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UNINETTUNO
FACOLTÀ DI INGEGNERIA
Matricola: 29HHHINGCIV
Titolo
I MATERIALI COMPOSITI
Prefazione:
I materiali compositi sono stati studiati, realizzati e utilizzati da circa la metà del 20° secolo. I
primi materiali compositi sono stati materiali multifasiciiii, il primo esempio è stato un polimero
rinforzato con fibre di vetro. In verità l’uomo conosce da molto tempo i materiali compositi,
basti ricordare ad es. i mattoni rinforzati con la paglia, tutte le leghe di acciaio, ma l’esempio
più lampante è il calcestruzzo.
Risulta indispensabile la ottimale adesione fra matrice e fase dispersa, questa in pratica viene
ottenuta con un terzo componente applicato in uno strato sottile
Alcuni esempi:
- Acciai Perlitici: questa lega formata da Ferrite e Cementite acquista le proprietà della
prima, tenera e duttile, della seconda dura e fragile. Il materiale “ composito “ risultante
la Perlite ha ottima resistenza e buona duttilità.
- Il Legno: questo materiale è formato da Cellulosa e Lignina. La cellulosa è formata da
fibre, resistenti e flessibili, queste sono annegate nel materiale rigido la lignina.
- Le ossa: queste sono costituite da collagene materiale resistente ma tenero e apatite
minerale duro e fragile
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Ogni tipologia viene studiata per problematiche diverse, ecco perché dobbiamo analizzarle
singolarmente.
I materiali compositi rinforzati con particelle si dividono in due famiglie, quelli con particelle di
grandi dimensioni e quelli con particelle di piccole dimensioni.
La sostanziale distinzione è che nel primo caso (grandi dimensioni) la matrice “ scarica “
parte dello sforzo a cui è sottoposta alle particelle, in questo caso dobbiamo analizzare il
sistema secondo la meccanica del continuo. La forza che lega la matrice alle particelle è in
sostanza il fattore chiave delle caratteristiche del composito. ( migliorative )
Diversamente dal precedente caso di rinforzo, con particelle di piccolo diametro, le interazioni
tra matrice e particelle è di tipo atomico (o molecolare), ricordando che il diametro dovrà
essere compreso tra 0.01 fino a 0.1 µm. Le particelle inglobate nella matrice aumentano la
resistenza, perché limitano i movimenti delle dislocazioni.
Partiamo da ricordare che quando analizziamo i compositi cui sono state aggiunte particelle
di grandi dimensioni, queste sono chiamate dagli addetti ai lavori “filler”.
La proprietà più evidente è la sostituzione, abbastanza marcata del volume totale, da parte
delle particelle. Questa oltre a migliorare alcune caratteristiche del polimero di partenza,
consente di abbassarne il prezzo. Il costo dei filler è, frequentemente, molto più basso della
matrice, ed il volume occupato da questo consente di risparmiare il costo della matrice.
La geometria delle particelle può variare, ma è importante la omogeneità, sia rispetto alla
forma sia della loro distribuzione. (Direzione longitudinale e trasversale)
Un importante valore da analizzare è il modulo elastico del composito, questo può essere
calcolato con la Regola delle Miscele. Le frazioni volumetriche delle due fasi, della matrice
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Questo è il diagramma dei moduli elastici min e max. Resta il problema di scegliere quale dei
due è da utilizzare per i “ nostri “ calcoli. Varie sono le teorie, una delle quali identifica come
modulo elastico la media tra i due valori, questa teoria è conosciuta come la teoria di Hill.
Questo è confermato anche dai valori che troviamo con analisi sperimentali.
Per quanto riguarda i materiali compositi con particelle di grandi dimensioni, uno dei più
conosciuti, a livello commerciale, è il composito chiamato Cermet. Questo tipo di composito
è formato da un materiale ceramico, nello specifico refrattario, ed un materiale metallico.
Questi materiale formati da particelle di carburo di Tungsteno oppure di Titanio ((WC);(TiC)),
che sono sostanzialmente le particelle immerse nella matrice metallica, sostanzialmente di
Nichel oppure Cobalto. Il composito così formato è utilizzato come utensile da taglio per le
macchine utensili, dove le particelle molto dure sono utilizzate come superficie di taglio e la
matrice duttile in materiale metallico consente di sopportare le sollecitazioni; ricordo che i
carburi sono molto duri ma hanno scarsa duttilità.
