riconosciuto dal personale. Si parte dalla selezione per passare alla
valutazione delle prestazioni per valutare efficienza ed efficacia della attività lavorativa.
In sintesi una buona gestione delle carriere che favorisca lo sviluppo organizzativo deve essere ancorata ad uno
sviluppo organizzativo. Laddove si percepiscono avanzamenti ritenuti iniqui si sviluppano sentimenti di
deprivazione relativa è dimostrato che si accelerano meccanismi di disinvestimento con uscita psicologica
dall’organizzazione con demotivazione e minore implicazione
d) Sviluppo delle competenze: La gestione delle carriere si ancora allo sviluppo organizzativo in termini di
tattiche di socializzazione e politiche formative. Questo significa che già nelle fasi di primo ingresso
l’organizzazione matura capace disviluppare sviluppo deve essere capace di prevedere i destini di carriera dei
nuovi arrivati.
e) Articolazione dei ruoli organizzativi: gestire carriere vuol dire anche prevedere i processi di divisione
interna del lavoro , definire il quadro organizzativo, il job design ( come viene suddiviso e articolato il ciclo
produttivo ell’organizzazione con articolazione dei ruol, delle funzioni, relazioni fra diversi settori organizzativi)
. L’attività di gestione delle carriere non è di tipo tecnocratico. La gestione delle carriere rientra nell’attività di
management organizzativo ma è fondamentale rivelare l’importanza psicologica e psicosociale che ha la
gestione delle carriere per gli individui e l’organizzazione. Bisogna valutare in modo preciso la sensibilità che la
gestione delle carriere può attivare negli individui. Sappiamo che attraverso il career management definiamo non
solo un livello gerarchico ma una serie di entità rilevanti:
1) Aumento la responsabilità: carico decisionale
2) Aumenta il grado di autonomia : indipendenza operativa rispetto alle gerarchie e alle forme di controllo
dell’organizzazione.
3) Aumentano i benefici materiali come stipendio ed altri benefici collaterali
4) Migliora la qualità del lavoro.
5) Miglioramento della computezza della prestazione del lavoro e quindi la qualità complessiva nella quale è
compreso anche un aumento della consapevolezza del
senso del compito
6) Aumentano le competenze richieste e quindi il grado di risorse che l’individuo deveinvestire.
7) Aumenta un carico generale psicologico di implicazione che ha potenziali effettisulo stress
L’insieme di questi fattori fa sì che il career management abbia significati psicologici per l’individuo e
psicosociali delle organizzazioni che gestiscono il personale.
CONSEGUENZE DI UNA BUONA GESTIONE DELLO SVILUPPO DI CARRIERA:
!) Il career management può avere ripercussioni sul alcuni fattori motivazionali come il grado di implicazione
organizzativa che porta ad una disponibilità di investimento professionale. Una buona gestione delle carriere può
far sì che le persone implicate nei processi siano più motivati ( ad esempio dedichino più tempo al lavoro);
viceversa laddove non ci sia un sistema di gestione delle carriere equo, condiviso e trasparente
si possono verificare verificare implicazioni negative sul piano motivazionale e quindi si alimentino tutta una
serie di comportamenti di uscita, anche psicologica, dall’organizzazione.
2) La gestione delle carriere può intervenire sul senso di appartenenza all’organizzazione che riguarda un
sentimento di cittadinanza organizzativa, fedeltà, legame affettivo con l’organizzazione. Solitamente al crescere
della responsabilità e della autonomia ( centralità all’interno dell’organizzazione), questi fattori crescono.
3) La gestione delle carriere ha delle implicazioni sul benessere individuale e quindi
anche sul benessere lavorativo, sul senso di realizzazione professionale, sullo stress lavorativo. Se la gestione
delle carriere non viene effettuata secondo i parametri che abbiamo visto si possono generare disaffezione e
disinvestimento nella attività lavorativa che possono sfociare in uno stato di malessere individuale come
conseguenza di un mancato avanzamento di carriera o di iniquità organizzativa.
4) La gestione delle carriere ha effetti sullo sviluppo individuale ( investimento soggettivo) in quanto porta ad un
arricchimento in termini di competenze, capacità innovativa, di contributi all’organizzazione e un aumento di
disponibilità al cambiamento.. Se la gestione delle carriere non è adeguata si genera disinvestimento anche a
livello di apporto individuale.

