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Materiali e Tecnologie innovative

MODIFICHE SUPERFICIALI DEI MATERIALI MEDIANTE


DEPOSIZIONE DI FILM SOTTILI

1. Corrosione dei materiali metallici


2. Deposizione di coatings sotto vuoto
3. Caratterizzazione strutturale, morfologica ed elettrochimica dei
materiali
4. Deposizione di film di SiOx mediante PECVD su acciaio e lega di
magnesio

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CORROSIONE DEI MATERIALI METALLICI

In natura i metalli sono generalmente presenti sotto forma di ossidi e sali. Dai minerali
vengono estratti mediante processi metallurgici che, attraverso la trasformazione di
differenti forme di energia in energia chimica, portano i metalli ad uno stato energetico più
elevato rispetto a quello di partenza.
La tendenza generale dei sistemi fisici a raggiungere lo stato termodinamicamente più
stabile si manifesta, nel caso dei metalli, attraverso il fenomeno della corrosione, motivo
per cui la corrosione è detta anche antimetallurgia.
La corrosione può essere quindi definita come un fenomeno naturale, generalmente lento
(altrimenti si parla di attacco chimico) e spontaneo di graduale decadimento tecnologico di
un metallo o lega ad opera dell'ambiente che lo circonda.
In questa definizione non rientrano i fenomeni di degrado meccanico come l'usura,
l'abrasione, l'erosione, la cavitazione o il cedimento per fatica, sebbene sotto particolari
condizioni il cimento meccanico e quello elettrochimico, agendo congiuntamente, diano
luogo a particolari forme di attacco corrosivo.
I metalli impiegati nelle applicazioni tecnologiche hanno affinità per l'ossigeno, l'acqua, lo
zolfo e l'anidride carbonica e possono essere attaccati profondamente se non protetti. La
principale reazione di corrosione è quella riguardante l'ossigeno che può avvenire in
presenza o in assenza di acqua allo stato condensato, prendendo rispettivamente il nome di
“corrosione umida” o “corrosione secca”. Ci sono altri ambienti, quali i sali e i metalli fusi,
le soluzioni non acquose, la cui azione aggressiva non si può far rientrare né nella
corrosione a umido, né in quella a secco. In questi casi i fenomeni corrosivi possono
assumere tuttavia aspetti caratteristici sia della corrosione a secco che di quella ad umido.

Classificazione in base alle condizioni di esercizio

Tra gli innumerevoli approcci allo studio dei fenomeni corrosivi uno dei più importanti è
quello legato all’ambiente esterno ed in particolar modo alla presenza o meno di acqua
essendo questo un elemento che può comportare importanti differenze nel comportamento
dei metalli.

Corrosione umida (o elettrochimica o galvanica)

E’ un fenomeno di tipo elettrochimico in cui la reazione è scomponibile in una


semireazione anodica, di ossidazione del metallo, che libera elettroni nella fase metallica,
ed in una semireazione catodica, di riduzione di specie chimiche presenti nell’ambiente (O2,
H2). Una soluzione elettrolitica in cui i due metalli siano immersi (nella pratica l'acqua o
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l'umidità del terreno o dell’atmosfera condensata sulla superficie del metallo, nella quale
sono disciolti i gas contenuti nell'aria ed altre impurezze) completa il sistema comunemente
noto come “cella galvanica”, schematizzata in Figura 1.

Figura 1 – cella galvanica

Le due semireazioni :
M ⇒ Mz++ze-
O2+2H2O+4e- ⇒ 4OH-

sono tra loro indipendenti, avvengono su superfici coincidenti dell’interfaccia metallo


ambiente, ma anche su superfici geometricamente distinte: in entrambi i casi devono
procedere alla medesima velocità. Se così non fosse si verificherebbe un accumulo o una
sottrazione locale di elettroni nel metallo, incompatibile con le leggi dell’elettricità.Nella
pratica, quando due metalli diversi vengono in contatto si instaura una differenza di potenziale
in grado di alimentare un circuito elettrico composto dai due metalli dall’elettrolita.
Questa circolazione di elettroni comporta la dissoluzione preferenziale dell’elemento meno
nobile in quanto si configura una vera e propria cella galvanica.
La valutazione dei potenziali standard1. è molto utile per determinare se una reazione redox
possa avvenire in condizioni spontanee o meno. Le specie chimiche che possiedono potenziale
più alto tendono a ossidare quelle a potenziale più basso. In Tabella 1 è riportata la serie dei
potenziali.

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Il potenziale di riduzione standard (E0) è il potenziale elettrodico, misurato in volt, riferitoalet
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Tabella 1 - serie dei potenziali standard di alcuni elementi all'elettrodo standard a


idrogeno e misurato in condizioni standard: alla temperatura di 298°K, alla
pressione di 1 atm ed alle concentrazioni di reagenti e prodotti della reazione 1M.

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Nel caso di strutture in acciaio al carbonio, ad esempio, ci si trova di fronte ad un insieme di


processi di degradazione chimici e chimico-fisici ad opera dell'ambiente che circonda il metallo.
Inoltre l'acciaio al carbonio, non essendo un metallo puro, presenta un insieme di zone
catodiche ed anodiche dovute alla presenza di metalli (impurità) con differenti potenziali
elettrici, formando così una moltitudine di micropile col loro anodo ed il loro catodo, mentre si
genera un circuito ionico che si effettua nell'eventuale velo d'acqua o di umidità atmosferica
presente sulla superficie ed un circuito elettronico che si effettua nell'acciaio stesso, con
processi di corrosione assimilabili a quelli che si ottengono con l'unione di due metalli a
differente potenziale elettrico come sopra descritto.

