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a cura di
Maurizio Decastri
BIBLIOGRAFIA ...................................................................................................... 14
1. I sistemi di gestione del personale: il quadro di insieme
Da parecchi anni, fa parte del senso comune manageriale l’idea secondo la quale il
dinamismo e la complessità sono le principali sfide a cui le organizzazioni devono
saper rispondere. Dinamismo e complessità divengono, a volte, mostri leggendari,
eterni e imbattibili. E’ proprio vero? Solo parole? Sorge il dubbio che sia un modo
per negarne l’esistenza, fuggire e continuare a operare in modo tradizionale. Questo
sospetto è confermato dal fatto che spesso, al di là dei “proclami”, si trattano in
modo un po’ superficiale la variabile organismo personale e l’evoluzione delle
competenze e delle attese delle persone che operano nelle organizzazioni. Nessuno a
parole nega che le persone siano un elemento assolutamente rilevante; non è però
sempre facile capire come nel concreto si cerchi di trasformare tale convinzione in
realtà. Ancora oggi, nella gran parte delle organizzazioni, l’organismo personale
occupa - di fatto - l’ultima posizione della sequenza ambiente-strategia-struttura:
dato l’ambiente, si sceglie la strategia; per realizzare la strategia si progetta la
struttura organizzativa; per “far funzionare” le posizioni presenti nella struttura, si
definiscono gli strumenti di gestione del personale e si scelgono le persone. Questo
modo di guidare le organizzazioni è probabilmente superato dai fatti, rendendo le
soluzioni tecniche tradizionali un po’ obsolete.
La strategia, da un lato, e l’organismo personale, dall’altro, hanno caratteri ed
orientamenti distinti; ma le dinamiche della strategia e le dinamiche delle persone
sono fortemente interdipendenti e devono potersi combinare in modo armonico. La
vera sfida è duplice: da un lato non limitarsi a enunciare la prospettiva sistemico
(vecchia, sì, ma non ancora realmente utilizzata); dall’altro, avere il coraggio di
andare oltre e considerare realmente le persone uno degli elementi su cui costruire
l’orientamento strategico. Per realizzare l’integrazione tra dinamiche strategiche e
dinamiche personali, non è quindi sufficiente “saltare” la struttura organizzativa e
considerare l’influenza diretta della strategia sui sistemi di gestione del personale;
un po’ provocatoriamente, ma non tanto, è lo “stock” (con molte virgolette) del
personale che determina le possibili evoluzioni della strategia.
In altri termini, le persone sono da considerare alla base – e non la conseguenza –
dei processi di costruzione strategica e progettare un sistema di gestione del
personale significa – di fatto – definire almeno una parte della strategia.
In tale prospettiva e considerate le possibili ricadute, si palesa la necessità di
conoscere l’articolazione logica e tecnica del sistema di gestione del personale
costituito dall’insieme dei sottosistemi e processi volti a governare la relazione di
equilibrio tra persona e organizzazione. I due principali sottosistemi di gestione
delle risorse umane sono il sistema di sviluppo e il sistema di ricompensa.
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determinare il fabbisogno di personale e di accompagnarne l’evoluzione rispetto
agli eventuali mutamenti dell’assetto organizzativo, coniugando così lo sviluppo
delle persone con lo sviluppo (positivo o negativo) dell’organizzazione.
Le tavole 1 e 2 propongono gli schemi sintetici che riassumono gli strumenti che
compongono, rispettivamente, il sistema premiante e il sistema di sviluppo; tali
schemi saranno illustrati a larghi tratti nei prossimi paragrafi.
Valutazione della
Retribuzione Sistema di
copertura della
base effettiva ricompensa
posizione
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Tavola 2 - Il sistema di sviluppo
Reclutamento e
selezione
Copertura di Formazione di
Descrizione di ruolo miglioramento
ruolo
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necessari per svolgere in modo ottimale il ruolo e garantire l’efficacia dei
comportamenti.