Quali sono I principi di Gestione organizzativa delle carriere.

Esistono numerosi lavori che in dettaglio mostrano diverse teorie di gestione. Noi ci soffermiamo su un autore
che si chiama Edgar Schein (?) che ha messo in evidenza una serie di aspetti per descrivere la gestione delle
carriere:
1) Pluralità di possibili percorsi di carriera ( i percorsi evolutivi non sono solo di tipo ascendente) :
a) Verticale: è il più noto. si tratta di incremento di posizioni gerarchiche nell’organizzazione. Man mano si
assumono posizioni gerarchiche sempre più elevate con maggiori responsabilità ed autonomia e soggette a meno
controllo ( viceversa aumenta il loro potere di controllo sugli altri).
b) Radiale: incremento o decremento della propria centralità nell’organizzazione. Esaminando la storia di alcuni
individui nell’organizzazione che pur restando nel medesimo livello gerarchico organizzativo, acquisiscono
maggiore centralità organizzativa con il passare del tempo in termini di prestigio personale, con l’accumulare
una reputazione organizzativa elevata , ne costruire un sistema di relazioni che faccia sì che aumenti il potere di
influenza di decisioni sui colleghi. In questo caso la carriera non è di tipo formale ma avviene per aumento della
centralità e del potere dell’individuo all’interno dell’organizzazione.
c) Circonflesso: riguarda un movimento da un reparto ad un altro e rappresenta un passaggio di carriera
orizzontale accompagnato da modifiche nelle responsabilità e nel potere del dipendente. Anche qui non c’è una
ascesa delle posizioni di potere. L’aspetto principale della carriera circonflessa è che chi fa questo percorso gioca
diversi tipi di competenze. Fare carriera di questo tipo vuol dire costruire un patrimonio di competenze molto
articolato e ciò significa in quanto la persona ha molteplici esperienze in diversi settori. Essa , dunque, ha un
percorso di carriera che si esprime in arricchimento delle competenze. Questo tipo di carriera è da tenere in
considerazione da chi si occupa di gestione delle carriere e da chi studia scientificamente i percorsi di carriera. Il
career management , in questo caso, si deve occupare dei percorsi orizzontali che portino ad un arricchimento
delle competenze e delle fasi di formazioni che sono necessarie per la transizione da un reparto all’altro. Implica
anche una certa disposizione individuale a essere flessibile.

Sviluppo radiale e circonflesso (vedi sopra)

VDL 24

Counselling, tutoring e coaching

Counselling
pratica organizzativa rivolta perlopiù a singoli individui che affrontano peculiari fasi della carriera. Si basa su un
rapporto a due : un counselor ed un soggetto che deve fronteggiare alcuni importanti passaggi
nell’organizzazione. Le attività di counseling si sviluppano all’interno di organizzazioni di grandi dimensioni
che possiedono reparti atti al supporto , alla gestione dellecarriere e alle risorse umane. L’attività di counseling
rientra fra quelle di talking therapy ( basate sulla parola anche se il counseling organizzativo è centrato su aspetti
particolari) che nel caso organizzativo sono tutte quelle attività che:
- sono centrate s specifici problemi di carriera: gestione della carriera individuale all’interno dell’organizzazione
- hanno un forte riferimento con il contesto organizzativo. C’è un tentativo di delimitare il campo di azione di
aiuto anche se non è facile perché è inevitabile che questa azione tocchi sfere diverse da quelle organizzative ( ad
esempio familiari).
Aree di intervento:
- caso di profonda indecisione individuale fra varie opportunità di carriera : individuo di fronte a processi di
scelta.
- necessità di affrontare in alcune fasi di carriera: Ad esempio le fasi della carriera matura in cui c’è bisogno di
rimotivare la persona psicologicamente.(stabilizzazione)
- favorire percorsi per facilitare l’uscita dall’organizzazione: attività di outplacing che cercano di guidare ed
attenuare l’impatto negativo che può avere l’uscita sia in caso di riduzione del personale che n casi di
pensionamento
- fasi critiche nelle situazione di lavoro: ad esempio conflitti all’interno dell’organizzazione, potenziali conflitti
interpersonali
- Eventuali deterioramenti fra sfera lavorativa e altre sfere di vita: tocca anche sfere al di fuori della sfera
lavorativa. ( ad esempio conflittI familiari legati alleesperienze di lavoro).
L’area è molto ampia ed è anche legata a molte tipologie di intervento terapeutico, anche quelle di carattere
clinico. L’intervento organizzativo apre anche a sfere intime del soggetto, infatti alcune di esse non sosto
strettamente collegate ai processi produttivi. L’esistenza di questo tipo di intervento denota una maturità
organizzativa in quanto quelle che le attivano si fanno carico, in questo modo, di un elemento di responsabilità
sociale ( ad esempio occuparsi del lavoratore anziano o di problemi familiari)