Corrosione “a secco”

Nel caso della corrosione a secco invece il meccanismo è di tipo esclusivamente chimico ed i
processi di corrosione sono soggetti alle leggi della termodinamica e della cinetica chimica,
caratteristiche delle reazioni eterogenee. Tuttavia, in relazione alla formazione sulla superficie
metallica di strati di prodotti di reazione (ad esempio strati di ossidazione), la cinetica di tali
processi corrosivi è in genere più complicata, intervenendo anche, come fattori di velocità,
l'aderenza e il grado di compattezza o di porosità degli strati e soprattutto il loro comportamento
elettrico: tipo (ionico od elettronico) e valore della conducibilità. In particolare lo stadio relativo
all'accrescimento di strati di ossido è ancora interpretato mediante un meccanismo di tipo
elettrochimico.

Classificazione morfologica

Oltre ad una classificazione rispetto alle condizioni di esercizio (a secco, in umido) si può dare
alle forme di corrosione una classificazione anche in base agli effetti morfologici sul metallo, di
cui, limitatamente all’interesse di questo studio, si riporta solo un accenno ai principali tipi.
La corrosione si può sviluppare alla superficie dei materiali metallici in modo diffuso
(corrosione generalizzata) o invece può riguardare solo alcune zone (corrosione localizzata). In
generale porta in soluzione tutti i costituenti del materiale ma in qualche caso ne può attaccare
uno solo oppure può interessare soltanto il bordo dei grani cristallini che formano il materiale
“scollandoli” l'uno dall'altro (corrosione selettiva).

Corrosione generalizzata

Se l'attacco si sviluppa in modo uniforme (Figura 2), si parla di corrosione uniforme, in caso
contrario di corrosione disuniforme.

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Figura 2 – esempio di corrosione generalizzata di un relitto

L'assottigliamento del materiale si produce con una velocità in genere prevedibile se


sono note le condizioni ambientali. Ad esempio la corrosione degli acciai al carbonio
esposti all'atmosfera ha luogo con velocità variabili da qualche µm/anno a qualche
centinaia di µm/anno a seconda dell'umidità, della temperatura, della presenza di cloruri
e di inquinanti. I rivestimenti di zinco utilizzati per proteggere l'acciaio si corrodono
invece nello stesso ambiente con velocità 10-30 volte inferiori.

Corrosione localizzata

La corrosione che ha luogo solo su alcune parti della superficie metallica a volte è
dovuta all’accoppiamento di materiali di natura diversa. L'attacco si localizza in questo
caso sul metallo meno nobile della coppia (corrosione galvanica). Attacchi localizzati si
possono avere anche su singoli materiali in assenza di eterogeneità e possono dar luogo
a cavità che a seconda del rapporto diametro/profondità vengono detti ulcere, crateri,
punte di spillo. Questa forma di attacco, detta pitting o vaiolatura (Figura 3), presenta
una velocità di penetrazione fino anche a più di 1 mm/anno. A volte l'attacco si
manifesta solo su alcune parti della superficie metallica perché l'ambiente è
disomogeneo.

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Figura 3 – corrosione per pitting di una tubazione

Nel caso di ambienti caratterizzati da disuniforme ripartizione di ossigeno il fenomeno


corrosivo si può manifestare nella zona dove l'ossigeno è carente (corrosione per aerazione
differenziale).
Con l’espressione corrosione intergranulare si identifica invece un processo corrosivo che si
instaura lungo i bordi grano e nelle zone immediatamente limitrofe ad essi. E’ il risultato
della segregazione e precipitazione degli elementi alliganti che determinano uno stato di
instabilità elettrochimica puntuale. La maggior parte delle leghe da trattamento termico è
suscettibile di corrosione intergranulare ma l’estensione del processo non pone normalmente
particolari limiti pratici.
A volte è la presenza di fessure, di interstizi o di zone schermate da depositi, spesso formati
dai prodotti di corrosione, a favorire locali disuniformità e quindi la formazione e lo sviluppo
di attacchi localizzati che, a seconda dei casi, prendono il nome di attacco interstiziale, in
fessura, sotto schermo o sotto deposito. Altre volte sono fenomeni di natura meccanica quali
turbolenza, urto di liquidi, abrasione, cavitazione presenti nella soluzione a contatto con la
superficie metallica oppure condizioni di sfregamento che provocano la rottura del film
protettivo che spesso ricopre la superficie metallica. Si parla in questi casi di corrosione per
turbolenza, urto di liquidi, abrasione, cavitazione (Figura 4).