In particolare, le competenze risultano dal combinato di conoscenze, esperienze e
capacità. Le conoscenze (il saper fare) rappresentano il bagaglio di nozioni,
informazioni, studi che la persona ha acquisito nel corso della propria vita. Le
esperienze (il saper fare) sono l’insieme delle attività e delle condizioni
professionali sperimentate dalla persona nel corso della propria carriera. Le capacità
(il saper essere), infine, sono le caratteristiche profonde che identificano l’individuo
e ne costituiscono la sua struttura portante. Quest’ultimo elemento fondante le
competenze può essere raggruppato in tre aree: cognitiva, relazionale e, da ultimo,
quella realizzativa e manageriale. Nell’area cognitiva ci sono quei tratti che
identificano il modo di leggere e interpretare la realtà (es. flessibilità di pensiero,
analisi/sintesi, apprendimento); l’area relazionale comprende le capacità che
presiedono una gestione efficace dei rapporti sociali (quali, per esempio,
l’intelligenza sociale, la collaborazione, ecc.); l’area realizzativa e manageriale fa
riferimento all’energia che la persona spende per agire sulla realtà circostante
(l’autonomia, l’iniziativa, la costanza, ecc.) ma anche alle modalità con le quali si
agisce (la stabilità emotiva e la leadership). Le funzioni d’uso di documenti quali i
profili di ruolo si esplicano chiaramente nei sistemi di gestione del personale, in
primis in quello di sviluppo: nel caso in cui si riuscisse a selezionare una persona
con un profilo di competenze analogo a quello richiesto per il ruolo da ricoprire, ci
sarebbero le premesse per garantire prestazioni migliori.
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acquisire persone già formate dedicano un’attenzione prevalentemente “tecnica”
alla selezione, basata sull’analisi della posizione da coprire, sull’individuazione dei
profili dei candidati e sul migliore adattamento puntuale del candidato alla
posizione.
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di ruolo (capacità, conoscenze ed esperienze) che devono trovare copertura – interna
o esterna – in prospettiva.
La pianificazione del personale è, a sua volta, la base su cui costruire e realizzare i
programmi di formazione e le politiche di carriera.
La formazione può essere di miglioramento, se orientata ad accrescere il grado di
copertura del ruolo, o di evoluzione, se finalizzata a fornire alla persona competenze
fruibili in ruoli diversi da quello ricoperto. Nel primo caso, la valutazione di
copertura elaborata dal capo è la base su cui definire l’intervento: lo scostamento
rilevato diviene l’area su cui operare, sia offrendo alla persona l’opportunità di
sviluppare capacità latenti, sia fornendo conoscenze ed esperienze utili al ruolo. Se
ben progettata, la formazione di miglioramento è un tipico esempio di gioco a
somma maggiore di zero: l’azienda ottiene migliori prestazioni e la persona
acquisisce il diritto a una revisione retributiva. La formazione di evoluzione è un
vero e proprio processo finalizzato a preparare il futuro dell’organizzazione e, più
precisamente, a rendere le persone pronte a occupare ruoli diversi o nuovi. Come
tutti gli investimenti, comporta il sostenimento di costi con effetti non certi e,
comunque, differiti e una certa dose di rischio, poiché il risultato non è prevedibile e
può diventare obsoleto prima che i costi siano recuperati; l’investimento è, inoltre,
materializzato in un sapere che non è nella disponibilità assoluta dell’impresa, ma è
condiviso con persone il cui impegno è indispensabile per renderlo efficace. Infine,
la formazione può produrre un cambiamento nel valore relativo delle persone e,
conseguentemente, nello status delle diverse professionalità aziendali, modificando
i rapporti di potere esistenti: si tratta quindi di un processo che può generare
tensioni conflittuali e squilibri che richiedono un’accorta gestione.
La tematica della gestione delle carriere non può essere affrontata prescindendo
dalle altre scelte relative all’assetto organizzativo complessivo, scelte che
condizionano in modo forte l’insieme di decisioni che riguardano i possibili sentieri
di carriera. Un sentiero di carriera può essere definito come un insieme coerente di
ruoli da ricoprire in sequenza nel tempo; la costruzione di tali sentieri deve essere
integrata da informazioni specifiche riguardanti, da una parte, la struttura
organizzativa dell’azienda e, dall’altra, le scelte in merito al sistema premiante. La
base indispensabile per impostare le politiche di carriera deve comprendere lo stato
e i fabbisogni della struttura organizzativa (soprattutto per quelle aree dove si
concentrano i ruoli più critici) e la mappa delle competenze.
In particolare, la mappa delle competenze è fondamentale per fare chiarezza
sull’insieme di conoscenze, esperienze e capacità necessarie per coprire i ruoli
presenti e futuri e per seguire con attenzione i percorsi di sviluppo delle persone. É,
inoltre, condizione necessaria per la realizzazione e la gestione di due importanti
strumenti di gestione del personale direttivo: le tavole dei tempi di sostituzione e
le tavole di rimpiazzo.
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Il primo strumento individua le sequenze cronologiche dei sentieri di carriera ed
evidenzia i tempi minimi di permanenza utili per acquisire le competenze necessarie
per gli ulteriori sviluppi; consente, inoltre, di collegare la struttura organizzativa alla
pianificazione del personale, indicando i tempi necessari per la copertura dei ruoli
scoperti o da creare e la fonte a cui attingere (personale interno o acquisito sul
mercato del lavoro esterno).
