Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
1. SALDATURA ROBOTIZZATA
1.1. Generalità
Nel caso di necessità di produttività su componenti ripetitivi, a lotto o in serie, può risultare econo-
micamente conveniente l’utilizzo dell’automazione in saldatura.
Particolare attenzione deve essere tuttavia posta a definire un livello di automazione adeguato,
che consenta il mantenimento della ripetibilità richiesta con l’ottenimento della qualità prevista. I
vantaggi attesi sono principalmente da attribuirsi alla possibilità di movimentare automaticamente
la sorgente di saldatura, garantendo quindi la realizzazione di componenti senza i necessari inter-
valli di interruzione dovute al riposo del saldatore e al suo riposizionamento rispetto al giunto.
In base alle modalità di movimentazione, un processo può essere classificato:
− manuale o semiautomatico, quando la movimentazione della sorgente è gestita da un sal-
datore;
− automatico o automatizzato, quando si ricorre a semplici sistemi di automazione come po-
sizionatori mobili, sistemi a portali semplici;
− robotizzato, quando affidati a sistemi di movimentazione robotica e ad adeguati sistemi di
sensori.
1
Saldatura robotizzata, friction stir welding ed incollaggio
La tabella 1.1 mostra una possibile classificazione dei processi di saldatura, mettendo in partico-
lare evidenza il ruolo della sensoristica e dei sistemi di controllo. Si noti in particolare come la ca-
tegoria “adattiva” sia quella che richiede sistemi di controllo dei parametri e delle variabili di salda-
tura e di gestione del processo più sofisticati, in grado cioè di riprodurre il più fedelmente possibile
il comportamento di un saldatore addestrato e qualificato per il compito.
Per le loro peculiari caratteristiche di funzionamento, i processi di saldatura maggiormente impie-
gati in applicazioni robotizzate sono:
− saldatura a filo continuo;
− saldatura TIG;
− saldatura plasma;
− saldatura laser e fascio elettronico;
− processi di saldatura a resistenza.
Ciascuno di questi processi si adatta maggiormente a specifiche configurazioni di robot, a sensori
ed a logiche di controllo le cui caratteristiche principali saranno descritte nei paragrafi seguenti.
Lo studio delle architetture robot consente la valutazione delle possibilità di movimento di un si-
stema robot, analizzando le tipologie di giunti che lo costituiscono; in particolare, considerando
che i giunti realizzabili possono consentire solo movimenti di traslazione o di rotazione, è possibile
individuare cinque tipologie di robot, per ognuna delle quali risulta particolarmente significativo
individuare il numero di gradi di libertà, cioè le possibili
direzioni (lineari o angolari) di movimento della parte
terminale dell’articolazione del robot (detta end effec-
tor) e lo spazio di lavoro, cioè l’area dei possibili movi-
menti che può essere raggiunta dall’end effector.
L’architettura più simile a quella umana è quella antro-
pomorfa, o revolute, costituta da una serie di elementi
connessi solo con giunti di rotazione direttamente mo-
vimentati da motori elettrici (figura 1.2). I punti dello
spazio di lavoro, che ha geometria irregolare, sono
raggiunti con movimenti simili a quelli di un saldatore
Figura 1.2 - Schema costruttivo di un rendendo questo tipo di robot particolarmente efficace
robot antropomorfo o revolute
per la realizzazione di componenti dalle forme complesse.
1
Robot deriva dal termine ceco robota, che significa "lavoro pesante" o "lavoro forzato”; Il termine "robotica" venne usato
per la prima volta (su carta stampata) nella raccolta di racconti di Isaac Asimov Io Robot (1942). In esso, egli citava le
Tre leggi della robotica, a tutt’oggi fondamento degli studi di robotica industriale:
1. Un robot non può recare danno a un essere umano, né può permettere che, a causa del suo mancato intervento,
un essere umano riceva danno.
2. Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non contravvengano alla Prima
Legge.
3. Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché questa autodifesa non contrasti con la Prima e la Seconda
Legge
2
Saldatura robotizzata
3
ROBOTIZZATO
LIVELLO DI
MANUALE SEMIAUTOMATICO MECCANIZZATO AUTOMATICO ROBOTIZZATO E
AUTOMAZIONE
ADATTIVO
accensione e funziona- automatico
manuale automatico automatico automatico automatico (robot)
mento dell’arco (sensore)
alimentazione
manuale automatico automatico automatico automatico automatico
metallo d’apporto
controllo automatico automatico
manuale manuale automatico automatico
della penetrazione (sensore) (sensore)
avanzamento automatico automatico
manuale manuale manuale automatico (robot)
ed oscillazione (percorso preimpostato) (sensore)
automatico automatico
posizionamento dell’arco manuale manuale manuale automatico
(sensore) (sensore)
nessuna correzione possibi- automatico automatico
correzione dell’arco manuale manuale manuale
le (sensore) (sensore)
Tabella 1.1 - Classificazione dei processi di saldatura in base al livello di automazione
Saldatura robotizzata, friction stir welding ed incollaggio
Figura 1.3 - Confronto tra gli spazi di lavoro di un robot antropomorfo con cavi esterni
(sinistra) o con bracci cavi (destra)
I Robot con questa architettura sono maggiormente utilizzati per i processi di saldatura ad arco ed a
resistenza, mentre le applicazioni laser sono generalmente imitate a quelle tipologie di sorgente
che permettono la trasmissione del fascio in fibra ottica. Dal punto di vista applicativo sono parti-
colarmente interessanti le architetture cave, che permettono il passaggio all’interno del robot dei
cavi necessari alla torcia, alla pinza o alla testa di saldatura, consentendo un ampliamento dello
spazio di lavoro (figura 1.3).
Una seconda architettura molto utilizzata in saldatura è quella cartesiana, ove si utilizzano solo
giunti lineari, mossi da motori elettrici combinati a
cremagliera o da attuatori lineari (figura 1.4). Lo spa-
zio di lavoro è assai regolare, a forma di parallelepi-
pedo e la particolare rigidezza del sistema consente
l’ottenimento di grandi velocità di movimento con
ottime precisione e irripetibilità. Le applicazioni più
tipiche sono nella saldatura e taglio laser
(soprattutto con CO2) ma non sono infrequenti an-
che applicazioni di saldatura ad arco, soprattutto per
la realizzazione di componenti piani con saldature
particolarmente lunghe.
Le altre geometrie sono costituite da combinazioni di
giunti di traslazione lineare e rotazione, ma trovano
Figura 1.4 - Schema costruttivo di un robot
cartesiano molto raramente applicazioni in saldatura, soprattut-
4
Saldatura robotizzata
Figura 1.5 - Schemi costruttivi di robot cilindrici (sinistra), sferici (centro) e SCARA (destra)
to a causa della configurazione dell’area di lavoro e della presenza di accoppiamenti con sistemi
di movimentazione idraulica poco affidabili (velocità di lavoro non costanti lungo il tipico percorso
di un cianfrino); in figura 1.5 sono comunque riportati i relativi schemi costruttivi.
Molto spesso lo spazio di lavoro può essere ampliato rispetto a quello caratteristici del robot inte-
grando ad esso (e quindi anche al relativo sistema di controllo) ulteriori organi di movimentazione
agenti sul robot stesso o direttamente sul pezzo; nella versione più semplice, si tratta di sistemi di
posizionamento a due o più postazioni (tavole rotanti), eventualmente collegate a più robot, men-
tre, nei casi più complessi, si può ricorrere a sistemi a movimento coordinato con il robot, anche in
modo da realizzare traiettorie di saldatura complesse.
5
Saldatura robotizzata, friction stir welding ed incollaggio
Un ruolo tipico dei sensori non è soltanto quello di gestire i principali parametri di saldatura (che è
una funzionalità tipica del generatore di saldatura), ma è anche quello di compensare eventuali
deviazione tra le condizioni “ideali” (ad esempio le quote di un disegno, lo stato delle superfici) in
considerazione dei normali fenomeni che si possano verificare in saldatura (deformazioni, tolle-
ranze, ecc). Questa funzionalità può essere ottenuta attraverso differenti sistemi, descritti di se-
guito.
Figura 1.7 - Sistemi di controllo del giunto (seam tracking) a contatto: a rotella
6 (sinistra) e a puntale (a destra)
Saldatura robotizzata
a b c
7
Saldatura robotizzata, friction stir welding ed incollaggio
OSCILLAZIONE VERTICALE
OSCILLAZIONE
VERTICALE OSCILLAZIONE
OSCILLAZIONE TRASVERSALE
TRASVERSALE
Figura 1.10 - Principio di funzionamento del TAST (Trough the Arc Seam Tracking)
2
Questa tecnica è difficilmente applicabile ad elementi di piccolo spessore, a causa dell’elevato apporto termico conse-
guente alla tecnica di saldatura oscillata
8
Saldatura robotizzata
Le applicazioni di saldatura robotizzata sono molto differente in relazione ai processi ed alle sor-
gente considerati, essendo diverse le caratteristiche tecnologiche degli stessi (potenza, velocità
posizioni di lavoro, metalli saldati, ecc.) così come le caratteristiche dimensionali e di forma degli
elementi saldati.