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Altro esempio di materiale composito rinforzati con particelle di grandi dimensioni, e non solo,
sono gli elastomeri e le plastiche. Come sappiamo la gomma deve essere vulcanizzata
perché gli sbalzi termici non la facciano rammollire se la temperatura aumenta. La
vulcanizzazione non sarebbe sufficiente a fornirle quella resistenza meccanica, specie
all’usura cui siamo abituati. Ecco perché nelle gomme dei nostri pneumatici viene aggiunte
particelle composte da carbonio, che viene fatto bruciare in carenza di ossigeno; queste sono
chiamate “nero fumo”. Oggi, si cerca di sperimentare altri tipi di particelle per le gomme, ad
esempio silice, ma otteniamo caratteristiche prestazionali inferiori a quelle con il nero fumo.
Un metodo per ottenere dei compositi molto resistenti meccanicamente anche quando si ha
un notevole aumento della temperatura, è utilizzare particelle fini. Queste particelle molto dure
ma soprattutto inerti, ecco perché il composito mantiene le sue caratteristiche anche a
temperature levate.
Esempio di composito è quello formato da una matrice di Nichel in cui vengono inserite
particelle di Toria (ThO2), queste permettono di far mantenere la resistenza anche con
temperature molto elevate. Molti sono gli esempi, ad esempio utilizzando ossidi, come quello
alluminio – ossido di alluminio, questo ossido consente inoltre di proteggere il materiale
dall’ossidazione.
I fibro rinforzati sono compositi in cui nella matrice vengono inserite, potremmo in pratica
intendere con inserite con “immerse delle fibre”. Diversamente dalle particelle, si intende con
fibra una sezione con una direzione principale, è in pratica un filo.
Vedremo come la direzione delle fibre e la loro lunghezza incidano fortemente sulla “tipologia”
della resistenza. I compositi che hanno fibre allineate sono anisotropi, mentre se con
disposizione casuale possono acquistare resistenza in ogni direzione. (non sempre la stessa)
Per far sì di avere un ottima resistenza in varie direzioni si realizzano compositi multistrato,
cioè compositi formati da strati con fibre uni-direzionati, uniti uno sotto l’altro, tendenzialmente
in due direzioni ortogonali.
Una delle caratteristiche che ha permesso anche uno sviluppo di questi materiali è stata la
loro facilità di prendere forma, si ha la possibilità di costruire forme anche complesse
facilmente.
Inoltre è da ricordare come la produzione dei compositi ricalca quella dei polimeri, citiamo ad
esempio lo stampaggio.
Modulo elastico E
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Resistenza mec
Resistenza specifica =------------------------
Peso specifico
Come è intuibile, vedremo nella nostra analisi la differenza di caratteristiche dipenda dal tipo
di fibre, dalla loro distribuzione e dalla loro lunghezza.
E’ intuibile che se aumenta la resistenza della fibra, cioè del suo materiale, questo si
ripercuoterà anche sulla resistenza del composito. Inoltre, confermato anche da vari studi, “la
resistenza di una dato materiale aumenta significativamente se esso viene prodotto in fibre,
e questa aumenta al diminuire delle dimensioni della sezione trasversale.” [2]
Altro aspetto da considerare è la lunghezza della fibra nella matrice. Questo viene
condizionato dall’altro aspetto fondamentale, la forza di legame tra fibra e matrice che dovrà
essere il maggiore possibile. La lunghezza della fibra dovrà raggiungere un certo valore,
detta lunghezza critica perché il legame matrice – fibra sia ottimale, consentendo di ottenere
le due caratteristiche principalmente ricercate, cioè la resistenza
e l’irrigidimento strutturale. La lunghezza critica dipende da alcuni fattori e cioè:
- Diametro della fibra
- Sforzo di rottura
- Legame tra matrice e fibra
Il legame tra la matrice e la fibra è sostanzialmente lo sforzo di taglio che può essere esplicata.
Definiamo come fibre lunghe o continue quelle fibre con lunghezze maggiori di circa 15 volte
la lunghezza critica, mentre fibre corte o discontinue quelle minori.
Se applichiamo uno sforzo, di trazione, ad una fibra di lunghezza uguale a quella critica
vedremo che lo sforzo si concentra solo al centro, mentre se la lunghezza aumenta vediamo
che lo sforzo viene “distribuito” su di una lunghezza, partendo dal centro, via via maggiore.
Questa distribuzione fa sì che l’effetto di rinforzo diventi sempre maggiore.
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Vedi [3]
La prima immagine mostra un composito con fibre tutte allineate per una direzione
determinata, in questo caso quello più generale, quella longitudinale. L’immagine però non
deve ingannare, le fibre non hanno lunghezza, da capo a capo, ma solitamente sono immerse
nelle matrice con lunghezze decisamente più piccole della lunghezza del composito.
