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Metallografia e

corrosione dei
giunti saldati
Pubblicato nel 2013
IIS Progress s.r.l., Gruppo Istituto Italiano della Saldatura
Lungobisagno Istria, 15 16141 Genova (Italia)
Telefono (010)83411
Fax (010)8367780
www.iisprogress.it

Copyright © Istituto Italiano della Saldatura – Ente Morale - 2008


Tutti i diritti sono riservati a norma di legge
e a norma di convenzioni internazionali.
INDICE

Capitolo 1. METALLOGRAFIA DEI GIUNTI SALDATI .................................................. 1


1.1. Metallografia della saldatura con sistemi ottici ........................................ 1
1.1.1. Preparazione dei provini ............................................................... 1
1.1.2. Esame macrografico ..................................................................... 4
1.1.3. Esame micrografico ...................................................................... 5
1.2. Microscopia elettronica ............................................................................ 7
1.2.1. Microscopio elettronico a trasmissione ......................................... 7
1.2.2. Microscopio elettronico a scansione ............................................. 8
1.3. Altri esami strutturali .............................................................................. 10
1.3.1. Impronta Baumann...................................................................... 10
1.3.2. Diffrazione a raggi X.................................................................... 10
1.3.3. Frattografia .................................................................................. 11

Capitolo 2. CORROSIONE ............................................................................................ 13


2.1. Generalità .............................................................................................. 13
2.1.1. Processo di corrosione ad umido................................................ 13
2.1.2. Processo di corrosione a secco .................................................. 18
Prefazione

A seguito dell’armonizzazione a livello internazionale dei percorsi di qualificazione


degli “Ingegneri e dei Tecnologi di Saldatura”, meglio identificati, con la terminolo-
gia ufficiale, come International Welding Engineer e International Welding Te-
chnologist, l’IIS , organismo nazionale autorizzato (sia dall’European Welding Fe-
deration che dall’International Institute of Welding) all’implementazione dei corsi
per il conseguimento dei suddetti Diplomi di Qualificazione, ha ritenuto opportuno
raccogliere gli argomenti delle lezioni dei corsi in una nuova collana di dispense
intitolata “Saldatura: aspetti metallurgici e moderne tecnologie di fabbricazione”. I
diversi volumi affrontano il complesso tema della saldatura in tutti i suoi aspetti,
dalla metallurgia generale e saldabilità delle leghe ferrose e non ferrose ai più
recenti ed avanzati processi di giunzione, dando ampi approfondimenti sulle più
innovative tendenze tecnologiche e sul comportamento metallurgico di materiali di
ultima generazione.
Essi rappresentano, quindi, il mezzo didattico più idoneo per la preparazione mul-
tidisciplinare del personale addetto al coordinamento delle, spesso complesse,
attività di fabbricazione mediante saldatura, ma sono anche un valido strumento
per la diffusione della conoscenza tecnico-scientifica nell’ambito di Università,
Organizzazioni di ricerca e di tutte le realtà industriali ove si vogliano approfondire
tali problematiche.
Questo volume, dedicato alla metallografia ed alla corrosione dei giunti saldati, è
stato elaborato dagli ingegneri della Divisione Formazione dell’IIS, ai quali va un
doveroso ringraziamento.

Il Segretario Generale IIS


Genova, Giungo 2008
Metallografia dei giunti saldati

1. METALLOGRAFIA DEI GIUNTI SALDATI


1.1. Metallografia della saldatura con sistemi ottici

L'esame delle caratteristiche strutturali può essere effettuato o con metodi macroscopici (ad oc-
chio nudo o con deboli ingrandimenti) o con metodi microscopici (ad ingrandimenti elevati); in o-
gni caso è necessaria una preparazione della superficie del pezzo da esaminare consistente in
una lucidatura e attacco chimico per evidenziare i vari costituenti.
Nei paragrafi successivi saranno descritte le modalità di preparazione dei provini, le modalità di
esecuzione e le finalità dell’esame.

1.1.1. Preparazione dei provini

La prima fase di preparazione del provino per l’analisi metallografia consiste nell’estrazione di una
sezione del componente saldato, con metodi tali da non alterarne significativamente le caratteri-
stiche; si escludono pertanto sistemi all’arco o alla fiamma che potrebbero alterare termicamente
le caratteristiche del componente (il loro uso può essere limitato ad una primo sezionamento del
componente, in zone opportunamente distanti da quelle successivamente analizzate) mentre si
prediligono dunque sistemi meccanici, sempre in presenza di abbondante acqua o acqua con
aggiunta di lubrificante idrosolubile.