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Figura 4 – corrosione per cavitazione su girante di una pompa in acciaio inossidabile


AISI 304

TERMODINAMICA DELLA CORROSIONE

Per un sistema nel quale si possa produrre una modificazione chimica, in particolare a
causa di un processo di corrosione, descritta da una reazione del tipo:
aA + bB + … → cC + dD + …
si definisce energia libera una funzione di stato G (G = H - T S) la quale con la sua
diminuzione al procedere della reazione misura il lavoro motore disponibile per il
prodursi di tale processo. A questa diminuzione, che indichiamo con −ΔG, si dà anche il
nome di affinità di reazione. L'esistenza di un lavoro motore positivo (−ΔG > 0 e quindi
ΔG < 0) è condizione necessaria per lo svolgimento di una reazione. Viceversa lo
svanire del lavoro motore (ΔG = 0) oppure la presenza di un lavoro motore negativo
(cioè ΔG > 0) sono condizioni sufficienti per escludere la possibilità che la reazione si
produca. Nel primo caso (ΔG = 0) siamo in condizioni di equilibrio per la reazione, nel
secondo caso (ΔG > 0) il sistema tende ad evolvere in senso contrario a quello indicato a
meno che non si ricorra ad apporti energetici esterni.
La valutazione concreta della variazione di energia libera ΔG associata ad una qualsiasi
reazione, implica la conoscenza delle specie chimiche partecipanti e dei loro livelli
termodinamici. Tali livelli termodinamici sono esprimibili: nel caso di specie in soluzione
mediante le attività delle specie stesse, cioè in termini della loro concentrazione e di un
opportuno coefficiente correttivo, che mette in conto gli effetti ambientali, detto coefficiente
di attività; nel caso di specie gassose mediante le fugacità delle specie stesse, cioè in termini

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della loro pressione e di un opportuno coefficiente correttivo, che mette in conto gli effetti
ambientali, detto coefficiente di fugacità.
Il ΔG di reazione per la reazione soprascritta si può esprimere come

dove ΔG0 è la variazione di entalpia libera della reazione fatta avvenire in condizioni
standard e cioè: con attività unitaria per le specie in fase liquida e solida, e fugacità 1 atm per
le specie gassose; R è la costante universale dei gas pari a 8,314 J/mole°K; T la temperatura
assoluta in K; e, infine, le ai sono le attività delle specie i elevate al rispettivo coefficiente
stechiometrico.

CINETICA DELLA CORROSIONE

In un processo corrosivo, il materiale metallico subisce una perdita di massa. Se l’approccio


termodinamico ed il calcolo del segno di ΔG consente di ottenere informazioni circa la
possibilità che la reazione di corrosione avvenga, è altrettanto importante conoscere l’entità
di tale fenomeno nel tempo. In condizioni di attacco uniformemente distribuito alla
superficie del materiale metallico, la velocità di perdita di massa per unità di superficie
esposta all'ambiente aggressivo (vcor,m) misura nel tempo l'entità del danno provocato
dall'attacco stesso ed è esprimibile come:
1
vcor ,m = Δm
At
dove Δm è perdita di massa che si verifica nel tempo t ed A l'area della superficie esposta. Se
Δm è espressa in mg, A in dm2, t in giorni si ha l'unità pratica 1 mg / dm2 giorno = 1 mdd.
La velocità di perdita di massa (vcor,m) risulta immediatamente significativa qualora
interessi conoscere la quantità di metallo che va ad inquinare in certo periodo di tempo un
determinato ambiente. E' il caso ad esempio dell'attacco che in certe condizioni può prodursi
sullo stagno che ricopre le pareti di contenitori di sostanze alimentari e va a inquinarne il
contenuto.
Viceversa qualora sia più importante seguire nel tempo l'assottigliamento (la perdita di
spessore) di un determinato pezzo soggetto sempre a corrosione uniforme, è più significativa
la conoscenza della velocità di penetrazione dell'attacco (vcor,p) che è direttamente legata a
quella di perdita di massa attraverso la densità del materiale metallico (ρ)
Infatti la velocità di penetrazione dell'attacco in un materiale di densità r è esprimibile
come:
1 v
vcor , p = Δm = cor , p
ρAt ρ
L’unità di misura della velocità di corrosione più usata è il µm/anno.
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In generale la velocità di penetrazione si calcola conoscendo la perdita di massa subita


dal materiale attaccato per un certo tempo con formule, facilmente deducibili, del tipo:
87.6
vcor , p = Δm
ρAt
con Δm in mg; ρ in g/cm3; A in cm3; t in ore e con vcor,p espressa in mm/anno. La
costante 87,6 tiene conto del fatto che in un anno ci sono 8760 ore.
In condizioni di attacco localizzato la velocità di perdita di massa (vcor,m) e quella di
penetrazione (vcor,p) sopra definite, che sono velocità medie, non sempre forniscono una
misura del danno provocato dal fenomeno corrosivo, in quanto in corrispondenza alle
zone corrose la localizzazione dell'attacco porta a penetrazioni anche di gran lunga
superiori a quella media.
Infatti per valutare il danno provocato, ad esempio per definire la velocità di perdita di
efficienza di un'apparecchiatura, può essere molto più espressiva la velocità di
penetrazione misurata nel punto di massimo attacco. E' chiaro infatti che un serbatoio o
una tubazione perdono la loro efficienza non quando siano stati completamente corrosi,
ma nel momento in cui la penetrazione dell'attacco, eventualmente anche in un sol
punto, sia giunta ad interessare l'intero spessore degli stessi (nel caso di recipienti in
pressione ancora prima).