Già si è accennato, tendenzialmente le fibre sono allineate rispetto ad una direzione, questo
conferisce alle proprietà del composito una direzione prevalente, diremmo in termini tecnici
“proprietà anisotrope”.
Il grafico mostra l’andamento dello sforzo e quindi in ordinata le deformazioni della matrice,
delle fibre e del composito, mostrando un comportamento duttile della matrice mentre per le
fibre fragile. Possiamo evidenziare che la rottura del composito non avviene in maniera
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“catastrofica, per una serie di ragioni; intanto le fibre non si rompono tutte
contemporaneamente” [1].
Altro fattore, che può rallentare la rottura, anche quando è avvenuta la rottura delle fibre è la
resistenza della matrice, osserviamo infatti che superata σfu per le fibre abbiamo ancora della
deformazione per la matrice e inoltre le fibre anche se spezzate sono sempre immerse nella
matrice contribuendo a sostenere una parte di sforzo.
σ / Ec = ( ( σ / Em) Vm ) + ( ( σ / Ef) Vf )
1/ Ec = ( Vm / Em ) + ( Vf / Ef )
Lo sforzo di rottura nei compositi con fibre continue, nella direzione longitudinale viene inteso
come il punto di massimo sforzo-deformazione (σfu↔σcu) dove la rottura delle fibre segna la
rottura del composito. Già si è accennato, che in realtà, anche dopo la rottura delle fibre il
composito ha una resistenza residua, perché gli sforzi sono trasferiti alla matrice.
Riportiamo alcuni valori per i tre compositi di maggiore sviluppo e commercializzazione:
Sforzo di rottura
Longitudinale
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Sforzo di rottura
Longitudinale
Vetro-poliestere 20 MPa
Carbonio-epossidica 35 MPa
Kevlar-epossidica 20 Mpa
da [1]
Analizziamo le due classi di compositi con fibre discontinue, orientate tutte allineate oppure
casualmente.
Utilizzando i compositi con fibre discontinue ma allineate, perché non raggiungono la
resistenza di quelli con fibre continue ma hanno un costo minore. Il loro sviluppo nell’ultimo
periodo è aumentato, ricordando che la loro resistenza è comunque intorno al 50- 60 %
rispetto ai compositi con fibre continue allineate; in certi casi può raggiungere anche il 90%.
Un fattore che influenza questa resistenza rimane la lunghezza delle fibre, che come già
chiarito è funzione della lunghezza critica. Vedi [1]
Altra tipologia di compositi è quella con fibre discontinue ed orientate casualmente. Per
calcolare il modulo elastico si utilizza la regola delle miscele, equazione già incontrata, ma in
questo caso si inserisce un coefficiente K. Questo coefficiente modella l’efficienza delle fibre,
è generalmente inferiore ad 1. Dati sperimentali ci forniscono valori compresi tra 0.1 e 06. Il
coefficiente K è in sostanza un valore che è in funzione della frazione volumetrica della fibre,
questa determina l’aumento o la diminuzione del modulo elastico, incidendo ovviamente a
valle sulla resistenza.
Una delle caratteristiche dei compositi con fibre è la loro resistenza, questo è dovuto
principalmente a due caratteristiche delle fibre, una è la resistenza (generalmente alta) e
l’altra è la minima presenza di difettosità. E’ dimostrato dai dati sperimentali come la
probabilità di trovare un difetto (cricca) “diminuisce al diminuire del volume del materiale”[1]
Abbiamo tre tipologie di fibre:
- Whisker
- Fibra
- Fili
I whisker sono sostanzialmente monocristalli, questo permette un grado di perfezione alto del
cristallo stesso, la conseguenza è che ci sono pochi difetti, anzi per questa tipologia i difetti
sono tendenzialmente nulli. Queste caratteristiche conferisce elevata resistenza, dobbiamo
sottolineare che sono i più resistenti fra i materiali, purtroppo sono molto più costosi. I materiali
adatti a produrre fibre whisker sono l’ossido di alluminio (Al2O3), carburo di silicio (SiC), nitruro
di silicio (Si3N4) e la graffite.
Le fibre hanno struttura interna cristallina oppure amorfa, con generalmente diametro piccolo.
I materiali utilizzati sono ceramici oppure polimerici, possiamo citare ad esempio il vetro, il
carbonio, il boro oppure le poliaramidi.