Nei paragrafi successivi saranno riportate alcune considerazioni generali suddividendo le applica-
zioni in base alla sorgente, rimandando a pubblicazioni specializzate un analisi di maggior detta-
glio.
9
Saldatura robotizzata, friction stir welding ed incollaggio
Figura 1.12 - Torcia per la salda- intrinseca (come per gli elettrodi rivestiti) o per limitazioni alle
tura TIG robotizzata (Cortesia Air posizioni applicabili (l’arco sommerso).
Liquide Welding)
10
Saldatura robotizzata
11
Saldatura robotizzata, friction stir welding ed incollaggio
Per questi motivi, la scelta di utilizzare un processo laser, in sostituzione rispetto a processi tradi-
zionali, deve essere valutatata tenendo in considerazione i maggiori requisiti di precisione, nella
preparazione dei pezzi e nel relativo accostamento, la maggiore complessità del sistema, e, non
ultimo, il maggiore investimento, relative all’impianto, all’uso, alla manutenzione ed al costo di
preparazioni ed accostamenti.
12
Friction Stir Welding
Le tecnologie di giunzione mediante saldatura hanno avuto uno sviluppo notevole a partire dalla
seconda metà del 900, particolarmente per effetto della necessità di automatizzare e velocizzare i
processi.
Molte soluzioni costruttive della prima metà del secolo si sono “convertite” alla “dottrina” della sal-
datura in breve tempo. Cosi molti manufatti rivettati, chiodati, imbullonati od assiemati con altri
processi sono stati riprogettati in versione saldata. Analogamente, strutture o supporti di macchi-
nari tradizionalmente fabbricati come getti fusi da fonderia hanno ceduto il passo alla soluzione
saldata.
13
Saldatura robotizzata, friction stir welding ed incollaggio
2.2.1. Principio
La Friction Stir Welding (FSW) vanta una lontana parentela con un processo nato nella prima me-
tà del Novecento, ossia la saldatura per attrito, oggi poco impiegata.
La FSW appare sullo scenario per prima volta nel 1991 quando fu pubblicato il brevetto da parte
del TWI e da quella data la sua diffusione ed industrializzazione sono state stata velocissime. Co-
me evidenziato dalla figura 2.2, si tratta di un processo che fa uso dell’attrito prodotto da un uten-
sile rotante il quale – posto opportunamente a contatto con la linea d’unione di due lembi da sal-
dare – plasticizza il materiale prima e penetra successivamente all’interno del suo spessore.
14
Friction Stir Welding
Una volta all’interno, una traslazione lungo la linea di contatto chiuderà dietro di se la separazione
con metallo compatto ed uniforme distribuito a strati consecutivi dall’utensile in rotazione. Un par-
ticolare degno di nota è costituito dal fatto che la saldatura FSW non è simmetrica rispetto ai due
lati del materiale base, di fatto, lungo la linea d’avanzamento con ad esempio una rotazione in
senso antiorario dell’utensile, il lato destro del giunto nella direzione di avanzamento risulta micro-
strutturalmente un tanto diverso del lato opposto, di ritorno dell’utensile. Un’immagine macro tra-
sversale di un giunto FSW ci permetterà inoltre distinguere un cordone di saldatura sensibilmente
diverso da quelli presenti nei giunti eseguiti con i processi per fusione. Innanzi tutto il cordone in
se stesso si presenta come una regione ovale più meno al centro dello spessore con l’aspetto
della sezione verticale di una cipolla, quindi composta da anelli concentrici esenti da forme den-
dritiche o colonnari di cristallizzazione poiché la FSW non comporta fusione del materiale bensì
soltanto la plasticizzazione di esso. Questa regione del giunto è correntemente identificata come il
nugget (o nocciolo). Ad ambo i lati del nugget, si può identificare una zona termomeccanicamente
alterata, ossia una regione del giunto dove il materiale risulta deformato nella direzione di forma-
zione del nugget. In questa zona, la struttura originale del materiale base appare alquanto alterata
(simbolizzata con TMAZ). Ancora verso l’esterno del giunto, ad ambo i lati della TMAZ, è possibile
identificare una zona termicamente alterata (simbolizzata con HAZ) concettualmente simile a
quella presente nei giunti tradizionali ma di minore entità.
La figura 2.3 schematizza
le tre regioni basilari di un
giunto FSW. È importante
sottolineare ancora quan-
to è trascendentale il fatto
che in questa tipologia di
giunzione non esiste la
ricristallizzazione indotta
dal processo di solidifica-
zione del metallo liquido. Figura 2.3 - Macrostruttura di un giunto FSW
15
Saldatura robotizzata, friction stir welding ed incollaggio
Si verifica invece una ricristallizzazione dinamica in stato solido, fenomeno esente dalla maggior
parte delle problematiche associate alla ricristallizzazione da liquido come in seguito, in sede
comparativa si potrà avvertire. Il processo FSW si propone oggi in forma decisamente alternativa
non soltanto ad altri processi avanzati ed innovativi quali Laser ed Electron Beam ma anche a
processi tradizionali quale MIG, TIG e Plasma per le leghe d’alluminio ed elettrodo rivestito, MAG
ed arco sommerso per l’acciaio.
Tuttavia occorre precisare che le differenze tra i processi di saldatura per fusione dinanzi citati e
la FSW sono talmente rilevanti che appare quasi impossibile mettere sullo stesso piano compara-
tivo le giunzioni ottenute per fusione con quelle FSW. Di conseguenza, vengono quasi a mancare
gli elementi di riferimento sufficienti a permettere una valutazione esaustiva sull’efficienza e con-
venienza del nuovo processo.
Caratteristica Note
Plasticizzazione e rimescolamento di materiale metallico all’in-
Principio del processo terno dello spessore delle parti da saldare con formazione di
una regione di unione dei lembi uniforme e compatta
Calore prodotto dall’attrito generato da un utensile metallico in
rotazione all’interno dello spessore dalle parti da unire con
Fenomeno fisico coinvolto
sviluppo di temperature di circa l’80% del punto di fusione del
materiale da saldare
0,4 – 1 kJ/mm, spessori sottili
Apporto termico specifico
(non convertibile a W/cm² comunque sensibilmente inferiore)
Velocità di rotazione dell’utensile
Parametri principali Valore della forza applicata verticalmente sull’utensile
Velocità di saldatura
Tipologia di cianfrino Ad angolo retto con lembi a contatto e luce massima 0,1mm
Deformazioni di ritiro
Meno di 1% di quelle ottenibili con processi MIG/MAG
della saldatura
In leghe d’alluminio: dal 25 al 30% rispetto ad un processo
Tensioni residue
MIG
Protezione dall’ossidazione Soltanto su leghe particolarmente reattive (leghe di Al, Mg, Ti)
durante la saldatura ed acciaio INOX
Eventuale materiale d’apporto Non necessario (soltanto nei processi “Friction Surfacing”)
Maggiore criticità del processo Ottimizzazione della forma e delle dimensioni dell’utensile
16
Friction Stir Welding
L’universo dei materiali sui quali una tecnologia può Materiali FSW
apportare valide soluzioni ingegneristiche è alquanto Alluminio e sue leghe 1, (3)
importante nel tracciare un profilo tecnologico d’inte- Magnesio e sue leghe 1
resse industriale. Il successo di una tecnologia di tra- Rame e sue leghe 1
sformazione è legato in qualche modo alla sua univer-
Titanio e sue leghe 2
salità.
Super leghe di Nichel 1
Ad oggi, la tecnologia FSW può essere ritenuta ampia-
Acciai basso-legati (2)
mente consolidata in un significativo range di materiali
HSLA (2)
(tipicamente: le leghe di alluminio) ed in avanzato stato
Acciai INOX austenitici 1
di industrializzazione in altri (ad esempio, gli acciai al
Tungsteno, Molibdeno, Zirco-
carbonio). La tabella 2.2 fornisce un quadro della sal- 4
nio
dabilità delle principali tipologie di materiale (metallico Giunti Alluminio – Acciai 1
e non) secondo l’attuale stato dell’arte (1: ottima salda-
Altri materiali dissimili 1
bilità, 2: saldabilità con problemi operativi; 3: saldabilità
MMC (con Allumina o Nitruro
1
con problemi metallurgici; 4: non saldabili. I numeri tra di Boro)
parentesi rivestono minor criticità). Materie polimeriche 1
La tabella propone gli indici di saldabilità per una serie Tabella 2.2 - Saldabilità dei principali
materiali con FSW
di leghe ed alcuni metalli commercialmente puri dai
quali spuntano alcune problematiche già note anche sulle metodologie tradizionali. Anche se in
minor misura, il calore apportato dall’attrito induce la comparsa di una ZTA suscettibile da infragili-
mento per incremento della durezza ad esempio nel caso di acciaio basso – oppure microlegati
con composizione chimica atta a conferire una minima temprabilità al materiale.
