Sei sulla pagina 1di 72

Metallurgia e saldabilità

degli acciai inossidabili,


del nichel e sue leghe
Pubblicato nel 2013
IIS Progress s.r.l., Gruppo Istituto Italiano della Saldatura
Lungobisagno Istria, 15 16141 Genova (Italia)
Telefono (010)83411
Fax (010)8367780
www.iisprogress.it

Copyright © Istituto Italiano della Saldatura – Ente Morale - 2008


Tutti i diritti sono riservati a norma di legge
e a norma di convenzioni internazionali.
INDICE

Capitolo 1. 1. INTRODUZIONE ....................................................................................... 1

Capitolo 2. CARATTERISTICHE E PROPRIETÀ METALLURGICHE .......................... 3


2.1. Generalità ................................................................................................ 3
2.2. Acciai inossidabili al cromo ...................................................................... 3
2.2.1. Fase sigma.................................................................................... 6
2.2.2. Fenomeni di fragilizzazione........................................................... 6
2.3. Acciai al cromo martensitici ..................................................................... 8
2.4. Acciai al cromo martensitici - ferritici (semiferritici).................................. 8
2.5. Acciai al cromo ferritici ............................................................................. 9
2.6. Acciai inossidabili austenitici al cromo-nichel ........................................ 10
2.7. Acciai inossidabili austeno - ferritici (duplex) ......................................... 13
2.7.1. Metallurgia................................................................................... 14
2.8. Designazioni e classificazioni normative ............................................... 15

Capitolo 3. SALDABILITÀ............................................................................................. 23
3.1. introduzione ........................................................................................... 23
3.2. Saldabilità degli acciai al cromo martensitici ......................................... 23
3.2.1. Problemi generali di saldabilità ................................................... 23
3.2.2. Processi di saldatura................................................................... 26
3.3. Saldabilità degli acciai al cromo semiferritici e ferritici........................... 27
3.3.1. Problemi generali di saldabilità ................................................... 27
3.3.2. Resistenza alla corrosione dei giunti in acciaio semiferritico e ferritico.. 29
3.3.3. Processi di saldatura................................................................... 29
3.4. Saldabilità degli acciai austenitici .......................................................... 30
3.4.1. Problemi generali di saldabilità ................................................... 30
3.4.2. Influenza degli elementi di lega e diagramma di Schäffler ......... 30
3.4.3. Criccabilità a caldo ...................................................................... 32
3.4.4. Resistenza alla corrosione dei giunti saldati ............................... 34
3.4.5. Fase sigma.................................................................................. 37
3.4.6. Processi di saldatura................................................................... 38
3.4.7. Saldature eterogenee con materiali d'apporto austenitici ........... 40
3.5. Saldabilità degli acciai inossidabili austeno - ferritici (duplex) ............... 43
3.5.1. Problemi generali di saldabilità ................................................... 43
3.5.2. Processi di saldatura................................................................... 44
3.5.3. Resistenza alla corrosione ......................................................... 44

Capitolo 4. METALLURGIA E SALDABILITÀ DEL NICHEL E DELLE SUE LEGHE. 47


4.1. Introduzione ........................................................................................... 47
4.2. Caratteristiche metallurgiche ................................................................. 48
4.3. Caratteristiche delle leghe di nichel, loro classificazione....................... 49
4.3.1. Generalità.................................................................................... 49
4.3.2. Nichel commercialmente puro..................................................... 50
4.3.3. Leghe nichel - rame .................................................................... 50
4.3.4. Leghe nichel - cromo................................................................... 50
4.3.5. Leghe nichel - molibdeno ............................................................ 51
4.3.6. Leghe nichel - ferro ..................................................................... 52
4.3.7. Leghe nichel - ferro - cromo ........................................................ 52
4.4. Saldabilità .............................................................................................. 53
4.4.1. Generalità.................................................................................... 53
4.4.2. Tecniche di saldatura .................................................................. 54
4.4.3. Processi di saldatura................................................................... 54
4.4.4. Materiali d'apporto....................................................................... 54
4.4.5. Altre osservazioni........................................................................ 55
4.4.6. Qualificazione e certificazione dei saldatori e dei processi di saldatura 55
4.5. Saldatura eterogenea con apporto in lega di nichel .............................. 56

Capitolo 5. ACCIAI PLACCATI ..................................................................................... 61


5.1. Generalità .............................................................................................. 61
5.2. Modalità di saldatura.............................................................................. 62
5.2.1. Saldatura con materiali d'apporto diversi .................................... 62
5.2.2. Saldatura con materiale d'apporto legato ................................... 63
5.2.3. Saldatura con accessibilità da un solo lato ................................. 64
Prefazione

A seguito dell’armonizzazione a livello internazionale dei percorsi di qualificazione


degli “Ingegneri e dei Tecnologi di Saldatura”, meglio identificati, con la terminolo-
gia ufficiale, come International Welding Engineer e International Welding Te-
chnologist, l’IIS , organismo nazionale autorizzato (sia dall’European Welding Fe-
deration che dall’International Institute of Welding) all’implementazione dei corsi
per il conseguimento dei suddetti Diplomi di Qualificazione, ha ritenuto opportuno
raccogliere gli argomenti delle lezioni dei corsi in una nuova collana di dispense
intitolata “Saldatura: aspetti metallurgici e moderne tecnologie di fabbricazione”. I
diversi volumi affrontano il complesso tema della saldatura in tutti i suoi aspetti,
dalla metallurgia generale e saldabilità delle leghe ferrose e non ferrose ai più
recenti ed avanzati processi di giunzione, dando ampi approfondimenti sulle più
innovative tendenze tecnologiche e sul comportamento metallurgico di materiali di
ultima generazione.
Essi rappresentano, quindi, il mezzo didattico più idoneo per la preparazione mul-
tidisciplinare del personale addetto al coordinamento delle, spesso complesse,
attività di fabbricazione mediante saldatura, ma sono anche un valido strumento
per la diffusione della conoscenza tecnico-scientifica nell’ambito di Università,
Organizzazioni di ricerca e di tutte le realtà industriali ove si vogliano approfondire
tali problematiche.
Questo volume, dedicato alla metallurgia e saldabilità degli acciai inossidabili, è
stato elaborato dagli ingegneri della Divisione Formazione dell’IIS, ai quali va un
doveroso ringraziamento.

Il Segretario Generale IIS


Genova, Maggio 2011
Introduzione

1. INTRODUZIONE
La denominazione acciaio inossidabile
si applica ad un insieme di leghe le cui
proprietà principali sono le seguenti:
− resistenza alla corrosione in
presenza di molti agenti aggres-
sivi, organici ed inorganici;
− resistenza alla corrosione ad alta
temperatura in mezzi gassosi.

Gli acciai inossidabili sono leghe del


tipo ferro - cromo o ferro - cromo - ni-
chel, con contenuti di cromo dal 12%
al 30% e di nichel fino al 25%. Le loro
proprietà sono dovute alla presenza Figura 1.1 - Impiego di acciaio inossidabile austenitico
per placcatura
del cromo.
Il cromo è infatti un metallo meno nobile del ferro nella serie dei potenziali elettrochimici per cui gli
acciai contenenti cromo sono più facilmente corrodibili ed, in particolare, più ossidabili quando
non sono ricoperti da uno strato di ossido; sono, allora, detti attivi. Tuttavia quando questo strato
si forma, esso risulta continuo, tenace, impermeabile e poco solubile in un grande numero di a-
genti corrosivi. Esso, pertanto, protegge il metallo sottostante particolarmente in ambienti ossi-
danti: gli acciai sono detti, in questo caso passivati. La pellicola di ossido (passivante) si forma
spontaneamente per esposizione del metallo all'aria o, più rapidamente, nel caso di trattamento
superficiale, ad esempio, mediante immersione in soluzioni acide. L'effetto positivo del cromo si
manifesta quando esso è presente anche in piccole quantità: ad esempio, gli acciai al 5% di cro-
mo presentano una resistenza all'ossidazione nettamente superiore a quella degli acciai ordinari,
ma la definizione acciaio inossidabile è attribuita convenzionalmente agli acciai contenenti almeno
12% di cromo.

1
Saldatura e saldabilità degli acciai inossidabili, del nichel e delle sue leghe

L'introduzione del nichel migliora la resistenza alla corrosione principalmente in alcuni ambienti
debolmente ossidanti, oltre ad influenzare notevolmente il tipo di reticolo, con il proprio effetto
austenitizzante.
Poiché le caratteristiche di autoprotezione restano valide anche ad alta temperatura, sono state
sviluppate composizioni particolari dette refrattarie, cui si richiede anche una buona resistenza
meccanica ad alta temperatura.

2
Caratteristiche e proprietà metallurgiche

2. CARATTERISTICHE E PROPRIETÀ METALLURGICHE


2.1. Generalità

Gli acciai inossidabili possono essere divisi in due gruppi: acciai al cromo ed acciai al cromo -
nichel. Pertanto, a prescindere dall'influenza del carbonio e di altri elementi, la loro struttura risulta for-
temente correlata con le trasformazioni che si verificano nel sistema ferro - cromo ed in quello ternario
ferro - cromo - nichel, i cui diagrammi sono indispensabili per la conoscenza delle strutture.

2.2. Acciai inossidabili al cromo

La figura 2.1 rappresenta il diagramma di stato ferro - cromo, in cui si distinguono tre regioni:
− una regione (indicata con A), delimitata da un segmento anulare (detto sacca), all'interno
della quale la fase stabile è una soluzione solida di cromo in ferro gamma denominata abi-
tualmente austenite, la cui struttura è cubica a facce centrate;
− una regione (indicata con C), esterna alla prima e separata da essa da un segmento se-
mianulare, in cui risulta stabile la ferrite (fase "delta" o "alfa"), a struttura cubica a corpo
centrato; per analogia con gli acciai al carbonio, si definisce "delta" la ferrite che si forma
all'atto della solidificazione ed "alfa" quella che si forma per trasformazione allo stato solido
dall'austenite;
− una regione (indicata con B), compresa tra le due suddette, in cui le due fasi (ferrite ed au-
stenite) coesistono.
Questo primo diagramma permette di osservare come, con l'aumentare del tenore di cromo:
− si restringa, entro limiti di temperatura sempre più ravvicinati, il campo di stabilità dell'auste-
nite e si espanda quello della ferrite;
− la posizione del punto AC3 (trasformazione austenite - ferrite alfa), dopo una diminuzione
iniziale, ritorni a crescere, mentre la temperatura del punto AC4 (trasformazione ferrite delta
- austenite) decresca regolarmente; si ha così un punto di identificazione dei due valori ad
un tenore pari a circa il 13% di cromo;

3
Metallurgia e saldabilità degli acciai inossidabili, del nichel e delle sue leghe

Figura 2.1 - Il diagramma di stato ferro - cromo

− per tenori superiori a questo valore non si verifichi alcuna trasformazione strutturale, sia al riscal-
damento sia al raffreddamento; la struttura si mantiene in questo modo sempre ferritica.
Dal momento che questi acciai contengono anche carbonio, al variare di questo elemento - forte-
mente austenitizzante - si amplia la zona di esistenza della fase austenitica, il cui limite passa dal
13% di cromo, in assenza di carbonio, al 23% di cromo per un tenore di carbonio pari a 0,25%
(figura 2.2). Inoltre, dall'esame dei tre diagrammi (figura 2.3a, b e c) a diversi tenori di carbonio, si
può notare la forte influenza del carbonio sull'allargamento dei campi gamma e gamma - alfa, che
delimitano anche la zona in cui vi è possibilità di operare trattamenti termici basati sulla trasforma-
zione gamma - alfa.

Figura 2.2 - Sezione del diagramma Fe - Cr - C (al 13% Cr)

4
Caratteristiche e proprietà metallurgiche

Figura 2.3a, b, c - Sezioni del diagramma Fe-Cr-C (con C rispettivamente a 0,05%, 0,10% e 0,20%)

Il cromo ha inoltre l'effetto di abbassare le temperature critiche di trasformazione in fase di raffred-


damento, con il risultato che gli acciai inossidabili al cromo, di composizione tale da trovarsi sotto
la zona di esistenza della fase austenitica, assumono struttura totalmente o parzialmente marten-
sitica già per velocità di raffreddamento corrispondenti al trattamento di normalizzazione in aria.
Pertanto, in base a queste considerazioni, si possono classificare gli acciai inossidabili al cromo in
tre gruppi fondamentali:
− gli acciai inossidabili martensitici: all'atto della solidificazione sono costituiti da ferrite
delta che, attraversando la zona A si trasforma completamente in austenite e successiva-
mente, quando il raffreddamento prosegue molto lentamente, in ferrite alfa e carburi con
una reazione di tipo eutettoide. Se il raffreddamento è, invece, sufficientemente rapido, co-
me nel caso delle saldature, la trasformazione in ferrite alfa non ha luogo e l'austenite si
trasforma direttamente in martensite. Gli acciai martensitici contengono circa il 12% di cro-
mo e possono essere utilizzati anche allo stato temprato e rinvenuto, trattamento che con-
ferisce loro le migliori proprietà di resistenza meccanica e duttilità.
− Gli acciai martensitico - ferritici o semiferritici: compresi nella ristretta zona B, all'atto
della solidificazione sono costituiti da ferrite delta che, in parte, resta immutata in tutto il
campo di esistenza allo stato solido e, in parte, suscettibile di trasformarsi in austenite: que-
sta si può trasformare in ferrite alfa o in martensite, a seconda delle modalità del raffredda-
mento. Questi acciai contengono cromo in tenore pari a circa il 12% o di poco superiore e
tenori di carbonio oscillanti di regola tra 0,10 e 0,20%.
− gli acciai inossidabili ferritici: presentano un tenore di cromo sufficientemente alto (fra 13 e
30%) per mantenere ferritica tutta la struttura; ciò consente loro di non indurire per tempra
come gli acciai martensitici. D'altra parte, questi acciai sono molto suscettibili all'ingrossa-
mento del grano; essi contengono inoltre fino allo 0,30% di carbonio.
I tenori di carbonio, manganese, silicio ed altri elementi che spostano il campo di esistenza del-
l'austenite, modificano i limiti critici del tenore di cromo e, pertanto, la struttura dell'acciaio; ad esempio,
un acciaio al 13% di cromo può essere sia martensitico (carbonio uguale a 0,15%), sia ferritico (per
carbonio inferiore a 0,08%), sia martensitico - ferritico (per tenori di carbonio intermedi).

5
Metallurgia e saldabilità degli acciai inossidabili, del nichel e delle sue leghe

Figura 2.4 - Presenza di fase sigma (più scura) in


una matrice austenitica

2.2.1. Fase sigma

Sul diagramma ferro - cromo (figura 2.1) si nota l'esistenza di un composto intermetallico detto
fase sigma (figura 2.4) che si separa dalla matrice ferritica in un intervallo di temperature compre-
so tra 550°C e 800°C, per tenori di cromo maggiori del 22%. Esso può formare, con il ferro ed il
cromo, soluzioni solide che sono stabili per tenori di cromo tra 42 e 48% a temperature di circa
600°C, e per il tenore del 45% di cromo a 820°C.
Oltre questa temperatura, il composto sigma non è stabile ed esiste soltanto la fase ferritica delta.
Ai lati della zona monofasica, esistono due zone in cui le fasi delta e sigma coesistono.
Si è pure notato che l'incrudimento risultante, ad esempio, da una lavorazione plastica a freddo,
favorisce la precipitazione del composto sigma. Questa precipitazione avviene con velocità ap-
prezzabile entro un intervallo di temperatura compreso fra circa 600°C e circa 800°C.
La fase sigma è un costituente duro e fragile che può ridurre sensibilmente le caratteristiche di duttilità
e tenacità della lega originaria. Essa può ridissolversi nell'originaria matrice ferritica a seguito di un trat-
tamento a temperatura maggiore di quella massima di stabilità. Questa temperatura dipende dalla
composizione dell'acciaio: per una lega pura ferro - cromo, tale temperatura è di circa 820°C.
In generale, si ritiene che gli elementi stabilizzatori della fase ferritica promuovano la precipitazio-
ne della fase sigma, mentre gli elementi stabilizzatori della fase austenitica non sempre produco-
no questo effetto.

2.2.2. Fenomeni di fragilizzazione


La fase sigma è promotrice di fenomeni di fragilizzazione soprattutto per gli acciai austenitici men-
tre gli acciai ferritici (o ferritico - austenitici o martensitici) sono sensibili ad altri due tipi di fragilità:
− fragilità a media temperatura;
− fragilità per mantenimento ad alta temperatura.
La prima si determina mediante un riscaldamento, per tempi lunghi, a temperatura compresa fra 470°
e 550°C: questa fragilità è poco avvertita alle temperature di riscaldamento ma risulta evidente dopo
raffreddamento. Essa scompare con riscaldamento a temperatura non inferiore a 600°C.