COSTI DELLA CORROSIONE

I processi di corrosione riguardano tutti i campi dell'ingegneria industriale, e civile con


particolare riferimento ai settori navale, dei trasporti, delle telecomunicazioni, elettrico,
del cemento armato, delle opere off-shore, dell’energia, dell’aviazione, siderurgico,
chimico, petrolchimico, alimentare e non ultimo quello biomedico.
Comportando la distruzione del materiale metallico, la corrosione provoca danni ingenti,
consuma materie prime e risorse energetiche, e non raramente causa anche incidenti; è
quindi un fenomeno di notevole peso economico e per certi aspetti presenta anche
importanti risvolti sociali.
Alcuni esempi molto famosi ci aiutano a focalizzare la questione ed a comprenderne le
reali dimensioni.
La Tour Eiffel, realizzata in acciaio per l’Esposizione Universale del 1889 di Parigi, è
sottoposta a una corrosione atmosferica così intensa che deve essere interamente
riverniciata periodicamente con costi dell’ordine di vari milioni di euro.
Leggermente diverso ma non meno rilevante sul piano economico è il problema della
statua della libertà a New York. Fu realizzata nel 1884 con una struttura portante in
acciaio ed un rivestimento in rame che l’hanno esposta ad una corrosione galvanica così
seria che nel 1986 si è reso necessario un restauro completo con sostituzione di materiali
che ha comportato una spesa pari a circa settanta milioni di dollari.
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Più modestamente le ringhiere dei nostri terrazzi e le cancellate dei nostri giardini sono
soggette ad un costoso degrado corrosivo, ancora più serio se abitiamo vicino al mare dove
l’ambiente ricco di cloruri accelera ed accentua i processi corrosivi ad opera dell’atmosfera.
Una valutazione più analitica e completa dell’entità dei danni causati dalla corrosione fa
ritenere che i costi legati alla corrosione raggiungano nei paesi industrializzati dimensioni
tutt’altro che trascurabili. In questa valutazione dei danni si tiene conto del valore intrinseco
dei materiali metallici da sostituire e del costo della manodopera che comporta l’operazione
di rimpiazzo, cioè si computano i danni causati dai fenomeni corrosivi attraverso arresti di
esercizio, cattivo funzionamento degli impianti, inquinamento e perdita di prodotti, ma anche
di cedimenti improvvisi di parti di impianti o di strutture, con tutti i pericoli conseguenti per
le persone.
La U.S. Federal Highway Administration (FHWA) ha recentemente pubblicato uno studio2
sui danni che la corrosione dei metalli provoca negli Stati Uniti. Sono stati analizzati ventisei
settori (risultati in Figura 5) suddivisi in cinque categorie: infrastrutture, servizi, trasporti,
industrie manifatturiere e di processo, amministrazione.

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Pubblicazione No. FWWA-RD-01-156 del 30 settembre 2001 riferita al triennio 1999-2001.
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Figura 5 – costi di corrosione per settore economico (miliardi di dollari)

Iniziato dalla NACE International (National Association of Corrosion Engineers, la più


autorevole associazione internazionale di corrosionisti) e commissionato nel 1999 dal
Congresso degli Stati Uniti come parte del Transport Equity Act per il 21° secolo,
questo studio, dal titolo “Costi della corrosione e strategie per la sua prevenzione negli
Stati Uniti”, è stato condotto dal 1999 al 2001 dalla Società Technologies Laboratories,
Inc. con il supporto della stessa FHWA e della NACE.
Lo studio mostra che costi diretti per gli Stati Uniti raggiungono l'astronomica cifra di
276 miliardi di dollari, pari a circa il 3,1 per cento del prodotto interno lordo e che una
valutazione cautelativa di quelli indiretti porta a una somma dello stessa entità. Questo
significa che i costi totali raggiungono 552 miliardi di dollari, cioè più del 6 per cento
del prodotto interno lordo (che per gli Stati Uniti è stato nel l998 di 8790 miliardi di
dollari), e corrispondono a 1940 dollari all'anno per ogni cittadino americano.
Lo studio precisa inoltre che un miglioramento delle misure di prevenzione della
corrosione basato sulla semplice applicazione delle conoscenze già disponibili potrebbe
ridurre i danni della corrosione negli USA del 25-30%. Applicando le percentuali
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riportate al prodotto interno lordo del nostro paese il risparmio ottenibile se tutti
conoscessero le leggi che regolano i fenomeni corrosivi e le applicassero, sarebbe di una
somma superiore a quella che lo Stato stanzia, ad esempio, per la ricerca.

Valutazione tecnico-economica

Le ingenti cifre legate ai danni causati dalla corrosione hanno richiesto un approccio sempre
più specialistico anche dal punto di vista strettamente economico.
La corrosione dei materiali metallici costituisce un costo rispetto ad un caso ipotetico in cui
la corrosione non esistesse. La conoscenza dei fenomeni di corrosione mette a disposizione
una serie di tecniche da attuare per prevenire e controllare la corrosione; ma l’applicazione di
queste tecniche richiede spesso un notevole esborso economico.
L’analisi economica ha dimostrato come il costo attuale della corrosione possa essere ridotto
mediante l'attuazione di pratiche di gestione ottimale alla corrosione, che prevedono
un’accorta analisi costi-benefici applicata allo studio del ciclo di vita (LCA) del prodotto,
della costruzione o dell’impianto che si deve analizzare. In alcuni casi risulterà che la
prevenzione di guasti da corrosione può giustificare costi anche molto elevati, mentre in altri
casi, un guasto alla corrosione potrebbe avere un impatto minimo e una semplice sostituzione
di una parte a basso costo potrebbe essere la soluzione più economica. L’ analisi costi-
benefici deve valutare entrambe le controparti di questo delicato equilibrio economico.
La più importante classificazione dei costi che compongono il costo annuale di corrosione li
suddivide in costi diretti e costi indiretti.