Figura 1.1 - Punti di prelievo di sezioni macro su


un tallone di saldatura

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Metallografia e corrosione dei giunti saldati

Figura 1.2 - Macrografia di un giunto saldato


Le sezioni sono generalmente prelevate trasversalmente alla direzione di saldatura, per lo studio
delle strutture di solidificazione e delle alterazioni termiche imposte dalla saldatura o, più rara-
mente, in senso longitudinale, parallelamente o perpendicolarmente alla superficie del pezzo, per
permettere lo studio della struttura metallografia nella direzione di saldatura.
Per l’esame microgarifico, in considerazione delle dimensioni generalmente ridotte dei provini,
può essere opportuno inglobare il provino su un supporto (in genere di materiali plastici), allo sco-
po sia di migliorare la maneggiabilità sia di preservare tutti gli spigoli (intagli, cricche, sovrametal-
lo, ecc.) durante le successive operazioni di levigatura. I sistemi di inglobamento possono essere
molto diversi, e tutti comunque accettabili, purché non alterino le caratteristiche del componente
esaminato. In termini generali, è possibile distinguere tra sistemi a caldo, in cui il componente
viene pressato a caldo all’interno di un elemento di resina di bakelite o similari, e mantenuto fino
all’inglobamento ed infine raffreddato (questo sistema offre il vantaggio di una migliore preserva-
zione degli spigoli, anche se non possono verificarsi danneggiamenti dei componenti) e sistemi a
freddo, in cui si utilizzano resine epossidiche, che sono caratterizzate da minore ritiro termico e
dalla capacità di impregnare (soprattutto per i sistemi sottovuoto) e quindi preservare cavità come
cricche o porosità. In generale, le resine per l’inglobamento a caldo sono meno costose di quelle
per l’inglobamento a freddo, anche se è richiesta, nel primo caso, una pressa inglobatrice.
I provini per l’esame macrografico sono invece di dimensioni sufficientemente elevate, come mo-
strato ad esempio in figura 1.2, tale operazione non si rende in genere necessaria.
La lucidatura è in genere eseguita meccanicamente (sistemi manuali sono accettabili solo per
l’esame macrografico), utilizzando abrasivi di dimensioni via via più fini, fino all’ottenimento del
livello di levigatura previsto.
In generale si utilizza diamante che permette una veloce
rimozione del materiale ed il mantenimento della migliore
planarità possibile; tuttavia alcuni materiali, specialmente
quelli morbidi e duttili, richiedono una lucidatura finale per
ottimizzare la qualità del risultato.
La lucidatura viene eseguita mediante apposite macchine in
cui appositi panni vengono portati in rotazione (figura 1.3); la
scelta di quest’ultimi, così come quella del relativo lubrifican-
te, è funzione delle caratteristiche del materiale che deve
Figura 1.3 - Levigatrice per cam-
pioni metallografici (cortesia essere lucidato.
Struers)

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Metallografia dei giunti saldati

Nelle prime fasi di lucidatura vengono solitamente utilizzati


panni duri per materiali soffici e lubrificanti a bassa viscosità.
Per la lucidatura finale, al contrario, vengono utilizzati panni
più morbidi e lubrificanti con un indice di viscosità maggiore.
In ogni caso, particolare attenzione deve essere prestata
durante queste operazioni considerando che, a causa delle
alterazioni metallurgiche del ciclo termico di saldatura, è pos-
sibile trovare zone a durezza differente, le cui caratteristiche
geometriche e metalliche non devono, in ogni caso, essere
alterate. Figura 1.4 - Provini inglobati
In alternativa alla lucidatura con abrasivi, è possibile ricorrere a sistemi elettrolitici, dopo accurata
messa a punto dei parametri per garantire adeguata uniformità superficiale sulle differenti struttu-
re metalliche presenti sulle superfici esaminate. Il sistema può essere considerato particolarmente
efficace per l’esame ripetitivo di superfici con caratteristiche molto simili tra loro, come ad esem-
pio nel caso di prove di criccabilità. Infine, è opportuno considerare le caratteristiche dell’eventua-
le supporto, che non deve reagire chimicamente durante la lucidatura (in genere sono utilizzate
quelli di tipo epossidico).
La fase successiva è quella di attacco chimico, con un reagente con caratteristiche idonee; in par-
ticolare questo,rimuovendo lo strato superficiale del materiale, ed reagendo eventualmente con lo
stesso rende visibile la struttura metallurgica del campione, permettendone l’esame.
Gli attacchi coloranti (figura 1.5), che reagiscono determinando colorazioni differenti su strutture
diverse, sono particolarmente adatte a distinguere differenti fasi metalliche. In alternativa, quando
le fasi hanno differente comportamento magnetico, possono essere utilizzati campi magnetici per
accumulare sulle fasi a maggiore permeabilità magnetica un maggior numero di particelle magne-
tiche fine opportunamente disposte sul campione (si parla, impropriamente, di attacco magnetico).