6
Caratteristiche e proprietà metallurgiche

A questo tipo di fragilizzazione sono particolarmente sensibili gli acciai al cromo a basso carbonio: in-
fatti, questo elemento, abbassando il tenore reale in cromo della matrice a causa della formazione di
carburi ricchi di cromo, riduce tale fragilità, che è, invece, esaltata da titanio e niobio che riducono il
contenuto di carbonio a disposizione formando carburi semplici senza il concorso del cromo.
Il campo di utilizzazione di tali acciai è, dunque, necessariamente limitato alle temperature inferio-
ri a 430°C e superiori a 550°C.
La saldatura, anche nelle zone limitrofe alla zona fusa che hanno subito un riscaldamento attorno
a 475°C, non produce significativi effetti fragilizzanti perché il tempo di permanenza a tale tempe-
ratura è troppo breve: in genere, la fragilità si manifesta in maniera apprezzabile con soste più
lunghe; la necessità di permanenze più lunghe a temperatura è tanto maggiore quanto maggiori i
tenori di cromo o carbonio nell'acciaio.
La causa che determina tale fragilità è attribuibile, probabilmente, alla decomposizione della ma-
trice ferritica in due fasi, denominate alfa e alfa2, entrambe a struttura cubica a corpo centrato: la
prima è molto ricca in ferro, la seconda in cromo; ciò comporta a livello macroscopico un aumento
della resistenza a rottura ed un aumento del carico di snervamento.
La seconda forma di fragilità si manifesta negli acciai ferritici portati a temperature di circa 1150°C e
raffreddati bruscamente: si manifesta sia nella zona fusa che nella zona termicamente alterata e può
essere rimossa con trattamenti termici e lavorazioni plastiche opportune durante il raffreddamento.
L'alterazione strutturale si evidenzia con l'ingrossamento del grano: l'accrescimento può iniziare
ed avvenire rapidamente durante il riscaldamento quando la fase austenitica - per gli acciai anco-
ra entro la zona di esistenza della sacca gamma o gamma ed alfa - o i carburi, negli acciai ferriti-
ci, si dissolvono nella matrice ferritica stabile ad alta temperatura.
Tuttavia, negli acciai che subiscono, durante il raffreddamento, una trasformazione gamma-alfa,
l'ingrossamento avvenuto scompare con la formazione del nuovo reticolo e dei nuovi grani: non
avviene così invece per gli acciai ferritici propriamente detti in cui non vi è la trasformazione e per
i quali la possibilità di affinamento del grano è conseguente soltanto ad un'eventuale lavorazione
plastica del materiale. L'aggiunta di elementi come alluminio ed azoto e di potenti formatori di car-
buri come titanio e niobio ostacolano l'ingrossamento del grano e riducono, almeno parzialmente,
gli effetti sfavorevoli nei confronti della duttilità.
Talvolta può risultare utile effettuare un trattamento a 730÷790°C per ripristinare almeno in parte
le caratteristiche anticorrosione delle lega, grazie alla migliorata diffusione del cromo che risulta
più omogeneamente distribuito in tutta la matrice.
Per quanto riguarda la saldatura, si deve notare che appare possibile che questo tipo di fragilità si
verifichi in quanto, per provocarlo, sono sufficienti mantenimenti di breve durata a temperature
intorno a 1100÷1200°C.

7
Metallurgia e saldabilità degli acciai inossidabili, del nichel e delle sue leghe

Figura 2.5 - Microstruttura di un acciaio al Cr


martensitico

2.3. Acciai al cromo martensitici

L'esame di tre diagrammi (figura 2.3) d'equilibrio ferro-cromo-carbonio, per tre valori differenti di
questo elemento (0,05%, 0,10% e 0,20%), permette di rilevare che al di sopra del 7% di cromo
diminuisce l'intervallo di temperatura in cui l'austenite risulta stabile: praticamente, la struttura au-
stenitica esiste per tenori di cromo inferiori al 12% con 0,05% di carbonio oppure al 15,5% di cro-
mo e 0,20% di carbonio.
Questi acciai sono autotempranti, cioè in essi non si verifica, nel corso di un raffreddamento in
aria calma, la formazione di ferrite alfa e carburi a partire dall'austenite. Essa rimane stabile fino
ad una temperatura relativamente bassa (martensite start - Ms) a partire dalla quale inizia la tra-
sformazione in martensite che si completa solo alla temperatura Mf. Per un acciaio al 12% di cro-
mo e 0,12% di carbonio, i due valori di temperatura sono, rispettivamente, compresi tra 300÷350
e 150÷180°C. Queste temperature si abbassano ulteriormente, aumentando il tenore di cromo.
Gli acciai martensitici hanno il vantaggio di unire una resistenza relativamente elevata alla corro-
sione atmosferica ad buon numero di agenti chimici.

2.4. Acciai al cromo martensitici - ferritici (semiferritici)

Si visto, dall'esame del diagramma ferro - cromo, che queste leghe, durante il raffreddamento,
assumono, in un determinato intervallo di temperatura, una struttura mista di ferrite delta ed au-
stenite; quest'ultima può assumere, se il raffreddamento è sufficientemente rapido, la tempra mar-
tensitica lasciando inalterata la ferrite delta.
L'esame dei precedenti diagrammi mostra, inoltre, che questa struttura mista può essere ottenuta
con molteplici combinazioni di tenori in cromo ed in carbonio; quelle che più comunemente sono
usate per produzioni industriali contengono tra 16 e 18% di cromo e 0,05÷0,12% di carbonio.
Per tali tenori, prendendo in considerazione un diagramma ternario ferro - cromo - carbonio
(figura 2.4) in corrispondenza di una sezione a tenore di cromo del 17% e per intervalli di carbonio
come quelli sopra riportati, si nota come, dopo la solidificazione in ferrite delta, la lega attraversi

8
Caratteristiche e proprietà metallurgiche

un campo, dove, accanto a tale fase, presente anche l'austenite e, successivamente, una zona a
tre fasi dove compaiono i carburi di cromo e ferro.
Raffreddando ulteriormente si verifica la trasformazione dell'austenite in ferrite alfa e, quindi, la
lega risulta formata da ferrite e carburi. In caso di raffreddamento rapido l'austenite si trasforma in
martensite e la lega risulta formata da ferrite, carburi e martensite.
E' da notare come gli acciai semiferritici, riscaldati a temperature di circa 1350°C subiscano un
rapido ingrossamento del grano ed un ritorno alla struttura ferritica. La struttura grossolana che si
forma si mantiene nei grani non trasformati durante il raffreddamento, non rigenerabile con un
trattamento termico affinante del grano ed eliminabile soltanto mediante una lavorazione plastica
a freddo seguita da una ricottura che permetta la ricristallizzazione del grano.

2.5. Acciai al cromo ferritici

A questo gruppo appartengono acciai con struttura ferritica e carburi stabili a qualsiasi temperatu-
ra: i più diffusi sono quelli contenenti il 25÷ 30% di cromo e fino allo 0,3% di carbonio.
La possibilità che si formi, almeno in parte, una struttura di tempra di tipo martensitico non è del
tutto eliminata per gli acciai ferritici con i minori tenori di cromo ed i maggiori tenori di carbonio;
infatti questi acciai attraversano, in un certo intervallo di temperatura, un campo di esistenza del-
l'austenite per cui, con un raffreddamento rapido, si può verificare la formazione di martensite.
Gli acciai ferritici sono utilizzati in genere dopo un trattamento di ricottura a circa 800÷900°C che
serve ad eliminare una eventuale comparsa di fase sigma formatasi nelle lavorazioni precedenti;
questa fase infatti, come detto in precedenza, si trasforma in ferrite a seguito di un riscaldamento
a temperatura di circa 850°C. Dopo la ricottura l'acciaio viene lasciato raffreddare in aria per evi-
tare la fragilità che potrebbe essere provocata da una permanenza tra 450 e 500°C.
Infine, occorre non dimenticare l'altra manifestazione di fragilità che può verificarsi negli acciai
ferritici a seguito di un mantenimento ad alta temperatura (T>1150°C); in tal caso, si determina un
notevole accrescimento del grano e la mancanza della trasformazione gamma - alfa non consen-
te l'annullamento di questo fenomeno. Pertanto appare necessario, se si desidera affinare il gra-
no, ricorrere ad una lavorazione plastica del materiale.

Figura 2.6 - Microstruttura di un acciaio al Cr


ferritico
9
Metallurgia e saldabilità degli acciai inossidabili, del nichel e delle sue leghe

Figura 2.7 - Effetto del nichel sulla microstruttura delle leghe Fe - Cr

2.6. Acciai inossidabili austenitici al cromo-nichel

Gli acciai inossidabili austenitici al cromo-nichel sono caratterizzati, oltre che dalla presenza del
cromo, da alti tenori di nichel la cui aggiunta, essendo questo elemento austenitizzante, ha l'effet-
to di allargare il campo di esistenza dell'austenite ed aumentarne la stabilità quando la temperatu-
ra si abbassa.
La figura 2.7 mostra come vari l'equilibrio tra le due fasi al crescere dei tenori di cromo e nichel e
come, ad una determinata temperatura (sufficientemente elevata) il tenore di nichel richiesto per
ottenere una struttura essenzialmente austenitica appaia tanto maggiore quanto maggiore è il
contenuto di cromo.
La figura 2.8 indica, in particolare, l'influenza del tenore di nichel in una lega al 18% di cromo:
− per tenori molto bassi di nichel la lega ternaria è ancora ferritica: con tenori di nichel inferio-
ri a 1 o 1,5%, la lega solidifica infatti come ferrite delta;
− per tenori di nichel superiori a 1,5% compare un dominio bifasico - rappresentato dalla zona
compresa tra le due curve - costituito da austenite e ferrite, dominio che si allarga all'aumento
del tenore di nichel: l'acciaio, in queste condizioni si comporta come semiferritico;
− per tenori di nichel superiori a 3÷3,5%, compare
un campo in cui tutta la struttura è austenitica,
che si allarga all'aumentare del tenore di nichel.
L'austenite così formatasi appare instabile e, durante il
raffreddamento fino a temperatura ambiente, può tra-
sformarsi, almeno parzialmente, in martensite; ciò non si
verifica quando il nichel è presente in tenori sufficienti a
dare luogo, per qualsiasi temperatura inferiore a 1100°
C, ad una struttura stabilmente austenitica.
Tale condizione è raggiunta quando gli acciai contengo-
no più del 15% di cromo ed un tenore di nichel compre-
so almeno tra 6 e 8%. Tuttavia, negli acciai austenitici
industriali, per un tenore di cromo del 18%, il tenore di
Figura 2.8 - Microstruttura degli acciai
nichel è, di regola, superiore od uguale a 9% in quanto:
al 18% Cr, con basso tenore di C

10
Caratteristiche e proprietà metallurgiche

Figura 2.9 - Presenza di ferrite delta in una matrice


austenitica

− anche con l'8% di nichel, l'austenite si può trasformare almeno parzialmente in martensite a
seguito di una deformazione plastica a temperature ambiente; una maggiore quantità di
nichel permette di migliorare la stabilità dell'austenite e permette di evitare la trasformazio-
ne martensitica, tranne nel caso eccezionale di deformazioni plastiche molto importanti;
− la presenza di ferrite nell'austenite peggiora la resistenza meccanica a caldo dell'acciaio
per cui, come si nota dalla figura 2.8, un aumento del tenore di nichel comporta un aumen-
to della temperatura alla quale la ferrite si
forma al riscaldamento e, pertanto, una dimi-
nuzione della presenza di questa fase alle
elevate temperature di esercizio, migliorando
il comportamento a caldo del materiale;
− a causa della complessa composizione chi-
mica e delle velocità di raffreddamento che
non sono mai molto lente, le trasformazioni di
un acciaio sono sempre fuori equilibrio, per
cui, durante il raffreddamento, potrebbero
formarsi sia ferrite delta stabile sia austenite
instabile: un aumento del tenore di nichel
permette di ridurre questa possibilità.
Il tenore di carbonio in questi acciai è mantenuto
basso, restando compreso di solito tra 0,03 e
0,15%. La figura 2.10 mostra che al decrescere del
tenore di carbonio la temperatura di inizio trasforma-
zione dell'austenite decresce, mentre la temperatura di
completamento della struttura ferritica a 400°C non si
sposta all'aumentare del tenore di carbonio. Figura 2.10 - Trasformazione delle leghe
Fe18Cr8Ni in funzione del tenore di C

11
Metallurgia e saldabilità degli acciai inossidabili, del nichel e delle sue leghe

Poiché, come noto, la solubilità del carbonio diminuisce rapidamente con l'abbassarsi della tem-
peratura, la struttura austenitica risulta doppiamente instabile a freddo: sia a causa della tempera-
tura stessa, sia perché mantiene in soluzione sovrassatura il carbonio che dovrebbe invece preci-
pitare sotto forma di carburo.
La precipitazione dalla soluzione solida austenitica dei carburi di cromo è, talvolta, accompagnata
da formazione di ferrite intorno alle particelle del carburo stesso; questa formazione può essere
evitata solamente con l'aggiunta di nichel. Dal punto di vista della corrosione, la presenza di car-
buri ed eventualmente di ferrite nelle zone adiacenti ai carburi può dare luogo a comportamenti
sfavorevoli; ciò si spiega sia a causa della diversità fra i potenziali elettrochimici delle varie fasi,
sia a causa della diminuzione del tenore di cromo nelle aree della matrice circostanti i carburi, con
conseguente ridotta passivazione di quelle stesse aree.
Più in particolare la formazione di carburi, aventi formula indicativa Cr23C6, provoca negli strati
periferici dei singoli grani un forte depauperamento di cromo che può scendere al di sotto del 13%
dando la possibilità che si verifichino fenomeni di corrosione "intergranulare" nel caso di utilizza-
zione in ambienti aggressivi.
Questi fenomeni possono avvenire anche nelle zone termicamente alterate adiacenti alle saldatu-
re (si parla, al proposito, di weld decay) provocando importanti modificazioni delle caratteristiche
resistenziali.
Per ovviare a questi inconvenienti, gli acciai inossidabili austenitici, dopo laminazione a caldo,
sono sottoposti ad un trattamento di solubilizzazione. Questo trattamento consiste nel riscaldare
l'acciaio (in forni spesso ad atmosfera controllata) ad una temperatura di circa 1100°C; a questa
temperatura la fase austenitica risulta stabile ed in essa si disciolgono tutti i carburi, di cromo e di
altri elementi di lega, eventualmente formatisi durante il raffreddamento dopo laminazione. Dopo
la permanenza a tale temperatura, per un tempo appropriato a completare la solubilizzazione,
l'acciaio viene raffreddato in acqua; in queste condizioni, a causa del rapido raffreddamento, il
carbonio non riesce a legarsi e precipitare sotto forma di carburi ma resta, invece, in soluzione
sovrassatura nell'austenite.
Questo trattamento, conosciuto anche come ipertempra, conferisce all'acciaio una struttura com-
pletamente austenitica alla quale sono legate le proprietà ottimali di resistenza alla corrosione.
Per evitare i fenomeni di precipitazione intergranulare dei carburi di cromo si può aggiungere nella
composizione chimica dell'acciaio sia titanio sia niobio: questi elementi hanno per il carbonio
un'affinità maggiore di quella del cromo e tendono, perciò, a sostituirsi a quest'ultimo nella forma-
zione di carburi; è possibile evitare in tale modo la formazione di aree povere di cromo, adiacenti
ai carburi stessi.
La suscettibilità degli acciai inossidabili austenitici a questo tipo di corrosione può essere ridotta
anche mediante l'abbassamento del tenore di carbonio o mediante una variazione della composi-
zione chimica della lega tale da condurre ad una struttura mista austeno - ferritica (gli acciai au-
steno - ferritici o duplex saranno trattati in dettaglio nel prosieguo di questo capitolo).
La prima possibilità stata adottata quando si è notato che acciai del tipo 18% Cr - 8% Ni, con te-

12
Caratteristiche e proprietà metallurgiche

nori di carbonio inferiori a 0,02%, non sono più sensibili alla corrosione intergranulare anche se
mantenuti a lungo nell'intervallo di temperature pericolose per la precipitazione dei carburi; all'au-
mentare del tenore di cromo, si ha un aumento corrispondente del tenore limite di carbonio; per
tenori di cromo di circa il 19÷20%, i limiti del carbonio sono compresi tra 0,03 e 0,04%.
L'altra possibilità di ovviare alla suscettibilità alla corrosione intergranulare consiste nell'effettuare
opportune variazioni della composizione chimica della lega sufficienti ad alterare il rapporto tra gli
elementi alfageni (o ferritizzanti, come il cromo, molibdeno, silicio, titanio, niobio) e quelli gamma-
geni (o austenitizzanti, come il carbonio, nichel, azoto) ed a provocare una modificazione struttu-
rale conseguente.
Ciò può essere ottenuto mantenendo il tenore di nichel all'8% circa ed aumentando il tenore di
cromo fino al 20% per cui, con un aumento del tenore di un elemento ferritizzante, la struttura non
risulta più completamente austenitica, ma diventa bifasica: con presenza di austenite e ferrite.
Si realizzano, così, gli acciai austeno - ferritici, ai quali la presenza di una consistente quantità di
ferrite conferisce una minore sensibilizzazione ai fenomeni di corrosione intergranulare.
Le alterazioni termiche dovute alla saldatura possono tuttavia presentare qualche problema, co-
me si vedrà nel prosieguo della trattazione.
Gli acciai inossidabili austenitici si distinguono infine per altre caratteristiche:
− possiedono buone caratteristiche di duttilità e tenacità, conferite loro dalla struttura cubica a
facce centrate, nettamente superiori a quelle di altri acciai che si conservano anche a tem-
perature molto basse;
− induriscono per deformazione plastica ma senza apprezzabile fragilizzazione, per cui sono
adatti ad applicazioni meccaniche;
− la loro composizione chimica e la loro struttura conferiscono una resistenza meccanica a
caldo che ne permette l'utilizzazione a temperature nettamente superiori a quelle d'impiego
di tutti gli acciai al solo cromo;
− la loro saldabilità, che sarà trattata in dettaglio successivamente, non richiede né preriscaldi
né, di regola, trattamenti termici dopo saldatura.