I costi diretti
In economia i costi diretti sono quei costi facilmente imputabili ai beni acquistati, come per
esempio il costo d’acquisto, che è un costo agevolmente determinabile e attribuibile ai
prodotti interessati.
I costi diretti legati alla corrosione sono costituiti da due componenti principali:

• i costi di progettazione, fabbricazione e costruzione, che includono la selezione dei


materiali l’impiego di materiale aggiuntivo legato ad esempio all'aumento di spessore della
parete di tubature o contenitori, l’impiego di materiale per rivestimenti, sigillanti, inibitori di
corrosione e protezione catodica, e comprendono anche i costi della manodopera e delle
attrezzature necessarie;

• i costi di gestione connessi ad ispezioni, manutenzione, riparazioni, sostituzione


delle parti corrose, inventario dei componenti di ricambio, perdita di tempo produttivo.

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I costi indiretti

Generalmente i costi indiretti sono invece quei costi non imputabili direttamente ai
prodotti, perché inerenti le spese generali, riguardanti cioè l’azienda nel suo complesso.
Nell’ambito della valutazione dei danni da corrosione comprendono quindi costi
correlabili in qualche modo all’evento corrosivo. A loro volta questi possono essere di
natura esclusivamente economica, come ad esempio la mancata produzione di un bene o
erogazione di un servizio in seguito ad un guasto da corrosione, o anche di natura
sociale, intendendo con questa espressione i danni all’ambiente e alle persone.
Esempi di danni indiretti sono: la mancata produzione; la contaminazione di prodotto
(ad esempio acqua potabile nel caso di corrosione di un sistema di distribuzione
dell’acqua) che può interessare alimenti, prodotti chimici, farmaceutici o alimentari nel
caso di corrosione di impianti per la produzione.
La fuoruscita di prodotti e relativa contaminazione dell’ambiente, o la fuoruscita di
prodotti nocivi possono causare di fatto costi indiretti; anche i costi legati alla ricerca
possono sicuramente essere annoverati nella categoria dei costi indiretti.
Alcuni danni non possono essere quantificati economicamente: sono i danni che
colpiscono il patrimonio etico e culturale dell’uomo. Questi riguardano la salute e la
vita, il patrimonio culturale, l’ambiente; in questi casi il danno è moralmente
inaccettabile e il rischio dovrebbe essere ridotto a valori molto bassi indipendentemente
dai costi delle azioni protettive.
Un’analisi dei costi legati alla corrosione che non tenga conto di tutti i costi indiretti
risulterebbe fortemente in difetto.

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PRINCIPALI TECNICHE DI PROTEZIONE DALLA CORROSIONE

Appare a questo punto elementare come un’azione preventiva ben condotta possa
portare vantaggi enormi dal punto di vista economico, della sicurezza e della tutela
ambientale. Un valido piano di protezione dalla corrosione dovrebbe essere
perfettamente integrato con il Life Cicle Assestment dell’impianto o del manufatto
metallico che si intende realizzare, pertanto sono fondamentali:
• la progettazione, con particolare attenzione alla presenza di interstizi, di
cavità di raccolta di acqua, e umidità, di sfiati, di sollecitazioni meccaniche
e termiche;
• la scelta dei materiali più idonei in relazione all’aggressività
dell’ambiente;
• la manutenzione che deve prevedere fin dalla fase di progettazione
ispezioni periodiche con osservazione diretta e con metodi non distruttivi.
La scelta dei metodi di protezione può essere attiva quando le azioni mirano a ridurre la
velocità delle reazioni elettrochimiche, oppure passiva quando l’azione consiste nella
presenza di una barriera che impedisce alle specie aggressive (acqua, ossigeno, ioni) di
giungere sulla superficie metallica.
Un altro tra i vari modi di classificazione dei metodi di protezione contro la corrosione
che si trovano in letteratura, ne prevede la suddivisione arbitraria in metodi cinetici e
metodi termodinamici.
I metodi cinetici, che secondo la precedente classificazione sono metodi attivi,
permettono di agire direttamente sui parametri legati alla cinetica della corrosione
(densità di corrente di scambio anodica e catodica I0,a e I0,c , coefficienti di Tafel
anodici e catodici ba e bc, aree anodiche e catodiche Sa e Sc). In tale categoria possono
essere ricordati:
• l’impiego degli inibitori;
• l’impiego dei rivestimenti;
• in una certa misura, la passivazione anodica.
I metodi termodinamici consistono sostanzialmente nel diminuire la differenza di
potenziale standard alle reazioni degli elettrodi; si possono citare in tale categoria:
• la scelta dei metalli;
• la protezione catodica, che permette di posizionare il metallo nella sua
zona di immunità.