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I fili sono elencati per ultimi, ma certo non per importanza, la loro caratteristiche principale è
il diametro maggiore. I materiali sono l’acciaio, il tungsteno oppure il molibdeno; ricordiamo
come esempio i fili di rinforzo in acciaio per i pneumatici.
I materiali utilizzati per le matrici può essere un metallo, un polimero oppure un materiale
ceramico. Se il materiale utilizzato è un metallo oppure un polimero il composito fibro -
rinforzato risulterà con proprietà di duttilità, mentre se utilizzato un materiale ceramico lo
scopo è quello di ridurre la fragilità. La matrice ha diverse funzioni:
- Protegge le fibre da danni esterni (abrasioni, reazioni chimiche ect)
- Trasmette gli sforzi alle fibre (solo una parte minore viene sostenuta dalla matrice)
- Tenie unite le fibre, sostanzialmente lontane l’una dall’altra
Il tenere distanti le fibre è utile anche perché non si propaghino le cricche da una fibra
all’altra, che potrebbe portare alla completa rottura.
Un fattore determinante per ottenere un ottimo composito è la forza di adesione tra matrice e
fibre, questo evita lo sfilamento delle stesse (pll-out) dalla matrice. La rottura del composito
dipende estremamente da questo legame, essenziale per trasferire lo sforzo dalla matrice
alle fibre.
Uno dei materiali per la fase matrice può essere di tipo polimerica, nello specifico resina
polimerica, dove con il termine “resina” è inteso un polimero ad alto peso molecolare. Questo
tipo di compositi, a matrice polimerica (PMC) sono molto diffusi, specialmente per le loro doti
di resistenza per le applicazioni a temperatura ambiente.
Nota
La matrice polimerica risente della temperatura, generalmente rammollendo o degradandosi
prima delle fibre. Questo impone che la scelta ricada su materiali adeguatamente scelti,
disponendo oggi di svariati polimeri.
Commercialmente per scopi pratici “quotidiani” si hanno due tipologie di polimeri, il poliestere
ed il vinilestere. Si hanno anche le resine poliimmidiche, con range di temperature fino a
230°C. Disponiamo inoltre di resine termoplastiche, per scopi aereonautici come il PEEK poli
etereterchene, il PPS poli fenile-solfuro, ed il PEI poli eteriimmide.
I compositi formati da fibre in vetro e matrice polimerica possono essere prodotti sia con fibre
continue oppure discontinue. Prima di analizzare le fibre riporto la loro composizione, questa
identifica il particolare tipo di vetro definito “E”:
Ossido di Sodio (Na2O) assente
Ossido di Silicio (SiO2) 55% in peso
Monossido di Calcio (CaO) 16% in peso
Ossido di alluminio (Al2O3) 15% in peso
Triossido di Boro (B2O3) 10% in peso
Ossido di Magnesio (MgO) 4% in peso
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Questo vetro ha una grande resistenza, lo sforzo di rottura è pari a 3.46 GPa, che se lo
confrontiamo con una fibre in acciaio il cui sforzo di rottura è pari a 2.39 GPa, notiamo una
differenza di circa il 44%.
La resistenza permette di ottenere compositi che hanno ottime caratteristiche, inoltre l’inerzia
chimica fa sì di poter utilizzare le fibre con varie matrici polimeriche ed in ambienti corrosivi.
Una attenzione particolare va posta sia nella fabbricazione delle fibre sia nella loro “messa in
opera” nella matrice. Come già accennato anche piccole cricche possono essere deleterie
per il composito, ecco perché nella distribuzione nella matrice delle fibre deve essere posta
attenzione, che eviti sfregamenti (che possono creare le cricche) e la giusta distanza perché
una cricca in una fibra non sia d’innesco per le altre.
Altro aspetto da considerare è quello simile alla passivazione nei metalli, il vetro esposto
all’atmosfera produce uno strato più debole interferendo con il legame interfacciale con la
matrice. Questo impone che le fibre siano ricoperte da un “appretto”, cioè un sottile strato di
sostanza che protegge la superficie. Nella produzione del composito l’appretto viene rimosso,
sostituendolo con un agente di accoppiamento.
((nb: la passivazione nei metalli è la formazione di uno strato di ossido del metallo stesso,
che lo rende inerte, es nell’alluminio))
Anche se i compositi in vetro resina sono molto utilizzati, vi sono alcune problematiche che
rendono il prodotto inutilizzabile. Uno dei problemi è sicuramente la temperatura limitata, che
si aggira sui 300° C, una volta superata si ha normalmente il rammollimento della matrice,
ma per raggiugere queste temperature occorre utilizzare fibre di vetro appositamente
strutturate (molto pure).