2.7. Acciai inossidabili austeno - ferritici (duplex)

Gli acciai inossidabili duplex a struttura bifasica, austenite e ferrite, e ad alto tenore di carbonio
sono conosciuti da tempo: in confronto con gli acciai inossidabili convenzionali, essi presentano
migliori caratteristiche di resistenza alla corrosione in ambienti clorurati.
Gli acciai convenzionali per i motivi già accennati in relazione agli acciai inossidabili austenitici
con piccole percentuali di ferrite, sono sensibili alla corrosione intergranulare e per la loro tenden-
za alla formazione di strutture grossolane si sono rivelati piuttosto fragili nella zona termicamente
alterata. Questi inconvenienti hanno portato allo sviluppo di acciai austeno - ferritici a basso teno-
re di carbonio, con ottime proprietà di resistenza alla tensocorrosione (stress corrosion cracking)
ed alla corrosione intergranulare e con buone proprietà meccaniche.

13
Metallurgia e saldabilità degli acciai inossidabili, del nichel e delle sue leghe

Inoltre, questi acciai offrono buona resistenza alla corrosione crateriforme, o vaiolatura (pitting) in
ambienti di acqua di mare o clorurati.

2.7.1. Metallurgia
Gli acciai duplex, o austeno - ferritici, contengono cromo in tenori compresi tra 18,5 e 27%, nichel
tra 4 e 8% e molibdeno tra 2 e 4%; il loro contenuto in carbonio è inferiore a 0,03%; essi sono
caratterizzati da una microstruttura contenente sia ferrite che austenite.
Nei primi tipi unificati, come l'AISI 329, la fase ferritica dominava con una percentuale dell'80%; in
seguito, essendosi riscontrata una scarsa resistenza alla corrosione intergranulare, sono stati
messi a punto acciai la cui struttura è bifasica al 50% di austenite e di ferrite delta. Con riferimen-
to ai parametri convenzionali di classificazione di questi materiali, essi hanno un valore di cromo
equivalente pari a 20÷30 e di nichel equivalente pari a 7÷12.
Le caratteristiche favorevoli di questi acciai sono attribuibili al rapporto ottimale tra ferrite ed au-
stenite, ottenuto a seguito di un corretto equilibrio fra elementi ferritizzanti come cromo e molibde-
no e quelli austenitizzanti, nichel, manganese ed azoto; il ruolo del carbonio è minore in quanto il
suo contenuto è molto basso.
Per comprendere la metallurgia di questi acciai ci
si deve riferire ad una sezione di un diagramma
ternario Fe - Cr - Ni dove il ferro è mantenuto co-
stante al 70% (figura 2.11): per un tenore del 25%
di cromo, l'acciaio solidifica completamente in fa-
se ferritica partendo da circa 1520°C. Durante il
successivo raffreddamento, la trasformazione del-
ta - gamma comincia a 1200°C con la formazione
di austenite al bordo dei grani. Successivamente,
durante il raffreddamento fino alla temperatura
ambiente, vi è ulteriore formazione di austenite a
spese della ferrite primaria. A 800°C comincia ad
apparire una nuova fase detta chi; a temperatura
ambiente sono presenti pertanto: ferrite primaria,
austenite secondaria e fase chi terziaria.
Di solito, le condizioni di fornitura prevedono che
gli acciai duplex siano sottoposti ad un trattamen-
to di solubilizzazione, con riscaldamento nel cam-
po gamma - delta, per trasformare l'austenite in
eccesso e portare la percentuale di ferrite al valo-
Figura 2.11 - Sezione del diagramma Fe - Cr - Ni re specificato.
(Fe 70%)

14
Caratteristiche e proprietà metallurgiche

2.8. Designazioni e classificazioni normative

Gli acciai inossidabili sono di solito conosciuti con la designazione dell'American Iron and Steel
Institute (AISI) ma a tali designazioni si affiancano anche quelle secondo le normative europee.
Nella normativa AISI, essi sono così suddivisi:
− acciai martensitici, semiferritici e ferritici al cromo, designati da un numero di tre cifre che
inizia con il 4 (quindi, del tipo 4XX);
− acciai austenitici al cromo - nichel, designati da tre cifre che cominciano con il numero 3, ad
esempio 3XX;
− acciai austenitici al cromo - nichel - manganese designati da tre cifre che iniziano con il
numero 2, ad esempio 2XX.
In queste sigle la seconda coppia di numeri non ha nessun riferimento con l'analisi chimica del-
l'acciaio ma serve a distinguere un tipo da un altro.
In ambito nazionale, la norma italiana UNI 8317 è stata sostituita nel tempo dalla normativa euro-
pea UNI EN 10088 - 2:2005 - “Acciai inossidabili - Parte 2: Condizioni tecniche di fornitura delle
lamiere, dei fogli e dei nastri di acciaio resistente alla corrosione per impieghi generali”, la cui de-
signazione prevede in successione:
− il simbolo iniziale X (preceduto dalla lettera G nel caso di acciai per getti): esso indica sol-
tanto che l'acciaio è di tipo legato, quindi contiene almeno un elemento con tenore superio-
re al 5%; esso non indica, di per sé, che l'acciaio sia di tipo inossidabile1;
− il numero corrispondente a 100 volte il valore medio della percentuale di carbonio;
− i simboli chimici dei principali elementi di lega disposti in ordine quantitativo decrescente;
− uno o più gruppi di cifre che indicano, nell'ordine, le percentuali degli elementi di lega indi-
cati precedentemente.
Le composizioni chimiche delle principali tipologie di acciaio inossidabile secondo UNI EN 10088-
2:2006 sono riportate nelle tabelle 2.1a,b,c.

1
Tali osservazioni conseguono semplicemente dai criteri generali utilizzati per la designazione alfanumerica degli acciai
secondo la normativa europea.

15
16
Tabella 2.1a - Analisi chimica degli acciai inossidabili martensitici secondo UNI EN 10088-2:2005
Metallurgia e saldabilità degli acciai inossidabili, del nichel e delle sue leghe
Tabella 2.1b - Analisi chimica degli acciai inossidabili ferritici secondo UNI EN 10088-2:2005

17
Caratteristiche e proprietà metallurgiche
18
Metallurgia e saldabilità degli acciai inossidabili, del nichel e delle sue leghe

Tabella 2.1c - Analisi chimica degli acciai inossidabili austenitici secondo UNI EN 10088-2: 2005 (continua)
Tabella 2.1c - Analisi chimica degli acciai inossidabili austenitici secondo UNI EN 10088-2: 2005

19
Caratteristiche e proprietà metallurgiche
Metallurgia e saldabilità degli acciai inossidabili, del nichel e delle sue leghe

Relativamente alle corrispondenze tra la norma europea e quella americana, giova ricordare che,
anche in considerazione delle diverse tolleranze ammesse per i tenori di ogni elemento di lega,
tale corrispondenza può essere solo approssimativa.
Un elenco delle principali classificazioni secondo AISI è riportato nella tabella 2.2.

Tabella 2.2 - Analisi chimica degli acciai inossidabili austenitici secondo AISI

20
Caratteristiche e proprietà metallurgiche

Per gli acciai duplex - pur essendo molto diffuso il riferimento della normativa ASTM con la desi-
gnazione UNS (Unified Number System) - è possibile utilizzare le classificazioni previste dalla
norma EN 10088-2:2005. Nella tabella 2.3 sono riportati i principali tipi di questi acciai e le loro
composizioni chimiche.

Tabella 2.3 - Principali acciai austeno - ferritici secondo norma UNI EN 10088-2:2005

Nella tabella 2.4, invece, sono riportate le composizioni relative ai gradi classificati secondo ASTM.

Tabella 2.4 - Principali acciai austeno - ferritici (AISI)

21
Metallurgia e saldabilità degli acciai inossidabili, del nichel e delle sue leghe

22
Saldabilità

3. SALDABILITÀ
3.1. Introduzione

I principali problemi di saldabilità degli acciai inossidabili sono legati alle modificazioni strutturali
che il ciclo termico di saldatura può indurre nel materiale base ed alle conseguenti influenze sulle
proprietà meccaniche ed anticorrosione che possono risultarne alterate: può essere, pertanto, più
comodo distinguere i tipi di acciaio e trattare separatamente la loro saldabilità.

3.2. Saldabilità degli acciai al cromo martensitici

3.2.1. Problemi generali di saldabilità


Nel punto 2.2 è stata illustrata la solidificazione di questi acciai, al termine della quale la struttura
risultante è formata da ferrite delta che si
trasforma in austenite.
Questa trasformazione può, tuttavia, risultare
incompleta, infatti:
− fenomeni di segregazione in fase di
solidificazione possono dar luogo a
ferrite delta che rimane stabile durante
il raffreddamento: nella figura 3.1, os-
servando il differente andamento delle
curve del liquidus AC e del solidus AB,
per tenori di carbonio pari a circa 0,2%
(valori usuali), si nota che, all'inizio
della solidificazione, il metallo solidifi-
cato appare povero di carbonio in rap-
porto al liquido e ciò può stabilizzare
la ferrite in corrispondenza degli assi Figura 3.1 - Diagramma di stato Fe-Cr-C (13% Cr)

23
Metallurgia e saldabilità degli acciai inossidabili, del nichel e delle sue leghe

delle dendriti; ancora, si può determinare, durante la solidificazione, un arricchimento del


liquido restante in elementi stabilizzanti la ferrite, per cui si possono trovare piccole quantità
di tale struttura lungo gli assi o negli intervalli dendritici;
− la trasformazione della ferrite in austenite, anche se rapida, è tanto più completa quanto più
bassa la velocità di raffreddamento; quando invece la velocità di raffreddamento è elevata
alle alte temperature, come nel caso della saldatura, si può trovare, a temperature più bas-
se, della ferrite delta fuori equilibrio.
La presenza di ferrite non è tuttavia auspicabile: infatti, come si vedrà, questa struttura è sensibile
all'effetto d'intaglio e subisce il fenomeno della transizione della tenacità con la temperatura: la
sua presenza in quantità significative riduce pertanto la tenacità complessiva dell'acciaio.
Gli acciai martensitici, come già ricordato, sono autotempranti; le strutture che si possono formare
durante il raffreddamento di un giunto, fino ad una certa temperatura T, possono essere:
− martensite, ferrite delta ed austenite non trasformata, se la temperatura T è compresa tra
Ms e Mf;
− martensite pura (o martensite e ferrite delta) se la temperatura T é inferiore a Mf.
Infine, i fenomeni di segregazione degli elementi di lega durante la solidificazione possono dar
luogo a presenza di austenite non trasformata (residua).
La situazione ora descritta è valida sia per la zona fusa sia per la zona termicamente alterata, in
quanto anche quest'ultima subisce la trasformazione austenitica; entrambe le zone sono, pertan-
to, interessate dalle conseguenze della tempra martensitica.
L'eventuale presenza di idrogeno, dovuta alla saldatura, può contribuire alla formazione di cricche
a freddo e/o rotture in questi acciai: la presenza di tale elemento nell'austenite può, infatti, provo-
care durante la trasformazione martensitica una brusca sovrassaturazione di questo elemento
nella struttura trasformata, con infragilimento della stessa e/o con formazione di idrogeno moleco-
lare nelle eventuali microdifettosità presenti.
Si ricorda che, nel caso di saldature in cui la zona fusa e la zona termicamente alterata siano u-
gualmente tempranti, la trasformazione comincia da quest'ultima e progredisce verso la prima; ne
risulta, per effetto della ripartizione termica, una maggiore probabilità di cricche nella zona fusa.
Invece, se la zona fusa ed il materiale base hanno composizioni chimiche differenti (di solito la
zona fusa, a minore tenore di carbonio, risulta meno temprante) le cricche avvengono preferen-
zialmente in ZTA.
Come già illustrato, la localizzazione delle cricche dovute all'idrogeno risulta collegata al meccani-
smo di segregazione durante la trasformazione martensitica: infatti, l'idrogeno risulta meno solubi-
le nella martensite che nell'austenite e tende quindi a concentrarsi durante la trasformazione nelle
regioni ancora austenitiche. Quando esse si trasformano, la martensite risulta sovrassatura di
idrogeno, creando così i presupposti per le cricche a freddo: ciò può spiegare come la zona fusa
possa presentare cricche quando si trasforma per ultima.
Al fine di evitare la formazione di cricche a freddo, tenendo conto delle caratteristiche di temprabi-
lità di questi acciai, risulta determinante il controllo delle fonti dell'idrogeno sia attraverso la pulizia

24
Saldabilità

dei lembi, sia, principalmente, attraverso il controllo del materiale d'apporto.


Occorre pertanto realizzare un adeguato condizionamento (stoccaggio, essiccamento, movimen-
tazione) degli elettrodi rivestiti e dei flussi per arco sommerso: il rivestimento degli elettrodi rivestiti
ed i flussi da scegliere per la saldatura di questi acciai presentano, di norma, una elevata basicità.
Gli altri procedimenti di saldatura impiegabili, compresi quelli ad arco sotto gas protettivo (TIG e
MIG a filo pieno), non danno luogo ad un apporto di idrogeno tale, nel bagno di fusione, da deter-
minare la formazione di cricche a freddo, nelle normali condizioni di applicazione dei procedimenti
stessi.
Il preriscaldo (ed, ovviamente, il mantenimento della temperatura interpass) è generalmente adot-
tato, anche per spessori molto piccoli (qualche millimetro); in funzione delle temperature scelte, il
preriscaldo produce effetti sostanzialmente diversi.
Per temperature comprese fra 180°C e 250°C, ovvero fra MS e la temperatura ambiente, l'effetto
principale del preriscaldo quello di ridurre la velocità di raffreddamento, consentendo una minore
disuniformità termica ed evitando il rischio di rotture di tipo fragile durante l'esecuzione della sal-
datura.
Per temperature intorno a 400°C ovvero - in funzione della composizione chimica - al di sopra di
MS, il preriscaldo consente di eseguire tutta la saldatura mantenendo la struttura del giunto in fase
austenitica. La trasformazione gamma - alfa si verifica nel giunto dopo un certo tempo, funzione
della temperatura del preriscaldo e dell'eventuale post - riscaldo (curve TRC).
− Nel primo caso (cioè di preriscaldo a temperature inferiori a MS), la struttura finale del giun-
to risulterà prevalentemente martensitica, tanto più quanto più bassa sarà stata la tempera-
tura di preriscaldo e quanto più alta, in funzione della composizione chimica, la temperatura
Mf; sarà tuttavia possibile anche la presenza di fase ferritica, per condizioni opposte a quel-
le sopra indicate.
− Nel secondo caso (cioè di preriscaldo a temperature superiori a Ms) la struttura finale del
giunto risulterà prevalentemente ferritica con carburi ai bordi dei grani, con la possibile pre-
senza di martensite e di austenite residua non trasformata.
In entrambi i casi è comunque necessario effettuare un trattamento termico dopo saldatura a circa
650°÷850°C, al fine di rinvenire la struttura martensitica e consentire la trasformazione dell'auste-
nite residua. In presenza di una quantità notevole di austenite residua è spesso previsto un se-
condo trattamento termico volto a rinvenire la struttura martensitica eventualmente formatasi dalla
trasformazione dell'austenite residua stessa.
Se il trattamento termico non può essere eseguito immediatamente dopo la saldatura, prima che il
giunto si raffreddi, è opportuno effettuare un postriscaldo ad una temperatura non inferiore a quel-
la di preriscaldo, per un tempo sufficiente a consentire l'evacuazione della maggior parte dell'idro-
geno eventualmente presente nelle strutture a corpo centrato (di norma, da mezz'ora ad alcune
ore; il tempo aumenta in modo esponenziale col diminuire della temperatura).
Anche con tale post - riscaldo il controllo dell'idrogeno, in precedenza indicato, deve essere co-
munque eseguito, non essendo possibile la sua evacuazione dalle zone a struttura austenitica a

25
Metallurgia e saldabilità degli acciai inossidabili, del nichel e delle sue leghe

facce centrate che possono essere presenti nel giunto, in funzione delle condizioni di saldatura;
questa austenite residua, qualora si trasformasse, a bassa temperatura, in martensite, potrebbe
creare le condizioni locali per la formazione di cricche a freddo.
Per quanto riguarda, infine, la tenacità del giunto, essa sarà tanto maggiore quanto maggiore la
presenza di martensite rinvenuta e minore la presenza di ferrite: in particolare, la struttura ferritica
con carburi al bordo dei grani presenta ridotta tenacità.
L'impiego di materiale d'apporto austenitico (acciaio inossidabile austenitico al cromo - nichel e/o
leghe ad alto nichel) elimina le problematiche relative alla criccabilità a freddo, sia in zona fusa
(per effetto della sua struttura austenitica) sia in zona termicamente alterata (dato che non esiste
più il meccanismo di passaggio dell'idrogeno dalla zona fusa alla zona termicamente alterata), e
quelle relative alla tenacità del giunto in zona fusa (caratterizzata da una matrice austenitica); re-
stano invece le problematiche relative alla tenacità della zona termicamente alterata e si pongono
problemi dal punto di vista del trattamento termico dopo saldatura (per effetto della mancata di-
stensione, soprattutto nel caso d'apporto in acciaio al cromo - nichel) e talvolta dell'esercizio (si
pensi ai fenomeni di corrosione, alla fatica termica).