Le tavole di rimpiazzo consistono, invece, in uno schema in cui, al di sotto del
nome del titolare di ogni ruolo, viene posto il nome delle persone che potrebbero
sostituirlo e il tempo entro cui ciò potrebbe accadere.
Una importante distinzione è quella tra sentieri di carriera verticali e sentieri
diagonali. I primi sono quelli che si sviluppano all’interno del medesimo
raggruppamento professionale attraverso una progressione continua da un livello
inferiore a quello superiore. I sentieri diagonali si esplicitano, congiuntamente o
meno alla variazione di livello (gerarchico e/o retributivo e/o di qualifica), in uno
spostamento a un altro raggruppamento professionale. Le difficoltà connesse
all’adattamento della persona alla nuova posizione, sia questa frutto di una
progressione verticale o diagonale, possono in parte essere risolte da interventi di
formazione; nel caso di mutamenti di carriera verticali, la formazione dovrà
insistere più sul mutamento delle competenze di fascia gerarchica; nel caso di
mutamenti di carriera diagonali, l’intervento formativo dovrà focalizzarsi più sulle
competenze specifiche di funzione.
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per una qualche forma di distanza tipica dell’accademica quando ha di fronte temi
un po’ troppo concreti, non esiste una teoria condivisa sulla cui base progettare con
sufficiente sicurezza il sistema premiante; esistono, piuttosto, alcuni parziali
contributi di rilievo, molte esperienze empiriche e numerosi prodotti offerti dalle
società di consulenza.
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La base di riferimento è dunque rappresentata dai comportamenti attesi, i quali
dipendono, a loro volta, dal grado di complessità dei ruoli e dalle interdipendenze
che li legano. La scala dei comportamenti corrispondente al crescere di tali variabili
è così definita:
1) entrare e rimanere: si tratta del comportamento minimo che si manifesta con la
semplice presenza;
2) comportamento dipendente: alla persona è chiesto di eseguire gli ordini e seguire
le nome aziendali; è il comportamento richiesto nei casi in cui i compiti siano
programmabili e il coordinamento richiesto con altre mansioni sia minimo;
3) sforzo sopra il minimo: è il comportamento richiesto per lo svolgimento di
compiti che presentano un significativo grado di discrezionalità;
4) comportamento spontaneo e attivo: è necessario quando i comportamenti efficaci
non possono essere previsti e programmati e l’impresa fa affidamento sulla persona
per l’individuazione dei problemi e la ricerca delle soluzioni;
5) comportamento cooperativo: richiesto nelle posizioni in cui esistono non solo
ampi margini di discrezionalità, ma anche elevati livelli di interdipendenza con altre
unità aziendali.
Galbraith, inoltre, distingue tra incentivi estrinseci ed incentivi intrinseci1 e li
classifica nel modo seguente:
1) accettazione delle regole: il comportamento è prodotto sulla base del principio
dell’autorità, ossia chiedendo la sospensione del giudizio da parte del subordinato
nei confronti del suo superiore; il premio è la non sanzione.
2) Incentivi d’impresa: sono incentivi estrinseci corrisposti ai prestatori di lavoro in
quanto membri dell’impresa.2
3) Incentivi di gruppo: sono assegnati a un gruppo di prestatori di lavoro, di regola
in funzione dei risultati conseguiti dal gruppo.3
4) Incentivi individuali: sono premi, aumenti di merito, simboli di status,
riconoscimenti di vario genere collegati ai risultati individuali.
5) Identificazione con il compito: incentivo di tipo intrinseco derivante dalla
soddisfazione connessa allo svolgimento del compito; i risultati positivi comportano
essi stessi un premio in quanto soddisfano i bisogni di successo e di stima di sé.
6) Identificazione con gli obiettivi: la soddisfazione deriva dallo svolgimento di
compiti funzionali agli obiettivi d’impresa e interiorizzati dall’individuo.
1
Per incentivi estrinseci l’autore intende le “soddisfazioni artificiali” non derivanti dallo svolgimento
del compito in sé; per incentivi intrinseci egli intende la soddisfazione derivante, come naturale
conseguenza, dallo svolgimento del compito in sé.
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Ne sono esempi: le ferie, le indennità di quiescenza, l’assistenza medica, gli aumenti retributivi a
fronte del costo della vita, favorevoli condizioni fisiche di lavoro, opportunità di attività ricreative.
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Il gruppo può essere rappresentato dai membri di una squadra, di un reparto, di un ufficio. Si tratta
tipicamente di incentivi monetari.