Altro inconveniente è la bassa rigidità dei compositi, che rende la loro utilizzazione solo in
alcune applicazioni, vietata sarà l’utilizzazione ad esempio come elemento strutturale.
Le fibre di carbonio:
Compositi con fibre di carbonio, che come vedremo è un termini improprio, hanno una
resistenza molto alta, si pensi che la resistenza delle fibre varia tra uno sforzo di rottura di 1.5
GPa fino ad arrivare a raggiungere i 4,8 GPa.
Queste fibre per il loro valore aggiunto sono impiegate nei così detti compositi avanzati,
avendo caratteristiche specifiche con purtroppo un costo molto più elevato.
Analizziamo alcune proprietà:
- I valori più elevati del modulo specifico e della resistenza specifica
- Utilizzo anche ad alte temperature, restano praticamente invariati i valori del modulo
di trazione e lo sforzo di rottura
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- Inerzia chimica ed ambientale, non reagiscono con la maggior parte delle basi o acidi,
ed ad esempio l’umidità ambientale non interagisce determinando cambiamenti delle
caratteristiche
Come accennato, il termine fibra di carbonio non deve essere inteso letteralmente, infatti la
fibra di carbonio è formata da Grafite, cioè una delle configurazioni possibili dell’atomo di
carbonio. ((vedi approfondimento))
Svariati sono gli utilizzi, ricordo le canne da pesca, le mazze da golf nelle applicazioni sportive,
ma vi sono tutte le applicazioni in campo aereospaziale per i rivestimenti o le strutture, come
ad esempio nel campo automobilistico.
Fibre aramidiche.
Queste fibre scoperta nel 1965, sono le più resistenti, si tenga presente che queste hanno
uno sforzo di rottura pari a 1380 MPa (Kevlar 49). Chimicamente sono delle poli parafenile
tereflammide. Sono fibre di grande tenacità risultando resistenti al creep (resistenti alle
sollecitazioni continue nel tempo), alla fatica e all’impatto. Risultano invece poco resistenti
alla sollecitazione di compressione
Sono materiali che non resistono alle alte temperature, circa di -200° C a +200° C, comunque
valide per la maggior parte delle matrici polimeriche. Diversamente da altre, non sono
chimicamente inerti subendo attacchi da acidi e basi forti, tendenzialmente inerti ad altri
solventi.
La loro duttilità, che gli conferisce anche flessibilità, consente la loro produzione con le comuni
lavorazioni delle fibre tessili. Queste fibre hanno permesso di fabbricare compositi avanzati,
quali blindature, giubbotti anti proiettile, ma anche rivestimenti interni per pneumatici, nei freni
ect.
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Altre fibre
Vi sono altri elementi che sono utilizzati per produrre fibre, citiamo il Boro, il carburo di silicio
e l’ossidi di alluminio. Il più importante dal punto di vista delle prestazioni e commerciale è il
boro, cioè fibre di boro con cui si producono compositi per impieghi militari e aereonautici. A
titolo d’informazione con il carburo di silicio si producono le racchette da tennis, nelle
blindature militari, ect.
Il materiale del matrice è unmetallo che ha come carattersitca fondamentale quella di essere
duttile. Le fibre o le particelle di rinforzo donano rigidità, resistenza all’usura, resistenza al
creep ect maggiori del metallo puro
Inoltre possono essere migliorate la conduttività termica. Rispetto alle matrici polimeriche
questi hanno temperature di utilizzo maggiori, questi non si incendiano, oltre al vantaggio di
resistenza al degrado da fluidi organici.
Il rinforzo può essere svolto da fibre, particolato o da whisker che solitamente si integrano
bene nei materiali utilizzati, quali ad esempio il titanio, leghe di alluminio, magnesio, rame
oppure superleghe.
Nella sintesi introduciamo il rinforzo nella matrice, mentre nella fase di formatura si utilizano
metodologie per la fabbricazione dei metalli, quali la estrusione, la forgiatura o la laminazione.
Esempio di utilizzo di questi MMC sono nell’industria automobilistica sia per componenti delle
carrozzerie che sia per il motore, arrivando ad esempio a produrre gli alberi motore,
sospensioni ect.
Altro campo è quello aereospaziale per elementi strutturali, sfruttando anche le super leghe
(Ni o Co) e fibre di metalli refrattari (Tu) vengono utilizzati per resistere alle alte temperature.
Ovviamente questa tipologia sono sfruttate anche nelle applicazioni più comuni, come nei
forni, turbine ect.