3.2.2. Processi di saldatura


Tra i procedimenti utilizzati nella saldatura degli acciai inossidabili martensitici, la saldatura ossiacetile-
nica va considerata ormai in disuso in quanto, malgrado la bassa velocità di raffreddamento, non ga-
rantisce una protezione adeguata bagno e una zona termicamente alterata adeguatamente ridotta.
Il processo più comunemente adottato resta, pertanto, quello ad arco con elettrodi a rivestimento basi-
co; è esso utilizzato per le passate di riempimento su spessori non inferiori a circa 5 mm, dato che per
l'esecuzione delle prime passate o per spessori sottili si usa il procedimento TIG.
Anche i processi a filo continuo possono essere impiegati con l'uso di opportuni fili legati; questi
debbono essere forniti allo stato ricotto onde evitare difficoltà di alimentazione del filo attraverso i
dispositivi di raddrizzamento, i rulli di spinta, la guaina e la torcia. Quanto sopra resta valido an-
che per i fili o nastri in acciaio al cromo da usare nel procedimento ad arco sommerso impiegato
per la saldatura di forti spessori e per ricariche di leghe al cromo su acciai da costruzione.
Pur avendo un ciclo termico a raffreddamento molto blando, non sono praticamente utilizzati i
procedimenti ad elettroscoria ed elettrogas, che pongono sensibili problemi metallurgici in corri-
spondenza della larga zona termicamente alterata che si forma, con necessità di delicati tratta-
menti di bonifica dopo saldatura.
Sono invece usati, particolarmente per pezzi meccanici in produzioni di serie, i procedimenti laser
ed a fascio elettronico, rispettivamente, per la saldatura di piccoli spessori e per la saldatura di
spessori medio - grandi.
Con l'uso di materiale d'apporto austenitico al cromo - nichel o di materiale d'apporto in lega ad
alto nichel, il procedimento più adatto è ancora quello ad arco con elettrodi rivestiti di piccolo dia-
metro, più raramente usato il procedimento a filo continuo nella versione ad arco pulsato.

26
Saldabilità

Questi procedimenti, infatti, consentono di saldare con basso apporto termico, quindi consentono
di ottenere una zona termicamente alterata molto stretta, una bassa diluizione ed, in definitiva,
una limitata alterazione delle caratteristiche del materiale base. Ovviamente, nel caso di prime
passate che non possono essere riprese al rovescio (tubi) si usa il procedimento TIG.
Come già indicato nel punto precedente, la saldatura con questi materiali d'apporto dà luogo ad
una notevole eterogeneità di caratteristiche tra materiale base e zona termicamente alterata da
un lato e zona fusa dall'altro; pertanto, l'opportunità del loro uso deve essere valutata caso per
caso; nessun problema pone il loro impiego quando si tratta di saldature di corazze o parti blinda-
te, dove l'uso di materiali d'apporto austenitici, senza nessun trattamento termico, offre facile solu-
zione ai problemi di giunzione.

3.3. Saldabilità degli acciai al cromo semiferritici e ferritici

3.3.1. Problemi generali di saldabilità


Per gli acciai aventi struttura ferritica o ferritico - martensitica i problemi posti dalla saldatura ri-
guardano principalmente la fragilità dovuta al riscaldamento ad alta temperatura, con conseguen-
te ingrossamento del grano ferritico. Questa fragilità riguarda sia la zona fusa sia la zona termica-
mente alterata.
L'ingrossamento del grano ferritico non è rimediabile tranne che con una lavorazione plastica e
successiva ricristallizzazione, che ben difficilmente possono essere effettuate in corrispondenza
dei giunti saldati; pertanto, occorre fare ricorso a cicli termici di saldatura piuttosto severi, senza o
con moderato preriscaldo.
Quando i giunti sono eseguiti su elementi costruttivi assai rigidi (ad esempio su forti spessori) o
costituiti da acciai che presentano una sensibilità all'intaglio più accentuata (cioè quelli a struttura
ferritica con tenori di cromo più elevati), è spesso adottato un moderato preriscaldo, a temperatu-
re comprese fra 100°C e 150°C; e ciò, soprattutto, al fine di consentire l'effettuazione della salda-
tura ad una temperatura superiore a quella della transizione duttile - fragile (50÷150°C) dell'ac-
ciaio. Questa precauzione consente di evitare il verificarsi di rotture fragili durante l'esecuzione
dei giunti; l'adozione di una temperatura di preriscaldo eccessiva sarebbe tuttavia controprodu-
cente, prolungando i tempi di permanenza ad elevata temperatura durante il ciclo termico e pro-
vocando, pertanto, un maggior ingrossamento dei grani.
Negli acciai con struttura ferritico - martensitica, la formazione di martensite è inevitabile; tuttavia
la presenza di questa struttura non è in quantità tale da determinare una apprezzabile suscettibili-
tà alla criccabilità a freddo.
Poiché nella zona fusa e nella zona termicamente alterata si formano comunque strutture a grano
relativamente grosso con aree martensitiche, i giunti saldati risultano relativamente fragili, con
una limitata capacità di resistere alle deformazioni ed agli urti.
Pertanto per quanto riguarda questi acciai a struttura ferritico - martensitica, al fine di migliorare le
caratteristiche di duttilità e tenacità dei giunti, spesso risulta necessario effettuare trattamenti ter-

27
Metallurgia e saldabilità degli acciai inossidabili, del nichel e delle sue leghe

Figura 3.2 - Resilienza di acciai al 17% Cr (curva -),


al 16% Cr 0,9 Nb (curva --) in funzione del rinveni-
mento (ad 800°C)

mici post - saldatura di rinvenimento della martensite. Questi trattamenti (figura 3.2), effettuati a
temperature prossime a 800°C, consentono la trasformazione della martensite in ferrite e carburi.
L'aggiunta, nella composizione chimica degli acciai a struttura ferritico - martensitica, di elementi
stabilizzanti la ferrite e che formano carburi stabili ad elevata temperatura, quali niobio e titanio,
riduce la fragilità dei giunti saldati: ciò comporta da un lato, la riduzione della presenza di marten-
site a temperatura ambiente (minor quantità di austenite ad elevata temperatura), dall'altro il con-
tenimento dell'ingrossamento dei grani ferritici in zona fusa ed in zona termicamente alterata
(conseguente al riscaldamento dovuto ai cicli termici delle singole passate). La limitazione dell'in-
grossamento dei grani è dovuta alla presenza dei carburi (di niobio e titanio) al bordo dei grani
stessi. Il niobio - che presenta, rispetto al titanio, una minor capacità di ossidarsi - può essere tra-
sferito attraverso l'arco elettrico dal materiale d'apporto al bagno di fusione, anche con i procedi-
menti di saldatura ad arco con elettrodi rivestiti e ad arco sommerso.
Gli acciai inossidabili semiferritici e, soprattutto, quelli ferritici, presentano una certa suscettibilità
alla formazione di cricche a caldo a causa delle grandi dimensioni dei grani ferritici. Da questo
punto di vista è opportuno curare particolarmente le condizioni di pulizia dei giunti e dei materiali d'ap-
porto e saldare con passate piccole e con apporti termici contenuti. Nel caso di presenza di titanio e,
particolarmente, di niobio, essi - favorendo i fenomeni di segregazione e liquazione (formazione di eu-
tettici a basso punto di fusione) - aumentano la suscettibilità alla criccabilità a caldo.

28
Saldabilità

3.3.2. Resistenza alla corrosione dei giunti in acciaio semiferritico e ferritico

Gli acciai semiferritici e ferritici, riscaldati a temperature superiori a 950°C e raffreddati rapida-
mente, presentano il cromo uniformemente disciolto nella matrice; essi però, se sottoposti ad un
trattamento termico di sensibilizzazione, subiscono una precipitazione di carburi di cromo ai bordi
dei grani con conseguente pericolo di corrosione intergranulare, che comporta il rapido deteriora-
mento della struttura.
E' possibile ripristinare la resistenza alla corrosione con un trattamento termico tra 650 e 900°C, a tem-
perature, quindi, inferiori a quelle di sensibilizzazione, consentendo la rigenerazione del materiale.
Una diminuizione del tenore di carbonio migliora la resistenza alla corrosione intergranulare ma la
sensibilizzazione è ancora possibile con gli usuali tenori di carbonio.
Per eliminare completamente la sensibilizzazione, è necessario abbassare il tenore di carbonio
fino a 0,02% o aggiungere, negli acciai semiferritici e ferritici, elementi formatori di carburi o car-
bonitruri stabili ad alta temperatura (ad esempio, niobio e titanio).

3.3.3. Procedimenti di saldatura


I problemi derivanti dalla struttura metallurgica degli acciai semiferritici e ferritici suggeriscono, per
l'esecuzione delle saldature, l'uso di procedimenti con cicli termici severi, quali ad esempio quelli
ad arco con elettrodi rivestiti di piccolo diametro o il MIG (con trasferimento ad immersione o in
arco pulsato).
Ovviamente, risultano molto adatti i procedimenti laser ed a fascio elettronico. Per quanto riguar-
da i materiali d'apporto sono impiegati, secondo le applicazioni, acciai semiferritici o ferritici simili
al materiale base oppure acciai austenitici al cromo - nichel o, ancora, leghe ad alto nichel.
Per questi acciai, come per gli acciai martensitici, l'uso di metalli d'apporto austenitici facilita al-
quanto la saldatura, evitando la fragilità, almeno nella zona fusa. Rispetto al materiale d'apporto
austenitico al cromo - nichel, nel caso di servizio ad elevata temperatura, un miglioramento dal
punto di vista delle tensioni indotte dal diverso coefficiente di dilatazione e, conseguentemente,
del pericolo di fatica termica, può essere ottenuto con l'uso di materiale d'apporto austeno - ferriti-
co (ottenuto con aggiunta di austenitizzanti, quali il manganese o il nichel, ad un acciaio ferritico).
Questo materiale d'apporto offre il vantaggio di avere un coefficiente di dilatazione termica dello
stesso ordine di quello del materiale base ed è di solito consigliato per la saldatura degli acciai
ferritici a più alto tenore di cromo.

29
Metallurgia e saldabilità degli acciai inossidabili, del nichel e delle sue leghe

3.4. Saldabilità degli acciai austenitici

3.4.1. Problemi generali di saldabilità


Le zone fuse degli acciai di questo tipo presentano la caratteristica di mantenere dopo raffredda-
mento, fino alla temperatura ambiente, una struttura mista composta di austenite e ferrite. La pre-
senza di quest'ultima fase è dovuta al fatto che, durante il raffreddamento, la zona fusa attraversa
un'area del diagramma di stato ad alta temperatura, in cui la ferrite delta è presente in proporzio-
ne importante. La trasformazione completa di questa fase in austenite può avvenire, però, soltan-
to se l'acciaio permane per un tempo sufficiente in un campo di temperature pi basse, in cui que-
sta trasformazione è rapida. Questo non è, genericamente, il caso dei cicli termici delle saldature
dove il raffreddamento risulta relativamente veloce; pertanto, può esistere in zona fusa della ferri-
te testimone della quantità che esisteva ad alta temperatura e la cui entità dipende dalla velocità
del raffreddamento. La presenza di ferrite è tanto più importante quanto più il raffreddamento sta-
to rapido nel campo di temperatura superiore a 1250°C.
La struttura finale che ne deriva è, pertanto, di tipo dendritico con ferrite ed austenite; le proprietà
delle saldature dipendono da questo tipo di struttura.
L'austenite che costituisce la zona fusa non è suscettibile di trasformarsi in martensite e, pertanto, non
si possono verificare quelle difettosità tipiche di quest'ultima struttura, per cui risultano inutili sia l'ado-
zione del preriscaldo sia l'effettuazione del trattamento termico dopo saldatura.
Il pericolo di ingrossamento del grano a temperatura elevata sussiste nella struttura austenitico - ferriti-
ca, ma è limitato, e molto meno preoccupante di quello che si ha negli acciai semiferritici e ferritici.
Il tenore di carbonio è di solito basso; ciò nonostante, si possono formare carburi che precipitano
durante il raffreddamento sia in zona fusa sia in zona termicamente alterata. Queste precipitazioni
avvengono al bordo dei grani quando si tratta di carburi di cromo, oppure anche nel corpo del gra-
no, quando si tratta di carburi di niobio o titanio.

3.4.2. Influenza degli elementi di lega e diagramma di Schäffler


E' possibile verificare l'influenza reciproca degli elementi gammageni (o austenitizzanti) e alfageni
(o ferritizzanti) sulle strutture che si verificano dopo raffreddamento nel materiale base e nei giunti
saldati degli acciai austenitici. Schäffler, con la costruzione del suo diagramma, ha permesso di
prevedere la struttura finale, compreso il tenore residuo di ferrite.
Sugli assi del diagramma (vedere figura 3.3) sono riportati i seguenti parametri:
− nichel equivalente (Nieq): la somma pesata del tenore di nichel e degli altri elementi gam-
mageni, espressi dalla relazione: Nieq = %Ni + 30 x %C + 0,5x%Mn;
− cromo equivalente (Creq): ovvero la somma pesata del tenore di cromo e degli altri elementi
alfageni espressi dalla relazione: Creq = %Cr + %Mo + 1.5 x %Si + 0,5 x %Nb.

30
Saldabilità

Figura 3.3 - Diagramma di Schäffler

Il campo degli acciai austenitici corrisponde ad un nichel equivalente superiore ad 8 ed ad un cro-


mo equivalente superiore a 16.
Dal diagramma si vede facilmente che le strutture che si possono verificare sono le seguenti:
− austenite,
− austenite e martensite,
− austenite, ferrite e martensite,
− austenite e ferrite.
In quest'ultimo campo, che interessa gli acciai inossidabili più diffusi, le curve a ferrite costante
sono rette: questo diagramma, pertanto, consente di prevedere anche se in modo approssimato,
la quantità di ferrite in una saldatura a partire dalla composizione chimica.
Da questo diagramma Seferian ha sviluppato una formula che permette di calcolare la proporzio-
ne di ferrite delta di una saldatura di cui la composizione sia tale da determinare una struttura au-
steno - ferritica:
% ferrite = 3 [(Cr) - 0,93(Ni) - 6,7]
Il diagramma originale di Schäffler non prevedeva l'effetto austenitizzante dell'azoto, per cui è stata nel
tempo proposta da De Long una modifica del diagramma di Schäffler (figura 3.4) nella parte relativa
alle percentuali di ferrite, introducendo anche l'azoto nella formula del Ni equivalente:
Nieq = %Ni + 30 x %C + 30 x %N + 0,5x%Mn
Si deve ricordare, tuttavia, che il tenore di ferrite, per una determinata composizione chimica, di-
minuisce al diminuire della velocità di raffreddamento. Pertanto, le indicazioni del diagramma di
Schäffler e De Long e della formula di Seferian debbono essere intese in senso relativo: può es-
sere soltanto stabilita una tendenza ferritica, uguale al tenore di ferrite delle saldature effettuate
nelle stesse condizioni di quelle che sono servite per stabilire il diagramma.

31
Metallurgia e saldabilità degli acciai inossidabili, del nichel e delle sue leghe

Figura 3.4 - Diagramma di Schäffler e De Long

Le saldature in acciaio del tipo 18 Cr - 10 Ni possono contenere una percentuale di ferrite com-
presa tra 0 e 20% e ciò, come si vedrà, è importante in quanto la ferrite deve essere spesso man-
tenuta entro limiti definiti.

3.4.3. Criccabilità a caldo


Le saldature in acciaio inossidabile austenitico sono sensibili al fenomeno della criccabilità a cal-
do, che si presenta con le caratteristiche seguenti:
− le cricche si formano durante il raffreddamento a temperature molto elevate;
− le cricche sono interdendritiche.
Esse si verificano con maggiore frequenza nel caso di microstruttura totalmente austenitica, mentre in
caso di presenza di ferrite delta la tendenza alla formazione di cricche a caldo appare ridotta.
Infatti, per acciai del tipo 18 Cr - 10 Ni o 24 Cr - 12 Ni, una percentuale di ferrite superiore al
2÷3% è, di solito, sufficiente a ridurre notevolmente il pericolo delle cricche a caldo, mentre per
acciai del tipo 25 Cr - 20 Ni, con microstruttura completamente austenitica, la possibilità di forma-
zione di queste cricche appare molto elevata.
Il meccanismo della loro formazione in zona fusa è dovuto a fenomeni di segregazione in quanto,
alla fine della solidificazione della matrice metallica, è ancora presente un film liquido interdendriti-
co ricco di elementi come zolfo, fosforo ed eventualmente niobio e boro, che formano composti a
basso punto di fusione; a causa della presenza delle tensioni di ritiro si determinano decoesioni
nella struttura fino alla comparsa di cricche.
Anche la presenza del silicio è, di solito, considerata sfavorevole in quanto arricchisce, con il ni-
chel ed il manganese, il film interdendritico e ne abbassa la temperatura di solidificazione.
Le cricche a caldo si possono trovare anche nella zona termicamente alterata come cricche di
liquazione: esse si possono, inoltre, formare nella zona fusa già solidificata quando si eseguono
successive passate.