Tutoring
serie articolata di attività organizzative con finalità formative rivolte in particolare ai nuovi membri . Qui
l’attenzione si sposta su attività formative esercitate attraverso l’affiancamento La famiglia della attività di
tutoring si inquadra come modalità di relazione privilegiata fra un esperto e un novizio per la trasmissione di
saperi pratici e competenze mediante l’esperienza. Questa attività si basa sulla formazione attraverso
l’affiancamento e la pratica diretta e attraverso l’acquisizione da parte di un novizio di competenze e conoscenze
attraverso l’osservazione o una serie di feedback che gli vengono offerti da un collega esperto. L’apprendimento
non avviene attraverso la lezione ma:
- attraverso l’acquisizione di modelli di azione : l’esperto che mostra al novizio come agire
- far riflettere sui risultati ottenuti : quindi attraverso una serie di informazioni di ritorno circa l’attività del
neofita
- dare consapevolezza sui modi di agire

Coaching
la relazione fra esperto e novizio è di carattere gerarchico e centrata sulla acquisizione di capacità e competenze .
Il coach ha un mandato dell’organizzazione di allenare alcuni nuovi membri in un determinato corso di sviluppo.
Il coach svolge monitoraggio e attività di feedback sulle azioni organizzative.

Pratiche organizzative(vedi sopra)

VDL 25

Gruppi per favorire lo sviluppo organizzativo

La dimensione di gruppo è fondamentale per favorire lo sviluppo organizzativo in quanto i gruppi costituiscono
un luogo fondamentale di crescita per gli individui e sono unità fondamentali dell’organizzazione.
L’ipotesi su cui si basa lo sviluppo organizzativo è che che le situazioni gruppali ( non molte persone
accomunate da un obiettivo comune) sono fondamentali per la vita organizzativa.
PARADOSSO: organizzazioni dotate di persone particolarmente competenti con un gruppo manageriale brillante
e con strategie molto chiare ( con caratteristiche individuali molto pregiate) può avere malfunzionamenti qualora
non faccia funzionare opportunamente le persone a livello di piccoli gruppi. Non bastano le competenze o doti
di leadership ed altre qualità personali ma bisogna che si curi il buon funzionamento dei gruppi per far sì che ci
che ciò si trasferisca sul buon funzionamento dell’organizzazione (incrementare efficienza e innovazione). Il
gruppo è l’unità fondamentale dell’organizzazione perché sia in organizzazioni produttive che di servizi
ci sono gruppi costituiti da team , gruppi temporanei che lavorano su progetti e sempre meno si opera in modo
individuale in questo l’attività individuale sempre più passa attraverso gruppi.
Quindi nella letterature sullo sviluppo organizzativo si tende a considerare il successo delle organizzazioni
dipendente dalla qualita’ della vita dei gruppi. Azioni specifiche di sviluppo organizzativo si concentrano con
attività di team building .
ASSUNTO TEORICO: il gruppo di lavoro può essere costruito attraverso il lavoro di esperti di dinamiche di
gruppo, di psicologi funzionali ed altro attraverso l’
Attivita’ di team buildin per:
1) Migliorare l’efficacia dei gruppi: mantenendo una forte centratura sul compito e gli obiettivi.
2) Favorire la soddisfazione dei membri dei gruppi: curare l’aspetto della relazioneinterna e gli aspetti distintivi
del gruppo.
3) Incrementare il senso di appartenenza dei singoli individui ai gruppi: curare l’aspetto motivazionale in modo
che le persone si impegnino in quanto sentono che le loro sorti sono le sorti del gruppo e dell’organizzazione nel
suo insieme.
La teoria del team building si appoggia quindi ai seguenti fattori:
a) Importanza del gruppo
b) Gruppo come unità di sviluppo organizzativa
c) Gruppo come entità in evoluzione ( in cambiamento).