Nel caso delle leghe d’alluminio invece, siano esse da incrudimento per lavorazione plastica a
freddo oppure da invecchiamento mediante trattamento termico, la ZTA è caratterizzata da un
grado di addolcimento variabile in funzione del tipo di lega. Un’ottima prestazione si ottiene invece
con la FSW nella giunzione dei MMC (metal Matrix Composits) dove i processi tradizionali non
danno risultati entusiasmanti causa interazione, a volte molto gravose, con le fasi disperse quali:
allumina, carburo di silicio o nitruro di boro. La saldabilità invece dei metalli refrattari, quali tun-
gsteno, molibdeno, zirconio, ecc. è compromessa non per ragioni metallurgiche riguardanti questi
metalli bensì per l’impossibilità di avere un utensile in grado di resistere alle temperature necessa-
rie, alquanto elevate (2000° ÷ 2500°C).
17
Saldatura robotizzata, friction stir welding ed incollaggio
stazioni della giunzione. Alcune osservazioni di carattere metallurgico sono riportate di seguito
per tipologia di lega.
− Acciai strutturali (al carbonio e HSLA): leggera perdita di tenacità nel nugget.
− Leghe di titanio: sia il nugget che la TMAZ risultano particolarmente ricche di strutture α
equiassiali di dimensioni molto piccole (~1µm) da ricristallizzazione dinamica dei grani α
primari; tuttavia queste trasformazioni strutturali non costituiscono una pregiudiziale alla saldabilità.
− Leghe di nickel: dati non disponibili.
18
Friction Stir Welding
non metallurgica, quindi evitabili con una adeguata messa a punto della procedura).
In ultimo, sono talvolta chiamate difetti ad uncino alcune inclusioni di ossido di forma allungata
(linea G_E, nella figura 2.6).
19
Saldatura robotizzata, friction stir welding ed incollaggio
20
Friction Stir Welding
Figura 2.11 - Prefabbricazione per saldatura di pannelli in lega di alluminio nel settore
ferroviario
21
Saldatura robotizzata, friction stir welding ed incollaggio
termocoppia. Sulla base dei livelli termici rilevati si può decidere sulla necessità o meno di proteg-
gere l’utensile. La presente applicazione della FSW può essere descritta come un processo robu-
sto e stabile, quasi completamente automatizzato in grado di produrre una ripetibilità ed affidabili-
tà di ottimo livello.
Nel paragrafo precedente è stata presentata una panoramica sulla FSW tra parti di rame o relati-
ve leghe. Nonostante la temperatura di fusione del rame sia relativamente alta rispetto a quella
dell’alluminio, adottando materiali d’utensile idonei associati a parametri di saldatura adeguati, si
possono realizzare giunti in rame e sue leghe integri e di qualità.
La FSW sugli acciai incontra problematiche di maggior entità causa le temperature di fusione e
durezze ancora più elevate. Ciò si traduce certamente in maggiori sforzi d’applicare sull’utensile
rispetto ad altri materiali base più teneri. Anche lo studio sulla geometria dell’utensile e la scelta
dei materiali costruttivi di esso comportano un compito arduo. Ma qual è il vantaggio nel produrre
giunti saldati mediante FSW negli acciai?
Come già accennato in precedenza, le giunzioni eseguite con FSW nonché la tecnologia stessa
non possono essere confrontate direttamente con una qualsiasi delle saldature per fusione tradi-
zionale (SMAW, SAW, MAG, TIG, ecc.) causa l’altissimo livello della qualità dei giunti FSW, ed è
questa la ragione che suggerisce e giustifica l’applicazione di questo processo nel campo delle
strutture saldate in acciaio. Tali livelli di qualità possono essere riassunti così:
− Basso livello di tensioni residue.
− Distorsioni di entità irrilevante.
− Giunzioni senza materiale d’apporto, con proprietà meccaniche simili a quelle del materiale
base.
− Saldature piane senza sovrametallo, quindi netto miglioramento in termini di comportamento
a fatica.
− Indipendenza notevole dalla composizione chimica dal materiale base, quindi fattibilità di
giunzioni eterogenee.
− Assenza di difetti tipici, quali sono cricche a caldo, cricche da idrogeno e porosità
Le esperienze maturate ad oggi nell’ambito della saldatura FSW di leghe ferrose sono riassunte
nella seguente tabella 2.3.
Usando parametri di processo adeguati ed un utensile ben progettato, si possono avere giunti di
di alta qualità e difettosità trascurabile. La grande sfida consiste nel trovare un materiale per l’u-
tensile, in grado di adempiere ai requisiti alquanto severi in materia di resistenza all’abrasione ed
elevata durezza a temperature superiori a 1000°C.
Gli utensili per FSW costruiti in metalli refrattari, che contengono Tungsteno, Afnio, Renio, Molib-
deno, Niobio e Zirconio, possiedono ottime proprietà ad alta temperatura.
Purtroppo, durante la saldatura con FSW, questi metalli o si legano col metallo saldato o si abra-
22
Friction Stir Welding
dono e rilasciano frammenti dall’utensile, che vengono inglobati nel giunto, già subito dopo aver
saldato pochi centimetri. I materiali correntemente usati per utensili della FSW su acciai sono le-
ghe di W-Re (Tungsteno /Renio, figura 2.13) e pcBN (polycrystalline cubic Boron Nitride, figura
2.14). PcBN è usato come materiale per il pin dell’utensile grazie alla sua elevata stabilità termica,
durezza e resistenza ad alta temperatura. Lavori preliminari su utensili in pcBN sono stati eseguiti
usando alcuni gradi di pcBN commercialmente disponibili. Un grado di pcBN recentemente svilup-
pato si chiama MS100, che contiene circa il 90% di
cristalli di cBN, agglomerati su una matrice cerami-
ca. Usando questo grado come utensile, una varie-
tà di leghe diverse è stata saldata con FSW.
Oltre alle ricerche riguardanti l’utensile e precisa-
mente forma e materiale costitutivo di esso, svaria-
te applicazioni innovative della FSW sono state rese note, tra le quali spiccano ad esempio la
FSW subacquea, la FSW su tubi d’acciaio ed alcune altre derivate dalla tecnologia di base quali
Friction Hydro Pillar Processing (FHPP), Friction Stitch Welding e Friction Surfacing.
In particolare la FSW risulta interessante nella fabbricazione industriale di strutture rinforzate, os-
sia strutture contenenti irrigidimenti (stiffeners) saldati a grandi panelli a sovrapposizione o come
giunti a T. Per poter applicare la FSW in tal caso, i profili vengono fissati tramite una particolare
attrezzatura sopra la quale successivamente viene posizionata una lamiera opportunamente
pressata contro tali profili. La saldatura FSW verrà eseguita quindi sopra la lamiera e per traspa-
renza darà origine alla giunzione tra lamiera e profilo.
La saldatura ad arco subacquea è usata largamente, nonostante i suoi problemi quali ad esempio
mancanza di stabilità dell’arco, un assorbimento elevato d’idrogeno ed un trasferimento povero
del metallo. FSW è in grado d’evitare molti di questi problemi perché essa è un processo allo stato
solido. Un’investigazione preliminare è stata condotta su un acciaio inossidabile del tipo AISI 304.
Tale sperimentazione ha dato come risultato, giunzioni esenti dalle problematiche dinanzi citate,
24
Friction Stir Welding
sequenziale di esso. Da tale figura si evidenzia che le prove di trazione tendono a rompersi pre-
valentemente sull’interfaccia tra i due metalli quando il pin in rotazione ha viaggiato sempre sul
lato alluminio oppure ha appena sfiorato l’acciaio.
Ma quando il pin penetra un tanto di più nell’acciaio, l’interfaccia risulta ricca di composti interme-
tallici, che conferiscono maggior resistenza al giunto e pertanto la rottura si verificherà nel lato
alluminio più lontano dall’interfaccia. I risultati dimostrano che si può ottenere un’efficienza prossi-
ma al 100% nei giunti tra leghe d’alluminio e leghe d’acciaio con il metodo di FSW.
2.3. L’utensile
Il cuore del processo FSW è costituito dall’utensile che esegue l’azione termo-meccanica sul ma-
teriale base, rendendo di fatto possibile l’unione dei due lembi. Ovviamente le tipologie geometri-
che sono molteplici, legate soprattutto alle caratteristiche meccaniche del materiale da saldare e
alla tipologia di giunzione da eseguire. Si possono tuttavia descrivere in termini più generali le
componenti principali dell’utensile e le funzioni a cui sono preposte. Da recenti studi effettuati sul-
l’apporto termico del processo FSW al materiale base, si è potuto verificare come il flusso termico
sia suddiviso proporzionalmente tra le due componenti principali dell’utensile : il pin e la spalla.