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Impiego dei rivestimenti: Coatings protettivi

I rivestimenti (coatings) costituiscono una barriera fisica fra l’ambiente aggressivo


ed il metallo da proteggere. La loro efficacia dipende dal loro comportamento in
presenza dell’ambiente aggressivo. Nell’analisi dei metodi di protezione dalla corrosione
attualmente impiegati a livello industriale,il settore dei rivestimenti costituisce quello più
vario per tipologia di materiali impiegati e di settori di utilizzo.
Dalle semplici vernici utilizzate inizialmente per creare una barriera fisica tra
superficie del metallo ed ambiente circostante, l’evoluzione tecnologica si è spinta fino
al livello dei film sottili protettivi: rivestimenti nanostruttrati con vari spessori e varie
proprietà funzionali. I rivestimenti a base di materiali inorganici quali metalli, ossidi e
nitruri di metallo o a base di materiali organici con l'eventuale introduzione di
nanoparticelle o nanofibre consentono di ottenere proprietà multifunzionali che
permettono il miglioramento di molte applicazioni industriali trovando ampio spazio nei
settori industriali di energia, spazio e trasporti, elettronica, biotecnologie, chimica e
petrolchimica, salute, ambiente, difesa e sicurezza.
Tra i trattamenti per rivestimento più tradizionali e radicati nell’industria, si
possono distinguere:

Rivestimenti metallici, ottenuti per:


- elettrolisi (Zn, Ni, Cr, Cu, Cd, ...)
- immersione (Zn, Sn, Al)
- diffusione di un elemento di lega (Zn, Al)
- placcatura, su prodotti piani durante la laminazione a caldo (saldatura per
diffusione). Sono placcati anche su acciaio al carbonio: acciai inossidabili, ottone,
nickel, cupro-nickel, rame, ecc.
Rivestimenti non metallici
- pitture, vernici contenenti eventualmente degli inibitori di corrosione;
- smalti, vetri;
- materie plastiche, gomme;
- fosfatazione;
- ossidazione anodica (Al) oppure chimica (Mg).
Nel capitolo 2 ci si soffermerà in particolar modo sui coatings realizzati mediante
modifica superficiale sotto vuoto.

Impiego di metalli passivabili

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Certe leghe sono allo stato passivo in un certo numero di ambienti: essi sono
quindi utilizzabili senza che sia necessaria una protezione supplementare. Praticamente
sono utilizzabili i metalli che presentano una zona di passivazione sufficientemente
estesa. Essi sono principalmente:
Gli acciai inossidabili, la cui passivazione è dovuta alla presenza in lega del Cr.
Le leghe di alluminio, per le quali è l’elemento base Al che è passivabile. Dato che
l’alluminio è attaccabile in ambiente acido (→Al3+) ed in ambiente basico (→Al(OH) -4
), l’impiego di queste leghe è limitato a quegli ambienti in cui il pH è compreso fra 4 e 9.
Come per gli acciai inossidabili, le leghe di alluminio possono presentare delle
corrosioni per vaiolatura, cavernosa, intergranulare e sotto tensione. Inoltre esse sono
sensibili all’accoppiamento galvanico (ε0Al/Al 3 + = -1.66 V/SHE). Gli accoppiamenti più
pericolosi sono quelli con le leghe di rame, gli acciai comuni, la grafite ed anche alcune
altre leghe di alluminio. Inoltre gli ioni Ni2+, Cu2+, Hg2+ presenti nell’ambiente possono
essere ridotti direttamente ed i depositi metallici risultanti possono portare ad una
corrosione galvanica severa.
Le leghe di titanio: Il titanio si passiva facilmente nell’acqua e negli acidi
ossidanti. Grazie alla stabilità del suo strato passivato, è utilizzato principalmente in
ambienti neutri e clorurati (industria del cloro, scambiatori in ambiente marino).
Le leghe di nickel: relativamente nobile e difficilmente passivabile, il nickel è
principalmente utilizzato sotto forma di leghe con Cr (Inconel 600), con Cr-Mo (Inconel
625, Hastelloy C): queste leghe sono facilmente passivabili come gli acciai inossidabili,
e permettono di risolvere i problemi che non possono essere trattati con gli acciai
inossidabili. Ad esempio, l’impiego di Inconel 625 permette di risolvere i casi di
corrosione per vaiolatura o cavernosa in ambiente marino. Inoltre le leghe nickel-rame
(Monel), nickel-molibdeno (Hastelloy B), sebbene difficilmente passivabili, sono più
nobili del nickel: ad esempio, esse sono impiegate negli acidi concentrati caldi non
ossidanti, come HCl e HF.
Le leghe di zirconio: lo zirconio è passivabile molto facilmente e può essere
utilizzato anche negli acidi non ossidanti. Invece il suo strato passivo è meno stabile in
ambiente clorurato di quello del titanio. Impiego specifico: lega Zircalloy 2 oppure 4
nelle centrali nucleari per la sua resistenza alla corrosione in vapore d’acqua fino a
350°C (lo Zr è caratterizzato da una sezione d’urto di cattura dei neutroni estremamente
bassa).
Il tantalio è passivabile molto facilmente e gli strati di passivazione formati sono
molto stabili. Esso detiene il “record” di resistenza alla corrosione in ambienti aggressivi
contenenti HF, F- , SO3 2- ( oppure SO4 2-, ) e basi forti. Malgrado il suo costo molto
elevato, esso costituisce talvolta la sola soluzione per i casi estremi (industrie
dell’H2SO4, degli alogeni, farmaceutiche, etc.).

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Protezione anodica

Essa consiste nell’aumentare la tensione metallo-ambiente in modo da portarlo nella


sua zona di passivazione. Può essere realizzata mediante:
• l’impiego di catodi statici, convenientemente distribuiti sulla struttura da proteggere e
costituiti da metalli più nobili;
• l’impiego di un potenziostato che porta la struttura al di sopra della tensione di Flade
e la mantiene fra i due limiti di passivazione.
Questa tecnica viene impiegata nelle industrie dell’acido solforico, dell’acido
fosforico, negli ambienti alcalini e per alcuni sali (alogenuri esclusi).