Figura 1.5 - Attacco colorante su un acciaio inossidabile


austeno–ferritico (linea di fusione)

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Metallografia e corrosione dei giunti saldati

Materiale Attacco Note


HNO3 (2%) + Alcool Usato per attacchi micrografici; esercita un’azione
(Nital 2) preferenziale sul bordo grano
HNO3 (5÷10%) + Alcool
Usato per attacchi macrografici
Acciai al carbonio e (Nital 5 ÷ Nital 10)
basso-legati
Usato per attacchi micrografici: esercita un’azione
ACIDO PICRICO (4%) + alcool preferenziale sulle fasi contenenti carbonio e per-
(Picral) mette di evidenziare la perlite globulare, la perlite
lamellare e la martensite
Alcool + acido picrico + HCl
Per acciai inossidabili al solo Cr di tipo martensitico.
(Vilella)
Glicerina+HCl+HNO3 Per acciai inossidabili al solo Cr di tipo ferritico.
(Gliceregia) Sviluppa fumi nocivi.
Attacco elettrolitico di tipo acido per acciai inossida-
Acciai inossidabili Acqua ed acido ossalico
bili austenitici

Acqua ed idrossido di sodio (NaOH) o idros- Attacco elettrolitico di tipo alcalino per acciai auste-
sido di potassio (KOH); no-ferritici, per evidenziare la fase σ e la ferrite δ

Acqua con Acido Cloridrico e FeCl3 Attacco macrografico per acciai austenitici

Idrossido di sodio e acqua Attacco macrografico

Leghe di alluminio 2ml HF+3ml HCl+5ml HNO3+190 H2O


Attacco micrografico di tipo acido.
(reagente di Keller)
Rischio di danni alla pelle per contatto con HF.
H2O 200ml + HF 1 ml

Leghe di nichel Si vedano gli acciai inossidabili --

10ml HNO3 + 90 ml H2O


Attacchi macrografici
30 ml HCl + 10 ml FeCl + 120 ml H2O
Leghe di rame 20 ml NH4OH + 20ml H2O + 8 ml H2O2(3%)
5 g FeCl3 + 5-30 ml HCl + 100 ml alcool Attacchi micrografici

Tabella 1.1 - Attacchi cimici per i principali metalli

In ogni caso, il tipo di attacco deve essere congruente con le caratteristiche di resistenza alla cor-
rosione del materiale; la tabella 1.1 riporta alcune tra le tipologie di attacco utilizzate per i materiali
di impiego più comune.

1.1.2. Esame macrografico


L’esame micrografico è eseguito a basso ingrandimento, in genere ad occhio nudo o con l’ausilio
di lenti; la finalità tipica è quella di verificare le caratteristiche della sezione del giunto saldato; ad
esempio le norme relative alla qualifica della procedura di saldatura richiedono l’esecuzione di
esami macro per verificare la realizzazione della piena penetrazione o della fusione del vertice nei
cordoni d’angolo (figura 1.6) o per la verifica dell’assenza di vuoti di ritiro nella saldatura a resi-
stenza per punti (figura 1.7).
Inoltre, l’attacco macrografico è molto utilizzato per la localizzazione delle prove meccaniche
(resilienza e durezza, in particolare) per lo studio delle alterazioni dovute alla saldatura. In alterna-
tiva, questo tipo di esame può essere utilizzato per la determinazione del rapporto di diluizione,
nota la preparazione dei lembi e valutata la superficie della zona fusa (figura 1.8).
Più raramente, esso viene utilizzato per la rilevazione e per la caratterizzazione di difetti superfi-
ciali, come nel caso di figura 1.9.

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Metallografia dei giunti saldati

Figura 1.7 - Esame macrografico per la qualifica di


Figura 1.6 - Esame macrografico per la
un procedimento di saldatura a punti
qualifica di un procedimento di saldatura

Figura 1.8 - Esame macrografico per la determina- Figura 1.9 - Esame macrografico in campo
zione del rapporto di diluizione

1.1.3. Esame micrografico


Le applicazioni dell’esame micrografico, per quanto meno comuni, offrono possibilità di analisi dei
fattori della realizzazione di giunti saldati ed in seguito all’esercizio degli stessi che risultano fon-
damentali per lo studio degli aspetti metallurgici coinvolti.
L'osservazione delle strutture è eseguita mediante l'ausilio di un microscopio matallografico: esso
differisce dal microscopio comune in quanto il campione, essendo opaco, viene osservato per
riflessione; pertanto, l'obiettivo del microscopio raccoglie la luce riflessa sul campione, come mo-
strato nello schema funzionale di figura 1.10.
Gli esami sono effettuati, di regola, in due
fasi successive: la prima, senza attacco
chimico, consente la visione del campione
lucidato con la messa in evidenza di inclu-
sioni, cricche ecc; la seconda, dopo attac-
co chimico, permette di esaminare i bordi
dei grani cioè la struttura nel suo comples-
so, con la possibilità di determinazione delle
dimensioni dei grani, forma e distribuzione di
fasi. Figura 1.10 - Schema funzionale di un microscopio
metallografico a riflessione