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Tra i vari rinforzi quelli che forniscono maggiori risultati sono costituiti essi stessi da materiali
ceramici, questa tipologia viene indicata come materiali composito ceramico CMC.
Il miglioramento delle proprietà di resistenza alla frattura è dovuto all’ostacolo che la fibra
sviluppa, nella sua propagazione nella matrice. Vi sono alcuni meccanismi, analizziamoli:
- Trasformazione della fase; chiamata anche “tenacizzazione” per trasformazione
perché è il fondamento della trasformazione della fase. In una matrice di ossido di
alluminio (Al2O3) o di zinco (ZrO2) vengono disperse particelle di zirconia non
stabilizzata. Queste particelle a temperatura ambiente hanno una struttura tetragonale
metastabile, diversamente da quella stabile che ha fase monoclima. Quando gli sforzi
creano una cricca sul fronte della cricca stessa le particelle di zirconia passano alla
struttura stabile, questo provoca un piccolo aumento di volume, generando sforzi di
compressione sulle facce della cricca che tendono a richiudersi.
- Altro metodo è l’utilizzo di whisker ceramici, generalmente carburo di silicio (SiC)
oppure nitruro di silicio (Si3N4). Per bloccare la propagazione della cricca, questi
whisker agiscono in quattro fasi:
1 Deviazione del vertice della cricca
2 Formazione di ponti attraverso le superfici di rottura
3 Assorbimento di energia durante la perdita di energia di adesione
con la matrice
4 Ridistribuzione degli sforzi nelle regioni adiacenti l’apice delle
cricca.
Come è intuibile al crescere del contenuto di fibre il composito acquista resistenza alla rottura
e tenacità, i valori riscontrati ne danno conferma. I compositi ceramici rinforzati acquistano
inoltre resistenza alla frattura e in modo particolare agli shock termici.
I metodi di fabbricazione ricalcano quelli della produzione usuale dei ceramici con variazioni
tecnologiche, più o meno consistenti, per la presenza dei rinforzi, possiamo citare la
pressatura a caldo, quella isostatica e la sinterizzazione in fase liquida.
Si veda ad esempio [1]
Compositi Carbonio-Carbonio.
I materiali compositi sono sempre in via di sviluppo, la ricerca sta cercando materiali che
abbiano caratteristiche peculiari, che rispettino l’ambiente etc. Uno dei materiali che sta
fornendo notevoli risultati e il composito carbonio – carbonio, cioè con una matrice di carbonio
e fibre sempre di carbonio.
Ha elevati moduli di resistenza ed elastici, resistenza al creep e ottima tenacità, con un altro
valore aggiunto, resistenza alle alte temperature fino ai 2000° C. Anche se a queste
temperature il prodotto tende ad ossidarsi.
Uno dei problemi, è il costo elevato, dovuto alle particolari lavorazioni per ottenere il
composito, che partendo da fasi lavorative simili a quelle delle resine polimeriche dopo una
pirolisi ottiene il composito finito.
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Si inizia nel produrre una matrice a resina fenolica, che in questo momento è allo stato liquido,
si inseriscono le fibre di carbonio, come se fosse una matrice polimerica, e facciamo indurire
il tutto secondo la forma voluta.
Dopo questa fase si immette il prodotto in una camera stagna con atmosfera inerte e
riscaldiamo, facciamo avvenire una pirolisi, detta appunto fase di pirolisi, dove i componenti
quali azoto, idrogeno e ossigeno vendono eliminati o allontanati.
Il risultato è che rimangono solo lunghe catene di carbonio.
Per aumentare la resistenza meccanica si procede ad ulteriori trattamenti termici in base alle
nostre caratteristiche volute, ottenendo in sostanza un composito formato da fibre di carbonio
e matrice di carbonio pirolizzato.
Compositi ibridi
Risulta facile capire che l’abbinamento di più materiali porta, quando fattibile, a combinare le
varie proprietà, inoltre altro vantaggio è il risparmio economico, sostituire alla quantità di fibre
costose una parte di fibre meno costose porta a risparmiare sul prodotto finale.
In teoria vi sono infinite combinazioni di fibre e matrici, quella più utilizzata è presa una matrice
polimerica e fibre miste di carbonio e vetro. Questo abbina la resistenza delle fibre di carbonio
ma nel contempo risparmiare economicamente, essendo le fibre di vetro più economiche.
Oltre che miscelare vari tipi di fibre di materiale diverso, si ha la possibilità di combinare anche
per il tipo di allineamento scelto. Si può ad esempio miscelare le fibre, oppure potremmo
costruire strati di fibre tutte uguali dello steso materiale alternati a strati di fibre differenti.