32
Saldabilità

Anche in questi casi la spiegazione del fenomeno è a ricercarsi nell'arricchimento dei bordi dei
grani di elementi o composti a basso punto di solidificazione. Nelle zone in esame (zona termica-
mente alterata e passate precedenti in zona fusa) la temperatura può raggiungere, durante l'ese-
cuzione della saldatura, valori superiori alla temperatura di fusione degli elementi e/o composti
interdendritici, determinando le condizioni per la formazione delle cricche secondo il meccanismo
precedentemente descritto.
Tale fenomeno viene aggravato dal fatto che la conducibilità termica degli acciai inossidabili au-
stenitici è più bassa di quella degli altri acciai, mentre il coefficiente di dilatazione termica è più
elevato, con conseguenti maggiori concentrazioni di calore e di tensioni nelle zone suddette. Inol-
tre, i bordi dei grani possono presentare precipitati fragilizzanti (carburi, nitruri, ossidi, etc) che li
rendono incapaci di sopportare le tensioni di ritiro dovute alla saldatura.
La soluzione metallurgica più utilizzata, per ridurre la criccabilità a caldo è quella di regolare il te-
nore di ferrite nella zona fusa.
L'azione favorevole della ferrite in presenza di elementi di lega che accrescono la criccabilità, si
esplica con una diluizione di essi in quanto, data la dimensione e la forma dei grani ferritici, la su-
perficie dei bordi grano si accresce fortemente, e quindi, si determina una ridotta concentrazione
di composti a basso punto di fusione.
Occorre inoltre considerare che la ferrite presenta, rispetto all'austenite, una maggiore solubilità
nei confronti degli elementi che provocano cricche a caldo, e ciò riduce ulteriormente la concen-
trazione degli stessi negli spazi integranulari. L'effetto benefico di questa maggiore solubilità deve
tuttavia essere limitato in quanto è necessario che non si verifichi un abbassamento della tempe-
ratura di solidificazione della ferrite stessa: per questo motivo la ferrite non deve scendere sotto
un determinato valore minimo che dipende dalla composizione chimica della zona fusa e dell'ac-
ciaio base e dalle condizioni operative di saldatura.
Infine la presenza di una struttura mista di austenite e ferrite è favorevole anche perché, ad alta
temperatura, la ferrite risulta più deformabile dell'austenite per cui, a seguito delle micro - defor-
mazioni plastiche che si verificano in essa, si determina una certa riduzione delle tensioni di ritiro.
D'altra parte, determinate condizioni di esercizio, in presenza di forti agenti corrosivi (ad esempio,
impianti per urea, applicazioni a temperatura criogenica, applicazioni basate sulle proprietà ama-
gnetiche del materiale), portano alla necessità di limitare il tenore di ferrite presente.
La ferrite, infatti, presenta un tenore di cromo superiore a quello dell'austenite: nell'insieme della
struttura, pertanto, ai bordi grano tra ferrite ed austenite si verifica un impoverimento di cromo al
contorno del grano austenitico per addensamento di questo elemento sul grano ferritico adiacen-
te. Questa leggera diminuzione del tenore di cromo rende più suscettibile il bordo grano austeniti-
co all'attacco corrosivo (come si vedrà più estesamente nel punto seguente trattando dell'effetto
dei carburi di cromo).
Se la percentuale di ferrite raggiunge e supera valori intorno all'8÷10%, si viene a formare un reti-
colo di ferrite pressoché continuo attorno ai grani austenitici, con pericolo di estensione della cor-
rosione a tutta la struttura con una sua conseguente disgregazione.

33
Metallurgia e saldabilità degli acciai inossidabili, del nichel e delle sue leghe

In questi casi, il tenore di ferrite deve essere limitato e occorre ovviare al pericolo delle cricche a
caldo con altri mezzi (ad esempio, controllando in modo particolare la composizione chimica dei
materiali di base e d'apporto, con particolare riguardo alle impurezze e curando le condizioni di
pulizia all'atto della saldatura).
Dal punto di vista della prevenzione delle cricche a caldo è inoltre importante adottare apporti ter-
mici limitati e mantenere basse le temperature interpass. Il preriscaldo è da considerarsi sfavore-
vole in quanto, modificando il ciclo termico nel senso di aumentare la permanenza ad elevata
temperatura e di rallentare la velocità di raffreddamento, favorisce l'ingrossamento dei grani e tutti
i fenomeni di segregazione, di migrazione e di precipitazione a bordo grano. Quando il preriscaldo
si rende indispensabile (ad esempio, nella saldatura di giunti eterogenei dove la zona termica-
mente alterata di un acciaio non austenitico può temprare) esso è, di regola, limitato ad un massi-
mo di 120÷150°C mentre la temperatura interpass è limitata di norma al di sotto di 200°C.

3.4.4. Resistenza alla corrosione dei giunti saldati


Tra i vari tipi di corrosione, quella intergranulare senz'altro una delle più importanti e conosciute
per la sua pericolosità.
Il carbonio contenuto negli acciai austenitici è mantenuto in soluzione a temperature inferiori a 900°C;
quando questi acciai sono riscaldati a temperature comprese tra 500 e 800°C si può determinare la
precipitazione dei carburi di cromo ai bordi dei grani: ciò comporta un impoverimento locale di cromo
ed una diminuzione della resistenza alla corrosione in molti ambienti, soprattutto acidi.
La sensibilità a questo fenomeno dipende essenzialmente dal tenore di carbonio - per così dire -
disponibile per formare carburi di cromo, dalla temperatura di riscaldamento e dal tempo di per-
manenza a questa temperatura.
Si nota infatti che per una determinata temperatura, la sensibilizzazione risultante dal trattamento
aumenta dapprima con il tempo di permanenza poi diminuisce (figura 3.5): ciò si spiega con un
effetto di coalescenza dei carburi che si verifica prolungando il tempo e che tende a omogeneiz-
zare il tenore di cromo per diffusione dal centro dei grani austenitici verso il loro bordo; pertanto,
le caratteristiche anticorrosione possono essere parzialmente ripristinate, per alcuni ambienti cor-
rosivi, con un trattamento a temperature nella fascia superiore dell'intervallo di precipitazione.
I tempi necessari per la precipitazione, in acciai a tenore di carbonio compreso tra 0,10 e 0,15%,
sono dell'ordine di quelli che si hanno nei cicli termici di saldatura. In figura 3.6 sono rispettiva-
mente confrontati i cicli termici in zona termicamente alterata di una saldatura ad arco eseguita
con elettrodi rivestiti ed i tempi necessari per il manifestarsi della precipitazione intergranulare in
funzione della percentuale di carbonio. La precipitazione intergranulare si verifica nella zona ter-
micamente alterata ad una certa distanza dalla linea di fusione; tale situazione peggiora tanto più
quanto più il ciclo termico risulta blando poiché aumenta il tempo di permanenza nell'intervallo di
precipitazione.

34
Saldabilità

Figura 3.5 - Effetto del tempo di trattamento sulla corrosione intergranulare di


un acciaio 18 Cr 8 Ni 0,08 C

Nella figura 3.7a e b si riportano le zone più facilmente sensibilizzate riferite ad acciai inossidabili
austenitici e ferritici.
La zona fusa, se eseguita in una sola passata, non mostra la precipitazione intergranulare poiché
il tempo di passaggio nell'intervallo critico è insufficiente. Tuttavia, a causa della struttura di fusio-
ne più grossolana, è ancora più predisposta a fenomeni di precipitazione secondaria nel caso in
cui il ciclo di saldatura sia ripetuto con passate
successive o con riprese di saldature.
Al fine di evitare il verificarsi della corrosione
intergranulare è possibile talvolta effettuare trat-
tamenti termici che ripristinano, in modo comple-
to o parziale, le caratteristiche originali del mate-
riale base non saldato.
Il trattamento di solubilizzazione, ad esempio
(già descritto a proposito del materiale base),
determinando la dissoluzione di tutti i carburi,
consentendo la trasformazione della ferrite delta
in austenite ed omogeneizzando la struttura an-
che per quanto riguarda la composizione chimi-
ca, dà luogo ad un completo ripristino della resi-
stenza originaria a questo tipo di corrosione.
Il trattamento di immunizzazione, invece, che
prevede il mantenimento ad una temperatura
Figura 3.6 - Cicli termici a diverse distanze dal-
compresa nell'intervallo di precipitazione, per un la linea di fusione (processo 111, diametro elet-
trodo 4 mm, lamiera di spessore 5,5 mm)
tempo sufficientemente lungo a consentire l'o-

35
Metallurgia e saldabilità degli acciai inossidabili, del nichel e delle sue leghe

Figura 3.7 - Zone sensibilizzate soggette a corrosione inter-


granulare

mogeneizzazione del cromo, dà luogo soltanto ad un ripristino parziale, in determinati ambienti


corrosivi, della resistenza alla corrosione intergranulare preesistente. Ciò dipende dal fatto che la
permanenza del materiale a temperatura compresa nell'intervallo di precipitazione provoca, oltre
alla omogeneizzazione del cromo, anche la coalescenza dei carburi che, per le loro dimensioni e
la loro composizione chimica, possono diventare, essi stessi, sede di fenomeni corrosivi.
La possibilità di realizzare, in pratica, questi trattamenti è funzione delle dimensioni e della forma
dei pezzi da trattare: sono necessarie, infatti, dimensioni contenute e forme semplici onde evitare
possibili distorsioni: per cui salvo casi particolari, il loro uso appare piuttosto raro.
Le precauzioni normalmente adottate riguardano, invece, l'utilizzazione di materiali adatti, nei
quali la precipitazione prevenuta; essi sono:
acciai a basso contenuto di carbonio; è noto che il tempo necessario alla precipitazione dei
carburi è tanto maggiore quanto minore la quantità di carbonio (vedasi la tabella in figura 3.6):
pertanto, nelle strutture saldate sono usati acciai appositi, contraddistinti dalla lettera L (low car-
bon), per operare in condizioni di ragionevole sicurezza anche quando il raffreddamento del giun-
to è lento;
acciai stabilizzati: l'utilizzazione di questi acciai, contenenti come stabilizzanti titanio e niobio, è
conseguente al fatto che questi elementi hanno una affinità chimica per il carbonio maggiore di
quella del cromo, e che l'intervallo di precipitazione dei loro carburi è localizzato a temperature
superiori a quello di precipitazione dei carburi di cromo.
Gli acciai stabilizzati si trovano nelle migliori condizioni per l'impiego in costruzioni saldate dopo
aver subito un trattamento di stabilizzazione che consiste nel far precipitare preventivamente i
carburi di titanio o niobio nella matrice austenitica. Questi carburi non diminuiscono localmente il
tenore di cromo ed anziché ai bordi grano si dispongono in minuscole isole all'interno dei grani
austenitici annullando le condizioni per attacchi selettivi al contorno di questi.

36
Saldabilità

Va però ricordato che negli acciai stabilizzati la sensibilizzazione durante la saldatura si può verifi-
care nella parte della zona termicamente alterata, vicinissima al cordone, ove si raggiungono tem-
perature molto elevate (1250°÷1300°C). A tali temperature si ha infatti la formazione, ai bordi dei
grani, a causa di una incipiente liquazione, di un liquido molto ricco di carbonio e titanio (o niobio).
Durante il raffreddamento, si ha da questo liquido la formazione di un precipitato eutettiforme co-
stituito da carburo di titanio (o niobio) e cromo, ferro (e forse azoto). Questa precipitazione può
quindi rendere le due zone laterali alla zona termicamente alterata soggette alla corrosione in am-
bienti nitrici a caldo, cui tale precipitato suscettibile, senza che gli elementi stabilizzanti possano
avere influenza.
Pertanto, si ha un fenomeno di corrosione detto a lama di coltello così denominato dal fatto che si
insinua a fianco del cordone come una fessura provocata da un corpo tagliente (figura 3.7c). Det-
ta precipitazione eutettiforme non è praticamente eliminabile con trattamenti termici per cui in pra-
tica gli acciai stabilizzati non vengono impiegati in costruzioni saldate soggette, a caldo, ad attac-
co nitrico: per tali condizioni di esercizio è quindi necessario l'uso di acciai a basso carbonio.

3.4.5. Fase sigma


Gli acciai inossidabili austenitici sono soggetti ad un tipo di fragilizzazione dovuto alla precipitazio-
ne del composto intermetallico noto come fase sigma.
Affinché questo precipiti, è necessario che si verifichino le condizioni termica, analitica e struttura-
le seguenti:
− condizione termica: la formazione della fase sigma è subordinata alla diffusione di un certo
numero di elementi e, quindi, alla velocità di questa diffusione: pertanto la precipitazione
della fase sigma può verificarsi in tempi tecnicamente apprezzabili per temperature supe-
riori a circa 550°C, e con grande rapidità quando la temperatura si eleva a valori di 800°÷
850°C;
− condizione analitica: la formazione della fase sigma è condizionata dalla presenza di ele-
menti alfageni (ferritizzanti); ad esempio, la concentrazione locale di cromo deve superare il
20% perché la fase si possa formare in assenza di altri elementi alfageni. Invece, tenori
elevati di carbonio e nichel (elementi gammageni o austenitizzanti) diminuiscono l'attitudine
a formare tale fase: il primo agisce sulla formazione dei carburi complessi di cromo, molib-
deno e tungsteno rendendoli indisponibili a formare altre fasi, il secondo rallenta la diffusio-
ne degli elementi alfageni nell'austenite e rallenta conseguentemente la cinetica di precipi-
tazione dei composti intermetallici. La segregazione può però aumentare localmente la
concentrazione degli elementi alfageni e rendere possibile la formazione di composti del
tipo fase sigma senza necessità di fenomeni di diffusione particolarmente complessi;
− condizione strutturale: la ferrite, più ricca di elementi alfageni dell'austenite, presenta velo-
cità di diffusione più elevate di quelle dell'austenite e pertanto anche le cinetiche di forma-
zione dei composti intermetallici sono più rapide. Nel caso specifico delle saldature la ferri-

37
Metallurgia e saldabilità degli acciai inossidabili, del nichel e delle sue leghe

te, presente nelle prime passate, può trasformarsi in fase sigma per il riscaldamento dovuto
alle passate successive. Comunque, di solito, la formazione di fase sigma avviene soprat-
tutto durante la permanenza alla temperatura di esercizio od a seguito di trattamenti termi-
ci, piuttosto che durante l'effettuazione delle saldature, e ciò in funzione del tempo neces-
sario alla precipitazione.
Il composto fase sigma è duro e fragile; esso può non essere particolarmente pericoloso ad ele-
vata temperatura mentre, a temperature più basse, può ridurre fortemente la duttilità del materiale
che, pertanto, va trattato con ogni cautela per evitare sollecitazioni meccaniche e termiche che
potrebbero facilmente dare luogo a rotture.
In particolare, se il materiale risulta infragilito per formazione di fase sigma, può diventare impos-
sibile ogni eventuale saldatura di riparazione o di modifica dal momento che le tensioni di ritiro
sono sufficienti a creare rotture nel materiale.
Pertanto, per servizi ad elevata temperatura, la percentuale di ferrite nel materiale base e nei
giunti saldati deve venire limitata.

3.4.6. Processi di saldatura


Gli acciai inossidabili austenitici al cromo - nichel si prestano bene alla costruzione saldata poiché
spesso é possibile ottenere, senza alcun trattamento pre - e/o post - saldatura, proprietà nei giunti
saldati molto simili a quelle del materiale base.
Le precauzioni generali da prendere nel corso della saldatura di questi acciai riguardano anzitutto
la necessità di evitare la formazione di cricche a caldo e di salvaguardare le proprietà anticorro-
sione del materiale.
Per quanto riguarda la criccabilità a caldo, è necessario operare in condizioni di buona pulizia: ad
esempio sgrassando, mediante acetone, i lembi prima di iniziare la saldatura ed utilizzando uten-
sili (scalpelli, spazzole, dischi per molatura, ecc.) puliti e riservati al solo acciaio inossidabile; ciò
al fine di evitare l'inquinamento del bagno di fusione da parte di sostanze grasse che possono dar
luogo a composti bassofondenti (solfuri). Anche tracce di elementi di tracciatura (gessi) o di ter-
mocolori (usati per verificare la temperatura di interpass) devono essere accuratamente eliminate.
Nel caso di impiego dei procedimenti ad arco con elettrodi rivestiti e ad arco sommerso, l'adozio-
ne di rivestimenti e flussi basici è inoltre di grande utilità al fine di scorificare il bagno.
Infine, sempre per ridurre il pericolo di cricche a caldo, è importante un'accurata preparazione dei
lembi ed il loro corretto montaggio, senza eccessivi slivellamenti o distanze non corrette.
Una precauzione importante è, comunque, la riduzione delle dimensioni del bagno di fusione e la
rapidità di solidificazione: per tale motivo, sono preferiti procedimenti che utilizzano sorgenti di
calore molto concentrate che danno una fusione rapida e localizzata. Bagni di fusione piccoli e
non turbolenti facilitano, inoltre, l'efficace protezione del bagno stesso contro l'ossidazione da par-
te dell'atmosfera.