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Metallografia e corrosione dei giunti saldati

Figura 1.11 - Determinazione della dimensione Figura 1.12 - Determinazione della per-
del grano (UNI 3245) centuale di ferrite δ (ASTM E 562)

E’ infatti possibile ricorrere a questo tipo di esame metallografico per la valutazione numerica del-
la dimensione del grano (figura 1.11) o della percentuali di fasi costituenti il materiale (ad esempio
di ferrite δ in un acciaio inossidabile - figura 1.12) per la qualificazione o per la validazione di parti-
colari procedure di saldatura, in ottemperanza a specifici requisiti di tipo contrattuale. In questo
caso i sistemi si basano su confronti rispetto a figure di riferimento valutazione delle intersezioni
tra linee di riferimento tracciate su immagini del provino e i confini (bordi grano, ad esempio) delle
zone di interesse.
La figura 1.13 mostra, invece, un’immagine micrografica relativa a fenomeni di corrosione inter-
granulare in seguito all’esercizio di un componente in acciaio inossidabile austenitico, e la figura
1.14 è relativa alla precipitazione di fasi fragili (fase σ) in seguito ad esercizio all’interno dell’inter-
vallo di temperatura tipico di questo fenomeno (~700°C). Da ciò si evince che la metallografia e
l’esame micrografico in particolare sono strumenti essenziali per lo svolgimento di attività di anali-
si delle rottura (failure analisys).

Figura 1.13 - Corrosione intergranulare Figura 1.14 - Precipitazione di fase σ

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Metallografia dei giunti saldati

1.2. Microscopia elettronica

La microscopia elettronica è uno degli strumenti più validi per lo studio dei materiali in quanto il
suo potere risolutivo, definito come la capacità di fornire immagini separate di due punti vicini del
campione, ed il maggior numero d'ingrandimenti, definiti come il rapporto tra le dimensioni dell'im-
magine e le dimensioni del campione, sono senz'altro superiori a quelli del microscopio ottico. Più
esattamente, il potere risolutivo dipende dalla lunghezza d'onda della radiazione usata nel micro-
scopio: più corta è la lunghezza d'onda migliore risulta il potere risolutivo.
La distinzione tra microscopio ottico ed elettronico è basata su questo fattore: la luce visibile usa-
ta nel microscopio ottico ha una lunghezza d'onda di circa 500 nm; nel microscopio elettronico, il
campione è colpito da un fascio di elettroni accelerati che hanno lunghezza d'onda 0,005 nm cioè
circa 105 volte più piccola rispetto a quella della luce visibile. Pertanto mentre il limite superiore
dell'ingrandimento del microscopio ottico circa 1000 X, quello di un microscopio elettronico di cir-
ca 10.000.000 X.
Tra le tipologie di microscopi elettronici, quelli più interessanti per gli esami metallografici sono il
tipo a trasmissione e quello a scansione.

1.2.1. Microscopio elettronico a trasmissione


In questo tipo di microscopio, definito dal nome inglese TEM (Transmission Electron Microscope),
è sfruttato uno schema analogo a quello del microscopio ottico come risulta dal prospetto riportato
in tabella 1.2.

MICROSCOPIO OTTICO MICROSCOPIO ELETTRONICO

sorgente luminosa (luce visibile) sorgente a fascio di elettroni

Condensatore
Condensatore (lente)
(lente elettromagnetica)

oggetto oggetto

obiettivo (lente di ingrandimento


Obiettivo (lente)
elettromagnetica)
proiettore
oculare (lente) (lente di ingrandimento
elettromagnetica)

schermo fluorescente
occhi o sistema di acquisizione
ottico/digitale
occhi o sistema di acquisizione
ottico/digitale

Tabella 1.2 - Confronto funzionale tra microscopio ottico a trasmissione e microscopio elettronico TEM

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Metallografia e corrosione dei giunti saldati

Grazie al suo elevato potere risolutivo, questa apparecchiatura risulta l’unica utilizzabile per avere
l'esatta conoscenza della struttura o quando i grani sono più piccoli di 103 nm. In esso gli elettroni
sono emessi da un filamento di tungsteno, sono accelerati da una differenza di potenziale e sono
fatti passare attraverso delle lenti elettromagnetiche in modo da formare l'immagine ingrandita.
Per l'osservazione al microscopio elettronico a trasmissione, dato il limitato potere di penetrazione
degli elettroni, sono richiesti campioni estremamente sottili e ciò può essere ottenuto seguendo
due tecniche diverse:
− osservazione indiretta della superficie del campione mediante replica, ciò ricorrendo ad un
calco fedele e trasparente della superficie dei campioni;
− assottigliamento del campione mediante metodi chimici od elettrolitici fino ad ottenere lami-
ne sufficientemente trasparenti.
I due metodi conducono a risultati diversi: il primo permette l'osservazione del solo aspetto super-
ficiale del campione di cui si conserva l'integrità; il secondo, invece, rende possibile lo studio della
struttura del campione.