Uno dei vantaggi di questo tipo di compositi è la loro elevata duttilità, la frattura non si presenta
in modo immediato, non hanno come si dice frattura fragile. Nel caso di compositi di fibre
carbonio-vetro, le prime a cedere sono quelle di carbonio, che passano le sollecitazioni alle
fibre di vetro, con una resistenza residua e queste la trasmettono alla matrice e quindi la
rottura.
I materiali prodotto con queste tecniche sono utilizzati come componenti strutturali in ambito
aereonautico, marittimo e terrestre, per svariati utilizzazioni. Anche in campo medico ad
esempio vendono sfruttati per l’ortopedia.
Le lavorazioni
Fin qui abbiamo i vari compositi, diamo ora uno sguardo, molto generale al processo di
produzioni, soffermandoci solo sui compositi fibro rinforzati, sottolineando come in realtà i
processi produttivi possano essere diversi da azienda ad azienda con soluzioni tecnologiche
mutate.
Uno dei problemi da risolvere è la messa in opera delle fibre nella matrice, si pensi ad esempio
alle fibre continue tutte allineate, dobbiamo in pratica distenderle e allinearle le une alle altre.
Si hanno a disposizione varie tecniche, la prima è la Pultrusione.
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Nella pultrusione si parte da un “ roving o tow”, cioè un insieme di matasse di fibre continue
che vengono sciolte e fatte passare sotto una macchina che le impregna di resina.
Schematicamente possiamo immaginare che per allineare le fibre, queste passino in un rullo
con delle seghettature dove ogni fibra debba scorrere.
Dopo l’immersione nella resina il composito passa in una prima matrice, che gli fornisce una
preforma.
Attraverso poi un’altra matrice, che viene riscaldata, conferiamo al composito la forma
prestabilità, quella definitiva, qui oltre all’inizio della presa da parte della matrice si ha anche
la dosatura della stessa, estrudendo quella in eccesso.
Ultimo passaggio sono macchinari che effettuano delle fibre, fornendo la forma finita del
composito, questa può essere tendenzialmente qualsiasi e di lunghezza indefinita.
Altro metodologia utilizzata è quella del pre-impregnati, dove alcune aziende producono un
composito semi lavorato mentre altre utilizzando questo fabbricano il composito finito
secondo le forme desiderate.
Il composito semi lavorato ha la matrice che ha iniziato la cura, cioè la fase di indurimento.
Vendono disposte le fibre secondo le esigenze, queste immerse nella matrice, prima della
cura, che è contenuta tra due fogli, uno dei quali anti aderente.
Il foglio anti aderente viene rimosso poi nell’azienda produttrice del composito, per formare
diversi strati secondo le necessità. Posizionato questo composito poi in una forma riscaldata
si dà via alla fase di indurimento ed con la forma voluta finale.
Le resine possono essere di due tipologie, termoindurenti oppure termoplastiche.
Per approfondimenti vedi [5].
Interessante dal punto di vista sia tecnologico sia economico, è il procedimento della
formatura di avvolgimento di fili, filament winding.
Questa tecnica, che è in evoluzione, in quanto nel recente passato permetteva di produrre
forme di rivoluzione, dovute alla rotazione di cilindri (mandrini), che forniscono la forma, oggi
permette la fabbricazione anche di forme strutturali “piane” come ad esempio a doppio T.
Consiste, nel caso delle forme di rivoluzione, quindi tubi cavi, nel porre in processi più o meno
automatizzati le fibre già immerse nella matrice, generalmente resina termo indurente o termo
plastica. La loro disposizione può ricalcare forme ad elica, cilindriche ect; permettendo di
fornire quelle caratteristiche di resistenza progettate.
Inserendo poi il mandrino in un forno si ha l’indurimento della resina, tolto il mandrino si ha il
prodotto finale. Vedi ad es [5]
Per approfondimenti sui procedimenti, composizioni delle matrici, delle fibre ect si rimanda al
sito di Assocompositi, associazione dei produttori di materiali compositi e materiali affini.[5]
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Allegato Il carbonio C
Un cenno all’elemento carbonio, ricordiamo come anche se analizziamo i materiali dal punto
di vista ingegneristico, quindi siamo interessati tendenzialmente alla loro resistenza, che i
materiali sono costituiti di elementi, quindi interagiscono con gli altri, la chimica ci permette di
capire come questi possano modificare le proprietà, portando a modificarne anche la
resistenza.