26
Friction Stir Welding
Figura 2.17 (a sinistra) e 2.18 (a destra) - Esempi di utensili con spalla liscia o elicoidale
Una successiva evoluzione si è avuta utilizzando una forma a campana, in cui la parte centrale
aveva la funzione di contenimento del materiale e quella più esterna quella di genesi del calore e
forgiatura del giunto. Questa tipologia di utensile lavora con incidenza zero, lasciando una superfi-
cie senza scalini e con migliore estetica. Sempre per permettere una miglior circolazione del flus-
so di materiale plasticizzato si sono costruite spalla dal profilo piano, ma con elicoidi sulla superfi-
cie per canalizzare il materiale (figure 2.17 e 2.18).
2.3.2. Il pin
Se la geometria della spalla è importante, per la corretta realizzazione di giunti FSW, quella del
pin risulta addirittura fondamentale. Questo componente svolge due azioni principali: contribuisce
per circa 1/3 ad apportare calore durante il processo di plasticizzazione, rimescola il materiale
chiudendo dietro di se il giunto. Questa ultima funzione comporta che la forma venga ottimizzata
non solo per il materiale in saldatura, ma relativamente a tutti i parametri di processo, quali pres-
sione, velocità di avanzamento e rotazione. In un primo tempo le forme erano relativamente sem-
plici, con profili cilindrici o conici e superfici filettate o lisce. La figura 2.19 illustra alcune tipologie
di utensile tra le più usate, con diverse soluzioni realizzative per i pin.
27
Saldatura robotizzata, friction stir welding ed incollaggio
Figura 2.20 - Differenti geometrie per pin per giunti a sovrapposizione (cortesia TWI)
Successivamente, si sono compiuti studi approfonditi per capire come il materiale fluisse attorno
al pin in rotazione, al fine di massimizzare il rimescolamento ed diminuire la presenza di difetti
all’interno del giunto. Dalle sezioni micrografiche illustrate di seguito risulta evidente come la geo-
metria dell’utensile, pur mantenendo il giunto privo di difetti, vari la dimensione della zona di giun-
zione, coinvolgendo una maggior quantità di materiale e rendendo possibili giunzioni particolari,
come ad esempio quelle ad angolo per trasparenza. Una tale interdipendenza tra forma del pin e
geometria ottenibile nel giunto è illustrata dalla figura 2.20. Le principali limitazioni all’uso indu-
striale del processo FSW derivano dall’entità delle forze in gioco, che variano da 5 a 20 kN, per
quella di traslazione e circa 10 – 40 KN per quella assiale. I manufatti da saldare devono pertanto
essere bloccati con sistemi d’afferraggio robusti e complessi, per non compromettere la buona
riuscita della giunzione.
Per limitare queste forze, sono stati sviluppati utensili particolari, ad esempio quelli denominati
bobbin tool (figura 2.21), in grado di diminuire di circa 2/3 la forza assiale. Questo particolare u-
tensile è composto da due spalle contrapposte, che lavorano rispettivamente sulla faccia superio-
re e su quella inferiore del pezzo, collegate tramite un pin cilindrico.
28
Friction Stir Welding
Normalmente, la spalla superiore ha un controllo di posizione, mentre quella inferiore viene con-
trollata in funzione della pressione esercitata sul pezzo. Ulteriori vantaggi sono derivati dalla mag-
giore e più uniforme distribuzione del calore, che permette anche la saldature in passata unica di
grossi spessori (30 – 100 mm).
Ulteriori tipologie di utensile a geometria variabile sono state sviluppate nel corso degli anni, spes-
so sulla base di specifiche tecniche ad hoc, ossia per la soluzioni di casi produttivi particolari.
Alcuni esempi, al riguardo, sono riportati nella successiva figura 2.22.
Figura 2.22 - Utensili a geometria variabile (a sinistra, brevetto Boeing per NASA)
29
Saldatura robotizzata, friction stir welding ed incollaggio
30
Incollaggio
3. INCOLLAGGIO
3.1. Introduzione
Negli ultimi anni, nell’ambito delle tecniche di giunzione, si sta affermando l’utilizzo di adesivi
(figura 3.1), i quali offrono caratteristiche tali da rappresentare, in talune applicazioni, una soluzio-
ne alternativa ai metodi tradizionali (saldatura, brasatura, rivettatura, chiodatura, bullonatura).
Il recente sviluppo scientifico e tecnologico sta portando alla progettazione di strutture sempre più
snelle, realizzate con materiali caratterizzati da un rapporto resistenza-peso sempre più elevato,
nel tentativo di ottimizzare le prestazioni, diminuendo altresì i tempi di produzione e i costi dei pro-
cessi produttivi. Anche la saldatura sta evolvendo in questa direzione: stanno nascendo procedi-
menti idonei a giuntare elementi di spessore sempre minore, minimizzando le problematiche tipi-
che (distorsioni, tensioni residue, cricche e zone di infragilimento localizzate) in modo da aumen-
tare la produttività (numero inferiore di pezzi scartati e velocità di esecuzione maggiori) e diminui-
re i controlli e gli interventi di manutenzio-
ne (strutture più omogenee e meno sensi-
bili a deterioramenti), rendendo però an-
cora necessario un impiego di risorse e-
conomiche elevate. Va rimarcato, a tal
proposito, il recente sviluppo di tecnologie
Figura 3.1 - ASTM D 907-89: di saldatura meno invasive, caratterizzate
Adesivo → materiale, non metallico, in grado di costi-
da apporti termici contenuti e localizzati,
tuire un ponte di collegamento fra superfici che si in-
tende unire, indipendentemente dal fatto che queste capaci di realizzare zone fuse e ZTA più
siano di uguale o di differente natura.
Aderendo → corpo unito ad un altro tramite uno strato piccole (processi ad energia concentrata)
di adesivo. o addirittura esenti da zone fuse (Friction
Substrato → zona superficiale dell’aderendo, sulla
quale viene stesa una sostanza adesiva. Stir Welding).
Primer → sostanza di rivestimento, applicata su un
Lo scopo di questo articolo è fornire infor-
substrato prima che questo venga ricoperto da un a-
desivo, in modo da migliorare il comportamento del mazioni su alcune famiglie di adesivi at-
giunto
31
Saldatura robotizzata, friction stir welding ed incollaggio
3.2. Classificazione
In virtù dei diversi campi di applicazione, dei numerosi processi di sintesi e della grande quantità
di materie prime utilizzate per prepararli, gli adesivi possono essere suddivisi secondo svariati
criteri: in questa sede vengono presentate tre classificazioni, preferite alle altre perché considera-
te di maggiore ausilio a chi voglia adottare la tecnologia dell’incollaggio e debba scegliere il pro-
dotto più adatto alle sue esigenze.
32
Incollaggio
E’ fondamentale usare lampade UV apposite, progettate per emettere uno spettro di luce perfetta-
mente calibrato e con proprietà adatte ai prodotti su cui si vogliono adoperare.
In alcuni casi, la radiazione UV non è in grado di raggiungere tutti i punti bagnati dal prodotto, per-
ciò sono stati realizzati anche adesivi che completano la polimerizzazione sfruttando sistemi se-
condari, quali l’umidità, il calore o specifici attivatori, atti a coadiuvare il processo di indurimento
primario ottenuto con i raggi UV.
Gli adesivi UV offrono, in genere, elevata resistenza meccanica e ambientale, con tempi brevi di
polimerizzazione; essi sono impiegati come sigillanti in applicazioni in cui si raggiungono elevate
temperature, come nel caso di componenti elettronici, e nell’incollaggio di materie plastiche, di
metalli o di vetro.
Gli adesivi che polimerizzano per effetto di una reazione anionica sono detti cianoacrilati; essi
sono prodotti che induriscono a contatto con superfici alcaline.
In genere, l’umidità relativa presente nell’aria e sulla superficie da incollare è sufficiente ad inne-
scare la reazione in pochi secondi e a neutralizzare gli stabilizzatori presenti nella pasta adesiva.
Valori ottimali di umidità relativa, a temperatura ambiente, sono quelli compresi tra 40% e 60%;
valori inferiori rallentano la polimerizzazione, mentre valori eccessivi, pur accelerandola, diminui-
scono la resistenza finale del giunto.
L’aria secca, generalmente, anche se rallenta la produzione inibendo in parte l’indurimento, non
influisce negativamente sulle prestazioni del pezzo finito.
Superfici acide (pH < 7) rallentano la polimerizzazione del prodotto; al contrario, superfici alcaline
(pH > 7) la accelerano.
Tali adesivi posseggono elevata resistenza sia a taglio sia a trazione, polimerizzano velocemente,
non lasciano tendenzialmente aloni (limitato effetto “blooming”), hanno buona resistenza all’invec-
chiamento (il deterioramento delle caratteristiche nel tempo) e sono adatti ad incollare metalli,
materie plastiche, substrati porosi, accoppiando anche materiali eterogenei fra loro. Grazie ai ve-
loci tempi di indurimento, sono particolarmente indicati per l’incollaggio di piccoli pezzi; a causa
della loro bassa resistenza all’acqua, non sono, però, consigliati per componenti che lavorano
immersi o esposti abitualmente all’umidità.