1.2.2. Microscopio elettronico a scansione


Questo tipo di microscopio, definito dal nome inglese SEM (Scanning Electron Microscope), si
inserisce, per caratteristiche e campo di applicazione, tra il quello ottico e quello a trasmissione.
Lo schema funzionale è riportato in figura 1.15. Gli elettroni, generati da un filamento di tungste-
no, passano attraverso lenti elettromagnetiche così da realizzare un fascio omogeneo focalizzato
sul campione. Il fascio é deflesso mediante bobine elettromagnetiche lungo linee parallele che
coprono un'area rettangolare del campione. Da ogni punto di quest'area sono emessi diversi se-
gnali che, opportunamente elaborati, sono usati per ottenere un'immagine.

Figura 1.15 - Schema funzionale del microscopio


ottico a scansione

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Metallografia dei giunti saldati

Figura 1.16 - Aspetto tipico di una superficie di Figura 1.17 - Aspetto tipico di una superficie di
frattura duttile vista al SEM (500 X) frattura fragile vista al SEM (500 X)

Il segnale serve a modulare l'intensità di un tubo a raggi catodici che funziona in sincronia con il
fascio deflesso e consente una corrispondenza biunivoca tra i punti dello schermo e quelli dell'a-
rea "spazzolata".
Quando un fascio di elettroni colpisce un materiale, induce in esso una molteplicità di fenomeni,
alcuni dei quali possono essere utilizzati per ottenere un'immagine:
− gli elettroni primari penetrando nel campione sono in grado di estrarre elettroni dagli atomi
colpiti: quelli di bassa energia provenienti dai livelli più esterni sono gli elettroni secondari
che concorrono a formare l'immagine più tipica della microscopia elettronica (come mostra-
to nelle figure da 1.16 a 1.18);
− una frazione del fascio di elettroni è invece respinta ed espulsa dal materiale con traiettorie
ad alto angolo e costituisce gli elettroni retrodiffusi (backscattered);
− una ulteriore classe di fenomeni è quella in cui gli elettroni incidenti disturbano i livelli ener-
getici dell'atomo, ed in conseguenza di ciò l'atomo tende a ripristinare con emissione di
energia il suo equilibrio energetico: in questo si può avere emissione di radiazioni X.

Figura 1.18 - Aspetto tipico di una superficie di frat-


tura di fatica vista al SEM (1000 X)

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Metallografia e corrosione dei giunti saldati

Figura 1.19 - Diagramma per la microanalisi

L’ultimo fenomeno, in particolare, permette la caratterizzazione di un materiale attraverso l’analisi


chimica puntuale della composizione delle fasi visualizzate con il microscopio (microanalisi elet-
tronica); sfruttando appunto l'emissione di raggi X in seguito a bombardamento elettronico. A ogni
radiazione si può infatti far corrispondere o un elemento chimico o una definita transizione: attra-
verso l'individuazione delle linee caratteristiche è possibile ottenere un'analisi qualitativa del cam-
pione, attraverso l’interpretazione di opportuni diagrammi, come ad esempio quello di figura 1.19.

1.3. Altri esami strutturali

1.3.1. Impronta Baumann


Negli acciai al carbonio, le segregazioni di zolfo avvenute durante la solidificazione e deformate
dalle lavorazioni plastiche (laminazione, fucinatura) possono essere individuate mediante l'im-
pronta Baumann, un procedimento a contatto che assomiglia a quello fotografico.
Esso consiste nel porre sulla superficie da esaminare (sezione di lamiera o fucinato) lavorata e
preparata come per l'esame macroscopico, una speciale carta sensibile che successivamente
passata in un bagno di fissaggio.
Su questa carta appaiono delle macchie grigio - marrone in corrispondenza delle zone segregate.
L'impronta Baumann può servire a documentare il procedimento di fabbricazione ed il grado di
purezza dell'acciaio, l'entità della deformazione, l'orientamento delle fibre nei pezzi fucinati, la pre-
senza di distacchi, cricche o importanti segregazioni.