Il carbonio, C, è nel quarto gruppo della tavola periodica degli elementi, con numero atomico
6, e peso atomico 12,011 (uma). Ha una temperatura di fusione di circa 3800° C, nella
configurazione di grafite.
Una preparazione del carbonio può essere mediante il riscaldamento del saccarosio, il nostro
zucchero, in assenza di aria, con la seguente reazione:
C12H22O11 → 12C + 11H2O
Il carbonio ha la proprietà di formare delle lunghe catene, si tende a dire di catenarsi, in varie
forme: lineare, ramificata, a spirale ed in forma chiusa. Questa proprietà è anche dovuta alla
sua possibilità di formare legami semplici, doppi o tripli. Ecco perché è uno degli elementi
chiave per la vita degli esseri viventi.
La possibilità di formare lunghe catene può essere spiegata grazie ad alcune caratteristiche
del carbonio:
Struttura elettronica che ha gli otto elettroni esterni che non possono “saltare” nell’orbitale d,
questo orbitale manca nell’elemento carbonio. Il numero quantico è infatti n=2, questo impone
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che gli orbitali s e p non si espandi su orbitali d “rendendo più stabili i legami stessi e quindi
la catena” [4].
A titolo, e molto in generale, per numero quantico si potrebbe identificarlo con il raggio
dell’orbitale (o dell’orbita dell’elettrone), ricordando che più è alto il numero maggiore è
l’energia, tenendo presente che questa è quantizzata. Per nota è da sottolineare che il numero
quantico si ha principale (n), angolare (l), magnetico (m), e di spin (ms).
Il diamante
Come accennato la grafite è la forma termodinamica stabile, mentre quella del diamante è la
forma metastabile, in teoria il diamante si potrebbe trasformare in grafite, “ non lo fa “ perché
l’energia di attivazione è molto elevate. (Spontaneamente)
E’ noto che il carbonio è molto duro e con bassa conduttività elettrica, ma alta conduttività
termica, per questo è un materiale molto ricercato in vari campi. La ricerca scientifica e
tecnica ha permesso di poter sviluppare e quindi produrre complesse operazioni per
fabbricare diamanti di sintesi, anche molto puri.
Una fabbricazione abbastanza nuova è la produzione di film sottili di diamanti, queste sono
utilizzati per la protezioni di lenti o radar.
Altre applicazioni sono nella meccanica, ad esempio nelle punte dei trapani, negli utensili per
il taglio ect.
La grafite.
Nella grafite gli atomi sono legati con orbitali ibridizzati sp2 con angolo fra di loro di 120°,
questo impone che la figura sia un esagono regolare, questo fa si che un atomo sia legato ad
altri tre nel paino complanare e ad un altro nel paino perpendicolare. La distanza fra i piani,
abbastanza notevole, 0.340nm, non permette una ricopertura degli orbitale, questa infatti è
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minima, nascono solo legami di tipo va der Waals. Diversamente invece i legami fra gli atomi
complanari sono molto forti di tipo covalente.
Questa forma polimorfa del carbonio è stabile, anche se la costituzione a strati permette lo
scorrimento inter planare. E’ un materiale molto resistente e con buona inerzia chimica,
utilizzabile anche ad alte temperature e sopporta shock termici.
La grafite da luogo a composti interstiziali, dove gli elementi, tendenzialmente metalli alcalini
possono entrare fra i piani.
I prodotti ottenibili dalla grafite sono molteplici, dai lubrificanti, a elettrodi per il riscaldo di forni
metallurgici, per la saldatura, ed in genere nella elettrotecnica.
I fullereni
Altra forma polimorfa è quella dei fullereni, che non ha nella macro molecola una forma
determinata, questa infatti è formata da varie molecole di base di forma sferica con 60 atomi
carbonio, indicata con C60. In verità la forma sferica può essere costituita da un numero
minore o maggiore di sessanta, sotto i 20 atomi però il carbonio tende strutturarsi in catene
planari.
Analizzando i C60 notiamo che si ha una re-ibridizzazione degli orbitali p che incorporano un
orbitale s. Questa configurazione, unione fra s e p, possiamo definirla “p curva”, diversa da
quella riscontrabile ad esempio nella grafite.
Altra particolare forma del carbonio, di cui accenniamo è il nano tubo, forma proprio un tubo
chiuso con due semi sfere, il cui sottile strato esterno è formato da un film di grafite. Questa
particolare forma consente di produrre materiali con caratteristiche meccaniche e elettriche
notevoli.
La varie strutture:
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Biblografia
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