Per coadiuvare il processo di polimerizzazione, in caso di basso livello di umidità sulla superficie
da incollare, possono essere impiegati degli attivatori.
Adesivo e attivatore possono essere applicati separatamente sulle superfici da incollare oppure
possono essere miscelati tra loro prima dell’applicazione; ad esempio, nel caso in cui l’attivatore
sia un composto a bassa viscosità, non deve mai esserci miscelazione e l’indurimento inizierà
non appena i due prodotti verranno in contatto sul substrato.
Gli adesivi che reticolano per effetto dell’umidità ambientale sono a base principalmente di siliconi
o poliuretani; il loro indurimento può avvenire a temperatura ambiente (Room Temperature Vulca-
nizing).
In particolare, nel caso dei siliconi, si crea un reticolo grazie a reazioni chimiche con molecole
d’acqua: quando le molecole di acqua si legano con le molecole di silicone, si libera un prodotto
33
Saldatura robotizzata, friction stir welding ed incollaggio
secondario che, in base alla composizione, può essere un acido, ad esempio acido acetico, una
base, ad esempio un’ammina, oppure un composto neutro, come ad esempio un alcool.
A causa della necessità che l’umidità penetri in tutto lo spessore del cordolo, la profondità dei gio-
chi che si possono colmare è limitata a 10-15 mm, cui corrispondono tempi di totale indurimento
non inferiori ad una settimana.
Gli adesivi a base di siliconi hanno elevata resistenza termica (>230°C), sono molto duttili, flessi-
bili e tenaci. La loro elevata impermeabilità ad una grande varietà di fluidi li rende un prodotto a-
datto alla sigillatura di molti componenti operanti ad alte temperature; nello stesso tempo li rende
difficilmente verniciabili.
L’indurimento degli adesivi poliuretanici, invece, si basa su un meccanismo in cui l’acqua reagisce
con un additivo che contiene gruppi isocianati.
Come nel caso dei siliconi, la molecola d’acqua deve attraversare l’intero spessore del prodotto
perché vi possa essere completa reticolazione.
Questi adesivi risultano più resistenti dei siliconi, hanno elevata tenacità, resistenza agli attacchi
chimici e possono essere verniciati dopo la polimerizzazione. Sovente vi è la necessità di pre-
trattare i substrati con detergenti e primer per migliorare l’adesione e massimizzare la durata del
giunto.
Infine, gli adesivi che polimerizzano per effetto del calore sono in genere adesivi a base di resine
epossidiche: se la temperatura aumenta, il tempo di indurimento diminuisce.
Fornendo ottime prestazioni meccaniche anche in condizioni ambientali e termiche gravose, sono
usati nell’incollaggio e nella sigillatura di parti elettroniche ed elettriche come chips e relais, così
come nel collegamento di parti strutturali.
34
Incollaggio
(miscele di onde pure: diapason) prima che, raggiungendo l’orecchio umano, procurino fastidio o,
addirittura, danni all’apparato uditivo.
Lo studio degli insonorizzanti è un problema molto sentito nella moderna concezione della prote-
zione ambientale; in molti settori civili ed industriali sono stati fissati limiti massimi di emissione
sonora e, presto, verranno regolamentati anche settori non ancora coinvolti, come il traffico urba-
no.
Le onde sonore possono essere isolate oppure assorbite ed entrambe le possibilità si possono
applicare ad onde aeree o di struttura. L’assorbimento comporta la trasformazione dell’energia
acustica in energia termica attraverso il passaggio delle onde in strati di materiali visco-elastici,
fibrosi od espansi; l’isolamento si ottiene, invece, interponendo un prodotto in grado di riflettere
una parte dell’energia, di dissiparne in calore una seconda parte, dopo averla assorbita, e di la-
sciarsi attraversare solo da una minima frazione di energia, tanto più piccola quanto migliori sono
le proprietà insonorizzanti del materiale stesso.
Gli adesivi insonorizzanti sfruttano il meccanismo dell’assorbimento ed hanno comportamento
tanto più performante quanto più sono “soffici”. I principali insonorizzanti sono formati da gomme
bituminose contenenti solventi e fibre cellulosiche oppure da dispersioni acquose di resine sinteti-
che (una dispersione è il sistema formato da un liquido e da un solido, non sciolto nel liquido ma
presente in esso sotto forma di fini particelle).
Gli adesivi strutturali e gli adesivi a comportamento elastico sono, invece, i materiali che meglio
interpretano il concetto intuitivo di “ponte fra due substrati”.
La differenza fra gli adesivi strutturali e gli adesivi elastici sta nella diversa entità dei carichi sop-
portabili.
Un adesivo elastico non è infatti in grado di sostenere i carichi statici tipici di una struttura o di un
35
Saldatura robotizzata, friction stir welding ed incollaggio
componente meccanico senza l’ausilio di un altro sistema di fissaggio (viti, bulloni, rivetti); in com-
penso, il suo comportamento non rigido gli permette, contrariamente ad un adesivo strutturale, di
smorzare le vibrazioni e di assecondare il moto relativo delle parti accoppiate, sia esso causato
da sollecitazioni meccaniche oppure da un diverso coefficiente di dilatazione termica lineare. Ha,
di norma, anche buone proprietà sigillanti e permette, così, di ottenere i vantaggi dell’incollaggio e
della sigillatura con una sola operazione.
I più importanti adesivi elastici sono principalmente a base di poliuretani, attualmente si stanno
affermando famiglie di recente concezione, come quella basata su polimeri detti “silano-
modificati”.
I principali adesivi strutturali sono, invece, a base policloroprenica, acrilica, poliuretanica, fenolica,
epossidica.
36
Incollaggio
Inoltre, la presenza di fori aumenta il rischio di innesco di attacchi chimici esterni, che vanno ad
aggiungersi al pericolo di corrosione galvanica tipico dell’ accoppiamento di metalli diversi.
Queste considerazioni, unite alla non rara eventualità che, nel tempo, tali elementi possano allen-
tarsi per effetto del rilassamento delle tensioni, mettono in luce come i suddetti metodi offrano
performances non elevate; inoltre, maggiorare spessori, e quindi pesi, va contro le moderne con-
cezioni tecnologiche ed economiche, così come antieconomica risulta l’esecuzione di ulteriori la-
vorazioni al fine di migliorare l’aspetto estetico delle superfici.
La saldatura è oggi sicuramente la regina delle tecniche di collegamento, basti pensare che, ad
esempio, in una nave circa il 90% delle giunzioni è realizzato mediante saldatura; i giunti saldati
forniscono risposte meccanico-ambientali elevate in tutti i campi di applicazione, grazie alla gran-
de flessibilità raggiunta attualmente da alcuni procedimenti.
Anche la saldatura è, però, caratterizzata da problematiche che il compromesso fra leggerezza e
resistenza meccanica, richieste alle strutture moderne, ha evidenziato: infatti, come gli altri siste-
mi di assemblaggio che fanno uso di un apporto di calore, è causa di elevate tensioni residue e
provoca la comparsa di vistose distorsioni, tanto più accentuate quanto più si riducono gli spesso-
ri in gioco.
Le alte temperature che si raggiungono nel processo di saldatura sono responsabili anche di mo-
dificazioni strutturali in ZTA (precipitazioni, formazione di fasi intermedie, migrazioni), con una
diminuzione della resistenza chimica e soprattutto della tenacità del materiale.
In un giunto metallico incollato, invece, non si hanno né modificazioni della struttura fisico-chimica
dei materiali di base, né alterazioni termiche significative (l’indurimento di un adesivo è un proces-
so esotermico ma l’innalzamento della temperatura è trascurabile); per tale ragione, si possono
unire elementi di spessore anche inferiore a 0.5 mm, senza che compaiano distorsioni.
Mediante adhesive bonding è altresì possibile effettuare collegamenti non solo fra materiali metal-
lici tradizionalmente difficili da saldare fra loro, come acciaio e leghe di alluminio, ma anche fra
vetro e metalli, materie plastiche e metalli, materiali compositi e metalli.
Non si possono trascurare, inoltre, i limiti legati alla non agevole smontabilità della giunzione, alla
corrosione galvanica, generata dall’accostamento di metalli dissimili e alle difficoltà metallurgiche
ed operative che ancora sussistono nella realizzazione di giunti eterogenei.
Un ulteriore problema che contraddistingue i processi termici di giunzione è la produzione di fumi
nocivi e di radiazioni UV; anche l’incollaggio, tuttavia, presenta limiti legati alla sicurezza degli
operatori: è necessario prevedere impianti di filtrazione dell’aria e di smaltimento dei vapori tossici
che possono liberarsi da solventi e additivi contenuti negli adesivi.