Protezione catodica.

La protezione catodica consiste nell’abbassare la tensione metallo-ambiente in modo da


portarla nella zona di immunità può essere attuata principalmente tramite due
procedimenti:
• sistema a corrente impressa: il metallo da proteggere è portato ad un potenziale
elettrico di sicurezza mediante una corrente impressa da una forza elettromotrice
(f.e.m.). Il collegamento deve essere tale che il metallo si comporti da catodo
mentre l'anodo è una diversa parte metallica generalmente destinata a consumarsi
(anodo solubile); nella pratica la f.e.m. è generalmente fornita da un alimentatore
in corrente continua adeguato allo scopo.
• accoppiamento galvanico: il metallo da proteggere (che deve assumere la funzione
di catodo) è collegato ad un metallo di tipo diverso e più elettronegativo che funga
spontaneamente da anodo sacrificale (seguendo questa tecnica, il ferro da
proteggere deve essere collegato con l'alluminio, lo zinco o il magnesio). L'anodo
sacrificale è destinato al progressivo consumo nel tempo e può essere necessaria la
sua sostituzione periodica. Un utilizzo classico è quello sullo scafo metallico delle
navi.
Una sovraprotezione troppo importante rischia di introdurre degli inconvenienti dovuti
alla reazione catodica: formazione di idrogeno gassoso per riduzione dei protoni,
alcalinizzazione dell’ambiente per riduzione dell’O2 disciolto, processo che può portare
alla distruzione parziale dei rivestimenti protettivi della struttura.

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I costi della corrosione nelle piattaforme Off shore

Sono disponibili statistiche3 che riguardano i danni causati dalla corrosione nell’industria
di estrazione del petrolio e del gas, con particolare riferimento all’offshore. Nel Mare del
Nord per esempio, si stima che il 60% dei costi di manutenzione siano da attribuire alla
corrosione. Nella stessa area, un’analisi delle rotture delle condotte marine, avvenute tra
il 1974 e il 1982, ha permesso di concludere che la corrosione ha causato il 38% delle
rotture stesse.
Nelle condotte offshore si stima che la corrosione causi il 41.3% dei casi di rottura
raccolti nella banca dati4. Le stime dei costi della corrosione possono essere applicate
nell’ambito di metodologie – come per esempio la Risk Based Inspection – che
l’industria può usare per prendere decisioni sulla gestione degli impianti.
Eni Divisione Agip, azienda di punta del settore, ha maturato vasta esperienza
sull’argomento in un’attività di ricerca svolta a partire dal 1994 e mirata proprio a
definire i metodi per il calcolo dei costi della corrosione.
Questi, nell’industria di estrazione del petrolio e del gas, tendono ad aumentare con lo
sviluppo di campi petroliferi in ambienti sempre più aggressivi, con pozzi sempre più
profondi, temperature e pressioni più elevate, maggiori concentrazioni di elementi
aggressivi, quali CO2, H2S, cloruri.
Nella stima del costo della corrosione, Eni Divisione Agip tiene conto sostanzialmente
di tre categorie di costi: costi di investimento iniziale (Capex), costi di gestione (Opex) e
costi legati al rischio.
Sono state messe a punto e applicate in campo delle procedure per stimare il costo non
solo per quanto riguarda la fase di costruzione, ma anche durante tutta la vita
dell’impianto. Si può così, per esempio, in fase di selezione del materiale scegliere
quello che non solo ha una migliore performance, ma che permette un risparmio nella
fase di gestione.
Di seguito vengono meglio definite le tre classi di costo sopra citate:
• Capex: questa voce comprende investimenti per il controllo della corrosione
della struttura nuova e anche durante la vita operativa. Nei costi Capex sono anche
compresi i costi per la ricerca, quelli del sovraspessore di corrosione, i rivestimenti e le
pitture, la protezione catodica, i sistemi di inibizione e le leghe resistenti alla corrosione

3
Dati e riferimenti tratti da: “Il costo della corrosione” di Giovanna Gabetta/EniTecnologie e
Paolo Cavassi/Eni Divisione Agip pubblicato su Upstream e materiali - Tpoint 3/2001.
4
Vieth, P.H., “Analysis of DOT Reportable Incidents 1985 through 1994”, 9th Symposium on
Pipeline Research, Houston, Sept. 30 – Oct. 2, (1996).
25
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(CRA). Per chiarezza si può precisare che come costo delle CRA si intende la differenza
di costo tra lo stesso componente realizzato in acciaio al carbonio e in CRA.
• Opex: in questa voce sono incluse tutte le spese associate all’attività di
produzione: inibitori, controlli non distruttivi, monitoraggio della corrosione,
manutenzione dovuta a problemi di corrosione (compresa la mancata produzione).
• Rischio di corrosione: questa classe di costo considera il rischio di un evento
corrosivo: è una somma di denaro che deve essere messa da parte e usata quando
l’evento avviene. Il rischio di corrosione è calcolato come prodotto della probabilità
annuale che avvenga l’evento per l’entità economica delle conseguenze attese.
Seguendo questo schema, i costi dovuti alle rotture (con i relativi Capex, Opex e
mancata produzione) sono compresi in questa classe. Tutti gli elementi del costo della
corrosione possono essere calcolati per ogni singolo campo petrolifero, o piattaforma. I
valori ottenuti possono essere messi in correlazione con un indice (Corrosion Index, CI)
che tiene conto della corrosività del sito.
Questa valutazione è importante per due motivi: permette da un lato una prima
stima dei costi dovuti alla corrosione in ogni nuovo progetto e consente dall’altro un
riesame critico dei problemi e dei rimedi utilizzati in un certo periodo di tempo, con lo
scopo di pianificare azioni che permettano di ridurli in futuro.
La formula per il calcolo del CI considera prima di tutto la “corrosività interna”,
che valuta la presenza di componenti aggressive nel fluido di produzione e le condizioni
di temperatura e pressione. Viene poi presa in considerazione la “corrosività esterna”,
che attribuisce un peso diverso agli ambienti (offshore e onshore) a seconda della loro
aggressività.
Uno studio completo del costo della corrosione è stato eseguito per una serie di
campi di Eni Divisione Agip. In particolare, lo studio si riferisce al T-Block, nel Mare
del Nord, che comprende tre campi:
•Tiffany, una piattaforma offshore;
•Toni e Thelma, due campi aventi in totale 12 pozzi con testa-pozzo sottomarina.