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Esistono delle relazioni di funzionalità e di disfunzionalità tra tipi di
comportamento richiesti e incentivi; la scelta del meccanismo incentivante va fatta
non in astratto o per motivi ideologici, ma sulla base del comportamento
effettivamente richiesto alla persona in quel determinato ruolo, tenendo conto del
fatto che il costo dei vari strumenti aumenta progressivamente passando dalla
“accettazione delle regole” alla “identificazione con gli obiettivi”.
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privilegiare l’accuratezza del lavoro piuttosto che l’utilità dello stesso), ma in
funzione dei risultati prodotti. Periodicamente ciascuna persona concorda con
l’azienda gli obiettivi da raggiungere e la sua retribuzione è commisurata al
grado di realizzazione degli stessi. Nasce la cosiddetta direzione per obiettivi
(management by objectives).
Retribuire le competenze. Nel corso degli anni ‘80 i sistemi retributivi basati
sulla job evaluation vivono momenti di difficoltà: il dinamismo dei contesti e
delle strategie aziendali è tale per cui non si riesce più ad aggiornare gli
organigrammi, i mansionari, i punteggi Hay, le curve retributive; si cerca di
slegare le retribuzioni dall’evoluzione dell’assetto organizzativo identificando
una logica retributiva che riduca l’enfasi sulle mansioni e concentri l’attenzione
sulle persone e sulle loro competenze (pay for knowledge); i compiti e gli
obiettivi possono modificarsi continuamente, ma la remunerazione è collegata
alla persona. Nonostante gli sforzi fatti, non sembra esservi ancora una soluzione
tecnicamente valida: in alcuni casi, il tutto si è risolto in una “traduzione” della
complessità del compito in competenze, vanificando il tentativo di superare le
rigidità dei sistemi di job evaluation. In altri casi, si è tentato di elaborare dei
“listini prezzi” delle competenze, ma il forte vantaggio competitivo dei metodi
tradizionali in termini di comparabilità interaziendale ha bloccato ogni ipotesi di
cambiamento.
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Per l’approfondimento di questo punto si rimanda al paragrafo 2.1
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problem solving: l’intensità dei vincoli e dei limiti posti dall’ambiente e
dall’organizzazione all’attività di pensiero rivolta all’individuazione e alla
risoluzione dei problemi; il grado di complessità del processo mentale richiesto;
finalità: il volume di risorse governate, il livello di influenza detenuto su tali
risorse e la discrezionalità nell’uso delle stesse.
Una volta determinato il valore del ruolo, è possibile individuarne le correlazioni
con le retribuzioni teoriche, costruendo la curva retributiva base (Tavola 3).
Per giungere alla retribuzione effettiva, è necessario rilevare il grado di copertura
del ruolo: occorre, in altri termini, misurare quanto le capacità realmente espresse
nei comportamenti e le conoscenze e le esperienze detenute dalla persona
“riempiono” il profilo di ruolo, ossia corrispondono effettivamente alle esigenze
determinate dalle attività svolte. La retribuzione effettiva è una percentuale della
retribuzione teorica; tale percentuale è espressiva della reale copertura del ruolo e va
periodicamente rivista in funzione della crescita della persona.
Retribuzione
annua lorda
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- porre le basi per un continuo miglioramento delle prestazioni individuali e
collettive;
- produrre le informazioni utili a programmare sia le attività aziendali, sia gli
interventi di formazione individuali.
Gli strumenti utilizzabili per far funzionare il sistema in tal modo sono:
1) la scheda (documento formale in cui si registrano le fasi fondamentali del
processo: assegnazione obiettivi, verifiche intermedie, valutazione, commenti
alla valutazione);
2) la procedura (documento in cui vengono specificati i ruoli e le responsabilità
dei principali attori nelle varie fasi);
3) il manuale (documento che illustra il corretto utilizzo dello strumento e la
gestione di alcune eccezioni prevedibili);
4) la formazione dei valutatori;
5) il sistema di controllo del processo (per garantire l’effettivo e corretto utilizzo
del sistema attraverso analisi e verifiche dei comportamenti effettivi).
Sia le logiche, sia gli strumenti devono tenere in considerazione i valori culturali e il
clima esistenti nell’organizzazione per consentire una maggiore condivisione del
processo e dei risultati che ne emergono.
Grado di copertura del ruolo e valutazione dei risultati consentono di definire con
completezza il “premio” da assegnare alla persona. Tramite la valutazione del grado
di copertura si giunge a determinare la retribuzione fissa effettiva: in grande sintesi,
come si è già detto, la percentuale di copertura applicata alla retribuzione teorica
definisce la retribuzione da assegnare alla persona. La valutazione dei risultati
consente, infine, di definire la parte variabile della retribuzione, quella legata alle
prestazioni effettivamente raggiunte dalla persona nell’anno considerato.
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