Altrimenti, si può ricorrere a prodotti totalmente bio-compatibili, come molti adesivi siliconici, i qua-
li, tuttavia, se usati non solo come sigillanti ma contemporaneamente come “ponte strutturale”,
presentano ancora costi molto elevati.
37
Saldatura robotizzata, friction stir welding ed incollaggio
38
Incollaggio
39
Saldatura robotizzata, friction stir welding ed incollaggio
I vantaggi derivanti dall’uso di adesivi si riescono ad ottenere solo se vengono tenuti sotto control-
lo i numerosi fattori che caratterizzano il processo di incollaggio: una minima variazione di tali pa-
rametri può ridurre drasticamente e irrimediabilmente le caratteristiche del manufatto. Le presta-
zioni di un giunto incollato, soprattutto in termini di “vita di esercizio”, sono determinate dal com-
portamento dell’interfaccia tra materiale base e adesivo, la quale, a sua volta, dipende da:
− caratteristiche fisico-chimiche dell’adesivo;
− trattamento delle superfici;
− distribuzione dei carichi e condizioni di esercizio;
− geometria del giunto.
Per maggiore comprensione, si devono considerare i seguenti due fenomeni: la “coesione” fra le
molecole costituenti l’adesivo e la “adesione” fra le molecole dell’adesivo e quelle delle superfici
che si vogliono giuntare. La coesione determina la resistenza propria della resina ed è, pertanto,
legata alla natura chimica e alle proprietà fisiche dell’adesivo; l’adesione è la forza responsabile
della resistenza alla separazione dell’adesivo dai substrati ed il parametro operativo da cui è prin-
cipalmente influenzato è la condizione superficiale dei materiali da unire.
Entrambe le componenti della resistenza complessiva di un giunto incollato (adesione e coesione)
sono in ogni caso funzione dell’applicazione, intesa come combinazione fra tipo di sollecitazione e
condizioni ambientali (temperatura, umidità, agenti chimici aggressivi)
40
Incollaggio
Figura 3.6 - Substrati “puliti”Æ Adesione buona Figura 3.7 - Substrati contaminatiÆ Adesio-
ne non sufficiente
I trattamenti che si devono effettuare in fase preliminare sulle superfici hanno una duplice funzio-
ne:
a) eliminare i contaminanti che possono alterare la bagnabilità della superficie sia riducendo la
compatibilità chimica, sia riducendo la reale area di contatto aderendo-adesivo.;
b) formare degli strati superficiali resistenti, bagnabili, sovente dotati di una rugosità non tra-
scurabile (sabbiatura, smerigliatura..) al fine di aiutare i fenomeni di adesione fisico-chimici
tramite la formazione di “zone di ancoraggio meccanico” (figure 3.6 e 3.7).
Va, tuttavia, osservato che la rugosità può essere sfruttata unicamente se l’adesivo usato presen-
ta bassa viscosità (condizione che consente allo stesso di penetrare velocemente, sfruttando fe-
nomeni di capillarità).
Le sostanze che contaminano una superficie dipendono dal tipo di materiale che costituisce il
substrato:
a) materiali metallici: la loro superficie è spesso sede di precipitati degli elementi di lega e di
impurezze (composti contenenti elementi indesiderati, presenti nella composizione chimica
perché derivati dal processo di fabbricazione della lega). Sopra tale strato, detto “di segre-
gazione”, si possono trovare ossidi, veli di umidità, a sua volta contaminata da alogeni, azo-
to e zolfo. A questi vanno aggiunti i residui del processo di lavorazione subito dai pezzi,
come lubrificanti, refrigeranti, inibitori della corrosione;
b) legno e derivati: il legno è un materiale intrinsecamente disomogeneo per quanto riguarda
sia la rugosità superficiale, sia il pH, sia la porosità; è, inoltre, un materiale organico igro-
scopico, la cui incollabilità è influenzata dalla presenza di linfa, di resine e di preservanti
utilizzati per la conservazione;
c) materie plastiche: sulla loro superficie si trovano frequentemente plastificanti, pigmenti, a-
genti di controllo della lavorazione, ossidi, nonché contaminanti atmosferici (già citati anche
per i casi precedenti). Particolare attenzione merita l’incollaggio di pezzi ottenuti per stam-
41
Saldatura robotizzata, friction stir welding ed incollaggio
trice dell’adesione), studiata in modo da avere elevata compatibilità chimico-fisica sia con
l’adesivo, sia con gli aderendi;
3) lavorazione meccanica abrasiva, quale sabbiatura, molatura o smerigliatura;
4) attacco del substrato mediante processi termici, quali il plasma a bassa pressione, molto
efficaci ma costosi.
Sovente, una superficie viene sottoposta a più di un trattamento.
L’efficienza delle condizioni superficiali può essere valutata con la prova della “goccia d’acqua”,
un test di bagnabilità economico e di agevole realizzazione: su una superficie non adeguatamente
pulita, la forma pseudo-sferica della goccia rimane tale; se, invece, l’acqua (liquido dotato di ele-
vata tensione superficiale) si spande, la bagnabilità di un adesivo (liquido con tensione superficia-
le inferiore a quella dell’acqua) è accettabile e la superficie non deve essere trattata nuovamente
(figura 3.8).
Alla semplicità di tale prova fanno da contraltare le seguenti limitazioni:
− non fornisce risultati quantitativi ma qualitativi;
− non risulta adatta a superfici come quelle anodizzate di leghe di alluminio e di magnesio;
− è limitata dall’influenza della durezza dell’acqua sulla tensione superficiale: neanche l’ac-
qua distillata fornisce a volte risultati attendibili; in casi critici, è possibile adottare liquidi a
tensione superficiale definita e controllata;
− testa solamente la tendenza della superficie a lasciarsi bagnare da un liquido ma non forni-
sce indicazioni sull’entità dell’adesione.
42
Incollaggio
Le giunzioni incollate possono essere sottoposte, teoricamente, a cinque tipologie di carico diver-
se: trazione/compressione, taglio, peeling, torsione e flessione.
Si ha trazione/compressione quando le forze agiscono normalmente al piano di incollaggio e sono
distribuite uniformemente sull’intera area incollata; ogni punto della linea di incollaggio sopporta
quindi lo stesso carico e per calcolare le sollecitazioni è sufficiente dividere la forza normale appli-
cata per la superficie interessata all’incollaggio.
Si parla di taglio quando le sollecitazioni sono dirette parallelamente allo strato di adesivo; gli sfor-
zi di taglio non sono distribuiti uniformemente lungo la linea di incollaggio, ma si generano due
massimi agli estremi (figura 3.9).
Il terzo tipo di sforzo è il peeling (pelatura), in genere si verifica quando la forza è concentrata sul
bordo del giunto, zona in cui si ha un picco di tensione a causa della limitata estensione della zo-
na soggetta al carico (figura 3.10).
Nella pratica, non sono quasi mai applicati carichi puri ma si ha sempre una loro combinazione:
ad esempio, la flessione è spesso associata a sollecitazioni di trazione (tenso-flessione), nel caso
di eccentricità di un carico normale al piano dell’adesivo, e la sollecitazione risultante produce un
cedimento della struttura noto come “clivaggio” o “fessurazione” (figura 3.11).
Per resistere a carichi combinati, si deve prevedere una superficie di sovrapposizione più ampia
rispetto a quella richiesta dalla somma dei carichi da cui sono composti, in quanto l’azione delle
forze tende a concentrarsi in regioni limitate della giunzione generando picchi di elevata intensità.
La pelatura e la tenso-flessione sono i carichi nei confronti dei quali gli adesivi mostrano maggiore
sensibilità e che, pertanto, dovrebbero essere limitati quanto più è possibile.
43
Saldatura robotizzata, friction stir welding ed incollaggio
Particolare tipo di sollecitazione, cui sono spesso sottoposte le strutture in esercizio, è quella con-
seguente alle variazioni di temperatura (carico termico). Quando si accoppiano due materiali con
differenti coefficienti di dilatazione termica lineare, una variazione della temperatura produce, nei
due substrati, una differente deformazione, causa di uno stato tensionale che si scarica sull’adesi-
vo interposto.
Uno dei motivi, che ha portato all’introduzione degli adesivi in molti settori, è proprio la loro capa-
cità di compensare queste dilatazioni; ciononostante, perché essi riescano ad esplicare questa
funzione, è necessario assicurare loro la possibilità di deformarsi adeguatamente. Questo si ottie-
ne se lo spessore dello strato è sufficiente ad assorbire lo spostamento relativo dei due substrati:
indicativamente, si può assumere che lo spessore deve essere sempre maggiore della variazione
di lunghezza che viene stimata in fase di progetto.
Nelle schede tecniche, normalmente, la resistenza di un giunto incollato è fornita in termini di resi-
stenza a taglio in giunti a semplice sovrapposizione (figura 3.12).
Poiché tale resistenza è determinata sotto condizioni di temperatura ed umidità controllate e su
provini di dimensioni non in scala 1:1, in fase di progettazione, si devono pesare i risultati ottenuti
in laboratorio, introducendo opportuni fattori di riduzione del carico ammissibile.