1.3.2. Diffrazione a raggi X


Quando un sottile fascio di raggi X colpisce la superficie del pezzo, avendo il fascio lunghezza
d'onda paragonabile a quella delle distanze interatomiche del materiale, si formano delle figure di
diffrazione. Dall'esame di queste figure si possono ottenere informazioni sia sulle strutture e sulle di-
verse fasi presenti, sia sullo stato tensionale superficiale che modifica elasticamente le distanze intera-
tomiche.

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Metallografia dei giunti saldati

1.3.3. Frattografia

Tale tecnica consiste nell'esame al microscopio ottico a modesto ingrandimento delle superfici di
rottura e consente l'individuazione del tipo della rottura stessa (duttile, fragile, di fatica), la rileva-
zione di difettosità o discontinuità (ad es. separazioni dovute alla strizione) e dell'eventuale punto
di innesco della rottura stessa. Tale esame può essere eseguito direttamente su campioni in se-
guito alla loro rottura provocata in seguito all’esercizio o, in alternativa, provocata grazie alla rea-
lizzazione di un intaglio ed alla successiva rottura provocata con strumenti come presse, macchi-
ne universali, piegatrici o, talvolta, martellatura (sui tratta della prova di frattura richiesta talvolta in
fase di qualifica di procedura di saldatura).
A forte ingrandimento l'esame frattografico è effettuato al microscopio elettronico a scansione che
permette, per le sue caratteristiche, un esame più approfondito degli aspetti duttili o fragili di una
rottura e dello stato microinclusionale.

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Metallografia e corrosione dei giunti saldati

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Corrosione

2. CORROSIONE
2.1. Generalità

Il fenomeno della corrosione si può manifestare in modi molto differenti e sulla base di condizioni
di esercizio molto diverse; in generale, la corrosione può essere considerata come un fenomeno
di natura fisico-chimica che porta al graduale decadimento delle caratteristiche del materiale cau-
sato dall’interazione del materiale stesso con l’ambiente circostante.
E’ sufficiente considerare che i metalli sono in genere presenti in forma composti di vario genere
(ossidi, solfuri, carbonati, ecc.) per rendersi conto che la corrosione è un fenomeno naturale, lega-
to alla tendenza dei metalli a reagire chimicamente con veri elementi (zolfo, ossigeno, idrogeno,
composti vari, ecc.), sulla base di compatibilità che variano da elemento ad elemento.
Più in generale, è possibile considerare due tipologie di corrosione:
− corrosione a umido, in presenza di liquidi.
− corrosione a secco, in assenza di acqua o altro solvente allo stato condensato.

2.1.1. Processo di corrosione ad umido


La figura 2.1 mostra una schematizzazione del fenomeno della corrosione elettrochimica, per l'a-
zione dell'acqua a contatto con due metalli diversi; in particolare, si possono distinguere due rea-
zioni principali, una nella zona anodica, l'altra nella zona catodica.
La prima è una reazione di ossidazione
per cui il ferro va in soluzione come ione
positivo cioè perdendo delle cariche ne-
gative le quali rimangono nel metallo
conferendogli una polarità negativa; la
reazione è:
Fe = Fe++ + 2e-

Figura 2.1 - Schema della corrosione elettrogalvanica

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Metallografia e corrosione dei giunti saldati

La zona ove si verifica detto fe-


Metallo nobile o catodico Platino
nomeno è detta anodica in
Oro
quanto da essa partono cariche
Grafite
positive Fe++ che depauperano
Titanio
la superficie del metallo; gli elet-
Argento
troni tendono a portarsi nelle
Hastelloy C (~ 62Ni, 16 Cr, 15 Mo)
Acciaio inossidabile austenitico 18-10
zone caricate positivamente ed

Acciaio inossidabile al solo Cr


a reagire con gli ioni H+ dell'ac-

Inconel (~ 80 Ni, 15 C, 8 Fe) qua tramite la reazione:

Nichel passivato 2H+ + 2e- = H2

Cupronochel (70-90 Cu, 30-10 Ni) la zona dove ciò avviene si defi-

Bronzi (Cu-Sn) nisce "catodica".

Rame La reazione globale è:

Ottoni (Cu –Zn) Fe + 2H+ = Fe++ + H2

Stagno e continuerebbe se le molecole


Piombo di idrogeno non si opponessero
Ghise al passaggio degli elettroni dal
Acciaio non legato e basso-egati metallo: questo fenomeno è det-
Alluminio commercialmente puro to polarizzazione e si manifesta
Zinco con la presenza di bollicine in-
Metallo attivo o anodico Magnesio e sue leghe torno alla zona catodica.
Nel caso di due metalli presenti
Tabella 2.1 - Serie elettrolitica in ambiente marino
in una soluzione, poiché ogni
metallo ha una sua tendenza a ossidarsi, la zona anodica sarà rappresentata dal metallo con
maggiore facilità di passaggio in soluzione: nel caso del rame e del ferro sarà quest'ultimo a cor-
rodersi prima. A titolo di esempio, la tabella 2.1 riportata la serie galvanica di alcuni metalli e le-
ghe in acqua di mare.
Reazioni simili possono avvenire anche senza la presenza di due metalli diversi, soprattutto in
considerazione che i materiali industriali non sono quasi mai completamente monofasici e che,
quindi, all'interno di essi si possono creare delle zone anodiche e catodiche (inclusioni, liquazioni)
quando arrivano a contatto con elettroliti (soluzioni acquose).
Gli ioni metallici positivi provenienti dall'anodo e i prodotti del catodo si ricombinano nell'elettrolita
per dare luogo ai prodotti di corrosione che possono essere costituiti da:
− gas, in tal caso essi non inibiscono ulteriori reazioni;
− composti insolubili non compatti e, quindi, con scarso valore protettivo (figura 2.2);
− composti insolubili che, aderendo alla superficie, formano strati passivanti che inibiscono i
fenomeni corrosivi1.

1
E’ il caso di molti materiali idonei all’impiego in ambienti corrosivi, come ad esempio gli acciai inossidabili ed alcune
leghe non ferrose.

14
Corrosione

Alle volte i prodotti della corrosione


possono assumere volumi tali da
rendere problematico l’esercizio del
componente, come nel caso degli
scambiatori di calore rappresentati
nella figura 2.3.
I fenomeni corrosivi sono influenzati
da molteplici fattori che di solito so-
no raggruppati in tre classi, che
Figura 2.2 - Prodotti della corrosione elettrogalvanica
spesso agiscono in contemporanea:
− fattori legati all'ambiente: il più importante è il pH della soluzione (grado di acidità e basici-
tà) che in molti casi, come ad esempio con il ferro, agisce sia a valori elevati (campo basi-
co) che bassi (campo acido); la temperatura, di solito, provoca con un suo aumento un in-
cremento delle velocità
di reazione del processo
corrosivo;
− fattori metallurgici: il più
importante la composi-
zione chimica che deter-
mina la resistenza alla
Figura 2.3 - Prodotti della corrosione elettrogalvanica
corrosione; di solito, que-
st'ultima aumenta con la purezza del materiale;
− fattori di impiego: essi sono i più vari e comprendono la forma dei pezzi ma anche i loro
profili microgeometrici per
cui punte o anfratti o cavità
hanno maggiori reattività di
superfici piane; inoltre, fattori
come contaminazioni super-
ficiali non sono da trascurare
in quanto possono impedire
la formazione degli strati
passivanti.
Come già accennato i fenomeni
della corrosione a umido sono mol-
teplici; nei paragrafi seguenti verrà
proposta una classificazione basa-
ta sulla morfologia della corrosione
(figura 2.4). Figura 2.4 - Classificazione delle varie morfologie di attacco
corrosivo

15
Metallografia e corrosione dei giunti saldati

Corrosione generalizzata

La corrosione generalizzata può essere uniforme e manifestarsi con velocità pressoché identica
su tutti i punti di un'area formando superfici parallele a quelle iniziali: in questo caso le proprietà
meccaniche non sono modificate.
La velocità è misurata sotto forma di perdita in peso o riduzione dello spessore iniziale (figura 2.5a).
In molti casi pratici, tuttavia, la corrosione generale può non essere uniforme (figura 2.5b) e talvol-
ta localizzata a zone particolari (figura 2.5c e d).

Figura 2.5 - Morfologia della corrosione generalizzata

Corrosione intergranulare

Essa si verifica al contorno dei grani cristallini con conseguente indebolimento della matrice, dimi-
nuzione delle caratteristiche meccaniche e formazione di cricche nei punti più sollecitati.
Uno dei casi più tipici di corrosione intergranulare è quello che si verifica negli acciai inossidabili
al cromo-nichel quando, durante trattamenti termici o operazioni di saldatura, essi sono raffreddati
o mantenuti in un intervallo di temperatura compreso tra 450°C e 700°C.
In questo intervallo di temperatura si verifica infatti la precipitazione dei carburi di cromo a bordo
grano, tanto più importante quanto più alto il
tenore di carbonio e quanto più elevato è il
tempo di esposizione2.
Il cromo è l'elemento principale della resi-
stenza alla corrosione degli acciai inossida-
bili3, ma solo al di sopra di un certo tenore
(circa il 12%) il film di passivazione che si
forma è compatto e resistente; se nelle zone
dei grani vicino al loro bordo la concentrazio-
Figura 2.6 - Corrosione intergranulare di un ac- ne di cromo scende sotto tale valore (in
ciaio al carbonio in ambiente solforato (200 X)
quanto, ad esempio, parte del cromo esce
2
Per tempi molto lunghi, tuttavia, si può ottenere una locale ridistribuzione del cromo presente (rigenerazione)
3
Si tratta del fenomeno della passivazione, cioè della formazione di uno strato superficiale molto resistente, compatto e
tenace che impedisce l’attacco delle zone sottostanti, rendendo il componente “passivo” ai fenomeni di corrosione