38
Saldabilità

Pertanto, i procedimenti a forte apporto termico specifico, come la saldatura ossiacetilenica o i


procedimenti elettroscoria ad elettrogas, non sono adoperati. La saldatura ossiacetilenica è, in
particolare, da sconsigliare per diversi motivi:
− difficoltà di mantenere una fiamma rigorosamente neutra: l'eccesso di ossigeno provoca la for-
mazione di ossidi di cromo e l'acetilene induce una carburazione non desiderata del bagno;
− più estesi riscaldamenti del materiale e maggiori deformazioni.
Per una buona protezione contro la corrosione, le condizioni superficiali della saldatura sono mol-
to importanti, sia per quanto riguarda la regolarità di maglia sia per l'assenza di ossidazioni. Con
riferimento a quest'ultimo problema, i giunti saldati con procedimento TIG, da un solo lato, richie-
dono un'adeguata protezione al rovescio, realizzata mediante la creazione di un'atmosfera di gas
inerte (generalmente argon o elio; talvolta con miscele riducenti di azoto - idrogeno). Questa pro-
tezione deve essere mantenuta anche durante l'esecuzione almeno della seconda passata. In
presenza di ambienti corrosivi molto severi, è comunque opportuno decappare i giunti prima di
impiegare in servizio il componente saldato.
La saldatura ad arco sommerso si usa con fili di diametro medio o piccolo e tecnica a passate
multiple. Poiché il tenore risultante degli elementi di lega in zona fusa è in relazione, oltre che alla
composizione del filo, del flusso e del materiale base anche dei parametri di saldatura (in partico-
lare della tensione d'arco che regola la percentuale di flusso che reagisce col bagno), con questo
procedimento è più difficile ottenere composizioni costanti nel cordone. Pertanto è necessaria una
messa a punto accurata del procedimento, con controllo dell'analisi chimica della zona fusa, all'at-
to della certificazione della procedura di saldatura ed una particolare cura operativa per mantene-
re, durante la saldatura, i parametri entro i limiti specificati nella procedura stessa. Per rendere il
procedimento più elastico si usano spesso flussi prefusi o misti.
Fra i processi più usati vi sono: il processo manuale ad arco con elettrodi rivestiti ed il processo
MAG; il processo TIG si usa, al solito, per la realizzazione della prima passata senza ripresa al
rovescio su tubi o su lamiere sottili.
Per produzioni di grande serie sono di corrente applicazione, ove possibile, i processi al plasma e
soprattutto laser e per spessori maggiori a fascio elettronico.
Il materiale depositato mediante saldatura contiene, generalmente, una percentuale di ferrite su-
periore a quella del materiale base, in funzione della composizione chimica, delle modalità di raf-
freddamento del bagno di fusione e di eventuali trattamenti termici postsaldatura (compresi quelli
dovuti alle passate successive).
La ferrite presente nel cordone è utile al fine di evitare i fenomeni di criccabilità a caldo legati alla
presenza di silicio ma occorre evitare che se ne formi una quantità eccessiva per non pregiudica-
re le proprietà anticorrosione della zona fusa e le sue caratteristiche di tenacità e duttilità a bassa
temperatura.
Per quanto riguarda il materiale d'apporto, il controllo del tenore di ferrite è realizzato, nel caso di
elettrodi rivestiti, mediante un opportuno controllo della composizione chimica del rivestimento in
relazione a quella del filo: questi elettrodi sono detti a ferrite controllata.

39
Metallurgia e saldabilità degli acciai inossidabili, del nichel e delle sue leghe

Per i processi con protezione di gas questo controllo prevede l'impiego di fili con forcelle analiti-
che ristrette studiate apposta.
La scelta del materiale d'apporto deve tenere presente che le proprietà della zona fusa dovrebbero
essere quanto più possibile simili a quelle del materiale base: l'ideale sarebbe la perfetta uguaglianza.
Nel caso d'impiego di materiale d'apporto diverso occorre tenere presente che risulteranno diverse sia
le caratteristiche meccaniche sia quelle anticorrosione e che non è sempre vero che queste ultime mi-
gliorano con l'aumentare del tenore di lega: ciascuna ha un suo comportamento nei confronti della cor-
rosione, che dipende dall'ambiente corrosivo e dalle condizioni di esercizio.
Con riferimento agli acciai inossidabili austenitici stabilizzati, la facilità del titanio all'ossidazione
ad alta temperatura non consente, al contrario di quanto si verifica con i procedimenti sotto prote-
zione di gas inerte, di utilizzare questo elemento come stabilizzante negli elettrodi rivestiti o nel
filo per arco sommerso perché le perdite durante il trasferimento nel bagno di fusione, attraverso
l'arco, comporterebbero percentuali ridotte di titanio in zona fusa; si ricorre, allora, al niobio o nio-
bio + tantalio che si trasferiscono nell'arco con migliore rendimento.
Per quanto riguarda la classificazione dei materiali d'apporto impiegabili con i diversi procedimen-
ti, si rimanda a quanto illustrato nei testi relativi ai processi stessi ove sono pure riportate le princi-
pali normative.
Occorre infine ricordare che gli acciai inossidabili austenitici si prestano in modo particolare, gra-
zie alle loro caratteristiche di saldabilità, alla saldatura completamente automatizzata e robotizza-
ta: in quest'ultimo caso, i procedimenti maggiormente impiegati sono quelli MIG ed, ultimamente,
laser per gli spessori sottili.

3.4.7. Saldature eterogenee con materiali d'apporto austenitici

Alcuni casi pratici di costruzione richiedono il deposito di materiali d'apporto austenitici su acciai
ferritici, al carbonio, carbonio - manganese e microlegati od a basso contenuto di elementi di lega.
Per effetto della diluizione, il deposito è caratterizzato da una composizione chimica diversa ed, in
particolare, da tenori di nichel e cromo inferiori a quelli del materiale d'apporto di partenza.
In questi casi, è assolutamente indispensabile evitare la formazione di strutture martensitiche che
comporterebbero fragilità della zona fusa e la possibile formazione in essa di cricche a freddo.
Il problema può essere risolto con l'ausilio del diagramma di Schäffler - De Long (figura 3.8).
Si supponga ad esempio di dover depositare un cordone di acciaio inossidabile austenitico sopra
un acciaio al cromo - molibdeno e si intenda impiegare un elettrodo del tipo 18 Cr - 8 Ni.
Sul diagramma si segnino i punti A' e B rappresentativi rispettivamente della composizione chimi-
ca del materiale d'apporto e del materiale base (figura 3.8), e si uniscano i due punti con una ret-
ta. Si supponga che il rapporto di diluizione, che può essere determinato attraverso una semplice
valutazione di aree, sia pari al 40%: a partire dall'estremo A' si segni sulla retta A'B un punto a
distanza da A' pari a 4/10 della lunghezza A'B.

40
Saldabilità

Figura 3.8 - Scelta dell'elettordo austenitico per riporto su acciaio martensitico

Il punto rappresenta la struttura che si ottiene nel deposito. Dal diagramma si vede che questa
struttura è parzialmente martensitica: se ne conclude che nelle condizioni operative supposte,
non può essere impiegato un elettrodo del tipo 18/8.
Ripetendo il ragionamento con un elettrodo che presenti un maggiore tenore di lega, ad esempio
del tipo 25Cr - 20Ni (rappresentato dal punto A), ed ammettendo invariato il rapporto di diluizione,
il punto rappresentativo del deposito cade in campo austenitico confermando l'idoneità di questo
tipo di elettrodo a risolvere il caso in esame.
La pratica indica, infatti, come adatti per le saldature eterogenee i materiali di apporto più legati
cioè dei tipi 309 (24 Cr - 12 Ni) e 310 (25 Cr - 20 Ni); quest'ultimo è completamente austenitico e
presenta una maggiore tendenza alla formazione di cricche a caldo, facilitata dal fatto che spesso
il tenore di impurezze (S e P) dell'acciaio non legato o basso legato è superiore a quello degli ac-
ciai inossidabili. Correntemente si usano anche materiali d'apporto contenenti una modesta per-
centuale (2÷3%) di molibdeno che, a parità di condizioni, presentano un maggiore contenuto di
ferrite nel deposito (tipo 309 Mo).
E' comunque utile ridurre quanto più possibile la diluizione con l'acciaio ferritico con opportuna
scelta della preparazione, dei parametri di saldatura e della tecnica operativa e, quando possibile,
del procedimento. Da tale punto di vista, per riporto di acciai austenitici su acciai ferritici, é inte-
ressante il riporto ad arco sommerso a nastro.

41
Metallurgia e saldabilità degli acciai inossidabili, del nichel e delle sue leghe

Figura 3.9 - Scelta dell'elettrodo austenitico per saldatura di acciai diversi

Si supponga ora di dover saldare due materiali diversi: ad esempio un acciaio al carbonio - man-
ganese con un acciaio inossidabile austenitico tipo 18/8 (AISI 304). Si può pensare che i due ma-
teriali base B1 e B2 partecipino in modo eguale alla composizione della zona fusa; pertanto sarà
come se in essa entrasse un materiale C avente composizione intermedia fra B1 e B2 (figura 3.9).
Si può vedere che se venisse usato un elettrodo del tipo 308 (corrispondente circa al punto B2)
anche con diluizione limitata si avrebbe una certa percentuale di martensite in zona fusa, mentre
con un materiale del tipo 309 (punto A) si potrebbe avere in zona fusa struttura austenitica con
presenza di ferrite delta, fino a circa il 40% di diluizione: e quindi anche nel caso, ad esempio, di
una 1° passata TIG. Inutilmente troppo legato risulterebbe invece un materiale d'apporto di tipo 310
(punto A'), con zona fusa completamente austenitica e con maggior tendenza alla formazione di cric-
che a caldo. Per condizioni di diluizioni contenute (ad esempio passate di riempimento a basso appor-
to termico) potrebbero essere usati anche materiali d'apporto tipo 316 (19 Cr - 12 Mo).
In modo analogo si può scegliere il materiale d'apporto per collegare acciai al carbonio - manga-
nese ad acciai al Cr - Mo o con acciai inossidabili al solo Cr.
Vanno tenute sempre presenti, infine, le caratteristiche metallurgiche delle saldature eterogenee
eseguite con materiali d'apporto austenitici. In questi giunti si possono infatti verificare, particolar-
mente per servizio ad elevata temperatura, fenomeni di migrazione del carbonio e rotture per fati-
ca termica a causa del differente coefficiente di dilatazione.

42
Saldabilità

3.5. Saldabilità degli acciai inossidabili austeno - ferritici (duplex)

3.5.1. Problemi generali di saldabilità


La saldabilità degli acciai duplex è controllata dalle trasformazioni strutturali che si verificano nella
zona termicamente alterata e nella zona fusa.
Nella parte della zona termicamente alterata ove la temperatura supera i 1200°C, l'austenite si ritra-
sforma in ferrite delta, e dopo il successivo raffreddamento, più o meno rapido a seconda del procedi-
mento di saldatura, la ferrite può essere presente in tenore superiore a quello di partenza.
Invece, nella parte della zona termicamente alterata che non supera i 1000°C si ha durante il riscalda-
mento una trasformazione di parte della ferrite delta in austenite; con il successivo raffreddamento rapi-
do la fase gamma resta stabile: si ha, quindi, una diminuzione del tenore finale di ferrite delta.
Per quanto riguarda la zona fusa, è importante l'equilibrio fra elementi austenitizzanti e ferritizzanti con-
tenuti nel materiale d'apporto; in pratica, la quantità di ferrite risultante in zona fusa deve essere calco-
lata in modo da essere il più possibile prossima a quella del materiale base inalterato. Si deve, inoltre,
tenere conto che cicli termici troppo blandi potrebbero indurre un eccessivo ingrossamento del grano e
far precipitare nitruri di cromo con diminuzione della resistenza alla corrosione, mentre cicli termici trop-
po severi potrebbero aumentare eccessivamente la percentuale di ferrite delta con conseguente dete-
rioramento, soprattutto, delle caratteristiche di duttilità e di tenacità.
Un effetto importante, in questi acciai, è presentato dalla presenza dell'azoto: dalla figura 3.10 si
vede che l'acciaio (1) con pochissima aggiunta
di questo elemento presenta i maggiori valori di
ferrite; con alte velocità di raffreddamento la
ferrite è presente infatti, in percentuale superio-
re all'80%. Già l'addizione di 0,15% N (acciaio
(2)) induce un effetto di riduzione della ferrite:
l'inizio della trasformazione dell'austenite in fer-
rite è sposato a temperature superiori: ne risul-
ta una maggior quantità di austenite ed una
minore quantità di ferrite. Il massimo effetto è
quello che si ritrova nell'acciaio (3) ad alto azo-
to ed alto nichel.
Un ulteriore effetto favorevole dell'azoto deriva
dal fatto che nella zona fusa, come pure nella
parte della zona termicamente alterata vicina
alla linea di fusione, la formazione di un grano
ferritico grossolano viene bloccata dalla pre-
Figura 3.10 - Influenza della composizione chimica
senza dei composti dell'azoto stesso. del deposito di elettrodi rivestiti (1, 2 e 3) sulle T di
trasformazione con diverse velocità (a e b)

43
Metallurgia e saldabilità degli acciai inossidabili, del nichel e delle sue leghe

3.5.2. Processi di saldatura

Per questi acciai possono essere utilizzati quasi tutti i procedimenti di saldatura ad apporto termi-
co specifico limitato già menzionati per gli acciai austenitici. Occorre tuttavia avere particolare
cura sia nella messa a punto preventiva del procedimento (prove preliminari e prove di certifica-
zione della procedura) onde ottenere strutture appropriate in zona fusa e zona termicamente alte-
rata, sia nella applicazione pratica dello stesso, al fine di rispettare le tolleranze sui parametri spe-
cificati nella procedura di saldatura. Da questo punto di vista sono particolarmente adatti i proce-
dimenti automatici o completamente automatizzati, mentre nell'uso dei procedimenti manuali o
semiautomatici i saldatori devono essere addestrati e sensibilizzati alle problematiche risultanti
dalla metallurgia di questi acciai.
Per quanto riguarda la saldatura manuale ad arco con elettrodi rivestiti, occorre realizzare una
accurata conservazione degli elettrodi stessi, generalmente a rivestimento basico o rutil - basico.
Utilizzando procedimenti TIG e MAG, è necessario evitare l'uso di gas di protezione al rovescio
contenenti idrogeno, e nel procedimento MAG può essere utile aggiungere alla miscela delle pic-
cole percentuali di azoto per aumentare il suo contenuto nel bagno, al fine di controllare maggior-
mente il rapporto austenite - ferrite della zona fusa.
Utilizzando il procedimento TIG per la effettuazione della prima passata, un utile accorgimento,
sempre ai fini del corretto rapporto austenite - ferrite della zona fusa, è quello di ridurre la quantità
di materiale base da fondere, usando preparazioni e tecniche operative appropriate.
Il preriscaldo per gli acciai duplex non è necessario; solamente per spessori elevati può essere consi-
gliabile, per controllare la quantità di ferrite nel giunto, effettuare un modesto preriscaldo a temperature
dell'ordine di 100÷150°C; la temperatura d'interpass non dovrebbe eccedere mai i 150°C.
I colpi d'arco sul materiale base debbono essere evitati in quanto, per l'alta velocità di raffredda-
mento, si formano zone con elevata percentuale di ferrite.
Per quanto esistono norme per la classificazione dei materiali d’apporto (fili o elettrodi) per la sal-
datura degli acciai duplex; si fa comunemente riferimento ai nomi commerciali e/o alle composi-
zioni dei materiali d'apporto.

3.5.3. Resistenza alla corrosione


Gli acciai inossidabili duplex possiedono una resistenza alla corrosione superiore, in molti am-
bienti corrosivi, a quella degli acciai inossidabili austenitici: in special modo nei confronti della cor-
rosione crateriforme (pitting) e della tensocorrosione. La presenza dell'azoto è utile anche in que-
sto caso, in quanto aumenta la resistenza alla corrosione crateriforme; tale effetto è stato espres-
so, per gli acciai contenenti azoto, in una formula matematica che definisce l'indice di pitting
PREn:
PREn = %Cr + 3.3x %Mo + 16 x %N
questo indice non dovrebbe essere inferiore a 30 ed, in alcuni acciai, a 40.

44
Saldabilità

In questi acciai la resistenza alla corrosione può per essere ridotta a causa di una possibile preci-
pitazione di nitruri di cromo ai bordi dei grani ferritici. Per limitare questo fenomeno si accresce, in
genere, il tenore di nichel e quindi la quantità di austenite: infatti l'azoto, generalmente disciolto
nella ferrite, può diffondere, sotto l'effetto termico della saldatura, nell'austenite ed ivi restare a
causa della sua maggiore solubilità; in tal modo la possibilità di precipitazione dei nitruri al bordo
dei grani della ferrite diminuisce.

45
Metallurgia e saldabilità degli acciai inossidabili, del nichel e delle sue leghe

46
Metallurgia e saldabilità del nichel e delle sue leghe

4. METALLURGIA E SALDABILITÀ DEL NICHEL E DELLE


SUE LEGHE

4.1. Introduzione

Le leghe di nichel sono un'ampia famiglia di materiali caratterizzati convenzionalmente dalla pre-
senza di tenori di nichel superiori ai tenori massimi presenti negli acciai inossidabili (il 30% circa).
In termini generali, le leghe di nichel presentano le seguenti caratteristiche fondamentali:
− elevata resistenza alla corrosione;
− elevate caratteristiche tensili, che abbinano resistenza meccanica e duttilità;
− elevata resistenza in regime di scorrimento viscoso ad alta temperatura (creep);
− buona saldabilità.