Anche nel caso in cui si conoscano tutti i fattori che potrebbero alterare le prestazioni di un giunto,
è consigliato adottare un fattore di sicurezza per tenere conto di eventuali scostamenti dalle con-
dizioni teoriche, sia durante il processo di fabbricazione sia in esercizio.
In particolare, nonostante sia nota la
distribuzione dei carichi su un giunto,
bisogna sempre considerare che all’au-
mentare della temperatura e del tempo
di applicazione della sollecitazione
(regime di creep), la resistenza di un
adesivo diminuisce.
Analogamente, all’aumentare del nume-
ro di cicli, un giunto incollato, sottoposto
Figura 3.12 - Schematizzazione di giunto a semplice
sovrapposizione sollecitato da una forza (T) parallela al a fatica, fa registrare una riduzione note-
piano di incollaggio vole dello sforzo applicabile.
44
Incollaggio
Quindi, risulta fondamentale modificare i risultati di eventuali verifiche sperimentali con fattori cor-
rettivi da valutare nelle varie applicazioni.
Per ottenere una favorevole distribuzione delle sollecitazioni, ovvero una distribuzione quanto più
possibile uniforme, in modo da limitare le problematiche legate ai tipi di carico e alle cadute di
resistenza che le condizioni di esercizio possono provocare, è frequente ricorrere a geometrie
specifiche, ideate, se è il caso, per la particolare applicazione in studio.
La scelta del disegno delle giunzioni deve tenere conto dei seguenti fattori:
− accessibilità: una struttura deve permettere una agevole procedura di applicazione della
pasta adesiva e deve consentire che lo strato applicato possa indurire e riempire completa-
mente i giochi;
− condizioni critiche di carico: come già accennato in precedenza, in molte applicazioni, un
giunto incollato è sottoposto alla combinazione di diverse sollecitazioni che ne provocano
grandi distorsioni; di conseguenza, possono insorgere stati di tensione secondari e disuni-
formità nella distribuzione dei carichi. I picchi, che si creano generalmente in corrisponden-
za delle estremità della linea di incollaggio, possono essere ridotti se si usano adesivi ela-
stomerici: essi, a spese di una resistenza minore di quella degli adesivi strutturali, non tra-
smettono le distorsioni ai substrati, grazie alla elevata deformabilità.
I parametri dimensionali che caratterizzano un giunto incollato e sui quali si può agire per ottimiz-
zarne il comportamento sono:
− area di sovrapposizione;
− spessore della linea di incollaggio.
Aumentare la superficie di sovrapposizione produce un miglioramento della resistenza delle giun-
zioni perché consente una distribuzione più uniforme dei carichi e, a parità di sollecitazione am-
missibile, l’applicazione di carichi maggiori.
Quando l’area incollata è piccola, si generano con maggiore frequenza stati di sollecitazione di
pelatura e di tenso-flessione, che vengono sopportati con difficoltà dagli adesivi.
Per ampliare la zona di incollaggio, si può intervenire su due grandezze: la lunghezza di sovrap-
posizione e la larghezza di sovrapposizione.
E’ importante osservare che, se aumenti della larghezza della superficie incollata comportano
sempre incrementi lineari della resistenza, aumenti della lunghezza producono miglioramenti solo
fino ad un certo valore, variabile da caso a caso a seconda dell’accoppiamento adesivo-
aderendo.
Per motivare questo diverso comportamento, si può considerare il caso di un giunto a semplice
sovrapposizione sottoposto a taglio: lungo la direzione dell’area incollata ortogonale allo sforzo
applicato (larghezza di sovrapposizione), la sollecitazione si distribuisce uniformemente ed assu-
me un valore costante; al contrario, nella direzione parallela alla forza applicata (lunghezza di so-
vrapposizione), la curva relativa alla distribuzione dello sforzo di taglio non è una costante ma
presenta un minimo in corrispondenza della zona centrale e due picchi simmetrici alle estremità
45
Saldatura robotizzata, friction stir welding ed incollaggio
Le variazioni della resistenza a taglio tendono a diventare nulle in corrispondenza di aumenti no-
tevoli della lunghezza di sovrapposizione poiché il valore medio della tensione applicata non dimi-
nuisce linearmente (figura 3.13).
Si conclude che conviene incrementare l’area di incollaggio cercando di maggiorare, quando è
possibile, la larghezza di sovrapposizione: infatti, anche in casi di elevate lunghezze di sovrappo-
sizione e di valori medi della sollecitazione accettabile, le estremità della giunzione possono u-
gualmente cedere se lo sforzo massimo supera la resistenza coesiva o la forza adesiva.
La seconda grandezza geometrica che condiziona le prestazioni dei giunti incollati è lo spessore
della linea di incollaggio: uno strato di adesivo sottile conferisce rigidezza e stabilità alla struttura,
uno strato spesso, invece, aumenta la capacità di smorzare i carichi dinamici e di assorbire gli urti
e le onde sonore, inoltre, distribuendo la deformazione su una dimensione più ampia, contiene il
rischio di concentrazioni di tensione.
In applicazioni in cui è necessaria resistenza e stabilità, è opportuno usare strati sottili; laddove è,
invece, richiesto un comportamento smorzante, convengono strati spessi, compatibilmente ai limi-
ti di ingombro e alle tolleranze imposte.
E’ dunque scopo del progettista scegliere opportunamente lo spessore da utilizzare, in base al
tipo di applicazione ed alle caratteristiche intrinseche dell’adesivo adottato, assicurandosi che,
nella realizzazione del giunto, sia garantita l’applicazione di uno spessore costante, al fine di evi-
tare la presenza di zone meno resistenti, probabili sedi di cedimento.
Per limitare i rischi causati dai carichi eccentrici, dal peeling e dalla tenso-flessione, i progettisti di
giunzioni incollate fanno uso di alcuni accorgimenti, primo fra tutti la limitazione di collegamenti
testa-testa: tale geometria risente eccessivamente dei disallineamenti di carico e delle variazioni
di spessore di adesivo; inoltre, presentando, solitamente, un’area di contatto inferiore, offre di
principio resistenze limitate. Pertanto si ricorre a soluzioni ibride (figura 3.14 e 3.15).
46
Incollaggio
Figura 3.15 - Geometrie adottate per limitare i picchi di tensione dei giunti a semplice
sovrapposizione (a)
47
Saldatura robotizzata, friction stir welding ed incollaggio
I poliuretani sono composti chimici a base di carbonio e azoto, formati da catene molecolari a
struttura “cristallina”, che sono le responsabili della rigidezza della resina, e da catene a struttura
“amorfa”, che conferiscono all’adesivo elasticità e tenacità (resistenza alle basse temperature).
I poliuretani, che presentano una prevalenza di segmenti amorfi ed una bassa densità di legami
fra le catene, sono le sostanze su cui si basa la sintesi degli adesivi poliuretanici a comportamen-
to elastico.
In merito alla loro composizione chimica e alla loro produzione, è fondamentale tenere presente
che questi adesivi possono contenere sostanze, denominate “isocianati”, volatili e molto reattive,
le quali possono liberarsi in fase di applicazione dell’adesivo; gli isocianati sono irritanti per occhi
e pelle e possono provocare reazioni allergiche, asma bronchiale o addirittura enfisemi.
Gli adesivi poliuretanici elastici polimerizzano a temperatura ambiente per effetto dell’umidità at-
mosferica e si suddividono in prodotti esenti da solvente e in prodotti contenenti solvente: il sol-
vente, tipicamente acetone (composto organico secco e volatile), evaporando, raffredda la super-
ficie dell’adesivo, così da fare raggiungere facilmente il “punto di rugiada” e la conseguente con-
densazione dell’umidità atmosferica sull’adesivo stesso, catalizzandone la reticolazione e l’adesione.
In virtù di tale considerazione, si può affermare che l’uso dei prodotti contenenti solvente garanti-
scono un risultato migliore del giunto, sia in termini di adesione e resistenza sia in termini di velo-
cità di produzione, anche se devono essere utilizzati con maggiore cura a causa dell’infiammabili-
tà del solvente.
Fra i pregi di questi adesivi si sottolineano la capacità di incollare una vasta gamma di materiali,
comprese molte materie plastiche, che, per la loro inerzia chimica, tendono ad inibire l’adesione;
l’elevata resistenza chimica agli ambienti aggressivi ed agli agenti atmosferici, nonché quella
meccanica alle basse temperature. Una ulteriore loro qualità è la possibilità di essere verniciati,
cosa ad esempio non possibile per altri prodotti di uso comune come i siliconi.
Infine, sono da notare i costi mediamente contenuti (circa 7-8 Euro/kg) e la semplicità di utilizzo:
necessitano della sola umidità atmosferica per polimerizzare e possono essere agevolmente ap-
plicati mediante una pistola pneumatica su cui si fissano direttamente le cartucce (in cui vengono
abitualmente conservati e forniti) (figura 3.16), alla estremità delle quali è montato un ugello di
materiale plastico (figura 3.17).