La produzione totale di questi tre campi alla fine del 1996 era in media di 64.000 barili
al giorno. Si tratta di campi che hanno iniziato la produzione nel 1994, con investimento
iniziale piuttosto elevato (materiali di alta qualità). Questo fa sì che il Capex sia
decisamente maggiore dell’Opex. Il Rischio di corrosione è stato stimato tenendo conto
dei meccanismi di rottura che si potrebbero verificare in ciascuna classe di componenti.
Per il 1996, i costi possono essere così suddivisi:

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Capex 6
1%
Opex 8
%;
Rischio 3
1%

I risultati dello studio effettuato per il T-Block sono stati paragonati a quelli ottenuti con
un analogo studio sul campo di Bouri nel Mediterraneo, sul campo di Zatchi in Congo e
con una serie di campi onshore, che sono stati indicati con le lettere A, B, C, D, e E. In
Figura 6 è riportato l’andamento del Capex (unitario cioè $ per Tonnellata di Petrolio
Equivalente Prodotta, Toe) in funzione dell’indice di corrosività stimato per tutti questi
campi diversi.

Figura 6 – costi di investimento in funzione di un indice di corrosione

Il grafico evidenzia la tendenza ad avere investimenti tanto più elevati quanto più è alto
l’indice di corrosività. Il dato è tuttavia influenzato dalla produzione,come per esempio
si evidenzia osservando che il T-Block, a causa dell’alta produttività, si posiziona al di

27
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sotto della linea di riferimento. In Figura 7 è riportato l’andamento dell’Opex unitario


sommato al costo del Rischio di corrosione, anch’esso unitario. In questo grafico è stato
introdotto un parametro che tiene conto anche dell’età del campo.
Il parametro in questione è stato chiamato OCI (Operating Corrosion Index) ed è uguale
al Corrosion Index già introdotto in precedenza, moltiplicato per un fattore correttivo
proporzionale all’età del campo.

Figura 7 – costi di gestione in funzione di un indice operativo di corrosione

Anche in questo caso si può affermare che il valore dei costi (Opex più Rischio) tende
ad aumentare all’aumentare della corrosività. Va notato comunque che il T-Block ha un
basso valore di OCI perché l’indice tiene conto dell’età del campo. Il punto che descrive
il campo di Zatchi è molto al di sopra della linea, e questo è dovuto a un grosso inciden-
te avvenuto nel primo anno di vita della piattaforma: un problema nella progettazione
della protezione catodica che ne ha richiesto la completa sostituzione.
Estrapolando questi risultati alla realtà operativa di Eni Divisione Agip nel suo
complesso, è stato ricavato un costo annuale della corrosione vicino ai 90 miliardi
Lit/anno. Rispetto alla produzione totale in Italia nel 1993, espressa come gas ed
equivalente a 20.8 miliardi di metri cubi standard, il costo unitario di corrosione è
risultato essere attorno a 4 lire al metro cubo. Un altro risultato significativo: i costi
operativi dovuti alla corrosione rappresentano circa il 10% del totale degli Opex Agip.

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Uno studio analogo condotto dalla BP ha stimato il costo della corrosione pari all’1,5%
del fatturato5. La stima dei costi dovuti alla corrosione permette di correlare l’impatto
economico della corrosione a una serie di parametri fisici e tangibili del campo preso in
considerazione.
L’applicazione di questi studi in fase di progettazione, per esempio, può essere d’aiuto
nella scelta dei materiali e di soluzioni che permettano di prevedere la vita di un
impianto. Se infatti, come si sostiene da più parti, è vero che il costo della corrosione
potrebbe essere evitato in misura del 15-20% applicando le migliori tecnologie
disponibili, questo tipo di approccio potrebbe essere di aiuto nel localizzare e nel dare
priorità alle aree “deboli”, in modo da pianificare gli interventi manutentivi, ottimizzare
l’impiego di risorse, dare i giusti indirizzi alle attività operative e di ricerca, con in più la
possibilità di ridurre i costi totali.

5
Kermani, M.B., Harrop, D., “The Impact of Corrosion on Oil and Gas Industry”, SPE Middle
East Oil Show, Bahrain, March 11-14 (1995).
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