Figura 4.1 - La placcatura di un tubo con Inconel® 625

47
Metallurgia e saldabilità degli acciai inossidabili, del nichel e delle sue leghe

4.2. Caratteristiche metallurgiche

Il nichel puro ha proprietà fisiche simili a quelle del ferro: fonde a 1455°C, ha un peso specifico
elevato (8,9 g/cm3), possiede, allo stato ricotto, un carico di rottura dell'ordine di quello di un ac-
ciaio da costruzione (circa 380 N/mm²) ma con un limite elastico più basso (RP0,2 di circa 105
N/mm²) ed un sensibile allungamento (circa 40%).
Il coefficiente di dilatazione termica del nichel è simile a quello degli acciai a struttura ferritico -
perlitica: esso può variare considerevolmente con aggiunte di elementi di lega.
Sono considerate leghe a base di nichel le leghe metalliche che contengono tenori di nichel supe-
riori a quelli degli acciai inossidabili austenitici, quindi superiori a circa il 30%.
Il nichel non ha affinità con il carbonio, che è anzi indotto ad uscire dal reticolo del nichel ed orga-
nizzarsi in nuovi cristalli (grafite) costituiti da solo carbonio. Questo fenomeno, detto grafitizzazio-
ne, è dannoso perché fragilizza il nichel: per evitarlo (come per gli acciai inossidabili al cromo -
nichel) sono fabbricati tipi di nichel con tenore di carbonio entro limiti strettissimi (Nichel LC con C
< 0,02%) e con piccole percentuali di elementi formatori di carburi (in genere, il titanio).
Il nichel cristallizza nel sistema cubico a facce centrate senza trasformazioni allotropiche e pos-
siede ampi intervalli di solubilità in fase solida con molti metalli quali: rame, ferro e cromo. Col
rame, in particolare, presenta miscibilità completa allo stato solido (figura 4.2). Le leghe così for-
matesi hanno a loro volta struttura cubica a facce centrate senza trasformazioni allotropiche; que-
sta struttura conferisce loro elevata duttilità anche alle basse temperature.
Per analogia con l'austenite, con la quale condividono la struttura cubica a facce centrate del fer-
ro, si definiscono a struttura austenitica anche le leghe di nichel.
La matrice cubica a facce centrate del nichel è indurita dalla presenza di elementi di lega in solu-
zione solida sostituzionale; gli elementi di lega più usati per queste leghe, oltre il ferro ed il cromo,
sono il molibdeno, il tungsteno ed il cobalto. Questi possono conferire alle leghe particolari carat-
teristiche di resistenza allo scorrimento a caldo o alla corrosione2.
Il carbonio, presente quale elemento residuo od aggiunto nel caso di richiesta di resistenza allo
scorrimento a caldo, può legarsi con altri elementi di lega formando carburi, più o meno finemente
dispersi nella matrice: questi carburi aumentano la resistenza della lega allo scorrimento a caldo,
pur risultando in certi casi nocivi alla duttilità ad alla resistenza alla corrosione.
Infine, l'alluminio, il titanio ed il niobio possono formare con il nichel composti intermetallici, aventi
reticolo cubico a facce centrate di dimensioni simili a quello del nichel, presenti come fase fine-
mente dispersa nella matrice; queste fasi contribuiscono all'indurimento della matrice ed all'au-
mento delle caratteristiche tensili.

2
E' opportuno tenere presente, sia per gli acciai inossidabili ma ancor più per il nichel e le sue leghe ed, in generale, per
tutte le leghe non ferrose, che la resistenza alla corrosione non è una proprietà assoluta ma ha significato solo se riferi-
ta ad un determinato ambiente corrosivo. Così, il nichel puro può avere una resistenza alla corrosione migliore delle sue
leghe in un certo ambiente corrosivo e, viceversa, una lega di nichel può avere proprietà anticorrosive migliori del nichel
puro in un altro ambiente.

48
Metallurgia e saldabilità del nichel e delle sue leghe

Figura 4.2 - Il diagramma rame - nichel

Tutto ciò ottenuto con opportuni procedimenti di elaborazione al forno elettrico, aggiunte in siviera
e trattamenti termici successivi; per cui le leghe risultanti sono, in genere, abbastanza delicate e,
pertanto, debbono essere evitati riscaldamenti eccessivi o prolungati che possano alterare lo sta-
to metallurgico.
Le leghe di nichel sono, in ogni caso, materiali molto pregiati il cui uso appare in continuo aumen-
to specialmente nella industria chimica e petrolchimica, e, in genere, nei casi che prevedano con-
dizioni di esercizio severe per quanto riguarda la temperatura e la corrosione, quando le proprietà
degli acciai inossidabili austenitici al cromo - nichel non sono più sufficienti.

4.3. Caratteristiche delle leghe di nichel, loro classificazione

4.3.1. Generalità
Le leghe di nichel sono numerose ed in continuo sviluppo; per le loro specifiche proprietà sono
anche dette spesso anche superleghe.
Questi materiali sono spesso identificati in base ai nomi commerciali brevettati dai produttori che li
hanno elaborati e commercializzati.
Trattandosi, quasi generalmente, di produzioni estere non esiste una normativa UNI sull'argomen-
to ed in attesa della elaborazione futura di norme europee CEN (EN) saranno citate le norme
USA (ASTM) e, quando esistenti, quelle inglesi (BS) e tedesche (DIN).
Le composizioni chimiche nominali dei gradi maggiormente diffusi di lega, suddivisi per tipologia,
sono riportate nella tabella 4.1 (nella parte finale).
Fra i materiali di più comune impiego nelle costruzioni saldate, si possono citare i seguenti.

49
Metallurgia e saldabilità degli acciai inossidabili, del nichel e delle sue leghe

4.3.2. Nichel commercialmente puro

Il nichel commercialmente puro può prevedere tenori di carbonio normale (C <0,15%) o basso
carbonio; entrambi i tipi sono usati essenzialmente per impieghi anticorrosione.
Questi materiali, indicati, in genere, rispettivamente con la sigla Nichel 200 e Nichel LC (o Nichel
201) sono specificati nelle norme:
− ASTM B162 per lamiere e nastri (tipi 2200 e 2201);
− ASTM B163 per tubi;
− BS 3077 e 3073 (tipi NA11 e NA12);
− DIN 17740 (tipi Ni99.2 e LCNi 99).
Esistono vari altri tipi di nichel, con estrema purezza o piccole aggiunte di manganese o altri ele-
menti per accrescerne la resistenza meccanica, utilizzati in applicazioni elettroniche o speciali.

4.3.3. Leghe nichel - rame


Come detto, il nichel ed il rame sono completamente miscibili in fase solida; di tutte le leghe pos-
sibili una di quelle più usate è denominata 400 (commercialmente Monel) caratterizzata dal 30%
di rame: questa lega è particolarmente resistente alla corrosione marina ed a vari acidi.
Essa specificata nelle norme:
− ASTM B127 per lamiere e nastri (tipo 4400);
− ASTM B163 per tubi;
− BS 3072 e 3073 (tipo NA13);
− DIN 17743 (tipo Ni Cu 30 Fe).
Per applicazioni particolari esistono altri tipi di leghe analoghe: Monel K o lega K500 contenente
circa il 3% di alluminio, elaborate per ottenere maggiore resistenza e caratteristiche amagnetiche.

4.3.4. Leghe nichel - cromo


Ai costituenti fondamentali che conferiscono proprietà sia anticorrosione sia di resistenza alle
temperature elevate, sono aggiunti vari altri elementi per ottenere proprietà specifiche.
Fra le molte leghe si possono citare quelle riportate nei paragrafi successivi.

Leghe nichel - cromo - ferro

Una delle leghe più note è quella con la sigla 600 (nome commerciale Inconel® 600: circa Cr 15%
e Fe 8%); essa ha una buona resistenza all'ossidazione ed alla corrosione in ambienti clorurati e
caustici.
Le norme di riferimento sono:
− ASTM B168 per lamiere e nastri (tipo 6600);
− ASTM B163 per tubi;
− BS 3072 e 3073 (tipo NA14);

50
Metallurgia e saldabilità del nichel e delle sue leghe

− DIN 17742 (tipo Ni15CrFe).

Leghe nichel - cromo - molibdeno - niobio

La lega più conosciuta è la 625 (nome commerciale Inconel® 625: circa Cr 22%, Mo 9% e 3,5%
Nb) con maggiore resistenza, soprattutto allo scorrimento caldo, per l'effetto indurente del molib-
deno e del niobio; essa è particolarmente resistente alla corrosione crateriforme o vaiolatura
(pitting) in molti ambienti corrosivi.
Le norme di riferimento sono:
− ASTM B443 per lamiere e nastri (tipo 6625);
− ASTM B444 per tubi.
mentre non esistono norme inglesi o tedesche.

Leghe nichel - cromo - ferro - molibdeno - rame

Fra le leghe più usate vi sono quelle che portano le sigle G (o G3) (nome commerciale Hastelloy®
G o Hastelloy® G3: circa Cr 22%, Fe 20%, Mo 7% e Cu 2%), esse sono particolarmente resisten-
ti, in molti ambienti corrosivi, alla corrosione intergranulare.
Le norme di riferimento sono:
− ASTM B582 per lamiere e nastri (tipo 6007);
− ASTM B619 per tubi saldati (tipo 6985);
− ASTM B622 per tubi.
mentre non esistono norme inglesi o tedesche.

Leghe nichel - cromo - ferro - molibdeno

Una delle leghe più note è contrassegnata con X, (nome commerciale Hastelloy® X: circa Cr 22-
%, Fe 18%, Mo 9%, Co 2% e W 0,5%) ed è particolarmente resistente alle elevate temperature,
all'ossidazione a caldo ed alla corrosione sotto tensione.
Essa è riportata nelle norme americane:
− ASTM B435 per lamiere e nastri (tipo 6002);
− ASTM B6222 per tubi.
mentre non esistono norme inglesi o tedesche.

4.3.5. Leghe nichel - molibdeno


Queste leghe sono di composizione molto variabile, adatte principalmente per resistere allo scor-
rimento a caldo alle elevate temperature per l'effetto indurente del molibdeno, ma anche con buo-
ne caratteristiche di resistenza alla corrosione ed ossidazione.
Si possono citare le seguenti.

Leghe nichel - molibdeno

51
Metallurgia e saldabilità degli acciai inossidabili, del nichel e delle sue leghe

La più nota è quella con nome commerciale Hastelloy® B, contenente circa 28% di molibdeno,
5% di ferro e 2% di rame, ed specificata nelle norme americane:
− ASTM B333 per lamiere e nastri (tipo 10665);
− ASTM B622 per tubi:
mentre non esistono norme inglesi o tedesche.

Leghe nichel - molibdeno - cromo

Esse esistono in due varianti, con il tenore di molibdeno superiore a quello del cromo: lega C276
(nome commerciale Hastelloy® C276) con Mo circa 16% e Cr circa 15% e viceversa (Cr > Mo):
lega C4 o S (nome commerciale Hastelloy® C4, ora in disuso) con Cr circa 16% e Mo circa 15%.
La lega C276 contiene anche 6% di ferro e 4% di tungsteno, che indurisce ulteriormente la matri-
ce.
Esse sono specificate nelle norme americane:
− ASTM B575 per lamiere e nastri (tipi 10276);
− ASTM B622 per tubi (tipo 6455).
mentre non esistono norme inglesi o tedesche.

4.3.6. Leghe nichel - ferro


Anche se a base di ferro, sono considerate leghe di nichel a dilatazione termica controllata. Esse
contengono circa 36÷50% di nichel, 48÷65% di ferro e, talvolta, 4÷5% di cromo (nome commer-
ciale Elinvar®) o 4÷5% di cobalto (nome commerciale Super - Invar®).
La lega più usata per le applicazioni saldate è nota con il nome commerciale Invar® o K93601 (36
Ni - 64 Fe); essa trova impiego negli utilizzi criogenici (ad esempio, involucri di serbatoi a bassa
temperatura per gas liquidi).
La norma di riferimento è l'ASTM A658 per lamiere sottili.

4.3.7. Leghe nichel - ferro - cromo


Anche queste sono leghe a base di ferro contenenti più del 30% di nichel e circa il 20% di cromo:
sono molto simili agli acciai inossidabili austenitici al cromo - nichel ma con tenore di nichel più
elevato.
Queste leghe sono usate soprattutto per resistere alle alte temperature anche se, alcune di esse
in particolare, possiedono buona resistenza alla corrosione.
Fra le leghe più note si possono citare quelle aventi sigla 800 (nome commerciale Incoloy® 800)
e quella 800H (Incoloy® 800H) contenente un tenore di carbonio di circa 0,08% che conferisce
maggiore resistenza allo scorrimento a caldo. Vi è, inoltre, la lega 825 (nome commerciale Inco-
loy® 825) con aggiunte di molibdeno (circa 3%) e titanio (circa 1%), che trova applicazione quasi
esclusivamente per la sua resistenza alla corrosione.

52
Metallurgia e saldabilità del nichel e delle sue leghe

Le norme di riferimento sono:


− ASTM B409 per lamiere e nastri
− ASTM B424 (tipi 8800, 8810, 8825)
− ASTM B163 per tubi
− BS 3072-3073 (tipi NA 15, NA 15M, NA 16)
− DIN 17744 (tipi Ni Cr 21 Mo)

4.4. Saldabilità

4.4.1. Generalità
Il nichel e le sue leghe hanno una struttura di tipo austenitico a tutte le temperature e sono, pertanto,
simili, come comportamento in saldatura, agli acciai inossidabili austenitici al cromo - nichel.
Si possono usare, senza ulteriori accorgimenti sostanziali, procedimenti di saldatura a basso ap-
porto termico e non è necessario un accurato controllo del tenore di idrogeno diffusibile presente
nel bagno di saldatura.
Dal punto di vista della saldabilità, il principale problema è costituito dalla suscettibilità, che il ni-
chel e le sue leghe hanno, per la criccabilità a caldo. Il verificarsi del fenomeno dipende, oltre che
dalle condizioni di pulizia in corrispondenza del bagno di fusione, anche dall'ampiezza dell'inter-
vallo di solidificazione proprio della lega e dalla capacità o meno della lega stessa di deformarsi a
caldo. Nel caso specifico delle leghe di nichel, le più suscettibili sono le leghe cosiddette a medio
nichel (con tenore di Ni compreso nell'intervallo 30÷50%), a causa soprattutto della loro scarsa
duttilità alle elevate temperature (hot shortness). Occorre ricordare infine che le cricche a caldo
nelle zone fuse dei giunti saldati in nichel e sue leghe spesso non sono affioranti in superficie e
non possono, pertanto, essere rilevate facilmente mediante esame con liquidi penetranti, a meno
di non molare (o lavorare meccanicamente in altro modo) la superficie stessa.
Data l'elevata tenacità della struttura austenitica anche a bassa temperatura, non sono, in genere,
da temere rotture fragili in esercizio; queste, tuttavia, si possono verificare se l'esercizio prevede
condizioni non adatte al tipo di lega (ad esempio, temperatura troppo elevata per le leghe conte-
nenti Al, Ti e/o Nb in proporzioni apprezzabili, che a caldo induriscono e si fragilizzano per precipi-
tazione di fasi - "precipitation hardening") oppure provoca, a poco a poco, modificazioni delle le-
ghe stesse (ad esempio, la carburazione in esercizio di tubi di forni petrolchimici): tali alterazioni,
oltre a fragilizzare il materiale, possono creare grandi difficoltà, o addirittura l'impossibilità, per la
riparazione mediante saldatura di elementi in esercizio.
Per il loro basso contenuto inclusionale e gli elevati valori di allungamento anche nella direzione
dello spessore, le leghe di nichel non sono, inoltre, suscettibili al fenomeno strappi lamellari.

53
Metallurgia e saldabilità degli acciai inossidabili, del nichel e delle sue leghe

4.4.2. Tecniche di saldatura

Dato il notevole costo dei materiali, gli spessori normalmente utilizzati non sono molto elevati: in
genere, spessori sottili (2÷3 mm) per rivestimenti o placcature e spessori di prodotti omogenei
(lamiere, tubi, fucinati, ecc.) da 3 a 10 mm.
Il preriscaldo non si applica ed, in genere, non si effettuano trattamenti termici dopo la saldatura.
Gli aspetti pratici riguardanti l'esecuzione di una saldatura sono:
− pulizia: elemento fortemente dannoso per il nichel è lo zolfo che, normalmente, è contenuto
negli oli, grassi, gessi per tracciare, etc. Lo zolfo forma con il nichel eutettici che fondono a
temperatura bassa (circa 650°C) e che sono, quindi, in grado di provocare cricche a caldo.
La pulizia dei materiali che si impiegano deve essere considerata indispensabile prima,
durante e dopo la saldatura (asportazione perfetta della scoria o degli ossidi superficiali
dopo saldatura).
− Accurata preparazione dei lembi di saldatura, condizione per ottenere, oltre ad una buona este-
tica del cordone, anche le migliori caratteristiche anticorrosione per la giunzione saldata.
− Tecnica operativa, con apporto termico limitato, atta ad ottenere una penetrazione regolare
e superfici finali lisce e ben raccordate al materiale base.

4.4.3. Processi di saldatura

I procedimenti di saldatura adottati per il nichel e le sue leghe sono gli stessi già indicati come i
più adatti per gli acciai inossidabili austenitici e con le stesse preferenze d'impiego: TIG, MIG, e-
lettrodi rivestiti (per gli impieghi più correnti ed in genere solo per le passate di riempimento su
spessori superiori a 3 o 4 mm); per saldature eseguibili in piano applicabile anche la saldatura ad
arco sommerso, utilizzata con fili speciali contenenti tutti gli elementi di lega e con flussi neutri
(prefusi) anche per riporto di strati resistenti alla corrosione su acciai da costruzione.
Sono, inoltre, applicabili senza rilevanti difficoltà i procedimenti di saldatura al plasma, a fascio
elettronico e laser, quest'ultimo con particolari precauzioni di protezione dalla contaminazione
atmosferica.