16
Corrosione

Figura 2.7 - Variazione del tenore di cromo in Figura 2.8 - Sensibilizzazione e corrosione
corrispondenza del bordo di due grani contigui intergranulare
in un acciaio inossidabile

dal grano per formare carburi figura 2.7) diminuisce la passivazione e la corrosione può procede-
re formando fessurazioni e distacco dei grani.
Questo fenomeno, favorevole alla corrosione, si chiama "sensibilizzazione" (figura 2.8).

Corrosione sotto tensione (tensocorrosione)

L'applicazione di sforzi meccanici a materiali policristallini, come i metalli, genera stati tensionali
nei singoli grani diversamente orientati e nelle zone intergranulari.
Questa diversità di stati genera situazioni analoghe alle differenze di potenziale elettrochimico in
presenza di un mezzo corrosivo.
Ciò, in genere, provoca una localizzazione preferenziale della corrosione fra i giunti dei grani
(stress corrosion) con formazione di fessurazioni di corrosione (cricche) di direzione praticamente
perpendicolare allo sforzo. La figura 2.8 mostra l'aspetto micrografico di una cricca di tensocorro-
sione.
Per sollecitazioni meccaniche ripetute (sollecitazioni di fatica), l'effetto diventa ancora più pronun-
ciato in quanto le variazioni di tensione tendono ad aprire e chiudere sempre di più la cricca rom-
pendo eventuali strati passivanti formatisi e facendola procedere; si parla in questo caso di
"corrosione sotto fatica" (fatigue corrosion). Essa ha particolare importanza, ad esempio, nelle
costruzioni "off-shore" (come piattaforme e terminali).

Figura 2.9 - Cricca da tensocorrosione in un


acciaio al carbonio in ambiente caustico 17
Metallografia e corrosione dei giunti saldati

Figura 2.10 - Corrosione a secco

Vaiolatura o "pitting"

E' un attacco localizzato che può portare anche ad un veloce decadimento della struttura; si mani-
festa con uno stadio "di innesco" puntiforme in cui sono attaccati i punti deboli dello strato passi-
vato (bordi grano, inclusioni) ed un secondo stadio "di propagazione", velocissimo, che tende a
formare anche grosse cavità interne sotto il punto di innesco.

2.1.2. Processo di corrosione a secco


La corrosione a secco comprende fenomeni di attacco dei metalli in sali fusi, in metalli liquidi e in
gas secchi, sia a bassa che a alta temperatura.
Quest’ultima di solito si osserva quando un materiale metallico è a contatto con un gas ad elevata
temperatura. Il fenomeno è generalmente una "ossidazione" e porta alla formazione di prodotti
volatili o, più facilmente, alla formazione di uno strato di ossido alla superficie del metallo.
Esso può essere compatto ed allora il materiale ne sarà protetto (si veda il fenomeno della passi-
vazione), altrimenti si avrà danneggiamento (figura 2.10).
Nella corrosione da gas di combustione (figura 2.11), lo strato di ossido è distrutto per la presenza
di sostanze riducenti come il carbonio o il monossido di carbonio o per la presenza di composti
con zolfo derivanti dall'uso di combustibili non desolforati (carbone, lignite, alcune qualità di petro-
lio grezzo). Si formano, in questo caso, delle miscele basso-fondenti di ossidi e solfuri (eutettico
nichel/solfuro di nichel) che distruggono lo strato passivante ed attaccano i bordi del grano.
Ciò pone limitazioni, ad esempio, sull'uso di materiali d'apporto in lega ad alto nichel per la salda-
tura di parti di caldaie (camera di combustione) resistenti al calore come attacchi, supporti, distan-
ziatori di serpentine.
L'idrogeno crea anch'esso danni, ad esempio in impianti di sintesi dell'ammoniaca o di raffinazio-
ne di idrocarburi, in quanto diffondendosi all'interno dell'acciaio, data la piccola dimensione del
suo atomo, forma microcricche ai bordi grano: il fenomeno è dovuto alla formazione di metano
poiché l'idrogeno si lega preferenzialmente con il carbonio della cementite; questo idrocarburo si

18
Corrosione

somma come pressione all'idrogeno nelle microcavità intergranulari producendo forti tensioni che
originano prima microcricche, poi cricche ed, infine, talvolta, separazioni o bolle (blisters).

Figura 2.11 - Corrosione a secco (tubo di caldaia)

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Metallografia e corrosione dei giunti saldati

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