Variabili su cui operare nei gruppi per favorire lo sviluppo organizzativo

1)obiettivi:operare su questa variabile significa finalizzare l’attenzione del gruppo sugli scopi. Gli obiettivi non
sempre sono espliciti e quindi l’attività di team building si concentra sul renderli chiari. Gli obiettivi sono la
ragion d’essere dei gruppi ( spesso di formano dei team temporanei che si formano attorno ad un particolare
scopo e poi si sciolgono). Per favorire un buon sviluppo organizzativo deve esserci la massima coerenza fra
obiettivi amministrativi e obiettivi del gruppo e obiettivi individuali ( ad esempio, attraverso l’attività del gruppo
possono esserci individui che cercano di conseguire obiettivi individuali). Bisogna quindi rendere espliciti il
più possibile gli obiettivi dei angoli membri e renderli coerenti con quelli del gruppo. Il lavoro del team building
sugli obiettivi ha lo scopo di: rendere chiari gli obiettivi che devono essere: negoziati, condivisi, perseguibili ( né
troppo semplici né troppo lontani nella loro realizzazione) e valutabili ( deve essere possibile monitorare con
una certa frequenza quali siano i propri risultati e quanto ci si è avvicinati all’obiettivo) . ( il modello di
riferimento è il goal setting)
2) Metodo di lavoro di un gruppo: operare sul metodo significa ottimizzare le risorsedel gruppo. Far sì che il
gruppo utilizzi al meglio le sue risorse interne. Il metodo costituisce il modo di funzionamento del gruppo e cioè
come si organizza e si struttura. Il metodo prende forma in base alle norme , ai valori e ai principi regolatori
caratteristici del gruppo. Il consolidamento di un metodo crea un funzionamento del gruppo basato su
comportamenti frequenti e attese reciproche dei membri. Il metodo non è una regola che il gruppo si dà di volta
in volta , empiricamente, ma è consolidato dalla storia del gruppo.
IL SISTEMA DI VALORI RICADE SUL FUNZIONAMENTO DEL GRUPPO.
Diventa anche sistema reciproco di attese su come ci attendiamo che gli altri si comportino all’interno del
gruppo
3) Ruolo: facciamo riferimento a tutta la teoria dei ruoli nei gruppi di lavoro. Operare sulla variabile ruolo vuol
dire valorizzare le differenze e quindi attribuire al meglio le persone a determinati compiti. Quindi far sì che si
utilizzino e valorizzino al meglio le competenze ed esperienze individuali. Operare su un sistema di ruoli vuol,
dire creare un sistema di aspettative reciproche nel gruppo su chi fa cosa. Un lavoro di team building in un
gruppo significa quindi: riconoscere le risorse di ogni individuo nel gruppo e valorizzare le risorse con la
ripartizione di ruoli. Ciò definisce il fatto che l’attribuzione di ruolo ha un carattere dinamico in quanto
assegnare un ruolo ad un individuo vuol dire fargli assumere una responsabilità che lo stimolano ad
incrementare le proprie capacità. ( funzione dinamica di potenziamento).
4) Clima: operare sul clima vuol dire operare per costruire un ambiente favorevole. Per clima di gruppo si
intende una serie di emozioni, percezioni, sentimenti e opinioni relative alla vita del gruppo. E’ un costrutto
eterogeneo difficile da osservare ma fondamentale perché coglie l’atmosfera della vita di gruppo. Possiamo
considerarlo come la percezione soggettiva della tonalità del gruppo. E’ una variabile molto psicologica.
Sebbene sia così vaga ha comunque effetti significativi sul senso di appartenenza , sulla soddisfazione e sulla
performance degli individui.
5) Leadership
6) Comunicazione
7) Sviluppo ( non lo analizziamo perché fa parte delle lezioni precedenti)

Team Building , 7 variabili(vedi sopra)

Gruppi. Come possono favorire lo sviluppo organizzativo.Variabili su cui possiamo intervenire(vedi


sopra)

Team building – Gruppi(vedi sopra)

Stress correlato al lavoro.Qualche patologia(vedi sopra)

Prestazioni:cosa e come si valuta


Orientamento struttura gerarchica

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