4.4.4. Materiali d'apporto


Non esistendo una normativa UNI o una normativa europea (EN) per gli elettrodi ed i fili d'apporto
si possono usare, come riferimento, le tabelle di classificazione previste dalla statunitense AWS
A5: in particolare, la AWS A5.11 (elettrodi rivestiti) e all'AWS A5.14 (fili e bacchette):
− AWS A5.11 - Nickel and Nickel-Alloy Welding Electrodes for Shielded Metal Arc Welding;
− AWS A5.14 - Nickel and Nickel-Alloy Bare Welding Electrodes and Rods.
Per il dettaglio delle composizioni chimiche secondo le suddette norme, si rimanda alle tabelle 4.2
e 4.3, riportate nella parte finale del capitolo.

54
Metallurgia e saldabilità del nichel e delle sue leghe

Molte altre leghe, per le quali spesso non esistono normative, sono identificate solamente dai no-
mi commerciali; per esse, il produttore mette a punto materiali d'apporto specifici nonché eventua-
li raccomandazioni particolari di saldatura.
Nel caso della saldatura con elettrodi rivestiti è infine disponibile il riferimento della norma
ISO 14172:2005 "Welding consumables - Covered electrodes for manual metal arc welding of
nickel and nickel alloys -- Classification"; la stessa ISO ha recentemente approvato la norma
ISO 18274:2005 "Welding consumables — Wire and strip electrodes, wires and rods for arc wel-
ding of nickel and nickel alloys — Classification".

4.4.5. Altre osservazioni


Nella saldatura delle leghe di nichel, la cui varietà è molto estesa, è possibile, talvolta, incontrare
qualche particolare difficoltà specifica riguardante una determinata lega da considerare, quindi,
caso per caso in relazione alle caratteristiche della stessa ed alle indicazioni e raccomandazioni
del produttore. Difetti caratteristici di saldatura non sono rilevabili nel nichel e nelle sue leghe,
tranne una certa facilità alla formazione di inclusioni di gas (porosità) nella zona fusa di leghe che
non contengono cromo (ad esempio nichel puro o monel): in tal caso occorre accertarsi della buo-
na pulizia dei materiali, della giusta scelta del materiale d'apporto, della corretta protezione del
bagno dall'atmosfera (i circuiti d'acqua e gas delle torce debbono essere a perfetta tenuta, il gas
deve essere secco e di purezza adeguata), dell'abilità del saldatore.
Come già detto, il difetto più grave che si può riscontrare quello della criccabilità a caldo. Quando
si sia accertato che questo difetto non è stato provocato o aggravato da inquinamenti involontari
dei materiali o da una scelta non corretta del materiale d'apporto, non rimane che applicare le
cautele già suggerite a tale proposito per gli acciai inossidabili austenitici al cromo - nichel, cioè la
saldatura a piccole passate senza riscaldamento eccessivo del materiale.

4.4.6. Qualificazione e certificazione dei saldatori e dei processi di saldatura


Solitamente un saldatore qualificato per la saldatura degli acciai inossidabili austenitici al cromo -
nichel si adatta rapidamente, con un opportuno addestramento, ad eseguire buone saldature an-
che su leghe di nichel o saldature eterogenee con materiali di apporto in lega di nichel.
Per quanto ormai superate dalla norma UNI EN ISO 9606-4:2001 “Saldatura-Prove di qualificazio-
ne dei saldatori - Saldatura per fusione - Nichel e leghe di nichel”, giova citare le norme UNI che
regolavano la certificazione dei saldatori elettrici:
− UNI 6915-71 "Saldatori per tubazioni di spessore > 4 mm con elettrodi di acciai inossidabili
austenitico o lega di nichel".
− UNI 6916-71 "Saldatori di lamiere di medio e grosso spessore con elettrodi di acciaio inos-
sidabile austenitico o lega di nichel".
− UNI 6917-71 "Saldatori TIG per tubazioni con materiale d'apporto di acciaio inossidabile
austenitico o lega di nichel".

55
Metallurgia e saldabilità degli acciai inossidabili, del nichel e delle sue leghe

− UNI 7711-77 "Saldatori MIG per lamiere di spessore > 4 mm con filo di acciaio inossidabile
austenitico al cromo - nichel, di nichel o lega di nichel".
− UNI 8032 "Saldatori MIG per tubazioni di spessore > 4 mm e diametro > 120 mm con fili di
acciaio inossidabile austenitico o di lega di nichel".
Esse prevedevano lo stesso tipo e modalità di prove per i due materiali; inoltre richiedevano, in
genere, un numero di prove ridotte per passare dalla classe X (solo acciai inossidabili) alla classe
Ni, e consentivano al saldatore certificato per il nichel e le sue leghe di saldare anche gli acciai
inossidabili austenitici.
Attualmente, la normativa di riferimento in ambito internazionale circa la qualificazione dei salda-
tori è la EN ISO 9606-4 "Approval testing of welders - fusion welding - Part 4 - Nickel and nickel
alloys", fermo restando il riferimento costituito dal codice statunitense ASME Bolier and Pressure
Vessels, Sezione IX.
Circa invece la qualificazione delle procedure di saldatura, oltre al già citato codice ASME, è ap-
plicabile invece la norma EN ISO 15614-1 "Specification and qualification of welding procedures
for metallic materials - Welding procedure test - Part 1: Arc and gas welding of steels and arc wel-
ding of nickel and nickel alloys".

4.5. Saldatura eterogenea con apporto in lega di nichel

Questo argomento è già stato accennato al termine del capitolo relativo agli acciai inossidabili (si
veda il diagramma di Schäffler) ed un'applicazione tipica è stata ricordata a proposito della salda-
tura degli acciai al cromo - molibdeno.
In generale, dal momento che gli acciai al carbonio o quelli microlegati e basso legati possono
contenere tenori d'impurezze (zolfo e fosforo) superiori a quelli delle leghe di nichel, è preferibile
ricorrere ai tipi di elettrodo con tenore di manganese più elevato (tipi II e III) e con rivestimento
basico, per ottenere un significativo effetto di depurazione e ridurre quindi il pericolo di criccabilità
a caldo nella zona fusa.
Rispetto ai meno costosi materiali d'apporto d'acciaio inossidabile austenitico (tipo 309 o 310), la
lega austenitica tipo Inconel® presenta, per l'impiego in saldatura eterogenea, diversi vantaggi:
ha un coefficiente di dilatazione termica più simile a quello degli acciai ferritici che a quello degli
acciai austenitici, è praticamente insensibile a fenomeni come la migrazione del carbonio, può
sopportare trattamenti di rinvenimento - distensione alle temperature adatte ai comuni acciai, sen-
za alterazioni microstrutturali apprezzabili.
E' quindi pratica consueta fare ricorso ad apporti in lega di nichel quando uno dei pezzi da saldare
in lega di nichel o in acciaio che deve subire un trattamento termico dopo la saldatura.
Saldature eterogenee sono possibili con la scelta dell'adatta lega di nichel, tra materiali base co-
stituiti di qualsiasi tipo di acciaio, o di qualsiasi lega di nichel e, anche, alcuni tipi di leghe di rame
(ad esempio, Cupronichel).

56
Metallurgia e saldabilità del nichel e delle sue leghe

Per la saldatura dei placcati in nichel e sue leghe valgono gli stessi principi generali indicati nella
saldatura dei placcati in acciaio inossidabile.
Dal punto di vista della criccabilità a caldo occorre evitare di realizzare, per diluizione, zone fuse
con percentuali apprezzabili (3÷5%) di cromo e di rame contemporaneamente, o di introdurre,
sempre per diluizione, eccessive quantità di ferro (oltre 30%) nelle zone fuse stesse. Occorre infi-
ne evitare, per lo stesso motivo, di sbilanciare a seguito della diluizione il tenore di nichel in zona
fusa: ad esempio, depositando acciaio inossidabile austenitico su leghe di nichel, si possono rea-
lizzare zone fuse con percentuale di nichel compresa nell'intervallo 30÷50% ad elevata sensibilità
alle cricche a caldo.

57
Metallurgia e saldabilità degli acciai inossidabili, del nichel e delle sue leghe

Tabella 4.1 - Composizione chimica caratteristica delle più diffuse leghe di nichel

58
59
Metallurgia e saldabilità del nichel e delle sue leghe

Tabella 4.2 - Composizione degli elettrodi rivestiti secondo AWS A5.11


Metallurgia e saldabilità degli acciai inossidabili, del nichel e delle sue leghe

Tabella 4.3 - Composizione di bacchette e fili secondo AWS A5.14

60
Acciai placcati

5. ACCIAI PLACCATI
5.1. Generalità

Gli acciai placcati sono costituiti da due strati:


− un supporto, di spessore maggiore, in acciaio non legato o basso legato, meno costoso e di
caratteristiche tensili sufficienti per costituire, anche da solo, la parte resistente alle solleci-
tazioni meccaniche del pezzo;
− uno strato "di placcatura", generalmente di pochi millimetri di spessore, di materiale pregia-
to (acciaio inossidabile o lega non ferrosa) destinato a resistere all'ambiente corrosivo del
fluido a contatto.
Gli acciai placcati possono essere ottenuti con particolari condizioni di laminazione di un bimetal-
lo, o mediante rivestimento a esplosione; in ogni caso lo strato di placcatura rimane uniformemen-
te unito allo strato di supporto.
Durante la fabbricazione di apparecchi o elementi costruttivi particolari, anziché ricorrere all'uso di
acciai placcati, si può:
− realizzare la placcatura con riporto di saldatura su elementi di supporto (ad esempio, virole)
già saldati, e a tale fine si presta particolarmente il procedimento ad arco sommerso a na-
stro;
− rivestire l'elemento di supporto con strisce del materiale di placcatura saldate al supporto
con saldature eterogenee.
Quando due elementi di acciaio placcato devono essere collegati, ad esempio con giunti testa a
testa, si pongono, dal punto di vista metallurgico, due problemi:
− eseguire giunti con adeguate caratteristiche meccaniche;
− realizzare sulla superficie del giunto, dal lato della placcatura, un ripristino della placcatura
stessa con la composizione chimica necessaria per resistere all'ambiente corrosivo.

61
Metallurgia e saldabilità degli acciai inossidabili, del nichel e delle sue leghe

5.2. Modalità di saldatura

Nella saldatura di un acciaio placcato occorre tenere conto dei fenomeni di diluizione e di quanto
indicato a proposito delle saldature eterogenee: da questo punto di vista il diagramma di Schäffler
può essere di indubbia utilità, per la scelta del materiale d'apporto in relazione alla diluizione pre-
vista nelle diverse passate. In ogni caso è da tenere presente la regola generale per cui non è, di
solito, metallurgicamente corretto depositare un materiale di apporto non legato o basso legato su
un materiale base alto legato o non ferroso.
A titolo di esempio, sono indicati, di seguito, alcuni casi tipici relativi a giunti testa a testa; criteri
analoghi possono seguirsi nell'esecuzione di altri tipi di saldatura, in particolare con preparazione
a V o a K per la realizzazione di giunti di bocchelli (placcati o integrali, cioè di materiale analogo a
quello di placcatura) al mantello di recipienti costruiti con acciaio placcato.

5.2.1. Saldatura con materiali d'apporto diversi


Il caso più generale prevede la saldatura separata del supporto e del placcato usando materiali
diversi.
In questi casi, si richiede l'accessibilità del giunto dai due lati, del supporto e del placcato; il sup-
porto viene saldato per primo, adottando materiali di apporto, condizioni operative ed eventuali
trattamenti termici, adatti al tipo di acciaio ed allo spessore del supporto.
La principale precauzione da prendere nella saldatura del supporto è quella di non fondere, anche
solo in parte, il materiale di placcatura; e ciò per evitare diluizioni che potrebbero infragilire la zo-
na fusa. A questo fine si possono adottare ad esempio preparazioni come quelle di seguito indica-
te.
Una preparazione con spalla sensibile (figura 5.1a) in modo che la saldatura del supporto non
arrivi fino alla placcatura (figura 5.1b). La successiva ripresa, previa profonda solcatura, viene
eseguita con materiale d'apporto legato in due passate (figura 5.1c).

Figura 5.1 - Saldatura di un placcato, accessibile dai due lati, con materiali d'apporto diversi sul
supporto e sulla placcatura

Una asportazione del placcato, per un certo tratto (figure 5.2a e 5.3a) sufficiente a permettere la
saldatura completa del supporto; successivamente il placcato asportato viene ripristinato con sal-
datura in due strati: uno di sottofondo per bloccare la diluizione e uno con l'analisi del placcato
(figure 5.2b e 5.3b).

62
Acciai placcati

Figura 5.2 - Saldatura di un placcato, accessibile dai due lati e con preparazione per evitare dilui-
zione tra supporto e placcatura

Talvolta, per condizioni di corrosione critiche e, conseguentemente, prescrizioni di analisi superfi-


ciale molto severe, può essere utile asportare parte del supporto e ripristinare la placcatura con
tre strati.
Qualora in casi particolari ciò non risultasse possibile, si può ripristinare il placcato saldando nella
zona asportata una striscia del placcato stesso (figura 5.2c) (che però risulterà staccata dal sup-
porto, come nel caso degli elementi rivestiti). Anche queste saldature dovrebbero essere eseguite
in due passate per minimizzare la diluizione con l'acciaio del supporto.

Figura 5.3 - Saldatura di un placcato, accessibile dai due lati,


di spessore rilevante

Figura 5.4 - Saldatura di un placcato, accessibile dai due lati, eseguita con materiale d'apporto
legato

5.2.2. Saldatura con materiale d'apporto legato


Quando le condizioni di esercizio lo consentono possono essere usati per la saldatura dei placcati
materiali d'apporto legati. Nel caso tipico di supporto in acciaio al carbonio o ad elevata resistenza
e di placcato in acciaio inossidabile austenitico, può essere prevista, anche se il costo del metallo

63
Metallurgia e saldabilità degli acciai inossidabili, del nichel e delle sue leghe

di apporto è superiore, una saldatura con acciaio inossidabile adatto per saldature eterogenee (ad
esempio del tipo 309 o 309 Mo). La preparazione può essere pertanto quella di figura 5.4.
Se, dopo aver eseguito la saldatura dell'acciaio di supporto curando la diluizione, come già illu-
strato nel caso delle saldature eterogenee, si ritiene necessaria dal lato del placcato una compo-
sizione omogenea, rispetto al placcato stesso, questa può essere ottenuta eseguendo la saldatu-
ra di ripresa in due passate e scegliendo opportunamente il materiale di apporto dell'ultimo strato
di ripristino (figura 5.1c).
Nel caso si temano fenomeni di fatica termica o di migrazione del carbonio, anziché un acciaio
inossidabile (ad esempio di tipo 309) può essere usata per la saldatura del supporto una più co-
stosa lega di nichel (tipo Inconel®) che minimizza questi fenomeni: in questo caso per anche il
ripristino della placcatura deve essere eseguito con lega di Ni (figura 5.4) che pertanto affiorerà,
verso il fluido corrosivo, accanto alla placcatura in acciaio inossidabile austenitico. Non è infatti
metallurgicamente corretto saldare con un acciaio inossidabile austenitico su un sottofondo in
lega di nichel, molto più legato, e ciò per non avere, per diluizione, un aumento del tenore di Ni
nel deposito con corrispondente scomparsa della fase ferritica e grave pericolo di formazione di
cricche a caldo.

5.2.3. Saldatura con accessibilità da un solo lato


Si può verificare il caso, ad esempio nella saldatura circonferenziale di virole di diametro piuttosto
piccolo di acciai placcati, che non sia accessibile, per la saldatura, il lato del placcato stesso, an-
che con attrezzature particolari. In questi casi non è più possibile seguire la regola generale di
buona pratica di saldare per primo l'acciaio di supporto.
Si usano, in questi casi, particolari preparazioni del tipo di quelle indicate in fig. 5.5a e b: anzitutto
si procede a saldare il materiale di placcatura (ad esempio con procedimento TIG) usando un
materiale d'apporto omogeneo a quello del placcato ed avendo cura di non interessare l'acciaio di
supporto, onde evitare diluizioni, quindi si procede al riempimento del giunto, in corrispondenza
del supporto, utilizzando materiali di apporto compatibili sia col materiale base che col materiale
di placcatura (in genere, acciaio inossidabile austenitico dei tipi 309 o 309 Mo o leghe ad alto con-
tenuto di nichel3).

3
La tecnica di adottare uno "strato tampone" (buffer layer) di acciaio a basso carbonio, depositato sulla saldatura "1" del
placcato curando di ridurre, per quanto possibile, la diluizione (strati 2 e 3 di figura 5.5), e quindi procedere con il riempi-
mento con materiale d'apporto eguale al supporto, non è raccomandabile in fase costruttiva per gli inconvenienti metal-
lurgici che si incontrano nello "strato tampone"; essa può essere tuttavia usata, talvolta, in riparazioni di manutenzione a
carattere provvisorio.

64
Acciai placcati

Figura 5.5 - Saldatura di un placcato, accessibile da un solo lato, uso di solo materiale d'appor-
to legato oppure uso di materiali d'apporto diversi

65
Metallurgia e saldabilità degli acciai inossidabili, del nichel e delle sue leghe

66

Potrebbero piacerti anche