Al contrario, i limiti mostrati da questi prodotti sono la
necessità di preparare accuratamente le superfici, so-
prattutto nel caso si giuntino elementi metallici; le tem-
perature massime di esercizio, mai superiori a 165°C;
la limitata resistenza alle radiazioni UV.
E’ opportuno, infine, porre l’attenzione su due fattori
che possono pregiudicarne l’adozione: la sensibilità
all’umidità atmosferica e i tempi di indurimento.
Figura 3.16 - Cartucce di stoccaggio
Il fatto che induriscano a temperatura ambiente per
48
Incollaggio
Applicazioni
Nell’industria calzaturiera vengono usati per l’incollaggio delle suole delle scarpe, negli imballaggi
trasparenti per alimenti si utilizzano per accoppiare pellicole flessibili, nel settore automobilistico
vengono usati sia come sigillanti sia, nel caso di prodotti con una più spiccata attitudine struttura-
le, per incollare vetri.
Recenti sperimentazioni, finalizzate all’introduzione di tali adesivi in campo navale, hanno verifica-
to la compatibilità di adesivi poliuretanici elastici con acciaio al Carbonio-Manganese (tipo S355) e
con leghe di alluminio serie 6XXX, alluminio-
magnesio-silicio (in particolare la lega 6060, mate-
riale usato in ambito navale per la buona saldabilità
e per la elevata lavorabilità); per ottenere buona
adesione e buon comportamento meccanico, le
superfici devono essere sabbiate o smerigliate e
cosparse di uno strato di primer specifico
(emulsione di poliuretano in un solvente a base di
metiletilchetone –MEC-). Prima di applicare il primer
è necessario sgrassare la superficie e, una volta
applicato, questo resta attivo per circa 6 h in am- Figura 3.18 - Prodotti per la preparazione
superficiale: (a) Primer specifico per poliu-
biente pulito (figura 3.18). retani; (b) Sgrassante
49
Saldatura robotizzata, friction stir welding ed incollaggio
Seguendo questi accorgimenti, la resistenza a taglio di giunti, con spessori dello strato di adesivo
di 3 mm, varia da 5 a 8 MPa, valore basso; in compenso, il loro coefficiente di smorzamento vi-
scoso varia da 2000 a 3000 N⋅s/m, questo valore è indice di buon assorbimento delle vibrazioni;
anche la loro deformabilità, indice della capacità di assecondare dilatazioni termiche, è alta, basti
pensare che il modulo di Young (E ≅ 2.5 MPa) è di circa 5 ordini di grandezza inferiore a quello
dei leghe ferrose (E ≅ 206000 MPa) e di circa 3 ordini inferiore a quello delle più comuni materie
plastiche (Policarbonato: EPC ≅ 2500 MPa).
50
Incollaggio
Applicazioni
La versatilità unita alle alte prestazioni meccaniche li rende adatti e, pertanto, diffusi sia nell’indu-
stria automobilistica, dove vengono sfruttati per l’assemblaggio di parti di motori e della carrozze-
ria, sia nell’industria aerospaziale, dove sono impiegati per la produzione di missili, per la ripara-
zione di elementi in materiale composito (di cui spesso costituiscono anche la matrice) e per l’ac-
coppiamento di lamiere di lega leggera. Attualmente, è in corso una campagna sperimentale che
ha come oggetto la caratterizzazione di alcuni adesivi epossidici mono- e bi-componenti, usati
proprio per la giunzione di superfici in lega di alluminio della serie 2XXX, leghe allumino-rame (in
particolare la 2024 T3:
− Mono-componenti vengono conservati allo stato pastoso ad una temperatura di circa -18°
C, al fine di evitare che polimerizzino durante l’immagazzinamento (a temperatura ambien-
te induriscono in pochi mesi); all’atto dell’applicazione, vengono fatti reticolare in forno a
circa 170°C, temperatura che consente di utilizzare il giunto nell'arco di 2-3 h. La resistenza
a taglio di questi adesivi raggiunge valori dell’ordine di 40 MPa.
− Bi-componenti non essendoci rischi di indurimento nel periodo di stoccaggio, possono es-
sere conservati indefinitamente; una volta miscelati durante l’applicazione, polimerizzano a
temperatura ambiente; in tali condizioni, si raggiunge più del 90% della reticolazione in due
giorni ed è possibile porre la giunzione in esercizio, sicuri della completa polimerizzazione,
dopo sette giorni (valore cautelativo) dall’applicazione. La resistenza a taglio di questi pro-
dotti è di circa 30 MPa.
Per ottenere una buona adesione, indipendentemente dal fatto che l’adesivo sia mono- o bi-
componente, i substrati della lega leggera devono essere sgrassati con acetone per eliminare
eventuali tracce di unto e sporcizia e, successivamente, trattate per circa 5 min con vapori di tri-
cloroetano ad una temperatura compresa fra 82°C e 87°C. Al termine di questa prima fase di puli-
zia, le superfici vengono sciacquate con acqua distillata o demineralizzata ed infine asciugate.
Entro 8 h, si applica l’adesivo tramite un estrusore pneumatico manuale, su cui viene montata (o
vengono montate in parallelo, nel caso di prodotto bi-componente) la cartuccia di stoccaggio; è
opportuno sottolineare che l’estrusore è dotato di un “becco” in materiale plastico, lungo almeno quanto
la cartuccia, che svolge la funzione di miscelatore, indispensabile nel caso degli adesivi bi-componenti.
3.6. Conclusioni
51
Saldatura robotizzata, friction stir welding ed incollaggio
E’ comunque opportuno sottolineare che non si deve pretendere da un giunto incollato la stessa
resistenza di un giunto saldato; è possibile tuttavia ottenere processi di giunzione più agili, a volte
meno nocivi per gli operatori, e minori restrizioni sui materiali accoppiabili.
Attualmente, le problematiche maggiori, che deve affrontare chi decide di fare uso di adesivi, so-
no la ridotta normativa, che, almeno a livello europeo, ancora regola questo “giovane” mondo, e la
non facile reperibilità di macchine di prova adatte a testare tali materiali. A queste va aggiunta la
carenza di dati sperimentali in termini di prove distruttive e soprattutto in termini di prove non di-
struttive.
Fra le poche norme cui è possibile fare riferimento qualora si debba caratterizzare un prodotto per
l’incollaggio, si possono citare:
− ASTM D 907-89 (USA): definisce la terminologia di base di questa tecnologia;
− ASTM D 2651-90 (USA): presenta i principi di preparazione delle superfici metalliche;
− DIN 53 504 (Germania) e la corrispondente UNI 6065 (Italia): prescrivono la modalità di
esecuzione della prova di trazione su gomme vulcanizzate e termoplastiche, queste norme
possono essere usate per testare le prestazioni meccaniche degli adesivi in sé anche se
non è del tutto corretto assimilare tali materiali a elastomeri;
− ASTM D 3528: descrive la prova per verificare la resistenza a taglio di giunti a singola so-
vrapposizione (Single Lap Shear Test) e di giunti a doppia sovrapposizione (Double Lap
Shear Test), anche in questo caso la norma non è specifica poiché si riferisce a materiali
compositi a matrice resinosa.
In merito alla carenza di dati sperimentali relativi a prove non distruttive, occorre precisare che fra
i metodi non distruttivi tradizionali, il controllo con particelle magnetiche è sicuramente inapplicabi-
le per la natura amagnetica di questi materiali; il controllo con liquidi penetranti, della cui applica-
zione su giunti incollati non vi è ancora traccia in letteratura, si suppone potrà fornire indicazioni
sullo stato superficiale dell’adesivo confinato tra due substrati solo se direttamente accessibile e
se i prodotti usati per l’esame (penetranti, rivelatori, emulsificatori…) saranno chimicamente com-
patibili, ovvero appositamente ideati; i raggi X sono già stati utilizzati, adottando radiazioni poco
penetranti (bassi voltaggi) e filtrazione debole (finestra in berillio anziché in rame). Con queste
modalità, si sono controllati gli adesivi in sé ma non l’integrità complessiva di un giunto incollato;
ciò è giustificato dal differente assorbimento che contraddistingue gli adesivi (basso assorbimen-
to) e i metalli o i materiali edilizi (elevato assorbimento) e che impone un difficile compromesso
nella scelta dei parametri elettrici, dei sistemi di filtrazione delle radiazioni e dell’esposizione; infi-
ne, difficoltosa appare anche una futura applicazione del controllo mediante ultrasuoni, specie a
causa della struttura prevalentemente amorfa di questi materiali; questo fattore rappresenta un
grosso ostacolo alla propagazione del fascio ultrasonoro, soprattutto nel caso di sonde ad alta
frequenza (superiore a 4 MHz), usate per ottenere un controllo sensibile (rilevazione di difetti piccoli).
52